sabato 7 novembre 2009

Tenersi ben alla larga dal vaccino contro l'influenza H1N1

Finalmente una bella notizia che fa ben sperare sul fatto che in Italia il cervello di molte persone stia ancora funzionando e non sia andato completamente all'ammasso.

La buona novella, quindi:
Metà dei medici di famiglia italiani non vogliono vaccinare i loro pazienti contro l'influenza A. E non solo i medici di famiglia non vaccinano, ma neanche si vaccinano.

Infatti secondo i dati ufficiali dell'Istituto superiore di sanità, al primo novembre erano state iniettate circa 41.000 dosi, su un totale di oltre un milione di dosi consegnate per vaccinare medici e personale sanitario. Quindi una percentuale veramente irrisoria di costoro si è vaccinata finora.

D'altronde sanno bene che si tratta di un vaccino che non è stato testato a sufficienza, potenzialmente molto più pericoloso dello stesso virus H1N1, e che sta già comportando gravi effetti collaterali tra chi si è vaccinato.

Va inoltre ricordato che il totale di dosi ordinate dal governo per vaccinare la popolazione italiana ammonta a ben 24 milioni per un costo che si aggira intorno al mezzo miliardo di euro. Denaro pubblico buttato in quel cesso di nome Big Pharma.

Insomma, finora una bella notizia che si spera avrà un'ulteriore conferma nelle prossime settimane, quando si toccherà il picco della terroristica propaganda psicologica da parte dei media mainstream per indurre la gente a vaccinarsi in massa.


P.S.
Avviso ai naviganti: TENERSI BEN LONTANI DAL VACCINO!!!!


Il vaccino, i contratti misteriosi e le mogli al posto giusto
di Pino Cabras - www.megachipdue.info - 3 Novembre 2009

La sicurezza sanitaria funziona come la sicurezza militare? Quali segreti nasconde, se perfino la Corte dei conti ora vuol vederci chiaro? Sullo sfondo delle dispute sull’influenza suina vediamo avanzare una militarizzazione della salute che gioca sulla paura delle malattie, la più primitiva.

Tralasciamo la questione della tossicità del vaccino, e la rimandiamo ad altre sedi. Partiamo proprio dalla Corte dei conti, l’organo che la Costituzione italiana ha messo a guardia delle spese pubbliche, compresa la cospicua voce della spesa sanitaria.

La Corte dei conti ha setacciato anche la questione della fornitura dei vaccini, fino a sollevare parecchie eccezioni. Si è subito dovuta scontrare con la segretezza, usata per ragioni di emergenza. In nome dello stato di eccezione non si può sapere qualcosa di più su uno specifico contratto di acquisto del vaccino che dovrebbe prevenire la famigerata influenza A(H1N1).

L’atto della Corte è del 21 settembre 2009. Si tratta della Deliberazione n. 16/2009/P. Sotto esame passa un contratto di fornitura di dosi di vaccino antinfluenzale stipulato tra il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e la Novartis, la multinazionale svizzera nata dalla fusione di Ciba-Geigy e Sandoz.

Il primo appunto della Corte dei Conti è di metodo. Si critica l'assenza di qualsiasi garanzia sull’esito «delle ricerche, la capacità di sviluppare con successo il Prodotto». Tutti i vincoli del contratto sono resi vani da un semplice fatto: non c’è nessuna certezza che il prodotto funzioni e ci sia. L’oggetto del contratto non è dunque materia certa.

Uno si aspetterebbe che in compenso ci siano clausole che stringano il contraente da qualche altra parte. Si tratta pur sempre di soldi pubblici. E invece per Novartis ci sono anche vantaggi per l’IVA. E passi. Ma si prevede anche «la possibilità del mancato rispetto delle date di consegna del Prodotto, senza l'applicazione di alcuna penalità» per Novartis.

Va bene, la motivazione è l’emergenza, ma qui si saltano tutti i normali passaggi che regolano l’immissione di prodotti che abbiano implicazioni rilevanti sulla salute dei cittadini. Al punto che ora si accetta il prodotto anche senza l’autorizzazione a commerciarlo in Italia: stavolta basta «un generico "Quality Agreement"». I rischi se li prende il Ministero, insomma. Se ad esempio si volessero riscontrare eventuali difetti di fabbricazione o danni fisici del prodotto, chi deve dirsi d'accordo è proprio Novartis.

La Corte nota cioè che i fornitori di una merce eventualmente difettosa hanno addirittura la facoltà di dirsi preventivamente d’accordo o non d’accordo sui rilievi a loro carico. Se, bontà loro, si dicono d’accordo, i difetti di fabbricazione li devono rimborsare loro al ministero. Per gli altri danni causati a terzi dal vaccino sarà il ministero – cioè i contribuenti - a risarcire Novartis.

La Corte critica anche il fatto che alla Novartis verranno pagati poco più di 24 milioni di euro (IVA esclusa) se non otterrà l'autorizzazione all'immissione in commercio del vaccino. Nulla è detto nel contratto sul perché di quella somma-salvagente.

E che succederebbe se Novartis dovesse violare le disposizioni essenziali del contratto? Dal punto di vista del pagamento non succederebbe nulla. Così viene steso un altro tappeto rosso per la multinazionale di Basilea: «il pagamento dovrà essere ugualmente effettuato per il prodotto fabbricato e consegnato».

I rilievi della Corte dei conti si estendono a un altro punto essenziale: il segreto. Certo, si sa che in ogni rilevante contratto industriale ci sono sempre clausole di riservatezza. Ma nel contratto in questione si va ben oltre. Fra le informazioni riservate sono state infatti inserite anche questioni che invece non possono essere segrete, perché si tratta di forniture che devono avvenire con «evidenza pubblica». Per il vaccino si voleva rendere segreta perfino l’esistenza stessa del contratto, non solo i suoi contenuti.

La Corte dei conti a questo punto scopre che non può approfondire di più. Il contratto è a trattativa riservata ed è stato secretato, perché valgono le stesse emergenze previste in caso di eventi calamitosi “di natura terroristica” (ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3275 del 28 marzo 2003).

Il cerchio si chiude ancora una volta.

Il trattamento dell’influenza A(H1N1) è nelle mani della Protezione civile. E di fronte alle emergenze, le leggi si piegano alle eccezioni. La Corte registra di dover «ritenere il provvedimento al di fuori degli ordinari schemi contrattuali». Ma poco può farci. Deve arrendersi all’emergenza e accettare la situazione. In nome della Guerra al Terrorismo è nato ovunque un corpus giuridico sempre più esteso che sta divorando il sistema di bilanciamenti delle vecchie costituzioni.

Non è l’unico caso in cui la Grande Paura di una qualche nuova peste, alimentata dai media e da molti governi, porta a forzare le leggi per estendere verso limiti mai visti i poteri delle sempre più ingombranti strutture di ”protezione civile”. E non è nemmeno l’unico caso in cui, con poche righe, i governi garantiscono grandi affari ai produttori del controverso vaccino dell’influenza suina.

Il conduttore di una radio newyorchese, Al Roney di NY WGY, ha rivelato ad esempio le imbarazzanti connessioni che legano il commissario alla Salute dello stato di New York, Richard Daines, e il gigante dei vaccini MedImmune. Si dà il caso che la moglie di Daines, Linda, sia una manager di punta dell’onnipresente Goldman Sachs, la società finanziaria che oltre a essere il maggiore azionista di MedImmune ha anche intermediato una commercializzazione di vaccini del valore di 15 milioni di dollari.

Roney ha fatto appello ai suoi ascoltatori affinché si rivolgessero a Andrew Cuomo, il brillante politico che oggi ricopre la carica di Attorney General, e ha quindi la titolarità della pubblica accusa nello stato di New York. Il tema sollevato da Roney era il conflitto d’interessi. Roney ha proposto ai radioascoltatori di fare causa sul fatto che oltre 500mila lavoratori dello stato, in vario modo legati alla sanità, stavano per essere sottoposti a una vaccinazione obbligatoria, con un potenziale profitto per Goldman Sachs. Dopo la campagna lanciata da Roney, il 23 ottobre il commissario Daines ha sospeso il suo provvedimento, adducendo una carenza di dosi di vaccino. Va notato che lo stato di New York finora è stato l’unico in USA a prevedere vaccinazioni obbligatorie.

Più in generale si può riconoscere un metodo fondato su un allarme martellante, poco preoccupato di provocare panico, fortemente assecondato dai media, con i governi impegnati a rilanciarlo. Un metodo già sperimentato nei casi della SARS e dell’influenza aviaria, e ormai sempre più rodato.

Ai tempi dell’allarme SARS i giornali, imbeccati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, arrivarono a pubblicare grafici e ricostruzioni che pretendevano senza ironia di identificare il «paziente zero»: una scenetta in cui un canadese, un cinese e un vietnamita si incrociavano in un ascensore di Hong Kong, e da lì irradiavano la nuova pandemia per l’universo mondo. Avete visto cosa ne è stato della SARS, che poteva «uccidere miliardi di individui». Sono stati classificati come SARS solo ottomila casi in tutto il mondo e meno di ottocento morti.

Ricordo anche una surreale apertura del Tg1, quando la prima notizia fu un fenicottero morto in uno stagno rumeno. «Un altro caso di aviaria? E se passa all’uomo?». Ho in mente il Tg1, ma non è che gli altri organi d’informazione si fermassero a riflettere. Ovunque aviaria, aviaria, polli, fagiani, e allarmi.

Nel frattempo i produttori di antivirali (una delle categorie di farmaci più inutili che si possano immaginare) gongolavano con profitti miliardari. Gongolava anche Donald Rumsfeld, allora segretario alla difesa USA, in qualità di perfetto anello di collegamento fra il complesso militare-industriale-mediatico e le gradi case farmaceutiche. Proprio Rumsfeld era stato il capo della Gilead Science, la società che brevettò il Tamiflu prima di cederlo alla Roche non senza lasciarsi succulente royalty, governate oggi da un consiglio di amministrazione che comprende vari pezzi grossi dell'atlantismo, tra cui l'ex segretario di Stato George Schulz.

Rumsfeld, uno degli artefici del nuovo diritto d’emergenza e del nuovo stato d’eccezione nato con l’allarme terroristico, ha avuto buon gioco a spingere la manipolazione della paura in più di una direzione, militare, mediatica, medica, ovunque con gli stessi metodi e le stesse complicità. Rumsfeld è lo stesso Rumsfeld che nel 1976 svolgeva il ruolo di Capo di Gabinetto del presidente Ford, quando questi ordinò una vaccinazione di massa per un caso di influenza suina molto simile a quello odierno.

Così, eccoci qui, in un mondo in cui da sempre sono esistite le malattie e le influenze stagionali, ma che solo da qualche anno le vede come una guerra spaventosa nonostante i morti siano in declino, e non certo grazie ai vaccini antinfluenzali, che persino secondo «The Lancet», la più importante rivista medica, sono praticamente inefficaci. Come dice l'epidemiologo Tom Jefferson, «c'è tutta un'industria che si sta aspettando una pandemia».

Basta guardare il grafico qui sotto per capire perché questa insistenza sulle influenze “speciali” non si giustifichi scientificamente. Altre malattie simili fanno più morti, ma non suscitano altrettanta attenzione perché non ci sono montagne di soldi né carriere da innalzare su di esse. Lo sviluppo dell'influenza A non sta modificando minimamente il trend delle malattie infettive, ma si presenta come un esperimento affaristico di proporzioni mostruose.

A questo punto però non vorrei caricare di troppe domande il governo italiano. Lo scenario è grandioso, e a Berlusconi non voglio chiedere conto dei guadagni di Rumsfeld. Sarebbe troppo.

Anzi, non voglio essere nemmeno io a fargli delle domande sullo strano contratto con i produttori di vaccini stipulato dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il ministero guidato da Maurizio Sacconi.

Lascio le domande nientemeno che a Vittorio Feltri, che il 30 gennaio 2009, quando era ancora direttore di «Libero», titolava così un suo editoriale: «Caro Berlusconi, chiedi cosa fa la moglie di Sacconi». E cosa fa la moglie di Sacconi? Lo facciamo dire da Feltri, che qui ragiona su una cosa verissima: «Si dà infatti il caso che Sacconi sia coniugato (...) con una donna talmente in gamba da essere assurta alla direzione generale di Farmindustria. Anche chi non ha dimestichezza con certi affari comprende: siamo di fronte a un gigantesco conflitto di interessi; il responsabile del dicastero (sia pure tramite il sottosegretario Fazio) controlla la Salute pubblica, e sua moglie è al vertice non di un’azienda di elettrodomestici bensì di un colosso quale Farmindustria che, come dice la parola stessa, si occupa di farmaci. Il premier ne è al corrente? Se lo è, provveda per favore a scorporare la Sanità dal resto (Lavoro e Previdenza) onde non offrire il fianco agli attacchi dell’opposizione.»

Ecco, l'opposizione. Bersani, dove sei? Ti fai scavalcare anche da Feltri? È troppo, chiedere che si faccia luce sull'acquisto di una bazzeccola come 24 milioni di dosi per vaccinare il 40% della popolazione, che farà da cavia per un vaccino non sufficientemente sperimentato?

È troppo poi, diffidare dei fabbricanti dei vaccini che saranno ora iniettati a milioni di persone, visto che a loro carico si registrano processi per corruzione o per gli effetti collaterali dei vaccini?

Un piccolo aggiornamento istruttivo:

Le pagine dei quotidiani del 3 novembre 2009 sono coperte di titoli allarmistici e richiamano «la morte sospetta di un bimbo». Già alle ore 10,15 di questa stessa giornata un lancio di agenzia rivela che «il bambino deceduto ieri all'ospedale romano San Pietro è risultato negativo ai test per il virus H1N1. Le analisi effettuate dal laboratorio di virologia del policlinico Gemelli - secondo quanto appreso dall'Agenzia Italia - hanno dato esito negativo». Nel frattempo milioni di persone hanno ricevuto l'imprinting della paura e i poveri pediatri sono presi d'assalto.


Il vaccino dalle uova d'oro

di Rita Pennarola - www.lavocedellevoci.it - 29 Ottobre 2009

Sorpresa: nei grandi ospedali per malattie infettive buona parte di medici in servizio non intende vaccinarsi contro il virus della Suina. Succede al Cotugno di Napoli. E non solo. Vediamo perche'.

Se, come dimostrano i numeri, i colossi del farmaco, dall'alto del loro mezzo biliardo di dollari e passa all'anno di fatturato, superano di gran lunga l'invincibile industria delle armi, non risulta poi cosi' difficile capire perche' periodicamente, con cadenza ormai “regolare”, scoppia l'allarme mediatico sulle pandemie che, come altrettanti Armageddon, stanno arrivando a flagellare il pianeta, mietendo milioni di vittime e rendendo percio' piu' che mai invocato l'arrivo di specifici vaccini.

Virus creati in laboratorio proprio per far nascere la necessita' di contrastarli, mantenendo su livelli altissimi le corazzate quotate in Borsa? E, in ogni caso, quali conseguenze potranno avere sulla salute umana prodotti a base di virus, realizzati molto spesso sull'onda dell'emergenza, ma destinati alla profilassi di massa su scala mondiale (quest'anno da novembre in poi)?

Quasi “naturale”, allora, che dopo gli allarmi globalizzati sul virus dell'antrace (2001) e sull'influenza aviaria (che nel 2005 vide l'allora ministro della Salute Francesco Storace lanciato all'acquisto di dosi da milioni di euro, poi di fatto mai utilizzate perche' nel frattempo il virus era “mutato”), oggi dovesse arrivare una ennesima “maledizione biblica”.

Terrorizzante, per la maggior parte dell'umanita', ma, per qualcun altro, provvidenziale.
Sulla influenza A o “suina” - quel virus H1N1 che sta tenendo col fiato sospeso buona parte dell'umanita', fra propaganda dei governi, complicita' dei grandi media nelle mani degli stessi colossi farmaceutici, ma anche fra leggende metropolitane e falsi scoop - cominciano oggi a farsi strada le prime, rigorose ricostruzioni che, dati scientifici alla mano, lasciano filtrare le terribili verita' alla base dell'allarme planetario.

Percio', nelle stesse ore in cui la Agenzia europea per il controllo sui farmaci da' via libera ai primi due vaccini anti-pandemia, che saranno prodotti da Novartis e GlaxoSmithKline, arrivano impietosi dossier come quello di Luciano Gianazza, autore di numerosi libri che smascherano il dietro le quinte affaristico della medicina contemporanea. Il quale oggi parla di questi vaccini come delle nuove armi biologiche di distruzione di massa.

ACCHIAPPA LA SUINA

Dopo le prime avvisaglie della scorsa primavera, il clamore mediatico sulla suina esplode a giugno, quando la Organizzazione mondiale della sanita' annuncia che la pandemia sara' di livello 6, vale a dire molto elevato, scatenando la corsa dei governi all'acquisto del vaccino. L'attivita', nei laboratori, diventa da allora frenetica.

Quali rischi comportano la fretta e la conseguente, possibile approssimazione? «Alle multinazionali del cartello Big Pharma (GlaxoSmithKline, Baxter, Novartis e altre) - punta l'indice Gianazza - e' stato assicurato che non vi sara' contro di loro alcun ricorso per eventuali morti o gravi danni che questi vaccini possono causare».

Ancor piu' esplicito il movente economico: «la Novartis - fa sapere Gianazza - ha raccolto ordinativi gia' da trenta diversi Paesi. Solo dagli Usa ricevera' 346 milioni di dollari per l'antigene e 348,8 milioni per un adiuvante. La Baxter ha ordini da cinque Paesi per 80 milioni di dosi, ma non ha ricevuto l'approvazione della Food and Drug Administration, quindi vendera' al di fuori degli Stati Uniti. GlaxoSmithKline ha ricevuto 250 milioni per la fornitura agli Usa di numerosi “prodotti pandemici”. Il totale degli ordini nei soli Stati Uniti ammonta a 7 miliardi di dollari».

Numerose le sostanze tossiche, a partire dai cosiddetti adiuvanti, senza i quali i vaccini non potrebbero essere conservati ne' mantenuti in forma stabile. Fra questi Gianazza enumera ad esempio «il thimerosal, conservante 50 volte piu' tossico del mercurio, che puo' provocare a lungo termine disfunzioni del sistema immunitario, sensoriali, motorie, neurologiche, comportamentali».

GlaxoSmithKline, che ha sede a Londra, come adiuvante per i suoi vaccini usa anche un composto contenente alluminio, il cui uso, in certe dosi, e' causa accertata di disfunzione cognitiva.

C'e' poi la formaldeide: una nota sostanza cancerogena e tossica per l'apparato riproduttivo. «Nel 2007 - continua Gianazza - la California ha utilizzato piu' di 30.000 tonnellate di questa sostanza cancerogena come microbicida sulle piu' importanti coltivazioni sparse nel suo territorio».

Altro ingrediente comune ai nuovi vaccini e' lo squalene, noto come sostanza che puo' provocare l'artrite reumatoide. E i ricercatori oggi associano l'uso dello squalene alla cosiddetta “Sindrome della Guerra del Golfo” che ha colpito migliaia di soldati americani con danni irreparabili al sistema immunitario, compresi sclerosi multipla, fibromialgia e, appunto, l'artrite reumatoide.

Passiamo al secondo produttore, la Baxter International con casa madre a Chicago e una sede anche in Italia. Non si conoscono ancora fino in fondo le sostanze presenti nel nuovo vaccino, ma puo' essere utile dare un'occhiata a quelle che si trovavano nel prodotto contro il virus H5N1 dell'influenza aviaria. «Le cellule in coltura - si legge nel dossier di Gianazza - sono prese dalla “scimmia verde africana”. I tessuti prelevati da questa specie di scimmie sono stati in passato responsabili della trasmissione di virus, tra cui l'HIV e la poliomielite.

La Baxter ha posto una richiesta di brevetto sul processo che utilizza questo tipo di coltura cellulare per la produzione di quantita' di virus infettivi, che vengono poi inattivati con formaldeide e luce ultravioletta». Passiamo al terzo colosso, l'elvetica Novartis International AG con sede a Basilea e una propaggine in Italia, a Torre Annunziata, ai margini del fiume Sarno, il corso d'acqua tristemente famoso per essere uno fra i piu' inquinati d'Europa.

Ed e' proprio dalla Novartis che l'Italia avrebbe acquistato le sue dosi di vaccino anti-suina. Al pari della Baxter, la corazzata elvetica sta utilizzando una linea cellulare di cui e' proprietaria (analoga a quella della scimmia verde) per far crescere i ceppi del virus, invece delle uova di gallina, come si era sempre fatto finora.

Cio' permette all'azienda di ridurre drasticamente il tempo necessario per iniziare la produzione del vaccino, che ha preso la denominazione ufficiale di “Focetria”.
Anche qui non mancano additivi come la formaldeide e il bromuro dicetiltrimetilammonio, un disinfettante utilizzato per sterilizzare utensili.

PARTICELLE KILLER

Altro allarme e' quello lanciato dall'economista e politologo William Engdahl, collaboratore di testate come Asia Times e autore di libri sulla globalizzazione. A meta' settembre il gruppo indipendente internazionale Global Research pubblica un articolo in cui Engdahl rivela la presenza di nanoparticelle nei vaccini per l'influenza H1N1. «Ora e' saltato fuori - si legge - che i vaccini approvati per essere utilizzati in Germania e nei paesi europei contengono delle nanoparticelle in una forma che e' risultata attaccare cellule sane e che puo' essere mortale».

Il sistema era stato messo a punto nel 2007 dai ricercatori dell'Ecole Polytechnique Fe'de'rale de Lausanne i quali, in un articolo pubblicato sulla rivista Nature Biotechnology, avevano spiegato: «queste particelle sono cosi' sottili che, una volta iniettate, nuotano nella matrice extracellulare della pelle e vanno di filato ai linfonodi. Entro pochi minuti raggiungono una concentrazione di cellule D migliaia di volte maggiore che nella pelle. La risposta immunitaria puo' essere quindi estremamente forte».

«C'e' un solo - obietta Engdahl - piccolo problema: i vaccini che contengono nanoparticelle possono essere mortali o, come minimo, causare danni irreparabili per la salute». Le particelle di nanodimensioni - viene spiegato - si fondono con le membrane del nostro corpo e, secondo studi recenti condotti in Cina ed in Giappone, vanno avanti a distruggere le cellule senza sosta.

Una volta che hanno interagito con la struttura cellulare, non possono piu' essere rimosse. «Dopo lo scandalo dell'amianto - incalza Engdahl - e' stato appurato che particelle di dimensione inferiore ad un milionesimo di metro, per la loro enorme forza attrattiva, penetrano in tutte le cellule distruggendo tutte quelle con le quali entrano in contatto. E le nanoparticelle sono ben piu' piccole delle fibre di amianto. Prove effettuate a Beijing dimostrano gli effetti mortali sull'uomo».

L'European Respiratory Journal, autorevole periodico destinato a medici ed operatori sanitari, nel numero di agosto ha pubblicato un articolo intitolato “L'esposizione alle nanoparticelle e' correlata con il versamento pleurico, la fibrosi polmonare ed il granuloma”. Si riporta quanto avvenuto nel 2008 a sette giovani donne ricoverate presso il Beijing Chaoyang Hospital. Di eta' fra i 18 ed i 47 anni, erano state esposte a nanoparticelle per un periodo dai 5 ai 13 mesi sul posto di lavoro.

Analoghi i sintomi: dispnea, versamento pleurico, liquido nei polmoni, difficolta' respiratoria. Gli esami hanno confermato che le nanoparticelle avevano innescato nei polmoni infiammazioni e processi di fibrosi, con presenza di granulomi nella pleura. Il microscopio elettronico ha permesso di osservare che le nanoparticelle si erano collocate nel citoplasma e nel nucleo delle cellule epiteliali e mesoteliali dei polmoni.

«Il fatto chel'Organizzazione mondiale per la sanita', l'European Medicines Evaluation Agency ed il German Robert Koch Institute permettano oggi che la popolazione venga iniettata con vaccini ampiamente non sperimentati contenenti nanoparticelle - e' la drastica conclusione di William Engdahl - la dice lunga sul potere della lobby farmaceutica sulle politiche europee».


Un vaccino per l'ansia? La vera ragione per cui le aziende farmaceutiche stanno spingendo per più vaccini
di Mike Adams - www.naturalnews.com - 23 Ottobre 2009
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Concetta Di Lorenzo

C'è un nuovo vaccino per la dipendenza da nicotina e un altro per la tossicodipendenza. C'è un vaccino per l’Aids (che non funziona) e un vaccino per il cancro del collo dell'utero che è stato approvato per l'uso sui ragazzi (i ragazzi non hanno un collo dell'utero). Attraverso l'industria farmaceutica, la grande corsa per i vaccini è iniziata!

Ma perché, esattamente? Vi è improvvisamente una nuova eruzione di malattie epidemiche che richiedono trattamenti con vaccino? No, non proprio. Cosa c'è di nuovo è il modo in cui Big Pharma utilizza queste malattie come nuove opportunità per vendere più farmaci.

C'è in corso un grande passaggio dai farmaci prodotti per i malati ad una nuova classe di farmaci prodotti per persone sane. Il nuovo paradigma è che le persone hanno bisogno di farmaci prima di ammalarsi, come una sorta di "protezione" contro la malattia. I farmaci, in sostanza, sono visti come nutrienti - cose di cui il corpo umano ha bisogno per essere sano. E dal momento in cui sei nato, sei considerato carente di questi farmaci. E’ per questo che ai bambini vengono iniettati vaccini pochi minuti dopo la nascita. C'è una forte convinzione, nel settore medico, che i bambini nascano carenti di vaccini e che tali carenze debbano essere "corrette" il più presto possibile.

Questo semplice ma potente cambiamento nella strategia del marketing di Big Pharma ha ampliato il potenziale cliente basato su un sottoinsieme della popolazione (persone malate) a tutta la popolazione mondiale. Ora, tutti hanno bisogno di un vaccino per qualcosa, dicono le società farmaceutiche. Tutto ciò che è necessario per il successo finanziario di questo schema è di convincere i malati che hanno bisogno di più farmaci (o vaccini), e questo è facilmente realizzabile attraverso campagne di malattie pilotate (come l'attuale paura verso influenza suina H1N1).

Sorvolare sulla necessità di prove scientifiche

C'è un altro passaggio importante che si svolge lungo la grande corsa al vaccino: un passaggio dalla "medicina basata sulle prove" ad un nuovo paradigma medico di "credenza dogmatica".

Vedete, è opportuno dimostrare che i farmaci che curano i malati funzionino. Ci devono essere delle prove cliniche e una certa percentuale di questi malati (solo il 5%, o, in genere) deve dimostrare un qualche tipo di risposta di miglioramento dopo l'assunzione del farmaco. Questo è il cosiddetto "gold standard" della medicina moderna. Ma con i vaccini, nessuna prova di efficacia è necessaria. Nessuno studio controllato con placebo ha bisogno essere realizzato. I vaccini possono essere apertamente commercializzati e prescritti senza alcuna prova che effettivamente funzionino.

Questo è un nuovo "lasciapassare" per Big Pharma - una classe di farmaci che non richiede alcuna prova! Hanno semplicemente bisogno di essere iniettati in un qualche centinaio di persone che vengono osservate per non più di due settimane per vedere se qualcuno muore o cade in coma. È questa la prova che è necessaria (e talvolta anche meno). Nessun test di sicurezza a lungo termine è necessario o perseguito, e, soprattutto, non vi è alcun obbligo che il vaccino provi che in realtà funzioni per ridurre le infezioni dell’influenza (o infezioni da HPV, ecc.).

In sostanza, premendo per un vaccino che serva praticamente a tutto, compresa la dipendenza dalla nicotina, l'industria farmaceutica si è trasformata da una piccola industria che serviva solo i malati con farmaci scientificamente dimostrati, in una grande industria globale che vende vaccini per tutti e non ha bisogno di provare che essi funzionino. A parte ogni valutazione, è una brillante strategia per aumentare i profitti farmaceutici.


Nuova misteriosa epidemia in Ucraina occidentale
di Roberto Quaglia - www.edicola.biz - 1 Novembre 2009

In Italia la notizia non è ancora circolata, ma da qualche settimana una nuova epidemia ad opera di un virus sconosciuto sta seminando il terrore nella Ucraina occidentale. Poiché in questi giorni si festeggiano i morti, questa notizia ci sta come il cacio sui maccheroni. Nella seconda metà di Ottobre il nuovo virus ha ucciso più di una trentina di persone. Quarantamila sarebbero gli ammalati. Analogamente al famigerato A-H1N1, anche questo virus causa una infezione acuta al sistema respiratorio, ma le autorità escludono si tratti dell’influenza suina.

Nella regione di Ternopil, il 25% dei medici entrati in contatto con i malati si sono ammalati a loro volta. La nuova malattia sarebbe quindi altamente infettiva, ma scarsamente letale. Nella regione è stata annunciata una sorta di quarantena, invitando i cittadini a non uscire di casa se non per motivi gravi. Per strada, la polizia già indossa mascherine protettive. I farmaci antivirali sono ormai introvabili nelle farmacie, davanti alle quali si formano lunghe code e a Leopoli ora non si troverebbero più neppure le mascherine.

L’epidemia ha ora raggiunto la città di Chernivtsi, sud-ovest dell’Ucraina, ad un passo dalla Romania.

Nel frattempo, proseguono in occidente le controverse vaccinazioni contro un virus H1N1 che invece sta causando meno danni del previsto. Le vaccinazioni di massa vengono fatte con vaccini poco testati contenenti adiuvanti generalmente ritenuti dannosi per la salute. In Italia va per la maggiore il Focetria di Novartis mentre in Germania si usa Pandemrix della Glaxo SmithKiline, entrambi vaccini contenenti i discussi adiuvanti.

I medici italiani sono renitenti ad usare il vaccino su di sé e sondaggi indicano che il 70% dei tedeschi è poco incline a farsi vaccinare, soprattutto dopo avere appreso che ai politici ed i militari tedeschi verrà invece somministrato un vaccino privo dell’MF-59, l’adiuvante della discordia, ossia il Celvapan della Baxter.

D’altra parte, è come finire dalla padella alla brace, dato che otto mesi fa la Baxter inviò a 18 laboratori in tutta Europa 72 chili di una base per la comune influenza stagionale contenente virus vivi dell’influenza aviaria, un episodio gravissimo che difficilmente si può ascrivere ad un errore (cose del genere non possono accadere per sbaglio in laboratori soggetti a standard di sicurezza BS3, bio-safety level 3) e sul quale oggi tutti i media hanno steso una colpevole coltre di silenzio (In Austria, dove è avvenuto il fatto, qualcuno cerca di portare in giudizio la Baxter per questa vicenda, con l’accusa di tentato genocidio).

Sarà per tutte le suddette ragioni che il governo di Obama ha da poco approvato una legge che manleva i produttori farmaceutici da qualsiasi responsabilità giuridica in merito ai danni alla salute provocati dai loro vaccini?

Adesso la nuova epidemia nell’Ucraina occidentale conferma l’inquietante trend che si era già notato: la comparsa sempre più frequente sulle passerelle del Villaggio Globale di nuovi virus Brutti & Cattivi. Accipicchia, dopo decenni di pigro tran tran, per il mondo dei virus si sono da qualche anno accesi i riflettori della ribalta, e sarà meglio che ci abituiamo d’ora in poi alla comparsa periodica sul proscenio di nuove collezioni virali autunno-inverno e primavera-estate, proprio come ci ha abituato il mondo della moda.

Ma per questa nuova linea, chi sono gli stilisti?

Approfondimenti per chi vuole spaventarsi di più:

http://www.theflucase.com/


Dopo la pandemia dell'influenza suina arriverà quella del salmone?

di Miguel Jara - www.migueljara.com - 9 Ottobre 2009

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Andrea Belfiore

Mi arriva per posta una delle ultime pubblicazioni di Juan Gèrvas, medico agricolo e promotore del “EquipoCesca”. Mi racconta che non c’è una teoria cospiratrice più certa delle storie che portano con sé l’avidità, dalla mucca pazza fino all’influenza suina (influenza A).

Sono totalmente d’accordo e voglio aggiungere che se io, Rafa e Joaquin intitolammo “Cospirazioni tossiche” quello che fu il mio secondo libro è stato precisamente per quello che sostiene Gervas, ossia che poteri di natura diversa cospirano alle spalle dei cittadini in maniera costante; l’ultima moda è considerare come “teorie della cospirazione” (che non mi piacciono) tutto ciò che sia stato diffuso da coloro che ficcano il naso nei misteri.

Gli eccessi si pagano, prima o poi – mi dice Juan – ed all’orizzonte abbiamo l’influenza del salmone e dei pesci in generale: benché tutto finisca per sembrare una cospirazione, è semplice avidità.

L’arcipelago di Chiloè si trova a milleduecento chilometri a sud di Santiago del Cile ed a novanta da Porto Mott. Il clima è mite e piovoso (cadono 2.500 mm di pioggia ogni anno) il che rende il paesaggio di pianure e colline una meraviglia di verde, con boschi pieni di felci e muschi; sono famose le chiese costruite in legno, il minuscolo cavallo “chilote” ed il minuscolo pudu (il cervo più piccolo del mondo).

La costa della regione possiede laghi ed estuari e forma una sorta di mare interno creatosi grazie alle maree. La Grande Isola di Chiloè è separata dal Continente dal Canale di Cacao, attraversabile da un traghetto approssimativamente in mezz’ora. L’isola Grande è lunga 180 chilometri ed è larga 50. A causa del paesaggio, gli spagnoli le diedero il nome di “Nuova Galizia”.

La città di Castro è una delle più antiche del Cile, fondata nel 1567; in essa si trovano le antiche palafitte, a testimonianza di un paradiso dell’artigianato oramai perduto (fibre, legno e lana). Chiloè non tenne in considerazione l’indipendenza delle nazioni del Sud America e fu l’ultimo possedimento spagnolo, fino al 1826. I chiloti sono conosciuti per la loro affabilità oltre che per le loro attività di piccoli produttori agricoli, allevatori e pescatori fino a quindici anni fa. Oggi sono operai dipendenti delle multinazionali del salmone.

Il viaggio con la compagnia aerea cilena LAN è solito evocare l’odore del pesce perché gli aerei sono spesso carichi di salmone per l’esportazione. In quindici anni l’aquacoltura in Cile, più esattamente nell’arcipelago di Chiloè e nella zona limitrofa a Porto Mott (ed a causa dell’espansione della zona, fino allo Stretto di Magellano), è cresciuta di un 15% all’anno, il che ha moltiplicato per 13 l’investimento iniziale. Per questo il Cile è divenuto la seconda potenza mondiale del salmone dietro la Norvegia ed è capace di esportare annualmente quasi mezzo milione di tonnellate.

L’esportazione di salmone è seconda solo a quella del rame e della cellulosa. L’aquacoltura del salmone in Cile è la più produttiva al mondo, per la ricchezza e la fertilità dell’acqua marina delle isole di Chiloè. Oggi ci sono 5.000 ettari di mare dedicati alla aquacoltura del salmone, concentrati in appena 300 chilometri, con 600 centri di coltivazione e 120 milioni di salmoni. Lavorano in questo settore 50.000 persone approssimativamente, ed il 70% sono donne (il 90% nei piani di produzione).

Il lavoro dei sommozzatori è pericoloso e gli incidenti sono frequenti. Nel processo produttivo sono utilizzati grandi quantitativi di fungicidi, pesticidi ed antibiotici. Nel 2008, in Norvegia, sono stati impiegati 0.07 grammi d’antibiotico ogni tonnellata di salmone contro i 560 grammi in Cile (il 40% di chinoloni).

Si aggiungono a ciò i problemi ambientali: fuga dei salmoni – nell’ordine di un milione ogni anno; sfruttamento eccessivo della pesca delle sardine e di altri pesci usati come mangime per i salmoni, la contaminazione e l’occupazione del mare in concorso con altre attività, come la pesca artigianale tradizionale ed il turismo. Certamente, i salmoni che fuggono non si possono pescare dunque continuano ad essere “proprietà” dell’industria; inoltre, l’eccessivo sfruttamento finalizzato al mangime lascia i pescatori artigianali senza risorse.

Il prezzo del salmone norvegese originariamente è salito da 2,81 a 4,34 euro. Conseguentemente, le azioni della più grande impresa del salmone del mondo, la norvegese Marine Harvest, sono salite del 270%. Sono salite anche le azioni di un’altra impresa nordica dedita alla produzione d’alimenti per il salmone e delle trote, la Cernaq.

L’aumento del prezzo del salmone norvegese è dovuto alla decrescita del 75% della produzione del salmone cileno. La causa? La morte dei salmoni cileni a causa dell’enorme influenza dell’anemia infettiva del salmone, l’ISA (“the infectious salmon anemia”). L’anemia infettiva del salmone è prodotta da un virus, probabilmente proveniente dall’Europa, dalla Norvegia, dove l’ISA rappresentò un grave problema negli anni ottanta e novanta del secolo scorso.

L’ISA apparve per la prima volta in Cile nel 2007 e probabilmente la sua diffusione è dovuta all’invasione delle pulci di mare. Tali pulci di mare hanno approfittato delle condizioni estreme dovute all’assembramento di milioni di salmoni per crescere incontrollatamente, e per divenire resistenti ai differenti disinfestanti utilizzati (impiegati imprudentemente in grosse quantità e senza controllo).

Le pulci pungono e massacrano la pelle dei salmoni e ciò facilita la diffusione dell’ISA. In Norvegia fu combattuta sacrificando gli animali, con la quarantena e la pulizia anche se fu tutto più facile grazie al minor sfruttamento. In Cile è stata adottata una campagna di vaccinazione per ogni singolo salmone, oltre a trasferire le gabbie più a sud verso acque più fredde e per il momento non contaminate.

Si calcola che la produzione avrà bisogno di almeno cinque anni per riprendersi; inoltre ci sono stati 20,000 licenziamenti tra i lavoratori del settore. Le imprese hanno dovuto fronteggiare debiti milionari (intorno ai 1,500 milioni di euro) e, per negoziare il debito, lo Stato cileno ha deciso di trasformare le concessioni, rendendole perpetue ed ipotecabili. Di fatto, ha privatizzato il mare contro gli interessi nazionali.

Il virus che causa l’anemia infettiva del salmone colpisce specialmente gli endoteli vascolari provocando emorragie diffuse. E’ un virus RNA, della famiglia degli orthomyxoviridae. Più semplicemente, è un virus influenzale, di quelli che provocano l’influenza negli esseri umani, maiali e volatili, ma per il momento non ha mai prodotto il minimo danno alla salute né dei lavoratori che dei consumatori. Ad ogni modo, la storia dell’anemia infettiva del salmone possiede alcuni punti in comune con le problematiche conseguenti agli eccessi dell’industria dell’allevamento: mucca pazza, influenza aviaria ed influenza A (influenza suina).

Soprattutto, dimostra che i governi non sono liberi, che non prendono con autonomia le decisioni che possano colpire la propria sovranità ed il benessere della popolazione che rappresentano. La gestione dell’influenza A rappresenta un esempio calzante, con ritmi ed allarmi marcati da agenti non identificati pubblicamente, con protocolli, medicamenti, vaccini, mascherine, saponi, respiratori, campagne ed annunci che generano milioni di euro di beneficio e poca salute (se mai ci fosse).

Juan Gèrvas