domenica 13 novembre 2011

Il pranzo è servito...

Una serie di articoli su ciò che verrà presto cucinato al popolo italiota, dopo l'ultimo giorno di Berlusconi da presidente del Consiglio.

Un menù a base di volatili per diabetici da trangugiare senza fiatare....

P.S. Un sonoro VAFFANCULO ai vari Ferrara, Feltri, Sallusti e altre merde del genere che solo ora, dopo che il culo che hanno leccato per anni s'è staccato dalla poltrona di Palazzo Chigi, scoprono che esiste una banca d'affari di nome Goldman Sachs con tutto ciò che ne deriva e cercano di dipingere Berlusconi e gli Scilipotiani al suo seguito come eroici paladini che hanno combattutto per tutti questi anni contro il Vero Potere.

MA ANDATE A CAGARE!!


E’ il governo Napolitano-Monti-Goldman Sachs
di Giulietto Chiesa - Il Fatto Quotidiano - 12 Novembre 2011

Vincendo la nausea affacciamoci sul dopo Berlusconi.

Monti arriva come commissario al quadrato. I suoi vice saranno gl’ispettori del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale Europea. Come in Grecia.

Inizia un’altra repubblica: la terza? Che annuncia di voler cancellare la sovranità nazionale dell’Italia, la Costituzione Repubblicana, ogni forma di reale espressione della volontà popolare (avete visto gli strilli dei “mercati” contro l’ipotesi del referedum greco?).

Il Presidente della Repubblica ha costruito la via d’uscita di Berlusconi facendo mosse assai dubbie dal punto di vista della legalità costituzionale, che avrebbe dovuto difendere strenuamente. Era il suo compito, che non ha saputo e voluto attuare mentre firmava tutto ciò che arrivava da Palazzo Chigi. E che oggi palesemente ignora.

Ne viene fuori un governo della casta, che verrà definito di “salvezza nazionale”, ovvero “tecnico”. False la prima e la seconda definizione. Perché, primo, non salverà il paese ma obbedirà al diktat della finanza, colpendo la popolazione; secondo, sarà il più politico dei governi del secondo dopoguerra: perché sancisce l’assoggettamento del nostro paese a un “governo” straniero e ostile (e non mi si venga a dire che sudditi lo eravamo già, perché questa eterodirezione è l’inizio di un cambio d’epoca orwelliano).

La prova? Tutte le componenti della casta (che entrerà a frotte nel Governo Napolitano-Monti-Goldman Sachs) parlano della necessità di attuare “misure impopolari”. Cioè antipopolari. Ma guarda che democratici!

Molti si illudono che Monti voglia fare qualche cosa di buono. Ma lui non è qui per questo. Neanche per fare una decente legge elettorale. Lui viene qui per “rieducare” gli italiani alla religione del Debito.

Lui arriva per eseguire gli ordini della Banca Centrale Europea, i 39 punti, la lettera di Draghi-Trichet. Un maoista dei nostri tempi: “educare il popolo”. L’ha perfino detto, con riferimento alla Grecia. Adesso lo farà con noi, se gli riesce.

Che fare? Occorre mobilitare la più vasta opposizione sociale e prepararsi a costruire una nuova opposizione politica. Respingere l’”ordine di servizio” preparato dal Quirinale su indicazione dei grandi centri finanziari dell’Occidente.

Occorrerebbe un governo di saggi che, protetti dalla loro statura morale, dal loro prestigio intellettuale, dalle loro conoscenze, siano in grado di sconfiggere le potenti pressioni che si eserciteranno contro di loro, e che varino una nuova legge elettorale, rigorosamente proporzionale, per le elezioni di tutti gli ordini e gradi. Il loro compito sarebbe quello di liquidare la finzione del bipolarismo, che adesso si sgretola sotto i nostri occhi.

Qualcuno si chiederà: ci sono questi uomini e queste donne? Io so che ci sono, potrei farne l’elenco. Ma Napolitano non è andato a consultare loro. Ha consultato le mummie e quelli che tirano i fili per farle muovere.

Poi occorrerebbe andare a votare in tempi rapidi. Uso il condizionale perché so bene che questo non avverrà. Ma so anche che il Governo Nmgs difficilmente durerà due anni. Perché la crisi sta precipitando. Annunciano “riforme” per la crescita.

Ma tutti gli indicatori dicono che noi andremo in recessione, insieme all’intera Europa. Dunque la crisi arriverà ben presto, o la faranno precipitare “loro”, i “proprietari universali” (e per le grandi masse non farà differenza alcuna, perché in entrambe le varianti a pagare saranno loro).

Secondo: il debito, che ora viene usato come una spada sul capo degli italiani, non può e non deve essere “onorato” con manovre che ridurranno drasticamente non solo il tenore di vita di larghissime masse popolari, ma annulleranno i loro diritti fondamentali, sanciti dalla Costituzione Italiana. Il debito è una truffa ai danni dei molti, a vantaggio dei pochissimi. Il debito è iniquo e illegale. Lo paghino coloro che ne sono stati i responsabili.

Noi ci attestiamo sui nostri diritti costituzionali. A essi non abbiamo rinunciato e non intendiamo rinunciare. La Costituzione ci dà il diritto e il dovere di difenderci contro ogni violazione delle sue norme.

La sovranità che abbiamo delegato a questa Europa non è stata usata nei nostri interessi, e in armonia con i nostri principi costituzionali. Abbiamo dunque il diritto di chiederne la restituzione. Almeno fino a che questa Europa cessi di essere lo scranno dei banchieri e cominci a corrispondere alle nostre aspettative.

Si dia dunque modo al popolo di esprimersi in tempi brevi sul tema del debito: con un referendum. L’Italia può e deve farlo, anche se alla Grecia è stato impedito.

Compito di un presidente della Repubblica avrebbe dovuto essere, tra gli altri, quello di sottrarre il paese al ricatto dei potenti, siano essi interni o esterni. Nel nome della Costituzione. Se non lo fa lui, lo faremo noi.


L'invasione
di Dante Barontini - Contropiano - 12 Novembre 2011

Grandi cambiamenti in corso. Qualcuno trasloca, qualcuno si insedia...

Berlusconi oggi lascia la presidenza del consiglio. Domani sera Napolitano darà l'incarico a Mario Monti, dopo rapide “consultazioni” mattutine.

Come si inquadra la nuova situazione politica per i prossimi mesi o anni? Possiamo continuare a ragionare politicamente come qualche giorno fa?

Ci tocca usare un'immagine forte, per farci capire, altrimenti si continua a girare intorno al problema, a non vedere la “lettera scomparsa” che sta davanti ai nostri occhi.

La diciamo così: siamo stati invasi dalle forze di una coalizione molto potente.

Non è un'invasione fatta con i carri armati, ma con le squadre di ispettori della troika (Ue, Fmi, Bce). Sono venuti per cambiare la struttura di questo paese e resteranno tutto il tempo necessario (Van Rompuy è stato chiaro). Forse per sempre.

L'immagine dei “commissari” che bloccano la presentazione in aula del maxi-emendamento, per controllare fino all'ultimo istante che contenga soltanto quello che loro avevano deciso, dà la misura del “dominio pieno” che gli invasori hanno subito preso a esercitare. Non servono nuove elezioni; il "programma politico" c'è, il personale per realizzarlo pure.

La democrazia può attendere. Anzi, deve. Per quanto tempo? Non si sa, ma va bene così, state tranquilli, "siamo venuti in pace" (ricordate Mars Attack?).

Le armi di distruzione di massa utilizzate consistono in alcune centinaia di miliardi di dollari che colpiscono con chirurgica precisione i paesi da conquistare. Se qualche leadership locale (tribale?) non capisce rapidamente la nuova aria che tira, aprono un fuoco devastante.

Mediaset martedì ha perso in borsa il 12% in poche ore, mentre lo spread tra Btp e Bund volava a 575 punti: Berlusconi ha dovuto uscire dal bunker alzando le mani e provando a contrattare un ruolo meno importante, ma di rilievo. Gli faranno sapere, per ora era sufficiente che abbandonasse la sala di comando.

La nostra provincia deve imparare un'altra lingua economica e dimenticare la precedente, peraltro molto balbuziente, in modo da non mettere a rischio una costruzione (la moneta unica e l'Unione europea) che non riesce più ad avanzare, ma non può nemmeno arretrare.

Il crollo di questo edificio è dietro l'angolo. A Londra i bookmaker accettano scommesse e le quotazioni hanno subito un ridimensionamento solo dopo la discesa di Monti dal cielo della Trilaterale.

Siamo stati invasi e non abbiamo più alcuna autonomia in materia economica, così come non l'avevamo più in campo militare. Non sono venuti per “risolvere la crisi” - non hanno nemmeno loro la minima idea su come fare – ma per rendere questi 60 milioni di scriteriati (oltre ai milioni di greci, portoghesi, spagnoli, irlandesi; domani probabilmente anche i francesi) sudditi di uno Stato che non ha articolazione di rappresentanza politica, ma soltanto centri decisionali operativi e "enti locali" incaricati dell'ordine pubblico o della raccolta delle tasse.

Serviremo a salvare il sistema finanziario continentale. Non tutto, come ha deciso l'European Banking Authority: soltanto la parte più interconnessa con il “sistema bancario ombra” nato insieme all'”industria” dei derivati. Sostanzialmente le banche tedesche e inglesi, forse qualche francese. Oltre alle statunitensi.

Siamo stati invasi e non abbiamo più alcuna autonomia politica. Non tutti i nostri cari fanfaroni che popolano i talk show dopo una giornata alla bouvette l'hanno capito bene. Qualcuno scalpita, qualcuno fa finta di scalciare. Tutti stanno rapidamente chinando la testa.

Berlusconi vorrebbe mantenere la golden share e appoggerà il nuovo esecutivo coltivando la speranza di potersene liberare presto e tornare in sella, dopo un anno di macelleria sociale addebitabile agli “stranieri” anche se realizzata con i suoi voti.

Ha l'incognita di un “partito” di mezze figure e di portaborse, che si sta squagliando come il suo blocco sociale (che dovrà subire una “tosatura” fiscale pesante, a partire dalla patrimoniale e passando per un contrasto dell'evasione con “criteri tedeschi”).

Navigherà a vista, pronto a cogliere le occasioni. Altrimenti si limiterà a cercare di salvare le proprie aziende.

Bersani deve rinunciare a una vittoria elettorale ormai pronta sul piatto. E' un uomo finito, così come il Pd, aggregato informe senza centro motore. Porterà voti e un sindacato (la Cgil) in ostaggio, in nome del "senso di responsabilità nazionale" proprio quando i residui di nazionalismo vengono sepppelliti senza tante cerimonie.

Il “terzo polo” conosce la linea operativa che scende dalle “istituzioni sovranazionali” e si dispone a rappresentare quel “superamento del bipolarismo” ritenuto necessario per garantire scelte rapide, senza le lungaggini della dialettica parlamentare, delle lusinghe verso gli elettori e del confronto con le parti sociali.

Raccoglierà i profughi del Pdl e del Pd, già pronti con le valigie. Resteranno fuori solo qualche ex fascista e qualche ex socialista, di nuovo insieme come un secolo fa o quasi, ma nella discesa agli inferi.

I populisti minori sbraitano come sempre, ma con voce molto più bassa. L'invasore li guarda e soppesa. Se vogliono sopravvivere hanno poche scelte. La Lega si riposizionerà all'opposizione per ricostruirsi una verginità dopo la devastazione dell'abbraccio col Cavaliere.

Di Pietro ha già intuito e si limiterà a giostrarsi uno spazio parlando (parlando e basta) dei “poveri cristi che pagano per tutti”. Vendola – altro uomo finito – farà altrettanto, sperando che non si tratti di una fase molto lunga.

La piccola folla dei telepredicatori alla Grillo o alla Travaglio non avranno più nulla da dire per molto tempo. Sta per chiudere l'era degi scandali un tanto al chilo, tra mutande smarrite e subappalti mafiosetti, tra un Lavitola e una Ruby.

Oltretutto, gli invasori sono abituati a fare loro le intercettazioni, non accetteranno avvenga l'opposto. Gli invasori portano una “legalità” nuova e sono abituati a rispettarla molto più dei telepredicatori stessi. Non rimpiangeremo la loro breve, ma altamente inquinante, stagione.



Monti e gli altri, al limitare del bosco
di Claudio Messora - Il Fatto Quotidiano - 12 Novembre 2011



La comprensione chiara e generale del disegno complessivo che muove le cose del mondo, sia detto chiaramente, è fuori dalla portata di tutti noi. Forse anche di quegli stessi che si trovano, per meriti o per logiche aristocratiche, ai vertici della società globale.

Del resto i rapporti tra i singoli individui – e quindi tra i gruppi di cui fanno parte – sono governati dalla matematica del caos, dalla teoria delle rete o, se volete, dall’effetto del famoso battito d’ali di farfalla.

Detto questo, vi sono certamente delle spinte che tengono a riorganizzare il tessuto sociale per favorire l’ascesa di alcuni interessi a discapito di altri. Quando questi stimoli si organizzano in maniera trasparente e condivisa parliamo di politica.

Quando si organizzano lontano dai riflettori, realizzano un sistema dentro al sistema che genera interrogativi e proietta ombre talvolta inquietanti. Su questo, perlomeno, mi pare non ci si possa dividere.

Lo stesso Zbigniew Brzezinski, membro fondatore della Commissione Trilaterale su mandato di David Rockefeller, del Gruppo Bilderberg nonché consigliere per la sicurezza nazionale durante il mandato presidenziale di Jimmy Carter, nel 2007 diceva:
“Certamente in qualsiasi sistema politico ci sono accordi che si stringono al tavolo e accordi che si stringono sotto al tavolo. Se parliamo delle organizzazioni che hai menzionato, in realtà sono tutte sopra al tavolo. Sappiamo chi sono. Sappiamo cosa fanno. Probabilmente in molti casi esageriamo la loro influenza. Ma, cosa più importante, operano con trasparenza. Chiunque voglia sapere cosa fa il Consiglio sulle Relazioni Estere (Cfr) può facilmente scoprirlo.”
Difficile dire altrettanto, però, del Gruppo Bilderberg, una conferenza annuale dove si incontrano le stesse persone che occupano, in massima parte, il ruolo di membri della Commissione Trilaterale e quello di ministro, segretario e parlamentare nei nostri parlamenti (da Mario Monti a Giulio Tremonti a Emma Bonino e così via) e dove l’accesso è rigorosamente vietato a qualsiasi giornalista.

Rockefeller, ex presidente della Chase Manhattan Bank, lo stesso che ha fondato la Commissione Trilaterale e che ovviamente, per non farsi mancare niente, è membro anche del Bilderberg, avrebbe dichiarato:
“Siamo grati al Washington Post , al New York Times, al Time e ad altre grandi testate i cui editori hanno partecipato ai nostri meeting rispettando il loro impegno di discrezione per quasi 40 anni. Sarebbe stato impossibile per il Gruppo Bilderberg sviluppare il proprio piano per il mondo se fosse stato soggetto alle luci dei media in questi anni”.
A prescindere dal fatto che sarebbe curioso domandarsi, nel nostro paese, quali editori e quali testate abbiano partecipato “con discrezione” al “piano per il mondo” – sezione Italia, parliamo comunque delle stesse persone che, a leggere il rapporto della Commissione Trilaterale The Crisis of Democracy, ritengono che negli States vi sia un eccesso di democrazia, che un’eccessiva partecipazione democratica abbia paralizzato i sistemi politici nell’Europa dell’est e che le uniche democrazie che abbiano mai funzionato siano state quelle dove una significativa parte della popolazione è restata ai margini del dibattito politico, letteralmente “in apnea”.

Mi pongo e vi pongo una domanda: visto che Mario Monti, oltre che valente economista, è anche un uomo Commissione Trilaterale, Goldman Sachs e Bilderberg, esattamente come Lucas Papademos che guarda caso si è insediato ad Atene nello stesso identico momento in cui i governi di Italia e di Grecia cadevano simultaneamente, e visto che Milano Finanza riporta che Goldman Sachs sarebbe all’orgine dell’ondata di speculazione che ha aggredito i titoli di stato italiani, dichiarando nel contempo in un comunicato stampa che le “elezioni sono lo scenario peggiore per i mercati” (sui quali influiscono grazie al cosiddetto “parco buoi”) e che ci vuole un “governo tecnico per abbassare lo spread”, è lecito per un cittadino chiedersi quali e quanti di questi accordi siano stati presi sotto al tavolo?

Se pensate che sia lecito, allora ritagliatevi una ventina di minuti e guardate il video che introduce questo post. E’ di qualche giorno fa, dunque gli ultimi aggiornamenti non ci sono, ma analizzeremo insieme da dove arrivano Mario Monti e soprattutto Lucas Demetrios Papademos, i due podestà forestieri che la finanza mondiale rispettivamente sta per porre a capo del Governo italiano in un caso, e che ha già posto a capo di quello greco nell’altro.

Se invece pensate che non sia lecito e che dovremmo completamente disinteressarcene, per consentire a “chi sa” di “fare” mentre noi, come spiega bene The Crisis of Democracy, ce ne stiamo tutti in apnea, tranquilli tranquilli ai margini del dibattito pubblico, allora per me non ci sono problemi.

Mi basta che tutti insieme prendiamo atto del fatto che il termine “democrazia”, così come è comunemente inteso, è una favola buona per addormentare i bambini. Anche questo è un risultato utile, perché peggio della consapevolezza di poter contare su un diritto di rappresentanza limitato c’è solo l’illusione di sovrastimare la storia del popolo sovrano.

In ogni caso, io sono tra coloro che ritengono utile accendere i riflettori e cercare di capire cosa si muove tra gli alberi, laggiù, al limitare del bosco.

Per approfondire, vi consiglio il post Tutto tranne democrazia sul mio blog.

Ps: qui trovate il mio intervento di giovedì sera a Servizio Pubblico.


Goldman Sachs, il lato ombra di Draghi e Monti
di Enzo Di Frenna - Il Fatto Quotidiano - 11 Novembre 2011

Nei giorni scorsi Le Monde ha scritto che la Goldman Sachs rappresenta il lato ombra di Mario Draghi, ex governatore della Banca d’Italia e attuale presidente della Bce. Alla lista va aggiunto anche Mario Monti. Vediamo perché.

La Goldman Sachs è la più potente banca d’affari americana, che condiziona mercati e governi. Ha detto la verità il trader indipendente Alessio Rastani, prendendosi gioco della Bbc e rilasciando un’intervista in cui dichiarava che “i governi non governano il mondo, Goldman Sachs governa il mondo.

Nel film Inside Job, del regista Charles Ferguson, la banca d’affari risulta tra le protagoniste della crisi economica innescata nel 2008 negli Stati Uniti. In questo lungo post sul mio blog trovate la storia completa.

Ma è interessante notare come gli uomini della Goldman hanno ricoperto incarichi importanti nell’amministrazione Usa, arrivando a ruoli di primo piano. Durante l’amministrazione Clinton l’ex direttore generale della Goldman Sachs, Robert Rubin, divenne sottosegretario al Tesoro.

Nel 2004, Henry Paulson, amministratore delegato dalla Goldman, fece approvare alla Commissione dei Titoli e Scambi un aumento dei limiti sul rapporto di indebitamento, permettendo alle banche d’investimento di avere ulteriori prestiti da utilizzare per manovre di speculazione.

Nel 2005 Raghuram Rajan, capo economista del Fondo Monetario Internazionale (2003-2007) pubblicò un rapporto in cui annunciava il rischio che le società finanziarie, assumendo grandi rischi per realizzare enormi profitti a breve termine, avrebbero potuto far collassare il sistema economico.

Nella prima metà del 2006 la Goldman Sachs vendette 3,1 miliardi di dollari di Cdo e in quel periodo l’amministratore delegato era proprio Henry Paulson. Il 30 maggio 2006 George Bush lo nominò segretario del Tesoro e fu costretto a vendere le sue azioni della Goldman, intascando 485 milioni di dollari (e grazie a una legge di Bush padre non pagò nessuna tassa).

Nell’aprile del 2010 i dirigenti della Goldman Sachs furono costretti a testimoniare al Congresso americano: Daniel Sparks, ex capo reparto mutui della Goldman (2006-2008) dovette riferire su alcune email in cui definiva certe transazioni “affari di m…”.

Fabrice Tourre, direttore esecutivo prodotti strutturati della Goldman Sachs vendeva azioni che definiva “cacca”. Llyod Blankfein, presidente di Goldman, e David Viniar, vicepresidente esecutivo, sotto le pressanti domande del senatore Carl Levin furono costretti ad ammettere che sapevano di vendere spazzatura.

Purtroppo anche Barack Obama ha confermato il potere della banca d’affari. Il nuovo presidente della Federal Reserve Bank di New York (principale azionista della Fed) è William Dudley, ex capo economista della Goldman (che nel 2004 lodava i derivati).

Capo del personale del dipartimento del Tesoro è Mark Patterson, ex lobbista della Goldman Sachs. A capo della Cfct si è insediato Gary Gensler, ex dirigente della Goldman Sachs che aiutò ad abolire la regolarizazione dei derivati.

Anche in Europa la Goldman manovra da tempo. Nel 1999 la Grecia non aveva i numeri per entrare nell’euro. Quindi truccò i bilanci. Su Presseurope Gabriele Crescente scrive: “Nel 2000 Goldman Sachs International, la filiale britannica della banca d’affari americana, vende al governo socialista di Costas Simitis uno “swap” in valuta che permette alla Grecia di proteggersi dagli effetti di cambio, trasformando in euro il debito inizialmente emesso in dollari. Lo stratagemma consente ad Atene di iscrivere il ‘nuovo’ debito in euro ed escluderlo dal bilancio facendolo momentaneamente sparire. E così Goldman Sachs intasca la sua sostanziosa commissione e alimenta una volta di più la sua reputazione di ottimo amministratore del debito sovrano.”

Ora torniamo a Mario Draghi. Dal 2002 al 2005 è stato vicepresidente e membro del management Committee Worldwide della Goldman Sachs. Insomma: proprio nel periodo in cui in America le banche d’affari erano scatenate in manovre speculative e scavavano il baratro finanziario che si è materializzato nel 2008, trascinando il resto del mondo. Non sapeva nulla di queste tendenze l’economista italiano?

Anche Mario Monti lavora per la banca d’affari: dal 2005 è International Advisor per Goldman Sachs e precisamente membro del Research Advisory Council del “Goldman Sachs Global Market Institute”. Cioè dall’anno in cui si stava progettando la crisi economica mondiale, di cui parlerò in una conferenza gratuita.

Queste informazioni, purtroppo, la stampa italiana le ha ignorate. Ma la Rete no. Durante la seconda puntata di Servizio Pubblico il blogger Claudio Messora ha spiegato il rapporto tra Mario Monti e la Goldman.

E ha citato un articolo di Milano Finanza che – unica eccezione – ha rivelato il ruolo della Goldman Sachs nel rialzo dello spread dei titoli italiani in questi giorni. In pochi minuti su Facebook è cambiata l’opinione degli utenti all’interno di un sondaggio: prima volevano Monti presidente del Consiglio, dopo le rivelazioni hanno cambiato idea. E’ la prova che se l’informazione facesse il suo dovere avremmo meno lobby al potere e più democrazia.


Italia. Una democrazia seriamente a rischio
di Sergio Cararo - Contropiano - 12 Novembre 2011

“L’Italia non ha bisogno di elezioni ma di riforme” afferma il guardiano dell’Eurogruppo Van Rompuy. Il Financial Times dà voce agli spiriti animali: “Serve una sospensione della democrazia per 18-24 mesi per prendere le decisioni difficili”.

Il Sole 24 Ore dice che Monti deve governare almeno fino alla fine della legislatura… con ogni mezzo necessario.

Il Financial Times ha presentato un "ritratto" di Mario Monti, il candidato premier dei poteri forti destinato a sostituire Berlusconi. Il ritratto è ovviamente molto lusinghiero ed è accompagnato dalle dichiarazioni raccolte tra alcuni imprenditori sul come vedono le "drastiche riforme" di cui il paese avrebbe bisogno.

"La classe dirigente ammette che l'Italia ha bisogno di qualcuno al di sopra della mischia politica che non tema l'impopolarità per far passare le misure di austerità richieste dall'Europa. Anche i dirigenti delle imprese sono convinti che Mr. Monti sarà in grado di prendere ulteriori misure drastiche, come un'imposta patrimoniale che potrebbe fruttare fino a € 100 miliardi, perché non dovrà poi affrontare le ire degli elettori", scrive il quotidiano finanziario nel suo reportage dall’Italia.

E poi raccoglie la voce di un imprenditore anonimo, che mette i brividi "Quello che ci serve, in effetti, è una sospensione della democrazia per 18 a 24 mesi, in modo che possano essere prese decisioni così difficili", ha detto uno di loro”.

Una dichiarazione inquietante che il Financial Times non si cura di contestare né di ridimensionare ma che rivela in tutta la sua gravità l’aria che tira e che comincerà a spirare con forza quando Mr. Monti si sarà insediato alla Presidenza del Consiglio.

Il suo esecutivo, se non incontrerà intoppi parlamentari o una fiera opposizione popolare e democratica, sembra volersi iscrivere in quel di “governance senza rappresentanza” ipotizzata dalla Commissione Trilateral di cui Monti è uno dei presidenti e che sta facendo la tabella di marcia nei paesi europei più deboli (i Piigs) commissariati o resi subalterni dal nucleo franco-tedesco dell’Unione Europea.

Una conferma che la democrazia potrebbe non essere in nessun punto dell’orizzonte del governo italiano nei prossimi mesi, è venuta dal guardiano dell’Eurogruppo (i paesi aderenti all’euro, ndr) Van Rompuy, il quale ha affermato che ''Questo Paese (il nostro, ndr) ha bisogno di riforme, non di elezioni''.

Non solo. Si va delineando infatti l'ipotesi di rendere permanente la missione Ue-Bce che sta ispezionando i ministeri italiani per assicurarsi che le riforme vadano avanti.

''In questo momento è di fondamentale importanza che le autorità italiane approvino il pacchetto di misure nel week end, per mandare un segnale ai partner internazionali e ai mercati'', ha avvertito la Commissione Ue, che aspettava entro ieri sera le risposte al questionario che il commissario agli Affari economici Olli Rehn ha inviato al ministro Tremonti per chiedere chiarimenti sulla lettera di impegni di Berlusconi.

Entro domenica sera la legge di stabilità deve essere approvata e a Bruxelles devono arrivare le risposte a tutte le 39 domande sugli impegni presi da Berlusconi con l'Unione Europea.

Mario Monti si candida a rispettare i diktat previsti dal commissariamento della Ue e della Bce sull’Italia. In quanto tempo? Secondo il Sole 24 Ore Monti dovrà avere a disposizione tutti e 18 i mesi che mancano alla fine della legislatura.

Quello che afferma Van Rompuy (non servono le elezioni), quello che invoca l’anonimo imprenditore intervistato dal Financial Times: “una sospensione della democrazia per 18-24 mesi in modo che possano essere prese le decisioni difficili”.

Da Berlusconi a Monti, dalla padella alla brace e viceversa.


L'Era Monti e il pareggio di bilancio. Prima vittima la scuola?
di Fabio Bentivoglio e Michele Maggino - Megachip - 13 Novembre 2011

Che cosa mai c'azzeccano le prove INVALSI con l'obiettivo di raggiungere il pareggio di bilancio dei conti italiani entro il 2013? Ce lo spiega Olli Rehn. Non sapete chi è? È un signore finlandese dall'aria ragionevole e bonaria che ispira fiducia e che ci indica la strada per un futuro migliore dal suo nordico osservatorio distaccato.

Olli Rehn è il Commissario dell'Unione Europea agli Affari Economici e Monetari. Il 4 novembre 2011 ha inviato una lettera al nostro Ministro del Tesoro, chiedendo informazioni dettagliate sui provvedimenti annunciati dall’allora Presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi nella famosa lettera di promesse all'UE di fine ottobre.

Ebbene, questa lettera (quella di Olli Rehn) è per certi versi ancora più agghiacciante di quella famigerata di agosto di Draghi e Trichet.

Il nostro Olli ci fa capire in concreto che cosa vuol dire il commissariamento del nostro Governo da parte dell'UE e la riduzione di sovranità per il nostro Paese.

Olli dice che non è sufficiente quello che ha promesso il Governo italiano: servono misure aggiuntive per poter conseguire l'obiettivo di raggiungere il pareggio di bilancio. E allora ecco predisposto un prontuario sotto forma di domande, tanto per far vedere che non si tratta di ordini (che finirebbero tutti con dei bei punti esclamativi).

Il questionario è diviso in 11 capitoli per complessive 39 domande (qui si può scaricare il testo completo tradotto in italiano). Il questionario in generale vuole sapere con quali strumenti legislativi e con quali tempi parlamentari il Governo italiano ha intenzione di procedere alla realizzazione delle promesse fatte e addirittura pone pure una scadenza immediata per avere le risposte precise.

I vari capitoli affrontano argomenti di varia natura: si va dall'aggiustamento dei conti, alla riforma delle pensioni, alla riforma fiscale, al mercato del lavoro, all'uso dei fondi UE, alle liberalizzazioni, alle privatizzazioni dei beni pubblici.

Il commissario dell'UE chiede tra l'altro esplicitamente «quali provvedimenti di riforma si pensa di varare nel settore delle acque, malgrado i risultati del recente referendum?».

Tra gli altri quesiti posti al governo italiano, quattro riguardano direttamente scuola e università, anzi, per dirla con il linguaggio usato nella lettera da questi tecnocrati, riguardano il “capitale umano” . Ecco il testo letterale:

13. Quali caratteristiche avrà il programma di ristrutturazione delle singole scuole che hanno ottenuto risultati insoddisfacenti ai test INVALSI?

14. Come intende il governo valorizzare il ruolo degli insegnanti nelle singole scuole? Quale tipo di incentivo il governo intende varare?

15. Il governo potrebbe fornirci ulteriori dettagli su come intende migliorare ed espandere l’autonomia e la competitività tra le università? In pratica, che cosa implica la frase “maggior spazio di manovra nello stabilire le tasse di iscrizione”?

16. Per quanto riguarda la riforma dell’università, quali misure e quali provvedimenti devono essere ancora adottati?

Prima di proseguire è bene chiarire, per chi non fosse dentro le faccende strettamente scolastiche, che cosa sono le prove INVALSI.

L'INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e Formazione) predispone annualmente delle prove scritte che hanno lo scopo di valutare i livelli di apprendimento degli studenti italiani; dal 2009 la prova (di italiano e matematica) concorre nella valutazione finale dell'esame del primo ciclo di istruzione (per maggiori dettagli si può visitare il sito dell'INVALSI).

Sembrerebbe dunque qualcosa di molto specifico attinente la realtà scolastica italiana. Per anni gli insegnanti sono stati “martellati” con l'argomentazione che le prove INVALSI avrebbero avuto lo scopo di fornire un quadro unitario e una valutazione di sistema.

Nello stesso tempo, però, l'INVALSI ammette che «l'approccio scelto è stato quello di integrare la Valutazione di sistema e delle scuole in un quadro di riferimento o framework unitario, al fine di tenere insieme una prospettiva macro, utile a chi sia interessato ad una comprensione generale del funzionamento della scuola, e una prospettiva micro, centrata sulla singola unità scolastica».

Ed è proprio su quest'ultimo aspetto (la singola unità scolastica, “individual schools” come recita il testo in inglese), che può apparire una sfumatura, che si centra il punto della lettera del nostro amico Olli.

È evidente che non si ragiona più in termini di sistema scolastico ma in termini di singola unità scolastica che deve essere valutata sulla base di criteri omogenei funzionali ad una logica competitiva e di mercato.

Si tratta cioè di un'impostazione che sovverte il dettato costituzionale. Diversamente non ci spiegheremmo la relazione tra la rassicurazione dei mercati sulla futura solidità dell'Italia con una verifica di quanto gli studenti italiani possano conoscere di Dante, Petrarca e Pitagora.

Come sarebbe? Insomma: che c'entra allora la scuola con il pareggio di bilancio? Il signor Olli è Commissario agli Affari Economici e Monetari: con quale autorità interviene per chiedere chiarimenti su un'istituzione deputata a formare l'uomo e il cittadino e che non riguarda le dinamiche monetarie e di mercato? È forse andato un po' fuori del seminato?

Purtroppo no! Siamo di fronte ad un documento che, se non altro, ha il merito di chiarire dove stiamo andando, a chi non lo avesse ancora compreso.

Questa lettera, insomma, ha un grande merito: svela la verità. La verità è che i test INVALSI fanno parte di un sistema complessivo concepito negli ultimi anni (a partire dalla riforma Berlinguer e dall'introduzione dell'autonomia per gli istituti scolastici e per le università), predisposto da organismi economici con l'obiettivo di implementare criteri di definizione e valutazione di un'istruzione appiattita e finalizzata alle esigenze del mercato e della competitività.

Tutti gli interventi dei grandi organismi internazionali (dal FMI, al WTO, alla Banca Mondiale) negli ultimi decenni, hanno mirato a creare un mercato mondiale omogeneo funzionale agli interessi della circolazione delle merci e dei capitali cancellando ogni differenza: le differenze in qualsiasi ambito della vita produttiva e culturale di una società sono viste come impedimenti e rallentamenti alla libera circolazione delle merci e al loro consumo.

Tutti dobbiamo avere le medesime competenze funzionali a questa ideologia.

Traduciamo in chiaro: dopo la perdita della sovranità politica (v. programma di governo scritto dalla BCE), dopo la perdita della sovranità nazionale (v. “guerra” di Libia), dopo la perdita della sovranità monetaria, ora si esige anche la perdita definitiva della sovranità culturale.

Si prendano dunque provvedimenti per quelle singole scuole che hanno ottenuto risultati insoddisfacenti alle prove INVALSI. I lumi della concorrenza e della competitività globale non possono permettere che le singole scuole rimangano indietro rispetto al passo dei tempi del neo-neo-liberismo.

E dunque, come penserà il Governo italiano di intervenire sulle singole scuole e di alimentare “merito” e concorrenza? Quali provvedimenti saranno presi per incrementare la competitività tra le università?

Non si tratta quindi di pareggio di bilancio ma di colpire al cuore l'essenza della cultura che consiste nel coltivare diversità di linguaggi, di visioni del mondo e nel promuovere il ventaglio delle tante possibilità esistenziali percorribili nel corso della nostra vita.

Ci troviamo, oggi, novembre 2011, anni luce distanti dalla scuola così come pensata e delineata dalla nostra Costituzione più di 60 anni fa: come è possibile che sia accaduto tutto ciò?

Come è possibile che una parte degli insegnanti (si spera minoritaria) partecipi attivamente a questo processo di svuotamento culturale e professionale senza rendersi conto che per questa via il docente è ridotto a semplice intermediario privo di ruolo e identità?