Un programma di armi segrete dentro la centrale nucleare di Fukushima?
di Yoichi Shimatsu* - www.globalresearch.ca - 12 Aprile 2011
Traduzione per www.comedonchisciote.org a cura di Micaela Marri
Il trattato di sicurezza U.S.A.- Giappone ha ritardato fatalmente la lotta contro il meltdown dei lavoratori nucleari
Le relazioni confuse e spesso contraddittorie della centrale nucleare 1 di Fukushima non possono essere unicamente il risultato dei guasti causati dallo tsunami, dai pasticci o dall’ incapacità di comunicare. Gli inspiegabili ritardi e le mal preparate spiegazioni della Tokyo Electric Power Company (TEPCO) e del ministero dell’economia, del commercio e dell’industria (METI) giapponese sembrano essere guidati da un qualche fattore sottaciuto.
Il fumo e gli specchi nella centrale 1 di Fukushima sembrano oscurare un fine fermo, una volontà di ferro ed un compito sgradevole sconosciuto ai non addetti ai lavori. La soluzione più logica: l’industria nucleare e le agenzie governative si stanno dando da fare per impedire la scoperta di strutture per la ricerca di armi atomiche nascoste dentro le centrali nucleari civili del Giappone.
Un programma segreto di armi nucleari è un “fantasma nella macchina”, intercettabile solo quando il sistema di controllo delle informazioni si guasta temporaneamente o crolla del tutto. Va notato il divario tra il resoconto ufficiale e gli eventi inattesi.
Relazioni contraddittorie
La TEPCO, il gestore dell’energia nucleare del Giappone, ha riferito inizialmente che tre reattori erano operanti al momento del terremoto e dello tsunami di Tohoku dell’11 marzo. Poi un’esplosione di idrogeno ha distrutto l’unità 3, alimentata con ossido misto (o MOX) di plutonio e uranio.
L’unità 6 è immediatamente scomparsa dall’elenco dei reattori operanti, mentre ondate di particelle altamente letali di plutonio si emanavano dall’unità 3. Il plutonio è il materiale usato per testate esplosive più piccole e più facilmente lanciabili.
Un incendio è scoppiato all’interno del recipiente danneggiato del reattore dell’unità 4, secondo quanto riferito a causa del surriscaldamento di barre di combustibile di uranio esausto in un bacino da raffreddamento asciutto.
Ma l’entità dell’incendio indica che questo reattore si stesse surriscaldando per fini diversi da quello della generazione di elettricità. La sua omissione dall’elenco delle operazioni per la generazione dell’energia elettrica ci fa domandare se l’unità 4 fosse stata usata per arricchire l’uranio, il primo passo del processo che porta all’estrazione di materiale fissionabile al livello di armi.
La massa di acqua marina contaminata dalle radiazioni in tutto il Pacifico è un altro pezzo del puzzle, perché non è possibile rintracciarne la fonte sotterranea (o, forse, non si può menzionare). Il labirinto allagato di tubature, dove sono stati trovati i corpi di due lavoratori nucleari dispersi – cosa mai rivelata prima alla stampa – potrebbe contenere la risposta al mistero: un laboratorio che nessuno osa nominare.
La guerra politica
Come reazione alla richiesta del primo ministro Naoto Kan di riportare prontamente i problemi, la lobby pronucleare si è chiusa a riccio, allontanando l’ufficio del primo ministro e privandolo di informazioni di vitale importanza.
Una grande alleanza di sostenitori del nucleare comprende ora la TEPCO, l’ideatrice della centrale General Electric, il METI, il Partito Liberal Democratico che prima era al potere e, secondo tutti i segni, la Casa Bianca.
I ministri di gabinetto responsabili delle comunicazioni e delle emergenze nazionali hanno recentemente dato una strigliata al capo del METI Banri Kaeda per aver agito, sia da promotore del nucleare che da regolatore responsabile dell’adesso imbavagliata commissione per la sicurezza industriale e nucleare.
La TEPCO ha replicato rapidamente, attribuendo al volo in elicottero del primo ministro il ritardo della fuga di gas volatili, che avrebbe causando un’esplosione nel reattore 2. Per “ragioni di sicurezza”, il presidente della TEPCO si è ritirato in un ospedale, tagliando la linea di comunicazione di Kan con la società e minando la sua visita al sito di Fukushima 1.
Kan è inoltre ostacolato dal suo antagonismo con il rivale del partito democratico Ichiro Ozawa, l’unico potenziale alleato con il potere di sfidare la formidabile coalizione pronucleare. Il leader dei Liberal Democratici, che ha sponsorizzato l’energia nucleare durante il suo mandato di quasi 54 anni, avrebbe appena fatto discorsi confidenziali con l’ambasciatore americano John Roos, mentre il presidente Barack Obama ha fatto dichiarazioni a sostegno [della costruzione] di nuove centrali nucleari in tutti gli U.S.A.
Tagliato fuori dalle comunicazioni
La sostanza dei discorsi non rivelati tra Tokyo e Washington può essere dedotta dai disturbi nelle mie recenti telefonate ad un collega giornalista giapponese. Mentre era all’interno della “zona calda” radioattiva, il suo numero è stato sconnesso dal roaming, insieme ai cellulari dei lavoratori nucleari a Fukushima 1, cui è impedito il contatto telefonico con il mondo esterno.
La sospensione del servizio non è dovuta ad errori di progettazione. Quando ho aiutato a preparare il piano di risposta alle crisi di Tohoku nel 1996, il mio sforzo è stato mirato ad assicurare che le stazioni base dei cellulari avessero una scorta o back up di alimentazione con rapida ricarica.
Una successiva telefonata quando il mio collega è tornato a Tokyo è stata interrotta quando ho menzionato la “GE”. Questo incidente è accaduto il giorno in cui il presidente della GE Jeff Immelt è atterrato a Tokyo con la promessa di ricostruire la centrale nucleare di Fukushima 1.
Una tale evidente intercettazione è possibile solo se il vettore telefonico nazionale NTT sta collaborando con il programma di intercettazioni di segnali dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale americana (NSA).
L’affare manciuriano
La catena di eventi dietro questa enorme fabbricazione risale a molti decenni fa. Durante l’occupazione militare giapponese del nord – est della Cina negli anni ’30, il governo fantoccio di Manchukuo fu costruito come una centrale elettrica economica e del tutto moderna per sostenere un Giappone sovrappopolato e la sua macchina militare.
Un economista di spicco chiamato Nobusuke Kishi lavorò strettamente con l’allora comandante della divisione occupante di Kanto, conosciuta dai Cinesi come l’Armata Kwantung, il generale Hideki Tojo. Stretti legami tra i militari e gli economisti coloniali portarono ad incredibili successi tecnologici, compreso il prototipo di un “treno proiettile” (o Shinkansen) e l’inizio della progettazione della bomba nucleare giapponese nella Corea del Nord.
Quando Tojo diventò primo ministro giapponese in tempo di guerra, Kishi prestava servizio come suo ministro del commercio e dell’economia, pianificando la guerra totale su scala globale. Dopo la sconfitta del Giappone nel 1945, sia Tojo che Kishi furono condannati come criminali di guerra di classe A, ma Kishi evitò la forca per ragioni ignote – probabilmente per la sua utilità per una nazione devastata dalla guerra.
La concezione del magro economista di un’economia gestita centralmente fornì il modello del MITI (Ministero per il Commercio Internazionale e per l’Industria), predecessore del METI, che creò il miracolo economico che trasformò il Giappone del dopoguerra in un superpotere economico.
Dopo essersi guadagnato, facendosi largo a gomitate, la benevolenza del segretario di stato di Eisenhower, John Foster Dulles durante la guerra fredda, nel 1957 Kishi fu eletto primo ministro. Il suo pupillo Yasuhiro Nakasone, ex ufficiale di marina e futuro primo ministro, aprì la strada alla campagna del Giappone perché diventasse un potere nucleare sotto la copertura della Atomic Energy Basic Law.
La complicità americana
Kishi negoziò segretamente un accordo con la Casa Bianca per consentire all’esercito americano di depositare bombe atomiche nella stazione navale aerea di Okinawa e Atsugi appena fuori Tokyo. (il caporale della marina Lee Harvey Oswald è servito da guardia dentro l’arsenale sotterraneo di testate esplosive di Atsugi). In cambio, gli U.S.A. acconsentirono che il Giappone intraprendesse un programma nucleare “civile”.
Fu richiesta una diplomazia segreta a causa del forte sentimento del pubblico giapponese contrario al nucleare, a seguito dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. Due anni fa, un testo dell’accordo segreto è stato riesumato da Katsuya Okada, ministro degli esteri nel gabinetto del primo ministro del primo partito democratico Yukio Hatoyama (che è rimasto in carica per nove mesi tra il 2009 e il 2010). Mancavano molti dettagli chiave del documento, che era stato rinchiuso dentro gli archivi del ministero degli esteri.
Il diplomatico veterano ora in pensione Kazuhiko Togo ha rivelato che le questioni più delicate erano contenute in brevi lettere integrative, alcune delle quali sono state tenute in una casa frequentata dal fratellastro di Kishi, il compianto primo ministro Eisaku Sato (che è stato in carica dal 1964 al 1972). Queste note diplomatiche più importanti, ha aggiunto Togo, sono state eliminate e successivamente sono scomparse.
Queste rivelazioni sono state considerate una maggiore questione in Giappone, tuttavia sono state ampiamente ignorate dai media occidentali. Con la centrale nucleare di Fukushima che va in fumo, il mondo sta ora pagando il prezzo di tale noncuranza giornalistica.
In occasione della sua visita in Gran Bretagna nel 1959, Kishi è stato portato in elicottero nella centrale nucleare di Bradwell nell’Essex. L’anno seguente è stata firmata la prima bozza del [trattato] di sicurezza tra U.S.A. e Giappone, nonostante le massicce proteste dei pacifisti a Tokyo.
In un paio d’anni la società inglese GEC ha costruito il primo reattore nucleare del Giappone a Tokaimura, prefettura di Ibaragi. Allo stesso tempo, appena prima delle olimpiadi di Tokyo del 1964, il nuovo “treno proiettile” recentemente inaugurato che sfrecciava lasciandosi alle spalle il monte Fuji, ha fornito la perfetta giustificazione per l’elettricità derivante dal nucleare.
Kishi ha pronunciato la famosa frase che “le armi nucleari non sono espressamente proibite” secondo l’articolo 9 della Costituzione del dopoguerra che proibisce i poteri belligeranti. Le sue parole sono state ripetute due anni fa da suo nipote, l’allora primo ministro Shinzo Abe. La “crisi” nordcoreana in corso è servita da pretesto per questa terza generazione dell’elite politica per lanciare l’idea di un Giappone armato con armi nucleari.
Molti giornalisti giapponesi ed esperti di intelligence presumono che il programma segreto sia sufficientemente avanzato per mettere insieme rapidamente un arsenale di testate esplosive e che siano stati condotti test sotterranei a livelli sottocritici con piccoli pellet di plutonio.
Sabotare l’energia alternativa
L’atteggiamento cinico della lobby nucleare si estende lontano nel futuro, strangolando alla nascita l’unica fonte praticabile di energia alternativa dell’arcipelago Giapponese – l’energia eolica. Nonostante decenni di ricerca, il Giappone ha solo il 5% dell’energia eolica della Cina, un’economia (almeno per il momento) di grandezza equiparabile. La Mitsubishi Heavy Industries, socia per l’energia nucleare della Westinghouse, produce turbine eoliche, ma solo per il mercato dell’esportazione.
La zona di alta pressione siberiana assicura una corrente forte e costante di vento sul Giappone settentrionale, ma le imprese di servizi pubblici della regione non hanno approfittato di questa risorsa energetica naturale. La ragione è che la TEPCO, che ha sede a Tokyo e controlla il più grande mercato dell’energia, si comporta come uno shogun nei confronti delle nove società energetiche regionali nonché la rete nazionale.
Le sue risorse economiche influenzano gli alti burocrati, gli editori e i politici come il governatore di Tokyo Shintaro Ishihara, mentre le ambizioni nucleari tengono i contractor della difesa e i generali dalla sua parte. Tuttavia la TEPCO non è precisamente il pezzo grosso. Il suo socio senior in questa mega impresa è frutto dell’ingegno di Kishi, il METI.
Il sito nazionale di misurazione del vento costiero non è sfortunatamente situato nella ventosa Hokkaido o a Niigata, ma più lontano nel sud-est, nella prefettura di Chiba. I risultati di questi test per decidere il destino dell’energia eolica non saranno resi noti fino al 2015. Lo sponsor di questo progetto pilota che procede così lentamente è la TEPCO.
La morte della deterrenza
Nel frattempo nel 2009 l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) ha espresso un debole ammonimento in merito all’aumentato interesse del Giappone per una bomba nucleare – e non ha fatto un bel niente.
La Casa Bianca deve chiudere un occhio sulle radiazioni che attraversano i cieli americani e sull’esposizione al rischio di un palese doppio standard sulla proliferazione nucleare di un alleato. Inoltre, la tacita approvazione di Washington di una bomba giapponese non rispetta la memoria né di Pearl Harbour, né di Hiroshima.
In sé e per sé, una capacità di deterrenza nucleare non sarebbe né obiettabile né illegale – nell’evento improbabile che la maggioranza dei Giapponesi votassero a favore di un emendamento costituzionale dell’articolo 9.
Il possesso legale richiederebbe ispezioni di sicurezza, stretti controlli e trasparenza, che avrebbe potuto accelerare la risposta all’emergenza di Fukushima. Al contrario lo sviluppo di armi segrete è pieno di problemi.
Nell’eventualità di un’emergenza, come quella in atto in questo momento, la segretezza deve essere garantita ad ogni costo – persino se significa innumerevoli hibakusha, o vittime nucleari. Anziché consentire un sistema regionale di deterrenza e un ritorno allo status di grande potenza, l’affare Manciuriano ha seminato le bombe a orologeria che ora emanano radiazioni in tutto il mondo. Il nichilismo al cuore di questa minaccia per l’umanità non sta dentro Fukushima 1, ma all’interno della mentalità della sicurezza nazionale.
Lo spettro dell’autodistruzione può essere allontanato solo con l’abrogazione del trattato di sicurezza U.S.A – Giappone, causa fondamentale della segretezza che ha ritardato fatalmente la lotta dei lavoratori nucleari contro il meltdown.
*Yoichi Shimatsu che è editor at large della 4th Media, vive ad Hong Kong ed è uno scrittore ambientalista. È l’ex redattore del Japan Times Weekly. Questo articolo è stato precedentemente pubblicato sul New American Media.
Forse Marx aveva reagione, dopo tutto...
di Mike Whitney - www.informationclearinghouse.info - 15 Marzo 2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Cristina Uroni
Le riserve aziendali salgono a 1,9 trilioni di dollari, ma niente su cui investire.
Sono passati due anni e mezzo dal collasso Lehman Brothers e i consumatori americani battono ancora in ritirata. Giovedì scorso, la Fed (ntd. Federal Reserve) ha reso noto il rapporto sui “flussi di cassa”, che mostra che il debito delle famiglie è sceso a 13,3 trilioni di dollari durante il quarto trimestre (4Q).
Ma l’importante proporzione debito-entrate rimane sensibilmente sopra gli standard, al 120,9%. Ciò significa che i consumatori dovranno tagliare ancora di più le loro spese.
Durante gli anni del boom (2000-2007) il debito delle famiglie è più che raddoppiato, approfittando del credito conveniente e facilmente reperibile per l’acquisto dei mutui, il rifinanziamento delle case e il mantenimento del tenore di vita. I proprietari delle case sono riusciti a togliere (all’incirca) 500 miliardi di dollari all’anno dal loro patrimonio familiare in aumento, da spendere a loro piacimento.
La domanda stimolata dalla smania di credito ha aumentato il livello di occupazione e ha creato un circolo vizioso di rimuneratività e di crescita. Ma adesso il processo si è invertito, scatenando un’ondata di pignoramenti, bancarotte e inadempienze. I consumatori hanno ridotto le spese per 11 trimestri consecutivi per rattoppare i loro stati patrimoniali dopo aver subito gravi perdite durante la crisi.
La perdita di leva finanziaria delle famiglie può avere un impatto devastante sull’economia, in quanto la spesa per consumi rappresenta il 70% del Prodotto Interno Lordo (GDP). Per fortuna, l’amministrazione Obama ha avviato un pacchetto di incentivi fiscali pari a 787 miliardi di dollari per porre rimedio al crollo delle spese nel settore privato, altrimenti l’economia sarebbe scivolata in una crisi a lungo termine.
La spesa governativa (i deficit) ha tirato fuori l’economia dalla recessione, ha ridotto il grosso gap di produzione e ha aumentato il livello di occupazione con circa 2 milioni di posti di lavoro. Gli economisti si basano sul rapporto sui flussi di cassa per valutare la salute dei consumatori, ma a volte i dati possono essere fuorvianti.
Per fare un esempio, il capitale netto delle famiglie è passato da 2,1 trilioni di dollari a 56,8 trilioni di dollari alla fine del quarto trimestre, ma di fatto tutti i guadagni hanno riguardato il mercato azionario, senza alcun effetto sulle abitudini di spesa della gente che non investe in azioni. Come osserva Randall Forsyth di “Barron” (ndt. la principale rivista finanziaria americana): “Bisogna giocare alla lotteria se si vuol vincere.”
Eppure, il presidente della Fed, Ben Bernanke, interpreta l’ascesa dei prezzi azionari come un segno dell’efficacia del suo programma di acquisto obbligazioni (QE2). Come l’ex presidente della Fed, Alan Greenspan, Bernanke crede che “l’effetto ricchezza” possa sollevare la spesa e condurre alla ripresa. Purtroppo, i fatti non confermano le dichiarazioni di Bernanke.
Mentre gli incentivi fiscali hanno aumentato l’attività economica e l’occupazione (stando a 2 diversi rapporti rilasciati dall’indipendente CBO – Congressional Budget Office), il QE2 non ha fatto che inflazionare i prezzi azionari. Non c’è niente nel rapporto sui flussi di cassa che suggerisca qualcosa di più rispetto a una normale ripresa ciclica a seguito di una profonda recessione. In altre parole, il QE2 ha fallito.
Lo strumento principale della politica della Fed è costituito dai tassi di interesse. Il QE2 è un tentativo di spingere i tassi sotto zero tramite acquisti di Titoli di Stato su larga scala. E, per certi versi, questo funziona. Grazie alla ripresa col contagocce del sistema bancario di Bernanke, le azioni sono salite del 12% nel quarto trimestre.
Ma prezzi azionari più alti non hanno prodotto né investimenti né spese maggiori, solo più liquidità che si muove intorno ai mercati finanziari. Il problema è che il QE2 manca di un meccanismo di trasmissione che fornisca incentivi all’economia reale. Non aumenta gli stipendi, non accresce il credito e non elimina gli stati patrimoniali in rosso delle famiglie.
Aggiunge solo raffiche di elio alla bolla dei capitali netti. Ciò è evidente nel rapporto sul Credito al Consumo della scorsa settimana, così come nel rapporto sui flussi di cassa. Il rapporto sul Credito della Fed ha mostrato che – a parte i prestiti studenteschi e i prestiti auto sub-prime – il credito al consumo sta ancora calando.
Di fatto, la concessione di prestiti o non ha subito variazioni o è diminuita presso le banche commerciali, le compagnie finanziarie, le unioni di credito, le casse di risparmio, le aziende non finanziarie e i pool di debiti securitizzati. In sostanza, non c’è nessun segnale che indichi che la politica della Fed sta aiutando le famiglie a ridurre il loro debito o a ricominciare a spendere a livelli precrisi. In altre parole, il QE2 non sta aprendo la via a un’altra espansione del credito.
C’è da considerare poi ciò che riporta il Bloomberg Businessweek:
…Feroli stima che il 20% dei percettori di reddito più alto renda conto di circa il 40% della spesa pubblica. Dean Maki, economista americano a capo della Barclays Capital a New York, colloca questo dato più vicino al 50%.”
Quindi, sì, l’ascesa dei prezzi azionari ha fatto del bene ai ricchi, che hanno ripreso le gite da Tiffany e le cene nei ristoranti di fascia alta. Ma per tutti gli altri è stato un fallimento. Le cose potrebbero cambiare solo se il QE2 alzasse agli stipendi o tirasse fuori dalla crisi i prezzi degli immobili.
Ma non funziona in questo modo. Riporto di seguito un pezzo di una articolo del Wall Street Journal che getta un po’ di luce sulla storia della perdita di leva finanziaria, evitata dalla maggioranza dei media:
Perciò, le famiglie stanno riducendo il loro debito ma ciò che è interessante è capire come ci stanno riuscendo. Attraverso le inadempienze. È ciò che riporta un articolo precedente del Wall Street Journal firmato da Mark Whitehouse:
Oh oh. Quindi i consumatori si stanno comportando da inadempienti invece di pagare i loro debiti. Il che significa più pignoramenti e bancarotte con conseguenti perdite maggiori nelle banche e, forse, un’altra operazione di salvataggio finanziario. Aumenta anche la probabilità che i prezzi azionari e all’ingrosso diminuiscano drasticamente con il rallentamento dell’attività, scatenando un altro periodo di deflazione.
Riuscirà dunque il QE2 a invertire questa tendenza e a scatenare un’ondata di investimenti e di spese modificando la curva dei rendimenti dei Titoli di Stato americani? Non c’è da giurarci. Basta dare una scorsa all’articolo di Mark Whitehouse per capire cosa sta succedendo:
Quindi, perché gli enti non stanno reinvestendo il loro gruzzolo di 1.9 trilioni di dollari ora che la Fed ha abbassato i tassi al 0% e Bernanke sta supportando i mercati con il QE2?
La causa è la mancanza di domanda. L’alchimia finanziaria e le ondate di speculazione hanno mascherato il misero rendimento dell’economia di primo grado che diventa più anemica ad ogni ciclo d’affari.
Le imprese non sono più in grado di trovare mercati produttivi in cui investire la loro eccedenza di capitale, perciò l’intero sistema sta rallentando. E, quando i risparmi aziendali non vengono riciclati nell’economia mediante gli investimenti, la domanda si esaurisce. È ciò che sta succedendo ora.
I riformatori possono distogliere l’attenzione dal problema centrale puntando il dito contro la deregolamentazione, i bassi tassi di interesse e un eccesso di “risparmi stranieri”, ma resta il fatto che le riprese si indeboliscono sempre di più, il livello di disoccupazione rimane elevato più a lungo e i tracolli diventano più catastrofici. Tutto ciò mette in evidenza un sistema instabile e sclerotico danneggiato dalla sovrapproduzione e dal sottoconsumo, che sta pian piano cedendo alla stagnazione.
Il rallentamento persistente sta aggravando l’ineguaglianza fiscale, stimolando gli antagonismi di classe e fomentando l’inquietudine sociale. Marx diceva che “il vero limite della produzione capitalistica è il capitale stesso.” Gli 1,9 trilioni di dollari infruttiferi degli stati patrimoniali aziendali dimostrano che Marx aveva ragione.
Il Vero Potere: chi è con tutti i nomi
di Paolo Barnard - www.paolobarnard.info - 12 Aprile 2011
Mai dovrà accadere che chiunque di voi divulghi la realtà del Vero Potere (tratta da Il Più Grande Crimine) rimanga a corto di parole alla domanda: “Sì, ma esattamente chi sono questi del Vero Potere?”.
Sarebbe fatale, verreste allineati all’istante con i complottisti, gli impreparati. Marco Travaglio ha di recente scritto che chi gravita attorno ai temi del Vero Potere sono “gli idioti della rete” (per continuare indisturbato l’opera al servizio di chi gli permette di essere in televisione, quel luogo dove “tutti quelli che ci stanno hanno il guinzaglio… anche quelli bravi” – lo disse Trav. stesso a Faenza il 5/7/06, prima di essere in Tv, naturalmente). Dobbiamo invece essere, per dirla alla Lewis Powell, “superbamente competenti”, almeno il più possibile.
Mi sono reso conto che in oltre dieci anni di inchieste e di serate sul Vero Potere ho snocciolato tutti i nomi e cognomi dei golpisti che ci hanno sottratto la democrazia e la vita, sparsi però in decine di scritti e racconti. Voi siete in difficoltà a metterli assieme in modo coerente, e così in effetti non potete divulgare bene.
Allora bando alle ciance, eccovi lo schema completo da cima a fondo con tutti i nomi. Lo terrete in tasca, e alla domanda “Sì, ma esattamente chi sono questi del Vero Potere?”, lo estrarrete ammutolendo i diffidenti, gli scettici, i falsari. Forza, in cima come sempre le idee.
Le idee del Vero Potere (e chi le ha pensate)
Quattro capisaldi storici.
Fra la fine del ‘700 e inizio ‘800 l’economista inglese David Ricardo disse: PER CREARE RICCHEZZA, BISOGNA PRIMA RISPARMIARE, E SOLO DOPO SPENDERE
Fra il 1870 e il 1873 gli economisti Neoclassici Leon Walràs, Carl Menger e W. Stanley Jevons dissero: IL MERCATO GENERA PERFETTO EQUILIBRIO DEI PREZZI
Nel 1890 l’economista John B. Clark dichiarò che: I LAVORATORI GUADAGNANO IN PROPORZIONE ALLA LORO PRODUTTIVITA’
All’inizio del ‘900 l’economista A. Cecil Pigou teorizza che: PER OTTENERE LA PIENA OCCUPAZIONE SI DEVONO ABBASSARE GLI STIPENDI
I capisaldi storici oggi: l’attacco agli Stati che spendono sovrani, ai parlamenti, alla democrazia.
Questi quattro concetti, partoriti oltre un secolo fa dal contesto storico, furono ripresi in tempi moderni con tragiche conseguenze.
PER CREARE RICCHEZZA, BISOGNA PRIMA RISPARMIARE, E SOLO DOPO SPENDERE. E’ il teorema da cui nasce il ‘fantasma’ del debito degli Stati a moneta sovrana di cui parlo ne Il Più Grande Crimine, che è sfociato in una vera e propria isteria da deficit di bilancio che di fatto ha paralizzato per decenni quegli Stati impedendogli di fare l’unica cosa che dovevano fare: spendere la propria moneta a deficit per creare piena occupazione e pieno Stato Sociale per i cittadini (i dettagli ne Il Più Grande Crimine).
Infatti ancora oggi il dogma dominante è che uno Stato probo PRIMA RISPARMIA, cioè taglia le spese e pareggia i bilanci, poi e solo poi spende. Eccovi scodellato l’assalto odierno alla pubblica spesa, coi tagli a tutto ciò che protegge i cittadini e agli stipendi pubblici, che di conseguenza si trascinano dietro anche quelli privati.
In Italia si è distinto in ciò il centrosinistra, con “i tagli selvaggi ai bilanci pubblici del 1996-2000 e 2006-2008” (Joseph Halevi). I principali ideologi odierni dell’isteria da deficit sono Robert Lucas, Tom Sargent, Neil Wallace (scuola New Classical), Jude Wanniski, George Gilder (scuola Supply Siders), Greg Mankiw (New Keynesian conservatore).
IL MERCATO GENERA PERFETTO EQUILIBRIO DEI PREZZI. E’ l’idea secondo cui lo Stato deve starsene da parte e non interferire nel Mercato. Essa ha ispirato tutta la scuola Neoliberista dagli anni ’70 in poi, quella che ha colonizzato i governi, le università, le amministrazioni pubbliche e private, e i ministeri con i loro uomini formati a queste idee.
Di fatto sono i padroni dell’economia oggi, quelli contrari a qualsiasi regolamentazione pubblica del lavoro, della previdenza, delle banche, del commercio. E se lo Stato deve starsene da parte, di nuovo esso NON DEVE SPENDERE a deficit per i cittadini.
Gli ideologi odierni principali sono stati gli economisti Gerard Debreu, Kenneth Arrow, Frank Hahn (i Neoclassici), ma anche Milton Friedman, Carl Brunner, Alan Greenspan (i Monetaristi) e gli esponenti della scuola austriaca come Friedrich Hayek e Ludwig von Mises.
Nell’attacco gli Stati e alla democrazia, si aggiungono altre idee, che hanno origine nella modernità.
CI DOVRA’ ESSERE UNA UNIONE EUROPEA RETTA DA ORGANI NON ELETTI CON POTERI PIU’ FORTI DI QUELLI DEGLI STATI MEMBRI, E CON UNA MONETA UNICA. Il primo germe di queste idee fu di due politici francesi, Jean Monnet e Robert Schuman, e di un economista francese, Francois Perroux, negli anni ’30.
Lo scopo era quello di riportare al potere in Europa le elite finanziarie attraverso un governo sovranazionale di tecnici (oggi la Commiss. UE), di accantonare la “massa ignorante” dei cittadini, e i governi stessi.
Infine di sottrarre agli Stati la loro moneta sovrana e imporre una moneta unica che nessuno Stato possiede (oggi l’euro), così da privare quegli Stati della sovranità economica nientemeno. Altiero Spinelli, in Italia, è un entusiasta europeista fin dagli anni ’40, anche se non è chiaro quanto condividesse i piani dei francesi.
L’Unione moderna nasce dal 1993 in poi (trattato di Maastricht e nel 2007 quello di Lisbona), ed è infatti retta dalla Commissione Europea di burocrati non eletti, che emana leggi sovranazionali, appoggiate dalle sentenze della Corte Europea di Giustizia che ha potere anche sulle nostre Costituzioni.
Il Parlamento Europeo, che è eletto, non può ne fare né proporre le leggi. I governi membri devono oggi sottoporre i loro bilanci prima alla Commissione e solo dopo ai parlamenti nazionali.
L’Unione ci impone regole di spesa domestica che sono micidiali e stanno distruggendo gli Stati stessi. L’euro non è di nessuno Stato e viene emesso dalle banche centrali dell’Eurozona direttamente nel mercato dei capitali privati, da cui ogni governo deve andare in prestito.
Chi in tempi moderni ha voluto questo, sono stati in particolare, e con vari gradi di responsabilità, per la Francia, Jaques Attali, Jaques Delors, Francois Mitterrand, Valery Giscard D’Estaing, Jean Claude Trichet; per l’Italia i principali sono stati Giuliano Amato, Romano Prodi, Mario Draghi, Carlo A. Ciampi, Guido Carli, Carlo Scognamiglio, Giacomo Vaciago, Mario Monti, Tommaso Padoa-Schioppa, Marco Buti, e poi l’intera classe politica con persino l’IDV; per la Germania Helmut Schmidt, Otmar Issing (oggi Goldman Sachs), Theo Weigel, Helmut Kohl; per l’Olanda Wim Duisenberg (ex BCE, Bilder.); per il Lussemburgo Jean Claude Juncker (ex Banca Mondiale).
I CITTADINI PARTECIPATIVI VANNO DISATTIVATI. L’ultimo tassello per sottomettere gli Stati e le democrazie alle elite finanziarie, industriali e globaliste, erano i cittadini partecipativi cresciuti nello spirito delle rivoluzioni democratiche del XIX e XX secolo. Andavano messi da parte, resi apatici e incapaci di agire nella cosa pubblica.
Due pensatori americani, Walter Lippman e Edward Berneys, diedero l’avvio alla manipolazione del consenso già negli anni ’30, secondo la convinzione che i cittadini sono degli “outsider rompicoglioni”; seguirono i profeti dell’Esistenza Commerciale e della Cultura della Visibilità massmediatica, con i nomi di spicco di Lewis Power (il Memorandum, 1971) e Samuel Huntington, Michel Crozier e Joji Watanuki (La Crisi della Democrazia, 1975). Risultato: le masse occidentali odierne del tutto paralizzate e manipolabili.
IMPEDIRE A OGNI COSTO AGLI STATI DI USARE LA PROPRIA MONETA SOVRANA E FIAT PER CREARE PIENO BENESSERE SOCIALE. Nel 1971 il presidente Nixon con una decisione unilaterale riportò in vita il denaro Fiat (dal latino), cioè il denaro sganciato da ogni limite di creazione (sganciato dall’oro e da altre monete) e che lo Stato s’inventa dal nulla.
Come spiegato ne Il Più Grande Crimine, con questo tipo di denaro gli Stati potevano spendere a deficit senza quasi limiti per creare piena occupazione, pieno Stato Sociale e piene infrastrutture. Cioè: la piena ricchezza sociale pubblica.
Ciò avrebbe però decretato la fine storica di ogni velleità del Vero Potere di dominare i destini economici degli Stati, che con l’arma della moneta Fiat e della legittimazione democratica popolare sarebbero divenuti incontrastabili.
I sopraccitati fantasmi del debito, del deficit e dell’inflazione furono creati ad hoc per paralizzare gli Stati in questa loro funzione, e precisamente per paralizzare gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, ma anche tutt’Europa nel ventennio che occorreva per annientarla con la UE e l’euro .
L’opera di colonizzazione dei cervelli in posizione dirigenziale con quei fantasmi (cioè di economisti, docenti, tecnici di ministero, grandi tecnocrati, giornalisti e infine politici) fu attuata da una rete di Fondazioni presso cui quasi tutti i cervelli sopraccitati sono passati nella loro formazione o come membri.
Le principali sono: negli USA, American Enterprise Institute, Cato Inst., Heritage Foundation, Olin Found., Volker Found., Atlas Found., Coors Found., Rochefeller Found., Acton Institute, Washington Policy Center, Manhattan Institute for Policy Research; in Gran Bretagna, Adam Smith Institute, Institute of Economic Affairs, Stockholm Network, Bruges Group, International Policy Network; in Francia, Association pour la Liberté Economique, Eurolibnetwork, Institut de Formation Politique; in Italia, CUOA, Adam Smith Society, Istituto Bruno Leoni, Acton Italia, Arel, CMSS, Nomisma, Prometeia; in Germania: Institut fuer Wirtschaftsforschung Halle, Institut fuer Weltwirtschaft, Institut der Deutschen Wirtschaft Köln. E praticamente in tutto il mondo la Mont Pelerin Society.
I POLITICI VANNO DI FRETTA E DEVONO ESSERE ISTRUITI IN BREVE (E OLIATI). Letteralmente questa fu l’idea del fondatore americano della Heritage Foundation, Ed Feulner, che comprese come si potevano condizionare le scelte dei politici fornendogli dei riassunti ad hoc sui temi da dibattere, comodi, semplici, brevi, e naturalmente ‘oliandone’ le campagne elettorali. Nacque l’industria delle Lobby e dei lobbisti.
Finanziati con montagne di denaro, essi hanno accesso ai politici tutto l’anno, e sono oggi i veri decisori ai livelli più alti. A Washington stazionano dai 16 ai 40 mila lobbisti all’anno, budget 3 o 4 miliardi di dollari all’anno; a Bruxelles ve ne sono dai 15 ai 20 mila con un budget di 1 miliardo di euro all’anno. A Roma sono circa mille, in crescita, budget 150 milioni di euro.
Negli USA si tratta direttamente dei grandi nomi della finanza o dell’industria che finanziano le campagne elettorali dei candidati in cambio di legislazioni favorevoli, o che piazzano dentro il governo i propri uomini – il gov. Obama è inzuppato di uomini di Wall Street: Larry Summers (legami con Citigroup), Bob Rubin (ex Goldman Sachs), Tim Geithner (FED di New York), Henry Paulson (ex Goldman Sachs), William Daley (ex JPMorgan Chase ), Gene Sperling (ex Goldman Sachs), Paul Volcker (Rothschild, Rockefeller). Infatti negli Stati Uniti il conflitto d’interessi è il più ampio del mondo, cioè il conflitto d’interessi è la politica stessa.
In Europa invece si sono organizzati in gruppi ad hoc, le cui principali sigle sono: Trans Atlantic Business Dialogue, European Services Leaders Group, International Chamber of Commerce, Investment Network, European Roundtable of Industrialists, Liberalization of Trade in Servicies, European Banking Federation, International Capital Market Association, European Employer Association, Business Europe, tutti al lavoro presso la Commissione Europea, che è il nostro vero governo.
In Italia le principali sigle sono: la Reti (6 milioni di euro), Cattaneo Zanetto & co., VM Relazioni Istituzionali, Burson-Marsteller, Beretta-Di Lorenzo & partners, Open Gate, FB Associati. Non si dimentichi poi che ogni grande azienda ha i propri uomini dediti al lobbismo, quindi alla fine una rete sterminata al lavoro.
Tolta la sovranità legislativa, politica e monetaria allo Stato, annullati i cittadini partecipativi: morta la democrazia.
I capisaldi storici oggi: l’attacco al lavoro.
I LAVORATORI GUADAGNANO IN PROPORZIONE ALLA LORO PRODUTTIVITA’. Oggi più che mai le macroscopiche ingiustizie e gli immensi disastri del capitalismo globalizzato devono ricadere sui lavoratori, cui viene chiesto di lavorare sempre di più con ogni forma di creativi accordi sindacali solo per garantire alle aziende margini sufficienti a rimanere sul mercato, quando non di giocarsi i profitti in scommesse finanziarie. Di fatto e conti alla mano, significa farli lavorare come limoni da spremere a stipendi fermi se non deprezzati (come i tedeschi).
Gli stessi sforzi di probità lavorativa non vengono però chiesti ai manager, che sono liberi di rovinare le aziende con scelte di investimenti speculativi folli, al posto di investimenti in tecnologia e innovazione (che in Francia e Germania sono stati invece pagati dallo Stato); né alle banche che sono state lasciate libere di giocare con la finanza fino al collasso economico mondiale del 2007, che ovviamente è ricaduto sui lavoratori.
Gli ideologi odierni della super produttività dei lavoratori a stipendi stagnanti sono i seguaci del Neomercantilismo (vedi sotto) e fra gli economisti John B. Clark, Dennis H. Robertson, e i loro seguaci nel Neoliberismo economico.
PER OTTENERE LA PIENA OCCUPAZIONE SI DEVONO ABBASSARE GLI STIPENDI. Pur essendo nato da convinzioni a volte genuine, questo mantra è oggi sfruttato per ben altri fini da Confindustria e da tutta la destra economica mondiale. Esso fu riconosciuto come fasullo persino da Henry Ford già negli USA degli anni ’30-‘40.
Si tratta del concetto chiave in malafede del Neomercantilismo delle grandi industrie dell’export (in particolare quelle franco-tedesche), cioè: deprimere i salari - illudendo i lavoratori che così si creerà occupazione, per esportare a prezzi concorrenziali pur creando povertà domestica.
La maggior povertà deriva dal fatto che abbassare i redditi significa anche tagliare il potere di spesa dei cittadini, che ovviamente acquisteranno meno beni e servizi, e questo a sua volta taglia i profitti delle piccole medie aziende che li offrono. Le p/m aziende sanno di non vedere e ovviamente non assumeranno in quelle condizioni, e non solo, neppure investiranno, e anche questo limita l’offerta di posti di lavoro.
Infine esse licenzieranno e precarizzeranno, il che completa il girone infernale di una crescente disoccupazione. Ma è proprio la massa disoccupata che fa il gioco dei Neomercantili, che così possono ricattare i lavoratori in competizione fra loro assumendoli per paghe da fame.
Si tratta del ‘vangelo’ di tutti gli economisti Neoclassici, come Gerard Debreu, Kenneth Arrow, Frank Hahn, ma anche della scuola austriaca di Von Mises e Hayek, dei New Keynesians conservatori come Greg Mankiw e dei Neoliberisti in generale.
Nell’attacco al lavoro, si aggiungono altre idee, che hanno origine nella modernità.
LA SUPREMAZIA FUTURA SARA’ DEGLI STATI CHE ACCUMULERANNO PROFITTI INFLIGGENDO POVERTA’ NEL LAVORO. Fu descritta dall’economista francese Francois Perroux nel 1933 e diventerà la legge suprema del Neomercantilismo franco-tedesco cui ho accennato sopra. Oggi è in piena voga in Europa.
In passato l’unica arma degli Stati europei per difendersi dal Neomercantilismo franco-tedesco fu il potere di svalutare la propria moneta sovrana (lire, peseta, dracme ecc.) per vendere i propri prodotti a prezzi competitivi rispetto a Francia e Germania.
Per impedirgli ciò, la Germania impose nel 1979 il Sistema Monetario Europeo, e dopo il suo crollo, il sistema euro moneta unica. Oggi gli Stati dell’Eurozona, non potendo più svalutare le monete sovrane (non le abbiamo più), sono costretti per competere a svalutare il costo del lavoro, cioè calo dei redditi.
ABBASSARE LA DISOCCUPAZIONE CREA INFLAZIONE. Fu partorita dal monetarista Milton Friedman, della scuola di Chicago negli anni ‘60 e ‘70. Egli sostenne che esiste un tasso ‘naturale’ di disoccupazione che non va assolutamente alterato con interventi governativi, perché se lo di fa si innesca una spirale di inflazione fuori controllo, e questa distrugge l’economia.
Tali idee furono usate come trucco ideologico per mantenere la disoccupazione esistente, cioè in essere, e poterla usare come strumento di politica per ricattare il mondo del lavoro, mentre la si poteva eliminare del tutto (si legga LA PIENA OCCUPAZIONE ERA POSSIBILE, Il Più Grande Crimine).
I PROFITTI FAVOLOSI SONO NEL MERCATO FINANZIARIO, NON NELLA PRODUZIONE DI COSE CONCRETE. E’ l’idea che travolge il mondo produttivo negli anni ’80, quando si fa strada la realizzazione che il denaro può rendere assai di più se sottratto agli investimenti tradizionali (beni materiali, produzione) e investito in speculazioni finanziarie (borsa, valute, derivati…).
Nel gioco dei numeri che moltiplicano altri numeri si buttano sia i cittadini (fondi pensione, polizze vita, risparmi…) che le aziende, che deviano verso le scommesse finanziarie sempre più capitali, a scapito di investimenti e innovazione. Nascono i fenomeni del Pension Fund Capitalism e Money Manager Capitalism.
La stessa realizzazione si accende fra le banche, che calano vistosamente nel loro tradizionale modo di far profitti (i prestiti) e si buttano anche loro a far diavolerie in finanza speculativa. Risultato: si creano così delle immense bolle speculative che poi regolarmente esplodono, trascinandosi con sé le banche, i risparmiatori e le aziende.
Risultato del risultato: le banche vanno in rosso e smettono di prestare quel poco che prestavano, le aziende perdono i prestiti e anche i denari scommessi nelle bolle, e alla fine tutto ricade sui lavoratori, con la solita litania dei licenziamenti, precarizzazione ecc.
Il padrino di questo disastro fu senza dubbio Alan Greenspan, quando da governatore della Federal Reserve (banca centrale americana) diede il via a politiche monetarie che rendevano disponibili quantità immense di denaro a tassi favorevoli agli speculatori: il notorio fenomeno del Greenspan put.
A far profitti furono e sono ovviamente le grandi assicurazioni – le top sono AIG, ING, Allianz, Generali, China Life, AXA Group, Zurich, Munich Re, Prudential, Sun Life; i fondi pensione privati – i top sono General Motors Fund, General Electric, BT Group, AT&T, Verizon, Barclays Bank, Lloyds TSB, Citigroup; gli equity funds – i top sono The Carlyle Group, Goldman Sachs Principle, TPG, Apollo Global, Bain Capital, Balckstone Group, 3i Group, Advent, Providence Equity; le banche d’investimento, fra cui svettano Goldman Sachs, JPMorgan Chase, Morgan Stanley, Bank of America, Barclays Capital, Credit Suisse, Deutsche Bank, UBS, HSBC, BNP Paribas, ING Groep, Banco Bilbao, Rabobank, Banco Santander, Nomura, Wells Fargo, Societé General, Lloyds TSB. In Italia le top sono Unicredito Italiano, Intesa Sanpaolo, Monte Paschi Siena Finance, Market Capital Italia, Mediobanca, Eidos Capital; e infine un esercito di singoli investitori troppo immenso per essere nominati qui.
PRIVATIZZARE PER RIPIANARE IL DEBITO PUBBLICO E PER APRIRE ALLA CONCORRENZA A FAVORE DEI CITTADINI. Un altro mantra ossessivo del Neoliberismo economico, spinto dalle Fondazioni col solito meccanismo della colonizzazione dei cervelli dirigenziali. Le privatizzazioni e liberalizzazioni sono partite con impeto dai primi anni ’80 in USA e GB (Reagan e Thatcher), e negli anni ’90 in Italia (gov. tecnici e centrosinistra al top), imposte dai sopraccitati fantasmi del debito pubblico e del deficit.
Oltre a non aver affatto alleggerito il debito pubblico, esse hanno permesso svendite di beni edificati con decenni di lavoro pubblico a speculatori privati con favoritismi scandalosi (prezzi stracciati e lo Stato che ristrutturava le aziende a sue spese prima di darle ai privati). Inoltre hanno di fatto portato alla creazione di monopoli (detti cartelli) in finta concorrenza dove i giganti finanziari hanno acquisito il dominio del mercato mangiandosi i concorrenti piccoli, e oggi ne dettano i prezzi (alti).
Infatti il Price Cap prevede piena soddisfazione degli investimenti con le tariffe delle bollette, perciò più aumentano gli investimenti più van su le tariffe; inoltre, sui costi delle privatizzazioni, e quindi nella bolletta, pesano anche le enormi commissioni che le banche di intermediazione pretendono all’atto delle privatizzazioni.
Infine, nel campo della privatizzazione dei servizi essenziali (acqua, gas, sanità, anagrafi, trasporti, autostrade ecc.), il cittadino diviene prigioniero dei privati, poiché non può scegliere di non acquistare quei servizi (non può non bere, non cucinare, non curarsi ecc.) e li dovrà pagare a ogni costo, anche a tariffe alte, garantendo ai privati i profitti (Captive Demand).
Nel mondo del lavoro le privatizzazioni hanno portato a licenziamenti e precarizzazione in massa, fino al notorio fenomeno dello slimming down, dove le nuove aziende quotate in borsa acquistano di valore se licenziano, e i manager son premiati con bonus milionari.
I grandi privatizzatori italiani sono stati: Romano Prodi, Carlo Scognamiglio, Mario Draghi, Giuliano Amato, Franco Bassanini, Vincenzo Visco, Massimo D’Alema, Beniamino Andeatta, Carlo A. Ciampi, Guido Carli, Lamberto Dini, Tommaso Padoa-Schioppa, Enrico Letta, Mario Monti.
E naturalmente, LO STATO NON DEVE SPENDERE A DEFICIT PER IMPIEGARE I DISOCCUPATI, I LICENZIATI, I PRECARI. Di cui ho già detto sopra.
- FINE PARTE PRIMA -
I nomi principali in ordine di responsabilità: USA, Bill Clinton, Barak Obama, Ronald Reagan, George Bush Senior. In Gran Bretagna, David Cameron, Margaret Thatcher, Tony Blair, John Major, Gordon Brown. In Germania, Angela Merkel, Helmut Kohl, Gerhard Schroder. In Francia, Francois Mitterrand, Valery Giscard D’Estaing, Nicolas Sarkozy, Jaques Chirac. In Italia, Giuliano Amato, Mario Draghi, Romano Prodi, Mario Monti, Tommaso Padoa-Schioppa, Massimo D’Alema, Enrico Letta, Massimo Tononi, Carlo A. Ciampi, Carlo Scognamiglio, Angelo Maria Petroni, Vincenzo Visco, Beniamino Andreatta, Maria Stella Gelmini, Emma Bonino, Antonio Martino, Lamberto Dini, Franco Bassanini, Giorgio Napolitano, Luigi Bersani, Guido Carli.
Dove decidono.
Gli ordini da impartire alla politica e da far atterrare sui banchi dei parlamentari per mezzo dei lobbisti vengono decisi in riunioni di Club riservati di uomini e donne del Vero Potere. Non è la massoneria, che certamente si trova diffusa in quei Club ma non ne è la madre.
Le riunioni possono anche essere informali e avvenire nelle Fondazioni e nelle Lobby di cui sopra, ma in pochi casi esse prendono forma di gruppi istituzionalizzati. I principali da ricordare sono: la Commissione Trilaterale, il Bilderberg Group, l’Aspen Institute, e il World Economic Forum.
Raccolgono la ‘Globocrazia’ occidentale (citazione da The Economist), il cui potere non ha bisogno di spiegazioni, basta leggere chi sono.
Anche qui i nomi sono infiniti. Ne cito solo alcuni da ricordare: Peter Sutherland (ex WTO, Goldman Sachs, UE, Bilderberg), David Rockefeller (Trilat., Bilder.), Paul Volcker (ex FED, Aspen, Trilat., Bilder.), Leon Brittan (ex Commissione UE, Trilat.), Henry Kissinger (Aspen, Trilat., Bilder., WEF), John Micklethwait (Dir. The Economist, Bilder.), Zbigniev Brzezinski(ex gov. USA, ex Trilat.), Henry Paulson (ex gov. USA, Bilder.), Edmond de Rothschild (Bilder.), Ben Bernanke (govern. FED, Bilder.), Bill Clinton (WEF), Etienne Davignon (Bilder.), John Negroponte (ex Diplomazia USA, Trilat.), Karel de Gucht (Commissione UE per il Commercio, Bilder.), Condoleezza Rice (ex gov. USA, Aspen, Trilat., Bilder.), Jean Claude Trichet (govern. BCE, Bilder.), Timothy Geithner (Min. Tesoro USA, ex Trilat., Bilder.), Larry Summers (ex gov. USA, Bilder.), Carl Bildt (Min. Est. Svezia, Trilat., Bilder.), Joaquin Alumnia (Commissione UE per la Concorrenza, Bilder.), George Soros (WEF), Carlos Ghosn (Renault, WEF), George Papaconstantinou (Min. Finanz. Grecia, Bilder.), Peter Brabeck Letmathe (Nestlè, WEF), José Zapatero (premier Spagna, Bilder.), Cynthia Carroll (Anglo American, WEF), Josef Ackermann (Deutsche Bank, Bilder.), Neelie Kroes (Commissione UE per il Digitale, Bilder.), Christine Lagarde (Min. Finanz. Francia, Bilder.), Bill Gates (Microsoft, Bilder.), Donald Graham (AD Washington Post, Bilder), Robert Zoellick (Pres. Banca Mondiale, Bilder.).
Le università che gravitano attorno al World Economic Forum sono niente meno che: Columbia, Johns Hopkins, London School of Economics, Georgetown, Harvard, Tokio Univ., ETH Zurigo, Oxford, Stanford, MIT, Yale, Cambridge, Chicago Univ. I leaders politici nel WEC… tutti.
Il drappello italiano non manca, fra cui: Piero Gnudi (ENEL, Aspen), Fulvio Conti (ENEL, Bilder.), Riccardo Perissich (IAI, Aspen), Gianfelice Rocca (Techint, Aspen, Trilat., Bilder.), Angelo Maria Petroni (Sole 24 Ore, Aspen), Mario Monti (Bocconi, ex Commissione UE, Aspen, Trilat., Bilder.), Roberto Poli (ENI, Aspen), Paolo Scaroni (ENI, Bilder.), Giacomo Vaciago (ex Citibank, Aspen), Carlo Secchi (Bocconi, ex UE, Trilat.), Mario Draghi (Banca d’It., Bilder.), Giulio Tremonti (Min. Tesoro, Aspen), Fedele Confalonieri e Franco Frattini (Aspen), Domenico Siniscalco (vice di Morgan Stanley, Bilder.), Ferdinando Salleo (Mediocredito, Trilat.), Lucia Annunziata (Aspen), John Elkann (Fiat, Aspen, Trilat., Bilder.), Tommaso Padoa-Schioppa (scomparso, ex FMI, ex Fiat, Bilder.), Emma Marcegaglia (Aspen), Pierfrancesco Guarguaglini (Finmeccanica, Trilat.), Enrico Letta (ex gov. Prodi, Aspen, Trilat.), Corrado Passera (Intesa, Aspen), Carlo Scognamiglio (ex gov D’Alema, Aspen), Marco Tronchetti Provera (Pirelli, Trilat.), Franco Bernabè (Telecom, Bilder.), Franco Venturini (Corriere, Trilat.), Paolo Mieli (Aspen), Romano Prodi (Aspen, Bilder.), Giuliano Amato (oggi Deutsche Bank, Aspen), Paolo Savona (Banca di Roma, Aspen).
Non ufficialmente, alcune fonti citano Francesco Giavazzi, Ferruccio De Bortoli, Rodolfo De Benedetti come membri del Bilderberg Group.
Chi incassa.
Il Più Grande Crimine ha storpiato intere esistenze e inflitto pene inenarrabili a milioni di noi cittadini, e inflitto direttamente la morte a centinaia di milioni di ‘negri’. I dettagli nel saggio. Ecco chi ci guadagna e chi di fatto finanzia The Machine.
Dal Neomercantilismo guadagnano tutte le grandi Corporations, che è inutile listare qui, ma sottolineo che si tratta esclusivamente di quelle che capitalizzano sull’export e che hanno oggi gli occhi puntati sui mercati di Cina, Brasile, India, Paesi emergenti dell’Opec, Stati Uniti. Il meccanismo è quello della deflazione degli stipendi ottenuta creando masse di disoccupati (in UE oggi 23 milioni) e sottoccupati.
Ecco il meccanismo criminale creato a tavolino: coi fantasmi del debito e del deficit si paralizza la spesa dello Stato pro cittadini e si impongono i tagli al sociale e ai salari (in UE anche di più a causa del Patto di Stabilità che strangola gli Stati, che se sforano sono puniti e costretti a tagli selvaggi); i cittadini s’impoveriscono, le piccole medie aziende non vendono e licenziano/precarizzano e calano i loro salari; lo Stato deve usare gli ammortizzatori sociali e con la deflazione dei redditi incassa anche meno tasse, per cui aumenta il suo deficit, quindi ancora tagli e giù i salari, ancora giù le vendite e giù i salari di aziende, ancora disoccupati, e via daccapo, fino alla creazione di masse di disoccupati/sottoccupati che competono per uno stipendio, e a questo punto le industrie neomercantili li ricattano e li assumono per stipendi bassi/indecenti.
Non solo, gli impongono la produttività esasperata che fa lavorare meno gente per produrre la stessa quantità di cose, per cui ancora meno posti di lavoro, e ancora più masse ricattabili.
Le grandi Corporations che ne beneficiano sono i mostri internazionali come Renault, Siemens, Boeing, Microsoft, Electrolux, Vodafone, General Electric, Procter & Gamble, Alcoa, Caterpillar, Volkswagen… Le italiane sono poche, fra cui Finmeccanica, Fiat, Benetton, Luxottica, Tod’s, A2A.
Tuttavia non si dimentichi che le politiche di deflazione salariale delle Corporations neomercantili tedesche e francesi si riflettono immediatamente sui nostri salari industriali anche nelle aziende non direttamente neomercantili.
Dalla monopolizzazione della falsa concorrenza guadagnano in particolare i mostri dell’agribusiness come Cargill, ADM, Bunge, Potash Corp., Monsanto, Syngenta, Bayer, Dow, BASF, AGCO, John Deere, New Holland, coloro che hanno conquistato il monopolio di mercato nelle sementi, nei pesticidi, nei fertilizzanti, nelle attrezzature agricole.
Essi però stanno sfruttando un altro immane capitolo del Vero Potere che ho trattato qui http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=214, che è quello della corsa agli alimenti.
Dalla distruzione degli Stati nella loro sovranità economica guadagnano: in primo luogo gli investitori che comprano a prezzi stracciati i beni pubblici privatizzati dallo Stato nella sua corsa disperata alla ricerca di entrate per ripianare i fantasmi del debito e del deficit (artificialmente indotti come spiegato più sopra).
Essi passano spesso attraverso la mediazione delle banche d’investimento, o sono queste stesse che partecipano alle acquisizioni, in un intreccio incredibile di speculatori/banche che vede circolare sempre gli stessi soggetti in mille vesti diverse.
I nomi dei maggiori fra questi colossi sono Goldman Sachs, JPMorgan Chase, Morgan Stanley, Bank of America, Barclays Capital, Credit Suisse, Deutsche Bank, UBS, HSBC, BNP Paribas, ING Groep, Banco Bilbao, Rabobank, Banco Santander, Nomura, Wells Fargo, Societé General, Lloyds TSB. In Italia svettano in cima Unicredito Italiano, Intesa Sanpaolo, Monte Paschi Siena Finance, Market Capital Italia, Mediobanca, Eidos Capital.
Il salotto ‘buono’ del capitalismo italiano che ha investito in privatizzazioni vede i soliti nomi di Carlo De Benedetti, Luca C. di Montezemolo, la famiglia Benetton, Cesare Geronzi, Marco Tronchetti Provera, la famiglia Moratti, Roberto Colaninno, Corrado Passera, Leonardo Del Vecchio, Francesco Caltagirone, Antonio Angelucci fra i più noti, ma elencarli tutti è impossibile.
Oltre ai Neomercantili, dal sopraccitato girone infernale – dove gli Stati sono costretti sia dell’ideologia Neoliberista che dalla truffa dell’euro a imporre deflazione della ricchezza, che fa crollare gli stipendi che fanno crollare le aziende che licenziano, con di nuovo conseguenze catastrofiche nei conti pubblici che ancora trascinano gli Stati in basso al punto da rischiare il fallimento dei conti (il default) – guadagnano anche gli speculatori della finanza ad alto rischio.
Essi si sono specializzati in scommesse con prodotti finanziari detti ‘derivati’ contro (l’insostenibile) euro, contro i nostri mercati al collasso, contro qualsiasi cosa contro cui si possa scommettere in economia.
Si riuniscono in particolare negli Hedge Funds, capaci di portarsi a casa somme impronunciabili, come i dodicimilamilioni di dollari incassati dal Hedge Fund John Paulson speculando contro la crisi finanziaria che il suo partner Goldman Sachs aveva concorso a causare. Cioè: un mio amico ti spacca il vetro di notte, poi la mattina io incasso dalla scommessa che avevo fatto che ti si sarebbe rotto. Letteralmente.
Ma qui c’è un twist della storia che è grottesco: perché le scommesse degli Hedge Funds contro l’Eurozona concorrono ad allarmare le agenzie di rating, come Moody’s o Fitch, che sono quelle che poi danno i voti o le bocciature alla credibilità degli Stati.
Allora ecco che gli Hedge Funds scommettono contro la Grecia dell’euro, Moody’s da ciò desume che essa è instabile visto che gli squali le sono contro, e prontamente la declassa nella sua pagella. Ma la bocciatura rende ancor più difficile per la Grecia trovare investimenti, e questo la sospinge sempre più sull’orlo del burrone.
Gli Hedge Funds avevano scommesso sulla bocciatura e sul burrone, e incassano cifre folli. Peggio dei pescecani, molto peggio perché tutto questo accade su sofferenze sociali immani.
I nomi principali sono: JP Morgan, Bridgewater, John Paulson, Soros Fund, Man Group, BlackRock, Goldman Sachs Asset Management, Blue Crest, Magnetar, Tricadia. In Italia i principali sono: Generali I.A., Azimut Capital Management, Euroimmobiliare A.I., Capitalia I.A., Intesa, Lyxor, Pioneer A.I.M., Pirelli Re Opportunities, Zenit A.I., Duemme Hedge. Da ricordare che in Italia essi sono stati introdotti dal regolamento del Ministero del Tesoro emanato con decreto del 24 maggio 1999, n.228. Chi c’era al governo?
Conclusione
Questo vademecum non è affatto esaustivo, ma di certo forma una mappa di nomi chiari dietro a sigle prima vaghe come ‘il sistema’, la ‘cupola del potere’, o semplicemente ‘i potenti’. E’ invece la mappa del Vero Potere, delle sue idee e di chi oggi lo rappresenta. Ora li conoscete.
Spero sia chiaro ai lettori che gli altri poteri minori, come i governi italiani in generale, le caste professionali, e persino le mafie regionali, non sono coloro che decidono del nostro destino con totale ampiezza di poteri.
Solo una considerazione ad esempio: la Camorra potrebbe campare duemila anni, ma non ce la farà mai ad abolire la sovranità legislativa di 27 Stati in un colpo solo, o a creare 30 milioni di disoccupati in 2 anni. Il Vero Potere l’ha fatto.
Voi fate quello che si è sempre fatto nella Storia, combatteteli. Hanno abolito la democrazia.
Ammazza, che velocità! I ribelli in Libia hanno già fondato una nuova banca centrale
da http://theeconomiccollapseblog.com - 30 Marzo 2011
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da Valerio Fabbroni
I ribelli in Libia sono nel mezzo di sanguinosa guerra civile e Moammar Gheddafi è ancora al potere, ma in qualche modo i ribelli libici trovano il tempo per fondare una nuova Banca Centrale Libica e per costituire una nuova compagna nazionale petrolifera.
Forse quando il conflitto sarà terminato, quei ribelli potranno diventare consulenti di 'analisi di tempi e metodi'. Sicuramente hanno fatto davvero un sacco di cose.
Ma che gruppo di ribelli talentuosi, riescono a combattere una guerra durante il giorno e tirare su di notte, dal nulla, una nuova banca centrale e una nuova compagnia petrolifera senza alcun aiuto esterno di un qualche genere. Se anche noialtri fossimo così versatili! Ma fondare una banca centrale non è qualcosa che possa essere fatto dopo che la guerra civile sarà finita?
Secondo quanto riferito da Bloomberg , il Consiglio Nazionale di Transizione ha "designato la Banca Centrale di Bengasi come autorità monetaria competente nelle politiche monetarie in Libia e ha nominato un gestore della Banca Centrale Libica, con temporaneo quartier generale sito a Bengasi."
Apparentemente qualcuno ha pensato che era molto importante occuparsi di questioni spinose, quali il controllo delle banche e il controllo dell'emissione della moneta, anche prima che un qualsiasi governo si sia formato.
Intanto, è scontato che la nuova Banca Centrale Libica sarà al 100% posseduta e al 100% controllata dalla popolazione da poco liberata della Libia, giusto?
La maggior parte delle persone non comprende che la precedente B.C.L. era al 100% di proprietà dello stato. Ciò che segue è un estratto da un articolo di Wikipedia:
La Banca Centrale Libica è al 100% di proprietà statale, rappresenta l'autorità monetaria della Jamahiriya Araba del Gran Popolo Socialista Libico e gode dello status di ente autonomo. La legge stabilisce che la B.C.L. ha come obbiettivo quello di mantenere la stabilità monetaria in Libia, e di promuovere una crescita sostenibile dell'economia in accordo con le politiche economiche dello stato.
Quando la vecchia B.C.L. era di proprietà statale, era fondamentalmente sotto il controllo di Moammar Gheddafi; ma adesso che la Libia sarà 'libera', la nuova B.C.L. sarà gestita da libici e solamente per gli interessi dei libici, non è vero? Naturalmente, è scontato che sarà lo stesso con la nuova compagnia petrolifera nazionale, giusto?
Durante gli ultimi due anni, Moammar Gheddafi ha minacciato di nazionalizzare l'industria petrolifera in Libia e di buttar fuori dal paese le compagnie occidentali, ma ora che la Libia sarà 'libera' il popolo libico sarà capace di camminare mano nella mano con le grandi compagnie petrolifera e tutto ciò creerà una Libia migliore per tutti. Giusto?
Naturalmente, il petrolio non ha assolutamente niente a che fare con l'inv..., mi correggo, con l'iniziare un'azione umanitaria per la libertà in Libia.
Quando Barack Obama ha guardato fisso nella telecamera e ha detto al popolo americano che la guerra in Libia è negli "interessi strategici" degli Stati Uniti, sicuramente non si stava riferendo al petrolio.
Dopo tutto, le guerre per il petrolio erano cose dei Bush, giusto? I Democratici hanno votato per Obama per iniziare una guerra con queste premesse, non è vero? Sicuramente nessun leader dei Democratici sosterrà pubblicamente questa guerra in Libia, giusto?
Sicuramente Barack Obama terminerà il bombardamento in Libia se la comunità internazionale comincerà a opporsi, vero?
Obama ha vinto il premio Nobel per la Pace; non è che farà impazzire le altre potenze mondiali e ci porterà vicino alla Terza Guerra Mondiale ?
Il ministero degli Esteri russo Sergei Lavrov ha denunciato a piena voce "la coalizione bombarda le colonne delle forze di Gheddafi" e crede che gli Stati Uniti hanno brutalmente violato i termini della risoluzione delle Nazioni Unite:
"Consideriamo che quest'intervento da parte della coalizione in quello che è fondamentalmente una guerra civile non è stabilito dalla risoluzione dell'O.N.U."
Allora, per cercare di raffreddare le tensioni con il resto del mondo, Obama farà cessare i bombardamenti aerei, no?
Bene, considerando il fatto che Obama ha una così vasta esperienza di politica estera, dovremmo tutti essere fiduciosi che conosce a menadito il da farsi.
Nel frattempo, i ribelli sembrano essere sulla rotta dei commerci: hanno già firmato un accordo petrolifero col Qatar! Il 'portavoce' dei ribelli Ali Tarhouni ha annunciato che le esportazioni di petrolio al Qatar cominceranno in "meno di una settimana".
Chi è che sapeva che questi focosi ribelli libici erano anche padroni dei segreti della finanza e dei commerci internazionali? Di sicuro stiamo vivendo in un mondo parecchio strano.
Questa notte, Barack Obama ha riferito le seguenti frasi al popolo americano:
"Alcune nazioni sono capaci di chiudere gli occhi di fronte alle atrocità commesse in altre nazioni. Gli Stati Uniti d'America sono differenti."
Così dovremmo sanzionare tutte le atrocità commesse in tutti i paesi intorno alla Terra? L'ultima volta che ho letto qualcosa, c'era un governo stava sparando sui dimostranti in Siria. E' giunta l'ora di riscaldare i Tomahawk?
Oppure riserviamo gli 'interventi umanitari' solo per quelle nazioni che hanno un sacco di petrolio? A dire il vero, le atrocità vengono quotidianamente commesse in tutta l'Africa e in circa una dozzina di differenti nazioni nel Medio Oriente.
Dovremmo istituire una leva per fare in modo da avere abbastanza ragazzi e ragazze per vigilare il mondo? Dovremmo essere tutti pronti per servire la patria?
Il mondo sta diventando un posto sempre più piccolo ogni giorno che passa e non si può sapere dove gli 'interessi strategici' degli Stati Uniti saranno minacciati la prossima volta. Il resto del mondo riesce a comprendere che sappiamo sempre tutto noi?
Naturalmente, il resto del mondo riesce sempre a scovare le nostre buone intenzioni, non è vero? Le tensioni con Russia, Cina e il resto del mondo arabo certamente scemeranno dopo che tutti potranno vedere quanto sono stati altruisti i nostri 'interventi umanitari', non è vero?
In tutta serietà, oggi viviamo in un mondo dove più niente è stabile. Guerre e rivoluzioni stanno divampando in tutto il globo, disastri naturali di eccezionale gravità stanno avvenendo con frequenza allarmate e l'economia globale è sull'orlo di un collasso totale.
Con la nostra interferenza in Libia, stiamo solo peggiorando le cose. Gheddafi è certamente un dittatore orribile, ma questa era una battaglia che il popolo libico doveva affrontare.
Abbiamo promesso al resto del mondo che avremmo solamente disegnato una 'no fly zone'. Violando i termini della risoluzione del Consiglio delle Nazioni Unite, abbiamo fatto vedere alle altre nazioni che non non si possono fidare di noi e che la nostre azioni hanno aumentato le tensioni in tutto il mondo.
Quindi, cosa ne pensate di quello che sta avvenendo in Libia? Per favore, lasciate un commento qui sotto.
Affari di guerra
di Enrico Piovesana - Peacereporter - 14 Aprile 2011
Firmato a Kabul il primo accordo economico tra Italia e Afghanistan
Petrolio e gas, miniere e marmo, strade e aeroporti, energia e agricoltura. E' ricco e variegato il menù del primo accordo quadro di cooperazione economica firmato martedì a Kabul tra governo italiano e governo afgano.
La delegazione commerciale guidata dal ministro per lo Sviluppo Economico, Paolo Romani, era composta, tra gli altri, da rappresentanti di Eni, Enel, Enea, Gruppo Trevi (perforazioni petrolifere), Gruppo Maffei (estrazioni minerarie), Iatt (pipeline sotterranee), Fantini (segatrici per marmo), Assomarmo, Margraf e Gaspari Menotti (estrazione del marmo) e AI Engineering (costruzioni).
Il protocollo d'intesa prevede che investimenti italiani nell'estrazione di petrolio (nel nord dell'Afghanistan ci sono giacimenti da 1,6 miliardi di barili, per un valore di 85 miliardi di euro), gas naturale (nella stessa zona vi sono riserve da 16 miliardi di metri quadri, per un valore di 39 miliardi di euro), risorse minerarie (oro, rame, ferro, carbone e il prezioso litio, forse presente nei laghi prosciugati della provincia di Herat) e pietre preziose (smeraldi e lapislazzuli).
Il ministro afgano delle Miniere, Wahidullah Sharhani, ha inoltre chiesto all'Italia di partecipare alla realizzazione della famosa pipeline transafgana (Tapi) che porterà in Pakistan e India il gas trukmeno attraversando la provincia di Herat. Il progetto, di difficile realizzazione per ovvi motivi di sicurezza, potrebbe beneficiare dell'innovativa tecnica di posa condutture 'trenchless' (senza scavo a cielo aperto) della Iatt.
Altro settore in cui l'Italia investirà parecchio è quello del marmo. Vicino Herat si trovano le cave di Chest-i-Sharif, famose per la pregiata qualità di marmo bianco. Le aziende del nostro paese svilupperanno lo sfruttamento di questa importante risorsa: dall'estrazione al taglio dei blocchi, fino al loro trasporto in città, tramite la costruzione di un'apposita strada lunga 28 chilometri.
A Herat l'Italia investirà poi quasi 60 milioni di euro per sviluppare il piccolo aeroporto cittadino, dove le nostre aziende costruiranno nuove strutture e piste d'atterraggio per trasformarlo in uno scalo aereo commerciale collegato alle rotte internazionali.
Gli altri settori di cooperazione economica citati dal Protocollo d'intesa sono quello energetico (per elettrificare con fonti rinnovabili i villaggi della provincia e dotarli di pompe per l'acqua), tessile e agroalimentare.