P.S. Dopo 3 giorni il bilancio totale delle vittime è sceso da 93 a 76 e non si conosce ancora l'esatto numero dei dispersi. Mah...
Oslo: preveggenti wargames e crisi imperiali
di Pino Cabras - Megachip - 23 Luglio 2011
Perfino a Oslo, ancora una volta, un evento terroristico di grande portata si è dispiegato a ridosso di un’esercitazione di sicurezza che aveva ad oggetto proprio un grande attentato: la polizia di Oslo appena 48 ore prima delle stragi stava conducendo un massiccio wargame ubicato nei pressi della Operahuset, il Teatro dell’Opera della capitale norvegese. Le stragi di Oslo si mostrano subito con uno scenario pieno di piste contrastanti.
A caldo, così come è accaduto per lo stragismo italiano e per le stragi del decennio post 11 settembre, si creano e si cancellano rivendicazioni e ipotesi che si rincorrono: dal presunto comunicato islamista fino all’ipotesi investigativa sulla pista interna. Rimane questo fatto – l’esercitazione - che in sé non basta ancora dimostrare nulla, ma che sarebbe sbagliato ignorare, dati i precedenti.
Come riferisce il quotidiano norvegese Aftenposten, nuclei della «polizia antiterrorismo hanno fatto esplodere delle cariche esplosive in un’esercitazione al centro di Oslo, a duecento metri dall’Opera, ma si sono dimenticati di avvisare il pubblico».L’esercitazione, svoltasi mercoledì 20 luglio, ruotava intorno all’azione di unità anti-terrorismo che attaccavano un edificio in disuso ai margini del molo Bjørvika con bombe e armi da fuoco.
«Gli uomini si sono calati dal tetto e sono entrati dalla finestra appena esplosa, intanto che sparavano». L’efficacia scenica era tale che – riferisce Aftenposten, si udivano "scoppi violenti", sotto lo sguardo attonito degli spettatori del vicino Teatro dell’Opera.
Il video dell’esercitazione dà un’idea del grado di realismo della simulazione.
CLICCA QUIIn casi precedenti, riferibili ad analoghe esercitazioni, abbiamo visto numerosissimi punti di contatto con gli eventi in corso, fino al punto di sovrapporsi con essi.
È possibile ripercorrere molti di questi casi, che mostrano sbalorditive coincidenze con la tortuosa scena del delitto, regolarmente accompagnata dai giochi di ruolo messi in campo da interi apparati coperti legalmente.
Durante gli attentati di Londra del 7 luglio 2005, ad esempio, un'agenzia di sicurezza che si curava della metropolitana stava conducendo un’esercitazione con eventi terroristici simulati che dovevano svolgersi nei medesimi orari ed esattamente negli stessi luoghi in cui accaddero per davvero. Una sfida impossibile alla statistica, su cui né Scotland Yard né il giornalismo britannico – istituzioni regolarmente sopravvalutate - hanno provato a fare obiezioni di sorta.
Dobbiamo intanto chiederci a chi giovi il massacro nella tranquilla città scandinava. La Norvegia, sebbene abbia un peso demografico molto modesto (poco più degli abitanti del Piemonte distribuiti su un territorio più vasto dell’Italia), e sebbene appaia a uno sguardo superficiale come un Paese periferico, ha in realtà una fortissima proiezione geopolitica, presentandosi come un paese chiave della NATO in vista dell’imminente corsa all’Artico, un’area che si libera sempre più dei ghiacci e “scopre” immense risorse su cui stanno puntando le grandi potenze.
È inoltre un paese petrolifero di prima grandezza, che ha nei suoi forzieri sovrani un cumulo di risorse gestite finora con oculatezza e con un’attenzione costante alla coesione sociale legata al modello scandinavo, qualcosa che non piace agli avvoltoi della finanza internazionale.
È infine un comitato di emanazione parlamentare norvegese ad assegnare il Nobel per la Pace: il fatto riflette una secolare vocazione delle classi dirigenti della Norvegia a partecipare attivamente nello scenario internazionale, come ad esempio con gli “accordi di Oslo” fra israeliani e palestinesi negli anni novanta del XX secolo, e ultimamente con qualche ripensamento rispetto all’impegno militare in Libia nonché con il possibile riconoscimento dell’indipendenza palestinese.
Mettendoci nei panni dei politici norvegesi, il messaggio degli attentati che ci arriva è chiaro: in quest’epoca di caos finanziario, di intensificazione delle guerre, di lotta più aspra per le risorse energetiche e minerali, non esistono porti franchi per la nostra tranquillità, né per le nostre casseforti piene, né per i nostri pozzi petroliferi non ancora esausti come quelli britannici, e saremo anche noi chiamati a schierarci dolorosamente, perché siamo lungo le linee di frattura dei poteri imperiali in lotta per sopravvivere.
Non è stata fatta una strage in un giorno di punta, ma in un momento in cui i palazzi erano semivuoti.
Furia omicida, sì, ma a suo modo molto contenuta, come se si dovesse economizzare e ottimizzare il messaggio, sufficientemente spietato, ma militarmente contenuto. Non c’è più nemmeno l’icona di Bin Laden a fare da schermo. Si potrà capire meglio il messaggio.
Gli attacchi terroristici in Norvegia una false flag: erano più di uno a far fuoco sull'isola; un’esercitazione sull’esplosione di bombe appena conclusa a Oslo; è stata una vendetta della NATO per la decisione della Norvegia di non bombardare più la Libia?
di Webster Tarpley - 24 Luglio 2011
Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras
I tragici attentati terroristici in Norvegia presentano un certo numero di segni rivelatori di una provocazione false flag (sotto falsa bandiera, NdT) .
È stato riferito che - sebbene i media mondiali stiano cercando di focalizzare l’attenzione su Anders Behring Breivik in veste di assassino solitario nella tradizione di Lee Harvey Oswald - molti testimoni oculari concordano sul fatto che un secondo tiratore era all’opera nel massacro presso il campo estivo giovanile di Utøya, fuori Oslo .
È anche emerso che una unità speciale di polizia aveva condotto una simulazione o esercitazione, nel centro di Oslo, che includeva la detonazione di bombe: esattamente ciò che ha causato il massacro a poche centinaia di metri di distanza poco più di 48 ore più tardi.Ulteriori ricerche rivelano che le agenzie di intelligence degli Stati Uniti stavano conducendo un vasto programma di reclutamento di ufficiali in pensione della polizia norvegese con lo scopo presunto di disporre atti di sorveglianza all'interno del paese.
Questo programma, noto come Unità di sorveglianza e rilevamento SIMAS, ha fornito un tramite perfetto per la penetrazione e la sovversione della polizia norvegese da parte della NATO.
È inoltre presente un movente per l'attacco: come parte del suo tentativo di far crescere una politica estera indipendente, compreso l’imminente riconoscimento diplomatico di uno stato palestinese inserito in un riavvicinamento generale con il mondo arabo, la Norvegia stava guidando gli stati più piccoli della NATO che intendevano tirarsi fuori dalla coalizione di aggressori imperialisti che sta attualmente bombardando la Libia.
La Norvegia aveva programmato di mettere fine a tutti i bombardamenti e agli altri assalti contro le forze di Gheddafi non più tardi del 1° agosto.
Infine, l’operazione CIA consistente in rivelazioni parziali controllate (limited hangout, nell’orig., NdT), nota come Wikileaks, ha già fornito un caso prefabbricato e pubblicamente disponibile per incompetenza e illeciti contro l'attuale governo norvegese, che sta facendo tutte queste cose, sotto forma di una serie di dispacci reali o manipolati che documentano la presunta negligenza di questo governo nell’affrontare la minaccia terroristica, il tutto secondo la visuale dei funzionari del Dipartimento di Stato USA.
Il giornale VG di Oslo: "Diversi" testimoni oculari affermano che c’erano due tiratori sull'Isola
Come si è visto, la stampa mondiale e i media della scuola anglo-americana si sono immediatamente fissati su Breivik come un caso esemplare di assassino solitario dello stesso stampo di Lee Harvey Oswald, Sirhan Sirhan, e tanti altri.
Il problema per i mitografi del terrore è che, nella maggior parte di questi casi, vi sono credibili se non schiaccianti prove che queste figure non avrebbero potuto agire da sole.
Tra i più recenti assassini solitari, Breivik potrebbe essere paragonato al maggiore Nidal Hasan di Fort Hood, in Texas, la cui sparatoria con carneficina risale al novembre 2009.
Hasan è accusato di aver ucciso sette persone. A quel tempo, si ritenne degno di nota che Hasan era riuscito a uccidere così tanti soldati armati nella base militare. Ma i primi rapporti suggerivano che c'era un altro se non altri due sparatori oltre a Hasan.
Come accade di solito, questi tiratori supplementari furono presto cancellati dalla versione dominante nei media. [1]
Nel caso norvegese, la prova che Breivik non era da solo a rivendicare il suo tributo spaventoso di vittime è chiara e convincente. Ecco alcuni estratti da un articolo pubblicato dal quotidiano di Oslo VG:
«Molti dei giovani che erano presenti al dramma della sparatoria di Utøya, hanno riferito a VG di essere convinti che ci debba essere stato più di un esecutore. Marius Helander Roset la pensa così: - “Sono sicuro che si sparava da due diversi punti dell'isola, contemporaneamente”, ha dichiarato.
Testimoni: - C’erano due persone
La polizia ritiene che Anders Behring Breivik (32 anni) sia l'esecutore vestito da poliziotto, e lo hanno incriminato per due attacchi terroristici. I giovani intervistati da VG descrivono un esecutore aggiuntivo, che non indossava l'uniforme della polizia.
La persona che li seguiva era alta circa 180 centimetri, aveva folti capelli scuri e un aspetto nordico. Aveva una pistola nella mano destra e un fucile sulla schiena. – “Io credo che ci fossero due persone che stavano sparando”, sostiene Alexander Stavdal (23 anni) ....
Alla conferenza stampa di sabato mattina la polizia ha affermato che ci sarebbero potuti essere diversi esecutori e ha sottolineato che c'è un'indagine in corso»[2]
La presenza di un secondo tiratore è ovviamente più scomoda per la teoria dell’assassino solitario, in quanto rappresenta la prova incontrovertibile di una associazione cospirativa criminale, l'elemento essenziale che la copertura mediatica è generalmente ansiosa di evitare.
Nel caso norvegese, i riferimenti a un secondo sparatore sembravano essere sufficientemente persistenti anche 36 ore dopo l'evento principale, tanto da poter far resistere qualche speranza che la versione ufficiale possa essere interamente abbattuta sulla base di questo particolare.
La polizia aveva svolto esercitazioni facendo brillare delle bombe nella stessa area pochi giorni prima
Un altro segno rivelatore critico di un'operazione false flag proviene dallo svolgimento di simulazioni o esercitazioni, ufficialmente per fini di controterrorismo - da parte della polizia o dei militari contemporaneamente all'attacco terroristico, o poco prima che l'attacco terroristico vero e proprio iniziasse.
A volte, le esercitazioni o simulazioni in ordine ad atti terroristici sono programmate in modo da iniziare poco dopo il momento in cui l'attacco terroristico effettivo avviene. In questi casi si scopre spesso che la sedicente esercitazione o simulazione anti-terrorismo contiene un'azione simulata o un evento che ricorda fortemente l’attacco terroristico nel mondo reale, quello che uccide davvero la gente.
I media poi faranno riferimento a un’incredibile coincidenza o a una concomitanza strana, ma la realtà è che l’esercitazione terroristica è stata presa o rivoltata in diretta nella forma di uccisioni reali.
Il segreto sta nel fatto che l’esercitazione con copertura legale è stata utilizzata per condurre o ricalcare il massacro reale attraverso un apparato governativo le cui risorse sono necessarie per eseguire l’atto terroristico, ma in cui ci sono molti funzionari ai quali non si consente di sapere cosa stia succedendo.
Gli eventi in Norvegia forniscono un esempio molto chiaro di questo principio. A Oslo, una potente bomba è esplosa dentro o vicino all'edificio che ospita l'ufficio del Primo Ministro.
Esattamente come ci aspetteremmo, unità speciali anti-terrorismo della polizia si esercitavano con l’esplosione di bombe in una zona vicina della capitale norvegese poco più di 48 ore prima.
Il pubblico non era stato informato in anticipo, ma ha scoperto quello che stava accadendo quando ha iniziato a sentire le bombe martedì e mercoledì, mentre la bomba principale è esplosa venerdì. Ecco cosa riferisce il giornale Aftenposten:
«Poliziotti armati sono stati visti nella zona intorno al Teatro dell'Opera di Oslo, e violente esplosioni si potevano udire su gran parte della città. Nessuno sapeva che era tutta una questione di esercitazioni. La Sezione Informazione della polizia di Oslo si rammarica profondamente che il pubblico non fosse a conoscenza dell'esercitazione così apparentemente drammatica .... Si trattava della squadra di emergenza, l'unità speciale della polizia nazionale contro il terrorismo, che stava conducendo una simulazione nella zona delimitata presso il molo di Bjørvika. Secondo un comunicato stampa emanato dalla polizia, quasi un giorno dopo l'esercitazione, la simulazione consisteva in una formazione sul campo nel trattare la detonazione controllata di cariche esplosive .... L'esercitazione continuerà per il resto del Mercoledì sera e si prevedono un paio di ulteriori esplosioni.... L’esercitazione ha seguito un modello che risulta familiare a tutte le forze anti-terrorismo di tutto il mondo: gli uomini si calavano dal tetto e si introducevano dalla finestra che era stata appena fatta esplodere, intanto che sparavano».[3]
Peter Power della Visor Consultants disse alla BBC Radio Five sulla scia degli attentati alla metropolitana di Londra del 7 luglio 2005 che la sua impresa aveva condotto un esercitazione basata su esplosioni che dovevano avvenire sostanzialmente nelle stesse stazioni della metropolitana londinese e alla stessa ora in cui le vere esplosioni sono effettivamente accadute. Gli eventi norvegesi presentano lo stesso tipo di strana coincidenza.
Un movente: la Norvegia ha deciso di mettere fine ai bombardamenti della Libia entro il 1° agosto
Gli obiettivi degli attacchi terroristici norvegesi sono tutti espressamente politici, compresi gli uffici governativi e un campo estivo dei giovani del Partito Laburista oggi al governo, e quindi vanno in direzione della politica.
Il governo della Norvegia è attualmente una coalizione composta dal Partito Laburista, il Partito Socialista di Sinistra, e il Partito di Centro. La Norvegia ha sempre cercato di coltivare una politica estera filo-araba, come si evidenzia nella sua sponsorizzazione degli accordi di pace di Oslo tra il primo ministro israeliano Rabin e il leader palestinese Yasser Arafat a metà degli anni novanta.
L'attuale governo ha annunciato la sua intenzione di concedere il riconoscimento diplomatico di uno stato palestinese nel prossimo futuro. Quando lo scorso febbraio è iniziata la destabilizzazione della Libia, il ministro degli Esteri norvegese Jonas Gahr Støre del partito laburista ha messo in guardia i partner della Norvegia nella NATO dal farsi coinvolgere.
Ma subito dopo, la Norvegia ha ceduto alle pressioni degli Stati Uniti e ha accettato di partecipare al bombardamento NATO della Libia per un periodo iniziale di tre mesi, inviando sei aerei che hanno effettuato circa il 10% di tutti i bombardamenti annoverati dall'Alleanza atlantica.
Tuttavia, allo scoccare finale dei suoi tre mesi di impegno, la Norvegia aveva ridotto il suo contingente a quattro aerei per il mese di luglio, e il 10 giugno ha comunicato l'intenzione di ritirarsi del tutto entro il primo agosto dalla coalizione dei bombardamenti NATO.
La decisione norvegese di abbandonare la coalizione di attacco della NATO si è associata con una mossa simile dei Paesi Bassi, che è stata annunciata nella stessa data del 10 giugno.
Gli olandesi hanno deciso di mantenere il loro contingente di sei aerei, ma non prenderanno più parte a bombardamenti su obiettivi a terra. D'ora in poi, gli olandesi sono disposti solo ad aiutare a far rispettare la no-fly zone attraverso l’interdizione aerea.
C'era quindi la possibilità che l'esempio della Norvegia avesse potuto innescare una tendenza generale da parte degli stati più piccoli della NATO ad uscire dalla coalizione di bombardamento, in cui la loro presenza collettiva è altamente significativa.
Esponenti di spicco del governo norvegese sono stati tra i primi a minimizzare la presunta logica che sottostava al bombardamento della NATO, intanto che sollecitavano trattative: «Le soluzioni ai problemi in Libia sono politiche, non possono essere risolte con mezzi militari», ha dichiarato il Primo Ministro norvegese Stoltenberg ai giornalisti riuniti per una conferenza a Oslo il 13 maggio.
«Stiamo sostenendo vigorosamente tutti gli sforzi intesi a trovare una soluzione politica alle sfide cui ci troviamo di fronte in Libia», ha aggiunto. Il governo norvegese ... ha promesso di ridimensionare il suo ruolo negli attacchi aerei alla Libia orchestrati dalla NATO dopo che il suo attuale impegno di tre mesi termina il 24 giugno.[4]
Questa era la politica dell'intero governo norvegese: «La Norvegia ridimensionerà il suo contributo con i caccia in Libia da sei a quattro aerei e si ritirerà completamente dalla operazione a guida NATO entro il 1° agosto», ha dichiarato venerdì il governo....
Il ministro della Difesa Grete Faremo ha detto che si aspetta la comprensione da parte degli alleati NATO perché la Norvegia ha una piccola forza aerea e non può "mantenere un grande contributo con i caccia durante un lungo periodo." La forza aerea della Norvegia sostiene intanto che i suoi jet F-16 hanno effettuato circa il 10 per cento dei bombardamenti aerei della Nato in Libia a partire dal 31 marzo.
I partiti della coalizione di governo di centro-sinistra della Norvegia, erano stati in disaccordo sulla possibilità di estendere la partecipazione del paese, che avrebbe dovuto scadere il 24 giugno.
La fazione più di sinistra nel governo, il Partito Socialista di Sinistra, si è opposta a una proroga, ma un compromesso è stato raggiunto affinché si rimanesse in funzione fino al 1° agosto con un minor numero di aerei.
«È saggio porre fine al contributo dei caccia norvegesi. Ora la Norvegia dovrebbe impiegare i suoi sforzi per trovare una soluzione pacifica in Libia», ha dichiarato il deputato Baard Vegar Solhjell del Partito Socialista di Sinistra. [5]
Il Dipartimento di Stato si è lamentato della “mancanza di impegno” della Norvegia per l’avventura libica
La decisione norvegese di smettere di combattere la guerra contro la Libia, la prima di questo tipo da parte di qualsiasi membro dell'alleanza atlantica, ha attirato l'attenzione degli osservatori diplomatici, uno dei quali ha commentato che l'attuale governo di Oslo ha auspicato «un approccio nettamente più pacifico alle politiche globali da parte del governo norvegese .... [nonostante] le recenti pressioni da parte degli Stati Uniti in Norvegia affinché contribuisse maggiormente alla campagna militare in Libia.
La Norvegia ha opposto resistenza a queste pressioni e ha spinto per un approccio più tranquillo agli attacchi della NATO sulla Libia guidati dagli USA, e ha rifiutato di fornire armi alla NATO, annunciando infine il mese scorso che la Norvegia avrebbe lasciato il suo ruolo militare in Libia dal 1° agosto.
Nel mese di marzo, quando gli Stati Uniti stavano mettendo assieme il sostegno unilaterale volto a invadere la Libia, la Norvegia del ministro degli esteri Jonas Gahr Støre è stata una delle poche nazioni a mettere in guardia gli Stati Uniti contro l'intervento armato in Libia.
La Norvegia inizialmente ha fornito sei aerei da combattimento per le operazioni di Libia e ha realizzato circa il 10% degli attacchi a partire dal 19 marzo. Tuttavia, i funzionari degli Stati Uniti hanno segnalato Norvegia e Danimarca per la loro 'mancanza di impegno' nella missione determinata a mandar via Gheddafi ...
Altri legami Norvegia-Libia includono grandi interessi della Norvegia in Libia in materia di petrolio e fertilizzanti: la compagnia norvegese Statoil, posseduta dallo stato, ha circa 30 dipendenti presso i suoi uffici a Tripoli .... Aziende [norvegesi] hanno condotto importanti operazioni di business in Libia, in collaborazione con il regime di Gheddafi. »[6]
Allo stato attuale delle indagini, la migliore valutazione circa il motivo degli attentati norvegesi è quella di punire il paese per la sua politica estera indipendente e filo-araba in generale, e per il suo ripudio della coalizione dei bombardamenti NATO schierata contro la Libia in particolare.
Le Unità di sorveglianza e rilevamento SIMAS sono la nuova Gladio per la Norvegia?
Gli operatori dell’intelligence di USA e NATO hanno dimostrato di possedere capacità straordinarie all'interno della Norvegia, molti dei quali possono essere operativi al di fuori del controllo del governo norvegese.
Ai primi di novembre 2010, il canale televisivo TV2 Oslo ha messo in luce l'esistenza di una vasta rete di risorse e di informatori segreti a libro paga dell’intelligence USA reclutati tra le fila dei poliziotti in pensione e altri funzionari.
L'obiettivo apparente di questo programma era la sorveglianza dei norvegesi che stavano prendendo parte a manifestazioni e altre attività critiche nei confronti degli Stati Uniti e delle loro politiche. Uno dei norvegesi reclutati era l'ex capo della sezione anti-terrorismo della polizia di Oslo.[7]
Sebbene l'obiettivo consistesse ufficialmente solo nella sorveglianza, è possibile immaginare altre attività assai più sinistre che potrebbero essere svolte da una simile rete di poliziotti in pensione, compresa l'individuazione e la sovversione di mele marce presso le forze di polizia in servizio attivo.
Alcune delle funzionalità di una rete di questo tipo non sarebbero del tutto estranee al genere di eventi che si sono appena verificati in Norvegia.
Il nome ufficiale per il tipo di cellula di spionaggio che gli Stati Uniti stavano creando in Norvegia è Surveillance Detection Unit (SDU, ossia Unità di sorveglianza e rilevamento, NdT). Le SDU a loro volta, operano nel quadro del Security Incident Management Analysis System (SIMAS, sistema di analisi nella gestione degli incidenti di sicurezza, NdT).
Il SIMAS è noto per essere stato utilizzato per spionaggio e sorveglianza da parte delle ambasciate degli Stati Uniti non solo nel blocco nordico di Norvegia, Danimarca e Svezia, ma in tutto il mondo.
Gli eventi terroristici inoltre sollevano la questione se il SIMAS abbia una dimensione operativa. Potrebbe questo apparato rappresentare una versione moderna delle reti Stay Behind della Guerra Fredda istituite in tutti i paesi della NATO e più conosciute sotto il nome della branca italiana, Gladio?
Al governo norvegese occorrerà scoprirlo. Finora i ministri norvegesi hanno affermato che non hanno mai approvato la rete di SDU della SIMAS. «Non abbiamo mai saputo nulla su di essa,» hanno affermato il ministro della Giustizia norvegese Knut Storberget e il ministro degli Esteri Jonas Gahr Støre in coro. Hillary Clinton ha dichiarato invece che i norvegesi erano stati informati.
L’operazione di rilascio controllato di notizie Wikileaks di matrice CIA ha ragion d’essere nel tentativo di far cadere il governo norvegese.
Grazie alle discariche documentali rilasciate della sussidiaria CIA che cura le rivelazioni parziali controllate (limited hangout, nell’orig., NdT), generalmente conosciuta come Wikileaks, è già stato fornito un chiaro percorso per l'utilizzo degli attacchi terroristici norvegesi come base adatta a rovesciare l'attuale governo.
Dispacci del Dipartimento di Stato veri o manipolati e cortesemente messi a disposizione da Wikileaks ritraggono il governo norvegese, che la NATO odia, come una manica di pasticcioni e mentecatti, incapaci di prendere misure efficaci per salvaguardare la sicurezza nazionale del paese.
Alcune di queste carte sono state pubblicate sulla scia degli attacchi terroristici di Londra dal Daily Telegraph, un giornale notoriamente vicino agli ambienti di intelligence della NATO.
Secondo questo articolo, mentre «si parla del tentativo da parte del servizio di polizia di sicurezza (PST) di rintracciare una particolare sospetta cellula terroristica di Al-Qa’ida, un dispaccio scritto dall'ambasciatore USA in Norvegia, Barry White, descrive [il modo in cui le autorità norvegesi] ... hanno rifiutato l'aiuto delle autorità del Regno Unito inteso a mettere sotto sorveglianza un potenziale sospetto e aggiunge: "Non solo non hanno indirizzato le proprie risorse su di lui ... ma hanno anche appena rifiutato l’offerta da parte del servizio d’intelligence del Regno Unito di due squadre di sorveglianza di dodici persone ciascuna".
Il dispaccio continua affermando che i servizi di intelligence di Gran Bretagna e Stati Uniti hanno analizzato delle conversazioni in codice tra sospetti terroristi e hanno deciso di garantire la sorveglianza.
Ma, dice il dispaccio, "Il PST ha invece trovato il modo di interpretare la stessa conversazione in codice tradotta sotto una luce più rosea e meno minacciosa, un’interpretazione che ha poco senso per gli USA o la Gran Bretagna."»
Un catalogo anche dei più recenti fallimenti e fiaschi dell’FBI e della CIA nella cosiddetta Guerra Globale al Terrore potrebbe contribuire a mettere questi giudizi ipocriti nella giusta prospettiva, ma sarebbe anche cosa troppo voluminosa per poter essere aggiunta qui.
Un altro particolare negativo sembra fatto su misura per un tentativo di incolpare i presunti pasticci del governo norvegese per l'attentato di Oslo: «Il memorandum rivela anche come, nonostante in apparenza ci fosse sorveglianza sul sospetto, il PST ha perso le tracce di un’attrezzatura adatta a fabbricare bombe che veniva conservata in un appartamento, dopo che è stata visibilmente rimossa senza che gli investigatori» se ne accorgessero. Il PST quindi non è riuscito a stare sulle tracce di un sospetto per 14 giorni perché l’investigatore a lui assegnato fu chiamato a svolgere un altro lavoro. Il memorandum conclude: «Il PST non è all’altezza ... semplicemente non può tenere il passo.»
Un altro promemoria del Dipartimento di Stato propinato da Wikileaks, presumibilmente scritto nel 2007 ... aggiunge: « la valutazione ufficiale delle minacce della polizia (PST)... afferma che le organizzazioni terroristiche internazionali non sono una minaccia diretta contro la Norvegia.»
Un promemoria scritto nel 2008, mostra come gli Stati Uniti ritenessero che la Norvegia non fosse consapevole della possibilità di un potenziale attacco terroristico.
Nel dispaccio si legge: «Noi premiamo ripetutamente sulle autorità norvegesi affinché prendano sul serio il terrorismo. Cercheremo di basarci su questo slancio per combattere l'ancora diffusa sensazione che il terrorismo accada altrove, non nella tranquilla Norvegia».
E un dispaccio scritto solo lo scorso anno aggiunge: «Il PST ha visto di nuovo la Danimarca come un obiettivo più che la Norvegia, per ragioni molto specificamente legate alla controversia sulle vignette.» [8].
Il governo della Norvegia ha bisogno di passare all'offensiva e stabilire tutta la verità su ciò che è appena accaduto. In caso contrario, è probabile che il governo soccomberà alla campagna orchestrata internazionalmente che i documenti Wikileaks così chiaramente presagivano.
Riferimenti
[1] http://www.megachip.info/tematiche/guerra-e-verita/1357-la-strage-unesercitazione-divenuta-realta.html.
[2] 2 Vedi RIA Novosti, 23 luglio 2011, http://en.rian.ru/world/20110723/165350450.html; – Dal sito web di VG: “Flere av ungdommene som var på Utøya under skytedramaet forteller til VG at de er overbevist om at det må ha vært mer enn én gjerningsmann. Det mener også Marius Helander Røset.” “Jeg har overbevist om at det var to personer som skjøt, sier Aleksander Stavdal (23).” “Vedkommende var i følge dem rundt 180 centimeter høy, hadde tykt mørkt hår og så nordisk ut. Han hadde en pistol i høyrehånden og et gevær på ryggen.” http://www.vg.no/nyheter/innenriks/oslobomben/artikkel.php?artid=10080627
[3] “Politiet glemte å informere om øvelse: Anti-terrorpolitiet avfyrte sprengladninger under en øvelse midt i Oslo, to hundre meter fra Operaen, men glemte å gi beskjed til publikum,” Aftenposten, c. July 20, 2011, http://mobil.aftenposten.no/article.htm?articleId=3569108
[4] “Libya solution more political than military-Norway,” Reuters, 13 May 2011, http://www.trust.org/alertnet/news/libya-solution-more-political-than-military-norway
[5] “Norway to quit Libya operation by August,” AP, June 10, 2011, http://www.signonsandiego.com/news/2011/jun/10/norway-to-quit-libya-operation-by-august/
[6] Tragic Irony Surrounds Oslo Bombing, Phuket Word, July 23, 2011, http://www.phuketword.com/tragic-irony-surrounds-oslo-bombings
[7] Thomas Borchert, “US-Geheimdienst mit Nordfiliale: USA lassen Norweger überwachen,” Deutsche Presse-Agentur, November 4, 2010.
[8] Mark Hughes, “WikiLeaks files show Norway unprepared for terror attack: Norway’s intelligence service had previously been criticized for its failure to keep track of suspected terror cells and the country was felt to be complacent about the prospect of a terror attack, secret cables from the WikiLeaks files reveal,” London Daily Telegraph, July 22, 2011. http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/europe/norway/8655964/WikiLeaks-files-show-Norway-unprepared-for-terror-attack.html
Un'analisi degli attacchi di Oslo (Parte II): se si tratta di una false flag chi c'è dietro?
di Madison Ruppert - www.activistpost.com - 23 Luglio 2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE
Una cosa da dire, prima di tutto: questi attacchi sono una tragedia, sono da deplorare, orribili e molto deprimenti.
Detto questo, credo che faremmo un disservizio nel non analizzare questi eventi come gli altri. L’individuo(i) responsabile deve essere portato di fronte alla giustizia e solo con un’inchiesta severa e indipendente questo potrà accadere.
Nel mio articolo pubblicato ieri avevo indicato quanto fosse stranamente corretta la tempistica di questi attacchi.
Ma ho errato nell’evidenziare alcune delle prove più evidenti che mostravano un ulteriore motivazione per gli attacchi, oltre la spiegazione semplicistica del terrorismo di Al Qaeda scodellata dai media mainstream occidentali.
Le prove a favore di un’organizzazione di militanti islamici erano esili, a dir bene. Invece, i media mainstream sono stati ben contenti di reiterarlo nell’immediatezza del disastro malgrado la completa evanescenza delle loro ipotesi.
Una volta emerso che il sospettato era un bianco trentaduenne psicopatico di “estrema destra” di nome Anders Behring Breivik, hanno proseguito come se nessuno ne avesse mai sentito parlare prima.
Breivik è stato vicino al Partito del Progresso per un breve periodo, un partito anti-immigrazione secondo il Businessweek. In effetti, il Partito del Progresso in Norvegia è contro gli immigrati, ma solo nel caso di immigrati musulmani.
Definirlo un partito anti-immigrazione è un fraintendimento completo, dopo che il leader del Partito del Progresso, Siv Jensen, ha pubblicamente affermato che gli immigranti musulmani stanno cercando di rovesciare di nascosto i governi europei.
Jensen abbraccia un’ingannevole teoria della cospirazione che indica come i musulmani di tutto il mondo stiano partecipando a un’“Islamizzazione sorniona” dell’Europa e dell’Occidente.
Nel febbraio del 2010 Jensen ha ritirato le sue affermazioni che la Norvegia fosse nascostamente stata islamizzata e ora invece parla di un’Islamizzazione oramai conclamata.
Jensen è anche un fanatico sostenitore di Israele, che ha ripreso la Norvegia per aver riconosciuto Hamas, accusandola di trattare con i terroristi.
Jensen ha pubblicamente difeso Israele nel suo “diritto a difendersi” e le sue opinioni sono veicolate dalle posizioni generalmente a favore di Israele nel Partito del Progresso.
Jensen ha affermato in un’intervista a Standpoint Magazine nel 2010 che Israele “rispetta i diritti umani” e che quei “giornalisti di sinistra” che dicono altrimenti stanno “riportando un punto di vista molto soggettivo”. Spiacente, Jensen, ma le salme dei bambini palestinese non sono una cosa soggettiva.
Curiosamente assente dai notiziari mainstream di questo duplice attacco è il collegamento israeliano con l’attentatore che è chiaramente un sostenitore di Israele.
Bisogna anche considerare che la Norvegia ha ufficialmente appoggiato la richiesta della Palestina per ottenere il riconoscimento alle Nazioni Unite, un qualcosa che non ha fatto felice Israele.
La Norvegia ha anche riferito che si ritirerà dalla campagna di bombardamenti in Libia, cosa che farà sicuramente infastidire gli interessi del settore bancario e industriale che fanno profitti dal conflitto israelo-palestinese, dalla campagna di bombardamenti in Libia e dalle guerre in Iraq, Afghanistan e Yemen.
E questo è solo l’inizio; le coincidenze, se sono coincidenze e niente più, sono sorprendenti.
Nei giorni precedenti alla sparatoria avvenuta a Utoya, il Ministro degli Esteri, Jonas Gahr Store, si è incontrato con i partecipanti di un campo estivo della Lega Giovanile Laburista.
Nel corso della visita gli è stata fatta la richiesta che la Norvegia debba riconoscere lo stato della Palestina. Il ministro ha risposto dicendo che “i palestinesi devono avere il loro stato, l’occupazione deve finire, le mura vanno demolite e questo deve avvenire ora.”
Il giorno successivo almeno 80 persone sono state trucidate in un massacro brutale. È una coincidenza? Sono una semplice circostanza le convinzioni pro-Israele del sospettato e il fatto che l’obbiettivo fossero un gruppo di persone a favore della Palestina?
Il Guardian mette in mezzo altri due fatti interessanti:
In precedenza, [la pagina di Facebook del sospettato] elencava come interessi il bodybuilding, le politiche conservatrici e la massoneria.
I media norvegesi hanno detto che ha aperto un account su Twitter account pochi giorni prima e che ha postato un solo messaggio il 17 luglio: “Una persona con un credo ha la forza di 100.000 che hanno solo interessi.”
Bisogna anche considerare che solo lo scorso anno cinque governi scandinavi hanno smantellato un servizio di spionaggio statunitense che sorvegliavano illegalmente i cittadini da circa dieci anni.
Sarebbe un bel punto di partenza per le unità della CIA collegate a ogni ambasciata straniera che potrebbero puntare il dito sugli attacchi e dire:“Questo è quello che vi succede quando non ci lasciate infrangere tutte le vostre leggi e spiare i vostri cittadini innocenti.”
Dopo essere stata presa sul fatto a spiare un’altra nazione sovrana senza permesso, i funzionari americani hanno affermato che il governo norvegese era stato informato delle operazioni segrete di sorveglianza.
La Norvegia ha negato e ha chiesto una spiegazione, con molte dei paesi scandinavi che non erano felici per le infrazioni sistematicamente commesse dalle operazioni di intelligence USA.
Per intorpidire ancora di più le acque, la Polizia di Oslo ha svolto un’esercitazione in città nei giorni che hanno preceduto l’attacco. Gli articoli che girano in rete sembrano tutti riferirsi a un articolo di Aftenposten che non sono stato in grado di rintracciare.
Comunque, il video è ancora disponibile. Se qualcuno fosse in grado di rintracciare l’articolo originale, gliene sarei grato.
Potrebbe trattarsi di un errore innocente e scollegato, ma il fatto che uno dei maggiori elementi di prova siano stati rimossi dopo essere stato citato da un articolo di Paul Joseph Watson che si è fatto strada nella comunità delle notizie alternative è una cosa discutibile.
Come evidenzia Watson, ci sono fin troppi esempi di specifiche esercitazioni dopo le quali è avvenuto un vero attacco terroristico con le stesse o similari caratteristiche.
Fu il caso dell’11 settembre del 2001, quando la CIA pianificò un’esercitazione che riguardava un aereo dirottato che si schiantava su un edificio, come riportato dall’ Associated Press.
Naturalmente è stato considerato una pura coincidenza, che potrebbe essere anche comprensibile se la cosa non fosse successa così spesso prima degli attacchi terroristici.
Al momento, ci sono prove significative che questo attacco è stato la risposta al movimento pro-Palestina in Norvegia. Naturalmente alcuni sostenitori dell’occupazione israeliana diranno che si tratta di un’immensa cospirazione antisemita, in modo analogo alle ridicole teorie della cospirazione islamista.
Il Ministro degli Esteri norvegese, Jonas Gahr Store, è stato biasimato dai media israeliani, con tutta la nazione norvegese, come antisemita e anti-israeliano. Store ha con forza negato queste accuse, e l’unica prova contro di lui è il suo “appoggio” per un libro scritto da due laureati norvegesi che erano in Palestina al tempo della campagna d’assalto israeliana nota con il nome di “Piombo Fuso”.
In realtà, non ha appoggiato il libro in alcun modo o forma. Store ha lodati gli autori per aver resistito e pubblicato quello di cui erano stati testimoni; non ha condiviso le loro opinioni in alcun modo.
L’assenza della stampa indipendente durante l’operazione Piombo Fuso ha fatto del libro una fonte dal valore inestimabile e Store ha semplicemente evidenziato questo.
Ci sono state anche lamentele nel media israeliani che l’attuale governo della Norvegia sia “accanitamente ostile” a Israele. Haaretz sembra aver citato un “leader dell’opposizione norvegese” mentre ha affermato che le preoccupazioni di Israele sulla Norvegia sono “comprensibili”.
Ci si potrebbe chiedere se il leader dell’opposizione fosse nient’altro che Siv Jensen, ma la mancanza di una propria citazione ci lascia senza una risposta.
L’articolo insinua anche che la scelta norvegese di disinvestire i finanziamenti da un’azienda che stava costruendo un muro nella West Bank fosse il risultato di un atteggiamento anti-israeliano. Comunque, Store ha fatto notare che stanno ancora investendo in 40 aziende israeliane.
Degno di nota è anche il fatto che ci sono stati testimoni oculari di un secondo uomo armato coinvolto nell’assalto. Per una qualche ragione, sembrano essere totalmente ignorati dai media che si concentrano su un solo individuo.
La situazione sarebbe molti differente se ci fossero più tiratori e se il trentaduenne che si dice essere un estremista di destra massone non avesse agito da solo. Alex Thomas ha assemblato alcune dei fatti ancora senza risposta che ho elencato in quest’articolo.
Al momento non ho ancora abbastanza prove per giungere a una qualsiasi conclusione ma come sempre credo che per questo ci voglia un’indagine approfondita all’emergere di fatti nuovi.
Saltare alle conclusioni a questo punto potrebbe essere imprudente, ma possiamo dire con certezza che ci sono una serie di fatti oscuri in questa vicenda.
Chi credete che ci sia dietro? Pensate che si tratti di uno psicolabile e che il resto sia una coincidenza irrilevante? Vorrei sentire cosa ne pensate o vedere i vostri articoli/ricerche per le analisi successive. Potete contattarmi a admin@EndtheLie.com
Oslo: tutto quello che già sapete
di Gianluca Freda - Blogghete - 23 Luglio 2011
Tutto quello che avreste voluto sapere sugli attentati in Norvegia, ma avete evitato di chiedere, un po’ perché ci arrivavate anche da soli, un po’ perché è sempre la solita solfa.Sui motivi del doppio attentato terroristico in Norvegia, il cui tragico bilancio è finora di un centinaio di morti, l’unica cosa che bisogna tenere presente è che – come sempre – tali motivi vanno ricercati in direzione diversa, se non del tutto opposta, a quelli insinuati dai giornali e dalle TV di regime dell’occidente. A chiarire la situazione, forse sono utili alcune notizie uscite in sordina nei giorni e negli anni scorsi. Fare due più due non è difficile.
Q: Quali interessi ci sono dietro l’attentato?A: Norvegia e Russia hanno raggiunto nel corso degli ultimi anni accordi di cooperazione sempre più stretti tanto per lo sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio dell’Artico, quanto per la partnership commerciale nello sfruttamento di giacimenti mediorientali (in Iraq in particolare).
Quest’asse energetico privilegiato tra Russia ed Europa mette a rischio gli interessi strategici americani e il controllo USA sul continente europeo. Era inevitabile che arrivassero, prima o dopo, gli opportuni “avvertimenti”:
1) Dal sito “La voce della Russia”, 07-07-2011:
Entra in vigore l’accordo Russia-Norvegia: nuovi orizzonti nell’Artico
Oggi entra in vigore l’accordo fra la Russia e la Norvegia sulla delimitazione delle zone di competenza nell’Artide e sulla cooperazione nel Mar di Barents e nel Mar Glaciale Artico. Con questo documento, firmato il 15 settembre del 2010, si sono conclusi 40 anni di controversie. L’accordo apre nuove possibilità per il libero sfruttamento dei ricchissimi giacimenti di gas e petrolio nell’area di 175 mila chilometri quadrati e regola la collaborazione nel settore ittico. Secondo il ministro degli esteri russo Lavrov, si tratta di un’intesa opportuna e reciprocamente vantaggiosa.
2) Da “Sky – TG24” del 12-12-2009:
Iraq, russi e norvegesi si accaparrano il petrolio
Nel corso dell'asta per l'assegnazione di appalti ventennali sui pozzi iracheni, che si è svolta a Baghdad, la compagnia russa Lukoil e la norvegese Statoil hanno ottenuto la concessione per uno dei maggiori giacimenti petroliferi nel Sud dell'Iraq. Lo ha annunciato il ministro del petrolio iracheno. Si tratta di uno dei giacimenti più grandi finora mai sfruttati, con delle riserve di quasi 13 miliardi di barili. La coppia Lukoil-Statoil ha strappato il contratto grazie a un'offerta che prevede di accrescere la produzione di 1,8 milioni di barili al giorno.
3) Dal “Corriere della Sera” del 26-10-2007:
Gazprom si allea con la Norvegia. E il petrolio tocca nuovi record
MILANO - Gazprom ha scelto la norvegese StatoilHydro come secondo partner nel maxi-giacimento di gas a Shtokman. Il colosso russo guidato da Alexej Miller aveva già selezionato la francese Total come primo partner per sviluppare la fase iniziale del progetto, la cui stima ammonta a 15-20 miliardi di dollari. Le riserve di questo giacimento ammontano a 3.700 miliardi di metri cubi di gas e oltre 31 milioni di tonnellate di gas condensato. [...]
Q: Perché l’attentatore doveva essere “di estrema destra”?
A: Fin dal termine della Seconda Guerra Mondiale, gli USA hanno ristrutturato la politica europea su basi anti-russe, favorendo in particolare i movimenti socialdemocratici filoamericani e isolando la destra europea anti-statunitense.
La destra è tradizionalmente portatrice di ideologie nazionaliste, avverse tanto al dominio americano sul continente quanto agli strumenti politici (“democrazia”) ed economici (moneta unica) attraverso i quali tale dominio viene garantito. Solo in Francia, all’epoca di De Gaulle, la creazione di questo ostracismo verso la destra europea era temporaneamente fallita.
Il partito filo-russo in Europa è ovviamente trasversale agli schieramenti politici, ma nel linguaggio della propaganda si tende a definire “populismo di destra” ogni posizione politica che non si uniformi ad una visione filoamericana dell’europeismo e che prenda anche solo ipoteticamente in considerazione la creazione di rapporti più stretti con la Russia.
Tali forze politiche sono quelle che maggiormente preoccupano gli Stati Uniti, essendo poco malleabili, scarsamente controllate, avverse all’unione economica europea (attraverso la quale gli USA mantengono l’Europa nella morsa del debito, dunque sotto controllo), in crescita di consensi e – soprattutto – animate da una prospettiva “eurasiatica” che guarda alla Russia come ideale partner politico ed economico con cui rimpiazzare nel futuro la superpotenza americana in declino.
Occorre dunque, ogni volta che sia possibile, demonizzarle (magari definendole “xenofobe” e “antisemite” a intervalli regolari) e screditarle, attribuendo ad esse la paternità di azioni ignominiose. Anche qui riporto qualche articolo:
1) Dal sito di economia “Risk and Forecast”, 12-03-2009:
Gli amici di estrema destra della Russia
Recenti notizie di stampa affermano che i partiti di estrema destra in Europa sarebbero finanziati – almeno in parte – dalla Russia. Sebbene tali affermazioni necessitino di essere provate, è un dato di fatto che diversi partiti di estrema destra dell’est europeo sono diventati accaniti sostenitori degli interessi russi e ammiratori del modello politico-economico della Russia. Diversi gruppi di estrema destra, nei paesi post-comunisti, guardano all’infrastruttura politica autoritaria di Vladimir Putin come ad un modello e premono allo stesso tempo per una maggiore apertura verso la Russia e per la rottura della comunità Euro-Atlantica. In Europa orientale, il sostegno verso l’estrema destra ha evidenziato negli ultimi anni un trend in ascesa. Dal punto di vista russo, un partenariato con gli ultranazionalisti potrebbe facilitare i suoi tentativi di influenzare la politica interna di questi paesi, almeno finché Mosca non riuscirà a trovare un alleato ancor più influente nell’ambito dello spettro politico. [...]
2) Da “L’interprete internazionale” del 15-04-2011:
Marine Le Pen: No alla NATO, sì alla Russia
“Marine Le Pen promette l’uscita dalla Nato e un partenariato con la Russia”, titola l’agenzia. In un discorso tenuto ai corrispondenti esteri a Nanterre, la Le Pen avrebbe detto che, in caso di una sua vittoria alle presidenziali, la Francia farebbe della Russia un partner privilegiato e lascerebbe la Nato. “Penso che la Francia abbia tutto l’interesse a volgersi verso l’Europa, ma alla grande Europa. E in particolare a lavorare ad un partenariato con la Russia”, avrebbe detto, invocando “ragioni evidenti, di civiltà e geostrategiche”. E sull’Alleanza atlantica: “le scelte fatte dal presidente della Repubblica (ovvero Sarkozy, ndr), che appaiono come scelte di sistematico allineamento (sugli Usa, ndr), non mi paiono positive”.
3) Dal sito dell’emittente iraniana IRIB, 11-05-2010:
Ucraina: proteste contro la politica pro-Russia del presidente Yanukovych
KIEV - Migliaia di manifestanti sono scesi per le strade della capitale ucraina per protestare contro la decisione del presidente Viktor Yanukovych a stabilire legami più stretti con la Russia. Le proteste di oggi contro il governo del presidente Yanukovych hanno avuto luogo quasi un mese dopo la firma di un accordo tra Mosca e Kiev, definita dai dimostranti arrabbiati un atto “contro la sovranità dell'Ucraina”. Il nuovo accordo tra i due paesi vicini consentirebbe a Mosca un ampio uso di porti navali dell'Ucraina nel Mar Nero, in cambio dell’esportazione di una piccola quantità del gas naturale dalla Russia verso l’ex repubblica sovietica.[...]
Q: Di quali altre colpe si è macchiata la Norvegia verso i dominatori Usraeliani per meritarsi una punizione così sanguinosa?
A. Vediamo un po’:
1) Da “Views and News from Norway” del 14-02-2011:
La Norvegia tra coloro che vogliono spaccare la NATO
Nuove indiscrezioni di Wikileaks hanno rivelato quanto siano profonde le divisioni all’interno della NATO su questioni chiave della sicurezza europea. Il governo norvegese è accusato di essere parte di una presunta “banda dei cinque” filorussa, insieme a Francia, Germania, Olanda e Spagna. [...] In una riunione d’emergenza del Consiglio della NATO tenutasi il 12 agosto [2008] in occasione del conflitto tra Russia e Georgia, gli alleati non riuscirono a trovare una posizione comune sulla guerra. La “banda dei cinque”, come la definiscono gli americani, avrebbe affermato che l’annuncio dell’ingresso di Georgia e Ucraina nella NATO avrebbe avuto il solo scopo di provocare i russi, mentre la parte opposta considerava la decisione di non garantire a questi paesi una piena partecipazione come una sorta di “luce verde” data ai russi per fare ciò che volevano. Solo il 19 agosto si riuscì ad arrivare ad una dichiarazione comune sulla crisi. [...]
2) Dal sito “Workers World”, 21-07-2011:
Escalation dei bombardamenti NATO contro la Libia
[...] Anche la Norvegia [insieme all’Olanda] sta ritirando la propria partecipazione [alla guerra in Libia]. A partire dal 1° agosto, le sue forze aeree non saranno più coinvolte negli attacchi. Questa crescente riluttanza da parte di diversi paesi membri della NATO ha portato il ministro della difesa britannico, Liam Fox, ad accusare questi governi, il 13 luglio scorso, di non fornire sufficienti forze aeree per la campagna in corso. [...]
3) Da “Tundra Tabloids” del 27-03-2011 (ovvove supvemo!)
Norvegia: il partito socialista proporrà una mozione in cui si chiede di bombardare Israele in caso di azioni contro Hamas a Gaza.
Siamo arrivati a questo. Il Sosialistisk Venstreparti (Partito Socialista di Sinistra) di Kristin Halvorsen, facente parte della coalizione di governo norvegese, conta di far votare una mozione in cui si richiede un’azione militare contro Israele nel caso che questi dovesse decidere di agire contro Hamas a Gaza! [...]
4) Da “Rohama.org” del 15-01-2011:
La Norvegia sarà la prima nazione europea a riconoscere la Palestina
Jonas Gahr Stoere, Ministro degli Esteri norvegese, ha detto ad una conferenza stampa svoltasi a Ramallah, insieme al Primo Ministro palestinese Salam Fayyad, che il suo paese sarà uno dei primi a riconoscere il futuro stato palestinese una volta che le sue istituzioni saranno approntate secondo gli schemi e i progetti previsti dall’Autorità Nazionale Palestinese. [...]
5) Dal sito norvegese “Politisk.tv2.no” del 21-07-2011: (ovvove degli ovvovi!)
Jonas Gahr Støre [Ministro degli Esteri norvegese]: l’occupazione deve finire, il muro deve essere demolito e bisogna farlo subito!
Il ministro degli esteri è stato accolto con richieste di riconoscimento dello Stato Palestinese quando, giovedì, si è recato in visita ad un campo estivo della gioventù laburista a Utoya.
N.B.: guarda caso, il campo di Utoya che il ministro Store aveva visitato il 21 luglio (qui sopra vedete una foto della visita) è stato proprio il teatro della strage compiuta il giorno successivo dal folle “estremista di destra”. Con tutta la buona volontà, non riesco proprio a immaginare un avvertimento dal significato più eloquente di questo.
Q: Quali metodi hanno utilizzato i servizi segreti per il doppio attentato?
A: Qui si possono fare solo delle ipotesi, ma poiché il modus operandi è stato osservato in molti attacchi precedenti dello stesso tipo l’immaginazione non dovrà essere sottoposta a sforzi eccessivi.
Il primo sistema, piuttosto ben rodato, è quello di organizzare, contemporaneamente o a ridosso degli attentati, delle “esercitazioni militari” che seguiranno – guarda un po’ la coincidenza – la stessa falsariga di ciò che avverrà durante gli attentati “veri”.
Il sistema è stato messo a punto dai servizi segreti israeliani ed ha lo scopo di far circolare liberamente – col pretesto dell’”esercitazione” - gli uomini, i mezzi e i materiali che dovranno servire a portare a termine l’attacco.
Questo sistema è stato utilizzato, com’è noto, per gli attacchi dell’11 settembre negli Stati Uniti, quando il NORAD e il Consiglio di Stato Maggiore americano avevano in corso “esercitazioni” riguardanti il dirottamento di un aereo governativo e lo schianto di un velivolo contro un palazzo.
Stesso discorso per gli attentati a Londra del 7 luglio 2005, avvenuti “incidentalmente” proprio nel momento in cui governo e polizia stavano conducendo una “simulazione” di attentato nella metropolitana londinese.
Qualcosa di simile è avvenuto per l’attacco “con autobomba” nel centro di Oslo, che non ha colpito solo la sede del giornale Verdens Gang, come alcune fonti di stampa hanno riportato, bensì vari edifici governativi, affinché il messaggio arrivasse forte e chiaro.
Da notare che, in molti casi, gli attacchi attribuiti ad “autobombe” sono realizzati in realtà con esplosivi piazzati preliminarmente in punti sensibili degli obiettivi da colpire. L’attacco era stato anticipato, mercoledì scorso, da una tipica “esercitazione” della polizia antiterrorismo proprio nel centro di Oslo, a 200 metri di distanza dalla Operahuset.
La polizia – dice l’articolo – ha fatto esplodere delle cariche esplosive a scopo di “simulazione”, ma si è “dimenticata” di comunicare ai residenti di avere delle esercitazioni in corso, suscitando così spavento e allarme nella popolazione.
Il capo dell’ufficio stampa della polizia di Oslo, Unni Grondal, aveva dichiarato all’Afterpost: “E’ qualcosa di cui non eravamo stati avvisati. Non succederà più.” Invece è successo di nuovo poche ore dopo.
Per ciò che riguarda l’attacco all’isola di Utoya, è rilevante notare l’assurdità delle versioni pubblicate dalla stampa mainstream, secondo le quali il biondo “estremista di destra”, Anders Behring Breivik, avrebbe fatto tutto da solo: avrebbe piazzato l’autobomba nella capitale e poi se ne sarebbe andato tranquillamente a Utoya a massacrare un centinaio di persone. Non credo ci sia bisogno di spiegare, a chi vive nel mondo concreto e non in un film di Chuck Norris, perché quest’affermazione sia ridicola.
È chiaro che le operazioni sono state eseguite da persone diverse. Ed è certo come l’oro che la stessa strage di Utoya è stata compiuta da un commando composto da diverse persone, visto che quasi tutti i testimoni sopravvissuti parlano di più persone coinvolte nell’attacco, né si capisce come un unico individuo, per quanto ben armato, possa aver compiuto una strage di simili proporzioni senza incontrare resistenza.
È da notare che il Mossad israeliano recluta spesso informatori e operativi tra i rifugiati, in particolare palestinesi, ma non solo, che richiedono asilo politico in Norvegia.
Il Mossad opera in Norvegia in cooperazione con i servizi segreti locali, sotto la copertura del cosiddetto “Kilowatt Group”, una rete d’intelligence che vede la partecipazione, oltre che di Israele e Norvegia, anche di altri paesi quali Svizzera, Svezia e Sudafrica e che si maschera – manco a dirlo – sotto la finalità di facciata della “lotta al terrorismo”.
Infine, non va dimenticato che la creazione di “psicopatici e assassini seriali” attraverso il lavaggio del cervello è sempre stato una specialità delle pratiche di controllo mentale dell’MK-Ultra, il quale possiede anche un suo braccio norvegese.
Questo articolo del sito Forward America, riferendo degli esperimenti compiuti in Norvegia, riporta tra l’altro:
“Il numero del Norway Post del 4 settembre 2000, ha rivelato che anche il governo norvegese, tra gli anni ’50 e i ’60, iniettò LSD a bambini, pazienti in cura psichiatrica e ad altre persone. Dieci dei soggetti morirono. Uno dei motivi che rendevano urgenti gli esperimenti di controllo mentale era il fatto che il mondo intero aveva visto cosa fossero stati capaci di fare i comunisti cinesi alle menti dei prigionieri americani. Era anche risaputo che l’URSS aveva catturato molti scienziati tedeschi che avevano compiuto esperimenti sul controllo mentale”.
Se si necessita di uno o più psicopatici pronti a compiere una strage in qualunque paese del mondo, le organizzazioni d’intelligence, grazie ad un’esperienza ormai cinquantennale nel campo, possono fornirne a volontà.
Penseranno poi i giornali a dipingerli come “fanatici di estrema destra”, con la svastica tatuata sul cranio e il ritratto del Fűhrer sul comodino. Il pubblico non esiterà un attimo a bersi storielle di questo tipo. L’importante è che le autorità politiche delle nazioni colpite, avendo orecchie per intendere, intendano il messaggio e ne facciano tesoro.
Chissà se dopo questa “folle” strage, compiuta da un “pazzo isolato” sul suolo nazionale norvegese, il primo ministro Jens Stoltenberg – i cui figli, guarda la coincidenza, si trovavano al meeting laburista di Utoya e si sono salvati per miracolo – e il Ministro degli Esteri Jonas Gahr Støre– che era stato a Utoya poco prima e ha rischiato di rimanere coinvolto nella sparatoria – avranno capito l’antifona e imparato a essere più ubbidienti?
Di cosa hanno paura
di Gianluca Freda - Blogghete - 25 Luglio 2011
“Molti europei guardano agli anni ’50 come ad un periodo felice. Le nostre case erano sicure, tanto che molte persone non si curavano nemmeno di chiudere la porta a chiave. Le scuole pubbliche erano in genere eccellenti e i loro unici problemi consistevano in cose come il chiacchiericcio in classe e le corse nei corridoi.
Gli uomini trattavano le donne come signore e molte donne dedicavano il proprio tempo e i propri sforzi ad abbellire le case, allevare i bambini e aiutare le proprie comunità tramite il volontariato. I bambini crescevano in ambienti familiari con due genitori e la mamma andava incontro al bambino quando tornava da scuola. Gli spettacoli erano qualcosa che tutta la famiglia poteva godersi.
Che cosa è accaduto?
Se un uomo degli anni ’50 venisse improvvisamente proiettato nell’Europa Occidentale degli anni 2000, farebbe fatica a riconoscere in essa lo stesso paese. Correrebbe subito il rischio di essere borseggiato, derubato della macchina o peggio, perché non avrebbe mai imparato a vivere nella paura perpetua.
Non saprebbe che non deve recarsi in certe zone della città, che la sua macchina deve non solo essere chiusa a chiave, ma anche dotata di allarme, che la sera non deve azzardarsi ad andare a dormire senza aver prima chiuso le finestre, sprangato le porte e azionato i sistemi d’allarme.
Se l’uomo portasse con sé la sua famiglia, è probabile che lui e sua moglie lascerebbero tranquillamente i bambini nella più vicina scuola pubblica.
E se i bambini, tornati a casa nel pomeriggio, raccontassero di essere dovuti passare attraverso un metal detector per entrare nell’edificio, di aver ricevuto da un altro bambino una strana polverina bianca e di aver appreso che l’omosessualità è una cosa bella e normale, i genitori non riuscirebbero a capire.
In ufficio, l’uomo potrebbe accendersi una sigaretta, lasciarsi andare a qualche complimento verso la “signorina” e proclamarsi felice di notare che l’azienda offre posti di responsabilità a persone di colore. Una qualunque di queste azioni gli costerebbe un immediato rimprovero e tutte insieme potrebbero anche portarlo al licenziamento.
La moglie, recandosi in città a far compere, indosserebbe un bel vestito, un cappellino e magari dei guanti. Non riuscirebbe a capire perché la gente la fissa, sogghignando.
E se dopo cena la famiglia si sedesse e accendesse la TV, nessuno capirebbe come abbia fatto la pornografia di un sudicio chiosco per soli adulti ad entrare nell’apparecchio televisivo.
Se potesse, la nostra famiglia degli anni ’50 se ne tornerebbe negli anni ’50 il più in fretta possibile, con un’agghiacciante storia dell’orrore da raccontare. La storia parlerebbe di una nazione decaduta e degeneratasi ad un ritmo inverosimile, passando in meno di mezzo secolo dal gruppo delle nazioni più grandi della Terra a quello delle nazioni del Terzo Mondo, sopraffatta dal crimine, dal rumore, dalle droghe e dalla sporcizia. La caduta di Roma sarebbe una bazzecola al confronto.
Perché è accaduto?
Nell’arco degli ultimi cinquant’anni, l’Europa Occidentale è stata conquistata dallo stesso potere che aveva in precedenza sopraffatto la Russia, la Cina, la Germania e l’Italia. Questo potere è l’ideologia. Qui, come altrove, l’ideologia ha inflitto enormi danni alla cultura tradizionale, che essa vuole ovunque dominare, infrangere e spazzare via per la maggior parte. Al suo posto sono arrivate la paura e la rovina. La Russia impiegherà una generazione o anche più per risollevarsi dal Comunismo, sempre che ci riesca.
L’ideologia che ha sopraffatto l’europa Occidentale è più conosciuta col nome di “Politically Correct”. Alcuni pensano che sia uno scherzo. Ma non lo è. E’ una cosa mortalmente seria. Essa ha lo scopo di alterare virtualmente tutte le regole, formali e informali, che presiedono ai rapporti tra persone ed istituzioni. Essa mira a modificare i comportamenti, i pensieri, perfino le parole che utilizziamo. In gran parte lo ha già fatto. Qualunque persona o apparato che controlli il linguaggio, controlla anche il pensiero. Chi oserebbe usare il termine “signorina” oggi?”
Condividete le opinioni che avete letto qui sopra? Io, in linea di massima, sì. Se si esclude qualche sparata piuttosto gratuita sul comunismo e sui suoi effetti sulla società russa – forse dovuta a scarsa conoscenza del fenomeno da parte dell’autore o a una ricaduta nella stessa ideologia che egli si propone di contrastare – direi che, per la maggior parte, gli argomenti esposti sono sensati, condivisibili, ispirati a comune e perfino elementare buon senso. Non lo credete anche voi? Molti hanno risposto di sì, vero?
Okay, le sentite le sirene? Stanno venendo a prenderci. Avete appena ammesso di condividere la folle ideologia di estrema destra di Andrew Berwick, alias Anders Behring Breivik, il cecchino paranoide che venerdì scorso ha massacrato un centinaio di ragazzi innocenti sull’isola di Utoya, in Norvegia.
Se condividete la sua ideologia, è chiaro che anche voi, da un momento all’altro, potreste imbracciare una mitraglia e sterminare qualche decina di boyscout mentre intonano la “Canzone di Famiglia Felice” seduti intorno al fuoco.
Le vostre idee sono pericolose e il pericolo che esse rappresentano va prevenuto. Pertanto, buon soggiorno nelle pubbliche strutture di prevenzione che il governo ha predisposto per voi.
Se la prospettiva non vi piace, la soluzione è semplice: queste idee sono pericolose, contorte, partorite dalla mente di uno stragista psicotico. Evitate di condividerle e anche soltanto di prenderle come spunto di riflessione e tornerete ad essere dei sinceri democratici, pilastri del sentire comune. Tutto andrà per il meglio.
Il brano riportato è tratto, naturalmente, dal “Memorandum” che – a sentire i giornali e la TV – lo sparacchiatore di Oslo avrebbe affidato al web prima di partire per Utoya con la mitraglia a tracolla.
Trattasi di un malloppone di 1518 pagine, denominato “2083: una dichiarazione d’indipendenza europea”, alla cui stesura Berwick/Breivik avrebbe dedicato nove anni della sua vita e che contiene la “summa” del suo pensiero politico, oltre ad un’infinità di indicazioni su come strutturare una ribellione armata, come costruire autobombe utilizzando fertilizzanti, una cronistoria dettagliata degli ordini cavallereschi europei e cose così. Chi volesse leggerlo, lo trova facilmente su internet in versione integrale.
Il documento è ovviamente una patacca. Ma una patacca molto ben realizzata. Secondo i giornali, la sua pubblicazione risalirebbe al 2009, ma già nella prima pagina si nota la data “2011”, il che significa che, come al solito, i giornalisti non hanno minimamente controllato le informazioni che ricevono dall’alto, prendendole per buone, pubblicandole senza verifica e arricchendole di cataste di chiacchiere senza costrutto sull’”odio” e sulla “violenza”, che piacciono tanto al pubblico.
Il documento, nelle prime pagine, fa perfino riferimento a due video presenti in rete, il primo dei quali è stato cancellato da Youtube, mentre il secondo ( QUESTO , ora anch’esso sparito) era ancora visibile su Veoh fino a stamattina.
Il problema è che questo secondo video era stato postato... due giorni fa, cioè sabato 23 luglio, il giorno dopo la strage. Qui sotto vedete l’immagine della copia cache che sono riuscito a recuperare, con la data di caricamento evidenziata.
Traete da soli le vostre conclusioni e ipotizzate in quale momento il documento sia stato realmente messo online. Il che pone però anche il problema del "chi" lo abbia messo online.
Il memorandum dello pseudo-Breivik è una silloge di tutti gli argomenti sulle meccaniche del potere e sulle strategie della propaganda che sono stati discussi nel corso degli anni su questo e altri blog.
Si parla, a tratti in modo sensato, del ruolo svolto dal revisionismo storico nel fare luce sulla storia europea del dopoguerra, delle differenze tra revisionismo e “negazionismo”, delle teorie sul controllo delle masse messe a punto dalla Scuola di Francoforte, del controllo del pensiero attuato attraverso i curriculum scolastici, dello scempio della tradizione letteraria europea nato dal “politically correct”, del ruolo culturalmente devastante del femminismo, dell’ideologia multiculturalista d’accatto con cui s’impone all’Europa di privarsi delle proprie tradizioni e di molto altro ancora.
Il punto è che tutti questi argomenti – che a mio avviso rappresentano la “punta di diamante” di una nuova linea di pensiero che è nata e si è diffusa soprattutto sul web – vengono disinvoltamente mescolate con deliri da crociato, xenofobia anti-islamica di bassa lega, appelli ad un’improbabile lotta armata, vagheggiamenti di un ritorno al cristianesimo combattente, sparate antimarxiste prive di ogni barlume di razionalità analitica ed infinite altre amenità di questo tenore.
Il risultato è quello di screditare e rendere impraticabile ogni riflessione sul controllo delle menti attraverso la propaganda, sui meccanismi del potere, sulla falsificazione storica e devastazione culturale imposta all’Europa dai dominatori statunitensi.
Una volta gettati questi argomenti nello stesso calderone in cui ribollono tonnellate di fuffa templare e di farneticazioni anticoraniche, essi risulteranno indigesti e inavvicinabili all’uomo della strada.
Il quale, oltretutto, considererà che, se il prodotto politico di tali questioni è l’inutile e sanguinoso scempio di innocui campeggiatori perpetrato dal trattatista, evidentemente deve trattarsi di idee malate, malsane, degne di complottisti isolati dal mondo e spregiatori della civiltà.
Il che, immagino, è esattamente il risultato che l’anonimo think tank che ha stilato il documento, firmandolo col nome di Andrew Berwick, si proponeva di raggiungere.
Come scrivevo nell’articolo di un paio di giorni fa, una delle cose che più preoccupano gli americani è l’affermarsi in Europa di un pensiero “eurasiatico”, portato avanti trasversalmente tanto dai reduci della “destra” quanto della “sinistra” europea (quelli che i detrattori nostrani chiamano con disprezzo “rossobruni”).
Tale linea di pensiero, che sta prendendo sempre più piede nelle ex nazioni europee, mira principalmente a creare una più stretta connessione politico/economico/strategica con la Russia, allo scopo di sbarazzarsi di 70 anni di asservimento militare e culturale agli USA e costruire quella naturale unità geostrategica tra Europa e Asia che rappresenterebbe il naturale portato tanto della complementarietà geografica tra i due continenti quanto della storica interdipendenza economica e culturale che ha caratterizzato le loro relazioni fino alle guerre mondiali.
Uno degli scopi del malloppone partorito dallo pseudo-Breivik è di scongiurare tale eventualità, presentando le velleità di partenariato russo-europeo come deliri di pazzi criminali, vaneggiamenti da terroristi di estrema destra col proiettile in canna.
Ecco perché una parte consistente della dissertazione è dedicata alla denuncia dell’imperialismo americano e alla prospettiva di liberarsi di esso attraverso un asse eurasiatico. Leggiamo, ad esempio:
“La Federazione Europea del futuro non dovrà più essere connotata dalle forme sdolcinate e ingovernabili dell’attuale Unione Europea, che è una Medusa impotente, incapace di controllare i propri confini, dominata dalla smania per l’autodistruzione culturale e il libero commercio, assoggettata al dominio culturale americano.
Dobbiamo immaginare una grande Europa monoculturale, fondata sulla cooperazione economica e culturale di nazioni indipendenti, che saranno, in larga parte, inseparabilmente legate alla Russia.
Non avendo bisogno di essere aggressivo con i propri vicini, visto che sarebbe inattaccabile, un tale blocco diverrebbe la prima potenza mondiale (di un mondo partizionato in grandi blocchi), autoreferenziale, pan-nazionalista e avverso ai pericolosi dogmi oggi associati col globalismo/multiculturalismo.
La nuova Federazione Europea sarà assai più isolazionista, con una politica di nazionalismo economico (protezionismo). Dovrà avere la capacità di praticare la “autarchia dei grandi spazi” (autosufficienza economica e indipendenza dai mercati esteri), i cui princìpi sono già stati elaborati dall’economista, vincitore di Premio Nobel, Maurice Allais.
Il destino della penisola europea non può essere separato da quello della Russia continentale, sia per ragioni etnico-culturali che per ragioni geopolitiche. E’ assolutamente imperativo per la talassocrazia mercantile americana (supremazia navale, nel senso militare e commerciale della parola) impedire la nascita di una Federazione Europea culturalmente e ideologicamente sicura di sé.”
Parole mica tanto demenziali, vero?
Ma l’uomo della strada leggerà queste affermazioni ricollegandole istintivamente – grazie anche alle immancabili banalizzazioni e distorsioni che i media sapranno effondere – alla bestialità di un terrorista solitario, ai capelli biondi imbrattati di sangue di una giovane campeggiatrice norvegese, ai mucchi di cadaveri di ragazzini ammassati sulla spiaggia di Utoya. E il gioco è fatto.
L’anti-imperialismo e l’aspirazione a liberarsi della schiavitù statunitense stringendo legami con le potenze asiatiche saranno bollati come vaneggiamenti eversivi da criminali potenziali, fonte di discredito sociale e possibilmente cagione di affidamento a progetti rieducativi. Roba da “nazisti”, insomma, che è il termine preferito da ogni moccioso adulto per sostituire il “brutto e cattivo” del lessico puerile senza dover studiare troppo.
Il documento redatto dallo pseudo-Breivik è in realtà un corposo trattato sulle paure americane, un compendio dettagliato delle idee che Washington crede possano ostacolare i suoi progetti geostrategici.
Idee che devono dunque essere infangate e screditate, imbrattate con svastiche e croci templari, ridicolizzate dall’impasto con materiali di infima intellettualità e di popolaresca cialtroneria.
Non so se ci siano voluti davvero nove anni per scriverlo, ma di certo esso è un prodotto propagandisticamente molto elaborato, la cui stesura ha richiesto senz’altro molto tempo e l’impegno di un think tank preparato ed attento alle tendenze culturali, nonché ai germogli di pensiero politico in corso di definizione sul web.
Questo ci dà un indizio di quanto sia importante, per chi lo ha scritto, ostacolare e rendere inutilizzabili le nuove idee che vanno diffondendosi nell’Europa della crisi e della perdita delle sovranità nazionali.
E’ un testo da studiare con attenzione, particolarmente da parte di chi ha già un’idea dei meccanismi della propaganda; non certo per recepirne ciò che di farneticante e neppure ciò che di condivisibile contiene, ma per avere un’idea precisa di quali siano i fantasmi che suscitano maggior spavento nei nostri dominatori. Si sarà ben capito che sono esattamente quelli che dobbiamo evocare.