giovedì 2 agosto 2012

Il Bastardo

Una settimana fa le parole di Draghi avevano fatto volare le Borse e scendere immediatamente lo spread Btp-Bund.

Oggi invece le sue parole hanno sortito esattamente l'effetto contrario.

L'ennesima presa per il culo quindi o più probabilmente l'avanzamento del piano per mettere definitivamente il cappio intorno al collo di Spagna e Italia, i due Stati più vicini alla condanna a morte?

Una condanna che non verrà mai eseguita, anche se il cappio sarà sempre tenuto ben stretto...


Due note nel dramma
di Paolo Barnard - www.paolobarnard.info - 2 Agosto 2012

Draghi oggi: “Prima i governi facciano affidamento sui fondi salva Stati, EFSF e MES, e a condizioni molto severe”.

Come volevasi dimostrare. Prima ci becchiamo la Troika dell’economicidio terminale, poi quando siamo ridotti come la Grecia, semmai la BCE apre i rubinetti.

Monti, sei un bugiardo, un criminale e un buffone.

I mercati sono Keynesiani, lo sono da anni, perché da anni reagiscono con la massima violenza a una notizia: il numero di posti di lavoro creati in un dato Paese. Se sono meno delle aspettative – ripeto: MENO DELLE ASPETTATIVE, NON PIU’ DELLE ASPETTATIVE – vanno nel panico e fuggono coi capitali da quel Paese. Cristo, lo capirebbe un tonno che Keynes aveva ragione, e i mercati lo sanno benissimo.

Sono gli stipendi che creano i consumi, che creano produzione, che salva le aziende, le quali assumono e creano altri stipendi e la ruota gira di nuovo. Lo Stato è il primo garante e iniziatore di questa ruota, l’unico possibile.

E’ QUESTO CHE FA ECONOMIA, NON IL CONTRARIO SIGNORA FORNERO, ignorante sicaria della distruzione dell’occupazione italiana.


Il vizietto di Draghi
di Cecchino Antonini - http://ilmegafonoquotidiano.globalist.it - 31 Luglio 2012

Il comitato di sorveglianza interna dell'Ue ha avviato un'indagine su Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea (BCE) per conflitto di interessi

Lo annuncia la Reuters ma su un'altra agenzia, l'Afp, Gundi Gadesmann, la portavoce del mediatore europeo, smentisce e deplora la "drammatizzazione di questo caso" due giorni prima di un'importante riunione del Consiglio direttivo della BCE. "Nessuna indagine è stata aperta", ha assicurato.

L'accusa a Draghi giunge dall'Osservatorio dell'Europa industriale (Corporate Europe Observatory, CEO), una campagna indipendente che monitorizza l'influenza dei poteri forti sulle decisioni di Strasburgo e Bruxelles. 

Draghi, secondo CEO, non sarebbe totalmente indipendente a causa della sua appartenenza al G30, il forum internazionale che riunisce i leader di pubblico e privato del settore finanziario.

"Abbiamo ricevuto una denuncia e abbiamo inviato una lettera alla Bce. Ora stiamo aspettando una risposta", ammette la signora Gadesmann. La BCE ha tempo fino alla fine di ottobre per rispondere. 

A quel punto il mediatore, Nikiforos Diamantoros, formulerà raccomandazioni “che non sono vincolanti", ha detto la sua portavoce. "Non abbiamo il potere di imporre sanzioni, cerchiamo di trovare una soluzione amichevole con cui tutti possono vivere".

"Il G30 ha tutte le caratteristiche di un veicolo di lobbying per le grandi banche private internazionali e il presidente della Banca centrale europea, non dovrebbe essere in grado di essere membro", ribatte l'Osservatorio.

Il 2 agosto, intanto, si riunirà il vertice della BCE per la sua decisione mensile di politica monetaria. Una data più attesa del solito dopo che la scorsa settimana Draghi ha dichiarato di essere "pronto a fare tutto il necessario per proteggere l'euro", provocando un rilassamento significativo nei mercati, in particolare obbligazionari.

Draghi era già stato criticato sulla sua carriera a Goldman Sachs dal 2002 al 2005 quando la banca Usa (in cui ha militato anche Monti) ha “aiutato" la Grecia a fare i suoi conti.

Alla fine del novembre scorso il presidente del CEO ha scritto al neo capo della Bce: «Dear Mr. Draghi si dimetta o lasci il Gruppo dei 30», aveva scritto Kenneth Haar per conto della campagna, citando le norme in materia di indipendenza della Bce. 

L'articolo 130 del trattato Ue recita infatti che "nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri né la Banca centrale europea, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, organi, uffici o agenzie, da qualsiasi governo di uno Stato membro o da qualsiasi altro organismo".

Anche il settore finanziario privato ed i suoi rappresentanti sono tra gli organi che potrebbero esercitare un'influenza indebita sulla banca. Di conseguenza, la Bce e il suo presidente hanno l'obbligo di mantenere una distanza adeguata da qualsiasi veicolo del settore finanziario. Il Gruppo dei Trenta è un gruppo di pressione dei banchieri del settore pubblico e privato. 

Tra i suoi membri spiccano dirigenti e consulenti di Morgan Stanley, JP Morgan Chase International e BNP Paribas. Quando il gruppo si presenta al pubblico, di solito è Jacob Frenkel da JP Morgan Chase International, che agisce come suo portavoce. 

Il Gruppo ha le caratteristiche di un veicolo lobbying per privati interessi finanziari.

Solo un altro banchiere può fingere di non vedere che la mission del gruppo è quella di influenzare il dibattito sulla regolamentazione del settore finanziario in tutto il mondo. 

Il Gruppo dei Trenta, ricorda Kenneth Haar è stato attivissimo in occasione di Basilea II, l'accordo del 2004 sui requisiti minimi di capitale in seguito accusato di molte delle calamità nel crisi finanziaria nel 2008. 

Il Ceo punta l'indice sulla «natura opaca delle attività dei membri. Non abbiamo modo di conoscere i dettagli del tuo coinvolgimento, dato che le riunioni dei soci sono riservate, inaccessubili al pubblico».

Il 27 giugno il CEO ha presentato una denuncia formale presso il Mediatore europeo perché l'appartenenza di Draghi al Gruppo dei Trenta è in contrasto con le regole della BCE in materia di etica. 

Il Gruppo dei Trenta è un forum esclusivo per i banchieri di alto livello, che riunisce i banchieri del settore privato, accanto a figure del governo e del mondo accademico. Il suo obiettivo dichiarato è quello di influenzare il banking pubblico e privato.

LE SUPERLOBBY, IL GOTHA SEGRETO DELL'ALTA FINANZA
Il Gruppo dei Trenta, spesso abbreviato in G30, si definisce un organismo internazionale di finanzieri leader e accademici che mira ad approfondire la comprensione delle questioni economiche e finanziarie e di esaminare le conseguenze delle decisioni prese nei settori pubblici e privati correlati a queste problematiche.  

È composto di trenta membri e comprende i capi delle principali banche private e banche centrali, così come i membri del mondo accademico e delle istituzioni internazionali

Tiene due riunioni plenarie ogni anno e organizza anche seminari, convegni, e gruppi di studio. Ha sede a Washington. E' stato fondato nel 1978 da Geoffrey Campana su iniziativa della Fondazione Rockefeller che ha anche fornito un finanziamento iniziale. 

Il suo primo presidente fu Johannes Witteveen, ex direttore di gestione del Fondo monetario internazionale. Oggi lo presiede Jean-Claude Trichet, predecessore di Draghi a Francoforte.

Nomi che ricorrono nelle superlobby internazionali di cui s'è occupato di recente il giornale Liberazione. Sempre il miliardario Rockfeller, cinque anni prima, aveva fondato la Trilateral commission, nome che deriva dalle tre aree a maggior sviluppo capitalistico: Nord America, Europa e Asia-Pacifico. 

Ognuna delle tre aree ha un suo presidente: per l'Europa è stato Mario Monti finché non è diventato presidente del consiglio; lo ha sostituito Jean-Claude Trichet, appunto. Il presidente italiano attualmente è Carlo Secchi (ex rettore della Bocconi).
 
Della Commissione fanno parte circa 400 persone tra banchieri, politici, editori, giornalisti, accademici; vi si entra solo su invito. È considerata una filiazione diretta del Gruppo Bilderberg, di cui condivide membri e ideologia. 

Il nome, stavolta, deriva dall'albergo in cui s'è riunito la prima volta nel '54, l'hotel Bilderberg di Oosterbeek, per iniziativa del principe Bernardo d'Olanda. È la più ristretta, esclusiva e segreta delle società (o sette) "internazionaliste". 

È governato da un comitato esecutivo, di cui fanno parte circa 30 persone (tra le quali Mario Monti e Franco Bernabè per l'Italia) elette per quattro anni rinnovabili. Il Gruppo si riunisce una volta l'anno in località esclusive e hotel di lusso, protetto da guardie armate che non fanno avvicinare nessuno, tanto meno la stampa. Le date e i luoghi sono segreti e chi vi è invitato ha l'obbligo della riservatezza, pena l'esclusione.  

Tra i nomi italiani: Giulio Tremonti, John Elkan, Paolo Scaroni, Tommaso Padoa-Schioppa. L'ultima conferenza nota si è svolta nel giugno 2011.

«Alcuni credono che facciamo parte di una cabala segreta che manovra contro gli interessi degli Stati Uniti, definendo me e la mia famiglia come "internazionalisti" e di cospirare con altri nel mondo per costruire una struttura politica ed economica integrate - un nuovo mondo, se volete. Se questa è l'accusa, mi dichiaro colpevole e sono rogoglioso di esserlo», scriveva nelle sue memorie David Rockfeller.  

Ancora: «I Bilderbergers sono in cerca dell'era del post-nazionalismo: quando non avremo più paesi, ma piuttosto regioni della terra circondate da valori universali. Sarebbe a dire, un'economia globale; un governo mondiale (selezionato piuttosto che eletto) e una religione universale. Per essere sicuri di raggiungere questi obiettivi, i Bilderbergers si concentrano su di un "approccio maggiormente tecnico" e su di una minore consapevolezza da parte del pubblico in generale», scriveva William Shannon del New York Times, ambasciatore in Irlanda per Carter e naturalmente membro del Bilderberg. 

Il loro è uno sforzo costante contro gli «eccessi della democrazia» e il «sovraccarico del sistema decisionale all'origine della crisi economica». Il barone Denis Winstop Healey, due volte ministro britannico tra i 60 e i 70, ne era convinto: «Quel che accade nel mondo non avviene per caso; si tratta di eventi fatti succedere, sia che abbiano a che fare con questioni nazionali o commerciali e la maggioranza di questi eventi sono inscenati da quelli che maneggiano la finanza». 

«Le idee e la linea politica che vengono fuori dagli incontri annuali del Gruppo Bilderberg - scrive Daniel Estulin, un giornalista spagnolo che ha scritto un libro molto informato ("The true story of the Bilderberg Group", TrineDay) - sono poi usate per creare le notizie di cui si occuperanno le maggiori riviste e i gruppi editoriali del mondo. 

Lo scopo è quello di dare alle opinioni prevalenti dei Bilderbergers una certa attrattiva per poterle poi trasformare in politiche attuabili e di far pressione sui capi di stato mondiali per sottometterli alle "esigenze dei padroni del mondo". La cosiddetta "stampa libera mondiale" è alla completa mercè del gruppo e dissemina propaganda da esso concordata».


Ma l'euro è davvero fallito?
di Sergio Cesaratto - www.ilmanifesto.it - 31 Luglio 2012

I mercati si sono ieri ripresi e gli spread di nuovo calati sotto i 500 punti. Questo in seguito alle foto di Merkel e Hollande – che tanto ci ricordano Merkosy – che giuravano che l’euro sopravvivrà, e le coeve dichiarazioni di Draghi che la Bce farà di tutto per salvare la moneta unica.

In costoro v’è da credere, così come non deve preoccupare l’opposizione della Bundesbank che super-MarioD, si dice, sta cercando di ammorbidire.

Costoro non vogliono infatti far cadere l’euro, ma semplicemente tenere i popoli europei sulla griglia dell’austerità, per cui 450 punti di spread vanno benissimo. Un po’ troppi per Monti, a cui andrebbero bene 200, sufficienti per continuare le politiche di attacco a diritti sociali e lavorativi salvando la faccia.

Una sinistra autorevole pretenderebbe che la Bce ripristinasse i 25 punti pre-crisi. Senza dimenticare che questo costituirebbe solo il primo passaggio verso la risoluzione della crisi, la quale richiede un radicale ridisegno dell’impianto europeo.

L’euforia dei mass media di regime per l’ennesimo evitato crollo dell’euro altro non è che l’ulteriore esempio della disinformazione denunciata dall’appello di martedì scorso su questo giornale. Poiché, inoltre, nulla di concreto è stato deciso, in quanto linea degli annunci appare bastevole a non far scappare di mano la situazione, si ricomincerà presto col balletto degli spread.

Che questo cuocere i popoli europei a fuoco lento, questo continuo stop and go, sia voluto è confermato dalle opinioni che qualche giorno fa The Guardian riportava di uno dei più influenti economisti del dopoguerra, l’ultra-liberista canadese e premio Nobel (conferito dalla Banca di Svezia) Robert Mundell.

Paradossalmente la teoria della «aree valutarie ottimali» di Mundell viene richiamata proprio da coloro che denunciano l’assurdità di una unione monetaria fra paesi troppo disomogenei (un contributo all’e-book di Micromega Oltre l’austerità discute questa tesi).

Avendo forse questo in mente, Draghi ha pochi giorni fa paragonato l’euro a un calabrone che deve ancora imparare a volare. Mundell guarda con sufficienza a tale interpretazione: in verità l’euro sta funzionando benissimo.

Esso non è nato per unificare una Europa solidale in una comune crescita sostenibile, ma per fare piazza pulita dello stato sociale, diritti sindacali, regolazioni dei mercati e della finanza, e tutela artistica e ambientale, tutto quello che, a suo dire, gli ha reso la vita difficile durante i soggiorni nella propria magnifica antica villa in Toscana.

Che dunque l’euro abbia condotto a una crisi epocale va benissimo. Tutto subito non si poteva ottenere. La liberalizzazione dei movimenti di capitale cum moneta unica ha portato a boom fittizi nella periferia europea, ora indebitati verso i paesi forti.

Questo consente ora di far passare misure di contrazione fiscale e di riduzione dei diritti sociali e sindacali prima inimmaginabili. Questo naturalmente vale anche come ammonimento per i lavoratori dei paesi forti: che in Germania sindacato e sinistra non si azzardino a ridiscutere quanto loro stessi hanno implementato alla fine del secolo scorso.

Allora tutto torna. L’euro, come afferma Mundell, è il Reagan europeo. L’irresolutezza europea, e quella italiana di Monti, è voluta: si impedisce alla situazione di esplodere, mantenendola sul filo dell’abisso per terrorizzare le popolazioni e assestare il colpo definitivo alle conquiste del secolo scorso.

Rimane solo da domandarsi quando la parte maggioritaria della sinistra italiana farà la necessaria autocritica per avere, in buona o cattiva fede, assecondato questi disegni e, soprattutto, cosa dovrà mai accadere perché ritenga la misura colma? Se non ora, quando?


Incompetenti o in mala fede? Il fallimento del governo Monti
di Massimo Ragnedda - www.notizie.tiscali.it - 26 Luglio 2012
Non prendiamoci in giro e parliamoci chiaro: il governo Monti è un disastro totale. E lo dico sulla base dei dati, come si dovrebbe cercare di fare. Solo La 7 di Mentana lo difende a spada tratta, come Fede faceva con Berlusconi, con buona pace dell’obiettività giornalistica. 
Ci sono dati che non si possono nascondere e di questo parlerò. Il resto è mera propaganda e faziosità giornalistica, quel male incurabile che ha tenuto in piedi B. per quasi 20 anni.
Per valutare il governo Monti, dopo quasi 9 mesi di mandato, mi si consenta una metafora: se chiamo un tecnico per ripararmi un tubo che perde acqua e dopo il suo costosissimo intervento il tubo non solo continua a perdere, ma il buco si è trasformato in una voragine, devo prendere atto che il tecnico è un incompetente. ovvero incapace, a causa dell’impreparazione o dell’inesperienza, a svolgere bene la propria attività. 
A meno che, mi si consenta il dubbio malizioso, la voragine non sia stata volutamente creata per spillarmi un altro po’ di quattrini ed allora in questo caso il tecnico è in malafede: valutate voi. Fuor di metafora: a Novembre 2011, il governo tecnico di Mario Monti è stato “chiamato” con un mandato preciso: ridurre lo spread, ridurre il debito pubblico e generare crescita. Ora possiamo tirare le somme.
A Novembre 2011 lo spread era sui 550 punti, ora si aggira sui 520, ma l’obiettivo era farlo scendere sotto i 200 punti. A fine 2011 il debito pubblico era al 120,1% e nel primo trimestre del 2012 ha raggiunto il 123,3%, secondo solo alla Grecia (132,4%). 
Insomma si è passati da 1.897 miliardi di euro nel dicembre 2011, a 1.966 miliardi di euro di debito pubblico di oggi. Infine, il paese non cresce ed è in piena recessione, con un PIL in picchiata libera e che scenderà del 2% nel 2012. 
Insomma il buco si è trasformato in voragine nonostante l’intervento, pagato da tutti noi, sia stato costosissimo. Dunque posso affermare, senza paura di essere smentito, che il governo tecnico ha chiaramente fallito dimostrandosi incompetente. 
Oppure è in malafede: ovvero ha creato appositamente la voragine per imporre un costo ancora più salato, cosa che porterà la svendita dell’Italia alle banche e alle multinazionali, ridurrà ancora di più lo stato sociale, privatizzerà la sanità e l’istruzione e aprirà la via ai licenziamenti di massa. Insomma valutate voi.
Ma vediamolo il costo che sinora abbiamo pagato. È stata reintrodotta l’Ici (pardon l’Imu, più cara ed iniqua che mai); la disoccupazione giovanile è ai massimi storici (mentre quella tedesca è ai minimi storici); le pensioni d’oro (circa 100mila in Italia) non sono state nemmeno sfiorate; i corrotti, malfattori e delinquenti potranno continuare ad essere eletti in parlamento sino al 2018 (e lo chiamano decreto anti-corruzione. 
Non è solo un problema morale, si badi bene, ma la corruzione costa all’Italia, secondo la Corte dei Conti, circa 60 miliardi di euro l’anno); le accise sulla benzina, la più facile ed ingiusta delle tasse, sono aumentate; si va in pensione qualche anno dopo, ritardando così l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani e obbligando le aziende a tenersi operai di più 65 anni, stanchi e demotivati.
Ma non solo. È stato modificato lo statuto dei lavoratori, dando così maggiore libertà di licenziare alle aziende, con l’idea che aumentando le possibilità di licenziare si aumenti la possibilità di assumere. Ma ancora. 
Ci si sarebbe aspettato da questo governo di professori un forte piano di investimenti su scuola ed Università pubblica (come hanno fatto la Francia e la Germania), ed invece concorsi bloccati e scippo di 200 milioni di euro che dalla scuola pubblica sono stati dirottati sulla scuola privata. 
Poi c’è il dramma degli esodati: centinaia di migliaia di famiglie senza stipendio e pensione, senza diritti e senza futuro. Un disastro umano e sociale, creato dalla Fornero e da Monti.
Il governo dei tecnici, per ridurre le spese dello Stato, ha varato la spending review, una vera e propria finanziaria: la terza in 9 mesi. In nome dei risparmi quel poco che restava della sanità pubblica sarà smantellato, creando uno Stato ancora più disuguale ed ingiusto che esaspera le differenze sociali ed economiche indebolendo, ancor di più, il diritto alla salute. 
Spariranno quasi 18 mila posti letto e nuove misure per introdurre ticket sono al vaglio. In nome della spending review lo Stato licenzierà decina di migliaia di impiegati e chiuderà migliaia di piccole scuole elementari e medie. 
Si deve risparmiare: va bene, ci sta. Però nel frattempo le spese militari non sono state ridotte, il nuovo direttore generale della Rai (solo per citare il caso più recente) percepirà uno stipendio di quasi 54mila euro al mese (quasi 2000 euro al giorno), il numero dei parlamentari non è diminuito e la tassazione dei grandi patrimoni non è stata manco ipotizzata.
Inoltre gli scudati, ovvero coloro che hanno riportato i soldi in Italia pagando una irrisoria tassa del 5%, non verranno tassati e i grossi capitali esportati in Svizzera per sfuggire al fisco non vengono toccati (diversamente da quanto fatto da altri paesi europei). Vengono però tassati, oltre ai pensionati e agli operai, le piccole imprese e i piccoli commercianti, costretti così a chiudere bottega: sono circa 35 le imprese che ogni giorno chiudono, ovvero mille al mese, per un totale di 6.321 fallimenti da gennaio a giugno di quest’anno. 
In tempi di crisi il governo Monti si ostina a voler fare la TAV, un’opera inutile e dannosa che dirotterà i soldi pubblici (miliardi di euro) nella mani di pochi, i soliti noti. Nessuna tassa sulle speculazioni finanziarie e sugli immensi patrimoni dei super ricchi. 
Questo più o meno il quadro della situazione dopo 9 mesi di mandato: per Mentana è un successo, per me un disastro. Giudicate voi. Ma soprattutto chiediamoci: il governo Monti è incapace o in malafede?