Un altro aggiornamento sulla situazione in Libia dove, oltre alla guerra civile e quella di aggressione da parte della Nato, è in atto una vera e propria guerra psicologica compiuta dai media mainstream occidentali e arabi.
Le due foto qui sopra ( e quelle successive nel post) sono solo alcuni esempi...
Libia, figlio di Gheddafi riappare in pubblico:"Tripoli è sotto il nostro controllo"
da Peacereporter - 23 Agosto 2011
Ieri i ribelli avevano annunciato la cattura di Saif al Islam. Aviazione Nato bombarda il bunker del colonnello
Saif al Islam, il figlio di Gheddafi candidato alla sua successione, di cui ieri i ribelli avevano annunciato l'arresto, è invece libero e si è mostrato ai giornalisti nella notte a Tripoli liquidando come "menzogne" le notizie sulla sua cattura e annunciando che anche suo padre sta bene e si trova tuttora nella capitale libica.
"Tripoli è sotto il nostro controllo. Il mondo lo sappia. Tutto va bene a Tripoli. Abbiamo spezzato la schiena ai ribelli", ha detto Saif che ha incontrato prima tre giornalisti nella residenza bunker di Gheddafi di Bab al Aziziya e poi si è recato al vicino Hotel Rixos, che ospita i giornalisti stranieri nella capitale libica.
"L'Occidente dispone di alte tecnologie che hanno disturbato le comunicazioni e ha inviato messaggi falsi al popolo libico sulla caduta del governo", ha aggiunto riferendosi ad alcuni sms inviati domenica agli abitanti di Tripoli. "È una guerra tecnologica e mediatica per provocare caos e terrore in Libia", ha accusato, "ma io sono qui per confutare tutte le menzogne".
Dopo una notte di calma surreale e silenzio, rotto solo da sporadiche raffiche di mitra e da alcune esplosioni, questa mattina i caccia della Nato hanno pesantemente bombardato compound di Bab al-Aziziya, la residenza-bunker del rais a Tripoli, attorno al quale sono in corso furiosi combattimenti.
Nei pressi di Misurata, i ribelli libici si sono scontrati con un convoglio di militari governativi proveniente dalla città costiera di Sirte (la città natale di Gheddafi), uccidendo decine di soldati fedeli al regime.
di Marinella Correggia - www.ilmanifesto.it - 23 Agosto 2011
«Il ministero della sanità ha dichiarato che negli ospedali si contano già 1300 morti e 5000 feriti»
Molti telefoni di persone incontrate a Tripoli solo poche settimane fa oggi non rispondono. Qualcuno però trova linea: queste sono testimonianze raccolte tra sabato e ieri.
Mohamed, giovane del Niger che vive a Tripoli da 13 anni (lavorava con i cinesi), è rintanato in casa: «Siamo impotenti anche noi», dice. «Chi è disarmato non può avventurarsi fuori, dove tutti sono armati e si combatte. È terribile ma non possiamo che aspettare. Spero che non ci sia un'altra carneficina».
Domenica diceva che «hanno bombardato intensamente anche vicino a casa mia, si è levata una grande polvere. Stiamo in casa e preghiamo, è il ramadan». Chiede: «Ma da voi avete visto le immagini della strage di 85 civili a Mejer, sotto le bombe della Nato, fra l'8 e il 9 agosto? Sono sconvolto, perché i media internazionali non ne hanno parlato».
Era impaurito sabato sera il cristiano pakistano Nathaniel, da 21 anni in Libia. Un mese fa si chiedeva dove sarebbe andato con la famiglia se gli islamisti fossero arrivati: «My sister, qui bombardano di continuo, e sembra che i ribelli siano vicini...non so, dove andare, chi ci proteggerà? Starò in contato con la cattedrale». Ieri il cellulare non prendeva.
La statunitense JoAnne, da mesi a Tripoli con suo marito per documentare negli Usa i crimini di guerra della Nato e dei ribelli: «Siamo chiusi nell'hotel Corynthia, al centro di Tripoli. Nessuno si avventura fuori. Gli Apache hanno ucciso molte persone e i ribelli hanno armi pesanti...».
Chiusa in casa anche Tiziana Gamannossi, imprenditrice italiana (l'unica rimasta a Tripoli, dove vive a Tajura): «Sto in casa, non si chiude occhio. Festeggiamenti per l'entrata dei ribelli? Ma se non c'è nessuno per strada, ho faticato a trovare chi mi riportasse a casa ieri. La disinformazione continua».
Hana, libica, che lavorava per una compagnia petrolifera, si è trasferita in casa di parenti: «Casa nostra è troppo vicina a Bab El Azyzya, qui è tranquillo ma nelle strade non c'è nessuno. Sì, abbiamo acqua, luce e cibo abbastanza... Non avrei mai pensato che finisse così».
Una testimonianza drammatica arriva per e-mail: Meyssen parla dei bombardamenti cominciati sabato notte su Tripoli, «gli aerei della Nato bombardano tous azimut (...) alle 23,30 \ il ministero della sanità ha dichiarato che gli osperali sono strapieni: si contano 1.300 morti e 5.000 feriti. La Nato aveva avuto il mandato di proteggere i civili. In realtà, la Francia e la Gran Bretagna stanno rinnovando i massacri coloniali».
La battaglia per Tripoli
di Daniele Scalea* - www.eurasia-rivista.org - 23 Agosto 2011
Mentre la stampa italiana, sulla falsariga della posizione espressa ufficialmente dal ministro Frattini (che più d’ogni altro s’è sbilanciato nelle ultime 24 ore), continua a parlare dell’avvenuta “liberazione di Tripoli” e della “caduta del regime”, altre fonti – pur schierate con la NATO – cominciano a farsi più caute.
Persino “Al Jazeera” stamane arriva a mettere in dubbio l’affidabilità delle rivendicazioni dei ribelli di controllare quasi tutta la capitale.
Nella confusione di notizie che rimbalzano dalla Libia e dai paesi belligeranti, sembra adesso opportuno cercare di mettere un po’ d’ordine ed ipotizzare una ricostruzione dei fatti e della situazione sul terreno, per quanto aleatoria ed inevitabilmente fondata su una ridda di resoconti e voci non confermabili.
Dopo l’uccisione del generale Younes, comandante delle forze armate del CNT, ad opera degli estremisti islamici che compongono la fazione prevalente della stessa, la ribellione era parsa sgretolarsi, con molte tribù tornate nei ranghi filo-governativi.
Le roccaforti Bengasi e Tobruk resistevano con l’aiuto delle forze straniere, ma la stessa Misurata dopo mesi d’assedio cadeva in mano ai governativi. Tuttavia, nelle vicinanze di Tripoli continuava ad imperversare un focolaio di ribellione, animato da combattenti berberi foraggiati tramite il vicino confine tunisino.
Secondo la credibile ricostruzione data da Thierry Meyssan, la “Operazione Sirena” contro Tripoli consisteva in massicci bombardamenti della NATO sulla città (secondo il cronista Nazemroaya, anche lui a Tripoli, per seminare il panico tra la popolazione) unita ad un’insurrezione interna di “cellule dormienti” dell’estremismo islamico, attivate dall’appello degl’imam radicali nelle moschee, sabato sera.
Domenica mattina la risposta delle forze governative pareva aver stabilizzato la situazione, ma ai ribelli interni si sono aggiunti altri combattenti sbarcati via mare da navi straniere. Altre voci non confermate parlano dell’arrivo di mercenari ingaggiati dalla Francia tramite il confine tunisino, e dell’appoggio di forze speciali atlantiche.
In particolare, la NATO è intervenuta massicciamente con elicotteri per aprire la strada alle colonne d’insorti, che già domenica sera sarebbero arrivati alla Piazza Verde (in prossimità del mare, in pieno centro-città) avanzando da ovest e da est. Ciò pare confermato dalle immagini mostrate da “Al Jazeera”, e da varie altre fonti.
Si è anche parlato della cattura di tre figli del Ra’is. Mentre di Saadi si sa poco, Mohammed Gheddafi è stato mostrato anche da “Al Jazeera”, ma le ultime notizie lo danno già sfuggito alla prigionia.
Particolare interesse avevano però attirato le notizie della cattura di Saif al-Islam, spesso indicato come l’erede designato di Mu’ammar Gheddafi.
Malgrado la sua cattura sia stata confermata anche dal Tribunale Penale Internazionale, Saif al-Islam è apparso in pubblico, tra una folla festante, a Tripoli questa notte, negando d’essere mai caduto prigioniero.
Si sa per certo che non sono mai cadute in mano ai ribelli la zona dell’Hotel Rixos, dov’è ospitata la stampa internazionale (benché le vicinanze siano infestate di cecchini) e quella del cosiddetto compound di Gheddafi, ossia il centrale quartiere di Bab al-Azizia.
Anche la sede della televisione di Stato, benché più volte rivendicata sotto il loro controllo dai ribelli, dopo sporadiche interruzioni ha sempre ricominciato a trasmettere programmazione filo-governativa.
Il tentativo d’interrompere le tramissioni libiche risponde evidentemente ad una logica di guerra psicologica, con i media della NATO e dei paesi arabi del Golfo che hanno cercato di avvalorare la tesi d’una repentina e festosa caduta della capitale in mano ai ribelli – evidentemente anche per demoralizzare i lealisti fuori di Tripoli, che controllano buona parte del paese.
Nella notte tra domenica e lunedì Khamis Gheddafi, figlio del Ra’is, era già segnalato a Tripoli, nei pressi del Rixos, alla testa della sua XXXII Brigata (che si credeva a Misurata). Poche ore dopo le immagini di “Al Jazeera”, cronisti sul luogo segnalavano la riconquista della Piazza Verde da parte dei lealisti.
Lunedì mattina gli stessi reporter – segnatamente Lizzie Phelan e Frank Lamb (quest’ultimo ferito in maniera non grave da un cecchino) – ipotizzavano che le autorità avessero volutamente permesso ai ribelli d’avanzare fino nel cuore della città per poi circondarli e contrattaccarli. Meno di 24 ore Saif al-Islam, parlando alla stampa, ha riproposto la medesima interpretazione.
In effetti, dal primo pomeriggio di lunedì è stata segnalata una controffensiva, condotta con carri corazzati emersi dalla roccaforte di Bab al-Azizia.
Pare in questo momento che i ribelli siano stati respinti fino alle propaggini occidentali della città, sebbene loro continuino a rivendicare il controllo di gran parte di Tripoli.
*Daniele Scalea è segretario scientifico dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) e redattore della rivista “Eurasia”. È autore de La sfida totale (Roma 2010) e co-autore (con Pietro Longo) di Capire le rivolte arabe. Alle origini del fenomeno rivoluzionario (Dublin-Roma 2011).
Da che parte vanno la Libia e Gheddafi? di Franklin Lamb - http://counterpunch.org - 22 Agosto 2011
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da Supervice Una calma strana ammanta Tripoli
Il grande ritratto con una cornice d’oro del colonnello Muammar Gheddafi che adornava il muro dietro il banco della reception del mio albergo da quando ha aperto molti anni fa è sparito. Se ne sono andate anche le 72 bandiere verdi che volavano appese alle aste bianche che sono state anche loro rimosse.
Non è cortese indagare lo staff ridotto all’osso per sapere chi ha rimosso questi oggetti che l’atto della rimozione potrebbe diventare un reato serio a seconda degli esiti finali.
Ma, li mio amico Ismail, che presiede il front desk, mi ha sorriso quando ho commentato del nuovo specchio dell’albergo appeso sullo spazio del leader.
Guardando il profilo di Tripoli alle 7:30 di mattina del 22 agosto 2011 dal 26esimo piano del Corinthia Hotel sembra che sia davvero finita per il regime di Gheddafi.
Per tutta la notte abbiamo udito nel centro di Tripoli soprattutto sparatorie di festeggiamento dalle zone come la vicina e nuovamente battezzata “Piazza dei Martiri” (prima “Piazza Verde”), ma questa mattina tante domande si affollano nella testa di tante persone.
Alcuni si chiedono se le forze di Gheddafi hanno aperto una trappola per le forze dei ribelli permettendogli di entrare rapidamente e quando saranno riuniti per i festeggiamenti pubblici e per riposarsi, contrattaccare?
L’affermazione di questa mattina del rappresentante del CNT che i ribelli controllano il 95 per cento di Tripoli sembra esagerato. È una città davvero vasta e le forze dei ribelli non sono schierate dappertutto.
Una colonna di 22 veicoli militari mimetizzati pieno di combattenti del governo è passata lentamente di fronte all’albergo alle 8:10 di questa mattina e ha girato a destra verso gli edifici sul lato del mare che comprendono l’Hotel Bab al Bahar (“la porta del mare”) e sul limite il deserto JW Marriott, dove si era arrampicato, secondo alcuni testimoni oculari, il cecchino che mi ha sparato ieri mattina nella gamba destra.
Il mio dottore mi ha dato il proiettile come souvenir e sto bene anche se questa cosa pazzesca fa male. Un lavoratore che è arrivato all’albergo mi ha appena riferito di aver visto forze governative che si riunivano nel quartieri di Tripoli nelle ultime ore.
Dall’altro lato del mio albergo riesco a vedere i pickup dei ribelli pieni di combattenti e delle nuove bandiere tricolori libiche che guidano molto lentamente verso Piazza (dei Martiri) Verde. Mi chiedo cosa potrebbe succedere se prendessero la strada sbagliata.
Le notizie della cattura di Saif e di Mohammad Gheddafi sostengono l’idea che il governo ha fortemente sovrastimato il sostegno della gente e il credito che il governo riscuoteva.
Già tra il nuovo personale e alcuni bambini che vengono presto per scavalcare il recinto dell’albergo per usare la piscina, e i loro canti caratteristici di “Allah, Maometto, Muammar, Libia wa bass” hanno finito di risuonare e il sostegno per allontanare “il leader” è generalizzato. La gran parte del personale al mio albergo sembra mortificata.
Le esclamazioni a supporto della partenza di Gheddafi da parte delle stesse persone che sembravano adorarlo nella Piazza Verde negli ultimi cinque mesi mentre li osservavo è sorprendente, ma forse rivela perché tutti i potenti despoti sono spesso più forma che sostanza e che possono collassare molto rapidamente in determinate condizioni.
Molte domande vengono poste questa mattina dai miei amici studenti: cosa è successo alla resistenza nei confronti della NATO e dei ribelli, dove sono i “65.000 soldati professionisti che aspettano di respingere i “ribelli della NATO” da Tripoli citati solo la scorsa notte dal portavoce del governo Moussa Ibrahim, c’era davvero un esercito libico di migliaia di elementi per difendere Tripoli, come sarà questa transizione, ci saranno conflitti tribali per il potere, sarà la Libia a dover pagare per tutte le strutture danneggiate, ai paesi della NATO - vista l’ostilità generalizzata per le uccisioni di così tanti civile da parte della NATO – verranno concessi contratti petroliferi, gli Stati Uniti riusciranno a installare una nuova base (Wheelus fu chiusa da Gheddafi nel giugno del 1970), il nuovo governo riconoscerà Israele come la NATO sembra aver richiesto, il Consiglio Nazionale di Transizione adempierà alle proprie promesse per un rapido cambiamento con le elezioni, e così via.
La scorsa mattina, quando ho iniziato un giro in bicicletta di Tripoli, c’erano segni che qualcosa di incongruo stava per accadere. Le guardie di sicurezza, normalmente una ventina che stazionano fuori dall’albergo, erano scomparse.
Lo stesso per il personale. Ismail e il tizio dell’IT che dormivano all’albergo – e la signora britannica “Miss Lorraine” che gestisce l’hotel Hospitality risiede nell’albergo e era visibilmente sconvolta.
Quando ho lasciato l’albergo alle 7:30 di ieri mattina con la bici mi sono sorpreso di vedere una donna ferma da sola davanti all’hotel. Mi sono ancora più sorpreso quando si è illuminata di un gran sorriso mentre ha esclamato “Salve, signor Lamb!”
Lei è Marianne, che lavora con Lorraine in qualche posto nelle viscere di questo rinomato “albergo a 7 stelle” con cui avevo parlato al telefono, ma che non avevo mai incontrato personalmente.
Quando le ho chiesto perché stesse da sola in una strada vuota, mi ha replicato, “Devo trovare un passaggio per il porto!” La cosa sembrava bizzarra, visto quello che è successo, e allora le ho chiesto perché. “Le mie due settimane di ferie iniziano oggi e devo prendere una nave per andare a Malta”.
Era scioccato, “Dolcezza, per favore, di sicuro ora non ci sono navi per Malta ed è pericoloso andare al porto.” “Ma il mio ragazzo mi sta aspettando a Malta”, si è lamentata. "Ok, ma se trovi un passaggio chiama la mia stanza che ti pago la metà e vengo con te”. Marianne ha acconsentito. Non l’ho più vista.
Ieri la delegazione delle Nazioni Unite è partita dopo la sua missione di indagine di cinque giorni. Non ho ben capito quali fatti possano aver indagato, perché sono rimasti quasi sempre nell’albergo ad aspettare e aspettare, come fanno quasi tutti gli stranieri presenti, per un appuntamento promesso con un funzionario governativo o qualcun altro.
La loro dirigente, una signora palestinese stellare da Nazareth nella Palestina Occupata, ha convinto la NATO a permettere ad alcuni stranieri di riempire i posti vuoti rimasti, e per questo l’albergo era praticamente svuotato.
Non ci sono segni del colonnello Gheddafi. Una calma strana ammanta Tripoli.
Le minacce di morte sui reporter Nazemroaya e Meyssan, un appello
da www.voltairenet.org - 22 Agosto 2011
La Rete Voltaire esprime preoccupazione per le minacce che pesano su due dei suoi collaboratori a Tripoli. Mahdi Darius Nazemroaya, ricercatore associato del Centre for Research on Globalization, e Thierry Meyssan, presidente-fondatore della Rete Voltaire e della conferenza Axis for Peace, sono costeretti a stare all’hotel Rixos, attorno al quale sono in corso forti combattimenti.
Sarebbe stato dato l'ordine di ucciderli. Thierry Meyssan è a Tripoli dal 23 giugno. Ha diretto una squadra di giornalisti della Rete Voltaire. Sta conducendo da due mesi un lavoro giornalistico d’informazione sul conflitto.
Le sue posizioni si distinguono da quelle dei suoi colleghi: descrive la ribellione come un fenomeno minoritario e che si permette di giustificare agli occhi dell'opinione pubblica internazionale una classica operazione militare.Quali che siano le posizioni difese da Mahdi Darius Nazemroaya e Thierry Meyssan, il loro assassinio sarebbe inaccettabile. Mahdi Darius Nazemroaya e Thierry Meyssan non sono dei combattenti, ma dei giornalisti.
Le persone che sostengono questa guerra pensando che sia guidata dalla democrazia e dalla libertà non possono accettare che siano assassinati dei giornalisti.
Allo stato attuale, cinque stati hanno loro offerto la loro protezione diplomatica. Ma i combattimenti intorno al hotel impediscono loro di uscire e diverse di queste ambasciate sono state accerchiate per rendere impossibile qualsiasi accesso.
Sapendo delle minacce che pesano su di loro, Mahdi Darius Nazemroaya e Thierry Meyssan non si espongono ai proiettili "vaganti".
La Rete Voltaire si appella ai cittadini dei paesi implicati nella guerra affinché facciano pressione sui loro governi per garantire la sicurezza di questi giornalisti. Si chiede a tutti di far valere il proprio ruolo di cittadino e di fare circolare questa notizia.
La testimonianza di Meyssan da Tripoli
di Gianluca Freda - Blogghete - 22 Agosto 2011
Anche i frangenti più tragici hanno delle sfumature di grottesco. In questo video, Thierry Meyssan cerca di spiegare all’allibito anchorman di Russia Today che lui e i suoi colleghi giornalisti indipendenti, assediati dai cecchini nell’Hotel Rixos a Tripoli e protetti (per adesso) soltanto dalla buona volontà di alcuni volontari libici armati, sono stati minacciati di morte da alcuni “colleghi giornalisti” della CNN, che sono in realtà uomini della CIA e dell’MI6 in incognito.
I servizi segreti americani e inglesi non vogliono che si sappia della carneficina che gli aerei NATO stanno compiendo a Tripoli, né che si scopra che i famosi “ribelli” in realtà non esistono, che sono una semplice e sanguinaria messinscena.
Si tratta di semplici bande di stupratori, tagliagole e saccheggiatori utilizzati dalla NATO sia come diversivo per tenere impegnate le truppe lealiste sul terreno, sia come pretesto per continuare a giustificare i propri massacri con la schifosa foglia di fico della “ribellione al dittatore”.
Gli uomini della CIA non vogliono che si sappia in giro e hanno minacciato di morte tutti i giornalisti presenti al Rixos: non solo Meyssan, ma anche Mahdi Nazemroaya, Lizzie Phelan e altri. Franklin Lamb si è già preso una pallottola in un gamba ad opera di un cecchino, perché impari a tenere a freno la lingua.
Il conduttore di Russia Today non riesce a capacitarsi, non riesce a trovare la logica di ciò che Thierry Meyssan sta dicendo e a un certo punto domanda sbigottito: “Ma se avete vicino a voi degli americani e degli uomini della CIA, allora perché siete così spaventati?”.
Thierry fa una pausa di silenzio (me lo immagino mentre alza gli occhi al cielo), poi esclama: “Ahem... beh... non posso spiegarle tutti i dettagli adesso...”.
Thierry chiarisce anche il mistero delle famose “marce” dei ribelli verso questa o quella città. In realtà i cosiddetti “ribelli” , in molti casi, non marciano per niente. Vengono trasportati sulla costa dalle navi oppure arrivano sulle strade con la copertura degli elicotteri Apache, i quali, durante queste operazioni, sparano contro qualunque cosa si muova. Gli elicotteri aprono la strada, dopodiché ai “ribelli” non resta che fare il loro lavoro, che è quello di mettere le città a ferro e fuoco, stuprando, saccheggiando e uccidendo.
Thierry Meyssan e i suoi colleghi isolati al Rixos stanno rischiando letteralmente la vita per portarci qualche scampolo d’informazione vera da una guerra su cui i nostri media hanno raccontato soltanto menzogne. Mi pento di tutte le volte in cui ho dichiarato che il giornalismo autentico era morto e sepolto. Invece è ancora vivo e vegeto e almeno questa, in mezzo a questo fiume di abominio, è una splendida notizia.
p.s. Youtube in Italia ha bloccato il video, ufficialmente per ragioni di copyright (raramente invocate per altri servizi di Russia Today): Il video caricato su Megavideo nella fase di apertura presenta della pubblicità. Basta chiudere la finestra che si apre in pop-up e poi cliccare di nuovo la freccia verde al centro del riquadro video.
di Fulvio Grimaldi - http://fulviogrimaldi.blogspot.com - 23 Agosto 2011
La storia è un resoconto perlopiù falso di eventi perlopiù insignificanti provocati da governanti perlopiù delinquenti e da soldati perlopiù idioti. (Ambrose Bierce, scrittore Usa, 1842-1914)
Liquidiamo per prima cosa gli sciacalli collateralisti travestiti da sinistri, oggi tutti o rintanati in un abisso di vergogna, o garruli, più impudichi, celebratori di diritti umani e democrazia ristabiliti. Come Vendola - "Israele ha fatto fiorire il deserto" - Rossanda -"Brigate internazionali a sostegno dei giovani rivoluzionari di Bengasi", o il poco noto sedicente esperto di Latinoamerica e spocchioso tuttologo dell'intossicazione imperialista, Carotenuto - "I cecchini di Gheddafi sparano sui bambini".
Li scopriamo, sotto gli scintillanti panni arcobaleno, imbrattati di merda e grondanti di sangue del popolo libico e confinati per l'eternità nella fangazza dei caimani, peggiori del guiitto mannaro: traditori e rinnegati.
Calpesta questi vermi Hugo Chavez che, ancora una volta, ha tuonato contro le aberranti nefandezze dei “democratici governi europei e Usa impegnati a radere al suolo Tripoli, le scuole, gli ospedali, le case, i posti di lavoro, i campi coltivati, le fabbriche, i rifornimenti idrici ed elettrici con il suo milione e mezzo di abitanti”, adducendo a scusa una “rivoluzione” che non è che un colpo di Stato “mirato a prendersi il paese e le sue ricchezze” .
Dietro a Chavez c’è quasi l’intera America Latina, quasi tutta l’Africa, gran parte dell’Asia, a dispetto degli infingardi medvedeviani e cinesi. E questi cavalieri dell’Apocalisse, rappresentanti di un mero 7% dell’umanità, in maggioranza, poi, nemmeno omologati sui crimini dei loro “rappresentanti”, osano definirsi “comunità internazionale”.
Senza contare che ormai, nella “comunità internazionale”, questi non sono da tempo rappresentanti di nessuno, se non della manica di criminali psicopatici rintanati nei forzieri.
E veniamo a come sembra stiano le cose secondo le uniche voci oneste sopravvissute a Tripoli. Sopravvissute, perchè ne va della loro vita, visto che le spie della Cia e dell'MI6, fattesi passare per giornalisti nell'Hotel Rixos, li hanno minacciati di morte e cercano di farli fuori.
Me li ricordo, quei "giornalisti" yankee e britannici, in ascolto spocchioso e irridente alle nostre conferenze stampa in cui portavamo documenti, immagini e testimonianze degli orrori compiuti dai mercenari e dalla Nato.
Ricordo le loro domande di spie: "A quale formazione politica appartieni?" "Cosa guadagnate dal farvi trombettieri delle truffe e bugie di Gheddafi?" "Chi vi paga?" "Siete complici dei mercenari di Gheddafi che stuprano bambini". "Vi rendete conto che siete operativi del terrorismo contro la democrazia e la comunità internazionale?"
Ora quell'hotel, senza più personale, si è diviso in due contrapposti fortini: da un lato i giornalisti veri, in prima linea Thierry Meyssan e Darius Nazemroaya, che gli agenti angloamericani cercano di far fuori, dall'altro i mercenari mediatici. Gli stessi che viaggiando per le strade della Libia segnalavano alla Nato i posti di blocco da disintegrare.
E' per le strade così "ripulite" che le bande del mercenariato Nato hanno potuto avanzare grazie all'intervento incessante degli elicotteri d'assalto, dei droni e dei bombardieri, che spazzavano gli spazi davanti a loro. Nulla di quanto sta avvenendo è merito di questo branco di belve subumane unicamente motivate dal bottino e dagli orgasmi da sevizie e morte.
Senza le stragi Nato non sarebbero stati capaci di far altro che continuare a dare la caccia agli africani neri, alle ragazze da violentare e poi uccidere (stile narcos al soldo degli Usa in Messico), a chi non si schierava con loro.
La forza d'urto principale è stata esercitata dalle montagne alle spalle di Tripoli nelle quali nelle scorse settimane erano arrivate, su piste improvvisate, valanghe di armamenti pesanti, con il beneplacito del governo dellaTunisia, da qualcuno (Giuliana Sgrena e mistificatori vari) ancora definito espressione della "primavera dei gelsomini" (qualifica tesa a sacralizzare anche le operazioni Cia delle rivoluzioni arancioni, dei garofani, delle rose e di colori e fiori vari).
Governo tunisino che, rivoluzionariamente, spargendo gelsomini, è balzato sul carro da morto di passaggio e ha riconosciuto il sedicente Consiglio di Transizione, così tagliando il cordone ombelicale a tutto un popolo, E' la democrazia, cretino!
I tumulti di Tripoli, comunque, sembra non siano tanto merito di contingenti di mercenari invasori, in ogni caso guidati e appoggiati da teste di cuoio occidentali, quanto da "cellule dormienti" infiltrate da tempo e che si sono mosse al segnale lanciato da certi muezzin dai minareti a partire da sabato scorso.
Il meccanismo, ripetuto in questi giorni, è questo: la Nato lancia di notte attacchi di portata terrificante su una zona, o un centro, distruggendo tutto e facendo fuggire o uccidendo la popolazione (1.300 in 9 ore domenica scorsa, 5000 feriti).
Nel vuoto si precipitano i mercenari con telecamere al seguito, sbraitano, sparacchiano e... spariscono, mentre l'area torna ad essere popolata da abitanti che rientrano sotto la protezione delle forze lealiste. Si parla addirittura di "ribelli" cacciati dalle loro posizioni 80 km a ovest di Tripoli (Zauija).
Così, pare, oggi a Tripoli, dove sarebbe in corso la controffensiva dei lealisti che avrebbe svuotato la città dai mercenari per il 90%, salvo sacche nei sobborghi. E a ennesima dimostrazione della rozzezza dei bugiardi: i figli di Gheddafi, Seif e Mohammed, sono liberi e in lotta.
Il problema grande è che, come si creano distanze tra i due fronti, i killer Nato hanno agio di infierire su Resistenza e popolazione civile, ovviamente, come fatto a partire del 19 marzo, senza il minimo riguardo per la popolazione nella quale i combattenti patrioti si muovono.
L'altra notte è passato su RAI Tre un grande film su Marzabotto. Sinistri e celebranti vari commemorano in lacrime quegli eventi. in Libia la nostra "comunità internazionale" di Marzabotto e S.Anna di Stazzema ne hanno perpetrato centinaia, all'ennesima potenza. E' la democrazia, cretino!
E ora stanno facendo a Tripoli quello che hanno fatto a Dresda, a Baghdad, a Falluja, a Gaza. Terminator nutriti di morte, amici, anzi padroni omaggiati, di Napolitano, Bersani, Flavio Lotti, Pannella e tutta la fangazza sinistrata d'Italia. Lordi tutti del sangue di un popolo genocidato dopo l'altro. A quando l'incendio purificatore e salvifico che li incenerirà?
Non finisce qui. Non c'è nessuna stretta finale, Gheddafi morirà in combattimento o trucidato, come Saddam e Milosevic, in qualche postribolo da tutti consacrato tribunale e dove, sullo scranno delle marchette, sono assise "madame" come Carla del Ponte, Antonio Cassese (quello del tribunale farsa prima della Jugoslavia e poi del Libano), Moreno Ocampo.
Così come si omaggia Napolitano, il peggiore presidente mai avuto nella Repubblica, "difensore della Costituzione". Colui che rischia, avvenuta la nemesi, di passare alla storia giusta con il titolo di "presidente fellone". Accanto a gentaccia come Laval, Petain, Badoglio e, oggi, accanto a pagliacci zannuti Nato alla Karzai, Al Maliki, Micheletti, Calderon, Abu Mazen, Mesic...
Gheddafi, mille Gheddafi, continueranno a guidare la lotta dei libici, dovesse durare un'altra volta trent'anni, come sotto i macellai Graziani, Badoglio, Mussolini (avete constatato come questi massacratori dei mandanti Obama e Cameron e banchieri che li manovrano, siano addirittura peggio, molto peggio, di quegli antesignani della civiltà superiore bianca cristiana?).
Alimentiamo i fuochi sacri dei libici. A partire dalle palle infuocate di verità da lanciare addosso alle prostitute nel postribolo.
Nebbia di guerra
di Pino Cabras - Megachip - 23 Agosto 2011
Siamo in piena nebbia di guerra. Circolano immagini di Gheddafi morto, che sono evidenti falsi, ma molti siti dei giornali le presentano lo stesso con il dubbio, e intanto colpiscono l'immaginario collettivo e lo predispongono al parossismo della battaglia finale. Era accaduto così anche per quell'incredibile farsa dell'uccisione di Bin Laden.
Poi che succede? Annunciano la cattura del figlio di Gheddafi, i media la amplificano in mondovisione, ma Seif el Islam in persona si incarica di smentirla pomposamente. La Repubblica scrive nei titoli che il rais ha ordinato di sparare ai bambini, cosa falsa, ma nasconde che ospedali e obitori sono al collasso per i morti causati dai bombardamenti NATO. Molti i bambini.
Si nasconde da parte di tutta la fabbrica della menzogna mondiale che sono presenti in forze a Tripoli le truppe speciali dei paesi NATO, in spregio perfino della vergognosa risoluzione 1973 che ha ucciso l'ONU prima della Libia. Il mainstream è totalmente inattendibile. Le poche voci indipendenti fanno un lavoro impossibile, svuotano uno tsunami con i cucchiaini.
La portata delle falsità e delle complicità delle redazioni dei giornali non ha forse precedenti altrettanto clamorosi. Di fronte a una simile mole di operazioni psicologiche, menzogne, annunci inattendibili, foto false, in queste ore concitate - per chi non ha mezzi redazionali sufficienti - è un ottimo modo di cominciare il lavoro fare una piccola operazione preliminare: non credere per principio ai grandi media e ai governi. Chi si fida ancora di Al Jazeera e CNN? Sono enormi strutture embedded.
Il corollario è che occorre cercare fonti alternative, che possono però fuorviare o essere soggette anch'esse all'influenza di false notizie, imbeccate in modo funzionale all'operazione propagandistica nel suo insieme.
Ma deve essere chiaro che il livello di manipolazione è tale che occorre apertamente ipotizzare che esistano interi set allestiti per creare una narrazione totalmente inventata. In Qatar esistono: ufficialmente per addestrare soldati alla guerriglia urbana, ma adatti a creare – perché no? – lo sfondo per qualche abile video, o qualche foto glamour sui ribelli eroici. I precedenti abbondano.
Circola anche un raffronto fra le immagini mostrate dalle TV della Piazza Verde - dove la sera della "spallata" a Tripoli si sarebbero radunate decine di migliaia di persone che festeggiavano "la fine del regime" - con immagini precedenti di quella piazza senza i "ribelli".
Mi appello con urgenza a fotografi esperti che valutino prospettive e parallassi, trovino immagini recenti della piazza. E che analizzino eventuali ristrutturazioni, modifiche, ecc. Sul web circola infatti un accostamento fra le immagini della manifestazione anti-Gheddafi (le migliaia di persone temerariamente festanti nel pieno di un bombardamento) e le immagini degli edifici visibili, in particolare la porta di Bab el-Aziza.
Come nel “trova le differenze” dei settimanali enigmistici, si notano alberi e lampioni che mancano, difformità negli intonaci e nei fregi, ecc.
Non sto annunciando uno scoop. Non cerco scoop. Non c’è tempo. Ma possiamo sfruttare la rete, le competenze collettive per capire se queste immagini sono vere, visto l’accumulo rapido di falsità che via via hanno reso non credibile la narrazione del mainstream mediatico.
Il sospetto non è complottismo: è sfiducia nel lavoro del grande giornalismo, grande solo nei mezzi soverchianti. Faccio appello ai lettori per capire se non siamo dentro il set di una guerra mondiale, posto che siamo dentro la nebbia di guerra.