Un altro aggiornamento sulle ultime tristi vicende italiote.
Il partner afghano di Monti
di Manlio Dinucci - Il Manifesto - 8 Novembre 2012
Il premier Monti ha celebrato la
giornata delle forze armate con una visita «a sorpresa» in Afghanistan.
Ai militari italiani a Herat ha ribadito che «non siete l'espressione
di una nazione in guerra: siamo qui per assicurare a questo paese
sicurezza, stabilità e prosperità».
Ha quindi incontrato il premier
Karzai, assicurandolo che l'Italia, come gli altri paesi,
«trasformerà il suo supporto, ma questo non significa lasciare il paese
da solo». Lo garantisce l'Accordo di partenariato firmato a Roma il 26
gennaio da Monti e Karzai.
Per la realizzazione di «infrastrutture
strategiche» nella provincia di Herat, l'Italia concede al governo
afghano un credito agevolato di 150 milioni di euro (mentre L'Aquila e
altre zone disastrate non hanno i soldi per ricostruire).
Si prevedono
investimenti italiani anche nel settore minerario afghano (mentre
chiudono le miniere in Sardegna) e a sostegno delle piccole e medie
imprese afghane (mentre quelle italiane falliscono). Oltre agli impegni
previsti dall'accordo, vi sono quelli assunti dall'Italia nel quadro
Nato.
Dopo aver speso nella guerra in Afghanistan 650 miliardi di
dollari, gli Usa hanno impegnato gli alleati a contribuire alla
formazione delle «forze di sicurezza afghane», già costata circa 60
miliardi di dollari, e al «fondo per la ricostruzione», già costato
circa 20 miliardi.
Dove finisce questo fiume di denaro? In gran parte
nelle tasche della famiglia estesa di Hamid Karzai, il partner ricevuto
al Quirinale, con tutti gli onori, dal presidente Napolitano.
Gli
affari di famiglia, in parte già noti, sono venuti a galla in
un'inchiesta del New York Times. I fratelli del presidente e altri
familiari, molti dei quali hanno cittadinanza Usa, si sono arricchiti
con i miliardi della Nato (usciti anche dalle nostre tasche), gli
affari sottobanco con compagnie straniere, gli appalti truccati, il
traffico di droga. Per accaparrarseli, si è scatenata tra i fratelli
una lotta al coltello.
Mentre Qayum Karzai si prepara a subentrare al
fratello Hamid come presidente, un altro fratello, Ahmed Wali Karzai,
boss dell'Afghanistan meridionale, è stato assassinato. Grazie alla
corruzione e al traffico di droga, aveva accumulato centinaia di
milioni di dollari trasferendoli a Dubai.
Al suo posto il presidente
Karzai ha nominato un altro fratello, Shah Wali Karzai, manager della
società Afco di proprietà del fratello Mahmoud Karzai: un palazzinaro
che, dopo aver messo le mani su 40 km2 di terreni demaniali, sta
costruendo a Kandahar migliaia di case per gli afghani benestanti.
Mahmoud è anche un abile banchiere: nel 2010 è riuscito a sottrarre 900
milioni di dollari alla maggiore banca del paese, trasferendoli su un
proprio conto a Dubai.
Una volta al potere, Shah Wali ha rotto col
fratello Mahmoud (contro cui è stato ordito un complotto per
assassinarlo): ha creato una propria società, alla quale ha trasferito
sottobanco 55 milioni di dollari provenienti dalla Banca per lo
sviluppo edilizio.
Con questa controparte il governo Monti ha stipulato
l'Accordo di partenariato, approvato il 6 settembre dalla Camera a
schiacciante maggioranza (396 contro 8) e il 30 ottobre dal Senato
all'unanimità. In base alla solenne dichiarazione che le due parti
hanno «interessi condivisi e obiettivi comuni».
Due o tre cose sulle elezioni italiane e sul tentativo di truffare l'intera nazione della Repubblica Italiana
di Sergio Di Cori Modigliani - http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it - 9 Novembre 2012
Basterebbe un’argomentazione elementare come la seguente. “ma se Grillo
–come sostengono i sondaggi offerti da Rai mediaset e La7 e dall’intera
cupola mediatica- è dato tra un 18 e un 20%, qual è il problema per un
partito come il PD che prende il 30% e per un PDL che, superata la
buriana, è accreditato con un potenziale 20/25%?”.
Non dovrebbe esserci alcun problema.
E invece c’è.
Come mai?
Leggiamo insieme le statistiche.
Ci dicono che attualmente i sondaggi offrono la seguente prospettiva:
PD: 30%
M5S: 20%
PDL: 18%
Udc: 7%
Lega Nord: 4,5%
Tutti gli altri irrilevanti in quanto Idv e Sel si sono suicidati (o
sono stati suicidati) per motivi noti e FLI e Api e altra robbetta non
esistono più se non per quei quattro squancheri che cercano di
arrabbattare ancora qualche briciola di privilegio acquisito; ormai
sopravvivono soltanto sulle loro pagine squallide di facebook e sulla
lista degli stipendiati vip doc..
Facciamo un po’ di calcoli.
Questi dati offerti al pubblico italiano vanno letti ed elaborati in maniera inter-attiva e non vanno presi in forma passiva.
L’istituto di sociologia dell’Università di Zurigo (arbitro attendibile)
ci segnala che in Italia (se si andasse a votare domani mattina) ci
sono 44.442.000 elettori. Di questi, sommando astenuti, bianche, nulle e
indecisi di cui non è chiara l’opinione e quindi “statisticamente” va
considerata neutra e non valida la loro scelta, si arriva al 58%.
Quindi la conta (secondo loro) va fatta sul 42% dei voti, pari a 17
milioni di voti validi.
Il PD, quindi, prenderebbe 5 milioni di voti, ciò che corrisponderebbe
al presupposto 30%. Sempre secondo questa lettura, il M5S ne prenderebbe
invece 3 di milioni. Il PDL ne prenderebbe circa 2,8. L’Udc ne
prenderebbe forse 1 milione e la Lega Nord non arriva a 500 mila voti.
Il che, di per sé, è già una catastrofe per tutti loro.
Si dà il caso, però, che gli stessi sondaggisti (LE STESSE IDENTICHE
SOCIETA’) se richiesti del loro parere, su altri algoritmi matematici
applicati, che rispondono alla domanda “di quanti milioni di voti è
potenzialmente accreditato il M5S?” rispondono amenamente che a livello
nazionale si aggira intorno ai 6 milioni di voti, ovverossia IL 100% DI
VOTI IN PIU’ DI QUELLI PRESENTATI NEI SONDAGGI UFFICIALI, il che
(sempre applicando la loro logica) dovrebbe corrispondere a circa il 36%
dei voti e non più il 18%. Ovverossia molto vicino alla soglia del
40/42%.
Ohibò! Questo vuol dire che allora per la cupola mediatica e per i partiti la matematica è una opinione personale?
Il trucco è elementare.
I sondaggi si basano sul 48% degli elettori e su quelli il M5S risulta intorno ai 3 milioni.
Ma poiché un successivo calcolo con diverso algoritmo rivela che il M5S
ne prenderebbe invece 6 di milioni, allora, qual è la risposta degli
statistici?
Semplice, mi ha spiegato un matematico svizzero che fa
questo di mestiere: “Il dato degli indecisi e degli astenuti può essere
calcolato se vengono poste delle determinate domande che noi matematici
definiamo strategicamente emergenti, è il pane degli esperti di
statistica psicometrica, quelli che redigono i test.
Tanto per fare un
esempio chiaro: alla domanda “scusi lei preferisce le uova sfrittellate o
alla coque?” l’intervistato si sente tranquillo, sereno, nient’affatto
minacciato, e risponde con sincerità e per istinto. Lui/lei non sa che
quella domanda cela un trucco subliminale ed è l’unica tra le 50 domande
poste che davvero conta, perché noi matematici sappiamo che chi
voterebbe M5S mangia sempre e soltanto l’uovo alla coque, mentre chi
vota PD e PDL ama invece le uova sfrittellate.
Complessi studi di
psicologia comportamentale sulla composizione dell’elettorato italiano
ce l’hanno dimostrato e noi per questo motivo facciamo quella specifica
domanda; anzi, dirò di più: l’intero sondaggio ruota solo e soltanto su
quella domanda. In tutte le democrazie i sondaggi si fanno contando
anche la volontà degli indecisi e di quella sezione di astenuti che sono
“tentennanti”, cioè “vorrebbero ma non sanno”.
In Usa si fa così. Obama
era dato vincente a condizione che il 18% dei tentennanti fosse andato a
votare. Evento che si è verificato perché i militanti democratici li
sono andati a prendere a casa per portarli al seggio.
Tornando all’Italia risulta che tra “i tentennanti” il 92% voterebbe per
Grillo. Questo deriva dall’applicazione di un algoritmo psicologico che
ci rivela come il votante PD e PDL sia un garantito, ovverossia non ha
dubbi. Sugli indecisi e i tentennanti, il M5S fa il pieno certo.
E lì
Beppe Grillo pesca un sicuro, successivo trend di altri 3 milioni, che
lo situa al primo posto assoluto, in questo momento, come dato finale
della conta dei voti, che non sarebbe più il 52% dei votanti (come
mostra un sondaggio limitato ed è quello di solito offerto nelle tivvù)
bensì il 65% che si basa, invece, su un dato realistico, quindi
probabile, il che, per noi matematici, corrisponde a una lettura reale
attendibile. Di quel 13% che alla fine si esprimerà, il pieno lo fa la
lista di Grillo”.
Ecco perché sono andati nel pallone e non sanno che pesci prendere.
Loro hanno i sondaggi veri.
Ed è probabile (per non dire “è quasi certo”) che siano questi sondaggi
veri che il pragmatico Berlusconi ha sbattuto in faccia ai suoi
richiamandoli alla realtà. Deve essersi sentito anche preso in giro e
deve averli sbatacchiati per benino prendendoli a calci.
Le proveranno tutte, ma proprio tutte.
La classe politica consociativa che mal ci rappresenta non riesce a
comprendere che gli italiani cominciano a capire –finalmente- chi siano i
propri delegati e –giustamente- non si fidano più di loro.
Tanto più si arrabattano e tentano truffe, tanto peggio andrà per loro.
Tutto ciò non è mica basato sul fatto che la gente muore dalla voglia di
aderire al programma di Grillo che neppure c’è. Non esiste neppure la
curiosità di sapere quale possa essere, questo è il bello. Beppe Grillo è
la variante pacifica e pacifista, versione post-moderna mediatica,
della ghigliottina francese del 1789. Lui, infatti, spinge per una
“modificazione mentale dell’approccio” e del programma se ne frega. Lì
sta il bello.
Perchè una cosa è certa: il 100% degli italiani ha capito di essere vittima di un inganno.
Chi voterà per PD, PDL, UDC e Lega Nord, appartiene a quel settore
garantito che è protetto dalle burocrazie centrali dei partiti, che è
sorretto dai capi-bastone, che è alimentato dalla fondazioni bancarie,
che è coccolato e vezzeggiato dai sindacati compiacenti, dalle
associazioni locali e dalla cupola mediatica foraggiata dalle
sovvenzioni statali, regionali, provinciali e comunali grazie alle
delibere dei politici eletti in quei partiti.
Sanno di essere truffati,
ma per loro va bene uguale, sono deboli, fragili, cinici, e votano per i
loro padroni turandosi il naso. E’ comprensibile. Il disagio e il
bisogno sono reali.
Così stanno le cose.
I conti ai partiti non tornano più.
Hanno depenalizzato la truffa in bilancio, hanno in pratica abolito lo
Stato di Diritto, si sono asserragliati a difesa delle rendite
parassitarie di posizione e quindi raccolgono ciò che hanno seminato:
una mentalità truffaldina, una atroce solitudine sociale, uno
scollamento totale dalla realtà autentica delle esistenze del popolo
italiano.
A me sembra la sceneggiatura della versione post-moderna di “Totò truffa”.
Ma i protagonisti non sono simpatiche maschere come Totò e Peppino De Filippo.
Sono tenebre mummie di una civiltà al collasso.
Lo sanno anche i bambini ormai.
State accorti e non fatevi fregare.
Carte false
di Paolo Flores D'Arcais - Il Fatto Quotidiano - 11 Novembre 2012
Renato Schifani sarà una nullità politica ma è pur
sempre il presidente del Senato, una sorta di vice-Napolitano (art. 86
della Costituzione). E un vice-Napolitano che confessa le “carte false” della legge elettorale in gestazione, il cui unico scopo è impedire la vittoria di una delle forze politiche che si presenteranno alle urne, è uno scandalo che dovrebbe fare davvero scandalo, invece di dare avvio al gran ballo del minimalismo.
Soprattutto dopo l’altra confessione, di Monti: “Nell’ipotesi in cui fosse impossibile costituire una maggioranza, io sarei là”.
E invece imperversano i reggicoda mediatici della partitocrazia con i
sussiegosi “ma quale golpe” e “uno sbarramento ci vuole”, quasi che la
“Porcata” l’abbia inventata Grillo anziché la Casta, e
l’urgenza improcrastinabile di cambiarla non sia apparsa al Colle
improvvisamente, quando M5S ha cominciato a veleggiare su numeri a due cifre.
Perfino
Bersani ha dovuto balbettare che Grillo ha ragione, tanto sono
sfacciate e indecenti le finalità della nuova legge. Del resto, se si
volesse davvero riavvicinare le istituzioni ai cittadini basterebbe
proporre l’uninominale a doppio turno con primarie incorporate.
La “voce dal sen fuggita” del vice-Napolitano conferma, invece, che le
nomenklature vogliono solo continuare a occupare le istituzioni come
“Cosa loro”, “riformando” la Porcata in Porcata-plus.
Tutta la
partitocrazia, purtroppo, Pd compreso, visto che 42,5% o 40% di
sbarramento sempre una legge truffa contro l’Altrapolitica resta. Chi
minimizza insolentisce la Costituzione repubblicana, chi fa finta di
nulla la sta rottamando: verbo disgustoso se si vuole indicare il
rinnovamento, che qui rende perfettamente l’idea della lugubre manovra
partitocratica in atto.
Quella di Grillo non è certo l’Altrapolitica che preferisco. Quella che vorrei, davvero in grado di portare il Paese fuori della crisi, è il riformismo della Fiom e dei girotondi.
Ma Grillo è stato l’unico a scegliere la rottura radicale con la
partitocrazia – compresa la sua componente di centrosinistra – e questa
era e resta la lucida precondizione di ogni rinnovamento. Senza la quale
non si produce realismo politico, ma al massimo un sequel del
Gattopardo.
L'Italia del governo di Mr. Monti e fine della nostra sovranità nazionale
di Federico Del Cortivo - http://europeanphoenix.it - 8 Novembre 2012
Intervista al professor Attilio Folliero*.
Prima di rispondere alle domande, mi permetto una premessa. Io vivo
lontano dall’Italia da dieci anni; ovviamente, ho sempre seguito e
continuo a seguire le vicende italiane attraverso i grandi media: i
telegiornali “aggiustati”, i programmi come “Porta a Porta”, i grandi
quotidiani... tutti interessati a mostrare sempre e solo una parte
“della storia”.
Recentemente, per esempio c’è stata a Teheran
l’Assemblea dei Paesi non allineati, che praticamente in Italia è
passata sottosilenzio, con poca informazione e quella poca passata era
tutto meno che imparziale ed obiettiva... “I «non allineati» a Teheran
fiera d'odio per l'Occidente”, per dirla con il titolo di un noto
giornale nazionale italiano; non c’è nessun odio verso l’occidente da
parte dei Paesi non allineati, ma questa è l’informazione che è
costretto a leggere l’italiano medio.
Nell’antica Roma,
quando stava per cadere l’impero, c’erano persone che vivevano come se
niente stesse passando, continuando a fare banchetti ed orgie come al
tempo del massimo splendore dell’impero... vennero travolti senza
rendersi conto di quello che gli stava succedendo! La situazione
italiana (e dell’occidente, dell’Europa e degli Stati Uniti) di oggi è
praticamente la stessa che si viveva alla caduta dell’impero romano:
molti continuano a vivere senza rendersi conto di quello che gli sta per
accadere.
I politici nostrani (tutti) litigano fra di loro sul sesso
degli angeli, però la quasi totalità di loro guarda ancora estasiata
agli USA ed alla sua politica neoliberista e guerrafondaia, come se gli
USA fossero ancora la superpotenza uscita vincitrice della seconda
guerra mondiale; questi politici non si rendono conto che gli USA sono
sul bordo del tracollo, più o meno imminente, che condurrà alla fine
dell’Unione.
Fino a quando, ad esempio, il governo USA potrà sostenere
un deficit giornaliero di oltre 4 miliardi di dollari? La Federal
reserve, il banco centrale USA, recentemente ha deciso di comprare al
Tesoro titoli di stato per 40 miliadi di dollari al mese, ossia stamperà
ogni mese 40 miliardi di dollari! Senza questa misura, il ministro
delle finanze Usa avrebbe dovuto annunciare al mondo che gli USA non
possono pagare i debiti!
Ma per quanto tempo potranno andare avanti
stampando dollari? Che succederà al dollaro ed agli USA il giorno, ormai
non tanto lontano, in cui il Ministro delle Finanze USA sarà costretto
ad annunciare che non può pagare il debito? Queste sono le domande a cui
dovrebbero rispondere i politici nostrani che guardano al mito
americano!
Questi stessi politici, che litigano tra di loro sul sesso degli angeli,
tutti, indifferentemente, guardano alla Unione Europea e pensano che la
Germania, la Francia, le loro banche, il loro modello sia il “non plus
ultra” ed ignorano totalmente che il debito del Deutsche Bank, ad
esempio, secondo i dati dell’ultimo bilancio trimestrale pubblicato
(30/06/2012) è 1.579 miliardi di Euro e quello del BNP Paribas è 1.344
miliardi, praticamente il debito di cadauna delle principali banche di
Germania e Francia equivale al PIL italiano! Queste sarebbero le
locomotive della Unione Europea a cui tendono lo sguardo i politici
italiani.
Alla parzialità dell’informazione dei media, va aggiunto il
provincialismo ed il limite linguistico che impedisce ai politici ed in
generale all’italiano medio di guardare oltre il proprio orizzonte od
oltre l’orizzonte rappresentato da USA e Regno Unito, ossia CNN e BBC.
Sicuramente molti italiani parlano l’inglese, guardano e leggono media
in inglese; il mondo, però sta cambiando: quanti politici e quanti
italiani guardano, ad esempio i telegiornali della Russia, della Cina,
dell’Iran o dell’America Latina?
L’italiano medio si conforma con quello
che dicono i grandi media ufficiali italiani e stranieri di USA, Regno
Unito e Francia; tutto il resto è ignorato e questa “ignoranza del
mondo” traspare evidente nei commenti dei soliti politici che si
alternano nei salotti di trasmissioni come “Porta a Porta” e simili.
Il
precedente ministro della Difesa italiana, quando in merito alla mancata
estradizione del “terrorista” Battisti da parte del Brasile parlò di
questo paese come di una repubblica delle banane senza rendersi conto
del ruolo che svolge oggi il Brasile a livello mondiale.
I media di
tutto il mondo hanno ripetutamente passato l’opinione di questo
ministro, secondo cui in pratica si poteva fare pressione sul Brasile
rispendendo a casa i giocatori che militano nel campionato italiano,
come se l’economia del Brasile dipendesse solamente da questi introiti!
Cotanta saggezza di ministro, con la sua limitata conoscenza della
realtà geopolitica mondiale riuscì a trasformare lui stesso e l’Italia
in una barzelletta!
Quanti italiani si conformano con quello che
riportano i media ufficiali, in merito agli avvenimenti della Siria, o a
quanto successo in Libia lo scorso anno? Quanti italiani sono veramente
al corrente della situazione economica europea, di quello che passa in
Grecia, in Spagna, in Italia? Quanti italiani (ed europei) sono
coscienti del Trattato di Lisbona?
Molti avranno letto in questi giorni
del Meccanismo Europeo di Stabilità, con il quale si introduce la
possibilità di aiuti agli Stati in difficoltà; qual è il vero fine di
questo provvedimento? Fino ad oggi, però, in base all’articolo 123 del
Trattato di Lisbona era proibito qualsiasi tipo di aiuto diretto agli
Stati.
Il BCE presta soldi alle banche private al tasso di interesse di
riferimento (oggi 0,75%) e le banche private prestano soldi agli Stati,
comprando titoli di stato, per esempio alla Grecia ad un tasso di
interesse del 20% ed oltre; all’Italia stanno comprando, oggi, titoli ad
un tasso di circa il 6%. Un meccanismo studiato ad hoc per favorire le
banche private, le grandi multinazionali del credito.
Quanti italiani,
quanti europei sono coscienti di questo meccanismo che consente di
rubare impunemente?
Molti credono che la Banca d’Italia, o la Banca
Centrale Europea, appartenga allo stato italiano o alla Unione Europea
ed invece sono organismi privati, SPA, esattamente come la Fininvest o
la FIAT con alcune limitazioni e controlli pubblici ex Legge 262 del 28 dicembre 2005
per dare la parvenza di essere qualcosa di differente! Il BCE
appartiene alle varie banche centrali s.p.a., per cui è la stessa cosa.
Oggi si è arrivati al Meccanismo Europeo di Stabilità, di cui parleremo in seguito. Questa è l’Europa dei banchieri.
In Italia, in Europa si parla della lotta all’evasione fiscale, qualche
volta si è perfino parlato dei paradisi fiscali e sul tema c’è stato
anche un vertice del G20, ma quanti sono coscienti che si tratta solo di
fumo nell’occhio, di un inconcludente bla bla bla?
Fra la Francia ed il
Regno Unito, nel Canale della Manica, nel cuore dell’Europa, esistono
delle isole inglesi, che in realtà non fanno parte del Regno Unito e
neppure della Unione Europea (Sic! Come se un pezzo di territorio
italiano, ad esempio le isole Tremiti, pur facendo parte del territorio
dello stato, ai fini giuridici non lo fosse, non rientrando neppure
nella Unione Europea e venisse utilizzato come paradiso fiscale).
Tali isole (Jersey, Guernsey) dipendono direttamente dalla corona
britannica; queste isole sono i principali paradisi fiscali del mondo
dove i riccaccioni ed i furbi di tutta Europa e di tutto il mondo
nascondono il loro denaro, licitamente o illicitamente ottenuto,
sottraendolo alle imposte. Sempre più spesso nei vertici europei si
sente parlare di lotta all’evasione fiscale, ma i vari Monti non fanno
altro che prendere in giro gli ignari italiani ed europei.
I grandi
media italiani, la Rai, Mediaset, e tutti gli altri, televisione e
stampa, siano di destra, di centro o di sinistra, si affannano a parlare
della lotta all’evasione, ma quante volte hanno fatto il nome di questi
pezzi di terra nel cuore dell’Europa? Questa è la realtà informativa
italiana.
Premesso, dunque della realtà informativa italiana, parziale e
manipolata che è costretta a subire l’Italiano medio ed ovviamente
europeo, passo a rispondere con molto piacere alle domande riguardanti
la realtà politica ed economica dell’Italia, osservata dal mio punto di
vista.
Oltre all’analisi della realtà italiana, mi permetto di parlare
di quelle che dovrebbero essere le soluzioni da adottare; credo sia
importante non parlare sempre e solo dei problemi, ma sia necessario
anche offrire soluzioni.
D) Prof Folliero, in Italia dal 16 novembre è in carica il
governo Monti, nominato dal Presidente della Repubblica Napolitano, che
ha ufficialmente come compito principale la riduzione del cosiddetto
debito pubblico, favorire la crescita, tagliare gli sprechi. Quale è il
suo giudizio su Mr Monti, uomo legato alla Goldman Sachs, Iscritto al
Gruppo Bilderberg e alla Trilaterale, nonché massone?
La domanda da lei formulata contiene in sé tutti gli elementi necessari a
dare un giudizio su Monti, però, piuttosto che dare un giudizio su
Monti, sarebbe più opportuno chiedersi: perchè Monti? Perchè Monti è
diventato capo del Governo e come è arrivato a ricoprire tale ruolo?
Come lei ha detto, Monti è legato a Goldman Sachs, al Gruppo Bildenberg,
alla Trilaterale, ossia alla grande finanza, a chi regge i veri destini
del mondo ed a chi è interessato ad impadronirsi, ovviamente a prezzi
stracciati delle ricchezze che possiede l’Italia.
L’Italia possiede enormi ricchezze e tantissime imprese pubbliche, vere
galline dalle uova d’oro, ossia che danno profitti, anche enormi, e
quindi molto appetibili. Ovviamente, l’obiettivo di questi “sciacalli” è
impossessarsi di queste ricchezze, di queste imprese sborsando il meno
possibile. Nella prima metà degli anni novanta ci fu il primo assalto ai
tesori italiani.
Qui non può mancare un ricordo al caro vecchio amato
Carlo Azeglio Ciampi, che poco dopo essere diventato capo del governo,
il 30 giugno del 1993 nomina un Comitato di consulenza per le
privatizzazioni, presieduto da Mario Draghi, altro pezzo pesante di
Goldman Sachs, non a caso, oggi, arrivato alla presidenza della BCE.
Allora, i tesori italiani erano contenuti in uno scrigno chiamato IRI,
smembrato e svenduto, praticamente regalato, con la scusa che fosse un
carrozzone che dava solo dolori di testa e perdite ai proprietari, ossia
allo stato, al popolo italiano, e quindi era meglio disfarsene,
piazzando i vari pezzi a qualunque costo, anche regalandoli
praticamente, come avvenuto.
La domanda sorge spontanea: un privato compra una impresa che non da utili? Io non credo che qualcuno compri qualcosa che poi non gli renda degli utili e neppure la accetta in regalo!
A quell’epoca dell’IRI, di cui uno dei principali rottamatori fu Romano
Prodi, si diceva tutto ed il contrario di tutto, meno che fosse una
delle più grandi multinazionali del mondo, quarta o quinta! Le imprese
dell’IRI davano enormi utili, che assieme alle tasse ed alle altre
entrate dello stato servivano a finanziare anche gli investimenti
sociali: sanità, educazione, cultura, pensioni, ecc.
Oggi tutti i grandi
media (cassa di risonanza del pensiero unico neoliberale) sono
impegnati ad associare la spesa pubblica, gli investimenti nel sociale,
al termine spreco. Non si tratta di uno spreco, ma di un investimento,
che nel passato ha dato enormi benefici al paese.
Quando si investiva in
educazione, scuole, università e tutti, i capaci e meritevoli, anche se
privi di mezzi, avevano il diritto di poter raggiungere i gradi più
alti degli studi, l’Italia era un paese prosperoso; oggi, quelle parole
contenute nella Costituzione (art. 34) stanno diventando lettera morta,
perchè all’università non si accede liberamente, ma tramite prove
d’accesso ed il numero di posti disponibili è sempre più limitato; si
sta plasmando una società in cui l’esclusione sarà la norma; i membri
delle classi ricche, anche se eventualmente bocciati agli esami
d’accesso delle università pubbliche, possono sempre accedere a quelle
private, i cui costi sono proibitivi per i membri delle classi più
povere ed anche per le classi medie.
Nella stessa direzione vanno i tagli alla sanità (chiusura degli
ospedali), alla giustizia (chiusura del tribunali), l’aumento dell’età
pensionabile, la sostanziale riduzione dei diritti dei lavoratori,
ecc... tutto questo farà dell’Italia una società sempre più elitesca e
riservata ai ricchi e potenti.
Allora, perchè Monti arriva a ricoprire il ruolo di capo del governo con
l’obiettivo principale di ridurre il cosiddetto debito pubblico,
favorire la crescita, tagliare gli sprechi? Monti governa l’Italia da
dieci mesi, il debito pubblico da segni di riduzione? L’Italia sta
iniziando a crescere? Ha tagliato gli sprechi, ha condotto una seria
lotta all’evasione fiscale?
Niente di tutto questo. Se analizziamo i dati mensili del debito
pubblico dal dicembre 2010 a luglio 2012, ultimo dato disponibile (nella
tabella seguente, appositamente poreparata su dati di fonte Banca
d’Italia), ci si rende conto facilmente che il debito pubblico con
l’avvento del signor Monti è continuato a crescere.
Non solo cresce in
valore assoluto ed in valore percentuale sul Pil, ma la cosa più
preoccupante è che cresce il debito da pagare a breve, ossia con
scadenza inferiore ad un anno! Alla fine di dicembre del 2010 il debito
pubblico ammontava a 1.842 miliardi, 118% del PIL.
Monti arriva al
governo il 16 novembre del 2011; il debito pubblico ad ottobre 2011 era
di 1.908 miliardi; secondo l’ultimo dato pubblicato, come detto luglio
2012, il debito è salito a 1.967 miliardi di Euro ed ormai siamo
prossimi alla soglia del 130% del PIL; ricordiamo che mentre il debito
continua a salire, il Pil quest’anno si contrarrà di oltre il 2%.
Ciò che più preoccupa della gestione Monti è la crescita del debito in
scadenza a meno di un anno. Alla fine del 2010 l’Italia aveva 457
miliardi di Euro in scadenza nel corso del 2011, ossia il 24,81% di
tutto il debito; alla fine di ottobre del 2011, quindi alla viglia
dell’insediamento di Monti, il debito da pagare al massimo entro i
successivi 12 mesi era salito a 491 miliardi, il 25,76% di tutto il
debito; a luglio 2012, grazie a Monti ovviamente, il debito da pagare
entro i successivi 12 mesi è salito a 524,53 miliardi, che rappresenta
il 26,66% (vedasi la tabella seguente).
Se il signor Monti, quando era
alla guida di Goldman Sachs, dopo un anno di lavoro, avesse presentato
cifre del genere lo avrebbero licenziato all’istante ed anche in malo
modo!
L’azione di Monti non sta riducendo il debito pubblico, come ben
indicano i numeri e non ha per fine la riduzione del debito pubblico!
Prima di spiegare il fine del governo Monti, rispondiamo alle altre due
domande che ci eravamo posti, a cui impicitamente abbiamo già risposto:
da quando Monti è al governo non c’è segno di ripresa, anzi quest’anno
andrà molto peggio che l’anno anteriore con Berlusconi!
In quanto ai
tagli di bilancio, questi effettivamente sono in corso, peccato che
anche per il signor Monti, il termine spreco è sinonimo di investimento
sociale, ossia sta tagliando ospedali, tribunali, l’impiego pubblico, le
pensioni, l’educazione... taglia unicamente quegli investimenti che
danno utili sul lungo termine.
Una volta appurato che il signor Monti sta ottenendo risultati
esattamente contrari e totalmente negativi rispetto a quelli che si era
prefisso sulla carta, possiamo rispondere alla domanda perchè Monti è
diventato capo del Governo, ossia qual è il suo vero fine. Monti è stato chiamato al governo col fine di aumentare il debito pubblico!
Come visto sta assolvendo nel migliore dei modi il suo compito.
Attenzione, però che il signor Monti non solo ha il compito di aumentare
il debito, ma deve anche accellerare i tempi! E’ per questa ragione che
oltre ad aumentare il debito in se, aumenta la quota da pagare a breve
termine, a meno di un anno.
Che cosa è il debito pubblico?
Il debito pubblico è il miglior modo per trasformare il patrimonio nazionale in capitale privato.
L’Italia,
come gli altri paesi, ha grandi ricchezze, di cui vogliono
impossessarsi coloro che stanno dietro i vari Monti. Questi mettono a
capo dell’amministrazione della cosa pubblica propri uomini di fiducia
precisamente col compito di accrescere il debito pubblico. Monti è solo
l’ultimo di una lunga serie, probabilmente l’uomo finale, quello che
deve dare la stoccata mortale all’Italia.
Per decenni i
governanti di un paese (che per esempio arrivano al potere grazie a
campagne elettorali finanziate dai poteri economici interessati alle
ricchezze del paese) adottano politiche atte a far aumentare il debito;
magari qualche politico è così incompetente, che agisce inconsciamente,
sotto consiglio degli “esperti”. Una volta che il debito è talmente alto
si procede alla liquidazione degli attivi: le ricchezze di un paese
vengono svendute con la scusa che bisogna ridurre il debito.
Qual è la proposta dei vari Monti che governano oggi i paesi indebitati?
Vendere
gli immobili dello stato; privatizzare imprese e servizi pubblici,
arrivando perfino a vendere i beni del demanio pubblico; dare in
garanzia per nuovi prestiti i metalli preziosi, come l’oro e ricordiamo
che l’Italia, dopo Usa e Germania è il paese con la maggior riserva di
oro del mondo; ridurre l’impiego pubblico (attraverso i tagli agli
ospedali, ai tribunali, alle amministrazioni provinciali,
all’accorpamento dei comuni, al mancato rinnovo di personale che va in
pensione, come i professori universitari).
Con i tagli alle
università, appunto attraverso la mancata sostituzione del personale che
si pensiona (lo scorso anno si sono pensionati 5.000 docenti
universitari, che non sono stati sostituiti con nuovi assunti) si
procede anche a svalutare l’attività formativa delle università
pubbliche, alle quali, in ultima istanza, subentrano le private; lo
stesso sta passando con la RAI. Non solo si svendono le imprese
produttive dello stato, ma si stanno gettando le basi per il passaggio
ai privati dei servizi pubblici.
E vediamo quando comincia a crescere il debito pubblico italiano.
Nel
1970, l’Italia aveva un debito pubblico inferiore a quello degli Stati
Uniti, essendo il debito italiano pari al 37,11% del Pil e quello
statunitense del 37,72% del suo PIL. Dal 1971 il debito italiano, e di
tutti i paesi occidentali, comincia a crescere.
Il debito pubblico
italiano era equivalente a 13,09 miliardi di Euro nel 1970; nel 1980
supera i 100 miliardi, arrivando a 114, il 56,08% del Pil; nel 1988
arriva a 524 miliardi, il 90,83% del Pil.
Poi arrivano gli anni del
Britannia, dell’ascesa di mister Draghi, degli Amato (a proposito del
quale, i giudici di mani pulite mai lo hanno sfiorato nelle loro
inchieste, pur essendo il braccio destro di Craxi, prima consigliere
economico, poi sottosegretario alla Presidenza del consiglio nei due
governi Craxi dal 1983 al 1987, in seguito Ministro del Tesoro, dal 1987
al 1989, quindi capo del governo), dei Ciampi, i carrozzoni di Prodi,
le prime svendite, ma il debito continua a crescere incessantemente:
1992 è a 849 miliardi; 1993 a 959; nel 1994 supera i mille miliardi di
euro, arrivando a 1.069; anno dopo anno cresce sempre, fino ai 1.908
miliardi lasciati in eredità da Berlusconi ed i 1.967,4 miliardi di oggi
(31/07/2012, ultimo dato disponibile) a cui è arrivato col governo
Monti!
Quindi in concreto Monti è stato chiamato a dare il colpo
di grazia al paese Italia, far crescere ulteriormente il debito,
aumentando soprattutto quello a breve, ad un anno e dunque procedere
alla svendita del patrimonio nazionale, che finisce nelle mani dei
privati, di quei privati che stanno dietro i Mister Monti.
Manca
solo un passaggio da aggiungere: prima della svendita, ed una volta
assicurata la crescita e l’impagabilità del debito a breve, ad un anno,
ci sarà il ricorso al prestito del FMI e quando si ricorre al FMI fanno
il segno della croce anche gli atei!
D) Il primo passo verso il governo tecnico fu la famosa lettera
della BCE, con FMI e UE a far da spalla, al governo Berlusconi datata
agosto 2011. L’alta finanza chiese e pretese dall’Italia misure
draconiane, ma che come si vide in seguito non bastarono agli occhi
della speculazione internazionale, per sanare una situazione economica
che dai “mercati” era giudicata insanabile. Wall Street e la City
decisero di far pagare anche all’Italia il fallimento dell’economia
statunitense, poi entrarono in gioco le famose Agenzie di Rating. Uno
scenario già visto si potrebbe dire. Lei che idea si è fatto in merito?
In politica la causalità non esiste; tutto ha un fine ed il fine in
questo caso, come detto è l’appropriazione delle ricchezze di un paese,
dell’Italia. Tutte le azioni adottate da Berlusconi prima, da Monti dopo
(ed ovviamente da tutti coloro che si sono alternati al potere in
Italia dal 1970 in poi), non hanno avuto altro fine che la crescita del
debito pubblico e come dimostrano le cifre, ci sono riusciti benissimo.
Piuttosto che gli avvenimenti recenti, che lei cita, gli ultimi e solo
la punta dell’iceberg, io credo vadano spiegati gli avvenimenti del 1971
ed i limiti stessi del sistema economico capitalistico, che sono alla
base delle scelte operate appunto nel 1971.
Il capitalismo ha due grandi limiti: da un lato il mercato stesso; il
mercato non è infinito; il mercato è la popolazione che può acquistare
un bene; il mercato massimo è rappresentato dalla popolazione mondiale,
ammesso che tutti gli uomini abbiano la capacità di accedervi, ossia
abbiano sufficienti soldi per comprare un determinato bene.
Una volta
esaurito il mercato, il capitale è costretto ad inventarsi nuovi
prodotti, o fare in modo che il tempo utile di vita di un prodotto si
riduca, costringendo i consumatori ad acquistare un nuovo prodotto.
Quanto dura una lampadina? Sembra questa una domanda banale, ma non è
così; la maggioranza delle persone crede che una lampadina possa durare
le poche migliaia di ore indicate sulla confezione.
Effettivamente, una
lampadina odierna, accesa 24 ore su 24 dura pochi mesi. Invece, le
lampadine prodotte prima del 1924, prima del cosiddetto cartello di
Phoebus, in cui le principali case produttrici stabilirono la attuale
durata delle lampadine, duravano decenni.
Attualmente è ancora in vita e
perfettamente funzionante la famosa lampadina di Livermore,
accesa la prima volta nel giugno del 1901; ha compiuto 111 anni di
vita, sempre accesa, salvo due brevi interruzioni per trasportarla in
una nuova sede!
Invito a prendere coscienza dell’immorale fenomeno dell’obsolescenza
programmata; quanto petrolio, per esempio, è stato consumato per
costruire miliardi di lampadine nuove della durata di pochi mesi?
Se con
la tecnologia di oltre un secolo fa si riuscivano a produrre lampadine
della durata di un secolo ed oltre, oggi, l’uomo potrebbe costruire
lampade della durata di svariati secoli, penso! Invece in nome del dio
profitto, per vendere sempre nuovi prodotti bisogna distruggere le
risorse non rinnovabili come il petrolio ed inquinare per poter
costruire prodotti pessimi, di durata infinitamente inferiore a quella
potenziale.
L’altro aspetto del mercato limitato è la lotta fratricida fra le
imprese che competono nel mercato. Per esempio nel settore delle auto,
in Italia c’erano decine di imprese, la concorrenza ha portato a far
emergere come unica impresa la FIAT; adesso la FIAT è in competizione
con le poche altre imprese superstiti a livello europeo, che a loro
volta competono, in una lotta all’ultimo sangue con le poche altre
imprese mondiali. Tutto questo proprio perchè il mercato è limitato e
non c’è spazio per tutti.
L’altro limite è rappresentato dai guadagni, ossia dall’accumulazione
del capitale. Da dove deriva il guadagno? Solamente dallo sfruttamento
del lavoratore e non esiste altro modo. Il capitale per accrescere i
propri profitti, cerca di proletarizzare il maggior numero di uomini
(quest’anno 2012, l’umanità oltre a raggiungere i 7 miliardi di uomini,
ha toccato anche un’altra cifra tonda, quella dei 2 miliardi di
proletari) e ciò significa che il capitalismo è in espansione e si sta
diffondendo anche nelle ultime zone del pianeta con una economía
arretrata.
All’inizio degli anni settanta, questi limiti sembravano insormontabili;
non c’era modo di far crescere il mercato, ossia dare un reddito a chi
non ne aveva e non c’era modo di far crescere il numero dei proletari.
Il capitale dovette ricorrere ad uno stratagemma, diciamo ad una
crescita artificiale dell’economia.
Fino al 1971, dunque, il numero delle persone che potevano accedere al
mercato era abbastanza limitato; per permettere alle persone di scarso
reddito l’accesso al mercato, era necessario dotarli di un reddito. Come
dotare di un reddito o di maggior reddito le persone prive di reddito o
con un reddito molto basso? Attraverso la spesa pubblica.
La spesa
pubblica è praticamente una redistribuzione delle ricchezze che arriva
più o meno a tutte le classi sociali, anche se ovviamente non in maniera
uniforme, toccando la fetta più grande sempre alle classi dominanti.
Ma
la spesa pubblica – come visto – ha anche l’altra importante funzione
di far crescere il debito dello stato; quando il debito di uno stato
diventa impagabile (ed è la situazione odierna), gli stati sono
obbligati a procedere alla svendita del patrimonio nazionale, che
finisce nelle mani dei privati, ovviamente quelli potenti.
Però, nel 1971 c’era un grosso ostacolo all’incremento della spesa
pubblica; per poter aumentare la spesa pubblica era necessario aumentare
il circolante, ma il circolante non poteva essere aumentato dato che
era ancorato alla quantità di oro posseduto; essendo la quantità di oro
esistente molto limitata, era impossibile aumentare la quantità di oro
posseduto e per conseguenza era impossibile aumentare il circolante e la
spesa pubblica.
In realtà l’unica moneta ancorata all’oro e sempre convertibile in oro
era il dollaro statunitense, così come stabilito a Bretton Woods, nel
1944. Precisamente per il fatto di essere l’unica moneta convertibile in
oro, il dollaro si trasforma nella moneta di riferimento dei commerci
mondiali; tutte le altre monete, però, essendo ancorate non all’oro, ma
al dollaro finivano per subire gli stessi limiti; quindi, tutti gli
stati erano impossibilitati ad aumentare il circolante in moneta locale e
per conseguenza non era possibile aumentare la spesa pubblica. Per
poter aumentare il circolante e quindi la spesa pubblica di qualsiasi
stato, era necessario svincolare il valore del dollaro dall’oro.
Il dollaro convertibile in oro significava che qualsiasi persona che
avesse dei dollari, poteva recarsi alla Federal Reserve, la banca
centrale statunitense, e chiedere il controvalore in oro; se tutti
avessero chiesto di convertire i propri dollari in oro, si sarebbero
prosciugate le riserve auree degli USA; quindi, approfittando di questa
evenienza, per svincolare il dollaro dall’oro, hanno trovato l’ottima
scusa che per evitare il prosciugamento delle riserve auree era
necessario dichiarare l’inconvertibilità del dollaro in oro.
Effettivamente, il 15 agosto del 1971 il presidente degli Stati Uniti,
Richard Nixon con la scusa che stavano crollando le riserve in oro
dichiara la fine della convertibilità del dollaro.
Che si sia trattato di una scusa è provato dal fatto che analizzato i
bilanci mensili degli USA per lo meno dei tre anni anteriori al 1971,
non c’è traccia di un crollo delle riserve auree degli USA .
Una misura del genere avrebbe dovuto condurre al crollo di valore del
dollaro; ma ciò non accadde; gli artefici della inconvertibilità del
dollaro hanno potuto procedere precisamente perchè sapevano che il
dollaro non avrebbe sofferto grossi scossoni; gli USA utilizzarono gli
stati petroliferi, loro succubi, che furono obbligati a vendere il
petrolio unicamente in dollari, salvando così il valore della propria
moneta: essendo il petrolio venduto in dollari, tutti gli stati furono
obbligati a continuare ad avere riserve in dollari.
Una volta raggiunto l’obiettivo di svincolare il dollaro dall’oro, gli
USA e tutti gli stati hanno potuto creare denaro inorganico, denaro non
ancorato ad alcun bene reale, con il quale si è potuto aumentare la
spesa pubblica e quindi aumentare il debito.
Materialmente i dollari
sono posti in circolazione, stampati dalla Riserva federale, la banca
centrale degli Stati Uniti, una banca privata, la quale presta soldi al
Governo del Paese, sotto forma di acquisto di buoni del tesoro, per i
quali ovviamente riceve in cambio il pagamento di un interesse.
Una parte della spesa pubblica viene redistribuita anche tra quelle
fasce di cittadini fino ad allora privi di grandi capacità di spesa, che
si trasformano in consumatori. Si crea, in questo modo, una crescita
fittizia, la più grande e veloce della storia dell’umanità, ancorata
alla stampa di denaro inorganico e quindi, prima o poi destinata ad
esplodere.
Il debito di tutti gli stati occidentali comincia a crescere con l’aiuto
di politici posti a governare con questa unica finalità.
Una volta indebitato, lo stato è preso di mira, utilizzando tutti gli
strumenti a disposizone del capitale, quelli da lei citati, come le
agenzie di rating e la manipolazione dei mercati.
Interessante proprio il caso dell’Italia, dove c’era un capo del
governo, che volente o nolente, godeva di una maggioranza amplissima in
Parlamento; malgrado tutti gli attacchi, reali o fittizi, ed i pezzi
d’appoggio persi per strada (Casini, Fini) non avrebbe mai perso la
maggioranza parlamentare; per obbligarlo a dimettersi, oltre all’attacco
ai titoli del Paese, che hanno cominciato a vedere incrementare gli
interessi, si è intervenuti direttamente sul patrimonio personale del
premier; le azioni delle imprese di Berlusconi nei giorni immediatamente
anteriori alle sue dimissioni, subivano un forte attacco, ossia
venivano massicciamente immesse sul mercato dai detentori, provocando il
crollo del loro valore.
In questo modo, Berlusconi, uno dei peggiori
governanti della storia d’Italia, ma che aveva comunque ricevuto il
consenso del popolo ed aveva il diritto di continuare a governare, è
stato costretto a dimettersi.
In Parlamento l’unica maggioranza possibile era un governo presieduto da
Berlusconi e pertanto l’unica cosa da fare per il capo dello stato era
sciogliere le camere ed indire le elezioni; ma dato che l’obiettivo era
imporre Mister Monti al governo del paese, si è proceduto al ricatto dei
parlamentari: a fronte dello scioglimento delle camere e la perdita del
posto (dato che la maggior parte dei deputati non sarebbe stata
ricandidata), tutti i parlamentari praticamente hanno scelto di
appoggiare il governo Monti; in questo modo si è creata la più grande
maggioranza mai ricevuta da governo italiano nella sua storia. Un vero
colpo di stato, in quanto il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto
semplicemente sciogliere le Camere ed indire le elezioni.
In sostanza le agenzie di rating, la stampa economica e non,
l’immissione sul mercato di titoli di stato, o di titoli azionari di
imprese private, da parte dei detentori sono tutti strumenti per
incidere nella politica di un paese, ormai solo sulla carta sovrano. Non
esistono paesi sovrani, o per essere più esatti sono pochissimi i paesi
veramente sovrani ed indipendenti.
In quanto agli USA è giusto parlare di fallimento economico. Sulla
situazione economica, appunto fallimentare degli USA, che condurrà
sicuramente alla fine dell’Unione, alla fine degli Stati Uniti è bene
dedicare un approfondimento più avanti.
D) I rimedi se così possiamo definirli, applicati dopo il
diktat BCE nei mesi successivi e fatti propri totalmente da questo
governo, sono poi stati quelli distribuiti a piene mani per anni in
America Latina e nei Paesi in via di sviluppo: Privatizzazioni, blocco
dei salari, riduzione significativa della spesa sociale ecc.ecc. Lei dal
suo osservatorio Sud Americano che analogie vede con quanto accadeva
in passato in America Latina e quanto sta accadendo oggi in Italia?
In Italia ed in tutta Europa si stanno applicando le stesse misure, gli
stessi pacchetti, o meglio pacchettazzi economici imposti a partire del
1973, in Cile ed in seguito in tutti i paesi dell’America Latina.
Il
caso più interessante è sicuramente il Venezuela, la più grande riserva
petrolífera del pianeta e di innumerevoli altre risorse; per
cinquant’anni il Venezuela è stato il primo esportatore di petrolio al
mondo, poi… poi hanno deciso di impadronirsi di tutte le sue risorse.
Come hanno attuato? Precisamente attraverso l’indebitamento del paese ed
il ricorso al FMI! Una volta caduto in mano al FMI, il Venezuela è
stato costretto ad applicare il “pacchettazzo neoliberale”.
Gli stateghi del neoliberismo, però non avevano tenuto in conto un
elemento: il popolo. Il popolo del Venezuela, di fronte alla morte per
fame, morte nel senso letterale della parola, ha deciso di ribellarsi e
di rifiutare il pacchettazzo che gli era stato imposto ed il 27 febbraio
del 1989 esplode. La rivolta popolare passerà alla storia col nome di
“Caracazo”, ad indicare la città di Caracas, ma in realtà ci furono
rivolte in tutto il paese.
La reazione fu brutale: l’esercito, agli ordini di un ministro della
difesa disumano, l’italo-venezolano Italo del Valle Alliegri interviene e
fa una strage; il numero esatto dei morti non si è mai accertato. Nel
1992, migliaia di quei militari obbligati dai superiori gerarchi a
reprimere il popolo, si ribellano contro lo stesso governo: la prima
ribellione militare, del 2 febbraio, è diretta da Hugo Chavez; a questa
seguirono altre; nessuna ebbe successo ed i militari finirono tutti in
carcere. La crisi del Venezuela intanto continua ad accentuarsi, fino ad
arrivare, nel 1994 alla bancarotta della metà delle banche del paese.
Nel bel mezzo di una crisi economica e política, un candidato
presidente, Rafael Caldera, uomo della vecchia guardia, ma che per
l’occasione si svincola da tutti i partiti, presentandosi come
indipendente, promette di liberare Chavez e gli altri militari se fosse
stato eletto. Alle elezioni, il popolo corre a votare per questo
candidato, che una volta eletto mantiene le promesse elettorali e
concede l’indulto a Chavez ed ai militari ribelli.
Chavez intuisce di
avere dalla sua parte la gran maggioranza del popolo, pertanto una volta
fuori dal carcere, fonda un movimiento político con il quale si
presenta alle elezioni del 1998. Vince e la storia del Venezuela cambia
totalmente, da repubblica delle banane si accinge a diventare potenza
mondiale. Esiste una forte analogia tra la situazione attuale
dell’Italia, dell’Europa e la Venezuela degli anni ottanta.
D) L’attacco allo Stato sociale del governo liberista di Mr
Monti ha come primo obiettivo il mondo del lavoro, più precarietà che fa
rima con flessibilità, più posti di lavoro ci dicono gli gnomi del
governo con la “pasionaria” Fornero in testa, e questo mentre i dati
forniti dall’Istat ai primi di giugno evidenzia che la disoccupazione
nel primo trimestre del 2012 si è attestata al 10,9% con un aumento su
base annua del 2,3%. Lei che ne pensa?
Spagna docet! Per rimanere in ambito europeo, la Spagna ha adottato le
misure di austerità prima dell’Italia, quindi per rendersi conto di
quali saranno gli effetti basta guardare appunto alla Spagna, dove oggi
più di un quarto della popolazione attivià è senza lavoro. Ci potranno
essere delle differenze nell’intensità del fenomeno, ma inevitabilmente
la tendenza è la stessa: le misure adottate da Monti non faranno altro
che accrescere la disoccupazione, la fame e la miseria del popolo
italiano.
Perchè?
Se aumentano le tasse e le imposte, meno soldi sono destinati al
consumo; se si riducono pensioni e stipendi, meno soldi sono destinati
al consumo; se si reduce l’impiego pubblico, oltre ad avere come effetto
immediato un aumento della disoccupazione, si ottiene l’effetto che
meno soldi sono destinati al consumo; se si attaccano i diritti dei
lavoratori, facendo aumentare la precarietà e riducendo il reddito,
anche qui meno soldi vengono destinati al consumo.
In sostanza, come sanno tutti gli economisti, meno a quanto pare i
bocconiani al governo, meno soldi destinati al consumo significa
riduzione della domanda e quando si riduce la domanda, le imprese sono
costrette a ridurre l’offerta, ossia produrre di meno; produrre di meno
significa licenziare ed in questo caso, se esistesse ancora un minimo
diritto dei lavoratori, per qualche tempo, il licenziato avrebbe diritto
– giustamente – alla cassa integrazione, pagata dallo stato, cosa che
fa accrescere la spesa pubblica ed il debito pubblico.
Aumento della disoccupazione e della precarietà significa anche minori
introiti per lo stato: se diminuisce il reddito delle persone,
diminuiscono anche le tasse sul reddito da versare allo stato, oltre
alle imposte sui consumi; anche per le imprese, se si riducono le
vendite, il fatturato, diminuiscono le tasse da versano allo stato. O
non è così? Sembra quasi che lo stato si stia dando una zappa sui piedi!
E’ dunque possibile che “economisti” o presunti tali, del calibro di Monti, ignorino le regole dell’economia capitalista?
Come abbiamo dimostrato (leggasi la parte 1 di questa intervista), con i
dati ufficiali, il debito pubblico continua ad aumentare ed il signor
Monti lo sa bene. A mio modo di vedere non si tratta di persone che
ignorano le regole del mercato, le regole del capitalismo, ma proprio
perchè conoscono bene come funziona il mercato, stanno applicando tutto
quanto in loro potere per far aumentare il debito pubblico. Ancora una
volta arriviamo alla conclusione che il fine della loro azione è
trasformare in capitale privato il patrimonio dello stato ed il mezzo
attraverso cui avviene questa trasformazione è il debito pubblico.
D) Fiscal Compact, MES - Meccanismo Europeo di Stabilità, con
essi si sono stretti i cappi attorno al popolo italiano e a quelli
europei, tranne i britannici s’intende, un’ulteriore cessione di
sovranità a favore delle banche, che Monti ha prontamente avvallato,
mentre il suo compare a capo della BCE Draghi invoca l’Unione di
Bilancio, lei che idea si è fatta in merito?
L’Unione Europea, così come è stata impostata non ha altro fine che
favorire il capitale, in particolare il capitale bancario. Col
Meccanismo Europeo di Stabilità si introduce la possibilità di aiutare
direttamente gli Stati in difficoltà, da parte delle istituzioni
europee.
Non è altro che un ennesimo meccanismo per accrescere il debito
pubblico di un paese e quindi accelerare i tempi per cedere a prezzi di
saldi, per non dire regalato, il patrimonio nazionale. Ancora una volta
arriviamo al fine: trasformare il patrimonio nazionale in capitale
privato.
Fino ad oggi – ed è bene ripeterlo all’infinito – in base all’articolo
123 del Trattato di Lisbona era proibito qualsiasi tipo di aiuto diretto
agli Stati. Il BCE, come abbiamo detto in premessa, presta soldi alle
banche private al tasso di interesse di riferimento (oggi 0,75%) e le
banche private prestano soldi agli Stati, comprando titoli di stato al
tasso di mercato.
Per esempio alla Grecia le banche prestano soldi,
ossia comprano suoi titoli ad un tasso di interesse del 20% ed oltre.
Tutto il meccanismo è stato studiato ad hoc per favorire le banche
private, le grandi multinazionali del credito. In questo modo, in dieci
anni di BCE, gli stati hanno accresciuto enormemente i loro debiti e
quindi adesso agli stati non rimane altra soluzione che svendere il
patrimonio nazionale.
Però, all’interno degli stati ci sono resistenze a
svendere, a regalare il patrimonio ed è quindi necessario la stoccata
finale; un ulteriore indebitamento e questa volta direttamente con la
istituzione supernazionale.
Questo meccanismo non regala soldi agli
stati in crisi, ma presta, anche se a tassi molto bassi; prestare
significa comunque aumentare i debiti. Se uno stato non riesce a pagare
(e non potrà mai farlo con le misure adottate) i debiti fin qui
accumulati, come mai potrebbe pagare ulteriori debiti, anche se ad un
tasso di interesse inferiore?
Con questo meccanismo, che continua a far aumentare il debito degli
stati, si sta cercando di vincere le resistenze di quanti sono restii a
svendere beni e servizi pubblici; non mi riferisco solo alle imprese
pubbliche (per intenderci le ferrovie, le poste, i cantieri navali), ma
anche i beni inalienabili del demanio (ad esempio le spiagge), o i
servizi pubblici che rientrano nei diritti umani (come il diritto
all’acqua), o le riserve auree. E’ sufficiente pensare al tentativo di
Berlusconi di privatizzare le spiagge: la resistenza è stata tale da
dover fare marcia indietro.
Con tale meccanismo verranno a cadere anche queste resistenze; sarà come
dire: “Abbiamo tentato tutto quello che era possibile fare; abbiamo
adottato anche misure proibite, come gli aiuti diretti agli Stati, ma
non si è riusciti a ridurre il debito, quindi adesso bisogna vendere
tutto quello che si può vendere, incluso i servizi pubblici connessi ai
diritti umani”.
Qualcuno, magari dubita che si possa arrivare a questo! Per chi avesse
dei dubbi, invito a documentarsi su quello che è successo in America
Latina, in Bolivia, dove si è arrivati a privatizzare l’acqua; per i più
poveri il prezzo dell’acqua privatizzata arrivò a tetti impagabili e
non potendo pagare, per risposta le imprese private li staccavano
dall’acquedotto. Queste persone erano costrette a camminare chilometri e
chilometri a piedi per arrivare ad una fonte e potersi approvvigionare
dell’acqua necessaria alla sopravvivenza.
D) Prof Folliero, che futuro prevede per l’Italia se dovesse
perdurare questo stato di cose, le tasse aumentano sempre più, le
imprese chiudono, il lavoro manca e il governo prepara l’ennesima
svendita di ben immobili e settori da privatizzare. In nome
dell’ipotetico pareggio di bilancio dovremmo morire di fame? Oppure c’è
una via di uscita?
Gli italiani possono stare tranquilli... il peggio deve ancora arrivare!
L’Italia e l’Europa non hanno futuro. Per dirla con una frase del
romanzo “La danza immobile” dello scrittore peruano Manuel Scorza:
“L’Europa è morta!”.
Secondo uno studio sulla situazione economica mondiale al 2050 di
Goldman Sachs, pubblicato in Global Economics Paper N. 153 del
28/03/2005, la Cina, nel 2050 appunto, arriverà ad un PIL di circa
70.000 miliardi di dollari, India ed Usa a 40.000 miliardi, Brasile,
Russia, Indonesia e Messico a circa 10.000; tutti i paesi europei
cresceranno pochissimo: Germania, Regno Unito e Francia avranno un PIL
di 5.000 miliardi e l’Italia con un PIL meno che raddoppiato rispetto ad
oggi non arriverà nemmeno a 3.000 miliardi di dollari, superata oltre
che dai paesi già citati, anche da Iran, Turchia, Vietnam, Corea, ai
quali mi permetto di aggiungere il Venezuela, non preso in
considerazione dagli stregoni di Goldman Sachs.
Secondo miei calcoli, il
Venezuela, prima che finisca questo decenio entrerà nel club dei paesi
con PIL superiore a mille miliardi e nel 2050 avrà superato sicuramente
il PIL italiano. Insomma l’Italia, altro che grande potenza del G7, fra
qualche decennio sarà un anonimo paese di media classifica.
Personalmente credo che i dati di Goldman Sachs vadano rivisti al
ribasso per le attuali potenze occidentali e faccio questa affermazione
basandomi sul fatto che a 7 anni di distanza da questo studio, i paesi
emergenti crescono a tassi superiori a quelli previsti ed i paesi
occidentali a tassi inferiori. La crisi che sta vivendo l’Italia,
l’Europa e gli Stati Uniti, è più profonda di quello che poteva (o
voleva) immaginare Goldman Sachs nel 2005.
E’ d’obbligo porsi una domanda, perchè l’Italia e l’Europa non hanno futuro?
La principale causa della crisi economica è dovuta alla caduta del tasso
di profitto; cadono i profitti nei paesi altamente sviluppati ed il
capitale, al fine di mantenere i tassi raggiunti, va o verso la
speculazione, o verso altri paesi. In Italia per esempio, per decenni la
FIAT è stata la più importante industria del paese, che impiegava in
maniera diretta o indiretta milioni di italiani.
Ebbene la FIAT sta
chiudendo progressivamente tutti i suoi impianti di produzione in
Italia, perchè in altri paesi, ad esempio in Brasile, produce con tassi
di profitto più alti.
Piaccia o no, la FIAT chiuderà i suoi impianti in
Italia! E’ la storia del capitalismo che si sviluppa in Europa, nel
centro-nord e quando i profitti cominciano a diminuire, il capitale va
verso gli USA; oggi il capitale sta lasciando anche gli USA, per
posizionarsi in paesi che garantiscono maggiori tassi di profitto.
Nel
1929, ad esempio, quando un capitalista investiva un dollaro in USA,
dopo un anno oltre al dollaro investito, aveva un guadagno di 70
centesimi; oggi ad 83 anni di distanza il profitto è sceso di quasi la
metà, per cui il capitale va ad investire dove gli si garantisce tassi
di profitto superiori.
Per fare un esempio concreto, lo scorso anno sono
passato da Roma ed ho notato che due dei più importanti negozi della
McDonalds (Pantheon e Corso Vittorio, dietro Piazza Navona) erano
chiusi; al contrario passeggiando nel centro di Caracas giorno dopo
giorno i McDonalds spuntano come funghi, ad ogni angolo della città!
Prima della grande crisi del 1873, la principale potenza del mondo era
l’Inghilterra; la causa della caduta dell’Inghilterra fu precisamente la
caduta dei tassi di profitto e pertanto il capitale scelse gli USA.
L’Inghilterra, dopo la caduta dal piedistallo, ha continuato ad essere
un paese importante, ma ovviamente in decadimento.
E’ quanto sta
succedendo agli USA, all’Europa ed in generale con tutti i paesi
sviluppati. Il capitale va verso paesi che garantiscono maggiori tassi
di profitto ed ovviamente i paesi anteriormente avanzati continuano ad
esistere ed avere un ruolo, ma il loro ruolo va progressivamente
scemando.
A questo punto, prima di parlare delle misure che andrebbero adottate, è
necessario soffermarci a capire l’Europa dei banchieri, di cui nessuno
parla.
Che significa Europa dei banchieri? Partiamo dalla Banca Centrale
Europea (BCE). Chi è il proprietario della BCE? Sono gli stati, i popoli
europei? Niente affatto! I proprietari della BCE sono le Banche
Centrali Nazionali (BCN).
La BCE è stata istituita il primo giugno del
1998, in base al Trattato sull'Unione europea e allo "Statuto del
sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea" ed ha
iniziato a funzionare il primo gennaio del 1999 (vedasi la normativa, direttamente nel sito della BCE).
I 27 paesi della Unione Europea, o meglio tutte le BCN hanno
sottoscritto il capitale di partecipazione, sia pure con quote
differenti; i paesi che non fanno parte dell’Euro, ossia le loro banche
centrali, non hanno diritto agli utili e non hanno l’obbligo di
corrispondere eventuali perdite.
I principali sottoscrittori, ossia i principali proprietari
sono la Banca Centrale Tedesca, con il 18,94% del capitale, la Banca
d’Inghilterra con il 14,52%, la Banca di Francia con il 14.22% e la
Banca d’Italia con il 12,50%; queste 4 banche controllano il 60,18%; se
aggiungiamo la Spagna arriviamo a circa il 70%; le altre 22 banche
centrali si spartiscono il restante 30% circa. Fin qui apparentemente
niente di strano, salvo il fatto che alla fine in Europa comandano solo e
sempre tedeschi, inglesi e francesi, con l’aggiunta di italiani e
spagnoli a fare da spalla.
Chi è il proprietario, o meglio chi
sono i proprietari delle banche centrali nazionali? Per esempio, chi è
il proprietario della Banca d’Italia? La maggioranza degli
italiani ignora chi sono i proprietari della Banca d’Italia e molti
pensano che sia dello stato, del popolo italiano! La Banca d’Italia,
cosi come tutte le altre banche centrali nazionali, è una impresa
privata, una Spa, in cui i proprietari sono altre banche.
La Banca d’Italia, per esempio, è posseduta ( vedasi la partecipazione azionaria, direttamente nel sito della Banca d’Italia)
per oltre il 52% da Intesa San Paolo e Unicredit; l’unica differenza
rispetto ad una normale Spa, a parte qualche formale meccanismo di
controllo, sta nel fatto che alla maggioranza del capitale non
corrisponde la maggioranza dei voti; infatti i due principali azionisti,
pur detenendo la maggioranza assoluta del capitale, hanno diritto solo
al 20% circa dei voti.
In ogni caso è un problema da poco, visto che in
realtà i proprietari sono: 5 imprese assicuratrici, 12 Banche Spa, 42
Casse di Risparmio Spa, 3 Banche cooperative e 2 Enti pubblici (l’INPS e
l’INAIL, che insieme sommano il 6% circa del capitale e l’8% circa de
voti).
In conclusione la Banca d’Italia è un'impresa privata di
proprietà delle banche e dei banchieri. Lo stesso succede con tutte le
altre banche centrali dei paesi della Unione Europea, cosi come negli
USA e nella stragrande maggioranza dei paesi del mondo.
Per conseguenza i
proprietari della BCE sono le varie imprese bancarie Spa presenti nei
vari paesi della UE. La domanda dovrebbe sorgere spontanea, ma a quanto
pare a nessun politico e legislatore è mai venuta in mente: quando una
Banca centrale nazionale o la BCE deve prendere una decisone di política
economica importante, pensa agli interessi del popolo, dei popoli o
agli interessi dei propri azionisti? La risposta è scontata ed è
facilmente individuabile nei meccanismi creati ad hoc nell’Unione
Europea per favorire le banche private.
Perchè il Trattato di Lisbona ha previsto gli articoli 123 e 124?
Non credo esista argomento più esplicito di questo per capire il più
grande “conflitto d’interesse” esistente: in base agli articoli 123 e
124, è proibito qualsiasi aiuto, qualsiasi facilitazione creditizia e
qualsiasi acceso privilegiato alle istituzioni finanziarie da parte
degli organismo pubblici. Gli stati, in caso di bisogno di denaro cosa
possono fare? Possono emettere titoli di stato ad un tasso d’interesse
regolato dal mercato. Ma chi compra questi titoli, ossia chi presta I
soldi agli stati? Chi stabilisce i tassi d’interesse nel mercato?
Le banche sono i principali acquirenti dei titoli di stato, che li
acquistano perchè i tassi di interesse, stabiliti dal mercato, sono
notevolmente superiori a tassi a loro riservati per prendere soldi in
prestito dalla BCE; in sostanza la BCE stabilisce i tassi con cui presta
i soldi alle banche private, proprietari della BCE, ossia le banche
stabiliscono i tassi con cui prestare a se stessi i soldi ed ovviamente i
tassi di interesse sono bassissimi (oggi è 0,75%); però le banche
prestano soldi agli stati, ovvero acquistano titoli di stato con tassi
di interesse che possono arrivare al 20% ed oltre, come nel caso della
Grecia, o al 5/6/7% nel caso dell’Italia o della Spagna! Se a tutto
questo aggiungiamo che chi contribuisce a formare il tasso d’interesse
nel mercato sono i giudizi negativi preparati dalle agenzie di rating,
cui pacchetti azionari spesso sono controllati dalle stesse banche e
assicurazioni.
Questa è l’Europa dei banchieri. Altro che conflitto
d’interesse! Hanno creato un meccanismo perfetto per favorire unicamente
le banche, a danno dei popoli: la BCE presta denaro alle banche private
(che sono i veri proprietari della BCE), stabilendo tassi d’interesse
bassissimi e queste a loro volta, in virtù della proibizione prevista
per gli stati di accedere al denaro della BCE, prestano i soldi agli
stati ad un tasso d’ interesse altissimo, stabilito dal mercato; a
formare i tassi di interesse nel mercato contribuiscono le stesse
banche, attraverso i giudizi delle agenzie di rating.
Nessuno ne parla e nessun media mostra la realtà però.
Qui la risposta scontata: i proprietari delle banche, o gruppi a questi vicini, sono spesso proprietari anche dei media.
*Attilio Folliero, italiano, residente a Caracas, laureato in Scienze
Politiche all'università "La Sapienza", due corsi annuali post laurea
alla Libera Università San Pio V di Roma in operatore della Pubblica
Amministrazione ed un altro in Job Creation presso Elea SPa, società del
gruppo Olivetti. Nel 2001 si trasferisce in Venezuela, dove nel 2002
vince un concorso presso il Consolato Generale d'Italia di Caracas; dopo
due anni di lavoro è licenziato, assieme ad oltre 400 funzionari
consolari sparsi nei differenti consolati italiani del mondo; da allora
inizia una lunga vertenza giudiziaria con il Ministero degli Esteri,
tuttora in corso. Dopo l'esperienza consolare riprende l'attività di
comunicatore sociale; fonda un sito web di grande successo, collabora a
programmi radiofonici e televisivi nelle più importanti reti nazionali
del Venezuela lavora giornalistica; contemporaneamente svolge attività
d'insegnamento (lingua italiana ed economia), in differenti istituti ed
università di Caracas. Attualmente è docente a contratto presso
l'Università Militare di Caracas (UMBV) e la facoltà di "Scienze delle
comunicazioni" (Escuela de Comunicacion social) dell'Università Centrale
di Caracas (UCV).
Il fine del governo Monti. Come reagire (e come non reagire)
di Paolo Franceschetti - http://paolofranceschetti.blogspot.it - 11 Novembre 2012
1. Alcuni cenni agli ultimi colpi di genio del governo Monti. 2. Come non reagire. 3. Come reagire.
1. Alcuni cenni agli ultimi colpi di genio del governo Monti
Pochi giorni fa sono scesi in piazza i poliziotti in varie parti
d’Italia; nello stesso giorno protestavano a Montecitorio gli avvocati e
pochi giorni prima avevano manifestato gli insegnanti. Sono categorie,
queste, poco inclini alle manifestazioni di piazza, ma se lo hanno fatto
è per un solo e semplice motivo: la misura è colma e il paese sta per
scoppiare, nel senso che stanno per scoppiare disordini di massa,
scontri, caos e malessere sociale.
Parto dall’analisi di due vicende che hanno coinvolto le due categorie degli avvocati e degli insegnanti.
Per quanto riguarda gli avvocati, le novità di questi ultimi tempi sono
le riduzione dei tempi della pratica legale, l’abolizione delle tariffe
minime, e la tragicommedia della mediazione civile risolta – come era
facile prevedere – in un bluff.
Mi soffermo in particolare su questa vicenda della mediazione,
spiegandola ai non addetti ai lavori (quindi i giuristi mi perdoneranno
se non uso il giuridichese e semplifico alcuni concetti).
Nel 2010 è entrata in vigore la mediazione obbligatoria per i
procedimenti civili; in sostanza il legislatore ha detto: “Da adesso in
poi, prima di fare una causa civile, si va prima da un mediatore che
cerca di pacificare le parti, così si evita il processo e si fa tutto in
tempi rapidi”.
Messa così, al cittadino ignorante poteva sembrare una buona cosa.
I problemi erano però i seguenti:
- i costi erano elevati;
- venivano affidate cause molto complesse, che richiedevano una
preparazione lunga e specialistica, a soggetti del tutto privi di
competenze giuridiche (geometri, ragionieri, architetti, ecc.) che
diventavano mediatori (e quindi sostanzialmente assolvevano a funzioni
identiche a quelle di un magistrato) con pochi giorni di un corso, al
termine del quale si veniva abilitati a diventare mediatori;
- il mediatore lo sceglieva la parte; in altre parole se io decidevo di
fare causa a Tizio, andavo dal mediatore che sceglievo io, ovviamente
scegliendo un mediatore amico/parente/corrotto.
Fin dai primi tempi, infatti, il risultato di questo schifo di legge –
che si traduceva, in sintesi, in una sorta di privatizzazione della
giustizia, che veniva esercitata da persone spesso incompetenti e
corrotte – era che la maggior parte delle mediazioni sono andate
deserte.
All’indomani dall’uscita della legge, si sono precipitate migliaia di
persone a fare corsi di mediazione, creare società di mediazione, ecc.,
nella maggior parte dei casi giovani avvocati senza lavoro che vedevano
nella mediazione una prospettiva di lavoro in più; nessuno si è fatto
venire il dubbio che tutta questa “facilità” nell’accesso a una nuova
professione nascondesse qualcosa di diverso e che i conti non tornavano.
Era inevitabile l’impugnazione della legge davanti alla Corte
Costituzionale, così come è stata inevitabile la bocciatura da parte
della Corte. La Corte Costituzionale, con un colpo di penna, ha
cancellato in un istante speranze di lavoro, reso inutili gli sforzi di
chi aveva creato le società, buttato a mare i milioni di euro spesi per
realizzare questo istituto.
Ora, aggiungo, è facile prevedere che la mediazione verrà riproposta in
forme diverse, con la scusa che è un istituto che ha ricevuto l’avallo
anche dell’UE; ed è facile prevedere che la Corte Costituzionale boccerà
nuovamente anche la mediazione riformata che gli organismi appositi,
d’intesa col governo, predisporranno.
Il motivo è presto detto.
La mediazione è stata creata fin dall’inizio per sfasciare in modo
definitivo la giustizia civile (che comunque era già vicina al collasso)
e per creare malesseri e disordini nella categoria degli avvocati. La
bocciatura della Corte Costituzionale, infatti, lungi dall’essere
un’operazione di giustizia, era semplicemente parte del progetto
complessivo, che ancora non è terminato.
Situazione analoga per gli insegnanti.
Il governo dapprima ha varato un concorso demenziale per reclutare nuovi
insegnanti, dicendo che in questo modo creava nuovi posti di lavoro; ma
contemporaneamente ha elevato il numero di ore di lavoro agli
insegnanti di ruolo, togliendo così diversi posti di lavoro ai precari.
Mi spiego meglio.
Per decenni, da che ho memoria io, l’orario di lavoro degli insegnanti è
stato sempre di 18 ore settimanali. Un numero di ore che può sembrare
basso, ma a cui poi andavano aggiunte le ore per i consigli di classe,
per il ricevimento, per la correzione dei compiti, per l’aggiornamento,
ecc.
Improvvisamente, dopo decenni, il governo decide di elevare il numero di
ore degli insegnanti a 24 ore settimanali. Il 33% di ore in più, che si
traduce nella perdita secca del 33% dei posti di lavoro per gli
insegnanti precari.
In sostanza il governo da una parte ha detto "ragazzi ecco che creo
posti di lavoro" varando un concorso demenziale destinato ad essere
bocciato dalla Corte Costituzionale; dall'altro ha tolto lavoro ai
precari dimostrando in tal modo che non gliene frega nulla della
creazione di nuovi posti di lavoro.
Scopo di tutta la manovra?
Far incazzare i precari, far incazzare gli insegnanti di ruolo, insomma
far incazzare tutti e mettere ogni categoria l'una contro l'altra, oltre
a far perdere loro una marea di tempo e soldi in ricorsi al TAR,
proteste, manifestazioni ecc.
Si osserverà che aumentando le ore ai docenti di ruolo in questo modo si
fanno “tagli” e si risparmiano soldi; è semplice invece rispondere che
per risparmiare era sufficiente evitare il maxi concorso demenziale che
farà spendere soldi inutili senza creare alcun posto di lavoro in più, e
magari si poteva tagliare qualche finanziamento ai pescatori di granchi
in Kiribati, o anche – perché no? – operare un drastico
ridimensionamento dei fondi dati agli apicoltori della Slovenia e ai
ristoranti vegetariani in Groenlandia.
A questi provvedimenti dobbiamo aggiungere la chiusura dei piccoli
tribunali di provincia (gli unici che funzionavano davvero, perlomeno
per quanto riguarda i tempi e i costi); l’IMU che sottrae liquidità agli
imprenditori già in crisi accellerando il fallimento in atto della
maggior parte delle imprese italiane; il taglio dei fondi agli ospedali e
la chiusura di molti centri di pronto soccorso; gli sgravi fiscali per
chi assume lavoratori extracomunitari (con il risultato che alcune
imprese licenziano i lavoratori italiani per assumere extracomunitari); i
tagli alla polizia; la liberalizzazione delle licenze di commercio,
colpo mortale a chi aveva speso centinaia di migliaia di euro per
acquistare una licenza di pizzeria o di altre attività commerciali; ecc.
Ormai anche le persone più ignoranti e poco inclini al “complottismo” si
sono accorte che gli ultimi provvedimenti del governo Monti vanno in
una sola direzione: lo sfascio del paese.
La domanda è: perché? E ad essa abbiamo risposto più volte (creazione di
malcontento, al fine di instaurare una dittatura e accentrare i poteri
dell’UE).
Lo ha detto chiaramente Monti in un’intervista: “La crisi è una cosa
positiva, l’Europa ha bisogno di crisi”. E Napolitano di recente ha
detto che per reagire alla crisi è necessario “cedere ulteriori quote di
sovranità all’UE”, ovvero rafforzare l’UE (una stronzata colossale,
simile a quella dei medici del ’400 che curavano prevalentemente col
salasso e, a fronte di malattie gravi cui non sapevano come reagire, per
prudenza praticavano un “salasso”).
Quello che adesso voglio cercare di spiegare è cosa non bisogna fare, e cosa invece si potrebbe fare per reagire.
2. Come non reagire.
La prima cosa da non fare è quella di scendere in piazza e manifestare.
Alle prime manifestazioni, fino ad oggi pacifiche, seguiranno infatti
scontri di piazza, ove ovviamente lo scontro partirà da agenti dei corpi
speciali infiltrati, travestiti da Black Block o da manifestanti
normali, per scatenare il caos, come è avvenuto a Genova durante il G8 o
l’anno scorso a Roma.
Il governo vuole che manifestiamo....e, proprio per questo, noi non dobbiamo manifestare.
L’altra cosa da non fare è spendere tempo e soldi in ricorsi inutili
all’UE, alla Corte di Giustizia e ad altri organismi, per rivendicare il
proprio diritto di sovranità, la proprietà del denaro, ecc. In realtà
si tratta di rivendicazioni sacrosante, ma che verrebbero fatte a organi
che sono strumenti docili e corrotti di quello stesso potere che si
vuole combattere. Questi ricorsi (tra i quali rientra anche quello
effettuato per abrogare – legittimamente – la mediazione, o quello che
verrà fatto per annullare – sempre legittimamente – il concorso nella
scuola) sono ampiamente programmati e previsti.
In linea di massima, tutto il sistema legale e dei tribunali è
un’immensa macchina per far perdere tempo, soldi e dignità ai cittadini,
facendoli sperare in una giustizia che cali comunque sempre dall’alto,
ovvero una giustizia che provenga da quelle stesse fonti che hanno
creato il disagio e il malessere contro cui si pretende di combattere.
Rivolgersi a un tribunale per avere giustizia, cioè, è come rivolgersi a
Totò Riina per avere giustizia perché la mafia ti ha ammazzato un
parente.
3. Come reagire
Gli esempi di cose da fare sono molti, e mi sono venuti in mente in
questi anni viaggiando per l’Italia o all’estero e vedendo questi
fenomeni. Negli USA ho visto locali che servivano pasti gratis all’ora
di chiusura, con il cibo avanzato e non venduto. In Spagna i medici
hanno deciso che, nonostante i tagli, cureranno lo stesso i malati,
gratis.
Un imprenditore agricolo italiano, invece di licenziare i
dipendenti, li ha organizzati in una specie di comunità, in cui ciascuno
mette a disposizione ciò che ha e le proprie competenze (chi fa il
meccanico ripara gratis tutto ciò che si rompe alle famiglie dei
dipendenti, chi fa il sarto cuce i vestiti se servono, i prodotti
agricoli vengono portati a casa dai dipendenti e una parte dell’azienda è
stata adibita a orto e ad altri prodotti di consumo giornaliero, ecc.).
In un altro caso mi è capitato un’imprenditore che ha dovuto licenziare
i dipendenti, ma ha provveduto, tramite amicizie e conoscenze, affinché
le famiglie continuino ad avere vitto e alloggio, mettendo a
disposizione un casale per coloro che non potevano permettersi l’affitto
e assicurandosi che tutte le famiglie dei disoccupati, tramite gli
abitanti del paese, abbiano da mangiare tutti i giorni.
Vediamo quindi quali potrebbero essere le mosse da effettuare per affrontare la crisi:
- Creazione di monete locali da parte degli amministratori dei piccoli
comuni (in teoria sarebbe possibile farlo anche nei grandi comuni),
sull’esempio del SIMEC di Giacinto Auriti. Mi si obbietterà che il SIMEC
è un progetto che fallì perché la guardia di finanza né impedi il
proseguimento arrivando addirittura a perseguire legalmente il professor
Auriti; replico che in realtà la moneta di Auriti non era illegittima,
che oggi i tempi sono maturi per un’operazione del genere su larga scala
ad iniziativa di sindaci e amministratori locali, e che peraltro si
potrebbero operare piccoli correttivi legali per evitare l’intervento
della guardia di finanza e delle autorità monetarie. Ad esempio, invece
di moneta, si potrebbe chiamare buono.
- Organizzarsi a livello locale tra cittadini. Specie nei piccoli
paesi, è assolutamente possibile creare piccole forme di vita
comunitaria, in cui ciascuno metta a disposizione le sue competenze e le
sue capacità gratuitamente, per ricevere in cambio altri beni e servizi
a titolo gratuito.
- Organizzazione di piccole comunità autosufficienti, di natura
prevalentemente agricola, in cui si torni a vivere e a lavorare come
nelle campagne di 50 anni fa.
A titolo di esempio:
- imprenditori che abbiano a disposizione capannoni sfitti, potrebbero
cederli in uso gratuito a gruppi di persone senza casa e senza lavoro;
- i ristoratori potrebbero dare il cibo gratis a fine giornata (so bene
che qualcuno obietterà che le norme igieniche della USL non lo
permettono; ma le norme sull’igiene alimentare servono in gran parte ad
evitare proprio che il cibo in abbondanza venga dato gratuitamente a chi
non lo ha e venga buttato nella spazzatura, quando in realtà ci sono
diverse forme di cessione gratuita assolutamente legali, che possono
essere concordate e organizzate); la stessa cosa possono fare i negozi
di alimentari con i cibi prossimi alla scadenza ma ancora buoni;
- i medici potrebbero curare gratis, gli avvocati dare consulenze
gratuite, fabbri falegnami idraulici ecc. potrebbero prestare una parte
della loro opera a titolo gratuito;
- il governo Monti ha adito la Corte Costituzionale per far dichiarare
incostituzionale una legge della Regione Calabria sui prodotti agricoli a
Km 0, ovvero della regione, perché viola le regole imposte dall’UE
sulla libera concorrenza? Bene, nulla però impedisce che, pur senza una
legge, supermercati e commercianti possano acquistare solo prodotti
regionali o che i cittadini acquistino solo prodotti a Km 0 per aiutare
l’economia della loro terra. Molto più efficace, economico e rapido che
impelagarsi in ricorsi e inutili manifestazioni;
- i Comuni possono impiegare per i lavori sul territorio lavoratori
disoccupati (muratori, falegnami, elettricisti, informatici, ecc...) a
cui, come compenso per il lavoro prestato possono non far pagare le
tasse locali (IMU, rifiuti, ecc...);
- Rendersi conto che il sistema in cui viviamo ci ha abituato a far
dipendere la nostra felicità dal numero e dalla qualità di beni che
possediamo; capire la trappola in cui il sistema ci ha fatto cadere e
abituarsi a un nuovo regime di vita, che potrebbe anche essere migliore
del precedente.
Nessuna manifestazione dunque che, come sappiamo, attraverso agenti
provocatori può facilmente essere trasformata in violenza, ma una forma
di resistenza civile, pacifica e quotidiana. Senza la fattiva
collaborazione dei cittadini nessuna manovra operata dal governo può
trovare attuazione. Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che è
assolutamente inutile protestare e scendere in piazza.
A Roma ogni
giorno c’è una manifestazione senza che la popolazione ne abbia nemmeno
notizia, salvo quando questa si trasforma in guerriglia, così da poter
essere strumentalizzata (il motivo della manifestazione passa in
secondo piano, e quello che viene messo in evidenza serve a ingenerare
insicurezza e paura nella popolazione, così che possa essere più
docile). Inutile continuare su una strada che, è chiaro, non ha portato
alcun risultato. Nessuna rivoluzione di massa, ma solo tante piccole
rivoluzioni personali, e tante piccole rivoluzioni nelle piccole
comunità in cui ciascuno vive.
Una frase che in questi anni mi è rimasta in mente è questa: per chi
vive in montagna o in campagna, dei prodotti quotidiani della propria
terra, che al governo centrale ci sia una dittatura o una democrazia non
cambia assolutamente nulla. La dittatura non può cambiare l'anima delle
persone, i propri pensieri e le proprie emozioni; la dittatura può
preoccupare unicamente coloro che misurano la loro felicità dalla
quantità di beni che hanno.
In conclusione:
Il governo vuole che noi manifestiamo. E noi non dobbiamo manifestare.
Il governo vuole che noi ci riduciamo alla disperazione. E noi ci
rimbocchiamo le maniche e scopriamo il gusto della solidarietà,
Il governo vuole affamarci. E noi mangeremo lo stesso, in modo diverso, con abitudini diverse, ma mangeremo.