I media maistream globali stanno naturalmente cercando di mettere tutte le sordine possibili su ciò che sta effettivamente avvenendo. Relegano ormai l'argomento nelle pagine centrali dei quotidiani cartacei o in fondo nelle homepages delle versioni online.
Ma, anche se col contagocce, qualcosa si viene sempre a sapere perchè talmente eclatante da non poter essere più nascosto all'opinione pubblica giapponese e del resto del mondo.
Infatti, secondo quanto riferito dai tecnici della Tepco (la società che gestisce l'impianto nucleare) iodio radioattivo 131 è stato rilevato in una falda acquifera situata a circa 15 metri sotto la centrale nucleare di Fukushima.
Un campione d'acqua prelevato due giorni fa sotto il reattore n.1 ha mostrato un tasso di 430 becquerel per cm3, valore di 10.000 volte superiore a quello consentito.
Inoltre il ministero giapponese della Sanità ha denunciato oggi la presenza di livelli “abnormi” di cesio radioattivo in un campione di carne di manzo prelevato nella prefettura di Fukushima.
Nel campione di carne, riferisce l'agenzia stampa Kyodo, sono stati rinvenuti 510 becquerel di cesio radioattivo. Il livello massimo consentito è di 500 becquerel.
Greenpeace ha precisato poi che la contaminazione deriva dal Cesio 137 - il quale a differenza dello Iodio 131 decade molto più lentamente - e che “ci vorranno 3 secoli per sbarazzarsi di questa contaminazione”. Campa cavallo...
Ma non è finita qui.
Nell'area intorno alla centrale nucleare di Fukushima sono stati contati circa un migliaio di corpi di persone uccise dal terremoto/tsunami dell'11 marzo e a distanza di 20 giorni quei corpi si trovano ancora lì visto che nessuno ha il coraggio di raccoglierli. Sono troppo radioattivi.
Può bastare.....per oggi....
Traduzione a cura di Stefano Pravato per www.ilcambiamento.it
Hirose Takashi, esperto di nucleare e autore di Nuclear Plants for Tokio, intervistato dalla tv Asahi NewStar, il 17 marzo scorso, rilascia importanti dichiarazioni in merito ai segreti e alle bugie che ruotano attorno al disastro di Fukushima e ai suoi reattori.
Hirose Takashi ha scritto un intero scaffale di libri, per lo più sul settore nucleare e il settore militare-industriale. Il suo libro più noto è probabilmente Nuclear Plants for Tokio – Impianti Nucleari per Tokio - in cui egli porta la logica dei promotori del nucleare alla sua logica conclusione: se siete sicuri che siano così sicuri, perché non costruire gli impianti nel centro della città, invece che a centinaia di chilometri di distanza provocando la dispersione di metà dell’energia elettrica nel passaggio sui cavi?
Ha rilasciato l'intervista tv, parzialmente tradotta qui di seguito, un po' contro i suoi impulsi presenti. Gli ho parlato al telefono oggi (22 marzo 2011) e mi ha detto che, mentre al tempo della costruzione aveva senso opporsi al nucleare, adesso che il disastro era cominciato egli avrebbe preferito rimanere in silenzio, solo che le bugie che stanno raccontando la radio e la TV sono così gravi che non può stare zitto.
Ho tradotto solo il primo terzo del colloquio (potete vedere tutto, in giapponese, su you-tube), la parte che riguarda in particolare quello che accade negli impianti di Fukushima. Nella seconda parte ha parlato di quanto sia pericolosa radiazione in generale, e anche della minaccia costante dei terremoti.
Dopo aver letto il suo racconto, vi domanderete perché continuino a spruzzare acqua sul reattori, invece di adottare la soluzione del sarcofago (cioè ricoprire i reattori col cemento ndc.) Penso che ci siano almeno due risposte. Per prima cosa, si tratta di reattori costosi e non possono sopportare l'idea di una colossale perdita economica.
Ma, ancora più importante, accettare la soluzione sarcofago vuol dire ammettere che si sbagliavano e che non riescono a sistemare i malfunzionamenti. Da un lato c’è un senso di colpa troppo grande da sopportare per un essere umano. Dall’altro, significa la sconfitta dell'idea dell’energia nucleare, un'idea cui si aggrappano con devozione quasi religiosa.
E non significa solo la perdita di quei sei (o dieci) reattori, significa anche spegnere tutte le altre, una catastrofe finanziaria. Se solo riuscissero a raffreddarli e a farli ripartire potrebbero dire: “Avete visto, dopo tutto, l'energia nucleare non è poi così pericolosa”. Fukushima è un dramma, cui assiste il mondo intero, che può terminare con la sconfitta o - nella loro fragile speranza, che reputo priva di fondamento - la vittoria per l'industria nucleare. Le parole di Hirose possono aiutarci a capire in cosa consista il dramma.
Hirose Takashi: L’incidente della Centrale Nucleare di Fukushima e lo Stato dei Media
Trasmesso da Asahi NewStar, 17 marzo 20:00
Intervistatori: Yoh Sen'ei e Maeda Mari
Yoh: Oggi molte persone stanno vedendo che viene versata acqua, da sopra e da sotto, sui reattori, ma è una cosa efficace?
Hirose:... Se si vuole raffreddare un reattore con acqua, è necessario far circolare l'acqua all'interno e trasportare via calore, altrimenti non ha alcun significato. Quindi l'unica soluzione è quella di ricollegare l'elettricità. Diversamente è come versare acqua sulla lava.
Yoh: Ricollegare l'elettricità – cioè riavviare il sistema di raffreddamento?
Hirose: Sì. L'incidente è stato causato dal fatto che lo tsunami ha allagato i generatori di emergenza e portato via i relativi serbatoi di carburante. Se non si rimedia a questo, non c'è modo di rimediare all’incidente.
Yoh: La TEPCO [Tokyo Electric Power Company, proprietario/gestore degli impianti nucleari] dice che per stasera si aspetta di portare una linea ad alta tensione.
Hirose: Sì, c'è un po' di speranza. Ma ciò che è preoccupante è che un reattore nucleare non è quello che fanno vedere le immagini stilizzate (mostra l’immagine di un reattore, come quelle utilizzate in TV). Questa è solo una figurina. Ecco cosa c’è sotto il contenitore di un reattore (mostra una fotografia).
Questa è la parte terminale del reattore. Dia un'occhiata. Si tratta di una foresta di leve di commutazione, cavi e tubazioni. In televisione si vedono questi pseudo-esperti che forniscono spiegazioni semplici, ma quei professori accademici non sanno nulla. Solo gli ingegneri sanno. Questo è il posto dove hanno versato l’acqua. Questo labirinto di tubi è sufficiente a farti venire le vertigini.
La sua struttura è dannatamente troppo complessa per capirla. Da una settimana ci stanno versando acqua sopra. E si tratta di acqua salata, vero? Versi acqua salata sopra una piastra bollente e cosa pensi che succeda? Si ottiene il sale.
Il sale entrerà in tutte queste valvole e le ostruirà. Non riusciranno a muoversi. Questo sta succedendo dappertutto. Quindi non posso credere che sia solo una semplice questione di ricollegare l'elettricità e l'acqua inizierà a circolare.
Credo che qualsiasi ingegnere con un po' di fantasia sia in grado di capirlo. Si prende un sistema incredibilmente complesso come questo e poi praticamente gli si rovescia addosso dell'acqua da un elicottero - forse hanno qualche idea di come ciò possa funzionare, ma io proprio non lo capisco.
Yoh: Ci vorranno 1300 tonnellate di acqua per riempire le piscine che contengono le barre di combustibile esaurito dei reattori 3 e 4. Questa mattina 30 tonnellate. Poi l’esercito ne immetterà altre 30 tonnellate con cinque camion. Questo non è neanche lontanamente sufficiente, devono proseguire continuamente. Questo spruzzamento d'acqua coi tubi può permettere di cambiare la situazione?
Hirose: In linea di principio, non può. Anche quando è in buona forma, un reattore richiede un controllo costante per mantenere la temperatura alla quale è appena appena sicuro. Ora dentro c’è un gran pasticcio, e quando penso ai 50 operatori rimasti, mi vien da piangere. Presumo che siano stati esposti a grandi quantità di radiazioni, e che abbiano accettato di trovarsi ad affrontare la morte per rimanere lì.
E per quanto tempo possono durare? Fisicamente, intendo. Finora la situazione ha portato a questo. Quando vedo queste cronache in televisione, vorrei dire loro, "Se questo è quello che pensi, allora vai lì e fallo tu!" Davvero, dicono queste sciocchezze, cercando di rassicurare tutti, cercando di evitare il panico. Ciò di cui abbiamo bisogno ora è una ragionevole paura. Perché la situazione è giunta al punto in cui il pericolo è reale.
Se io fossi il primo ministro Kan, ordinerei di fare quello che l'Unione Sovietica ha fatto quando esplose il reattore di Chernobyl, la soluzione sarcofago, seppellire tutto sotto il cemento, mettere al lavoro tutti i cementifici del Giappone e scaricare cemento dal cielo sugli impianti. Perchè si deve ipotizzare il caso peggiore. Perché? Perché a Fukushima vi è l'impianto Daiichi con sei reattori e impianto Daini con quattro per un totale di dieci reattori.
Se anche uno solo di essi degenera nel caso peggiore, i lavoratori devono evacuare dal sito o rimanervi e perire. Così, per esempio, se uno dei reattori a Daiichi collassa, per gli altri cinque sarà solo una questione di tempo. Non potremo sapere in quale ordine collasseranno anche loro, ma sicuramente capiterà a tutti. E se questo accade, Daini non è poi così lontano, così probabilmente anche quei reattori cederanno. Perché suppongo che i lavoratori non potranno rimanere lì.
Sto parlando del caso peggiore, ma la probabilità non è bassa. Questa è la minaccia cui il mondo sta assistendo.
Solo in Giappone la si sta nascondendo. Come sapete, dei sei reattori della Daiichi, quattro sono in uno stato di crisi. Quindi, anche se in uno tutto andasse bene e la circolazione dell'acqua venisse ripristinata, gli altri tre potrebbero ancora cedere. Ma in crisi ce ne sono quattro, e di ipotizzare la riparazione al 100 per cento di tutti e quattro e per tutti e quattro al 100 per cento, mi dispiace dirlo, ma io sono pessimista.
Se è così, per salvare il popolo, dobbiamo pensare a qualche modo per ridurre la dispersione di radiazioni al livello più basso possibile. Non con pompe per sparare acqua, come acqua spruzzata su un deserto. Dobbiamo ipotizzare che tutti e sei gli impianti cedano, e la possibilità che ciò accada non è bassa. Tutti sanno quanto tempo ci vuole ad un tifone per passare sopra al Giappone, grosso modo una settimana.
Cioè, con una velocità del vento di due metri al secondo, potrebbero bastare circa cinque giorni per coprire di radiazioni tutto il Giappone. Non stiamo parlando solo di distanze di 20, 30 o 100 chilometri. Ciò significa, naturalmente, Tokyo, Osaka. Questo è quanto velocemente una nube radioattiva potrebbe diffondersi. Naturalmente dipende dalle condizioni del tempo, non possiamo sapere in anticipo come le radiazioni si diffonderebbero. Sarebbe bello se il vento soffiasse verso il mare, ma non può farlo per sempre. Due giorni fa, il 15, il vento soffiava verso Tokyo. Ecco come può succedere…
Yoh: Ogni giorno l’amministrazione locale misura la radioattività. Tutte le stazioni televisive dicono che mentre anche se le radiazioni sono in aumento, non sono ancora abbastanza elevate da rappresentare un pericolo per la salute. Fanno il confronto con una lastra di raggi X allo stomaco, o per esempio, con una TAC. Qual è la verità?
Hirose: Prendiamo ieri, per esempio. Intorno alla Stazione Daiichi di Fukushima hanno misurato 400 millisievert – quantità in un’ora. Con questa misura (il capo di gabinetto) Edano ha ammesso per la prima volta che vi era un pericolo per la salute, ma non ha spiegato cosa significa. Tutti i mezzi di informazione hanno colpa in questo, credo. Stanno dicendo cose stupide, ad esempio, perché siamo esposti a radiazioni per tutto il tempo nella nostra vita quotidiana, e riceviamo radiazioni provenienti dallo spazio.
Ma questo è un millisievert per anno. Un anno ha 365 giorni, un giorno ha 24 ore; moltiplicando 365 per 24, si ottiene 8.760. Moltiplicando questo per i 400 millisievert, si ottiene 3.500.000 volte la dose normale. Questo lo chiamate dose sicuro? E quale media ha riferito questo? Nessuno. Essi fanno il confronto con una TAC, che termina in un istante, che non ha nulla a che fare con ciò di cui parliamo.
La ragione per cui la radioattività può essere misurata è che il materiale radioattivo fuoriesce.
Quello che è pericoloso è quando il materiale entra nel vostro corpo e irradia dall'interno. Questi studiosi al servizio dell’industria vanno alla TV e cosa dicono? Dicono che allontanandosi le radiazioni si riducono in proporzione inversa al quadrato della distanza. Voglio asserire l’inverso. L’irradiazione interna accade quando il materiale radioattivo viene ingerita nel corpo.
Che cosa succede? Diciamo che ci sia una particella nucleare a un metro di distanza da voi. La respirate e si attacca all’interno del vostro corpo; la distanza tra voi e lei è ora a livello di micron. Un metro è di 1000 millimetri, un micron è un millesimo di millimetro. Questo è mille volte mille: mille al quadrato. Questo è il vero significato di "proporzione inversa al quadrato della distanza." L’esposizione alle radiazioni è aumentata di un fattore pari a un trilione.
Inalare anche la più piccola particella, questo è il pericolo.
Yoh: Quindi fare il confronto con i raggi X e TAC non ha alcun significato. Perché il materiale radioattivo può essere inalato.
Hirose: Esatto. Quando entra nel corpo, non si può dire dove andrà. Il pericolo maggiore è per le donne, specialmente le donne incinte e i bambini piccoli. Adesso stanno parlando di iodio e cesio, ma questa è solo una parte di ciò, non stanno usando gli strumenti di rilevazione adeguati. Quello che chiamano monitoraggio è solo la misurazione della quantità di radiazione nell’aria. I loro strumenti non mangiano. Quello che misurano non ha alcun legame con la quantità di materiale radioattivo...
Yoh: Quindi i danni da raggi radioattivi e danni da materiale radioattivo non sono gli stessi.
Hirose: Se chiedete, se ci sono raggi radioattivi provenienti dalla centrale nucleare di Fukushima qui, in questo studio, la risposta sarà no. Ma le particelle radioattive sono portate qui dall'aria. Quando il nucleo comincia a fondere, all'interno gli elementi come lo iodio diventano gas. Esso sale verso l'alto, quindi se c'è qualche crepa fuoriesce all'esterno.
Yoh: Esiste un modo per rilevarlo?
Hirose: È stato detto da un giornalista che ora TEPCO non è nemmeno in grado di svolgere un monitoraggio regolare. Prendono soltanto misure occasionali e queste diventano la base per le dichiarazioni di Edano. Si dovrebbero rilevare le misure in maniera costante, ma non sono in grado di farlo. E si dovrebbe indagare cosa sta fuoriuscendo e in che quantità.
Ciò richiede strumenti di misura molto sofisticati. Non si può fare mantenendo un semplice posto di controllo. Non va bene nemmeno per misurare il solo livello di radiazioni dell’aria. Spostarsi in auto in auto, prendere una misura, è alto, è basso - non è questo il punto.
Abbiamo bisogno di sapere che tipo di materiali radioattivi stanno uscendo e dove stanno andando e attualmente non hanno un sistema per farlo.
Fukushima: dramma annunciato
di Mario Braconi - Altrenotizie - 31 Marzo 2011
Souteigai (totalmente inatteso, in Giapponese): con questo aggettivo hanno descritto il terremoto di magnitudo 8,9 Richter e il conseguente tsunami i rappresentanti delle istituzioni nipponiche e quelli della Tokyo Electric Company (TEPCO), la società elettrica che gestisce l’impianto di Fukushima.
Benché non occorra il conforto della scienza per comprendere come questa valutazione sia non solo errata, ma anche in malafede, un servizio molto accurato pubblicato da Reuters USA, il 29 marzo, conferma l’impressione fornita dal buonsenso: in effetti, tutte le istituzioni chiamate a garantire la sicurezza dei cittadini giapponesi, pur essendo nelle condizioni di prevedere e contenere i danni di un evento disastroso tutt’altro che improbabile, hanno preferito ignorare allarmi, segnali e risultati di ricerche effettuate sul campo.
Non solo: da un punto di vista politico, alla luce dei molti elementi di fatto riportati dall’agenzia di stampa, è evidente un impressionante rimbalzo di responsabilità, a due livelli: dal governo e dalle (ben) tre agenzie per l’energia atomica al gestore e da quest’ultimo al personale del singolo impianto.
Reuters ha messo le mani sul rapporto presentato nel luglio del 2007 dal team di Toshiaki Sakai, tecnico anziano della TEPCO, alla Conferenza Internazionale sull’Ingegneria Nucleare di Miami: da quel documento, realizzato sulla base di ricerche pluriennali, si evinceva come una delle strutture più a rischio della società elettrica fosse proprio l’impianto Dai-Ichi di Fukushima. Nella zona in cui sorge la struttura, infatti, i terremoti di magnitudo pari o superiore ad 8 sono tutt’altro che infrequenti; se ne sono registrati ben 4 in quattrocento anni.
Secondo Sakai, inoltre, non vi era alcun dubbio che, nel corso di un cinquantennio, la struttura avrebbe dovuto sopportare uno se non due tsunami con onde non inferiori ai due metri; in ogni caso, la probabilità che l’inevitabile tsunami potesse superare i sei metri era stimata “non inferiore al 10%”.
Questo dato, apparentemente tecnico, è in verità di importanza essenziale: la diga che protegge la struttura dalla furia del mare, infatti, è alta proprio sei metri: troppo poco, visto che le onde dello tsunami che ha invaso l’impianto nucleare 11 marzo scorso erano alte quattordici metri.
Il limite dei sei metri era funzione delle conseguenze del terremoto che colpì il Cile nel 1960, provocando uno tsunami in Giappone con onde per l’appunto di quelle dimensioni.
La cosa sorprendente, però, è che, nonostante una ricerca della stessa TEPCO di quattro anni fa avesse messo in guardia sull’elevato rischio di una protezione così bassa, nulla sia stato fatto per migliorare la resistenza della centrale ad un maremoto.
In effetti altri operatori elettrici hanno riconosciuto l’importanza di questo fattore: il personale della centrale di Onagawa della Tohoku Electric Power Company, più vicina di ben 75 chilometri all’epicentro del terremoto è riuscito a spegnere i reattori in sicurezza mentre il sistema di raffreddamento ha continuato regolarmente a funzionare. Questo perché è costruita a 15 metri sul livello del mare.
Non solo: come ha candidamente spiegato il governo giapponese all’agenzia ONU sull’energia atomica (AEIA) nel 2008 “non esistono vincoli di legge a rivisitare con regolarità gli standard di sicurezza dei siti”.
Se da un lato le agenzie che si occupano di energia atomica in Giappone non hanno mai escluso la possibilità di un incidente nucleare grave (fusione del nocciolo), dall’altro esse hanno sempre associato a tale evento una probabilità estremamente bassa (secondo un documento ufficiale del 1992, esso potrebbe verificarsi una volta ogni 185 anni).
Talmente bassa che alla Commissione per la Sicurezza Nucleare giapponese è sembrato perfettamente naturale, nel dicembre 2010, affidare la gestione dell’eventuale emergenza direttamente alle società produttrici. Impossibile non concordare con Hideaki Shiroyama, professore all’università di Tokio ed esperto di politiche di sicurezza nucleare: “Tanto i regolatori che la TEPCO stanno solo cercando di sfuggire alle loro responsabilità”.
Mentre negli Stati Uniti, a seguito dell’incidente di Three Mile Island, gli standard prevedono la costruzione di sfiatatoi rinforzati che, in maniera non troppo dissimile dalla canna di un’arma da fuoco, permettono alla pressione in eccesso di uscire senza che avvengano danneggiamenti al canale e soprattutto senza provocare esplosioni nel reattore, i regolatori giapponesi non hanno imposto agli operatori di adeguarsi a questa elementare misura di sicurezza.
A dire il vero, l’idea di aprire i (vulnerabili) sfiatatoi di Fukushima, assunta in un momento di panico generale, è stata una delle cause principali del disastro: secondo un esperto giapponese sentito da Reuters, una simile manovra equivale ad accendere una fiamma ossidrica dentro il serbatoio di un’automobile. Non per niente, a sei ore dall’apertura degli sfiatatoi, il reattore n. 1 è esploso.
E’ già piuttosto singolare che un regolatore deleghi i suoi compiti al soggetto controllato, specialmente quando i rischi per la salute pubblica e gli interessi economici sono così cospicui e sovente in conflitto tra loro; se non fosse che l’immagine della TEPCO come operatore era già gravemente compromessa.
Basti ricordare che, nel corso dei 17 controlli di sicurezza effettuati dalla Nuclear Safety Agency Organization sugli stabilimenti della TEPCO dal 2005, sono state rilevate ben 18 anomalie, dieci delle quali dovute ad imperizia o errori del personale.
Nonostante ciò, la TEPCO continuava a godere della fiducia praticamente incondizionata delle istituzioni giapponesi, cosa che non mancò di attirare le critiche dell’AIEA.
Che vi sia qualcosa che non va nelle procedure della TEPCO si capisce anche dal fatto che il primo incidente al reattore n.2 di Fukushima è stato apparentemente causato dal fatto che, nel caos successivo al terremoto, nessuno si è ricordato (o ha potuto) rifornire di gasolio i generatori che alimentavano i dispositivi di pompaggio di acqua. Se essi avessero funzionato, avrebbero probabilmente impedito l’esplosione del reattore.
Nonostante questo sistema di controlli traballante, per non dire autolesionista, il governo giapponese ha continuato nella sua politica di rafforzamento dell’energia nucleare (tra gli obiettivi, quello di realizzare con l’atomo il 50% della produzione, e/o raddoppiare l’apporto rispetto al 2007).
Per questa ragione, solo un mese prima del terremoto, i regolatori avevano approvato un piano di estensione dell’operatività di Fukushima per altri dieci anni; il tutto anche se si erano già registrate carenze significative nella sala motori delle pompe e nonostante la stessa TEPCO ad un certo punto avesse ammesso di non aver effettuato ispezioni su ben 33 elementi collegati al sistema di raffreddamento, incluse le pompe stesse e i generatori destinati a partire in caso di emergenza.
In conclusione, si può ben dire che a provocare il disastro di Fukushima siano state, oltre alla furia degli elementi, una miscela distruttiva di errori progettuali ed imperizia umana, santificate da un criminale laissez faire delle istituzioni che avrebbero dovuto vigilare sulla sicurezza dei cittadini.
Fermo restando che il nucleare sicuro era e resta un mito, in un mondo perfetto, dove la vita umana fosse considerata prioritaria rispetto al profitto e all’orgoglio nazionale, forse si potrebbe immaginare un sistema di produzione di elettricità dall’atomo a rischio controllato: poiché invece nel mondo reale queste condizioni non vengono riscontrate, è inevitabile che si levi un “No” sonoro a questa forma di produzione di elettricità.
Il Giappone sulla strada per Olduvai
di Debora Billi - Il Fatto Quotidiano - 29 Marzo 2011
La teoria di Olduvai è stata elaborata da Richard Duncan nell’ormai lontano 1989 e ipotizza che la civiltà industriale, qui definita dalla produzione elettrica pro-capite, avrà una durata di vita pari a cento anni: 1930-2030.
Secondo Duncan, il surplus energetico che ha consentito lo sviluppo industriale globale ha già smesso di crescere e vedrà presto una rapida discesa, fino al ritorno ad una situazione di equilibrio energetico con le risorse naturali. Olduvai è il luogo, in Tanzania, considerato la culla della civiltà umana.
La teoria è stata accusata di catastrofismo e neomalthusianesimo, anche per il legame energia-popolazione e la previsione di un crash di quest’ultima in seguito al crollo della produzione elettrica.Ma l’ipotesi ritorna inevitabilmente alla mente quando si legge cosa sta succedendo in Giappone. Il Seattle Times, riportando un bell’articolo del Los Angeles Times, titola: “Il Giappone alle prese con un medioevo del XXI secolo”.
La produzione elettrica giapponese, per la chiusura delle centrali nucleari, ha subito un brusco taglio del 30%. Nove raffinerie di petrolio sono rimaste danneggiate, e al momento il 30% dei distributori di carburante di Tokio non ha nulla da vendere.
La capacità di raffinazione sta tornando alla normalità, ma il problema è che la domanda di carburanti è quasi triplicata a causa dell’emergenza che ha colpito mezzo Paese.
Le autorità locali chiedono carburante con persino più disperazione di quanto chiedano cibo o acqua o medicine.
Tokio sembra così avviarsi sulla strada per Olduvai e confortare la narrazione di Duncan. Le fabbriche chiudono a rotazione per mancanza di energia, e perché i dipendenti non hanno modo di recarsi al lavoro; le luci in casa si spengono alle 9 di sera, e lo skyline della metropoli è costellato da macchie di buio; gli eventi sportivi sono rimandati a data da destinarsi, i rifiuti si affastellano agli angoli delle strade perché i camion non hanno gasolio per effettuare la raccolta; i giornali dedicano intere pagine agli orari dei blackouts zona per zona.
“E’ abbastanza buio da essere anche un pochino spaventoso, e per la mia generazione è impensabile avere scarsità di elettricità“, dice un ragazzo. Secondo un ingegnere della compagnia elettrica intervistato in forma anonima dal Los Angeles Times, tale situazione potrebbe durare anche un anno.
Tokio sta lentamente diventando una wasteland. Pian piano, senza troppo rumore, pochi alla volta, i cittadini se ne vanno al sud in cerca di un posto migliore.
Incluso, a quanto pare, Masataka Shimizu, presidente della Tepco di cui non si hanno più notizie e che si sospetta fuggito dal Paese.
Mentre alle decine di migliaia di contadini profughi della zona intorno a Fukushima si comincia a spiegare, con tatto, che forse non potranno mai più mettere piede sulla terra che i loro padri hanno coltivato per millenni. Ma sembra che al momento rifiutino ostinatamente di afferrare il concetto.
“Conosco quei reattori, si rischia la catastrofe”
di Marco Maroni - Il Fatto Quotidiano - 31 Marzo 2011
Paolo Ruffatti ha guidato il programma atomico dell'Ansaldo: "Sarà molto peggio di Chernobyl. L'uranio bucherà il terreno e finirà nelle falde e nell'ambiente"
La situazione nella centrale nucleare di Fukushima è fuori controllo. Ieri lo hanno ammesso pubblicamente anche i vertici della Tepco (non c’era il presidente, forse ricoverato per problemi di ipertensione).
Il governo giapponese pensa a smantellare i sei reattori dell’impianto contro i quattro, quelli più mal messi, ipotizzati dalla compagnia. E mentre rimbalzano i dati sull’intensità delle radiazioni attorno alla centrale, sulla concentrazione di iodio 131 nell’acqua (ieri stimato in 3.355 volte sopra il valore limite consentito) e sulla nube radioattiva che sta sorvolando l’Europa, la tentazione è di farsi prendere da quell’emotività che tanto disturba gli sponsor del nucleare italiano.
Sensazione che prova anche chi di un impianto come quello di Fukushima è esperto. Paolo Ruffatti è l’ingegnere che tra il 1972 e il 1977 ha guidato l’officina meccanica dell’Ansaldo nucleare.
La società genovese in quel periodo ha costruito il reattore dell’impianto di Caorso, di due centrali svedesi (Forsmark) e della centrale francese Superphenix.
Quello di Caorso, fermato nell’86, è un reattore da 860 Megawatt con tecnologia Bwr: “Esattamente uguale a quello di Fukushima – dice Ruffatti – se non per il sistema di raffreddamento, che nella centrale giapponese è meno evoluto”.
L’ipotesi peggiore è la fusione del nocciolo, rischio sempre più imminente.
Che i noccioli dei reattori siano fusi è garantito, in tutti e tre i reattori attivi. Lo si è capito già nei primi giorni. Si è continuato a tentare di raffreddare l’impianto con l’acqua, ma bastano 12 ore perché inizi la fusione del nocciolo. O si riesce subito a raffreddare il nocciolo o la fusione va avanti.
Ora che può succedere?
Per quanto riguarda l’uranio che sta nelle barre, dopo aver fuso il contenitore primario, 350 millimetri di grafite e acciaio, precipita nel cosiddetto vessel, altro contenitore d’acciaio sul cui fondo c’è una piscina di soppressione, piena d’acqua.
Non sappiamo se l’acqua è ancora lì, io dubito. Se non c’è più, il nocciolo buca anche quello e poi la base in cemento quindi va a finire nel terreno, nelle falde e nell’ambiente.
Peggio di quel che è successo a Chernobyl, dove c’è stato rilascio di radiazioni più che altro nell’aria, e peggio di Three Mile Island (reattore Usa, incidente del 1979, ndr), lì il nocciolo è rimasto nel contenitore secondario e lo stanno ancora raffreddando. Si rischia di dover sfollare qualche decina di milioni di giapponesi.
Come si può evitare?
Bisognerebbe andare a vedere se le piscine di soppressione sono danneggiate o no, se c’è ancora acqua, ed eventualmente riempirle. Ma teniamo presente che le radiazioni sono tali che nessuno ora può lavorare là senza sacrificare la vita. I tecnici che abbiamo visto in tv al lavoro nella centrale hanno ancora pochi giorni da vivere.
Se il contenitore è danneggiato e manca l’acqua, cos’altro si può fare?
Non esiste alcuna tecnologia per affrontare questo problema. E non è solo quello il problema. A pochi metri c’è un’altra piscina che contiene le barre d’uranio di ricambio e il combustibile esausto.
Ho l’impressione che l’esplosione abbia danneggiato anche queste, vuol dire che ci sono le scatolette con le pastiglie di uranio arricchito che sono finite chissà dove. È roba che uccide un uomo in un’ora, ma bisogna trovarle, senza acqua di raffreddamento vanno in fusione anche quelle.
L’Europa ha deciso di fare degli stress test per verificare la sicurezza dei suoi impianti. Servono?
Dipende da cosa si intende per stress test: per esempio, per verificare se un contenitore primario dopo 40 anni è usurato, bisogna metterlo in pressione. È un’operazione costosa, pericolosa e comunque bisogna fermare l’impianto. Gli stress test meccanici ed elettromeccanici che servono richiedono grossi investimenti. Se si intende qualcos’altro, è solo propaganda per tenere a bada l’opinione pubblica.
“Iodio in mare? Situazione senza precedenti Difficile stimare i danni su organismi viventi”
di Luigi Franco - Il Fatto Quotidiano - 31 Marzo 2011
Dopo l'incidente nucleare al largo di Fukushima sono state rilevate concentrazioni di sostanze radioattive superiori ai limiti legali di 4.385 volte. Secondo l'esperto in biodiversità marina Giuseppe Notarbartolo di Sciara "la situazione è molto preoccupante, ma non ci sono dati per capire quali saranno le conseguenze sulle specie dell'oceano"
Ora a Fukushima fa paura anche la contaminazione del mare. Le concentrazioni di iodio radioattivo rilevate al largo della centrale nucleare sono in aumento: ieri superavano i limiti legali di 3.355 volte. Oggi di 4.385.
“La preoccupazione è grande”, ammette Giuseppe Notarbartolo di Sciara, docente di Scienza e politica di conservazione della biodiversità marina all’Università degli Studi di Milano e presidente dell’istituto di ricerca Tethys. L’Agenzia per la sicurezza nucleare giapponese minimizza i rischi per l’uomo: la popolazione locale è stata evacuata e l’attività di pesca nella zona è stata bloccata.
Ma quali sono le conseguenze per la flora e la fauna marina, professor di Sciara?
Ogni volta che un elemento radioattivo entra in contatto con un organismo vivente può generare, come accade per l’uomo, sia danni diretti sia effetti a lungo termine, come mutazioni genetiche. Ma le conoscenze sono insufficienti per prevedere gli effetti nel mondo subacqueo.
Casi analoghi in passato?
Eventi precedenti non si prestano facilmente a paragoni. Sugli effetti dei test nucleari condotti in Polinesia a partire dagli anni ’50 le informazioni scarseggiano. I rilevamenti compiuti sulla barriera corallina locale oltre cinquant’anni dopo non hanno evidenziato particolari sofferenze nei coralli. E l’incidente di Chernobyl non ha avuto effetti eclatanti sulle condizioni dell’ambiente marino in Mar Nero.
A differenza della catastrofe del 1986 in Ucraina, a Fukushima pare ci sia uno sversamento di sostanze radioattive in mare.
Appunto, è una situazione nuova. Gran parte delle nostre conoscenze su questo tipo di problemi temo che verrà proprio dagli eventi di quest’anno in Giappone.
Quali altri fenomeni possono contribuire a contaminare l’acqua del mare?
Le particelle radioattive presenti nell’atmosfera potrebbero essere veicolo di contaminazione in mare quando vi vengono depositate e si accumulano nei sedimenti, oppure fanno il loro ingresso nella rete alimentare. La stessa cosa ovviamente mediante la pioggia e il dilavamento in mare di acque dolci contaminate a terra o in atmosfera.
E’ questo il caso ad esempio degli scarichi provenienti da attività umane e delle acque marine impiegate per il raffreddamento dei reattori. Attraverso questi meccanismi la contaminazione potrebbe trasferirsi da aria e terra a mare, con effetti rilevanti sia sull’ambiente marino, sia sulle persone che ne consumano i prodotti.
Le conseguenze possono arrivare fino al Mar Mediterraneo?
Le specie migratrici, come tonni, mammiferi marini e uccelli si spostano anche di centinaia o migliaia di chilometri, ma non arrivano fino a noi. Più che gli organismi, i principali veicoli di trasporto della contaminazione nel mare sono l’atmosfera e la circolazione oceanica. Anche in questo caso gli effetti più rilevanti rimarranno circoscritti all’oceano Pacifico.