Un aggiornamento sulle ultime vicende italiote a 2 mesi dalle elezioni politiche.
Draghi, l'Europa che tifa Monti
di Antonio Rei - Altrenotizie - 18 Dicembre 2012
Non gli conviene, lo sa benissimo. I numeri gli danno torto e la sua
carriera rischia di implodere subito dopo aver toccato l'apice. Eppure, a
questo punto, è addirittura probabile che Mario Monti si candidi alle
prossime elezioni politiche. Se non per convinzione, quantomeno per
obbedienza, visto che da settimane subisce pressioni indicibili dai suoi
principali referenti: i tecnocrati europei e il gotha finanziario.
Non c'è dubbio che da Bruxelles e Francoforte arrivino i messaggi più
espliciti. L'ultimo in ordine di tempo è stato quello di Mario Draghi:
"Le riforme economiche danno frutto, anche se, nel breve termine, il
costo per i cittadini è considerevole - ha detto ieri il presidente
della Bce davanti al Parlamento europeo -. Ma le riforme sono il giusto
corso e i governi devono perseverare. L'aggiustamento dei conti è
visibile, ad esempio, guardando all'aumento dell'export in Italia,
Spagna, Irlanda e Portogallo". Inevitabile leggere in queste parole un
invito al nostro Paese, chiamato a proseguire lungo la strada tracciata
del Professore.
Sempre ieri, un'altra pacca sulla spalla del Premier è arrivata dalla
Commissione europea, che ha dato il via libera alla ricapitalizzazione
del Monte dei Paschi di Siena tramite 3,9 miliardi di euro in "Monti
bond". Aiuti di Stato, per intenderci, che solitamente a Bruxelles non
vedono affatto di buon occhio.
Fin qui gli ultimi segnali della comunità internazionale, che si
sommano alle esortazioni sfacciate arrivate nei giorni scorsi dai più
influenti leader europei. Su tutti la cancelliera tedesca, Angela
Merkel, che ha lasciato intendere chiaramente la sua predilezione per
Monti.
Ma non basta: il Partito popolare europeo si è prodotto in una
serie di anatemi anti-berlusconiani per sottolineare il contrasto con la
presunta lungimiranza del Professore, mentre l'ambasciatore Usa in
Italia ha composto l'ennesimo panegirico del montismo.
In tutti questi casi l'obiettivo più ovvio è evitare che in Italia
prenda il potere un governo credibile di centrosinistra, il quale
rischierebbe d'indebolire il teorema del turbomonetarismo all'europea,
danneggiando i signori della speculazione.
In questo turbine di smancerie, per il momento, il diretto
interessato non si sbilancia. A ben vedere, tuttavia, anche dal fronte
interno arrivano dei segnali che fanno pensare a una prossima discesa in
campo del Professore.
Ieri il governo ha presentato in commissione
Bilancio al Senato un subemendamento per rinviare da gennaio ad aprile
il pagamento della prima rata della Tares, la nuova (pesante) tassa sui
rifiuti e su altri servizi comunali. Si tratta della correzione a un
emendamento che a sua volta era stato presentato dall'Esecutivo un paio
di giorni fa.
E' possibile che ci siano ragioni tecniche (sembra che ancora non sia
affatto chiaro come calcolare il prelievo), ma è anche verosimile che
lo slittamento sia riconducibile a motivi elettorali. Con il ricordo
dell'Imu ancora fresco, come potrebbe il super-tecnico candidarsi alle
elezioni mentre infligge l'ennesima stangata fiscale ai suoi
connazionali?
C'è
poi un'altra squadra di burattinai da tenere in considerazione. Oltre
all'Europa, tifano per Monti anche i grandi poteri finanziari italiani.
Parliamo di quello che una volta era conosciuto come "il salotto buono",
riunito intorno al tavolo della Mediobanca di Enrico Cuccia.
Grandi
istituti di credito, grandi assicurazioni, grandi fondi d'investimento.
Un intero universo che dopo Tangentopoli ha perso il suo naturale
riferimento politico (la Dc), senza mai riuscire a far pace con la
volgarità paesana del berlusconismo. Basti ricordare la guerra aperta
dell'avvocato Agnelli contro l'ingresso del Cavaliere nel capitale di
Mediobanca.
Sarà forse una speranza velleitaria, ma questi feudi oggi sognano che
il Professore riesca a creare intorno a sé il nuovo, grande partito
della borghesia italiana. Una destra liberista, europeista, fintamente
cattolica e progressista, all'occorrenza trasformista. Una destra che
finalmente se ne frega della Procura di Milano e tira dritto lungo la
sua strada speculativa.
E' possibile che Monti riesca a resistere a questo genere di
pressioni? Se si limitasse a valutare pro e contro, il Professore
farebbe meglio a puntare sul Quirinale. Ma l'ambizione personale mal si
concilia con una carica ingessata dalle strettezze della Costituzione.
E
allora ecco che d'improvviso si favoleggia di un nuovo soggetto
politico: non certo il fantomatico "rassemblement" di cui vaneggia
Berlusconi, ma una formazione che occuperebbe lo spazio lasciato vuoto
dall'inconsistenza di Montezemolo.
Una visione realistica assegna a un partito del genere pochi voti (il
10%, a essere generosi). Ma in politica non è da sottovalutare
l'effetto domino: cosa farebbero a quel punto i pidiellini scontenti?
Meloni, Crosetto e La Russa stanno già abbandonando la nave e il
Cavaliere potrebbe ritrovarsi ben presto molto più isolato di quanto
temesse.
Un discorso speculare vale per il centrosinistra: Bersani accarezza
in modo ambiguo una possibile alleanza con l'Udc, ma questa porterebbe
certamente all'abbandono di Sel e probabilmente anche a una guerra
civile nel partito. Casini non è un'alternativa presentabile per chi si
ritiene di sinistra. Monti, invece...
La Trimurti europeista e la fine della storia
di Marco Della Luna - www.marcodellaluna.info - 14 Dicembre 2012
Casini è da sempre europeista e vuole da sempre Monti candidato a
premier. Bersani è europeista e vuole vincere al voto per aprire subito a
Monti. Berlusconi, dopo l’ultima istrionica giravolta, è europeista e
invita Monti a prender la guida dei moderati.
Mi ricordano quei rei
africani che vendevano i loro sudditi ai negrieri europei. E pure i
numerosi uomini forti via via messi su dalla CIA e da Wall Street nei
paesi poveri ma ricchi di risorse naturali e mano d’opera a buon
mercato, per poter prendersi queste e quelle per quattro soldi.
Tutti i tre big vogliono portare i loro servigi al vincitore
ormai certo e padrone destinato d’Italia: il capitalismo franco-tedesco
che ieri, tredici dicembre, con l’unzione del Washington Consensus (FMI
+ Casa Bianca), ha incoronato Monti successore di Monti.
Pochi hanno la
libertà e l’onestà intellettuale di spiegare, come il giorno medesimo
ha fatto Giulio Tremonti, che oggi l’Italia fa da bancomat alle banche
tedesche e francesi. O di un Paul Krugman o di certa stampa britannica,
che rinnova la valutazione tecnica che l’Italia, per tornare a crescere,
abbisogna di uscire dal sistema di cambi bloccati e vincoli di bilancio
detto Euro.
I tre leaders politici italiani gareggiano tra loro per prendersi
l’appalto della consegna-svendita di ciò che resta da rastrellare di
questo sventurato Paese e salire sul carro dei nuovi padroni. Maroni,
col suo partito rimpicciolito, nel migliore dei casi potrebbe di
prendersi la Lombardia, e niente più – ma solo se asseconda Berlusconi,
cosa oggi assolutamente discreditante, dopo che l’ex premier ha dapprima
sostenuto, poi sfiduciato e il giorno dopo ri-fiduciato Monti.
L’azione
di Grillo e Casaleggio niente potrà contro il grande blocco europeista
traversale. Pertanto, il prossimo voto politico consegnerà
conclusivamente il Paese ai suoi nuovi padroni esterni appoggiati dai
loro servitori interni, i quali manterranno, servendoli, i loro
privilegi di casta.
Seguirà un lungo tempo di miseria e sfruttamento
senza speranza: la “fine della storia”, per la repubblica italiana.
L’Italia verrà “integrata” nel sistema industriale a guida germanica, e
in essa si faranno le lavorazioni a basso costo di mano d’opera, a basso
valore aggiunto, a bassa tecnologia (escluse poche nicchie), ad alto
inquinamento.
Il margine di profitto sarà trattenuto oltralpe. Gli
italiani saranno lasciati nel debito, a lavorare con bassi salari e
pensioni da fame e servizi da terzo mondo, per sostenere il generoso
sistema pensionistico nordeuropeo, l’enorme debito implicito
nordeuropeo, il credito pubblico alle imprese tedesche.
Però saranno
orgogliosi di essere accettati dai fratelli europei più virtuosi,
finalmente, e potranno dirsi “integrati”, e celebrare i padri
dell’Integrazione, nelle persone di Monti, Draghi, Napolitano. I quali
non meritano alcun biasimo, perché non vi è scelta, nella realtà:
l’Italia deve finire così.
I sistemi-paese non vitali vengono
smantellati e presi a pezzi dai sistemi-paesi più validi, così come le
aziende non vitali vengono smembrate e rilevate dalle concorrenti più
vitali, che prendono il buono e lasciano i debiti nella Bad Company. La
repubblica italiana ora è una Bad Country.
Questo è un destino inevitabile per un paese mai esistito prima,
assemblato 150 anni fa da un disegno di quegli stessi poteri stranieri,
un paese fatto di culture e popoli diversi, uniti a forza, senza storia
comune, senza cultura di autogoverno – tranne la repubblica di Venezia
-, senza senso nazionale, senza fiducia sociale e istituzionale, senza
capacità di innovazione e adeguamento all’evoluzione del mondo, bloccato
e recessivo in tutto da vent’anni, quindi morto, con le migliori
risorse di capitali, imprese e cervelli che in massa sono andate e vanno
via, all’estero. Impoverito su tutti i piani e in tutti i settori,
tranne che nella criminalità organizzata.
Questi sono tutti dati di fatto, oggettivamente certi. Il resto è
chiacchiere e non si è tradotto in fatti, non ha mutato il trend,
nonostante le molte promesse e i molti cambiamenti di maggioranze e di
leggi elettorali: la riprova che il sistema-paese è finito.
Neanche eliminare fisicamente tutta la casta, quel milione e rotti di
politici e alti burocrati, cambierebbe le cose, perché si tratta della
mentalità e delle consuetudini della popolazione, del suo rapporto con
qualsiasi potere, che è di complicità infedele, opportunismo amorale,
particolarismo assoluto.
Un paese così, cioè con una popolazione così,
fallisce fatalmente come organismo dell’agone globale e può essere solo
governato dall’esterno, come del resto tutte le sue componenti, tranne
quella suddetta, sono sempre state governate, storicamente, salvi brevi
periodi.
Ciò che sta compiendosi oggi era prevedibile già diversi anni fa: i
meccanismi erano già all’opera, come descrissi in alcuni saggi, a
cominciare dalla prima edizione di Euroschiavi, uscita nel 2005:
“Uscire dal Trattato di Maastricht è, a ben vedere, indispensabile
per esercitare una qualche libertà di scelta politica nella gestione del
Paese.
Infatti, a causa dei vincoli imposti da quel trattato e dalla cessione
della
sovranità monetaria alla BCE e dal fatto che quasi tutte le entrate se
ne vanno in spesa corrente e interessi sul debito pubblico, governo e
parlamento non hanno più strumenti di manovra in fatto di politica
economica, sociale, ecologica, etc.: non possono emettere la propria
moneta ma devono comprarla dalla BCE; non possono agire sul tasso
di sconto, perché questo è fissato dalla BCE; non possono svalutare,
perché il cambio è gestito dalla BCE e vincolato alle altre euro–valute;
non possono spendere a debito per i necessari investimenti produttivi
(ricerca, infrastrutture, istruzione), perché sono vincolati a contenere
il
deficit di bilancio e a ridurre il debito pubblico. D’altra parte, non
possono
aumentare le tasse, perché hanno già raschiato il fondo (a meno
di sacrificare con un’ulteriore grossa imposta patrimoniale qualche
categoria
sociale come i proprietari immobiliari o gli agricoltori).
Privata della possibilità di scelta sul piano che conta, quello economico,
il presupposto di tutte le altre scelte perché senza denaro quasi niente
si può fare, la politica si riduce a diatribe su matrimoni omosessuali, pillole
del giorno dopo e sotto–lottizzazioni di una torta sempre più magra.
Intanto, la produzione cala, la povertà aumenta, i servizi sociali peggiorano,
la domanda e la produzione ristagnano, la competitività va a picco.
L’alternativa è tra continuare la policy avviata nel 1992, mandando in rovina
il Paese in modo che i suoi assets importanti vengano comperati tutti
dal capitale estero (ossia, da soldi virtuali creati gratis e dal nulla a opera
del sistema bancario privato), che poi si metterà al comando; oppure
uscire dall’Euro e recuperare la sovranità monetaria – togliendola ai suoi
illegittimi detentori, la BCE e la Banca d’Italia, e recuperando le vaste risorse
monetarie del signoraggio e bloccando il take–over delle industrie
nazionali da parte di competitori esteri. Il suddetto articolo del Times evidenzia
come tutti gli studi su modelli econometrici mostrano che l’Italia
avrebbe un forte e rapido beneficio dall’uscita dall’Euro.
Nel 2007, nell’introduzione alla seconda edizione di Euroschiavi, scrivevo:
“ la finanza internazionale ha preso atto che: 1) l’Italia, come
sistema-paese, ha urgente bisogno di riformarsi e ammodernarsi per
sopravvivere; 2) non può farlo dal proprio interno perché in Italia la
produzione del consenso politico è basata proprio sulla protezione di
privilegi e abusi disfunzionali, sicché qualsiasi maggioranza, per
riformare, dovrebbe tagliare il ramo su cui è seduta.
Conseguentemente
essa, ora, attraverso i suoi uomini posti nella stanza dei bottoni, sta
procedendo al trasferimento del potere decisionale per l’Italia
dall’interno del paese all’estero, in modo che possa essere riformato
dall’estero, prescindendo dal consenso interno, soprattutto di quello
della base.”
In Basta Italia, pubblicato nel marzo 2008, potete leggere:
“Se facciamo un bilancio consuntivo dell’unificazione d’Italia a circa
140 anni dal suo completamento, dobbiamo portare i libri nel Tribunale
della Storia per chiedere la dichiarazione di fallimento.Perché, secondo
tutti i parametri, lo Stato “Italia” è un fallimento senza prospettive.
È un fallimento in fatto di funzionalità e competitività internazionali
– continua a perdere posizioni, a impoverirsi.
È un fallimento come capacità di innovarsi e ammodernarsi, nonostante
ne abbia un bisogno estremo: è il più rigido tra i Paesi occidentali.
È un fallimento come produttività: è ultimo tra i Paesi occidentali.
È un fallimento di fatto di produzione: dal 1992 è divenuto l’ultimo
dei Paesi europei, con uno sviluppo di meno di metà della media.
È un fallimento come natalità: è ultimo tra i Paesi occidentali.
È un fallimento come pubblica amministrazione: è ultimo fra i Paesi
occidentali come efficacia e primo per costi.
È un fallimento come capacità di attrarre investimenti: è ultimo fra
i Paesi occidentali.
È un fallimento come lavoro: ha il tasso più alto di assenteismo, di
scioperi, di malattie, e ciò gonfia il costo del lavoro.
È un fallimento come capacità di attirare e trattenere il risparmio:
nel primo anno del Governo Prodi bis, 120 euromiliardi si sono rifugiati in Svizzera.
È un fallimento in fatto di sviluppo economico: il suo prodotto interno
lordo, e ancora più il suo prodotto interno netto, marciano a tassi
frazionali rispetto alle economie forti.
È un fallimento in fatto di finanza pubblica: infatti, l’indebitamento
dello Stato è enorme, continua a crescere, e nessun governo lo riduce,
mentre esso inghiotte sempre più risorse per il pagamento degli
interessi passivi.
È un fallimento in fatto di indipendenza – nel senso che ha sempre
più padroni stranieri, come meglio diremo, non tanto a Washington,
quanto a Francoforte, Londra, Parigi.
È un fallimento in quanto a capacità di ricerca scientifica e tecnologica:
è ultimo d’Europa, dopo la Grecia.
È un fallimento in fatto di pubblica istruzione: le scuole italiane sono
le meno efficaci nel preparare al lavoro.
È un fallimento come politica salariale: ha i salari più bassi dell’Unione
Europea e vorrebbe abbassarli ulteriormente per competere con
Paesi come la Cina nella manifattura a bassa tecnologia.
È un fallimento in quanto a debito pubblico e pressione fiscale – ovviamente
– che salgono in parallelo, alimentandosi a vicenda, come
qualcuno inizia a capire.
È un fallimento in fatto di integrazione economica, in quanto aumenta
il divario tra regioni sviluppate e regioni non sviluppate, regioni
che mantengono e regioni che sono mantenute.
È un fallimento in quanto a welfare, perché il governo ha organizzato
il fallimento del sistema pensionistico nel giro di pochi anni, così
che scoppino disordini sociali, che la sinistra cavalcherà per prendere
il potere e saccheggiare gli italiani con una nuova tassa patrimoniale.
È un fallimento in quanto alla giurisdizione, perché il sistema giudiziario
italiano è inefficiente e corrotto, alimenta la criminalità e allontana
gli investimenti stranieri, e viene costantemente condannato
dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
È un fallimento in quanto a infrastrutture, che sono state neglette,
anche come manutenzione, per decenni.
È un fallimento in quanto alla sanità: spesa fuori controllo e 6.000
morti l’anno per infezioni contratte in ospedale.
È un fallimento in quanto a ordine pubblico, dato che un terzo circa
del territorio resta in mano alla criminalità organizzata, e gli stessi
partiti politici riproducono i modelli di potere e consenso della mafia.
~ Basta con questa Italia! ~
È un fallimento in quanto a rappresentatività e democrazia, dato
che la classe dirigente palesemente non rappresenta gli interessi della
collettività, ma quelli propri e corporativi, così come fanno i capi politici,
sindacali e i parlamentari.
È un fallimento in quanto a legalità e legittimità, perché la corruzione
e la deviazione dei poteri sono ambientali e strutturali e su di esse si
poggia il potere costituito anche per produrre il consenso dal basso.
È un fallimento in quanto a difesa idrogeologica, dato che non è in
grado di eseguire una prevenzione che costerebbe una frazione di quanto
costa rimediare ai disastri idrogeologici dopo che sono avvenuti.
È un fallimento in quanto a capacità difensive militari, siccome non
ha forze armate efficienti e non fa i necessari aggiornamenti dei sistemi
d’arma.
È un fallimento in quanto a capacità decisionale, in quanto nessun
governo riesce ad eseguire riforme strategiche e tutto si blocca.
È un fallimento in quanto a rinnovo della classe dirigente: dalla politica
all’università, abbiamo la gente più vecchia del mondo.
È un fallimento in quanto alla capacità di organizzarsi, in quanto la fiducia
e il rispetto verso le regole organizzative sono pressoché inesistenti.
È un fallimento senza speranza, perchè non c’è una classe politica
all’altezza del ruolo, dotata di competenze che vadano oltre il galleggiare
e il saccheggiare. Mancano gli uomini capaci. Non c’è nessuno
che possa portare il Paese fuori dalla rovina.
È un fallimento complessivo e definitivo, in quanto tutte queste cose
si sanno ma a nessuna di esse si è rimediato o iniziato a rimediare,
nemmeno con la “Seconda Repubblica”, nemmeno con l’“alternanza”.
Si è peggiorato, invece, in modo pilotato e voluto, per poter preparare
l’opinione pubblica alla privatizzazione di tutte le funzioni pubbliche,
a vantaggio di monopolisti privati che le rilevano in società con
politici, sindacalisti e pubblici amministratori, e le gestiscono in regime
monopolistico con sovrapprezzi monopolistici, quindi nessun incentivo
all’efficienza e massima possibilità di sfruttare il cittadino.
Pensate alle tariffe per i rifiuti, ai pedaggi per le autostrade.
Ricercatori, scienziati, manager, imprenditori, professionisti, se ne sono
già andati o se ne stanno andando.
Restano i meno capaci, restano i sentimentalisti irrazionali che stupidamente
associano l’idea dell’emigrazione alla povertà e al fallimento
– e si dimenano o sguazzano in questo sistema, come pesci in
una pozzanghera economica che si sta prosciugando al sole della globalizzazione,
mentre oltre confine abbonda l’acqua fresca e profonda.
Un organismo che non riesce a reagire a processi degenerativi interni, è
un organismo morente.
L’Italia non ha capacità di reazione organiche, d’insieme. È come
un vasto corpo in fin di vita e ampiamente necrotizzato, in cui bande
di larve carnarie riescono ancora a ingrassarsi. Nel senso che alcuni
gruppi, alcune cordate di potere, riescono ad assicurarsi fette di potere
e sacchi di soldi attraverso la conquista di posizioni di rendita monopolistica
e attraverso il saccheggio fiscale dei risparmiatori e dei
produttori di ricchezza che ancora non se ne sono andati. In ciò, sostanzialmente,
consiste l’attività dei partiti politici italiani. Altroché alternanza!
Questi sono gli elementi, in base ai quali dobbiamo valutare le prospettive
dell’Italia, e decidere se sia meglio restare o emigrare.
È questo il Paese a cui volete affidare il vostro futuro, il vostro lavoro,
i vostri investimenti?
E i vostri figli, li affidate a questo Paese? Se li amate, come potete
farlo? E come potete farli, se non ne avete ancora? Farli nascere sotto
un debito di 25.000 Euro a testa, in peggioramento? Tenerli qua quando
potreste portarli in salvo?”
Poiché non è possibile una maggioranza politica senza il voto delle
categorie parassite, non è possibile risolvere il problema della spesa
pubblica e dell’inefficienza della pubblica amministrazione. Quindi
l’Italia sarebbe destinata alla rovina.
Invece, l’Italia non è destinata alla rovina, perché il problema della
spesa pubblica e dell’inefficienza del sistema-paese si può risolvere –
si può risolvere dall’esterno dell’Italia. Ossia, trasferendo i centri di
potere monetari, finanziari, economici, quindi politici, a potentati
stranieri, che imporranno le antipopolari e antiparassitarie riforme
dall’esterno dell’Italia, perciò senza bisogno di basarsi sul consenso
elettorale degli italiani. Certo, faranno riforme nell’interesse loro proprio,
non degli italiani.
Quindi l’Italia non è destinata alla rovina, ma al colonialismo. Allo
sfruttamento coloniale. Dall’assassinio di Enrico Mattei, passando per
quello dell’avv. Ambrosoli, i politicanti italiani si sono mossi, col
sostegno
finanziario e – credo – anche sotto minaccia dei potentati stranieri, in
questa
direzione: svendere banche, industrie, mercati etc. a potentati
stranieri.
Bettino Craxi cercò di opporsi, a modo suo – appoggiandosi a meccanismi
clientelari nazionali.
Il suo tentativo di opposizione fu liquidato
attraverso
una gigantesca operazione giudiziaria, nota come Mani Pulite,
che eliminò tutti i partiti popolari italiani (DC e PSI in testa),
aprendo la
via a una dilagante campagna di colonizzazione dell’Italia da parte
della
finanza straniera e sovranazionale, soprattutto con Dini, Ciampi, Prodi –
campagna culminata con Maastricht, la BCE, l’Euro, lo smantellamento
dell’industria chimica, dell’industria cantieristica, dell’industria
elettronica
nazionali in favore di quelle estere, la scellerata svendita alla
concorrenza
straniera della Nuova Pignone – azienda leader mondiale e in forte
attivo: un misfatto economico senza precedenti.
Con la cessione della
sovranità
monetaria alla BCE. E della proprietà della Banca d’Italia ai finanzieri
privati, anche stranieri. E dei principali mercati, come la grande
distribuzione
e l’automobile, a concorrenti stranieri. In sostanza, con la cessione
di ogni autonomia e la totale sottoposizione alla dipendenza da centri
di poteri privati stranieri.
I soggetti che stanno attuando tale programma, per attuarlo più
agevolmente e per meglio mimetizzare i propri scopi effettivi, hanno
assunto i colori politici della sinistra e si sono dati una vernice di socialità
o socialismo. In Italia non vi è una vera sinistra, se non di frangia,
né un vero centrosinistra. Vi sono operatori politico-economici
che si fingono di sinistra, che hanno assunto simboli e ideologie della
sinistra, che compiono isolati atti politici che paiono di sinistra in
quanto colpiscono i ceti medi. Ma non sono affatto di sinistra. L’abito
non fa il monaco. La loro vera natura è palesata dai frutti della loro politica
– declino, privatizzazione e colonizzazione – e da chi li raccoglie
– finanzieri e grandi capitalisti, soprattutto stranieri.
~ Basta con questa Italia! ~
Ecco come Monti ci porterà via gli ultimi soldi
di Maurizio Blondet - www.rischiocalcolato.it - 17 Dicembre 2012
Anzitutto, un pensiero compassionevole al povero Bersani. Aveva la
vittoria già in tasca, la gioiosa macchina da guerra oliata e pronta, e
cosa gli fanno gli eurocrati da lui tanto ossequiati?
Gli candidano contro Mario Monti.
Il quale – a riprova della sua fondamentale idiozia –
si sveste dei panni del tecnico e si fa politico. Ossia da super-partes
a partitante, capo di un blocco moderato in tumultuosa formazione con
tutti i mozziconi spenti del centro-destra. Ma come può, povero Bersani,
fare campagna elettorale contro Monti?
Lo ha tanto servito, si è piegato a tutte le macellerie sociali
del programma di Monti (e Merkel); gli ha promesso il Quirinale. E
adesso, se lo trova avversario. Il lato tragicomico è che Bersani non ha
un programma alternativo a Monti, da opporre al neo-partito moderato.
Ha lo stesso programma di Monti.
Ha definito Monti e il montismo «un
punto di non ritorno». Adesso gli toccherà pensare a qualcosa che sembri
diverso, e che nello stesso tempo rassicuri gli eurocrati – che
chiaramente non vogliono la sinistra al potere.
E quanti elettori «di
sinistra» gli porterà via il Monti sceso in campo? C’è da tremare.
Povero Bersani: tanto ossequio ai banchieri, ai tedeschi e ai creditori,
tanta fedeltà inconcussa all’euro e al servizio del debito, ed ecco
come ti ripagano.
È il trionfo della democrazia. Gli statisti del Partito Popolare
Europeo, più i Kommissari, hanno dato l’ordine agli italiani: «Votate
questo». E di colpo, tutti i partitanti sono per Monti. Berlusconi,
poveretto, a Bruxelles ricordava a chi voleva sentirlo che era stato lui
a scegliere Monti come Kommissario. Il suo partito, Pdl, intanto, a
causa della sua ri-ri-ridiscesa in campo, gli esplode in mille schegge:
ma il bello è che queste mille schegge sono tutte per uno: Mario Monti.
I ciellini, i socialisti, i laici, i missini… persino Alemanno si è
pronunciato per Monti, con la speranza di essere ricandidato nella nuova
formazione dei mozziconi urlanti.
Quindi ora lo sapete, italiani. Siete liberi di scegliere fra Bersani
e Montezemolo, potete votare persino Berlusconi o la nuova AN. Ma
chiunque votate, alla fine votate Mario Monti e il suo governo – in
eterno (1).
È il trionfo della democrazia terminale. La democrazia senza
opposizioni. Dove le opposizioni si oppongono fra loro, combattendosi
aspramente, per strapparsi l’onore di mettere al governo il Prescelto
dalle Burocrazie. E sostenere l’Unico, approvando tutte le sue manovre e
«riforme». Due grandi formazioni, e il Candidato Unico.
Dunque, sarà Monti. Ricordiamo brevemente a quale scopo i partiti d’accordo avevano messo il tecnico Monti al potere:
Ridurre il debito pubblico.
Monti ha aumentato il debito pubblico: da 1.850 miliardi a quasi 2 mila
miliardi, più 80 mila miliardi. In un solo anno. E questo, nonostante
tagli e tasse sanguinose, da record storico mondiale (la pressione
fiscale sulle imprese impossibilitate al nero è ormai al 70%). Nel primo
anno del governo Monti, il debito è aumentato di 282 milioni di euro al
giorno (nel 201, sotto Berlusconi, era cresciuto di 152 milioni al
giorno).
Assicurare che l’Italia paghi il debito. Per dare
questa assicurazione ai «mercati», bisogna che l’economia italiana
cresca. Un debito pubblico è sostenibile quando cresce meno (almeno un
po’ meno) del PIL. Strangolando le imprese produttive, perseguitandole
con la Polizia tributaria, pretendendo pagamenti fiscali su guadagni non
realizzati, ritardando i pagamenti dovuti da parte del settore
pubblico, Monti il tecnico è riuscito nella luminosa impresa:
trasformare la recessione in depressione profonda.
Crollo e paralisi del
settore edilizio, blocco dei credito bancari, riduzione per paura dei
consumi, disoccupati alle stelle; i dati sui consumi ed energetici in
genere sono da 1929. Quattro trimestri filati di caduta del PIL: Monti
non sarebbe riuscito a far meglio se avesse chiesto ai tedeschi di
bombardare le fabbriche del Nord, come fecero gli Alleati su richiesta
del Partito d’Azione…
Fare le «riforme» del settore pubblico.
Ridurre la spesa improduttiva, visto che il PIL si inabissa, è una pura
e semplice necessità. I tecnici hanno annunciato: spending review,
ossia esame analitico delle spesa: mai fatto. Accorpare i Comuni: mai
realizzato. Abolire le provincie: programma ridotto a «accorpamento»,
mai realizzato. Rendere ragionevoli le paghe scandalose dei dirigenti
pubblici a 670 mila euro annui: niente di niente.
La presidenza della repubblica continua a costare 5 volte Buckingham Palace.
Le Regioni continuano a spandere senza controllo, ad alimentare
centinaia di Fiorito e Polverini ancora sconosciuti. Diminuire un
pochettino il numero dei parlamentari: niente, li avremo ancora lì, più
affollati di un treno-pendolari in ritardo fra Milano e Varese. Solo che
i pendolari non prendono 15 mila euro al mese.
La legge elettorale?
Voteremo ancora col Porcellum, e le liste determinate dai capi-partito.
La liberalizzazione delle spiagge, come ci chiede persino l’eurocrazia?
Macché: la lobby degli ombrelloni-sdraio è più forte della lobby
ebraica.
In una cosa Monti è stato più bravo, perfino più bravo di Berlusconi: negli annunci, seguiti da completa inattività.
Tant’è vero che gran parte degli italiani crede davvero che le cose
sopra dette siano state realizzate; anche perché i media sussidiati le
hanno salutate con nuvole di incenso al tecnico.
Il governo tecnico, con Monti a capo, è incapace? Incompetente? Fino a
ieri propendevo per questa interpretazione. Adesso, comincio a pensare
il peggio: che tutto ciò sia voluto. Persino un imbecille, però con
un’infarinatura bocconiana, capisce che tasse e tagli e persecuzioni al
settore privato porta alla miseria e dunque all’insolvenza.
Ma guardate
lo sguardo gelido di Monti, così simile a quello di Alesina e Giavazzi
quando dicono che bisogna abolire le pensioni e rimandare a lavorare gli
ottantenni, far morire le novantenni perché i letti di ospedale
costano, eccetera. È questa la neo-ideologia made in Chicago.
Eliminare 4 miliardi di esseri umani (2);
tanto il lavoro oggi non serve più, all’uno per cento interessa
soprattutto trovare domestici e servitù a basso prezzo, l’industria del
lusso va benissimo nella crisi generale: i ricchi sono autosufficienti, e
i poveri inquinano il bel pianeta azzurro, oggi di loro proprietà.
Allora, qual è il vero scopo di Monti? Lo sappiamo: salvare l’euro, non salvare l’Italia.
Approfittare della crisi per costringere i popoli ad accettare il
federalismo europoide, secondo il progetto Monnet-Delors-Padoa Schioppa.
E il progetto, per quanto lo riguarda visto che è stato messo a
governare l’Italia, è: de-industrializzarla. Vedete la
Grecia: non ha più niente con cui vivere, per questo è totalmente
dipendente da programmi che la spopolano, e da un euro che la uccide.
Dipende totalmente dalla «carità» a credito tedesca.
Riducendola come la Grecia, all’Italia si toglie ogni velleità e
possibilità di uscire dall’euro e di ripudiare il debito. Di gettare
all’aria il progetto eurocratico, riacquistando competitività e
mettendosi a far concorrenza alla Germania. Un futuro capo «populista»
non avrà i mezzi per una politica popolare, di ripresa.
Sì, mi sono convinto che Monti completerà la spoliazione, ci ridurrà
tutti a razzolare nella spazzatura a cercare bucce di patata. Con il
sostegno inconcusso di tutti i nostri partiti storici. E gli applausi
dei giornali e TV.
Quindi, ecco cosa farà. Il sospetto è venuto ad una cara lettrice
molto addentro al sistema economico milanese, Carla L. Lei dice di aver
sentito Monti accennare alla cosa in qualche discorso, subito però
tacendosi.
Qual è la cosa? Cambiare le banconote. Dare un nuovo
formato ai biglietti da 100, 200, 500 euro, nuovi colori. Con l’obbligo
di presentare in banca le vecchie banconote entro un certo termine
tassativo (dopo il quale non hanno più corso) per farsele sostituire con
le nuove.
Molti italiani, l’estate scorsa, quando l’euro sembrava agli ultimi,
hanno ritirato parte dei loro risparmi dai conti. I pesci veramente
grossi hanno trasferito i loro grossi fondi all’estero, in Svizzera o
nei paradisi fiscali. I piccoli, timorosi di veder devastati i loro
risparmi, hanno ritirato banconote e le hanno messe sotto la mattonella,
o in cassetta di sicurezza.
Sono centinaia di miliardi. Che sono scomparsi all’occhiuto sguardo
del Fisco, non sono più visibili al Grande Fratello, sottratti alle
banche, disponibili per pagamenti in nero. È per le banche e per Befera
che si parla sempre più con insistenza di vietare l’uso del contante
anche per pagamenti da 10 euro.
Ma soprattutto, quei soldi invisibili e reali sono la speranza di
sopravvivere al «dopo». Dato che per ordine dei creditori e della
Merkel, il debito in Europa non può più essere diluito col sistema
storicamente più usato – l’inflazione – questo denaro mantiene
abbastanza bene il potere d’acquisto. Costituisce una speranza.
Questa speranza va troncata: ridurre alla fame, alla fame vera, senza
cuscinetto di risparmi, è il metodo più «efficiente» per rendere il
lavoro «flessibile» al massimo: senza un soldo nella calza, vedrete che i
vecchietti torneranno a lavorare per 5 euro al giorno, come già fanno
in America. E i giovani «choosy» , e le donne casalinghe, la gente dei
PIIGS accetteranno qualunque paga.
Per Monti, il cambio di banconote ha un vantaggio aggiuntivo.
Immaginate: avete in cassetta di sicurezza, poniamo, 15 mila euro in
banconote da 500. Arriva l’avviso che queste tra dieci giorni non
avranno più corso legale; vi affrettate a presentarle alla vostra banca
per farvele cambiare con le nuove.
E siete in trappola. Il bancario allo sportello è, ormai, l’occhio
del miliardario-di-Stato Befera: «Come mai tanto contante? E di grosso
taglio?». Ciò è altamente sospetto. Avete intenzione di fare pagamenti
in nero: «Evasore Fiscale!» , grida il bancario; e tutti si voltano,
pronti a linciarvi (i giornali, le TV e Report li hanno messi
già contro di voi, evasori che usate il contante).
Come minimo, dovete
pagare una multa per il possesso ingiustificato di moneta (di corso
legale, ma che importa). E poi, la Finanza: questi soldi sono un suo
reddito che lei ha nascosto; ci paghi sopra le tasse! Hai voglia a
cercare di dimostrare che non sono un reddito, che sono soldi vostri,
già tassati, che avete semplicemente ritirato dal vostro conto corrente.
Potete dimostrarlo? La Finanza sostiene che la vostra documentazione è
falsa: multa! aggravi di mora! Penali varie e sovrattasse! Cercate di
opporvi all’accertamento persecutorio e truffaldino? Bene, provate ad
«adire la magistratura», come si dice. Intanto pagate e poi se ne
riparla fra 20 anni.
Secondo me, questo è il modo con cui, se avete 15 mila euro in banconote, ve ne porteranno via 5 mila.
La famosa patrimoniale, con altri mezzi. La patrimoniale che colpisce
i pesci medi e salva, come al solito, i pesci grossi. La patrimoniale
che definitivamente proletarizza la classe media che non ha saputo
essere, né darsi, classe dirigente.
Lorsignori sanno che voi italiani, collettivamente, avete 9 mila miliardi di euro di ricchezza privata; (3) più di quanto ne abbiano i tedeschi, pro capite.
È un tesoro che hanno deciso di prosciugarvi, – serve a loro, serve al
Quirinale, serve alle opposizioni con candidato condiviso, e a tutti i
parassiti miliardari che manteniamo come contribuenti – e con Monti, ci
riusciranno. Togliervelo, serve anche ai tedeschi: così non potrete più
uscire dall’euro, dovrete lavorare per 400 euro mensili nei mini-jobs,
come già fanno 7 milioni di loro. È l’Europa che avanza.
Ovviamente, il mutamento formale delle banconote dovrà avvenire a
livello europeo. Ossia, dovrà essere d’accordo il Cancelliere in carica.
Ma basta che Monti lo chieda, e l’avrà. I cittadini tedeschi lo
accetteranno? Certo che lo accetteranno: da loro, il possesso di
contanti mica è un delitto.
Possono presentarsi a comprare un’auto con
20 mila euro in banconote, e il concessionario non chiama la Finanza,
non vede in lui un evasore; perché là, il fisco funziona bene o male,
meglio del nostro. Là, mica hanno Befera.
Ecco cosa succederà se ha ragione la signora Carla L. È dedicata a voi questa vignetta del Telegraph:
Il tacchino dice: «Mi unisco a una setta che crede che il mondo
finirà il 21 dicembre». Quel tacchino siete voi. Il 21 dicembre il mondo
non finirà. Ciò significa che, il 25, sarete spennati, arrostiti e
mangiati.
1) L’ultima flebile speranza è dunque votare per Beppe
Grillo e il suo movimento: almeno, ha definito Monti «Rigor Montis». Già
vedete come lo stanno triturando, con i traditori interni pagati
(spesso, solo con promesse). E con l’obbligo di presentare 60 mila firme
in due mesi… Bisognerà andare in massa a fargli raccogliere le firme.
2)
Il progetto di eliminare 4 miliardi di esseri umani è stato
effettivamente elaborato dal professor Eric R. Pianka, zoologo
evoluzionista all’università di Austin, Texas, e comunicato ad una
selezionata platea di economisti, politici e «decisori» alla Texas
Academy of Science il 3 aprile 2006. Non erano ammesse telecamere e
giornalisti; esattamente come alle riunioni di Bilderberg e Trilaterale.
Si veda Maurizio Blondet, «Cretinismo scientifico e sterminio dell’umanità». Effedieffe, pagina 225. Arthur Schlesinger jr. suForeign Affairs
(il giornale del Council on Foreign Relations), agosto 1975 già
scriveva: «Non otterremo il Nuovo Ordine Mondiale senza pagare un prezzo
col sangue, oltre che con il denaro e le parole». Brock Admas,
all’epoca direttore della Organizzazione di Sanità dell’ONU, aveva
preconizzato: «Per ottenere il governo mondiale, è necessario togliere
dalle menti degli uomini il loro individualismo, la lealtà a tradizioni
familiari, al patriottismo nazionale, ai dogmi religiosi». Questo è ciò
che persegue l’eurocrazia. Con parecchio successo.
3)
Dai giornali: «L’Italia è più ricca della Germania in termini pro
capite, con circa 9.000 miliardi di euro di ricchezza privata. Il suo
debito pubblico e privato combinato è al 265% del PIL, inferiore a
quello di Francia, Olanda, Regno Unito, Stati Uniti o Giappone. Il Paese
si piazza in cima alla graduatoria dell’indice del Fondo Monetario
Internazionale per ‘sostenibilità del debito a lungo termine’ tra i
principali Paesi industrializzati, proprio perché ha riformato da tempo
il sistema pensionistico».
Sono falliti i partiti non i M5 Stelle
di Massimo Fini - Il Fatto Quotidiano - 15 Dicembre 2012
Mercoledì sera a Porta a Porta c'erano i rappresentanti dei soliti
partiti, gente di seconda o terza fila. A un certo punto, sotto la
sapiente regia di Vespa, il discorso è caduto su Beppe Grillo e tutti si
dimostravano fintamente preoccupati e sinceramente scandalizzati e
indignati del modo in cui l'ex comico conduce il suo movimento:
antidemocratico e autoritario.
Particolarmente sdegnata era la
rappresentante del Pdl, Beatrice Lorenzin. Nel mio libro-dizionario Il
Ribelle dalla A alla Z ho liquidato la voce pudore con una sola parola:
scomparso.
Se c'è un partito che in questi anni ha avuto un padre-padrone
assoluto è stato ed è il Partito della libertà (di delinquere), un tempo
Forza Italia, dove il Capo si è permesso di tutto fino a imporre e far
votare, senza che nessuno osasse mettere becco, le sue troie.
In quanto a
espulsioni non si è limitato a cacciare un Favia qualsiasi, ma il
leader di Alleanza nazionale, Gianfranco Fini, che aveva avuto la
dabbenaggine di far confluire il suo partito in quello del Padrone
pensando ingenuamente di poter godere di un minimo di autonomia.
Nei primi tempi di Forza Italia, quando il Cavaliere cercava di
raccattare anche qualche intellettuale di prestigio, ebbi la ventura di
assistere a una convention in cui parlò solo Berlusconi che alla fine fu
subissato di applausi. Solo Saverio Vertone, seduto in prima fila non
applaudiva. Berlusconi, dalla cattedra, lo redarguì aspramente come uno
scolaretto: “Perché non applaude?”.
A Vertone vennero le orecchie rosso
fuoco, ma non osò proferir parola (povero Saverio che era stato, assieme
a Giuliano Ferrara, una delle menti più acute di un Pci un po' meno
ortodosso).
Del resto, a ben guardare, negli ultimi trent'anni quasi
tutti i partiti sono stati a guida cesarista. Fino a metà dei '70 il Psi
era stato un partito libertario. Se in quegli anni uno di sinistra
militava nel Psi e non nel Pci era perché rifiutava il famigerato
'centralismo democratico' e voleva esser libero di esprimere le proprie
idee.
I dibattiti erano accesissimi, anche troppo. Poi arrivò Craxi e,
nel giro di poco tempo, tutti erano diventati craxiani. Dibattito
azzerato. Bossi è stato un leader carismatico, anche se più umano, più
vero, più appassionato (infatti ci ha lasciato la salute).
E adesso, improvvisamente, e solo per Grillo, si scopre che il carisma è
cosa cattiva, antidemocratica, pericolosa. E invece proprio un
movimento allo stato nascente, come il 5Stelle, ha la necessità di
essere in un certo modo 'leninista', se non vuole che le infiltrazioni
lo corrodano dall'interno e in breve tempo lo distruggano, come è
avvenuto con la Lega.
Nella trasmissione di Vespa le amebe presenti, per dimostrare la loro volontà di rinnovarsi, han detto che “i partiti devono darsi uno statuto interno democratico”.
Non hanno capito niente. Non interessa se i partiti si verniciano di
democrazia interna, se fanno le primarie, le secondarie, le terziarie.
L'enorme astensionismo e, credo, anche i 'grillini' vogliono
semplicemente spazzar via i partiti in quanto tali. È la forma-partito
che è fallita. Arrivando ad aggiungersi, sotto le mentite spoglie della
democrazia, alle mafie propriamente dette.
Il debito pubblico in Italia
di Mincuo - www.comedonchisciotte.org - 17 Dicembre 2012
PREMESSA:
Faccio questo post come promesso e aggiungo qualche commento che
possa risultare utile anche rispetto alle FAQ che proponeva Baron Corvo.
L'informazione non dà quasi mai un quadro di riferimento, e in questo
modo può orientare meglio le opinioni. Spero che sia quindi utile,
almeno per quelli che preferiscono poter argomentare con dei fatti e
formarsi le proprie opinioni a partire da fatti. Mi scuso nel contempo
con tutti quelli che saranno invece sommamente infastiditi che non siano
le ”memorie” e i “sentimenti” a formare il giudizio delle persone.
____________________IL DEBITO PUBBLICO___________________
A Settembre nuovo massimo storico del debito pubblico, a 1.995 miliardi.
L'incremento del debito da inizio 2012 è di oltre 90 miliardi.
Per l'intero 2011 l'incremento era stato 54 mld.
Il debito pubblico procapite, al 31 dicembre 2011, è di 32.787 euro.
Dal 2000 il debito pubblico è aumentato di circa 695 miliardi di euro,
cioè del 53,43%, il doppio circa rispetto all'inflazione che è stata
nel periodo del 25,80%.
La stima corrente (consensus forecast) è che il debito/PIL a 2012 chiuderà sopra 128,5% su PIL
Qui una tabella dell'andamento. Il dato del 2012 è quello vecchio provvisorio delle stime governative.
Nonostante le dichiarazioni di tutti i componenti del Governo e dei
media sui risultati ottenuti, l'evidenza dei numeri dice il contrario.
Quando perciò viene detto che l'Italia deve proseguire su questa via si
deve sapere che questa via ha soltanto peggiorato i conti pubblici,
proprio il lato che intendeva migliorare.
Al cittadino viene istillata
l'idea che stia facendo grandi sacrifici e che li debba continuare,
perché questi sono giustificati da risultati e quindi produrranno poi
un'uscita dalla crisi, ma intanto la crisi si aggrava e il cittadino non
ne vede mai la fine.
Dal lato della crescita invece l'OCSE stima (per il poco valore che ha) un 4% complessivo per i prossimi 10 anni, il che significa uno 0,4% annuo. Quindi una crescita pressochè nulla (5-6mld a fronte di un debito che sale di 13 mld solo in un trimestre).
I titoli di Stato a Settembre ammontavano a 1.672 miliardi.
Gli interessi passivi nei primi 9 mesi sono stati pari a 62 miliardi.
I tassi di interesse medi sono stati: BOT 1,52%, BTP 4,52%, CCT 3,52%.
Le riserve ufficiali a ottobre 2012 ammontavano a circa 144 miliardi di euro. 107 mld oro, 5,068mld riserve su FMI, 7,405 DSP (Diritti Speciali di Prelievo) 27.087 valuta estera.
Le riserve in oro, pari a 2.451,8 tonnellate, rappresentano il 72% delle
riserve totali. L'Italia è dopo USA e GER il terzo Paese per riserve
d'oro.
Tuttavia ai fini del debito queste rappresentano solo circa il 7% quindi
non sono una soluzione per l'abbattimento, come proponeva ad esempio
Prodi, ma nel contempo danneggerebbero molto lo stato patrimoniale di
BdI.
Continua la crescita dello stock di Titoli, come è logico dovendo finanziare un debito sempre crescente.
La media dei tassi si è alzata, come è noto, e cioè il servizio del debito è più costoso.
Anche questo non depone a favore delle scelte. I mercati cioè continuano
a richiedere un premio al rischio e dato che si basano sulle attese non
sono rimasti per nulla impressionati dai risultati conseguiti dal
Governo.
Va detto che sia i fondamentali dell'economia, sia lo stato e la dinamica dei conti pubblici, al tempo della "catastrofe"
imminente del 2011 e dell'impennata degli spread non solo non erano
minimamente paragonabili a quelli odierni ma anzi erano discreti.
Qui una tabella che indica il debito in scadenza per il 2013 e 2014 che
verrà rinnovato. Non comprende ovviamente il nuovo debito che
eventualmente verrà a formarsi e che anch'esso va finanziato.
Questa invece è una tabella (2011) che illustra il debito totale, cioè
quello pubblico, quello delle famiglie, delle industrie e delle
Istituzioni finanziarie.
Blu= Government, verde= Non financial, Rosso = Famiglie, giallo = Financial
Parecchi studi concordano che un livello consigliabile per il debito
totale riguardo a una sostenibilità di lungo termine sia intorno al
180%.
Questo significa solo una cosa: che la soluzione, la via maestra, è
il taglio dei debiti tramite una ristrutturazione promossa a livello
sovranazionale.
Qualsiasi altra via è un prendere tempo ed aggravare la situazione.
Le uscite di capitali dall'Italia dalle banche italiane da giugno 2011 a giugno 2012 sono state pari a 235 miliardi (15% del Pil 2011), per due terzi verso i Paesi core Europei.
Sempre da giugno 2011 a giugno 2012 la quota di Titoli di Stato
italiani detenuti da soggetti stranieri si è ridotta dal 46,8% al 27,8%,
a cui va aggiunto un 5,5% detenuto dall'Eurosistema nell'ambito del
Securities Markets Programme.
Abbiamo dunque una imponente fuga di capitali da un lato e una riduzione del debito detenuto da stranieri dall'altra.
In parte (5,5%, circa 90mld) i titoli stranieri sono stati rilevati dalla BCE, sul mercato secondario (Securities Markets Programme) per sostenere le quotazioni.
Un'altra parte deriva da larghi acquisti delle banche italiane, a fronte dei finanziamenti della BCE all'1% (LTRO Long Term Refinancing Operation). Le banche hanno aumentato infatti dal 13,2% al 20,6% (circa 120 mld). (Le banche sono moralmente spinte a detenere una certa quota di debito pubblico del Paese in cui operano).
Infine le famiglie italiane che hanno aumentato l'1% (16mld)
direttamente, ma per una quota ben maggiore attraverso fondi comuni.
Questa riduzione del debito estero è probabilmente se non certamente
conseguente al disegno di rendere il debito di ciascun paese dipendente
dai propri cittadini in modo che le eventuali ristrutturazioni, o
default parziali, o altri provedimenti saranno esclusivamente a carico
loro.
Le ultime note brevi riguardano PIL, inflazione e disoccupazione.
Qui una tabella del PIL con le varie previsioni.
Nel terzo trimestre il Pil è sceso dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e del 2,4% rispetto al 3° trimestre del 2011.
Rispetto alle previsioni del Governo e dell'FMI (di parte) un risultato quindi disastroso.
Il Fondo Monetario Internazionale ha poi corretto a Ottobre indicando un
-2,30% del Pil, un deficit/Pil del 2,81% e un debito/Pil al 126,32%.
Tutti i conti danno quindi un quadro molto precario, testimoniano non
solo dell'inutilità ma della dannosità delle politiche di austerity, che
non solo hanno penalizzato come previsto la crescita, ma sul fronte
della stessa tenuta dei conti appaiono aver mancato l'obiettivo, ed anzi
la tendenza è come si vede a un aumento ancor più veloce del debito
nonostante i sacrifici imposti. E' quindi altamente probabile che
l'Italia sarà costretta a
chiedere “l'aiuto” dell'Europa, come previsto e pianificato, se mi si consente.
E' evidente in ogni caso che il peggioramento dei conti comporterà
ulteriori manovre e oltre alla possibile vendita del patrimonio
immobiliare dello Stato (sui 350-400 mld) passerà per provvedimenti straordinari come un'imposta patrimoniale o un prelievo sui conti correnti.
Il tasso annuo di inflazione è pari al 2,8%, per l'intero 2012 sale al 3%.
L'indice armonizzato dei prezzi al consumo, a base 100 nel 2005, è pari a
119,2, +2,7 punti rispetto alla lettura di 116,5 di luglio. Ciò
significa che in 7 anni il potere di acquisto è diminuito di quasi il
20% vale a dire che una persona compra con lo stesso denaro il 20% in
meno dei beni che comprava nel 2005.
La disoccupazione, ultimo dato aggiornato questo, sta all'11,1%, ma
bisognerebbe aggiungere circa un 2,3% dovuto a oltre un miliardo e cento
circa di ore di Cassa Integrazione che qui significano, anche in
ragione del trend economico, disoccupazione, e non quindi una misura
temporanea.
Il tasso di disoccupazione fra i giovani tra i 15 e 24 anni è 35,1% (dati vecchi, di Settembre).
Un' ultima notazione riguarda il credito che s'è ridotto costantemente.
La politica avviata ha anche l'effetto di incanalare maggiori risorse
di liquidità delle banche verso l'acquisto di debito pubblico e questo
comporterà probabilmente che la dinamica di rifinanziamento dello stesso
debito, che come si è visto è anche in crescita, sottrarrà ulteriori
risorse all'economia reale alimentando quindi e aggravando la spirale
già in corso.
P.S. Per le immagini che si vedono male cliccate qui:
P.S. Aggiornamento: Il debito pubblico italiano raggiunge il suo livello
più alto nella storia, superando per la prima volta il tetto dei 2.000
miliardi e attestandosi a 2.014,7 miliardi dai 1.995,1 di Settembre. Lo
rende noto il supplemento "Finanza pubblica" al bollettino statistico
della Banca d’Italia.