venerdì 14 agosto 2009

Crisi economica: ancora cifre da mani nei capelli

Ieri la Banca Centrale europea nel suo bollettino mensile di agosto ha pomposamente dichiarato che "La recessione mondiale sta raggiungendo il punto di svolta [...] Ci sono crescenti segnali, come il fatto che il ritmo di contrazione dell'economia dell'eurozona sia chiaramente diminuendo". E questo sarebbe l'unico dato positivo...

Subito dopo infatti la BCE ritorna coi piedi per terra affermando che "il livello di incertezza rimane elevato".
Ed è qui che come al solito casca l'asino, perchè il bollettino prosegue poi "la BCE si attende che nell'eurozona l'attività economica rimanga debole nella restante parte dell'anno. Nel 2010, a una fase di stabilizzazione seguirebbe una graduale ripresa con tassi di crescita trimestrali di segno positivo". Tutto aleatorio, tutto infarcito di condizionali....

Inoltre secondo gli analisti della Bce, il Pil dell'area euro si contrarrà quest'anno del 4,5%, mentre dovrebbe poi crescere dello 0,3% nel 2010 e dell'1,5% nel 2011...Uauhhh!!!
Una previsione che tiene conto di "effetti avversi ritardati" che si concretizzeranno nei prossimi mesi, come "l'ulteriore deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro".
Infatti i bassi livelli di fiducia e gli effetti ritardati del calo dell'attività economica nell'Eurozona suggeriscono, in prospettiva, "ulteriori incrementi della disoccupazione" dopo il 9,4% della popolazione attiva toccato in giugno (+0,1% rispetto al mese precedente).
In sintesi, un pochino di fiducia tenendo sempre ben salde le mani nei capelli, e non solo...

Intanto Francia e Germania nel secondo trimestre hanno fatto segnare un rialzo del Pil dello 0,3%....Urrahh!!!!....mentre l'Italia come sempre piange miseria con un -0,5% del Pil sul trimestre e un -6% sull'anno.
Con queste spietate cifre c'è senz'altro da essere ottimisti, non è vero Silvio?

Ma se l'esempio cinese di cui si parla qui di seguito venisse imitato nel resto del mondo, allora sì che un sano ottimismo pervaderebbe la stragrande maggioranza dell'umanità.


UE/Francia e Germania esultano. Ma la crisi è veramente già alle spalle?
di Mauro Bottarelli - www.ilsussidiario.net - 14 Agosto 2009

Non starò a tediarvi con i pomposi proclami di ieri della Bce visto che oggi li leggerete su tutti i giornali. Riassumendo, la recessione è ormai passata e il Pil di Francia e Germania è tornato sorprendentemente a salire. Al Bagaglino non sanno fare di meglio, c’è da ammetterlo.

La Germania non ha elementi macro che presentino fondamentali a supporto di questa tesi e le sue banche giacciono su una bomba ad orologeria di qualche centinaia di miliardi di euro di titoli tossici da scaricare, lo dice la BaFin, ente regolatore dei mercati, non il sottoscritto. Berlino sarà quindi costretta a dar vita, finalmente, alla bad bank per convogliare l’immondizia che giace negli assets bancari e certamente non al mark-to-market: con un esborso del genere, destinato a mettere i pattini al debito pubblico, come si possa essere ottimisti lo sa solo Trichet. Il quale, ormai, si occupa unicamente dell’esistente: di quello che accadrà domani se ne lava le mani.

La Francia, poi, sta spacciando per investimento un mega-bond da 80 miliardi di euro che altro non è se non uno stimolo fiscale che infrange le regole europee e il patto di stabilità: siamo capaci tutti di batterci contro Tyson se questo è legato mani e piedi a una sedia, anche se la Lagarde è più affascinante di Tremonti questo non le permette di giocare al di fuori delle regole.

Ma eurofrescacce a parte, alcune indicazioni offerte dagli analisti ai grossi investitori sul mercato londinese ci danno l’esatta proporzione di quanto ci attende. Bob Janjuah di Royal Bank of Scotland sta avvertendo tutti di lanciarsi sulle prese di profitto sull’equity globale e sulle commodities in attesa che l’autunno ci regali un altro orso, questa volta un Grizzlie però. Di più, dopo aver scaricato l’opzione consigliata sono bond tedeschi a 10 anni da acquistare tra la fine di agosto e gli inizi di settembre: questo significa che la bad bank si farà e il prezzo verrà spalmato con la benedizione della Bce, Berlino vedrà i conti peggiorare ma non andrà in default.

Forse Trichet parla più con i trader che con gli analisti, non male per chi guida la Banca che dovrebbe fare gli interessi di tutti gli europei. Ma la previsione si fa più fosca quando si parla di Usa e Regno Unito, ovvero i due mercati che per incidenza posso trascinare nel peggiore dei ritracciamenti tutti i mercati: «Chiedetevi questo: chi salverà i governi quando questi avranno speso tutto per salvare il salvabile?». Non fate una domanda simile a Francoforte perché potrebbero offendersi. Anche perché, guardando le cifre al netto dell’entusiasmo da rally per i green shots, i profitti di Borsa sono giù del 20% nel secondo trimestre di quest’anno rispetto a un anno fa: è la manna degli spazzasoldi, veri protagonisti di ogni crisi che si rispetti.

In compenso, mentre il mondo sembra alla deriva senza una guida certa, apprendiamo che Ubs, il gigante bancario svizzero che è il secondo operatore al mondo nel campo della gestione dei patrimoni, fornirà al governo di Washington i nomi di migliaia di suoi clienti americani che hanno depositato una parte della loro ricchezza presso l'istituto: soldi materialmente versati nella Confederazione elvetica o gestiti da società basate in altri “paradisi fiscali”. E sui quali sarebbero stati evasi gli obblighi fiscali.

L'accordo, preannunciato nei giorni scorsi dai governi dei due Paesi, è stato ufficialmente confermato ieri dagli avvocati del ministero della Giustizia statunitense al giudice distrettuale di Miami, Alan Gold, che si sarebbe dovuto pronunciare sulla denuncia contro l'UBS presentata proprio dal governo Usa nel febbraio scorso. È la prima volta che il governo di Berna accetta di far cadere, anche se solo in parte, il velo del segreto bancario.

La trattativa è stata lunga e molto elaborata proprio perché la Svizzera ha difeso fino in fondo il principio della confidenzialità del rapporto tra istituti di credito e clienti: Berna ha tenuto duro anche quando (il 18 febbraio scorso) l'Ubs - trascinata in tribunale e con alcuni suoi dirigenti già perseguiti negli Usa - ha deciso di consegnare alle autorità americane un primo elenco di 250 clienti, ha pagato una multa di 780 milioni di dollari e ha iniziato a negoziare un accordo generale. Il governo, in quella circostanza, ha avvertito la banca che non avrebbe tollerato violazioni della legge sul segreto bancario, ma, al tempo stesso, si è reso conto che un processo pubblico negli Stati Uniti col principale gruppo bancario svizzero come imputato, avrebbe avuto pesanti conseguenze politiche e di immagine. Avete capito adesso che begli intrecci sono in ballo mentre la gente perde il lavoro e fatica a tirare avanti? No? Ma come, è quasi un sillogismo. Va beh, scommettiamo che la prossima settimana o comunque a breve avremo brillanti novità per Fiat che giungono da Oltreoceano, uno sblocco della trattativa o un ritorno in grande stile su Opel con Washington che molla vigorose pacche sulle spalle?

D’altronde, basta vedere i nomi dell’organigramma di management di Ubs per non avere dubbi. Così gira il mondo. E non solo perché, come sembra, in casa Fiat di soldi esentasse in Svizzera se ne intendono parecchio...


Due anni vissuti pericolosamente ma i rischi non sono finiti
di Federico Rampini - La Repubblica - 14 Agosto 2009

"Due anni ma non un giorno di più". È quanto sarà durata, con ogni probabilità, la più grave crisi economica dopo la Grande Depressione. Intervistati dal Wall Street Journal, la maggioranza degli economisti americani si dicono certi che la recessione Usa sia finita, e prevedono un aumento del Pil (+2,4%) nel terzo trimestre. Germania e Francia ritrovano a sorpresa la crescita positiva (+0,3%) e la Banca centrale europea usa termini insolitamente ottimisti: "Stabilizzazione, seguita da parziale ripresa". Il Washington Post però lancia l'allarme su quello che potrebbe seguire: "Attenti alla ripresa-fantasma. La vedremo solo nelle statistiche".

America, Europa, Asia, gli ultimi segnali convergono: questo agosto 2009 potrà essere ricordato come il punto di svolta. La fine di un incubo iniziato esattamente due anni fa. E' l'agosto 2007, il mondo sembra ancora destinato a un gioioso boom globale, quando arriva il segnale premonitore.

L'origine è negli Stati Uniti, il primo scossone si registra in Europa. A Parigi la Bnp è costretta a congelare i rimborsi su alcuni fondi d'investimento perché il loro patrimonio investito in mutui subprime americani si è volatilizzato. Un incidente di cui la Bce intuisce la pericolosità: anziché chiudere per ferie l'istituto di Francoforte passa il Ferragosto 2007 a inondare i mercati di liquidità. E' un assaggio del ruolo di "pompieri" a cui le banche centrali saranno chiamate in una drammatica escalation che non ha precedenti storici (negli anni Trenta il loro ruolo fu più modesto).

Nel settembre 2007 è ancora l'Europa a subire un altro choc con il fallimento della banca inglese Northern Rock, il panico dei risparmiatori. Tecnicamente è nel dicembre 2007 che all'economia americana viene diagnosticato lo stato di recessione, e all'inizio sembra quasi soft: "Solo centomila posti di lavoro eliminati ogni mese", ricorda Christina Romer che dirige la squadra di consiglieri economici di Barack Obama.

Nel marzo 2008 fallisce la banca Bear Stearns a Wall Street, il suo cadavere viene ricollocato nelle braccia di JP Morgan Chase, con un aiuto pubblico che costa "soltanto" 30 miliardi di dollari al contribuente: sono spiccioli rispetto a quel che deve ancora accadere.

E' nel settembre 2008 che la crisi smette di essere normale, si avvita in una spirale folle, mette a repentaglio la stabilità del capitalismo mondiale. I due giganti dei mutui americani Fannie Mae e Freddie Mac, travolti dal crollo del mercato immobiliare, vengono salvati in extremis da un maxifinanziamento statale.

La bancarotta di Lehman Brothers a metà settembre porta il sistema finanziario globale al collasso. Le banche smettono di avere fiducia le une nelle altre, congelano ogni sorta di finanziamento, strangolano anche l'economia reale. E' il momento in cui i governi si accorgono di aver lasciato crescere una finanza-Frankestein, dei mostri bancari troppo grossi per essere lasciati fallire. L'America ancora governata da Bush vara un piano da 700 miliardi di dollari per salvare le banche ed evitare che Citigroup e Bank of America facciano la fine di Lehman.

La bocciatura di quel piano al Congresso, solo momentanea, fa misurare il baratro: il terrore dei mercati evoca il 1929. In Europa tremano i risparmiatori belgi per la crisi di Fortis; va in bancarotta uno Stato intero, l'Islanda; il rischio-paese fa vacillare la fiducia verso altri debitori sovrani: dai paesi dell'Est europeo a quelli mediterranei Italia inclusa. Londra nazionalizza la Bank of Scotland. L'allarme sociale - a quel punto l'economia americana sta distruggendo 700.000 posti al mese - contribuisce alla vittoria di Obama a novembre. E' il periodo dei vertici mondiali a ripetizione, G8 e G20 si susseguono, insieme alle consultazioni febbrili tra le banche centrali.

E' la fase delle misure estreme: il 12 dicembre 2008 la Federal Reserve inaugura il "tasso d'interesse zero". E' una conferma del rischio-deflazione, ed è un gesto disperato per arginare i crac bancari. Ma il costo del denaro a quota zero non basta. Visto che gli istituti di credito sono paralizzati dalla paura, le banche centrali si mettono a fare il mestiere dei banchieri privati, iniettano liquidità direttamente nell'economia, prestano alle imprese. Comprano titoli del Tesoro. 5.500 miliardi di dollari vengono messi in circolazione in queste terapie d'urto, tra la fine del 2008 e il marzo 2009.

Nel frattempo i due pesi massimi dell'economia mondiale hanno varato a tempo record due maximanovre di spesa pubblica: la Cina stanzia 560 miliardi di dollari nel novembre 2008, il Congresso di Washington approva lo "stimolo Obama" da 787 miliardi di dollari nel gennaio 2009. All'inizio quegli interventi sembrano insufficienti ma gli economisti avvertono: ci vogliono da sei a nove mesi perché abbiano effetto. Per una volta, sembra ci azzecchino.

L'altroieri la Federal Reserve ha annunciato che a ottobre cesseranno i suoi finanziamenti eccezionali. Lo storico dell'economia Nial Ferguson di Harvard fa un bilancio: "Onore al merito. La medaglia d'oro per avere evitato un'altra Grande Depressione va al banchiere centrale Ben Bernanke della Fed; la medaglia d'argento alla Cina; il bronzo a Obama la cui manovra di spesa ha salvato almeno 500.000 posti di lavoro". Come con il New Deal di Roosevelt negli anni Trenta, il capitalismo è stato salvato dalla scesa in campo dello Stato, con un dispiegamento eccezionale di risorse pubbliche.

E questa è una delle ragioni per cui, dopo una crisi eccezionale, anche la ripresa rischia di essere anomala. Che succederà a ottobre quando la Fed staccherà la "flebo" di liquidità abbondante che ha inserito nelle arterie dell'economia reale americana? Chi sostituirà il ruolo dello Stato, per sostenere la crescita? Non sembrano pronti a riprendere quella funzione di locomotiva della crescita i consumatori americani. Proprio ieri si è appreso che le loro spese a luglio sono scese di nuovo (dello 0,1%) nonostante lo stimolo della "rottamazione" agli acquisti di automobili.

Si capisce la prudenza delle famiglie americane, che riscoprono dolorosamente le virtù del risparmio. Tanto più che i deficit pubblici colossali prima o poi si tradurranno in rigore, austerità, strette fiscali. Lo spettro della bancarotta nelle finanze locali costringe molti Stati Usa a seguire l'esempio della California: licenziamenti dei dipendenti, tagli ai servizi essenziali.

Uno studio dell'economista Kenneth Rogoff sull'impatto delle passate crisi finanziarie arriva alla conclusione che la disoccupazione continuerà a salire per almeno altri due anni e mezzo. Lo conferma un'analisi della Federal Reserve, disponibile sul suo sito ufficiale: "Ci vorrà un intero decennio per tornare a un livello di occupazione pre-crisi".

E' questa la "ripresa visibile solo nelle statistiche", ma non nel tenore di vita, che fa paura a Obama. E spiega la sua prudenza nel commentare l'ultimo dato sul Pil americano, sceso solo dell'1% nel trimestre aprile-luglio contro il meno 6% dei trimestri precedenti. Obama ha sottolineato che "la ripresa non è reale finché si continua a licenziare". Il Wall Street Journal ieri elencava le "dieci città che muoiono più rapidamente": i grandi centri da Cleveland a Detroit, decimati dalle ristrutturazioni industriali.

C'è chi avverte, come l'economista Nouriel Roubini, che una ricaduta è ancora possibile. La probabilità viene stimata al 20%. Anche se dovessimo evitare la famigerata "doppia v" (cioè il ciclo recessione-ripresina-nuova recessione a breve distanza), nessuno riesce a credere in una uscita brillante da questa crisi.


Il monito dei banchieri: giù le mani dal bottino!
di Ilvio Pannullo - Altrenotizie - 14 Agosto 2009

È di questi giorni la polemica tra il Ministro dell’economia Giulio Tremonti e il presidente della BCE Jean Claude Trichet. L’oggetto della controversia è rappresentato dall’esplicita volontà del governo italiano di voler tassare l’oro di proprietà di Bankitalia. L’atto, di per sé insignificante dal punto di vista economico, trattandosi di soli 300 milioni di euro - che nulla sono se paragonate al mare del nostro debito pubblico - molto probabilmente vuole avere un significato politico: cercare di coinvolgere altri governanti europei in una battaglia contro lo strapotere della BCE. Non nuovo a questo tipo di uscite (si ricordi su tutte l’intervista rilasciata all’ex direttore Riotta, in diretta al TG1, il 6 marzo 2009) il Ministro Tremonti, con il suo comportamento, sembra indicare dove debba indirizzarsi l’attenzione del pubblico in merito al chi abbia causato questa crisi e, dunque, sul chi debba essere chiamato a risolverla, pagando il dovuto per gli errori commessi fino ad oggi.

La proposta è di quelle che fanno tremare i polsi. Si vorrebbe far cassa aumentando la tassazione sull’oro di proprietà di Bankitalia. Quell’oro, cioè, che ingenuamente si pensa appartenere al popolo italiano, ma che nei fatti è di proprietà delle banche private proprietarie del capitale sociale dell’istituto. Diversamente il problema della tassazione neanche si porrebbe. La cosa, dunque, si fa subito seria. "Guai a tassare le riserve auree" tuona l’arcigno Trichet. Il grande usuraio è durissimo con l'Italia.

Il presidente della Bce non si fa attendere ed esprime, appena interrogato sull’argomento, una totale contrarietà all'ipotesi: “Pensiamo che una simile misura infrangerebbe i trattati comunitari". La Banca Centrale conferma ufficialmente il proprio giudizio “assolutamente e non ambiguamente negativo” sul provvedimento di tassazione delle riserve auree della Banca d’Italia, contenuto nell’articolo 14 del decreto legge fiscale varato dal governo e promulgato dal Capo dello Stato.

Il giudizio - che segue due bocciature scritte da parte della Bce - è stato ribadito dal presidente della Bce nella conferenza stampa seguita alla riunione del Consiglio direttivo che ha lasciato invariati i tassi d’interesse. “Confermo - ha detto Trichet rispondendo a una specifica domanda - che consideriamo che questo provvedimento di legge, la tassazione delle riserve auree della Banca d’Italia, fa sorgere preoccupazioni molto serie circa possibili violazioni delle normative comunitarie. E noi abbiamo un’opinione non ambiguamente negativa su questa legge. È la conferma di ciò che abbiamo già affermato”.

Trichet, comunque, almeno un po' di prudenza nelle sue dichiarazioni l'ha mostrata, affermando di non sapere se sarà fatto ricorso contro la norma italiana, visto che prevede il preventivo assenso della BCE e di Bankitalia. "Non voglio ipotizzare niente per il futuro - ha aggiunto - vedremo cosa succederà". Di fatto, affermando questo, il Governatore peraltro ricorda a se stesso come il ricorso sarebbe perso in partenza perché non potrebbe essere dimostrata la violazione dell'autonomia delle due istituzioni finanziarie, se queste devono dare il proprio assenso affinché alla norma possa essere data esecutività. Ma si sa: quando gli si tocca il bottino l’usuraio fa fatica a controllarsi. Si potrebbe dire che se, da una parte, Tremonti ci ha provato, Mister Papi, dall’altra, si è mostrato decisamente più realista, non essendo nelle possibilità di sostenere un pieno scontro con le istituzione monetarie europee.

La riunione del board Bce era stata convocata, tuttavia, per decidere sui tassi. La scelta di lasciarli invariati era quella attesa. L'attuale livello, ha spiegato Trichet "è appropriato". Il tasso sulle principali operazioni di rifinanziamento resta quindi all'uno per cento; il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginali resta all'1,75 per cento, mentre il tasso che la stessa Bce pratica sui depositi di breve termine che detiene per conto delle banche commerciali resta allo 0,25 per cento. La situazione è però decisamente meno tranquilla, da come la descrive l’attuale quiete che pare regnare in cima alla torre d’avorio da cui i banchieri decidono le sorti delle economi europee.

In Italia, ad esempio, a giugno l'indice della produzione industriale destagionalizzato ha segnato una diminuzione dell'1,2% rispetto a maggio mentre la variazione congiunturale della media degli ultimi tre mesi,a confronto con quella dei tre mesi precedenti, è pari a -3,9%. Lo comunica l'Istat, spiegando che il risultato grezzo, rispetto allo stesso mese del 2008, registra un calo del 19,7%. Depurato dagli effetti di calendario il calo tendenziale segna -21,9%. Sempre nel confronto su base annua, l'indice grezzo relativo al primo semestre del 2009 risulta in diminuzione del 22,2% mentre quello al netto degli effetti di calendario del 21,5 per cento. Sono dati che non lasciano molta speranza e disegnano un futuro nerissimo per il nostro paese. Lo stesso paventato scenario di ripresa potrebbe non riguardare l’Italia, da sempre periferia di questo nostro mondo globalizzato.

Non mancano ovviamente i soliti mantra di sempre. “La fiducia sta migliorando”, osserva Trichet, ma è meglio restare prudenti. La macchina ha infatti dimostrato di non essere perfetta e di potersi rompere con conseguenze imprevedibili o parzialmente imprevedibili anche per i più esperti del mestiere, come insegnano i grandi nomi della finanza e del mondo bancario caduti in questa grande crisi. Trichet non esclude il rischio di una "potenziale bassa crescita per un prolungato periodo" nell'Eurozona, ma non considera "giustificate" ulteriori misure di stimoli di bilancio.

In uno scenario tanto deteriorato proposte come quella del governo italiano potrebbero essere molto pericolose. Non tanto perché potrebbero portare nocumento economico alle casse degli istituti emettitori di moneta, ma piuttosto per il semplice fatto che potrebbe fungere da faro, da apripista per altre iniziative analoghe ed aumentare, di conseguenza,l’attenzione sull’argomento.

La chiamata alle armi del fedelissimo vassallo del sovrano d’Italia non ha sortito, tuttavia, effetto alcuno. Niente di niente. Il cavallo di Troia voluto da Tremonti sta lì in attesa di qualcosa che non sappiamo ancora se avverrà o meno. Ma nessuno è uscito a combattere finora e l'aria di battaglia c'è solo nella testa di qualche tifoso. Se ci sarà battaglia, questa avverrà con l'acuirsi della crisi. Perché questo è l'oggetto del contendere, come uscire da questa maledetta crisi cui dobbiamo il meno 6% del Pil rilevato oggi dall'Istat. E nonostante le rassicurazioni dell'Ocse, qui tira una brutta aria, difficile da interpretare con i comuni metodi d’indagine, che tanto sono stati fallaci nei mesi precedenti.


Furgoncini da esecuzione: la soluzione al problema bancario americano di Mark Ames - The Exiled - 6 Marzo 2009
Traduzione di Gianluca Freda per http://blogghete.blog.dada.net/

“Così tanti banchieri corrotti e così pochi tavoli per l’iniezione letale”.

Quante volte avete sentito questa frase negli ultimi tempi? Già, è una lamentela comune nell’America di oggi. In questo difficile periodo economico, abbiamo un sacco di giustizia da somministrare alla gente che ha distrutto le nostre vite. Ma non abbiamo molti soldi per farlo, e neppure vogliamo contribuire al riscaldamento globale. Come risolvere tutti e tre questi problemi? Come possiamo mettere a morte tutti i banchieri e i loro leccapiedi senza svuotare i nostri portafogli o alterare il delicato equilibrio di GAIA? La risposta è “made in China”: una flotta di nuovissimi furgoncini per esecuzione mobile che possono rendere gli incombenti arresti di massa in America efficienti, puliti ed economici. Diciamocelo: perché mai noi contribuenti dovremmo tenere vivi questi criminali in lussuose prigioni dotate di TV, pagando i loro “diritti dei detenuti” e i costi delle infinite udienze d’appello?

E ai nostri diritti chi ci pensa, eh? Chi provvede a noi, che siamo le vittime? Pare che il cosiddetto sistema giudiziario si preoccupi più dei diritti dei criminali che di quelli delle vittime! Noi vogliamo che i banchieri e i loro sostenitori vengano processati, condannati e messi a morte nel modo più rapido, ecologico ed economico possibile. Oggi, dopo anni che questi plutocrati delocalizzano in Cina il lavoro americano, possiamo finalmente dire che una camera della morte in grado di giustiziare un banchiere mentre si dirige a tutta velocità verso la banca successiva, è qualcosa che vale la pena di comprare. E’ economica, affidabile e fottutamente divertente!

Proprio così, i cinesi ci stanno finalmente ripagando per tutti i posti di lavoro che gli abbiamo regalato offrendoci la perfetta unità mobile da esecuzione per questi difficili tempi di Nuova Grande Depressione. La camera da esecuzione mobile si chiama “Jinguan Automobile” e viene prodotta nelle province di Jiangsu e Shandong. La si può acquistare ad un prezzo ragionevole, compreso nella fascia tra i 37.000 e i 75.000 dollari, che è nulla se pensate a quanti soldi potremo risparmiare in spese legali per i processi d’appello, senza contare il vitto e alloggio di questi assassini seriali nelle loro prigioni di lusso.

Detto in altri termini: se poteste riavere solo i 3,6 miliardi di dollari dei contribuenti che i banchieri della Merrill Lynch vi hanno rubato nel dicembre scorso per pagarsi bonus illegali mentre la compagnia andava a picco, potreste usare quel denaro per acquistare 100.000 furgoncini da esecuzione. Dite che non rivelerebbero mai chi ha ricevuto quei pagamenti? No problem: appena sentiranno avvicinarsi il Bus della Morte, potete scommettere che quei banchieri inizieranno a squittire e ad accusarsi l’un l’altro in un batter di ciglia. Ma troppo tardi: si succhieranno lo stesso una bella endovenosa di veleno.

L’efficienza prima di tutto: 100.000 di questi furgoncini potrebbero giustiziare una quantità di banchieri, consiglieri strapagati, giornalisti, accademici, politici nel giro di pochi mesi. L’America diverrebbe un luogo assai più sicuro, più pulito e più economico in cui vivere. Infinitamente più economico, il che per noi già basta e avanza.

Ma aspettate, non è tutto: non solo è economico, rapido ed efficiente, ma anche ecologico! Già, perché i cadaveri dei banchieri giustiziati possono essere riciclati e riutilizzati da cittadini più responsabili. Come i cinesi hanno ben presto scoperto, gli organi dei banchieri, bulbi oculari e varie estremità, possono essere raccolti, immagazzinati e distribuiti ai proprietari di casa americani privi di assicurazione sulla salute. Ogni parte dei banchieri e dei membri dei loro think-tank, dopo l’esecuzione, può essere reintrodotta nell’ecosistema, facendo risparmiare denaro ai contribuenti, migliorando la qualità delle loro vite e salvando una o due civette maculate. Come direbbe il nostro amico Zach Wamp, quegli organi non sono un diritto, sono un privilegio. Ecco come un esperto descrive queste macchine della morte eco-friendly:

“Le iniezioni lasciano intatto il cadavere e sono eseguite sotto assistenza medica. Gli organi possono essere “espiantati in maniera più rapida ed efficace di quanto non avvenga in caso di esecuzione per fucilazione”, afferma Mark Allison, ricercatore di Amnesty International per l’Asia Orientale operante a Hong Kong. “Abbiamo raccolto una quantità di prove che evidenziano il coinvolgimento della polizia, dei tribunali e degli ospedali (cinesi) nel traffico d’organi”.

Ehi, Amnesty, grazie per la dritta! Vedete amici, questi piagnucolanti liberali al soldo dell’elite non difendono sempre i criminali a scapito degli innocenti. Ci forniscono anche valide informazioni di cui possiamo fare buon uso!




Il miliardario cinese Yuan Baojing, recentemente giustiziato in un furgoncino per le esecuzioni. Gli americani sono forse così impauriti dalle loro elite da non saper essere all'altezza della giustizia cinese?

Ecco allora come funziona: ogni veicolo per esecuzione mobile è lungo da 6 a 9 metri e può viaggiare fino a 130 km/h, il che significa che queste macchine della morte semoventi eliminano i criminali alla massima velocità! I furgoncini sono divisi in tre sezioni: abitacolo di guida; zona di osservazione a metà del veicolo, con un finestrino che divide gli spettatori (fino a un massimo di 6) dalla camera di esecuzione; e infine la camera di esecuzione in coda al veicolo, con finestrini oscurati (noi potremmo anche farli trasparenti, nell’interesse della trasparenza) che impediscono la visione del tavolo per l’iniezione letale e con posti a sedere per il medico e le guardie, insieme a una serie di strumenti per la sterilizzazione dei macchinari e a un lavandino (Noi potremmo tagliare anche i costi della sterilizzazione: di cosa si preoccupano, che il cadavere si prenda un’infezione?).

Dall’epoca in cui la Ford Model T uscì dalle catene di montaggio, non è più esistita una “automobile del popolo” così perfettamente adeguata ai tempi. In effetti, i banchieri della Morgan Stanley, che hanno mandato in bancarotta la Ford per ottenere rapidi profitti, sarebbero perfetti come “volontari per il riciclaggio” in una campagna promozionale che mostrasse a tutti come si amministra la giustizia in America.

Pensate alle possibilità: con i soli fondi che i banchieri della Merrill Lynch ci hanno rubato, potremmo mettere 100.000 furgoncini da esecuzione sulle strade d’America. Ciò vuol dire una camera da esecuzione mobile ogni 3.000 americani, che dovrebbe essere sufficiente. Potremmo ingaggiare un’agenzia di marketing per decorare i furgoncini con scritte e immagini che esemplifichino il servizio reso alla collettività. Ad esempio “Riciclaggio Bancario” o “Unità di Raccolta Rifiuti Tossici” o anche “Acquistato con contributi volontari”. Gli autisti dei furgoni potrebbero personalizzarli con immagini di loro gradimento. Ad esempio dandogli il nome di noti criminali della Nuova Grande Depressione. Guardate, Bobby ha chiamato il suo furgoncino “Madoff Mobile”! E Juanita ha chiamato il suo “Betsy Buggy” in onore di Betsy McCaughey!

Sì, amici americani, oggi possiamo immaginare questo meraviglioso futuro: 100.000 Furgoni per Riciclaggio Bancario, alimentati da motori elettrici eco-compatibili, che pattugliano lentamente i sobborghi finanziari di questa grande nazione, da Manhattan, a Boston, a Chicago, a San Francisco... che suonano i loro clacson giustiziali mentre attraversano folle di banchieri in fuga, esibendo smile che recitano “Il benessere dell’America è più importante dei miei osceni profitti”... un “Betsy Buggy” scivola placidamente tra le ville di West Hartford, Back Bay, Chevy Chase, e Pacific Heights, suonando un divertente motivetto da gelataio per non spaventare i bambini, mentre papà banchiere e mamma amministratrice delegata vengono trascinati all’interno per un appuntamento con la giustizia... Perciò ricordate, se volete un po’ di sana giustizia, fate un colpo di clacson! E fatene due se vedete un banchiere che cerca di nascondersi: vi garantiamo che i nostri Veicoli da Riciclaggio si occuperanno del problema con un sorriso!


A che punto è la crisi? Dare ai ricchi e reprimere i poveri
di Antonella Randazzo - La Nuova Energia - 8 Agosto 2009

Non si può capire il corso della crisi finanziaria ed economica attuale se non si considera il pianeta nel suo complesso. Infatti, a seguito della cosiddetta “globalizzazione”, le sorti dei paesi del mondo sono strettamente intrecciate, e ciò che accade in un luogo influisce su altri.

In generale si può dire che le autorità hanno approfittato del momento di crisi per rafforzare il sistema alimentando la sua base di potere: le banche. In altre parole sono state sottratte altre risorse ai popoli, peggiorando la situazione di quasi tutti i paesi del mondo.

La ricetta anticrisi è stata resa chiara da Gordon Brown (1), che disse di attuare la “ricapitalizzazione delle banche e delle società in difficoltà”, ovvero che tutti i cittadini dovevano accollarsi quei debiti, senza averne alcun vantaggio e accrescendo a dismisura il debito pubblico.

Si cerca dunque di intervenire sempre all’interno del sistema, ovvero rafforzando le vecchie strutture che hanno causato la crisi.

Aiutare le banche e le grandi industrie non risolve i veri problemi, anzi li peggiora. Si accresce ancora di più il debito pubblico, riproponendo le stesse dinamiche di saccheggio precedenti.

Le sceneggiate dei vari G8 o G20 nascondono le uniche risposte possibili da chi lavora per il sistema stesso: soldi ai soliti noti e repressione dei popoli che non ci stanno.

Il Pentagono prevede per il prossimo anno una spesa più alta del 4%, e anche la Cina e la Russia avrebbero deciso di aumentare il bilancio militare.

I paesi che risentono meno della crisi sono quelli che hanno preso le distanze dal potere statunitense e stanno agendo in modo relativamente autonomo, come il Venezuela e la Bolivia.

Molti paesi del Sud America oggi hanno un Pil uguale a 0 oppure negativo. La disoccupazione cresce anche perché ne risente non poco il settore turistico e c’è la caduta dei consumi. Con la povertà crescono la criminalità e le proteste, e cresce la militarizzazione. Da tutto questo le corporation statunitensi che producono armi traggono grossi profitti, se si pensa che almeno il 90% delle armi usate dai cartelli della droga messicani sono prodotte dagli Usa.

In Honduras, le autorità statunitensi hanno finanziato l’ennesimo colpo di stato contro un presidente regolarmente eletto.
Ma non siamo più agli anni Settanta dello scorso secolo. Oggi tutti sanno chi organizza i golpe. Gli honduregni non accettano la dittatura, e stanno facendo di tutto per rimettere al governo Manuel Zelaya.

Oggi, dopo i golpe, i popoli fanno sentire la loro voce, e i media locali denunciano quello che sta accadendo. Non c’è più pericolo che si pensi che gli Usa non c’entrino niente, dato che tutti sanno che sono proprio loro a produrre quelle armi e ad addestrare i golpisti. Inoltre, alcuni paesi non esitano a mettersi dalla parte del legittimo presidente. Infatti, il presidente boliviano Evo Morales e quello del Venezuela Hugo Chávez hanno condannato il colpo di Stato in Honduras e auspicato il ritorno della democrazia.

L’alternativa Bolivariana per le Americhe (ALBA) è sempre più forte, e accoglie sempre nuovi paesi. Il 24 giugno scorso si è svolto un incontro straordinario per accogliere Ecuador, Antigua & Barbados e St. Vincent. Durante l'incontro è stata letta una dichiarazione di sostegno al presidente Zelaya.

L’Honduras è praticamente un paese occupato dagli Usa, sia economicamente che militarmente, con la base militare di Soto Cano, che ospita centinaia di soldati e molti aerei ed elicotteri da combattimento.
Con il golpe si vuole allontanare l'Honduras dai paesi dell’ALBA.
Oggi (agosto 2009), la lotta degli honduregni contro la dittatura prosegue, appoggiata da altri popoli.

Dunque, esistono molte persone che vogliono creare un assetto diverso, di tipo bolivarista o islamista. Per questo motivo, le truppe imperiali hanno un bel da fare ad intervenire nelle zone più “calde”, in Sud America, Medio Oriente, e in alcune zone dell’Africa e dell’Asia.

In particolare, sul fronte Anti-islamista, i somali, i pachistani, gli afgani e i palestinesi stanno patendo un'escalation militare che per molti significa morte. Anche in Sud America sono molti i paesi perseguitati dall’impero nel tentativo di impedire l’emancipazione politica ed economica. Ricordiamo in particolare il Messico e la Colombia, la cui popolazione subisce un livello di militarizzazione incredibile.

In queste militarizzazioni o guerre non muoiono soltanto “terroristi” o “narcotrafficanti”, come dice la Televisione. Muoiono persone comuni, che hanno l’unica colpa di non volere un sistema tirannico e opprimente (si veda http://www.disinformazione.it/significato_terrorismo.htm).

Negli ultimi anni le truppe statunitensi hanno addestrato personale militare e stipulato accordi con le autorità locali per poter tenere sotto controllo i gruppi che non accettano un potere iniquo. Ad esempio, Washington e Colombo hanno firmato l’“Access and Cross Servicing Agreement”, che permette alle unità della Marina e dell’Aviazione statunitense di utilizzare le infrastrutture dello Sri Lanka. Questo ha dato il via ad interminabili bombardamenti a tappeto, che hanno ucciso molte persone. Per aggravare la situazione, l’esercito ha impedito anche all’ONU e alla Croce Rossa di aiutare la popolazione civile.

Contro chi sono le guerre? Contro “talebani” o “terroristi” come vi dicono? Dobbiamo credere che esistano sparuti gruppi di arabi fondamentalisti che irragionevolmente si mettono contro chi ha una forza militare senza pari? E come mai questi pazzi avrebbero tutto questo bisogno di morire prima possibile?

La verità è che non si tratta di sparuti gruppi di “terroristi” ma di persone, molte persone, in alcuni casi (come l’Iraq e l’Afghanistan) di interi popoli oppressi che cercano di uscire dall’oppressione. Non sono pazzi a sfidare il potere imperiale, poiché la lotta può coincidere con la stessa possibilità di sopravvivenza. Ovvero, nei paesi del Terzo mondo sopravvivere significa ormai sbarazzarsi di quel gruppo di potere che costringe alla fame e alla miseria. In molti casi, più che una lotta per la libertà è una lotta per la sopravvivenza.

Per giustificare guerre e repressioni, cercano di intrufolare Al Qaeda dappertutto.
In Afghanistan, anche i nostri soldati uccidono persone, anche bambini, ma non viene detto, come se quelle vite fossero senza valore. Gli afgani sanno benissimo da che parte stanno gli italiani, e non li amano, anche se la nostra propaganda vuole farci credere il contrario. Voi amereste chi si installa a casa vostra e vuole che accettiate le sue regole sennò vi uccide? E i loro complici li amereste?

Per alcune grandi società la “crisi” è stata come una nanna dal cielo. Ad esempio, la Finmeccanica ha avuto nel 2008 una crescita del 32% rispetto all'anno precedente. I più richiesti sarebbero gli elicotteri (+28%), in particolare i micidiali elicotteri da guerra di Agusta Westland, gli A129 "Mangusta" o i "Combat".
Quest’anno il nostro paese ha firmato con la Direzione Generale degli Armamenti Aeronautici (Armaereo) del gruppo Finmeccanica Agusta Westland un contratto per la fornitura all'esercito italiano di ben 16 elicotteri CH47F "Chinook" del costo di 900 milioni di euro.

Avete capito bene, le nostre autorità piangono miseria e stanno costringendo gli italiani a vivere in condizioni sempre peggiori per pagare armi, aerei da guerra e “missioni” militari all’estero, oltre che per ingrassare le tasche dei soliti noti attraverso la truffa del debito.
Ecco qual è la vera risposta alla crisi, oltre al saccheggio chiamato “aiuti alle banche” c’è anche la risposta militare con relative spese.

Si parla di “potenze economiche emergenti dell'Asia”, in particolare la Cina, senza considerare che lo sviluppo di questo paese è inserito all’interno della dinamica economica globalizzante. Ovvero, la Cina serve per vendere macchinari e per produrre a costi ridottissimi. La Cina è anche utile per contrapporre un’altra potenza al vecchio imperialismo di stampo statunitense, e per avere qualcuno da accusare di antidemocrazia, decantando le lodi alla democrazia occidentale.

Pochi tengono conto del fatto che il miracolo asiatico è basato sullo sfruttamento di milioni di lavoratori, e sulle repressioni durissime contro chiunque protesti. Ovviamente, con la crisi, le esportazioni sono cadute, producendo alcuni fallimenti e l’aumento della disoccupazione.

Il presidente cinese Hu Jintao, ha detto che sia la Cina che gli Usa sono vicine e ''condividono il peso di importanti responsabilità in tutti i campi per far fronte alla crisi internazionale''.
E’ chiaro però che, avendo la Cina un credito astronomico verso gli Usa, deve rassicurare gli investitori ma non ignora di certo che in futuro le cose fra i due paesi potrebbero cambiare, non essendo la Cina disposta ad investire in qualcosa che non conviene più. Il capo di governo cinese Wen Jiabao ha dichiarato al “Telegraph”: “vorrei fare… appello agli Stati Uniti perchè onorino la loro parola e rimangano una nazione credibile e assicurino la sicurezza degli investimenti cinesi”.

Gli Stati Uniti non hanno più quella credibilità e quel prestigio che avevano qualche decennio fa, e oggi si trovano in bilico, come se dovessero crollare da un momento all’altro. Il crollo sarà definitivo quando i popoli non riconosceranno più alcun valore al dollaro. Questo crollo, sembrerebbe inevitabile prima o poi, e cambierà notevolmente la situazione globale a favore di chi oggi cerca di liberarsi dall’oppressione imperiale.

E in Europa cosa sta accadendo?
In Grecia le autorità hanno cercato di creare un forte razzismo contro gli immigrati, per fare sfogare la rabbia accumulata dai cittadini a causa del grave impoverimento. Si è cercato di creare odio verso la comunità islamica, che in qualche occasione è stata repressa dalle forze dell’ordine. Secondo alcuni, addirittura, sono stati rispolverati gruppi di estrema destra collusi con le forze di polizia, per assaltare migranti (com’è avvenuto a maggio) e creare separazione e odio.

Come anche nel nostro paese, si vuole creare una netta divisione fra autoctoni e immigrati, in modo tale che le persone siano distratte dalle vere cause dei loro problemi e si sfoghino in altro modo piuttosto che attivare vere e proprie lotte contro il sistema.

Paesi come la Francia, il Belgio e la Gran Bretagna stanno vivendo una durissima stagione di proteste. Si lotta per il posto di lavoro, contro il precariato o per i minimi diritti che si sono persi nel processo di “privatizzazione e tagli alla spesa pubblica”.

Qualche mese fa si agiva con il metodo dei rapimenti. Ovvero, i lavoratori rapivano quei personaggi del “middle management”, che avevano “ristrutturato” licenziando.
Nel periodo marzo-aprile si sono avuti diversi casi del genere.

Ad esempio, gli operai dello stabilimento di Grenoble della Cat produttrice di macchinari per costruzione, che aveva licenziato più di settecento persone, hanno sequestrato quattro dirigenti, per chiedere il mantenimento del posto di lavoro. E’ stato interpellato persino Sarkozy per risolvere la questione.

In Belgio una ventina di lavoratori FIAT della concessionaria di Chaussée de Louvain, il 9 aprile scorso hanno preso in ostaggio per cinque ore tre dirigenti, per protestare contro la chiusura del reparto riparazioni della officina di Bruxelles-Meziers.

Si tratta senza dubbio del degenerare di una situazione molto grave, che richiederebbe ben altre strategie se si fosse in un contesto veramente democratico. I politici e i sindacalisti dovrebbero trovare soluzioni, ma questo non avviene. I lavoratori sono sempre più soli e con sempre meno diritti, e possono reagire in modo disperato.

In Gran Bretagna addirittura c’è chi chiede ai lavoratori di lavorare gratis. Infatti, da recente, l’azienda British airways ha chiesto ai suoi dipendenti di lavorare gratis per un periodo. Ma chissà perché questo non viene mai chiesto ai dirigenti di alto livello, che intascano stipendi milionari.

In Italia Berlusconi e i suoi compari si vantano di occuparsi di chi sta ai livelli medio-bassi di reddito, congegnando soluzioni come il togliere l’Ici o la “social card” (che spesso è vuota). Si tratta ovviamente di palliativi ridicoli, in un paese in cui è stato legalizzato lo sfruttamento lavorativo e un piccolo gruppo di persone si arricchisce sull’impoverimento di tutti gli altri. In questi mesi il livello di disoccupazione sta crescendo notevolmente, e nessun politico sta offrendo soluzioni serie.

Alcuni autori sono convinti che la “crisi” è stata creata ad oc per timore che i popoli possano acquisire nuove forze per abbattere il sistema. Lo stesso Samuel Rothschild, nel giugno 2008 confessava al “Financial Times”:
Il Credito crea denaro… Comunque, visto che denaro e potere sono sinonimi, e visto che il potere dovrebbe essere concesso in modo selettivo, anche lo scopo del prestito merita considerazione. Il recente ‘panico bancari’ è stato autoinflitto. I banchieri hanno abusato del loro privilegio di creazione del denaro… Un dollaro sottovalutato ed una enorme liquidità, scatenata da un eccesso di prestiti bancari, hanno fornito la scusa per la bolla speculativa del petrolio, delle case, delle azioni e delle commodity”.

In molti casi non è il lavoro che manca, ma i liquidi, ovvero la “crisi” non è dovuta ad altro che al potere delle banche di dare o negare il denaro. Scrive il giornalista Tommaso Cerno: “Il dramma di molte aziende non sono nemmeno gli ordinativi… Sono i soldi liquidi che mancano. Nessuno paga più nessuno. E così si accatastano le merci, che non stanno più nei magazzini. Milioni di metri cubi di invenduto che rischia di restare tale”. (2)
Ovviamente, questo non potrebbe accadere se il nostro paese godesse di sovranità monetaria e non fosse più schiavo del clan dei banchieri.

Gli inglesi sono sempre più insofferenti verso governi che difendono soltanto gli interessi del gruppo egemone, e il potere reagisce male. Addirittura, nel maggio scorso, in occasione del G20, sarebbero stati utilizzati poliziotti per aizzare i manifestanti e poter reprimere, come oramai sembra accadere in quasi tutti i vertici dei paesi più “sviluppati”. Il fatto è stato messo in evidenza dal parlamentare Tom Brake, che ha raccontato di aver visto poliziotti in borghese che aizzavano i manifestanti contro i poliziotti. Brake accusa il Capo della Metropolitan Police, Sir Paul Stephenson, e afferma di poter provare quello che dice semplicemente mostrando i filmati video.

Un sistema che cerca di criminalizzare i dissidenti mettendo in scena le “sommosse” non può certo definirsi civile e democratico. Gli inglesi lo hanno capito già da tempo, e infatti sono molte le organizzazioni che lottano per i diritti umani e sono sempre meno i cittadini inglesi che vanno a votare.

A CHE PUNTO E’ LA CRISI ? - Parte seconda: Rivoluzione o Evoluzione?

Alcuni autori fanno notare che le crisi servono anche a rinnovare la paura e a produrre shock. Osserva la giornalista Naomi Klein:
“Sono ritornata all’origine della metafora della shockterapia e ho cominciato a leggere del suo uso nel contesto psichiatrico e nella tortura… ho visto come la Cia parla dell’importanza di mettere i prigionieri in stato di shock perché… non possono difendere i loro interessi, diventano infantili e regrediscono… Quindi ho cominciato a pensare a come fosse applicata su vasta scala. Lo sfruttamento della crisi e dello shock era stato usato molto consapevolmente dai liberoscambisti radicali… Milton Friedman scrisse nel 1982 ‘soltanto una crisi reale o percepita produce un cambiamento reale’ ed ammetteva che le sue idee e la sua visione di un mondo radicale e privatizzato non potessero essere imposte nell’assenza di una crisi… ma penso che nella maggior parte dei casi, non importa quello che si vuole realizzare, ma l’attitudine psicologica che prepara al disastro affinché quando la crisi colpirà si sarà pronti ad accettare quello che faranno”. (3)

In altre parole, il sistema attuale non potrebbe licenziare ad oltranza, dare molto denaro alle banche, oppure imporre una massiccia militarizzazione, se non ci fosse una “crisi”. Le crisi servirebbero anche a permettere alle autorità di far accettare cose altrimenti inaccettabili. Infatti, non è certo una soluzione militarizzare, dare soldi ai più ricchi o togliere il lavoro. La soluzione è togliere il potere a chi lo ha usurpato.

Qualche autore, dati alla mano, ha parlato di grave crisi dei diritti umani. Come emerge dai dati di Amnesty International, in molti paesi, con la scusa della “crisi”, non vengono rispettati i diritti umani. Spiega il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury:

“I diritti umani, già sacrificati in nome della ‘guerra al terrore’, sono stati nuovamente messi in secondo piano da questa nuova emergenza. La recessione, oltre a peggiorare le condizioni di vita, ha alimentato l'instabilità politica e la violenza di massa ed è stata usata per giustificare una dura repressione del dissenso: dall'Iran allo Zimbabwe, dal Guatemala alla Siria, dalla Turchia alla Cina. Il clima di insicurezza ha reso ancora più vulnerabili paesi che già vivevano gravi difficoltà, dall'Afghanistan, dove il clima di instabilità ha pregiudicato l'accesso al cibo, alle cure mediche e all'istruzione, al Pakistan, precipitato in una spirale di violenza.

Dobbiamo essere consapevoli che la povertà non è un accidente inevitabile ma il frutto di decisioni e politiche reversibili. La crisi che stiamo vivendo non è solo finanziaria, è una crisi dei diritti umani ed è proprio dai diritti umani che dobbiamo ripartire, nei diritti umani dobbiamo cercare la soluzione. Per queste ragioni abbiamo lanciato la nuova campagna ‘Io pretendo dignità’, per ridare dignità ai prigionieri della povertà, affinché possano cambiare la loro vita e diventare loro stessi attori di questo cambiamento”. (4)

Qualcuno si chiede quando scoppieranno le rivolte. Qualcun altro parla di “rivoluzioni creative” prendendo ad esempio quella fatta in diverse fabbriche argentine. Gli operai, senza alcuna violenza o protesta, sono entrati nelle fabbriche e hanno riavviato la produzione. Adesso, sotto controllo operaio, diverse fabbriche producono utili divisi equamente tra tutti i lavoratori.

In effetti, il gruppo di potere trema quando i popoli iniziano a credere in se stessi e prendono le redini della situazione. Non c’è bisogno di ideologie, di partiti o di guru, queste cose le hanno create le stesse persone che ci opprimono. C’è bisogno soltanto di credere in se stessi e di non sostenere più il vecchio regime.

Alcuni ritengono che il gruppo egemone e i suoi servi hanno paura e non sanno più cosa fare. Qualche autore fa notare che stanno succedendo molte cose, e che le lotte dei popoli non sono sempre fatte nella vecchia maniera.

Il giornalista e scrittore Paul Hawken, dopo aver fatto parecchie conferenze in molte parti del mondo, si è reso conto dell’esistenza di un movimento fatto di milioni e milioni di persone, che ha l’intento di cambiare il sistema attuale.
Non si tratta di un movimento di tipo tradizionale, esso ha dimensioni che nessun movimento ha mai avuto, e viene minimizzato dalle autorità per cercare di non far capire che il mondo di oggi è davvero diverso da quello delle altre epoche.

Spiega Hawken nel suo libro dal titolo “Moltitudine Inarrestabile. Come è nato il più grande movimento del mondo e perché nessuno se ne è accorto”:
“Quello che salta agli occhi è indiscutibile: aggregazioni coerenti, organiche, autorganizzate, che riuniscono decine di milioni di persone che operano per un cambiamento… Le persone non sempre sanno leggere e scrivere o sono istruite. Molti individui nel mondo sono poveri e soffrono di malattie croniche. Non sempre i poveri riescono a procurarsi il cibo giusto per un’alimentazione corretta e devono lottare per nutrire ed educare i loro figli.
Se persone con tali carichi riescono ad andare oltre le loro difficoltà quotidiane e agire con il chiaro scopo di combattere lo sfruttamento e operare per la ricostruzione, allora si sta preparando qualcosa di veramente potente… Curare le ferite del mondo e dei suoi abitanti non richiede santità o un partito politico, ma solo buon senso e perseveranza. Non si tratta di un’attività liberale o conservatrice, si tratta di un atto sacro. È un’impresa enorme che cittadini comuni, e non governi autonominati od oligarchie, stanno portando avanti in tutto il mondo… Secondo alcuni storici e analisti, i movimenti esistono solo quando possiedono un nucleo di credenze ideologiche o religiose. Inoltre, non esistono nel vuoto totale: un forte leader caratterizza qualsiasi movimento e spesso ne costituisce il fulcro intellettuale, anche dopo che è morto.
Il movimento che descrivo in questo libro, come ho già detto, non si riconosce in nessun leader e, di conseguenza, rappresenta un fenomeno sociale del tutto diverso… Il movimento nasce e si diffonde in tutte le città e paesi, comprendendo praticamente ogni tribù, cultura, lingua e religione, dai Mongoli agli Uzbechi ai Tamil. È formato da famiglie indiane, studenti australiani, agricoltori francesi, senzaterra brasiliani, bananere dell’Honduras, i ‘poveri’ di Durban, abitanti dei villaggi in Irian Jaya, tribù indigene boliviane e casalinghe giapponesi. I suoi leader sono agricoltori, zoologi, calzolai e poeti. Offre un sostegno e un senso a miliardi di persone nel mondo.

Questo movimento non può essere diviso, perché è estremamente frazionato, una raccolta di piccoli gruppi con collegamenti molto aperti… Immaginate l’esistenza collettiva di tutti gli esseri umani come un organismo, pervaso da attività intelligenti, risposte immunitarie dell’umanità per resistere e curare gli effetti di corruzione politica, economie malate e degrado ecologico, indipendentemente dal fatto che siano causati dal libero mercato, dalla religione o da ideologie politiche. In un mondo divenuto troppo complesso per ideologie restrittive, anche la stessa parola ‘movimento’ può risultare limitante per descrivere tale processo.

La scrittrice e attivista Naomi Klein lo chiama ‘il movimento dei movimenti’… Per la prima volta nella storia, un grande movimento sociale non è tenuto insieme da un ‘ismo’. Ciò che lo unisce sono le idee, non le ideologie. C’è una grande differenza fra le due: le idee fanno domande e liberano; le ideologie giustificano e comandano… Se esiste un sogno comune a tutto il movimento, malgrado la sua diversità, è quello di un processo: in una parola, la democrazia, ma non quella praticata e corrotta dalle multinazionali e dagli stati moderni”. (5)

Il libro di Hawken fa capire come i modelli ideologici del passato sono fallimentari. Queste ideologie sono state create da quelle stesse persone che hanno creato e proteggono il sistema.
Per cambiare occorrerebbe semplicemente "evolversi", ovvero impegnarsi in ciò che può produrre crescita individuale e collettiva.

Non dimentichiamo cosa è avvenuto il 30 novembre 1999 a Seattle, in occasione della Conferenza dei ministri del WTO. Un evento che ha fatto spaventare così tanto gli stegocrati (6) che al G8 di Genova, previsto per il 2001, hanno progettato una dura repressione. A Seattle si presentarono centinaia di piccole organizzazioni di cittadini provenienti da molte parti del mondo, per chiedere conto del comportamento del WTO. Non si trattava di “fanatici” o di estremisti violenti, come li hanno descritti i media, ma di persone comuni, insegnanti, agricoltori, operai, suore, studenti, ecc. che si stavano preoccupando per il futuro del pianeta e dell’umanità.

Non avevano qualche stramba ideologia, e non si opponevano certo al commercio, ma chiedevano che vi fossero regole che non piegassero i deboli ai più forti.
Istituti come il WTO, il Fondo monetario internazionale (FMI) e la Banca mondiale (BM) agiscono senza tenere in considerazione in nessun modo gli interessi dei popoli. Per loro fenomeni come la disoccupazione, la miseria o la morte per fame o non esistono oppure sono da minimizzare.

Non c’è mai alcuna responsabilità per le aberrazioni economiche prodotte dal modello che essi impongono. Economisti al soldo del potere considerano un mondo al contrario: in cui non sono le persone protagoniste ma le cose materiali, che devono essere gestite da colossi societari, dominati da una cieca e disumana avidità.

Chi manifestava a Seattle sapeva che alcuni meccanismi posti in essere dalla globalizzazione del commercio avrebbero fatto perdere “la resilienza economica, ovvero la capacità delle economie regionali di resistere a cicli di rapida crescita e di recessione. Inoltre, anche la sicurezza economica è scomparsa. Quando le comunità dipendono quasi interamente da fonti di produzione lontane migliaia di chilometri, se non addirittura continenti interi, esse diventano città fantasma delimitate da fastfood e giganteschi hard discount.” (7)

I nostri media vogliono convincerci che non sta succedendo veramente nulla di importante, e le nostre autorità ci inducono a credere che soltanto loro possono affrontare e risolvere i problemi, e intanto li peggiorano.

Una cosa è certa: non sarà lo stesso sistema che ha creato i problemi a tirarci fuori. Bisogna per forza fare qualcosa.
Cosa si può fare di concreto per prendere le distanze dal sistema? Molte cose. Ad esempio:

- Capire come il sistema manipola, ovvero come crea consenso e induce le persone ad agire contro i loro stessi interessi. Studiare testi che possono far capire questi meccanismi. Capire come noi stessi possiamo essere condizionati. NESSUNO E’ IMMUNE.

- Capire quali strategie finanziarie, economiche o mediatiche sta attuando il gruppo dominante, per avere ben chiari i casi di crimini contro persone o popoli. Ad esempio, capire che in Afghanistan si stanno chiamando tutti “terroristi”, anche la legittima resistenza.

- Capire i tentativi del sistema di impedire una maggiore consapevolezza usando la paura o altre tecniche. Ad esempio, capire che la recente emergenza pandemia è stata usata anche per generare paura e distogliere l’attenzione.

- Capire la singolarità storica del periodo in cui stiamo vivendo. A questo scopo occorre l’impegno di studiare libri indipendenti, che facciano capire la nostra vera Storia, quello che non ci è stato insegnato a scuola.

- Non sviluppare nessun atteggiamento fazioso o “sindrome del nemico”. Non c’è alcun vero nemico. Si tratta semplicemente di prendere atto di una situazione precisa: i popoli si sono deresponsabilizzati, affidandosi ad autorità esterne che hanno approfittato di questa situazione per creare una realtà funzionale al loro potere: hanno fatto credere ai popoli di essere impotenti e hanno suscitato paure e sottomissione, anche attraverso le tante ideologie architettate a questo scopo. Adesso si tratta di fare il processo inverso: responsabilizzarci e riprendere la sovranità che ci appartiene. E’ un processo che è già iniziato. Il semplice fatto di rendersi conto della situazione significa poter iniziare a cambiare.

- Praticare la disobbedienza civile in molti modi. Ad esempio non comprando prodotti di corporation criminali, oppure non dando alcun appoggio ai politici corrotti.

- Non preoccuparsi del giudizio altrui. Ci sarà sempre qualcuno che cerca di tacciare di eccessivo idealismo chi parla di cambiamento. E’ sempre successo così: chi vuole realizzare qualcosa di nuovo viene sempre all’inizio ridicolizzato. Ogni cosa nuova all’inizio appare strana o difficile da realizzare, ma se tutti rinunciassero non ci sarebbe mai alcun cambiamento. Bisogna anche tener conto che da secoli riceviamo condizionamenti che ci inducono a credere che le cose non cambieranno mai e che se cambieranno, sarà perché le autorità lo hanno voluto.

- Condividere con gli altri le conoscenze e la consapevolezza che abbiamo acquisito. Ovviamente, senza voler imporre niente a nessuno e senza serbare rancore verso chi la pensa diversamente.

- Non pretendere che tutti siano d’accordo su tutto, si può collaborare anche senza condividere tutto. Il punto principale è capire che occorre fare qualcosa per cambiare e che esiste un gruppo che cerca di portare avanti un sistema secolare che deve essere abbattuto perché produce miseria, guerre e crimini.

- Evitare di nutrire la mente con “spazzatura mediatica” come programmi televisivi di scarsa qualità o riviste di gossip. Al contrario, praticare attività sane, culturali sociali o artistiche.

- Approfondire il discorso sui movimenti portati avanti da nativi americani, persone del Terzo mondo o cittadini di altri paesi. Capire cosa sta avvenendo davvero nel mondo. Apprendere quello che la televisione non vi dirà mai.

- Abituarsi a pensare alla possibilità di un mondo diverso. Ad esempio, come suggerisce Hawken, chiedersi: “Quali sono le caratteristiche necessarie per la leadership, quando il potere si origina dal basso invece di scendere dall’alto? Che aspetto ha una democrazia in cui il potere non è detenuto da una minoranza? Cosa cerca un mondo in cui le soluzioni ai nostri problemi arrivano dal basso? Cosa accadrà se entriamo in una fase di transizione dello sviluppo umano, in cui ciò che funziona risulta invisibile, perché molti sguardi sono rivolti al passato? Cosa accadrà se alcuni valori fondamentali vengono nuovamente diffusi in tutto il mondo e incoraggiano complesse e significative reti sociali che rappresentano i governi futuri?”

Molti attivisti per i diritti umani sono stufi di essere etichettati o di passare per matti soltanto perché si sono accorti che il sistema si basa sul crimine e non lo accettano. Non è matto chi denuncia i crimini ma chi cerca di non vederli o accetta un sistema così iniquo.
Cambiare è il diktat del futuro dell’umanità, e continuare a negare l’evidenza dei fatti significa diventare complici di criminali.

Teniamo conto che i cambiamenti non possono avvenire di colpo: è necessario che prima avvengano dentro di noi. Non si può certo cambiare la realtà senza prima cambiare se stessi.
Ricordiamo che la base del vecchio potere era proprio la manipolazione mentale, e dunque soltanto uscendo da questa manipolazione potremo concepire una realtà diversa, non più dominata da personaggi corrotti e disposti a tutto per proteggere privilegi e potere.
Occorre dapprima concepire i cambiamenti, ovvero credere possibile una realtà in cui sono le persone comuni a detenere la sovranità politica e monetaria, e non la perdono a favore di partiti o istituzioni truffaldine.

Credere nel cambiamento è importante, anzi fondamentale. Non può certo cambiare una persona che si crede incapace di farlo, e non può migliorare la realtà chi si crede impotente.
Per dirla con Hawken, “Nel bene e nel male, occupiamo oggi un pianeta umano, e guidiamo molte delle sue forze evolutive… Le azioni umane influiranno sul destino di tutti gli esseri viventi, perché non esiste un luogo sul pianeta da cui le nostre attività sono assenti… L’evoluzione è ottimismo in azione”.

NOTE

1) Discorso tenuto da Gordon Brown il 13 ottobre 2008 alla City di Londra.
2) http://novoordo.blogspot.com/2009/07/la-crisi-finanziaria-mette-la-strizza.html
3) http://www.youtube.com/watch?v=GIhcfVePAoE&eurl=http%3A%2F%2Fwww%2Ementereale%2Ecom%2F&feature=player_embedded
4) http://it.peacereporter.net/articolo/16002/%27Questa+%26egrave%3B+una+crisi+dei+diritti+umani%21%27
5) http://www.moltitudineinarrestabile.it/
6) Per capire il concetto di “stegocrate” si veda http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/03/lipotesi-stegocratica-parte-prima-il.html e http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/03/lipotesi-stegocratica-parte-seconda.html
7) http://www.moltitudineinarrestabile.it/

PER APPROFONDIRE

Abbate Carmelo, “La trappola: come banche e finanza mettono le mani sui nostri soldi (e come non farsi fregare dalla crisi)”, Piemme 2008.
Hawken Paul, “Moltitudine Inarrestabile. Come è nato il più grande movimento del mondo e perché nessuno se ne è accorto”, Edizioni Ambiente, Milano 2009.
Klein Naomi, “Shock Economy. L'ascesa del capitalismo dei disastri”, Rizzoli 2007.
Klein Naomi, “No Logo. Economia globale e nuova contestazione”, Baldini Castoldi Dalai, 2007.