Le carte degli inquirenti "Abituato a delinquere, stava per fuggire"
di Paolo Colonnello - La Stampa - 21 Giugno 2011
E poi arriva il giorno che ti presentano il conto. Magari giusto un attimo prima della grande fuga.
Svaniscono i ricordi degli amici potenti, le foto sulle terrazze bianche con valletti seminudi che ti massaggiano i piedi, le serate nei locali alla moda abbracciati alle star, le interviste in tivù. Puff!
Tutto finito nello spazio di pochi minuti in una bella serata di giugno, quando gli uomini della guardia di Finanza si presentano negli uffici-abitazione di viale Monza con un ordine di cattura in mano firmato dal gip Fabio Antezza e la disposizione precisa di trasferire in carcere Mora Dario, detto Lele, perché, specifica il gip «la misura degli arresti domiciliari non appare idonea a salvaguardare le esigenze cautelari».
Al posto delle agiografie interessate compaiono così le descrizioni impietose dei giudici che parlano di una «spiccata propensione a delinquere», di capacità «di mentire», di reiterazione del reato, di inquinamento probatorio e di «concreto ed elevato» pericolo di fuga: «Altre circostanze concrete fortemente sintomatiche sono: un pregresso comportamento dell’indagato; le abitudini o le situazioni di vita del soggetto ovvero la variazione dello stile di vita sopravvenuta a seguito dell'inizio delle indagini; le frequentazioni, l’eventuale disponibilità di fondi...le “simpatie”, i “contatti” e più in generale gli aiuti dei quali potrebbe godere nel luogo di destinazione ed in ipotesi in ambienti affini a quelli di provenienza; il possesso ovvero la possibilità o la capacità di procurarsi documenti falsi o false banconote».
E non è un caso, forse, che nell’ordinanza, tra le disponibilità di fondi ottenuti recentemente e negoziati all’estero nel 2010, nonostante già pendesse la spada di Damocle di una dichiarazione fallimentare personale di almeno 16 milioni di euro, spicchino proprio due milioni e 550mila euro in assegni circolari «provenienti dal conto corrente numero 2472/80 intestato a Spinelli Giuseppe ed acceso presso la banca popolare di Sondrio»: uno dei conti del Premier emerso durante le indagini sul Rubygate, dove anche Mora è stato indagato.
Nelle carte, del «Lele glamour» e un po’ fascista, prudentemente residente in Svizzera, anzichè le prodezze gossipare e le discutibili benemerenze televisive, si ricorda un passato che non passa, né - soprattutto nei casellari giudiziari - si cancella: «..rilevano la descritta personalità dell’indagato e la già evidenziata tendenza dello stesso a delinquere e, soprattutto, a sottrarsi ai rigori della legge, non solo tributaria ma anche penale, come evidenziato dai già valutati plurimi precedenti penali anche per reati contro la pubblica amministrazione e contro la fede pubblica (emissione di assegni a vuoto, ndr) oltre che in materia di sostanze stupefacenti (una vecchia condanna per spaccio quando ancora faceva il parrucchiere a Verona, ndr)».
Il manager delle dive, ma anche delle starlette e da ultimo, come risulta dall’inchiesta Ruby, perfino delle prostitute d’alto bordo da consegnare in tubino nero nella residenza del Premier ad Arcore, l’amico di Silvio ma anche di Emilio inteso come Fede, l’uomo che ha sostenuto a verbale di avere speso una quantità immane di quattrini per fare regali a Fabrizio Corona (almeno due milioni di euro) e mantenere nelle sue ville in Sardegna una quantità di stelline televisive, che ha comprato case da Luisa Corna e Umberto Smaila come risulta dagli atti, finisce in carcere con un provvedimento di cento pagine che lo inchioda: bancarotta fraudolenta pluriaggravata.
Come si sa, l’impresario di Bagnolo Po, Rovigo, era stato dichiarato fallito giusto un anno fa. Ciò nonostante, secondo le accuse, non solo avrebbe continuato a movimentare denaro ma lo avrebbe sottratto, o meglio «distratto», come risulta da un’ampia relazione del curatore fallimentare, dalle risorse finanziarie da destinare ai creditori, il fisco prima di tutto. Nella misura di almeno 8 milioni di euro.
In un crescendo di mezze ammissioni (Mora venne interrogato nell’ottobre scorso), bugie, contraddizioni. In particolare sulla reale disponibilità di quattrini, visto che dichiarò di essere «nullatenente».
E invece, gli uomini della Guardia di Finanza, coordinati dal pm Eugenio Fusco, analizzando le movimentazioni bancarie di Lele e quelle della società «Diana Immobiliare», considerata la «cassaforte di famiglia» dell’impresario e dei suoi figli, nonchè della «Feva Investiments», la società lussemburghese sempre dei Mora, hanno trovato un giro di denaro sorprendente.
Il tutto corroborato da un numero incredibile di fatture per operazioni inesistenti messe a disposizione da un ex collaboratore oggi «pentito» dell’inchiesta, Marcello Silvestri, che già era stato arrestato nel corso delle indagini su «Vallettopoli».
Chi è Silvestri, lo racconta lo stesso Mora a verbale: «Lo conobbi tramite un certo Walter che era all’epoca un dipendente di Publitalia. Mi raccomandò Silvestri dicendo: “È uno bravo che può curare i tuoi eventi dalla A alla Z, una persona fidata, capace di risolverti anche altri problemi. È disponibile a fare per te delle fatture gonfiate”...Quando Silvestri arrivava nei miei uffici io dicevo: “Signori è arrivato il bancomat...”».
Ma il bancomat questa volta lo ha tradito. E Lele, nonostante la salute inferma, rischia di trascorrere adesso le ferie a San Vittore.
Bancarotta. Lele Mora finisce in carcere
di Gianni Barbacetto e Antonella Mascali - Il Fatto Quotidiano - 21 Giugno 2011
Il manager in manette: danno patrimoniale ai creditori e al fisco. L'arresto per evitare "fughe": ha cercato di portare in Svizzera più di 8 milioni di euro
Fallito era già fallito. Ma ora è anche agli arresti, Lele Mora, rinchiuso da ieri pomeriggio in una cella del carcere milanese di San Vittore. Il tribunale aveva dichiarato nel giugno 2010 il fallimento della sua società Lm Management.
Nell’aprile 2011 era stata la volta dell’Immobiliare Diana e i giudici avevano decretato anche il suo fallimento personale. Ma a Lele, con residenza in Svizzera e auto con targa elvetica, piacevano i giochi senza frontiere: ha cercato di portare in salvo nella Confederazione più di 8 milioni di euro, tolti alle sue società poi fallite.
Per questo i pm milanesi Eugenio Fusco e Massimiliano Carducci hanno chiesto il suo arresto: perché “distraeva somme di denaro per un valore complessivo di 8.440.850 euro”.
Una somma di 3.381.850 euro sarebbe, secondo l’accusa, finita in contanti nelle mani di un amico di Lele Mora, l’imprenditore genovese Marcello Silvestri, come pagamento di fatture per operazioni inesistenti “nel periodo 2004-2006″.
Gli altri 5.059.000 euro sarebbero stati sottratti all’Immobiliare Diana, “in relazione all’acquisizione degli immobili a quest’ultima intestati”, scrive il giudice delle indagini preliminari Fabio Antezza, che ha disposto l’arresto richiesto dai pm.
Il gip elenca una serie di assegni circolari che partono dalla banche italiane in cui Mora ha i conti e finiscono negoziati in Svizzera. Il 19 gennaio 2010 sono emessi un assegno Montepaschi di 50 mila euro e nove assegni Unicredit “di euro 100 mila cadauno per complessivi euro 900 mila”.
Il 18 marzo vengono emessi due assegni Unicredit “di euro 500 mila cadauno per complessivi euro 1 milione” e uno Montepaschi di 500 mila euro. Il 19 ottobre partono altri due assegni circolari, di 50 mila euro ciascuno, dalla Bcc di Carate Brianza.
Il reato contestato è quello di bancarotta fraudolenta pluriaggravata, per aver arrecato “un danno patrimoniale di rilevante gravità” ai creditori e al fisco. All’erario sono stati sottratti, secondo l’accusa, circa 16 milioni di euro.
Così ieri la Guardia di finanza si è presentata negli uffici di viale Monza, dove Lele Mora continuava le sue attività, e lo ha arrestato, “con riferimento”, scrive in gip, “ai concreti e attuali pericoli per l’acquisizione e la genuinità della prova, di fuga e di commissione di reati della stessa specie di quelli per i quali si procede”.
L’agente è una persona “dalla professionalità criminale”: nell’ordinanza d’arresto il giudice scrive che “è appena il caso di rilevare che le dichiarazioni rese da Mora non sono in concreto tali da attenuare il grado delle esigenze cautelari, stante le descritte professionalità criminali e la capacità economica di origine illecita, doppiate dall’attività di drenaggio di denaro anche successiva alla dichiarazione di fallimento” delle sue società.
Al curatore fallimentare, Salvatore Sanzo, non è arrivato neppure un euro del milione e 200 mila che Silvio Berlusconi ha dato a Mora, come il presidente del Consiglio ha detto in un videomessaggio.
Quei soldi la procura di Milano li sta ancora cercando. Lele Mora era già stato in cella per tre mesi nel 1989, quando era solo un promettente pr di Verona, arrestato per lo scandalo della cocaina che aveva coinvolto calciatori e cantanti.
Era stato alla fine condannato a 1 anno e 6 mesi. Dimenticata quella vecchia storia, Mora era diventato “l’agente dei vip”, potente per i suoi rapporti e capace di piazzare veline, starlette e tronisti della sua agenzia nelle reti tv, pubbliche e private.
Ma è il caso Ruby che lo ha più recentemente riportato alla ribalta delle cronache giudiziarie: l’impresario è accusato di favoreggiamento e induzione alla prostituzione, per aver portato ragazze, tra cui la minorenne Karima El Mahroug, alle feste del bunga-bunga ad Arcore, messe a disposizione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Per il caso Ruby, l’udienza preliminare comincerà il 27 giugno e Mora sarà tra gli accusati in compagnia di Nicole Minetti ed Emilio Fede. Con il direttore del Tg4, Mora è nelle scorse settimane entrato in contrasto: entrambi hanno scaricato sull’altro la responsabilità dell’ingresso di Ruby ad Arcore.
Ieri sera Fede ha dato così la notizia dell’arresto: “Vedremo: la giustizia farà il suo corso, fidiamoci della giustizia. Quanto un albero è caduto tutti vanno a fare legna, come dice un vecchio proverbio. Mora è stato un grande manager dove tutti andavano e faticavano per essere ricevuti. Prima la storia di Ruby, poi questa della bancarotta che si trascina da tempo hanno portato a una condizione molto triste”.
Arner e Bpl, i forzieri svizzeri di Lele
di Gianfrancesco Turano - l'Espresso - 20 Giugno 2011C'è poco da dire. Quanto a banche, nessuno ti tratta col savoir faire degli svizzeri. Prendiamo Lele Mora. L'agente delle dive, e delle ragazze che vorrebbero studiare ma non hanno i soldi, ha trasferito la residenza in Canton Ticino più di tre anni fa a causa di amarezze con l'erario italiano sfociate in processi per bancarotta, frode fiscale e false fatturazioni.
A chi rivolgersi per aprire un conto corrente? Mora ha iniziato dalla Banca Arner, un istituto molto frequentato dalla famiglia Berlusconi e a da alcuni fra i più stretti collaboratori del premier come Cesare Previti, Ennio Doris, Salvatore Sciascia.
Per partire col piede giusto, la Arner ha accreditato a Mora un bonus di entrata di 100 mila euro in riconoscimento dei numerosi e facoltosi clienti procurati alla banca dallo stesso Mora. Oltre al conto in Arner, travolta nel 2008 da un'indagine antimafia della Dda di Palermo, Mora ha aperto altri due rapporti. Uno, mai usato, si trova alla Bpl Suisse. Di nuovo, non una banca qualunque.
Dopo essere stata al servizio di Cosa nostra sotto il nome di Fimo e Adamas, la banca è stata acquistata nel 2003 da Gianpiero Fiorani e trasformata nella tesoreria oltre confine della Popolare di Lodi. L'arresto di Fiorani, buon amico di Mora, ha messo fine alle evoluzioni dell'ex Fimo.
Un terzo e ultimo conto di Mora, ancora attivo, è stato aperto presso la Bsi (Banca della Svizzera italiana), istituto rilevato alla fine degli anni Novanta dal gruppo Generali.
Ovviamente, queste informazioni non vengono dai banchieri elvetici, usi a bonificare tacendo. Le ha rivelate lo stesso Mora ai pm Eugenio Fusco e Massimiliano Carducci nell'interrogatorio del 10 gennaio.
Lo stesso in cui ha dichiarato una laurea in Economia e commercio a Bologna e una honoris causa in Scienze delle comunicazioni allo Iulm. Dopo la smentita di entrambe le università, Mora rischia una nuova incriminazione. Da imputato, per legge ha il diritto di dire il falso su tutto salvo che sulle generalità e sui titoli di studio.
Pietà per il berlusclone Lele Mora
di Stefano Corradino - Il Fatto Quotidiano - 21 Giugno 2011
“Voi maiali, porci, giornalisti e comunisti di m. Spero che vengano i fascisti a spaccarvi le gambe”. Così in una recente intervista ad Annozero Dario Mora detto Lele contestava al giornalista Corrado Formigli le domande relative alle inchieste sugli scandali sessuali nelle residenze del presidente del Consiglio.
Ieri Mora è stato arrestato con l’accusa di bancarotta fraudolenta. L’elenco dei suoi problemi giudiziari è cospicuo. Condannato per detenzione di sostanze stupefacenti non proprio modiche (1990) e due volte per evasione fiscale (2000 e 2008).
Indagato nel gennaio 2011 dalla Procura della Repubblica per favoreggiamento alla prostituzione, insieme a Silvio Berlusconi e Nicole Minetti sul “caso Ruby“, la nipote (marocchina) del presidente (egiziano) che proprio lui sembrerebbe aver presentato al presidente del Consiglio (italiano). Un vero talent-scout internazionale!
Per la giustizia il talentuoso manager dello spettacolo è di fatto innocente fino al compimento del terzo grado di giudizio, sempre che qualche reato nel frattempo non venga prescritto o magari cancellato per effetto di qualche tempestiva legge “ad Moram”.
Più difficile invece cancellare il personaggio, le sue relazioni, le sue “stravaganze”. Intervistato per il film “Videocracy” nella sua “white house”, all’interno di una stanza completamente bianca, e lui tutto di bianco vestito (un simbolo di purezza e integrità) loda le gesta del presidente Berlusconi, secondo solo all’impareggiabile Benito Mussolini della cui grandezza conserva gli inni (croci celtiche e svastiche) sul suo telefonino che non si vergogna ad esibire.
Il candido Lele fa quasi tenerezza. Perché altro non è che l’archetipo perfetto del berlusconismo, uno dei tanti prodotti di un modello culturale e sociale degradante e avvilente.
Lele e gli altri Berluscloni vinceranno o perderanno nel primo grado, in appello e in Cassazione? Poco importa.
La speranza è solo quella che il vento del cambiamento che sta spirando dal nord al sud del paese spazzi ben presto via dall’Italia il fetore della volgarità, della miseria culturale, della gigioneria da avanspettacolo.
I comportamenti massonici, gli oltraggi alle istituzioni, il disprezzo delle leggi. Il concetto che tutto è in vendita. Un voto, una partita di calcio, un corpo, un sogno nel cassetto.
Non ci servono nè nuove intercettazioni nè altre carte processuali ma solo un sussulto collettivo di dignità.