mercoledì 11 novembre 2009

Honduras: dalla tragedia alla farsa

Qui di seguito gli ultimi sviluppi della crisi in Honduras che sembrava essere giunta ad un punto di svolta con le recenti trattative tra Zelaya e Micheletti.

Ma pochi giorni fa si è tornati nuovamente ad una situazione d'impasse, con l'interruzione del dialogo e l'organizzazione di nuove elezioni presidenziali a cui parteciperà molto probabilmente un solo candidato, quello della giunta golpista.

Insomma, dalla tragedia all'ennesima farsa elettorale.


Un governo di riconciliazione senza legittimità
di Giuseppe Gentiloni - Peacereporter - 9 Novembre 2009

Nuova impasse in Honduras

L'accordo di Tegucigalpa / San José, frutto del dialogo di Guaymuras a cui l'intervento del Dipartimento di Stato americano ha forzato le parti, ha mostrato tutta la sua fragilità portando a un nuovo impasse della crisi politica in Honduras.

Due sono i punti fondamentali dell'accordo: la conformazione di un Governo di Riconciliazione Nazionale (GRN) e l'obbligo del Congresso della Repubblica di decidere se recovare o no il decreto che aveva permesso la destituzione del presidente Manuel Zelaya.
Per il primo, la data indicata dall'Accordo è il giorno di ieri (5 di novermbe), per la seconda decisione, il documento non impone alcuna data al Congresso, invitandolo però a deliberare con la rapiditá che la situazione suggerisce.

UN GOVERNO DI RICONCILIAZIONE NAZIONALE

La costituzione di un GRN è una misura eccezionale che permette a un paese di superare gravi crisi, quali coflitti interni o dittature, per mezzo di un governo che aglutini rappresentanti dei diversi partiti e membri della societá civile organizzata. Il suo scopo è quello di rappresentare la eterogeneità e garantire la transizione a un processo elettorale aperto e democratico.

Per permettere la nomina del nuovo consiglio, i ministri del governo de facto hanno presentato ieri a Micheletti la propria rinunica. Il presidente illegittimo ha anche ricevuto le liste di possibili candidati, presentate dal partito della Democrazia Cristaiana e dal PINU. I due principali schieramenti, Partito Nazionale e Partito Liberale, hanno invece preferito desistere lasciando al presidente de facto la decisione sulle nomine.

Il presidente deposto, Manuel Zelaya Rosales, non ha presentato alcuna proposta, considerando che non fossero riunite le condizioni per la designazione del Consiglio dei Ministri del Governo di unità nazionale.
Durante le ore della notte, Micheletti Baín, ha comunicado "d'essere orgoglioso" di poter presentare il nuovo Governo, "nei tempi previsti dall'accordo." I nomi dei ministri non sono ancora stati divulgati.

LA DECISIONE SULLA RESTITUZIONE

Conformemente all'Accordo, la restituzione della presidenza a Manuel Zelatya sarà presa in considerazione dal Congresso. Per prendere la propria decisione il potere legislativo ha richiesto l'opinione, non vincolante, della Corte Suprema di Giustizia, del Ministero Pubblico, del Commisario Nazionale dei Diritti Umani e della Procura Generale.

È fondamentale comprendere la necessità del Congresso di dilatare i tempi. Ottanta dei centoventi rappresentanti stanno concorrendo per essere rieletti. I due partiti tradizionali stanno contendendosi la nuova presidenza e le elezioni del 29 novembre sono ancor aperte.

Un voto così delicato come quello sulla restituzione del potere al presidente de iure rischierebbe di essere un boomergan. Nessun deputato vuole rischiare di essere pregiudicato da questa decisione.

L'ipotesi più plausibile è quella di una deliberazione sucessiva alle elezioni che eventualmente restituirebbe la presidenza a Zelaya in modo meramente simbolico.
Non è dunque difficile comprendere la ragione per cui Zelaya si sia astenuto dall'inviare una lista di possibili candidati per il GRN. Non è sua intenzione legittimare un processo che sancisce la sua sconfitta.

Zelaya è lo sconfitto. Il colpo di Stato lo ha privato del potere. La lotta per la sua restituzione promossa dal Fronte Nazionale di Resistenza contro il Golpe di Sato non ha dato alcun risultato. Il processo elettorale entra nella retta finale. Il governo de facto sembra essere riuscito a blidarne e assicurare lo svolgimento delle elezioni.

Gli Stati Uniti hanno garantito, attraverso il subsegretario di Stato per gli affari dell'emisfero occidentale, Thomas Shannon, che si riconoscerá il risultato delle urne e che si rispetterà in ogni caso la decisione del Congresso in merito alla restituzione della presidenza a M. Zelaya.

La sconfitta di Zelaya è accompagnata da una disfatta ancor più grave della sinistra honduregna. Il colpo di Stato costituiva un'opportunità senza precedenti per la conformazione di un fronte ampio. La sinistra avrebbe potuto riunirsi, negoziare la participazione alle elezioni con il PINU e un unico candidato presidenziale, garantirsi una buona quota dei seggi parlamentari e rompere il bipartitismo tradizionale.

La democrazia honduregna è asfittica e l'apertura del panorama politico con un polo d'opposizione sarebbe stato una conquista senza prezzo per la società. Il personalismo di Zelaya e la mancanza di strategia politica del Fronte Nazionale di Resistenza contro il Golpe di Sato hanno determinato un fallimento del progressismo in Honduras, su tutti i fronti.

SEGNALI DA NON SOTTOVALUTARE

Nelle ultime settimane si sono susseguiti eventi dinamitardi con obiettivi diversi: un centro commerciale, una torre elettrica, la sede della radio HRN, la compagnia telefonica TIGO e alcuni bagni pubblici del centro. Gli attentati, fino ad oggi non rivendicati da alcun gruppo, non hanno causato vittime.

È impossibile per il momento determinarne i responsabili, ma il fatto costituisce senza dubbio un'avvisaglia degna di attenzione, se considerata dentro un quadro di ordine costituzionale altarato e se associato a alcuni episodi di esecuzioni di ufficiali della polizia e dell'esercito.

Il Fronte Nazionale di Ressitenza contro il Golpe di Sato ha annunciato ieri che continueranno le mobilitazioni e ha i suoi membri a che "siano pronti a eseguire azioni di disconoscimento della farsa elettorale."

Il processo elettorale si svolgerà dentro al quadro di un dialogo fallito. Non tutti i settori della societá si sentono rappresentati dai candidati attuali e alcuni non riconosceranno i risultati. Questo malessere per una democrazia non rappresentativa potrà sfociare in derive violente che potrebbero contare con l'appoggio economico di chi continua a promuovere un vetusto sogno rivoluzionario in America Latina.


Honduras: dopo il secondo golpe di Micheletti la Resistenza rinuncia alle elezioni
di Gennaro Carotenuto - www.giannimina-latinoamerica.it - 10 Novembre 2009

Nel silenzio dei media internazionali si aggrava ora per ora la situazione in Honduras. Dopo che la dittatura civico-militare ha truffato, con l’aiuto degli Stati Uniti, il governo legittimo di Mel Zelaya e la comunità internazionale venendo meno ai patti appena firmati, la Resistenza ritira il proprio candidato dalle elezioni e annuncia che in nessun caso riconoscerà il risultato delle elezioni del prossimo 29 novembre.

Il fine settimana in Honduras è stato concitato e tragico nonostante i media internazionali abbiano di nuovo optato per una congiura del silenzio complice con i golpisti. Inizialmente il dittatore di Bergamo Alta, Roberto Micheletti aveva rinnegato gli accordi appena firmati, che prevedevano un effimero ritorno al governo di Mel Zelaya, il presidente rovesciato lo scorso 28 giugno e tuttora rifugiato nell’Ambasciata brasiliana.

Quindi il governo degli Stati Uniti aveva benedetto quello che è stato definito come “il secondo golpe” di Micheletti affermando che quel paese riconoscerà in ogni caso il risultato delle elezioni gestite senza controlli dalla giunta golpista. Trionfano così mesi di lobbysmo pro golpista rappresentati innanzitutto dal senatore Jim DeMint del partito repubblicano statunitense. Questo aveva trovato sponda nel segretario di Stato Hillary Clinton e quindi sconfitto la linea più titubante (o dignitosa) del presidente Barack Obama.

Infine il “Fronte Nazionale di Resistenza contro il Colpo di Stato”, che da quattro mesi e mezzo sfida a testa alta la dittatura, ha deciso pressoché all’unanimità di boicottare le fraudolente elezioni che si terranno nel paese tra 19 giorni e che vedranno al via solo candidati pro-golpisti. Infatti, con una consultazione fatta in tutto il paese, almeno 11.000 persone si sono pronunciate (al 95% secondo fonti della Resistenza) a favore del boicottaggio delle elezioni dalle quali si è di conseguenza ufficialmente ritirato il candidato espressione del Frente e delle sinistre Carlos H. Reyes.

Se dal punto di vista civico-militare si mette male per la democrazia in Honduras, e gli Stati Uniti si apprestano a riconoscere solitari o quasi il tipico governo fantoccio espressione dei propri interessi e di quelli dell’oligarchia, come fossimo negli anni ’20 o ’70 del XX secolo, la costante di questi mesi è la presenza indefettibile del popolo honduregno che si fa protagonista della propria storia.

È lo stesso popolo che avrebbe appoggiato la candidatura democratica di Carlos H. Reyes, e che da quattro mesi (che valgono come 40 anni di lotta e di presa di coscienza), scende costantemente in piazza in difesa del barlume di democrazia apertosi con il referendum che doveva portare ad un’Assemblea costituente e brutalizzato dal golpe del 28 giugno.
Tra tre settimane in Honduras si voterà comunque e Micheletti passerà la mano ad un altro golpista.

Saranno elezioni farsa dove l’opposizione si esprimerà nelle piazze e non nei seggi perché non vi è alcuna garanzia per un voto regolare. Al popolo honduregno aspettano settimane di passione e di pericolo in un clima di violenza crescente con gli squadroni della morte in azione. Quei media, quei giornalisti, che terranno spente le luci su Tegucigalpa sono fin d’ora complici del sangue che sarà versato.


Per sapere cosa succede in Honduras
di ANAIC - Megachip - 10 Novembre 2009

Giro in Italia di un dirigente della resistenza in Honduras.

Come sapete in Honduras c’è stato un colpo di Stato dei militari in combutta con settori dell’oligarchia e sotto copertura e complicità Usa. Sapete anche, non tutti ahimè, che dal 28 giugno, giorno del golpe, il popolo oppone una valorosa resistenza, costata decine di morti, centinaia di feriti, migliaia di carcerati e un numero imprecisato di desaparecidos.

Si tratta di una ripetizione dell’Operazione Condor che portò al golpe di Pinochet. Ancora oggi, dopo il fallimento di un presunto “dialogo” tra golpisti e il legittimo presidente Manuel Zelaya, la dittatura sostenuta dagli Usa si mantiene al potere e conta di legittimarsi agli occhi della “comunità internazionale” attraverso elezioni controllate e manipolate, che la vasta maggioranza della popolazione respinge.

Tutto questo è vergognosamente ignorato dalla classe politica tutta e dai media italiani, eccetto “il manifesto”. Un silenzio indice di complicità con chi riporta una strategia di aggressione colonialista contro l’America Latina liberatasi in massima parte del dominio Usa, delle sue multinazionali e del suo controllo militare.

È dunque molto importante e urgente che all’opinione pubblica italiana si possa fornire un’informazione corretta e veritiera su un conflitto che minaccia di estendersi al continente intero, con conseguenze nefaste su tutti i popoli e le classi in lotta per sovranità e giustizia sociale.

Il Circolo della Tuscia dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba si fa promotore della proposta di una visita in Italia di un alto esponente del Fronte della Resistenza al Colpo di Stato in Honduras. Chiediamo dunque agli altri circoli dell’ ANAIC, ma anche a tutte le strutture impegnate su temi internazionali, di partiti, associazioni, comitati, centri sociali, di considerare l’opportunità a partecipare all’organizzazione di un giro del dirigente honduregno in Italia, assumendosi i costi degli spostamenti locali e di vitto e alloggio.

Se vi fosse inoltre la possibilità di sostenere le spese del biglietto aereo, questo faciliterebbe l’impresa, essendo le risorse della resistenza honduregna assorbite da incombenze molto stringenti.

Attendiamo dunque a stretto giro di e-mail risposte da coloro che ritengano di partecipare con iniziative locali a questo giro del membro del direttivo del Frente. La visita potrebbe effettuarsi nella prima quindicina di dicembre o, se la maggioranza dei partecipanti lo ritenesse opportuno, dal 10 gennaio in poi. In questo secondo caso l’incontro con il dirigente della Resistenza honduregna potrebbe arricchirsi della presentazione del primo, esaustivo docufilm sul colpo di Stato, sul la Resistenza popolare e sul quadro complessivo latinoamericano.

Sandra Paganini, segretaria Circolo della Tuscia.