E c'è chi parla addirittura anche di una parziale fusione del nocciolo.
Ovviamente le autorità giapponesi minimizzano dichiarando che il livello delle radiazioni non è ancora dannoso per l'uomo, ma ormai non ci crede più nessuno. A partire dalla Borsa di Tokyo che oggi ha registrato un crollo del 10,55%, il terzo maggior ribasso di sempre.
E mentre in Europa si comincia a mettere in discussione l'energia nucleare - in primis la Germania che oggi ha deciso di chiudere le due centrali più vecchie e di sospendere per tre mesi il previsto prolungamento della vita dei 17 impianti nucleari -, in Italia invece i peracottari che ci ritroviamo al governo e tutti gli altri incompetenti in materia continuano a pontificare sulla modernità e sicurezza delle centrali che verranno costruite nel Paese, dimenticando inoltre di aggiungere che al massimo verrà coperto solo il 4% del fabbisogno energetico. Tra 20 anni poi...
Ancora una volta quindi la meschina piccineria italiota, mista a pura ignoranza e incompetenza, tocca l'ennesima vetta inesplorata...
Giappone, nucleare, "chi rassicura racconta bugie"
di Fabio Ghelli - Peacereporter - 14 Marzo 2011
Intervista a Hideki Ban, leader del movimento antinucleare
Hideyuki Ban è un attivista del movimento antinucleare giapponese, leader del Citizen's Nuclear Information Center (Cnic). Domenica, in una conferenza stampa, ha sostenuto che nonostante le rassicurazioni del suo governo e della Tokyo Electric Power Company (Tepco), è necessario monitorare costantemente l'area attorno la centrale di Fukushima e aggiornare la popolazione con trasparenza.
Il Cnic sostiene infatti che, in passato, i dati forniti dalla stessa Tepco e relativi ai livelli di radiazioni uscite da alcune centrali, erano falsi.
PeaceReporter l'ha raggiunto telefonicamente.
Che cosa sta succedendo in questo momento nella centrale di Fukushima?
Adesso il problema si è esteso a tre reattori, ci sono state esplosioni nel reattore numero uno e nel numero tre. La fusione del nucleo è di fatto già parzialmente iniziata. Se - nel peggiore dei casi - si dovesse arrivare a una fusione completa, l'intera centrale potrebbe esplodere. La situazione che si verrebbe a creare in questo modo sarebbe molto simile a quella di Chernobyl.
E che cosa accadrebbe allora?
Se dovesse verificarsi un'esplosione nelle attuali condizioni, il territorio colpito potrebbe essere immenso, fino a 100-200 chilometri quadrati. In questo momento si stanno facendo grandi sforzi per impedire che questo accada, ma nel peggiore dei casi l'area colpita sarebbe veramente immensa, tanto da creare una situazione di emergenza persino nell'area urbana di Tokyo.
Che cosa risponde a coloro che dicono che il caso di Fukushima è isolato, e che il sistema di sicurezza delle altre centrali ha funzionato perfettamente?
Chi dice che il sistema di sicurezza delle centrali ha funzionato a dovere racconta bugie. Se vi fosse un fondamento a queste parole non ci troveremmo di fronte ad uno scenario - documentato da tutti i media - in cui una fusione del nucleo è di fatto avvenuta.
Per questo non si può assolutamente dire che il sistema abbia funzionato secondo i piani. Anche se altre centrali hanno continuato regolarmente la propria attività, la popolazione si trova adesso a vivere in condizione di forte insicurezza dal momento che non sa quando e dove colpirà il prossimo incidente.
Ritiene che le notizie provenienti da Fukushima siano attendibili?
Non credo che il governo stia deliberatamente mentendo sulla situazione. Diciamo che, nonostante la situazione di forte confusione, le notizie diffuse finora sono corrette. Credo tuttavia che vi sia forte incertezza sullo sviluppo dell'attuale situazione.
Che significato ha secondo lei questo incidente per il mercato energetico giapponese?
Noi ci stiamo impegnando affinché vi sia un radicale ripensamento riguardo alle fonti energetiche. Si tratta di bloccare la produzione di energia nucleare e promuovere invece fonti di energia naturale come il settore fotovoltaico. Con un incidente di questa portata è assai probabile (ed è anche la nostra speranza) che la stretta dipendenza del Giappone dall'energia atomica abbia fine.
Cnic intende manifestare pubblicamente dopo quanto avvenuto a Fukushima?
Ci stiamo organizzando per attivare una serie di azioni di protesta. Adesso, a pochi giorni da una catastrofe così vasta come quella causata dallo Tsunami, non riteniamo che sia tuttavia il momento per scendere in piazza.
Fughe di idrogeno, esplosioni, barre di uranio rimaste senza raffreddamento e rischio di fusione del nocciolo. I continui problemi con i reattori 1, 2 e 3 della centrale nucleare di Fukushima Daiichi fanno già di quello giapponese il secondo peggior incidente nucleare di sempre, dopo quello del 1986 di Chernobyl.
Una catastrofe immane, causata dal potentissimo terremoto che venerdì scorso ha scosso il Paese del Sol levante e dallo Tsunami che ne è seguito. Dopo le esplosioni del reattore 1 di sabato e del reattore 3 della scorsa notte, resta alto il rischio di fusione del “cuore” dell’impianto numero 2: il peggiore degli scenari possibili.
Una eventualità “da escludere”, per le autorità giapponesi. Ma che sembra più che mai reale: le barre di uranio del reattore 2, infatti, sono rimaste totalmente esposte all’aria per due ore e mezzo. Un fatto gravissimo. Che, ora, ha molto probabilmente innescato l’irreparabile.
Secondo la locale Agenzia per la sicurezza nucleare “il livello di radioattività nella stanza di controllo del reattore 1 è circa mille volte superiore al livello normale”. Stesso discorso per il numero 3, esploso la scorsa notte. La radioattività all’esterno della centrale è invece nove volte superiore al normale.
I 45 mila residenti nel raggio di 20 chilometri dalla centrale sono stati evacuati, ed hanno ricevuto pastiglie di iodio per ridurre i rischi di cancro alla tiroide. Ciononostante sono già nove le persone che risultano contaminate dall’esposizione alle radiazioni, e per la Nuclear and Industrial Safety Agency (Nisa) questo numero potrebbe salire a 160 già entro le prossime ore.
Come è nata la crisi nucleare?
I reattori di una centrale atomica, compresi quelli più vecchi ad acqua bollente dell’unità 1 di Fukushima (40 anni di età), sono progettati per arrestarsi automaticamente in caso di terremoto. Cosa puntualmente accaduta nella centrale giapponese in seguito alle potentissime scosse telluriche dell’11 marzo.
Anche se la reazione nucleare a catena viene interrotta, però, il calore continua ad essere generato. Serve quindi continuare a raffreddare il nocciolo del reattore, affinchè le barre di combustibile non si surriscaldino.
Per farlo, dopo il black out causato dal terremoto, sono partiti dei generatori diesel di emergenza. Questi, però, a meno di un’ora dalla loro partenza hanno smesso di funzionare, in quanto non collocati in un luogo sicuro ed investiti dallo tsunami causato dal terremoto. Si è passati così alla terza soluzione: l’uso di batterie che potessero sostituire i generatori messi fuori uso. Una soluzione che, come si è visto, è stata a sua volta insufficiente a raffreddare i reattori.
Perché le esplosioni?
Dopo il black out dovuto al terremoto ed all’arresto dei generatori di emergenza a causa del maremoto, il recipiente a pressione del reattore si è surriscaldato, avvicinandosi ai mille gradi e portando allo scioglimento parziale degli involucri metallici delle barre di combustibile nucleare.
All’interno di queste ultime, invece, si è arrivati a 1.800 gradi: una temperatura talmente elevata da sciogliere lo stesso uranio. Per raffreddarlo si è dovuta fare entrare acqua, e per far ciò è stato necessario rilasciare vapore dal nocciolo.
Ecco quindi la causa delle esplosioni al reattore n. 1 di venerdì e al numero 3 della scorsa notte: la fuga di idrogeno, separatosi dall’altro elemento dell’acqua, l’ossigeno, durante il rilascio del vapore.
Insomma, i disperati tentativi degli ingegneri giapponesi di scongiurare la catastrofe nucleare li ha portati non solo a sfiatare vapore contaminato in atmosfera, ma a rischiare di peggiorare la situazione: quando il vapore fuoriesce, infatti, il livello dell’acqua nel nocciolo che serve a raffreddare le barre di combustibile scende.
In questo modo, le barre di uranio si scoprono, scaldandosi ulteriormente. Una pericolosissima reazione a catena, di cui ancora non si possono conoscere le conseguenze.
Rischio di fusione per il reattore n.2
È ancora presto per dirlo, ma le autorità giapponesi assicurano che l’emergenza per i reattori 1 e 3 della centrale nucleare di Fukushima danneggiati dal terremoto è finita. Rimane però la peggiore delle ipotesi: quella di una fusione del nocciolo del reattore n. 2, con conseguente esplosione.
Una possibilità da non escludere. Le sue barre di uranio, infatti, sono rimaste totalmente esposte all’aria per due ore e mezzo. Un fatto particolarmente grave, dato che può avere innescato la fusione del nucleo.
Un’esposizione, quella delle barre, causata dall’arresto dell’unica pompa antincendio su cinque (l’unica non danneggiata dall’esplosione verificatasi la scorsa notte nel vicino reattore numero 3) che versava acqua di mare nel reattore in modo da raffreddarlo. Il motivo? È rimasta senza carburante.
Cosa succederà, ora?
Per scongiurare la possibilità che anche il reattore 2 non esploda a causa della fuoriuscita di idrogeno creato dal surriscaldamento del vapore, la Tepco ha annunciato che bucherà il muro dell’edificio che ospita il reattore, così da fare uscire il gas detonatore. La società elettrica giapponese ha inoltre iniziato a depressurizzare la vasca di contenimento del reattore 2, rilasciando così altro vapore radioattivo.
Insomma in Giappone si sta facendo di tutto per evitare la fusione del nocciolo dei reattori di Fukushima. Un fatto che, per ora, non si è ancora verificato nella storia del nucleare civile. Neppure a Chernobyl, infatti, si ebbe la fusione del nocciolo.
Per le autorità giapponesi, le possibilità di una grossa fuga di gas radioattivo dalla centrale sono attualmente “molto basse”, anche perché le esplosioni, secondo il portavoce del governo Yukio Edano, non hanno causato danni alle gabbie dei reattori. Anche l’agenzia per la Sicurezza Nucleare nipponica assicura che a Fukushima-Daiichi “non c’è alcuna possibilità” che si ripeta un disastro come quello di Chernobyl.
Il rischio in ogni caso non è quello di un’esplosione apocalittica, come fosse una bomba atomica, ma piuttosto esplosioni in serie in grado di rompere quello che resta del rivestimento della centrale, e diffondere nell’ambiente sostanze ad altissima concentrazione radioattiva.
Inoltre il giorno del terremoto la centrale è stata già squassata da un’esplosione, dovuta all’enorme pressione che si era creata a causa del vapore nel momento del blocco dell’impianto di raffreddamento, e questo ha di fatto “scoperchiato” parte dei reattori.
La fusione del nucleo potrebbe in sostanza avvenire “a cielo aperto”, senza cioè una gabbia d’acciaio in grado di sostenere la pressione che si crea con i vapori e i gas generati dalla fusione, che potrebbero quindi generare una nube radioattiva.
Qualcosa di simile a quanto accaduto a Chernobyl nel 1986: a causa di un errore durante una simulazione di un guasto al sistema di raffreddamento,due esplosioni fecero scoperchiare la copertura e disperdere nell’atmosfera grandi quantità di vapore radioattivo.
Giappone: il brivido nucleare
di Alessandro Iacuelli - Altrenotizie - 15 Marzo 2011
Sono decisamente tragiche, oltre che preoccupanti, le notizie che giungono dal Giappone, e non solo per quanto riguarda le vittime del maremoto: si prospetta sempre più seriamente il pericolo del meltdown del reattore 2 della centrale nucleare di Fukushima, il cui impianto di raffreddamento è stato danneggiato dal sisma di venerdì scorso.
La televisione giapponese, infatti, ha informato che la Tokyo Denryoku, la società che gestisce la centrale di Fukushima, ha dichiarato che il liquido di raffreddamento è ormai esaurito e che i tentativi di utilizzare l’acqua di mare sono ormai falliti.
La conseguenza è che le barre di combustible nucleare sono totalmente esposte e ormai prive di qualsiasi raffreddamento, e la loro temperatura sale costantemente.
A far precipitare la situazione sono state due nuove esplosioni, presso il reattore numero 3 dell’impianto, che hanno danneggiato ulteriormente la centrale. Come per quella avvenuta sabato, anche queste sono scaturite dalla fuoriuscita dell'idrogeno contenuto in uno dei serbatoi adiacenti alla gabbia del reattore.
Le squadre di emergenza continuano a pompare acqua nel tentativo di raffreddare il materiale radioattivo, ma da quello che si apprende si tratta di tentativi che hanno scarse probabilità di dar risultati; dopo il terremoto e lo tsunami, il Giappone vive una situazione sempre più tragica.
Stando alle dichiarazioni delle autorità nipponiche, riportate dall'agenzia di stampa Kyodo News, le possibilità di una grossa fuga di gas radioattivo dalla centrale sarebbero attualmente molto basse. La struttura del reattore in se non avrebbe quindi riportato danni significativi. Il pericolo deriva dalla fusione delle barre del reattore, oramai prossime a formare una lava incandescente e radioattiva.
Proprio per ovviare alla mancanza di liquido refrigerante, da sabato i tecnici stanno pompando all'interno dei reattori grandi quantità di acqua di mare. "Un tentativo disperato per riprendere il controllo dei reattori", afferma Robert Alvarez dell'Institute for Policy Studies ed ex consigliere del dipartimento Usa per l'Energia.
Nonostante le rassicurazioni che provengono dal governo giapponese, la settima flotta degli Stati Uniti, che si stava dirigendo verso le coste colpite dal sisma e che navigava a 160 Km di distanza da Fukushima ha avuto l’ordine di allontanarsi dall'area dopo che gli strumenti di bordo di alcune navi hanno riscontrato un aumento dei livelli della radioattività.
Anche Francia e Germania, oltre agli USA hanno invitato i propri cittadini a lasciare il Giappone ed in particolare Tokyo, dove saranno avviate operazioni per razionare l'energia elettrica tramite black-out pianificati della durata di tre ore ciascuno.
Un altro grave rischio, è quello che deriva dalla nube radioattiva già fuoriuscita dalla centrale danneggiata: se fino a ieri i venti spingevano verso l'oceano aperto, un’inversione della loro direzione potrebbe interessare alcune zone del Giappone, sotto forma di pioggia che riporterebbe a terra elementi radioattivi.
Ad intervenire sull'argomento è anche l'agenzia nucleare francese, secondo la quale le emissioni radioattive a Fukushima sarebbero molto più consistenti di quanto dichiarato dalle autorità giapponesi.
Il valore di emissioni radioattive potrebbe essere di 1 millisievert all'ora, mentre l'indice di radioattività naturale si misura attorno allo 0,0001 mSv/h; siamo quindi già ad un livello 10 volte superiore al normale
Ovviamente, nel Paese del Sol Levante fioriscono le polemiche interne,: un ex progettista di centrali nucleari giapponesi ha accusato il governo di non dire tutta la verità sulla situazione degli impianti atomici danneggiati dal terremoto.
Il governo risponde che un'eventuale fusione non porterebbe al rilascio di dosi significative di materiale radioattivo. Certo, un’affermazione del genere significherebbe, in situazioni normali, una grave lacuna culturale nel settore nucleare, mentre in una situazione come quella attuale può significare una ferma volontà di non allarmare la popolazione, anche davanti all'evidenza.
In realtà, i reattori di Fukushima-Daiichi sono sottoposti ad aumenti di pressioni ben oltre i livelli previsti quando sono stati costruiti. Perché a monte c'è un limite di progettazione: nessuno avrebbe mai immaginato un maremoto così distruttivo a così breve distanza dall'impianto. Un tipico limite di progettazione al quale il Giappone non è nuovo.
Inoltre, la maggior parte delle centrali giapponesi, compresa Fukushima, funzionano a Mox, un combustibile nucleare ottenuto miscelando ossido di Uranio e ossido di Plutonio. In caso di esplosione o di meltdown, questo materiale verrebbe espanso su un'area vastissima e difficile da calcolare, ma certamente ben oltre i 20 Km di raggio in cui la popolazione è stata evacuata. Di conseguenza, il fallout sarebbe disastroso.
Nel frattempo, mentre l'ora dell'apocalisse nucleare si avvicina, il Giappone trema e tutto il mondo tiene il fiato sospeso. C'era stata in passato la sciagura di Tokaimura, e centinaia di altri incidenti nucleari, dove la tecnologia atomica si è mostrata la più arretrata, spesso gestita in modo sprovveduto e superficiale.
Ma si parla di quel Giappone che si porta dietro tutte le contraddizioni dello sviluppo più spinto, talmente spinto da ignorare la geologia, la tettonica a zolle, il rischio sismico, pur di avere energia sufficiente per tenere illuminati dei centri commerciali come alberi di natale per tutto l'anno.
Quanto avviene in Giappone, e soprattutto quanto avverrà, è una lezione importante per tutta l'umanità, e giustamente riapre il dibattito sulla sicurezza nucleare in tutto il mondo. Il commissario europeo all'Energia, Günther Öttinger, ha convocato una riunione di esperti sulla sicurezza nucleare dell'Ue per discutere delle conseguenze del terremoto giapponese.
"Tutto ciò che si riteneva impensabile, in qualche giorno è avvenuto", ha dichiarato Öttinger alla radio tedesca: "Se prendiamo la cosa sul serio e diciamo che l'incidente ha cambiato il mondo ed è in discussione il modo in cui noi, come società industriale, abbiamo guardato alla sicurezza e alla gestibilità, allora non possiamo escludere nulla".
Anche la Svizzera ha sospeso il programma di rinnovo delle proprie centrali, mentre in Austria il ministro dell'Ambiente è tornato a chiedere a Bruxelles la verifica della sicurezza delle centrali nucleari europee. L'Austria si oppone fermamente all'energia atomica e ha più volte chiesto la chiusura degli impianti in Slovenia e in Slovacchia.
Contemporaneamente, il primo ministro indiano, Manmohan Singh, ha annunciato che sarà verificata la sicurezza di tutti i reattori nucleari in India. In Francia i Verdi hanno proposto al governo un referendum sul nucleare. L'eurodeputato Daniel Cohn-Bendit dice che la Francia "deve porsi la questione della necessità dell'energia nucleare".
Ad essere in controtendenza - oltre la Turchia che intende proseguire nel suo programma nucleare come se in Giappone non fosse successo nulla - resta un solo Paese: l'Italia. Le commissioni Ambiente e Industria della Camera stanno riprendendo l'esame del decreto legislativo sulla localizzazione degli impianti nucleari e dei siti di stoccaggio delle scorie radioattive in Italia. Come se in Estremo Oriente non stesse accadendo nulla, come se non fosse vero che anche l'Italia è interamente una zona sismica, attraversata da una faglia che divide la placca eurasiatica da quella africana.
Per il ministro degli Esteri, Franco Frattini, l'allarme nucleare giapponese ha "riaperto il dibattito in Italia in modo sbagliato, che nasce dall'emozione senza riflettere su cose evidenti e che non giustifica una rimessa in discussione del piano italiano. Il Giappone ha rischio sismico elevatissimo e centrali non dell'ultima generazione e che, malgrado un sisma di 9 gradi, non sono esplose."
Forse Frattini non tiene conto che il nucleare che è stato pensato per l'Italia non é affatto di ultima generazione. E non solo: sta nascendo già gestito da privati, che vorranno ovviamente lucrarci ad ogni costo, ed é pensato per massimizzare gli investimenti pubblici, cioè la quantità di denaro da regalare ai privati. A Frattini ha replicato la radicale Emma Bonino, vice presidente del Senato: "Investire 30 miliardi di euro per ottenere il 4% di energia tra vent'anni non ha senso economico".
In realtà ce l'ha, e quel senso va ricercato nella necessità, da parte dell'industria privata italiana, di mettere le mani su una montagna di soldi pubblici. Per lucro, per fronteggiare la crisi. Non certo per produrre energia che pulita non è.
E quella parte di energia che ci sarà davvero, servirà, come già ora serve, non a far circolare più treni, ma a tenere i centri commerciali illuminati ancora di più degli alberi di natale, sempre per tutto l'anno. A meno che dal Giappone non arrivi, nelle prossime ore, un'altra lezione. Lezione che sarebbe una catastrofe planetaria, che non ci auguriamo per niente.
L'imprevedibilità del caso e la fallacità degli argomenti
Sono anni ormai che il mondo capitalista post moderno in particolare, e l'intero pianeta in generale, sta vivendo una serie di eventi straordinari che stanno mettendo a dura prova tutte le sue sicurezze di supremazia finanziaria, tecnologica, sociale, filosofica e ambientale.
Questo ventunesimo secolo sta sperimentando l’evolversi incredibile di una serie dei "cigni neri" (ref. Il cigno nero: Come l'improbabile governa la nostra vita, edit. Il Saggiatore, 2008) che continuano a verificarsi e susseguirsi senza interruzione.
Secondo Taleb un "Cigno Nero è un evento isolato e inaspettato, che ha un impatto enorme, e che solo a posteriori può essere spiegato e reso prevedibile”; ossia un evento "a bassissima probabilità, e altissimo potenziale di danno" (Federico Rampini, La Repubblica).
Nassim Taleb, nel suo libro scrive: "Un singolo evento è sufficiente a invalidare un convincimento frutto di un'esperienza millenaria. Ci ripetono che il futuro è prevedibile e i rischi controllabili, ma la storia non striscia, salta. I cigni neri sono eventi rari, di grandissimo impatto e prevedibili solo a posteriori, come l'invenzione della ruota, l'11 settembre, il crollo di Wall Street e il successo di Google. Sono all'origine di quasi ogni cosa, e spesso sono causati ed esasperati proprio dal loro essere imprevisti. Se il rischio di un attentato con voli di linea fosse stato concepibile il 10 settembre, le torri gemelle sarebbero ancora al loro posto. Se i modelli matematici fossero applicabili agli investimenti, non assisteremmo alle crisi degli hedge funds".
Il Giappone è un Paese molto interessante è stato ampiamente studiato e analizzato da tanti saggisti, come ad esempio nel suo libro “Collasso” Jared Diamond, dimostra la vulnerabilità del Giappone come società a rischio di estinzione ma ci informa anche della loro capacità di capire e di trovare quelle soluzioni capaci di farli sopravvivere a lungo, infatti egli scrive: "L'intero globo è oggi un tutt'uno autosufficiente e isolato, come lo erano un tempo l'isola di Tikopia e il Giappone dell'era Tokugawa.
Come fecero i tikopiani e i giapponesi, anche noi dobbiamo capire che non esiste nessun'altra isola (nessun altro pianeta) cui potremmo rivolgerci per chiedere aiuto, o sulla quale potremmo esportare i nostri problemi. Anche noi, come questi popoli, dobbiamo invece imparare a vivere nei limiti dei nostri mezzi".
I Giapponesi hanno sempre capito che il "big one" prima o poi si sarebbe manifestato, e si sono sempre preparati ad affrontare tale evento. Però nello stesso tempo la fame capitalista e tecnologica, ha spinto tale paese a dotarsi di 55 Centrali nucleari.
Malgrado ciò la domanda energetica giapponese fa si che questo paese dipenda ancora per il 75% dal petrolio, e che il governo giapponese debba investire sulla costruzione di ulteriori 40 centrali (libro bianco giapponese).
Oggi il Giappone ha una strategia energetica di lunga durata ma dimostra che comunque questa non basta, proprio perché è un’ Isola, fortemente urbanizzata, e altamente energivora.
La Catastrofe di ieri è un perfetto esempio di "Cigno Grigio", sempre secondo Taleb, un Cigno Grigio è un Cigno Nero di cui si ha un'idea generale della probabilità che si verifichi, ed i cui effetti sempre sovversivi sono stati ridotti grazie all'adozione di politiche ed azioni di prevenzione (come appunto hanno fatto i Giapponesi).
Tuttavia anche il cigno grigio rimane un evento ad alta probabilità catastrofica: il mix terremoto (8.9 scala Richter, seguito da altri di scala più bassa ma altrettanto devastanti) e Tsunami era un evento probabile per i Giapponesi ma non atteso, ed è soltanto grazie al loro impegno nel trovare le soluzioni capaci di limitare i danni o addirittura evitarli che il numero delle vittime (tragico comunque) sia rimasto limitato; la maggior parte dei danni e dei morti è stato causato dal micidiale tsunami e dalla forma geografica di Sendai (territorio piatto e basso).
Tuttavia non tutto in Giappone ha retto, una diga che cede portando all’annientamento di un villaggio intero, alcuni palazzi che crollano, il deposito carburante che si incendia, ma soprattutto l’emergenza nucleare di Fukoshima e qui tornano i nodi al pettine.
Gli argomenti dei nuclearisti super-convinti sono fondamentalmente tre, le centrali nucleari:
- Non emettono CO2
- Coprono il GAP energetico dovuto alla crisi del petrolio
- Sono sicurissime
Tutti tre questi argomenti sono fallaci, le analisi del ciclo di vita di una centrale nucleare (LCA) mostrano che le emissioni di CO2 e altri gas climalteranti sono presenti e verificati soprattutto durante la prima fase (estrazione, trasporto, costruzione delle pompe, sistemi elettronici, sistemi idraulici, spostamento terra, installazione impianti, ecc …) tale argomento è simile a quello spesso usato contro il fotovoltaico.
Non esiste oggi un Paese al Mondo possessore di centrali nucleari che sia stato capace di ridurre il GAP energetico dovuto alla crisi del Petrolio e alle sue necessità energivore. Cina, Giappone, USA, Francia ecc … ne sono un grandissimo esempio.
Tutti erano partiti con la convinzione di poter risolvere la loro dipendenza dal petrolio costruendo tante centrali nucleari (in Giappone sono circa 55 centrali di diversa grandezza), tuttavia ancora oggi continuano a dipendere fortemente sia dal petrolio che dal gas.
Le centrali nucleari attuali, contrariamente a quella di Chernobyl, sono sicure? Probabilmente si, ma realmente non lo sono. Proprio perché è soprattutto sulle Centrali Nucleari che la teoria del “Cigno Nero” o del “Cigno Grigio” è fortemente applicabile e ciò dovrebbe invitarci alla prudenza.
La probabilità che un evento qualsiasi possa portarci ad un nuovo disastro nucleare esiste ed è sempre alta in quanto un qualsiasi evento pur essendo a bassissima probabilità, il suo potenziale di danno è altissimo e estremamente costoso.
Il rischio di catastrofe nucleare a Fukoshima esiste, intanto sono due le centrali che non riescono a raffreddare il reattore, una delle quali ha già avuto un’ esplosione ed un incremento delle radiazioni; riporto dal Corriere della Sera online di oggi “… l'esplosione sarebbe stata molto più potente delle iniziali stime, al punto che si sarebbe polverizzata la gabbia di esterna di contenimento di uno dei reattori. Il tetto e parte delle mura dell'edificio sono crollate e alcuni operai sarebbero rimasti feriti”. Eppure si tratta di Centrali a prova di sisma.
Mi permetto un ultimo argomento a sfavore delle Centrali Nucleari. Il reattore nucleare deve essere raffreddato e questo si fa prima di tutto con l’acqua (i refrigeranti sono costosissimi e vanno bene per le emergenze come è il caso di Fukoshima”.
Si stima che un impianto da 1000 Megawatt (Caorso era da 830 Megawatt) richiederebbe per il raffreddamento quasi un terzo dell’acqua che scorre nel Po a Torino.
L’Italia non è immune da “Cigni Neri” e non è nemmeno capace di prevenire o minimizzare gli impatti di un evento “considerato improbabile” cioè non è capace di trasformare un cigno nero in un cigno grigio. Questo è un motivo in più per riflettere ed essere molto cauti.
Via via che arrivano notizie dal Giappone è sempre più difficile comprendere QUANTO sia grave quel che sta succedendo. Ci sono state, come saprete, altre esplosioni che hanno coinvolto anche il reattore 3 della centrale, teoricamente più affidabile e moderno ma in pratica più pericoloso, dato che, in caso di cedimento del guscio di contenimento, questa volta vi sarebbe una fuga anche di plutonio, che è una bestia MOLTO più nera di qualunque altra concepibile.
Nel bailamme di affermazioni, di smentite, di mezze ammissioni, si perde facilmente la strada, anche perchè, mentre si afferma che vi è un livello di radiazioni centinaia di volte quello naturale, ci si affretta contemporaneamente ad assicurare che questi livelli, per quanto preoccupanti, non sono ancora disastrosi.Ma come stanno le cose?
L'unica è affidarsi, tanto per cambiare ai crudi numeri, sapendo che, essendo pochi e rilasciati con il contagocce, non possono spiegare davvero quel che sta succedendo.
Tuttavia pare importante una per quanto grossolana analisi comparativa, con la consapevolezza che gli errori marchiani e la conseguente figuraccia sono sempre in agguato.
Innanzitutto i rapporti ufficiali: nella loro stringatezza, i dati su cui si basano tutti li trovate qui.
Per quanto riguarda la contaminazione nei pressi del recinto dell'impianto (dentro non ci va nessuno, per ovvi motivi) gli ultimi dati ad horas, sono questi.
A Nord Ovest dell'impianto, circa quindici ore fa, quindi PRIMA delle due nuove esplosioni, si misuravano 680 microSievert/h, ovvero 0.68 MilliSievert/h, in rapido aumento rispetto a sei ore prima. Tanto, poco?
Partiamo, dal fondo naturale da quelle parti. Quale è?
Beh, senza pretese di grande precisione, nel documento che vi ho linkato esistono altre misure prese presso l'altra centrale elettrica di Fukushima, quella di Dai-Ni.
Possiamo leggere che i valori misurati si attestano intorno a 0.036 microsievert/h.
Intanto: questo è un valore circa 19.000 VOLTE più basso di quello misurato nei dintorni del reattore 1 scoppiato. Come dire che per ogni ora passata da quelle parti ti prendi la dose di radiazioni di due o tre anni.
Ma, in assoluto, cosa significa questo? La cosa migliore è prendere come metro di misura, proprio Chernobyl.
Intanto i valori CUMULATIVI a cui è stata sottoposta la popolazione a seconda della zona considerata. Esiste un ottimo sito da cui è tratta questa immagine.
Come vedete il livello CUMULATIVO su VENTI anni nella zona interessata dall'incidente di Chernobyl non supera, se non in una zona ristrettissima, i 150 millisevert.
In VENTI ANNI, ripeto. Considerando che al livello attuale ( probabilmente in forte aumento dopo le due ulteriori esplosioni) basteranno, apparentemente, circa nove giorni per raggiungere lo stesso livello cumulato nei pressi del reattore 1 di Fukushima, direi che abbiamo già un buon parametro di riferimento.
In ogni caso, nel documento che vi ho già linkato, ci sono altre cose interessanti: ad esempio risulta che stessero già attivamente raffreddando con acqua di mare il reattore 3 PRIMA dell'esplosione avvenuta poche ore dopo il rapporto.
Ovviamente non abbiamo che pochi indizi ma, se facciamo un ragionamento sulla base di quel che pochissimo che sappiamo, anche sulla base del citato documento, possiamo fare qualche considerazione.
1) Oltre che il reattore 1, già saltato per aria e quindi senza altri metodi di raffreddamento, era in corso il raffreddamento ANCHE del reattore 3 con acqua di mare. Direttamente DENTRO il guscio di contenimento, come chiaramente riportato nel documento.
"For Unit 1: Sea water is being injected to the Primary Containment Vessel via the Fire Extinguishing System Line (Start up 11:55
March 13)
Interruption of injection (01:10 March 14)
For Unit 2: Water Injection Function has been sustained. (14:00 March 13)
For Unit 3: Fresh water is being injected to the PCV via Fire Extinguishing System Line FESL(11:55 March 13)
For Unit 3: Sea water is being injected to the PCV via FESL(13:12
March 13)"
2) Di conseguenza anche il reattore 3 era PRIVO di altri sistemi di raffreddamento e veniva raffreddato, apparentemente SOLO dal sistema antincendio (FESL).
3) QUINDI, ragionevolmente (più o meno) l'esplosione, successivamente avvenuta al reattore 3, ha riguardato vapore surriscaldato e/o idrogeno che stavano raffreddando DIRETTAMENTE il nocciolo DENTRO il guscio di contenimento.
4) Questa infatti è la spiegazione più probabile, dato che, altrimenti, non si comprenderebbe perchè stessero utilizzando questo sistema di raffreddamento di emergenza diretto e non si comprenderebbe come altre parti dell'impianto abbiano potuto raggiungere temperature e pressioni sufficienti a provocare una esplosione ancora più potente di quella di due giorni fa, dato che queste parti avrebbero avuto temperature e pressioni ovviamente inferiori.
Non so se cogliete cosa vuol dire: vuol dire che POTREBBERO stare raccontando ENORMI bugie e che l'esplosione potrebbe aver danneggiato, eccome, il guscio di contenimento.
In pratica l'unica differenza con Chernobyl sarebbe quella, a questo punto, di una minore dispersione dei terribili radionuclidi, causa minore temperatura raggiunta durante il meltdown e design generale dell'impianto. Come al solito sarei lieto, lietissimo, superlieto, di sbagliarmi.
Vada come vada, i giapponesi restano campioni mondiali e forse galattici di understatement. Leggete questa cosuccia che scrivono in fondo al rapporto:
04:24 TEPCO notified NISA that Fukushima Dai-ichi NPS reached a
situation specified in Article 15 of the Act for Special Measures
Concerning Nuclear Emergency Preparedness.
ovvero:
"TEPCO ha notificato a NISA che l'impianto di Fukushima Dai.Chi ha raggiunto la situazione specificata nell'articolo 15 (omissis)."
Ma cosa dice questo articolo 15? Potete vederlo da soli a questo link.
in sostanza: in base a questo articolo il Presidente del Consiglio del Giappone dichiara lo stato di emergenza nucleare sull'intero territorio nazionale, automaticamente assumendo su di se tutte le qualifiche ed i poteri di emergenza del caso.
UPDATE: ecco un video che mostra il momento dell'esplosione. la palla di fuoco che si vede chiaramente non può essere provocata dal vapore, ovviamente, ed è poco probabile che sia dovuta all'idrogeno, che brucia con una fiamma quasi invisible...
Happy Nuke. Perchè per la propaganda l'attenzione al nucleare in Giappone non può che essere emotiva
di Nique la Police - www.senzasoste.it - 14 Marzo 2011
All’atroce vicenda delle esplosioni alle centrali giapponesi in seguito al terremoto si sovrappongono le atrocità dei media italiani. Si potrebbe parlare del consueto rincorrersi tra tragedia e farsa se non fosse che la farsa, della propaganda nuclearista nazionale, lavora per preparare la tragedia delle centrali in Italia.
Quello che è cambiato, con il precipitarsi degli eventi giapponesi, è piuttosto il registro della propaganda a favore del nucleare. All’inizio dell’anno la propaganda nuclearista si è strutturata come una rappresentazione ragionevole, si ricordi lo spot della partita a scacchi tra favorevoli e contrari, in grado di prevalere sulle argomentazioni opposte.
Con il disastro giapponese si è passati direttamente alla rappresentazione di una sola parte ragionevole, quella ovviamente a favore del nucleare, che si contrappone ad una emotiva trascinata dalla forza degli eventi del potentissimo terremoto giapponese.
Si vuole naturalmente evitare di legittimare un argomento forte degli antinuclearisti: quello, immediatamente comprensibile da tutti, che vuole che i fatti hanno dimostrato che non esistono centrali nucleari perfettamente sicure e previsioni in grado di dominare ogni evento.
Le centrali giapponesi erano progettate per resistere ad un terremoto di 8 gradi della scala Richter e ne è arrivato uno di 8,9, evidentemente la natura (come sa chiunque si occupi di modelli di previsione di ogni genere) su questi argomenti mantiene il monopolio dell’imprevedibilità.
In questo senso fanno impressione gli editorialisti, tipo quelli del Corriere della Sera, che dicono che in Italia non possono accadere eventi del genere.
Appartengono allo stesso schieramento di propaganda di coloro che, appena due anni fa, attaccavano chi, osservando lo sciame sismico in Abruzzo prima dell’aprile del 2009 sosteneva che stava succedendo qualcosa di grosso.
C’è quindi una robusta linea di continuità tra chi sostiene oggi la prevedibilità dell’impossibilità dei grandi terremoti oggi e l’imprevedibilità a L’Aquila: la ricerca di argomenti pronti per l’uso a favore di una propaganda che sostenga il gruppo consolidato di interessi in quel momento egemone.
Ieri si trattava di Bertolaso, che denunciò per procurato allarme chi nel marzo 2009 parlava all’Aquila di rischio di grave terremoto, per tirare la volata a una ormai nota rete di costruttori, finanziatori e immobiliari (quelli che al cellulare esultavano perché era scoppiato il terremoto).
Oggi si tratta di tirarla al conglomerato di interessi che si sta formando attorno al possibile progetto del nucleare in Italia. Possibile ma non certo, questo è bene dirlo.
Come sappiamo il mainstream dell’informazione italiana, a prescindere dalla collocazione politica o dell’assetto proprietario, ha argomenti strutturali che tratta con lo stesso linguaggio della propaganda.
Per fare alcuni esempi: l’Afghanistan, dove il sostegno “ai nostri ragazzi” e i militari italiani come fonte di notizia privilegiata coprono quasi esclusivamente l’argomento; la borsa, dove si celebrano gli analisti finanziari e le agenzie di rating (comprese quelle che classificano i subprime come ottimi) con riti oracolari ; l’economia dove le retoriche dei “conti in ordine” e della “ripresa”, ripetute da un ventennio, sono rappresentate come oggettivamente scientifiche perché corredate di dati sullo schermo; la politica dove, dall’inizio degli anni ’90, è rappresentata come un qualcosa dove i segretari dei maggiori partiti commentano all’infinito i temi fissati da Berlusconi.
Tutti questi argomenti sono gli stessi da un ventennio (a parte le destinazioni delle missioni militari che sono cambiate, allora Somalia oggi Afghanistan), in un mondo che è radicalmente mutato (per dirne un paio: quando Berlusconi arrivò per la prima volta al governo Internet era neonata e gracile, la Cina era lontana dall’essere la seconda economia del mondo). Tutto questo sembrerà, nell’informazione mainstream, espressione di grande arretratezza.
In parte lo è (Fede e Mentana dirigono ancora telegiornali; Mieli, Scalfari, Mauro hanno ancora un grande ruolo nei giornali. La retorica dell’onestà è ancora al centro di un discorso pubblico che dovrebbe essere ben più complesso. Berlusconi condiziona ancora telegiornali pubblici e privati) ma non dimentichiamoci che il mainstream assolve oggi ad una importante funzione di coesione sociale.
Rappresenta l’impressione di continuità necessaria (i temi che si ripetono) per creare abitudini e quindi coesione attorno a temi e schieramenti. Poi sui temi veri o quelli specialistici si creano strumenti di informazione, pay o dedicati, secondo il ritmo delle evoluzioni tecnologiche.
Creando una enorme contraddizione tra miriadi di nicchie di informazione, attente, specializzate e il grosso dei consumatori di informazione che sembra vivere in un’epoca diversa (e di fatto ci vive, usa schemi già inadatti all’inizio degli anni ’90).
Però quest’ultimo fenomeno è importante perché, come sa ogni propaganda, favorisce costruzione e tenuta del blocco storico sul quale esercitare egemonia. Politica, economica, cognitiva.
Diventa quindi fondamentale, utilizzando gli schermi come strumento di coesione sociale, dare l’impressione di coerenza e universalità di argomenti. La propaganda nucleare, quando sceglie i propri argomenti, guarda proprio a questa struttura del mondo mainstream dell’informazione.
La tattica è: far crescere i propri argomenti in modo da imporsi nello stesso modo con il quale militare, borsa, economia, politica si sono imposti a partire dall’inizio degli anni ’90. La strategia (il nucleare) non c’è ma che importa. Il business è un insieme di mondi legati da una sola concezione del tempo: quella che vuole che sei mesi rappresentino un’era geologica.
Parlare di strategie serve per vendere propaganda gli altri, non a sé stessi.
Ecco quindi che nelle ore in cui si impone l’emergenza nucleare in Giappone che scattano i dipositivi di propaganda. Che si disseminano con quella che potremmo definire una tattica immanente.
Una tattica cioè che non è pensata da uno stato maggiore della propaganda, e diffusa verso il basso delle gerarchie, ma di reazione spontanea da parte dei difensori del nucleare. Reazione spontanea che magari subirà, nel prossimo periodo, una verticalizzazione e la creazione di un centro di comando per la diffusione degli argomenti (capita anche nelle società a rete).
Ma per adesso si è trattato di resistere al terremoto. Che non è quello che si è abbattuto in Giappone. Ma quello che ha sinistrato gli argomenti dei nuclearisti italiani che, fino a quel momento, sembravano andare sul velluto. Un’opinione pubblica abulica, un referendum antinucleare destinato all’indifferenza giusto il 12 giugno.
L’inversione spontanea di tattica, rispetto a quelle pianificate (con 2 milioni di euro) dal Forum per il nucleare, ha due caratteristiche. La prima quella di minimizzare la portata degli eventi. La seconda quella di accusare di emotività chi, in diretta mondiale, vede semplicemente dei fatti che confermano le proprie ipotesi.
E qui notiamo che il mondo mainstream italiano, finché possibile, si è disposto come un ambiente favorevole per questa tattica di propaganda. Innanzitutto nella scelta delle fonti per creare un campo di informazione in Italia.
La principale fonte di informazione per gli eventi è, per adesso, la NKH world giapponese in inglese. Strettamente controllata dal governo che ha scelto, anche comprensibilmente, la linea della minimizzazione per quanto possibile della portata del disastro nucleare.
In queste ore abbiamo visto quindi, in tv e alla radio, esperti (e meno esperti) italiani che si sono fatti spontaneamente portavoce del governo giapponese.
Era dai tempi dell’Asse mussoliniana con Tokio che questo non accadeva e senza di bisogno di patti firmati solennemente nel palazzo di piazza Venezia. Eppure bastava uno sguardo a importanti settori dell’informazione mainstream globale per capire che i fatti andavano disposti in modo diverso. Il sito del telegiornale della Ard, primo canale tedesco, ha parlato molto presto di fusione del reattore 1 (l’ipotesi peggiore) nell’impianto di Fukushima I.
Il Financial Times Deutschland, che riversa informazioni per gli operatori della borsa di Francoforte, già dalla mattinata di sabato 12 ha parlato con chiarezza di un disastro non minimizzabile e per il momento per niente sotto controllo. E si tratta di un Paese dove la presenza di centrali nucleari è importante.
Così come, di assenza di controllo della situazione, ha parlato il Los Angeles Times, collocato nella sponda del Pacifico opposta al Giappone. Invece il mantra del “sotto controllo” in Italia è stato ripetuto oltre ogni ragionevole evidenza.
Per minimizzare ed accusare di emotività chi ha opinioni differenti. L’ultima trincea del nucleare che cerca ancora di farsi propaganda egemone come è accaduto per il militare, la borsa, l’economia, la politica. E se gli argomenti non ci sono, i mezzi sì e questo come sempre conta.
E così abbiamo sentito a Radio Rai 1 all’ora di massimo ascolto un conduttore, tra un dibattito ameno sulle donne che non sono più femmine e delizie simili, accusare di emotività gli antinuclearisti minimizzando quanto accaduto in Giappone.
Abbiamo visto il Tg2 che non ce l’ha fatta ad aprire sulla centrale nucleare in pericolo, come hanno fatto Al Jazeera e altri network globali, declassando la notizia, depotenziandola con ogni artificio retorico, ad effetto collaterale collocandola ben dopo le immagini spettacolari dello tsunami (quelle che devono catalizzare tutta l’emotività). E che dire del ruolo degli esperti in studio? Perle di propaganda per dirla in gergo.
Tra giornalista ed esperto si gioca sempre in studio una strana partita. La posta è l’assegnazione del titolo “al di sopra delle parti” assegnato all’esperto. Titolo che vale non solo reputazione personale e professionale all’esperto ma anche un brand utilissimo in seguito per l’ottenimento di finanziamenti.
Scientificamente parlando l’esperto al di sopra delle parti non esiste, il tema è molto più complesso ed interessante, ma dal punto di vista giornalistico il mito dell’imparzialità rende lo spettacolo della notizia molto più credibile.
Rende vera la rappresentazione, scusate se è poco. Per cui il giornalista ha bisogno della legittimazione dell’esperto, per rendere vera la notizia, e l’esperto ha bisogno della legittimazione del giornalista per accrescere in prestigio e finanziabilità (fosse anche solo di una fondazione no profit).
È nel tipo di partita che si gioca tra i due soggetti che si comprende quanto la notizia che si forma è vera (cioè semplice nella comprensione ma complessa nell’interpretazione) o è un puro prodotto di marketing.
Sulla vicenda del disastro nucleare giapponese nei tg italiani abbiamo visto una prevalenza di esperti ai quali, in studio, è stato immediatamente concesso dai giornalisti il titolo di “al di sopra delle parti”. I quali, guarda te il caso, hanno minimizzato quanto possibile, sterilizzato e tranquillizzato (ah, la funzione medica della scienza).
Eppure bastavano un paio di semplici domande, come non mancano nei banali talk show americani, del tipo “è favorevole o no al nucleare in Italia?”, “riceve o prevede di ricevere finanziamenti su progetti assimilabili al nucleare?” per capire l’impianto di convinzioni che muove un ragionamento tecnico. Ma per minimizzare e accusare di emotività il campo avverso va riproposto il mito dell’esperto al di sopra delle parti.
Mito che, in pieno ventunesimo secolo (!), non è solo patrimonio della credulità popolare di centrodestra ma anche dell’opinione pubblica di centrosinistra. Alla quale è stata propinata l’imbarazzante intervista di Bianca Berlinguer all’esperto in studio a Rai 3.
Un'intervista in cui la domanda finale conteneva già la risposta: “l’incidente in Giappone è accaduto in una centrale nucleare di seconda generazione. Lei crede che una centrale di terza generazione questi incidenti si possano evitare?”.
Messa così, lasciando all’ospite ogni possibilità di predeterminare i contenuti delle meraviglie del nucleare di terza generazione, non si tratta di una domanda ma di un assist.
Prontamente raccolto dall’esperto in studio il quale, dovendo rispondere ad una opinione di centrosinistra, ha sì prontamente raccolto l’assist generosamente offerto ma senza abusarne.
Qualunque piega prenderanno gli eventi giapponesi noi una certezza oggi ce l’abbiamo: abbiamo un sistema dell’informazione generalista generato da esigenze di propaganda, inadeguato alla portata e alla complessità degli eventi globali.
E si tratta di un qualcosa che non si trasforma affatto con i cori delle voci bianche in piazza che leggono l’articolo 21 a difesa della libertà di informazione.
Si tratta di comportamenti che potevano funzionare vent’anni fa. Come la propaganda che governa oggi.
Chicco Fukushima Testa e i suoi fratelli
di Pino Cabras - Megachip - 15 Marzo 2011
Ascoltate bene i commenti a caldo di Chicco Fukushima Testa, l’alfiere del ritorno al nucleare in Italia, la sera in cui la catastrofe tsunami iniziava a diventare catastrofe atomica.
Sono 102 secondi che potremo proporre agli storici per descrivere con un esempio lampante l’inadeguatezza delle classi dirigenti italiane, la loro piccineria irresponsabile, l’arroganza con cui trattano problemi che non hanno nessuna capacità né intenzione di affrontare: problemi che hanno a che fare con la vita e la salute di milioni di persone. Non finisce mica qui.
Se nel frattempo riuscite a diradare la nube di cesio e plutonio, troverete che non erano malaccio, a risentirli oggi, neanche i commenti di quell’altra madonna pellegrina dell’atomo, Umberto Fukushima Veronesi, quando si sperticava in elogi per l’assoluta sicurezza del nucleare. Forse era inconsapevole di un anagramma di Umberto Veronesi: “tumori: ve ne serbo?”.
Lo so che non c’è due senza tre. Godetevi perciò lo slogan di Pierfukushima Casini: «Ripercorrere la via del nucleare»:
Ed è solo per completezza che vi lascio alle «centrali assolutamente sicure» vantate davanti a Sarkozy da Silvio Beluskushima:
C'è un referendum che ci aspetta. Cerchiamo di vincerlo.
La Germania spegne i reattori
di Emanuela Pessina - Altrenotizie - 15 Marzo 2011
Alla luce dell’enorme crisi che sta colpendo la centrale nucleare giapponese Fukushima Daichi (nord-est del Giappone), la Germania ha deciso di sospendere l'attività delle vecchie centrali atomiche presenti nel Paese. È quanto risulta dalle più recenti dichiarazioni di una perturbata Cancelliera Angela Merkel (CDU), che ha annunciato la decisione ieri durante un incontro con la stampa a Berlino.
All’inizio del 2010, il Governo di Angela Merkel (CDU) aveva deciso di mantenere in attività 17 centrali nucleari per una media di 10 anni oltre la chiusura prevista: l’abbandono del nucleare era stato deciso da Verdi e Socialdemocratici (SPD) nel 2000 per favorire la diffusione delle energie rinnovabili, un mercato costoso e impegnativo che difficilmente trova spazio se messo in concorrenza con gli incredibili rendimenti del nucleare.
Più che una mossa per il bene comune dei cittadini tedeschi, tuttavia, il ritorno all’energia nucleare era stato visto da subito come chiaro favoritismo alle lobby dei grossi produttori energetici, da cui avrebbe guadagnato indirettamente anche il Governo di Berlino e l’economia tedesca.
L’incommensurabile catastrofe che ha colpito il Giappone, tuttavia, sembra aver fatto cambiare idea alla Cancelliera e al suo Governo. “Le condizioni di sicurezza di ogni impianto saranno analizzate da vicino senza nessun tabù”, ha rassicurato la Merkel annunciando, quasi a sorpresa, che il prolungamento dell’attività dei reattori su suolo tedesco verrà sospeso per tre mesi.
In un primo momento, in realtà, la Merkel aveva risposto alla crisi giapponese semplicemente prospettando maggiori controlli e promettendo di trarre tutti gli insegnamenti possibili dalla situazione in corso in Giappone.
Anche se la Cancelliera non aveva convinto nessuno: la stampa ha subito notato una certa insicurezza, quasi fosse lei stessa la prima a non credere alle proprie parole. E il repentino cambio d’opinione sembra andare ora a comprovare tale sensazione.
La disgrazia che sta colpendo il Giappone ha risvegliato immediatamente anche l’anima del popolo tedesco, che non ha tardato a ribadire la propria opinione ed è sceso nuovamente in piazza contro il prolungamento delle centrali. Sabato scorso, quasi 60mila manifestanti hanno circondato una vecchia centrale nucleare presso Stoccarda (Sud- Ovest della Germania) per esprimere solidarietà al Giappone e protestare contro la politica del nucleare.
In realtà, la Germania si era già espressa contro il prolungamento dell’attività dei reattori a novembre 2010, in occasione dell’arrivo di un carico di scorie radioattive a Gorleben (Germania del Nord): già allora 40mila persone avevano occupato i binari in una protesta che si era protratta per quasi una settimana.
Il motivo per cui Berlino abbia cambiato idea in maniera così repentina rimane di certo ancora poco chiaro. Qualcuno crede che cristiano- democratici, liberali e cristiano- sociali - le forze al Governo - abbiano cominiciato ad ascoltare i propri cittadini proprio alla luce della paura nata in seno alla catastrofe giapponese; ma si tratta di una minoranza.
L’opposizione sospetta piuttosto che la sospensione dell’attività nucleare sia solo temporanea in vista delle numerose elezioni regionali che aspettano la Germania nel 2011, ben sei di cui la prima avrà luogo domenica prossima in Sassonia-Anhalt: l’elettorato è sensibile a questo tipo di catastrofi, forse perché ha più rispetto nei confronti dei propri simili e, di sicuro, ha meno da guadagnare dagli affari dei potenti.
Rimane comunque positivo il segnale lanciato da Berlino: l’attenzione della politica è tutta per Fukushima e il Governo accetta di affrontarla apertamente per la sua gravità, senza nascondersi dietro inutili scuse.
E, nonostante i dubbi sollevati dall’opposizione tedesca, rimane una posizione sicuramente più onesta di quella di certi altri Paesi, in cui la riflessione sulla drammaticità del momento corre il rischio di venire definita, in maniera arrogante e irrispettosa nei confronti di chi rischia la vita nell’incertezza della crisi in Giappone, "sciacallaggio politico a fini domestici".
Anche perché l’attuale catastrofe di Fukushima avviene 25 anni dopo Chernobyl, in un’epoca in cui gli esperti del nucleare predicano sicurezza assoluta e sembrano aver dimenticato i rischi veri, quei rischi che non derivano dalle mancanze umane, ma dall’imprevisto.
L’imprevisto non ha manuale né regole e Fukushima dimostra una cosa sola: il nucleare era e rimane un esperimento non compiuto condotto sulla terra e sulla nostra pelle. Nessuna certezza e nessuna garanzia a fronte di un procedimento che arricchisce pochi a rischio di tutti..
Mentre di ora in ora si aggrava l’allarme in Giappone per la centrale di Fukushima scossa dal devastante terremoto che ha provocato migliaia di vittime, la Germania ha deciso di sospendere la propria attività nucleare: la cancelliera Angela Merkel ha bloccato il prolungamento del ciclo operativo dei 16 reattori atomici tedeschi ancora in funzione, mentre l’Austria chiede un riesame dell’energia nucleare a livello europeo e la stessa Svizzera ha bloccato la procedura per l’autorizzazione di tre nuovi siti.
Mentre a Fukushima si teme l’ipotesi peggiore – la fusione del “nocciolo” nucleare del reattore in avaria – l’Europa sembra orientata verso un drastico cambio di rotta: basta col nucleare, via libera alle energie rinnovabili.
La frenata della Germania giunta tempestivamente, con l’aggravarsi dell’emergenza nucleare in Giappone. Per il 15 marzo, scrive Andrea Tarquini su “Repubblica”, la Commissione Europea terrà un vertice a Bruxelles con i responsabili ufficiali dei paesi Ue in possesso di centrali nucleari e con i gestori degli impianti.
«Lo scenario di un addio al nucleare e di una conversione il più veloce possibile della produzione energetica nel Vecchio continente, dall’atomo alle energie rinnovabili, sembra diventare sempre più realtà», scrive Tarquini, commentando la scelta della Germania: la Merkel ha annunciato che il prolungamento della vita operativa delle centrali tedesche sarà sospeso per 3 mesi, e tutto indica che la decisione non verrà abbandonata, almeno finché un severo e profondo controllo e riesame dei livelli di sicurezza non verrà concluso.
Secondo la Cancelleria federale, i controlli sulle centrali tedesche saranno orientati proprio in base alla tragica esperienza delle centrali atomiche giapponesi.
Il ministro dell’Economia, il liberale Rainer Bruederle, ha auspicato un passaggio più rapido del previsto alle energie rinnovabili, da cui entro i prossimi decenni la Germania vuole già ricavare il 30% del suo fabbisogno energetico.
E le Borse, con il crollo generalizzato delle aziende che gestiscono l’industria nucleare sulla spinta dello shock giapponese, sembrano confermare questo trend. «La svolta di Angela Merkel – scrive Tarquini – è di primaria importanza politica, e ancora una volta la Germania da paese-leader può influenzare con le sue scelte gli orientamenti di fondo del resto dell’Europa».
La Repubblica federale, che attualmente ricava circa il 30% del suo fabbisogno dai 16 reattori ancora in funzione, aveva deciso l’addio a tappe al nucleare già nel 1998. In base a un calendario di chiusura cadenzata – spegnere prima i reattori più vecchi e meno moderni – l’ultima centrale avrebbe dovuto chiudere entro il 2023. La scelta, continua “Repubblica”, è stata confermata nel 2005 con l’avvento del primo governo Merkel.
Quando nel 2009 la cancelliera decise di provare a prolungare la vita delle centrali atomiche tedesche fu duramente criticata dagli ambientalisti. Ora è lei stessa a frenare, incoraggiata anche da esponenti del partito liberale che le suggeriscono addirittura di spegnere immediatamente 8 dei 16 reattori ancora attivi.
«Il ripensamento è in atto a tappe forzate in tutta Europa», osserva Tarquini. Per il commissario europeo all’energia, Guenther Oettinger, «il caso giapponese ha cambiato il mondo e molte situazioni reali che giudicavamo sicure sono ora rimesse in discussione».
L’Austria, che decenni fa dopo un referendum decise di rinunciare alla sua unica centrale, ora chiede una verifica e controlli di sicurezza in tutte gli impianti atomici europei, come conferma il ministro dell’Ambiente di Vienna, Nikolaus Berlakovitch.
Dal canto suo, il Belgio sta ripensando a fondo l’uso dell’energia nucleare, dice Annemie Turtelboom, ministro dell’Ambiente, nonostante Bruxelles ricavi oltre il 70% del fabbisogno dai suoi reattori.
«Lo shock per il dramma nipponico e i suoi terribili insegnamenti pesano più di ogni altra considerazione», scrive Tarquini. Ripensamenti di fondo, dicono fonti dell’Unione Europea a Bruxelles, si sono aperti anche in Polonia, il paese europeo dove l’economia cresce più velocemente, e il cui governo aveva deciso recentemente di costruire una prima, peraltro modernissima centrale atomica.
In Svizzera, paese non aderente alla Ue, il governo ha deciso di sospendere la procedura di domande autorizzative per la prevista costruzione di tre nuove centrali nucleari. «La sicurezza ha la massima priorità, e la procedura non sarà riavviata finché non verrà fatta un’analisi approfondita dei sistemi di sicurezza e non si sarà proceduto a un loro eventuale aggiornamento», spiega da Berna la ministra dell’Ambiente e dell’Energia, Doris Leuthard.
Ma non è tutto: persino in Francia, il paese europeo più convinto della giustezza della scelta del nucleare civile, dubbi e paure si diffondono. Gli ecologisti, scrive “Repubblica”, hanno chiesto un referendum sul futuro dell’atomo.
Parigi ha in funzione 59 reattori civili più uno per le bombe atomiche, e sta costruendo un nuovo, gigantesco impianto. «Da decenni, la commistione d’interessi e strategie tra potere politico, industria e lobby dell’atomo è una realtà importante dell’establishment francese», osserva Tarquini.
«I ripensamenti polacchi possono influenzare anche le scelte future delle altre democrazie del centro-est europeo che, per sostenere la loro espansione economica da dopo la caduta dell’impero sovietico, hanno puntato più a fondo sul nucleare, come la Repubblica Ceca e la Slovacchia».
In controtendenza l’Italia: vorrebbe rientrare nel “club nucleare” europeo, ma è l’Europa che ora sembra non voglia più saperne di centrali atomiche (info: www.repubblica.it).