mercoledì 24 agosto 2011

Libia - update

Mancava solo la taglia sulla testa di Gheddafi per avere la conferma di quanto sia democratico il Consiglio Nazionale di Transizione (Cnt) che ha infatti oggi offerto 1,6 milioni di dollari e la piena amnistia per la cattura del Raìs. Vivo o morto.

Nel frattempo però gli scontri proseguono, Gheddafi continua a mandare messaggi via radio e il presidente russo Dmitri Medvedev (ma anche La Russa...) ha esortato i ribelli ad avviare negoziati con il Raìs perchè "a dispetto dei successi degli insorti, Gheddafi ha ancora qualche influenza nel Paese".

E infine la scoperta dell'acqua calda: anche la Nato ha dovuto ammettere ufficialmente alla Cnn quanto si sapeva da mesi, e cioè che le forze speciali - inglesi, francesi, giordane e qatariote soprattutto - hanno condotto nei giorni scorsi operazioni a Tripoli e in altre città per sostenere i "ribelli".

Ma se è per questo forze speciali straniere sono sul territorio libico fin da prima dell'inizio ufficiale della "rivoluzione", il 17 febbraio.



Voci da Tripoli, le ore dell'assalto finale
di Alberto Tundo e Nicola Sessa - Peacereporter - 24 Agosto 2011

Parla un'imprenditrice italiana rimasta a Tripoli: tante bugie dai giornalisti e vergogna di far parte della Nato

Per Tiziana Gamannossi, imprenditrice italiana a Tripoli, non esistono più "buongiorno" da sabato, quando i ribelli con la copertura aerea della Nato, hanno attaccato la capitale libica.

Il telefono e internet funzionano a singhiozzo e Gamannossi, dopo averci tranquillizati sul suo stato di salute, racconta a PeaceReporter i giorni dell'assalto finale.

"Le tv e i giornali stanno raccontando un sacco di sciocchezze". Stando alla testimonianza dell'imprenditrice italiana, Seif Al-Islam Gheddafi non sarebbe mai stato arrestato. Al contrario, da diversi giorni è all'interno dell'hotel Rixos in compagnia di molti ministri del rais. Nello stesso hotel si trovano anche tutti i giornalisti e i pacifisti.

Tante zone della città sono nelle mani dei ribelli, ma si combatte ancora a Buslim e poi rimane l'incognita del Rixos. Potranno i ribelli attaccare l'edificio dove si trovano anche gli inviati di mezzo mondo?

Sabato notte anche Tiziana Gamannossi è rimasta a dormire all'interno del Rixos dove era andata per collegarsi a internet. Troppo pericoloso tornare indietro verso Tajura, a casa sua. Solo domenica pomeriggio ha potuto farvi rientro.

I ribelli hanno installato diversi check point
per isolare i quartieri che non sono ancora sotto il loro controllo. Anche la caserma di Bab El Azizia è nelle mani degli insorti, ma rimane il fatto che l'edificio era stato abbandonato in precedenza e, a quanto pare, gran parte dell'establishment si trova all'interno del Rixos.

Nessuno sa dove sia, invece, Mumammar Gheddafi. Stesso mistero su dove si trovi l'altro figlio, Khamis, il comandante della 32esima brigata.

Sulle pagine dei giornali abbiamo letto di cecchini e mercenari di Gheddafi che seminano il panico nelle strade della città: "Non mi risulta niente di tutto ciò", dice Gamannossi, "nessun cecchino e nessun mercenario per Gheddafi... nelle file dei ribelli sappiamo che ci sono dei mercenari".

L'imprenditrice che il 18 marzo non ha voluto abbandonare Tripoli, quando l'ambasciata italiana ha chiuso i battenti, è delusa e amareggiata per come sia stata gestita la questione libica: "C'è da vergognarsi di far parte della Nato. Tripoli ha sempre chiesto una soluzione diplomatica, ma la Nato ha sempre rifiutato questa via".


Il ruolo dell'Mi6 e delle forze speciali europee e arabe
da Peacereporter - 24 Agosto 2011

Offensiva ribelle a Tripoli pianificata dai servizi di Londra e sostenuta da commando britannici, francesi, giordane e qatariote

L'assalto finale dei ribelli libici contro Tripoli, scattato domenica notte, è stato pianificato dagli agenti dei servizi segreti britannici basati a Bengasi e condotto con il supporto di forze speciali britanniche, francesi, giordane e qatariote.

Secondo il quotidiano londinese Telegraph, l'offensiva dei ribelli è stata condotta secondo le direttive degli spreti militari dell'Mi6 da mesi stanziati nella roccaforte delle forze anti-governative.

Il piano di attacco degli 007 di Sua Maestà è scattato sabato pomeriggio, con i bombardamenti aerei condotti dai Tornado dalla Rolyal Air Force sulle strutture governative di telecomunicazione alla perifieria sud-occidentale di Tripoli.

Secondo il bene informato sito Debkafile (vicino all'intelligente israeliana), all'offensiva ribelle di Tripoli, in particolare all'assalto al bunker del colonnello nel quartiere di Bab al-Azaziya, hanno preso parte attiva- per la prima volta dall'inizio della guerra libica - commando delle forze speciali britanniche (Special Air Service) francesi (Groupe des Commando Parachutiste), giordane e qatariote.


Benvenuti nella democrazia della Libia
di Pepe Escobar -
Asia Times - 23 Agosto 2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Supervice

Il Grande Gheddafi ce l’ha fatta a malapena a lasciare l’edificio, la fortezza di Bab-al-Aziziyah, e gli avvoltoi occidentali stanno già vorticando nel cielo; la lotta è per arraffare il "gran premio", le ricchezze di petrolio e gas della Libia [1].

La Libia non è altro che una pedina in una problematica scacchiera ideologica, geopolitica e geostrategica in una recita di moralità pedestre fatta passare per un reality show; i "ribelli" idealisti vincono contro il Nemico Pubblico Numero Uno.

Una volta il nemico pubblico era Saddam Hussein, poi è diventato Osama bin Laden, oggi è Muammar Gheddafi, domani sarà il Presidente Bashar al-Assad in Siria, poi sarà la volta del Presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad. Il nemico non è mai l’ultra reazionaria Casa di Saud.

Come la NATO ha vinto la guerra

Malgrado la spettacolare riapparizione del figlio Saif al-Gheddafi, la North Atlantic Treaty Organization (NATO) ha praticamente vinto la guerra civile libica (o "attività militare cinetica", secondo la Casa Bianca). Le masse di "gente libica" erano al massimo degli spettatori, o comparse sotto forma di alcune migliaia di "ribelli" armati di kalashnikov.

L’ordine del giorno era R2P ("Responsabilità di Proteggere "). Dall’inizio dell’R2P, gestito dalla Francia e dalla Gran Bretagna e appoggiato dagli Stati Uniti, è riuscito magicamente a rovesciare il regime.

E questo ci porta a parlare delle stelle nascoste di questa produzione, gli occidentali e i “consiglieri” delle monarchie arabe", oltre ai "contractors" e ai "mercenari".

La NATO ha iniziato a vincere la guerra lanciando l’Operazione Sirena nell’Iftar – l’interruzione del digiuno del Ramadan – lo scorso sabato sera, ora libica. "Sirena" era il nome in codice per un’invasione di Tripoli.

E si è trattata della mossa di forza finale – e disperata – della NATO, dopo che i confusi "ribelli" non era riuscito ad andare da nessuna parte dopo cinque mesi di combattimenti con le forze di Gheddafi.

Fino ad allora, il piano A della NATO era di cercare di uccidere Gheddafi. Quello che le majorette dell’R2P – di sinistra e di destra – etichettavano come una "continua guerra di logoramento della NATO" si restringeva all’auspicio di tre risultati; Gheddafi ucciso, Gheddafi si arrende, Gheddafi se ne va.

Questo non ha poi impedito alla NATO di far piovere i bombardamenti su case private, università, ospedali e anche nei pressi del Ministero degli Esteri. Tutto e tutti erano nel mirino.

"Sirena" poteva vantare di un cast pittoresco di "ribelli della NATO", fanatici islamisti, giornalisti creduloni a rimorchio, folle di teledipendenti e la gioventù della Cirenaica, manipolata dai disertori opportunisti del regime di Gheddafi che buttavano l’occhio sui grassi assegni dei giganti petroliferi Total e BP.

Con "Sirena", la NATO ha fatto uscire i suoi cannoni in modo (letteralmente) accecante; gli elicotteri Apache hanno sparato senza soluzione di continuità e i jet hanno bombardato tutto quello che sono riusciti a inquadrare.

La NATO ha supervisionato lo sbarco di centinaia di soldati da Misurata sulla costa a est di Tripoli mentre una nave da guerra NATO distribuiva armamenti pesanti.

Solo di domenica ci sono stati 1.300 morti tra i civili a Tripoli, e almeno 5.000 feriti. Il Ministero della Salute ha annunciato che gli ospedali non avevano più posto. Tutti quelli che hanno creduto che il bombardamento senza sosta della NATO non avesse niente a che fare con l’R2P e la Risoluzione 1973 delle Nazioni Unite ora sono in un reparto di cure intensive.

La NATO ha preceduto "Sirena" con un massiccio bombardamento su Zawiya – la città chiave delle raffinerie di petrolio 50 chilometri a ovest di Tripoli. Questo ha interrotto le linee per la fornitura di benzina di Tripoli.

Secondo la stessa NATO, almeno la metà delle forze armate libiche sono state "degradate", gergo Pentagono/NATO per i morti o i seriamente feriti. Si parla quindi di decine di migliaia di persone.

Ciò spiega la misteriosa sparizione di 65.000 soldati incaricati di difendere Tripoli. E spiega anche bene perché il regime di Gheddafi, in carica da 42 anni, è crollato in meno di 24 ore.

Il canto della Sirena NATO– dopo 20.000 sortite e più di 7.500 bombardamenti contro obbiettivi sul terreno – poteva essere promosso solo da una decisione fondamentale presa dall’amministrazione Barack Obama all’inizio di luglio, rendendo possibile, come riportato dal Washington Post, "la condivisione dei materiali più sensibili con la NATO, tra cui le intercettazioni di immagini e segnali che si potrebbero fornire alle truppe scelte britanniche e francesi presenti sul terreno in aggiunta ai piloti nello spazio aereo".

Di questo si tratta, senza le conoscenze senza pari del Pentagono sulla potenza di fuoco, i satelliti e i droni, la NATO sarebbe ancora coinvolta nell’Operazione Pantano Infinito, e l’amministrazione Obama non potrebbe mungere una grande vittoria da questo dramma "cinetico".

Chi sono queste persone?

Chi sono queste persone che si sono date improvvisamente alla pazza gioia sugli schermi delle televisione europee e americane? Dopo i sorrisi alle telecamere e i kalashnikov che sparavano al cielo, attendiamoci qualche fuoco d’artificio fratricida.

I problemi etnici e tribali sono pronti a esplodere. Molti dei berberi delle montagne occidentali, che sono entrati a Tripoli dal sud nella scorsa fine settimana, erano salafiti radicali.

Lo stesso vale per la nebulosa della Fratellanza Musulmana e dei salafiti dalla Cirenaica, che è stata istruita dagli agenti sul posto della US Central Intelligence Agency (CIA).

Per quanto questi fondamentalisti abbiano "usato" gli europei e gli americani per avvicinarsi al potere, questa potrebbe diventare una guerriglia fastidiosa se verranno marginalizzati dai nuovi padroni NATO.

La vasta "rivoluzione" partita da Bengasi venduta all’occidente come un movimento popolare è sempre stata un mito. Solo due mesi fa i "rivoluzionari" armati forse arrivavano a 1.000.

La soluzione della NATO era quella di costruire un esercito mercenario - mettendoci individui sgradevoli di tutte le sorte, dagli ex membri degli squadroni della morte colombiani ai reclutatori dal Qatar e dagli Emirati Arabi Uniti, che hanno individuato un sacco di tunisini disoccupati e di membri di tribù infuriate con Tripoli.

Tutti questi a seguire la pattuglia di mercenari della CIA – i salafiti di Bengasi e di Derna – e quella della Casa di Saud, la gang della Fratellanza Musulmana.

Non è complicato ricordarsi la cosca della droga dell’UCK nel Kossovo, nella guerra che la NATO "vinse" nei Balcani. O anche i pakistani e i sauditi, con l’appoggio degli Stati Uniti, che armarono i "combattenti per la libertà" nell’Afghanistan degli anni ’80.

Poi abbiamo il cast di personaggi dell’inaffidabile Consiglio Nazionale di Transizione di stanza a Bengasi.

Il leader, Mustafa Abdel-Jalil, Ministro della Giustizia sotto Gheddafi dal 2007 fino alle dimissione del 26 febbraio, ha studiato sharia e codice civile all’Università della Libia.

Questo gli avrebbe potuto offrire la possibilità di incrociare le spade retoriche con i fondamentalisti islamici di Bengasi, al-Baida e Delna, ma avrebbe potuto utilizzare le sue conoscenze per favorire i loro interessi in un nuovo accorso per la condivisione del potere.

Per quanto riguarda Mahmoud Jibril, il direttore del tavolo direttivo del Consiglio, ha studiato all’Università del Cairo e poi in quella di Pittsburgh. È il collegamento chiave con il Qatar, essendo stato coinvolto nella gestione degli averi della sceicca Mozah, l’ultra-prolifica moglie dell’emiro del Qatar.

C’è anche il figlio dell’ultimo monarca della Libia, Re Idris, deposto da Gheddafi 42 anni fa (senza spargimenti di sangue); la Casa di Saud adorerebbe una nuova monarchia nel Nord Africa. E il figlio di Omar Mukhtar, l’eroe della resistenza contro il colonialismo italiano, un personaggio più laico.

Un nuovo Iraq?

E comunque credere che la NATO avrebbe vinto la guerra lasciando il controllo ai "ribelli" è una barzelletta. Reuters ha già riportato che giungerà a Tripoli una "forza supplementare" di circa 1.000 soldati dal Qatar, dagli Emirati e dalla Giordania per gestire l’ordine pubblico.

E il Pentagono sta già pubblicizzando che le forze armate USA saranno schierate per "aiutare a gestire le armi". Un pensiero gentile che già implica chi sarà davvero al potere: i neo-colonialisti "umanitari" con i loro tirapiedi arabi.

Abdel Fatah Younis, il comandante "ribelle" ucciso dai ribelli stessi, era un agente dell’intelligence francese. È stato ucciso dalla fazione della Fratellanza Musulmana, proprio quando il Grande Liberatore Arabo Sarkozy stava cercando di negoziare la fine della partita con Saif al-Islam, il figlio di Gheddafi formato alla London School of Economics or ora resuscitato.

E allora i vincitori alla fine sono Londra, Washington, la Casa di Saud e i Qatarioti (hanno inviato jet e "consiglieri", hanno già intavolato trattative per le vendite di petrolio).

Con una speciale menzione per l’organismo Pentagono/NATO, considerando che l’Africom finalmente costruirà la prima base africana sul Mediterraneo e la NATO potrà essere un passo più vicino a poter dichiarare il Mediterraneo "un lago della NATO".

Islamismo? Tribalismo? Questi potrebbero essere acciacchi più lievi paragonati alla terra di fantasia spalancata al neo-liberismo.

Ci sono pochi dubbi che i nuovi padroni occidentali non tenteranno di rinvivire una versione amichevole della nefasta e rapace Autorità Provvisoria della Coalizione (CPA) dell’Iraq, trasformando la Libia nel sogno assoluto neo-liberista del 100% di proprietà dei beni libici, il totale rimpatrio dei profitti, le multinazionali occidentali con gli stessi obblighi legali delle ditte locali, le banche straniere che comprano le banche del posto, e basse imposte sui redditi e sulle aziende.

Nel frattempo, la profonda frattura tra il centro (Tripoli) e la periferia per il controllo delle fonti energetiche si acuirà. BP, Total, Exxon, tutti giganti petroliferi occidentali saranno molto riconoscenti al consiglio di transizione, a detrimento delle compagnie cinesi, russe e indiane. Le truppe della NATO schierate sul terreno aiuteranno certamente a tenere informato il consiglio.

I dirigenti petroliferi ritengono che ci vorrà almeno un anno per far tornare la produzione ai livelli pre-guerra civile di of 1,6 milioni di barili al giorno, ma dicono anche che i profitti annuali dal petrolio potrebbero riversare ai nuovi comandanti di Tripoli qualcosa come 50 miliardi di dollari l’anno.

Molte stime collocano le riserve petrolifere a 46,4 miliardi di barili, il 3% delle riserve mondiali e qualcosa come 3,9 trilioni di dollari al prezzo corrente. Le riserve di gas conosciute sono di circa 5 trilioni di metri cubi.

Quindi alla fine l’R2P vince. L’umanitarismo vince. L’umanitarismo imperialista vince. Le monarchie arabe vincono. La NATO come poliziotto globale vince. Il Pentagono vince.

Ma anche questo non è mai abbastanza per i soliti sospetti imperialisti, che già chiedono lo spiegamento di una "forza di stabilizzazione".

E questo mentre gli ignari progressisti delle più varie latitudini continuano a inneggiare alla Santa Alleanza del neocolonialismo occidentali, alle ultra-reazionarie monarchie arabe e ai salafiti radicali.

Ma la fine dei giochi arabi non è ancora arrivata. Comunque, prossima fermata: Damasco.


Note:

1. Il Grande Gheddafi, Asia Times Online, 20 agosto 2011.



La caduta di Tripoli bugia per bugia
di Gianni Cipriani -
www.globalist.ch - 23 Agosto 2011

Immagini false, notizie veicolate ai media internazionali attraverso siti web gestiti dai servizi segreti. Così è stata raccontata la falsa caduta di Tripoli.

Che la guerra di Libia fosse, molto più di altre, guerra fatta con disinformazioni, propaganda e bugie, lo si era capito da molto tempo.

Del resto bastava guardare diverse cose con gli occhi bene attenti e non poteva sfuggire che le 3-4 principali fonti delle notizie sull'andamento della guerra, sui crimini, le esecuzioni, gli stupri, sulle avanzate e sulle alleanze, erano siti internet di sedicenti sigle liberatrici, in realtà "redazioni" (il termine deve essere doverosamente usato tra virgolette) espressioni diretta di alcuni servizi segreti occidentali, di alcuni ambienti arabi e perfino di Hezbollah.

Premesso che la caduta di Gheddafi sembra inevitabile e dal mio punto di vista è anche un bene, stando a fonti più attendibili che in questo momento operano sui fronti libici e sono anche a Tripoli, le notizie che risultano a Globalist sono un po' diverse.
  1. Le fotografie che testimoniavano la caduta di Tripoli scattate sulla piazza Verde, in realtà non sono state scattate sulla piazza verde.
  2. Alle 17.50 del 23 agosto le truppe di Gheddafi controllano buona parte della città (c'è chi dice il 30% chi più) mentre i ribelli controllano i sobborghi.
  3. Gheddafi controlla ancora l'aeroporto mentre è battaglia per il controllo del porto.
  4. L'accelarazione dei combattimenti è stata il frutto del passaggio tra gli insorti di alcuni generali chiamati alla difesa di Tripoli che hanno abbandonato il campo dei lealisti.
  5. Si lavora ancora ad una soluzione diplomatica per evitare il bagno di sangue finale, mentre alcuni paesi stanno cercando in extremis di offrire una via d'uscita a Gheddafi e alla sua famiglia proprio per evitare questa drammatica coda.

Insomma, nelle ore appena trascorse è stata raccontata una inesistente caduta di Tripoli che sicuramente ci sarà, ma ancora non è avvenuta.

Sono state mostrate immagini false, si è raccontato (attraverso appunto notizie veicolate da siti web controllati dai diversi 007) di episodi e catture non vere.

Per carità, non è stata la prima volta, né sarà l'ultima. Ma non è mai un bene abbeverare l'opinione pubblica al pozzo avvelenato della propaganda e della disinformazione.

Sul futuro del paese, infine, l'analisi di Ennio Remondino mi sembra la più corretta. La Libia unita e democratica è una legittima aspirazione. Ma non ci si arriverà facilmente.

E speriamo che la vera guerra non scoppi alla fine di quella "ufficiale" contro Gheddafi. Come è accaduto in Afghanistan, come è accaduto in Iraq dopo la fine di Saddam.



Guerra di Libia: anche Rainews 24 ha diffuso le bugie di guerra
di Alessandro Marescotti - www.peacelink.it - 23 Agosto 2011

Lettera a Corradino Mineo

In queste settimane e in queste ore potremmo conteggiare tutte le bugie di guerra che sono state diffuse. Decine e decine. Sarebbe stato un onore per voi non diffonderne neppure una avvertendo il telespettatore qual era la fonte, se era indipendente o di parte e se era stata verificata da voi oppure no. E invece...

Caro Corradino Mineo, cari amici di Rainews, oggi ho seguito con grande sorpresa e profondo sgomento il servizio di mezz'ora mandato oggi in onda su Rainews 24 dalle 13.30 alle 14.

E' stato un servizio non di informazione ma di manipolazione dell'informazione. Una cosa deprimente per la professionalità per la quale invece vi ho sempre apprezzato e considerato preziosi nel disastrato panorama informativo nazionale.

Su Rainews poco fa è stato infatti
  • nascosto il ruolo dei bombardamenti della Nato (presentando i ribelli che liberavano la Libia da soli e festanti, per acclamazione popolare);
  • alterato il senso della rosoluzione n.1973 dell'Onu che non prevedeva l'appoggio militare della Nato agli insorti (come è stato detto);
  • mai citato l'attacco della Nato alla TV libica, per la quale ha protestato l'Unesco (almeno quello lo potevate dire...);
  • taciuto il massacro in corso a Tripoli (non vi interessa il conteggio dei morti adesso o la vittoria non deve avere prezzo?), mostrando solo folle festanti (senza chiedersi se in questo momento non sia proprio il caso di applicare il cessate il fuoco previsto dalla risoluzione Onu);
  • presentato prevalentemente il punto di vista filo-Nato, lasciando alle immagini di Chavez (la foglia di fico per poi dire che si è stati pluralisti!) un'esigua quantità di tempo per poi ritornare a sottotitolazioni che non avevano valore informativo ma eminentemente persuasivo e che erano agganciate proprio allo scopo di "ridicolizzare" Chavez.
Ma soprattutto non è stato detto quali sono le fonti informative attendibili, le VOSTRE fonti; dato che i giornalisti a Tripoli sono asseragliati nei sotterranei degli hotel chi è che da le notizie, chi le filtra e chi le verifica?


E' fin troppo facile: la Nato.


Escluderei che i ribelli sappiano manipolare l'informazione così bene.

Il compito di un giornalista è quello di avvisare circa il potere di manipolazione dell'informazione.

Come nel De Bello Gallico la fonte era Cesare, adesso l'unico mass media in grado di controllare e filtrare le notizie, fino a intossicare le vostre, è il vincitore.

Perché nessuno in TV spiega come mai Aljazeera ha talmente manipolato le informazioni nel caso libico, fino a diventare una fonte inattendibile per chi si occupa di informazione in modo professionale?


In queste settimane e in queste ore potremmo conteggiare tutte le bugie di guerra che sono state diffuse. Decine e decine. Sarebbe un facile esercizio conteggiarle una per una anche per uno studente appena iscritto ad una scuola di giornalismo.

Sarebbe stato un onore per voi non diffonderne neppure una avvertendo il telespettatore - con una scritta in sovraimpressione così come fece la Cnn durante la prima Guerra del Golfo - qual era la fonte, se era indipendente o di parte e se era stata verificata da voi oppure no.


Quando un'informazione non è verificata dovrebbe essere un dovere avvisare il telespettatore. Come si può verificare un'informazione non verificabile?


Avete purtroppo offerto un servizio "come gli altri", inquinato dalle bugie di guerra (e lo sapevate!). Avete servito la propaganda di guerra che ha lo scopo di creare un consenso dell'opinione pubblica attorno alla guerra stessa.


Spetta alla Nato convincere l'opinione pubblica che una guerra iniziata per rompere un assedio ed evitare un bagno di sangue (così almeno si è detto) sia giusto concluderla con un altro assedio e con un altro bagno di sangue.


E' un'impresa ardua e i comunicatori della Nato ci lavorano con indubbia professionalità.

Ma perché lo deve fare anche Rainews sfruttando una credibilità che molti reputano al di sopra di ogni sospetto?


La VOSTRA professionalità e la vostra missione dovrebbe essere quella di instillare il dubbio
, di creare il pluralismo, di consentire al telespettatore di formarsi un'opinione il più possibile autonoma, presentando un'informazione che non sia già addomesticata e degradata al rango di bugia di guerra.

Perché - va detto chiaramente - il mondo con cui Rainews ha presentato poco fa la Risoluzione Onu n.1973 è pura bugia di guerra. Quelle della Nato non sono operazioni avviate in base ad un mandato ricevuto dalle Nazioni Unite


Questa è una guerra che ha non ha eseguito ma che violato la risoluzione Onu che chiedeva il cessate in fuoco: non è onesto il modo con cui Rainews ha deformato l'informazione.


L'informazione è sacra.
L'informazione è l'ossigeno della nostra mente, è la base della nostra rappresentazione del mondo, è il parametro di verifica delle nostre opinioni.


Quando abbiamo deformato l'informazione abbiamo compromesso la possibilità di capire il mondo.
Addomesticare l'informazione significa trattare il pubblico come una platea di infanti a cui si racconta la storiella.

Quando Kant si chiese cosa fosse l'Illuminismo, affermò che l'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità e che la minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro.


La missione di un buon giornalismo è quella di far uscire il cittadino dallo stato di minorità, offrendo il confronto di diversi punti di vista e lasciando al cittadino la scelta finale: farsi una propria opinione sulla guerra.


Queste erano le cose che volevo dirvi e ve le ho dette, con profonda tristezza.


Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink


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"Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo".
Mahatma Gandhi

Note:

Cliccate su http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=155768 e troverete frasi come questa: "Tutti sperano che la Nato entri presto in azione e "rada al suolo" il compound. Non perche' forse Gheddafi e' ancora li' - i ribelli sono convinti che il Rais abbia lasciato Tripoli - ma perche' segnerebbe davvero la fine di un regime senza anima". E' un articolo non firmato che riporta informazioni prive di fonte e valutazioni prive di autore. Non è certo il massimo della scorrettezza giornalistica e non è certamente ciò che ci si attende da Rainews 24.


La fabbrica di bugie

da Peacereporter - 24 Agosto 2011

Un editoriale apparso su Russia Today, indica Al-Jazeera come la principale responsabile del muro di menzogne

Da un po' di tempo circola una battuta che riassume i fatti di Libia, il ruolo dell'informazione, il destino di Muammar Gheddafi e recita così: "Il giornalismo è morto. Gheddafi non ancora".

Ciò presumibilmente a significare che molte testate giornalistiche hanno prestato i loro servigi perché si raggiungesse al più presto la fine di Gheddafi. Certo, per il bene del popolo libico - oppresso da quarant'anni di un regime inflessibile - ma anche per soddisfare le richieste di alcuni poteri che presto (?) potranno sedere al banchetto libico.

Un editoriale apparso su Russia Today, indica Al-Jazeera come la principale responsabile del muro di menzogne costruito sulla guerra di Libia: a partire dagli "oltre mille morti" nella prima settimana di proteste, passando per le immancabili fosse comuni fino a una lunga serie di notizie puntualmente verificatesi "inesatte".

Senza troppi giri di parole riduciamo tutto ad un'equazione: Al-Jazeera è sostenuta dal governo del Qatar; il Qatar ha forti interessi petroliferi in Libia ed è stato il primo paese arabo a riconoscere il Cnt, nonché il primo a inviare sei jet Mirage per l'implementazione della no-fly zone. Al-Jazeera ha anche aiutato i ribelli a mettere in piedi una emittente televisiva, usando un satellite francese, per by-passare la tv di stato libica.

Con queste premesse, dove si trova l'imparzialità? Propaganda contro propaganda. Bugia contro bugia. Il problema nasce dal fatto che Al-Jazeera ha conquistato negli anni una credibilità addirittura superiore a molte emittenti occidentali.

Uno degli ultimi lanci di Al-Jazeera ha scatenato il dibattito sulla rete: "Un aereo della Nato ha abbattuto un missile Scud lanciato dai lealisti". A quanto pare, l'abbattimento di un missile da parte di un jet è considerata dagli esperti cosa di estremamente difficile se non impossibile. La sperimentazione di un laser per fare ciò è in pieno sviluppo. Siamo certi che ne sapremo di più nei prossimi giorni.

Sono queste notizie fanno bene al morale dei combattenti, soprattutto esse rappresentano un credito importante per i "paesi amici" che passeranno a riscuotere nei prossimi mesi.

A dare la notizia della cattura di Saif al-Islam Gheddafi, era stato il Cnt comunicando l'arresto e la custodia in luogo sicuro del figlio del rais. La notizia è stata ripresa da tutti (noi compresi), ma a quanto pare il rampollo fino a ieri non ha mai lasciato l'hotel Rixos, dove si trovava in compagnia di molti dignitari del regime e dei giornalisti rimasti "ospiti forzati" e liberati solo dopo l'abbandono dell'hotel da parte dei lealisti.

Pepe Escobar, reporter di fama internazionale e corrispondente di AsiaTimes, ha definito "patetici" i servizi lanciati dai colleghi di Cnn e Bbc: "raccontano gli avvenimenti dalle camere d'albergo, con casco e giubbotto antiproiettile", mentre i giornalisti indipendenti stanno rischiando la vita per strada a cercare storie e verità.

Di seguito l'intervista di SkyNews a un ribelle che sostiene di aver trascorso 4 mesi sulle montagne a combattere contro i lealisti



Ma chi ha vinto la guerra in Libia?
di Ennio Remondino - www.globalist.ch - 23 Agosto 2011

L'uscita di scena di Gheddafi, vivo a morto, è il futuro certo. Lui la guerra l'ha persa. Ma chi è che l'ha realmente vinta e chi governerà il Paese?

Guerre orfane e senza figli. Le guerre, per quante ne ho conosciute e frequentate (e sono molte), hanno tutte un vizio: «Nascono orfane e muoiono sempre senza figli». Battuta da tradurre.

Non c'è mai un padre riconosciuto all'inizio di un conflitto: è Gheddafi che ha esagerato nelle repressioni interne o è qualche leader occidentale (Nicolas Sarkozy in primis), che ha deciso fosse arrivato il momento utile per ripulire l'immagine degli amici dell'occidente sulla fascia mediterranea dopo Tunisia ed Egitto?

Soprattutto, le guerre orfane non generano mai figli. Nel senso che le conseguenze imprevedibili e spesso catastrofiche del dopoguerra non vanno mai in conto a nessuno.

O meglio, sono sempre figlie di chi la guerra ha perso. Comodo, scontato e sovente falso. Ma si sa: la storia, e purtroppo anche la cronaca, la scrive il vincitore.

La lezione Iraq e Afghanistan. Per memoria comune basterebbe ricordare le guerre bushiane in Iraq e Afghanistan. Combattimenti lampo con ritmi televisivi, e poi lo stillicidio di anni di "dopoguerra" che produce più vittime della guerra stessa. Saddam ucciso, ma cosa è il "dopo Saddam".

Esiste ancora un Iraq unitario o è una finzione che mette assieme tre Stati ufficiosi e incompatibili tra loro? A nord c'è il Kurdistan di Arbil, al centro la Baghdad senza petrolio dei sunniti, e a Bassora i filo-iraniano sciiti. Per l'Afghanistan è pure peggio.

Oltre al rosario di morti anche italiani che segna quell'avventura nata sull'emozione dell'11 settembre, alla caccia a Bin Laden, ora, a tornare con l'aurea dei partigiani liberatori dall'occupazione, sono i talebani che, visti più da vicino di un caccia bombardiere, fanno paura e vincono.

Mediazione tra ideali o tra Kabile? E con la Libia, come la mettiamo? Che governo nazionale nascerà dall'assemblaggio tribale tra le varie Kabile che compongono e governano i diversi territori tra Tripolitania e Cirenaica?

Sappiamo che, all'inizio della rivolta armata dei senussiti di Cirenaica, orfani del regno di Idris, c'era anche qualche nucleo islamista e una sparuta pattuglia democratica (intesa nel concetto occidentale della parola).

Ora assistiamo alla corsa al dissenso dell'ultimo minuto per riciclare antichi complici del vecchio regime. Che ne potrà uscire da una simile e indefinita accozzaglia di interessi contrapposti?

Di certo il mondo dovrà fare i conti con un paese distrutto e con partner inaffidabili. L'occidente scoprirà presto di aver speso tempo e denaro per portare al potere un "Partito" di cui ignora natura e programmi.

L'occidente e i guai di casa sua. Ora l'occidente, bruciata la carta estrema dell'intervento militare, deve tornare alla politica, e qui cominciano i guai. Con quale credibilità, dopo quanto s'è visto nei casi già citati?

E quale "occidente"? Quello dell'apparente disinteresse statunitense o quello del neo interventismo post-coloniale di una "Grandeur" francese alla Sarkozy?

Tunisia ed Egitto attendono il compimento delle loro rivoluzioni e anche in quelle situazioni più favorevoli, il modello di democrazia in chiave occidentale fa fatica a trovare una traduzione in cultura musulmana.

Nel frattempo restano al potere Bashar Al Assad in Siria, Ali Abdulla Saleh nello Yemen, Omar Al Bashir in Sudan e Mahmud Ahmadinejad in Iran. Con l'occidente costretto a rincorrere e trovare rimedi soprattutto alla crisi economica e finanziaria di casa.



Chi è Mahmoud Jibril, possibile successore di Gheddafi?
di Enrico Piovesana - Peacereporter - 23 Agosto 2011

Dopo aver incontrato Sarkozy e la Clinton, Mahmoud Jibril è stato nominato ieri capo del governo provvisorio dei ribelli libici

A governare la Libia del post-Gheddafi, se e quando il colonnello cadrà - sarà Mahmoud Jibril, il distinto signore nei prossimi giorni Jibril sarà nuovamente ricevuto a Parigi da Sarkozy, facendo prima tappa in Italia per incontrare Berlusconi, forse a Milano.

Questo anonimo tecnocrate sessantenne, finora sconosciuto alle cronache, è stato per anni l'uomo chiave di Washington e Londra all'interno del regime del Colonnello Gheddafi.

In qualità di direttore dell'Ufficio nazionale per lo sviluppo economico (Nedb) del governo libico, Jibril lavorava per facilitare la penetrazione economica e politica angloamericana in Libia promuovendo un radicale processo di privatizzazione e liberalizzazione dell'economia nazionale.

Dopo aver studiato e insegnato per anni 'pianificazione strategica e processi decisionali' nell'università statunitense di Pittsburgh, Jibril ha trascorso la sua vita a predicare il vangelo neoliberista in tutti i paesi arabi, per poi dedicarsi al suo Paese natale alla guida del Nedb, organizzazione governativa creata nel 2007 su impulso di "aziende di consulenza internazionali, prevalentemente americane e britanniche".

Dai cablogrammi inviati a Washington dall'ambasciata Usa a Tripoli emerge il lavoro di lobbying che Jibril ha svolto negli ultimi quattro anni nel tentativo di convincere il regime di Tripoli - in particolare il figlio del colonnello, Said al-Islam - ad adottare radicali riforme economiche, a potenziare i rapporti economici con gli Stati Uniti (e la Gran Bretagna), congelati da decenni, e a formare una nuova classe dirigente filo-occidentale. Un lavoro che all'inizio sembrava promettente, ma che alla fine è stato bloccato da Gheddafi.

Un cablo del novembre 2008 rende conto di come Jibril suggerisca agli Usa di stare attenti alla "crescente competizione" per le risorse petrolifere libiche da parte di Europa, Russia, Cina e India, osservando che nei prossimi anni la Libia diverrà ''più preziosa'' in ragione delle sue riserve petrolifere ancora non sfruttate.

Il capo del Nedb invita Washington ad approfittare delle future privatizzazioni libiche per investire anche in infrastrutture, sanità e istruzione, e a formare giovani libici nelle università Usa.

Non stupisce che, in un successivo cablo di fine 2009, l'ambasciata americana Usa a Tripoli descriva Jibril come "un interlocutore serio che sa cogliere la prospettiva Usa".