Il più grave attentato degli ultimi anni e il più sanguinoso contro la comunità cristiana in Egitto. I copti rappresentano circa il 10% della popolazione egiziana ma le tensioni con gli islamici radicali si sono fatte sempre più forti negli ultimi anni.
Anche questa volta si è subito attribuito la paternità dell'attentato alla fantomatica Al-Qaeda, ma ovviamente le cose sono più complesse e meno scontate...
La bomba fatta esplodere nei pressi della cattedrale di S. Marco ad Alessandria d’Egitto, durante la messa di mezzanotte, ha riportato l’attenzione sulla situazione dei cristiano copti in Egitto. La posizione dell’autoproclamatosi monarca Mubarak e la reazione dell’Occidente europeo, hanno partorito la rapida creazione di un “fronte per la difesa della cristianità”.
Sembra essere questo, infatti, il prossimo obiettivo in agenda dei conservatori europei, in particolare di quelli nostrani, mentre s’infiamma la polemica a distanza tra i più alti rappresentanti religiosi delle fazioni coinvolte.
I copti (termine di origine greca che significa semplicemente “egizi”) sono una minoranza cristiana presente in Egitto dal I secolo d.C., vicini al Papa di Roma, ma con molti punti di contatto con l’ortodossia cristiana orientale. Sebbene i numeri non siano né certi né aggiornati, si stima siano poco più del 10% della popolazione egiziana (il governo fissa la cifra all’8%).
La convivenza ha sempre oscillato tra alti e bassi, secondo l’estremismo dell’opposta fazione, sia in maniera violenta e diretta, sia in maniera più subdola: un tipico esempio è quello dei rapimenti di donne copte fatte convertire forzosamente all’Islam per poi finire in spose ad uomini islamici.
Nel ‘900, il punto di minimo tra le relazioni interreligiose si ebbe durante il periodo Sadat (’70-’81): proprio nel 1981, un gruppo di fondamentalisti islamici uccise 17 cristiani e ne ferì circa 100. Il presidente dimostrò di essere lievemente di parte, facendo arrestare il patriarca copto Shenouda III ed insabbiando l’accaduto.
L’attentato di capodanno non sembra essere stato un attacco del tutto imprevisto, dato che ben due settimane prima un’affermazione presente su di un noto sito web di estremisti islamici elencava una lista di venti siti copti da colpire, tra i quali figurava proprio la chiesa di S. Marco.
E’ stata, come da copione, paventata una connessione con Al Qaeda: “Lo Stato Islamico dell’Iraq”, organizzazione fondamentalista irachena, dichiarava il 1° novembre 2010 sul suo sito che quale tutti i cittadini cristiani del Medio Oriente sono da considerarsi “bersagli legittimi”, con il pretesto di supposte conversioni forzate dall’Islam al Cristianesimo avvenute a luglio 2010.
Proprio poche ore prima dell’esplosione una folla di manifestanti islamici radunatisi alla moschea di Kayed Gohar aveva ripetuto gli stessi slogan anti-cristiani attribuiti ai noti estremisti.
Dell’attentato in sé si è già detto fin troppo, mentre ancora non c’è accordo tra i reporter sulle modalità dell’assalto (dal kamikaze all’autobomba, al kamikaze nell’autobomba) ben pochi si sono presi la briga di ricordare che sia stato il peggior attacco alla comunità copta dal 2000 a questa parte (secondo massacro di Kosheh, 02/01/2000, 21 vittime), di vedere un interessante schema nel colpire a gennaio, o semplicemente di fare una lista degli ultimi attacchi per cercare di capirci qualcosa.
Nel maggio 2009, un tentativo di attacco con due ordigni non fece vittime (uno dei due venne disinnescato dalla polizia dopo l’esplosione del primo). Seguì il massacro di Nag Hammadi, 6 gennaio 2010: sei cristiani ed un poliziotto musulmano furono uccisi da un gruppo di fuoco all’esterno di una chiesa del Cairo, durante le celebrazioni del Natale ortodosso.
Ne scaturirono numerose proteste da ambo le parti, con gli scaricabarile e gli incendi di rito di case e beni materiali.
L’evento portò, oltre ai citati danni alla proprietà privata e al demanio, alla pubblicazione di una serie di studi sull’escalation di violenza ai danni della comunità copta, elencando una lunga serie d’incidenti avvenuti tra il 2008 ed il 2009.
L’impatto del testo è comunque da considerarsi mediocre, nonostante gli interessanti contenuti. Ciò che è accaduto in seguito è cronaca recente: dopo le “picconate” degli estremisti iracheni, il 24 novembre le violenze interreligiose riprendono.
Motivo: lo stop alla costruzione di un nuovo edificio di culto cristiano. Dopo una prima manifestazione alquanto violenta dei cristiani, se ne innesca un’altra di forza eguale e contraria da parte dei musulmani. Bilancio: due cristiani morti e ben 150 arresti nelle due fazioni.
Mentre sullo sfondo - o meglio, al centro del palco - si alimenta la protesta copta, aumentano le illazioni sui possibili mandanti dell’attentato. Gli attacchi si protraggono da molti anni a questa parte e si concentrano nelle principali festività copte/ortodosse, anche da prima del grande arrivo sulle scene di Al Qaeda.
La tesi del coinvolgimento dell’organizzazione di Osama bin Ladin è infatti scartata da numerosi analisti, anche provenienti dal mondo arabo: si punta il dito soprattutto sugli stessi agenti governativi, nell’ottica di una strategia “sottile” al fine di fiaccare la scomoda minoranza religiosa.
Sarebbe facile per il governo, infatti, accusare “criminali stranieri”, fingere di prendersi cura del problema e lasciare la sola fuga come alternativa per la comunità cristiana. Di certo, il presidente Mubarak non ha brillato per reattività, accusando appunto i suddetti “elementi stranieri” e parlando genericamente di perseguire i colpevoli, ma di pratico c’è ben poco.
A livello internazionale, le reazioni di politici e non rendono il tutto ancora più interessante: se il Papa fa il suo mestiere, denunciando in toto le violenze - in particolare alla luce degli attacchi alle comunità cristiane in altre parti del mondo - colpisce molto di più quanto detto dai politici.
Ancora esaltato dalle minacce al Brasile, il nostro Frattini è sceso in prima linea invocando l’attivazione del Parlamento Europeo per imporre ai paesi negligenti nella tutela dei cristiani una serie di sanzioni: si è parlato di “passare all’azione” anche se finora è tutto ancora definito nell’aria fritta.
L’arma definitiva dovrebbe essere quella dell’aiuto “in cambio di diritti”: secondo il Ministro, i paesi in via di sviluppo che non collaborano alla tutela dei diritti dei cristiani sul loro territorio potrebbero veder svanire il supporto economico occidentale, mentre quelli più attivi potrebbero ricevere addirittura incentivi da parte dell’Europa.
Inutile dire che da Bruxelles ancora si tace riguardo a questo, ma tale scenario apre numerose illazioni anche dal punto di vista degli analisti: legare la tutela dei diritti umani ad un do ut des economico non potrebbe avere risvolti dannosi?
Come si potrebbe misurare praticamente l’impegno a “difendere i cristiani? Sa molto di “impegno libico a difendere il mare dai migranti”; i brillanti risultati li conosciamo tutti.
Semplice ritorsione o destabilizzazione pianificata?
di Mozcar - www.cpeurasia.eu - 3 Gennaio 2011
Per comprendere il valore e la funzione dell’attentato alla Chiesa copta-ortodossa di Alessandria d’Egitto, è necessario liquidare perentoriamente ogni ipotesi formulata dai mass-media occidentali, a partire dalle favole su al-Qaeda e l’estremismo islamico in generale.
L’idea di uno “scontro di civiltà” tra un mondo libero e democratico, e una serie di Paesi caratterizzati da sistemi politici oppressivi e religioni oscurantiste, è solo una maschera “idealista” che cela gli interessi economici degli oligopoli euro-atlantici.
Per cui ogni fatto non può essere interpretato secondo i canoni della politica nostrana, tesa a tutelare i profitti delle multinazionali, piuttosto che la libertà dei popoli, ancor meno della Cristianità.
Porre in relazione fatti apparentemente sconnessi, indagare sulle molteplici cause e sui vari fattori che concorrono a determinare una situazione o un atto concreto (nel nostro caso un attentato), dovrebbe essere il “modus operandi” per coloro che intendono indagare seriamente e analizzare la realtà, piuttosto che modificarla per dimostrare la fondatezza delle proprie teorie.
La neutralizzazione dell’Egitto negli anni ‘80 ha consentito ad Israele di protrarre la propria esistenza nel corso del tempo. Il controllo dello stato egiziano è un perno fondamentale per la sicurezza dell’entità sionista, e l’attentato di Capodanno non può essere concepito al di fuori di questa strategia.
Il declino dell’imperialismo americano e dell’idea stessa di globalizzazione unipolare a guida statunitense, coinvolge inevitabilmente anche l’avamposto mediorientale, costretto ad affrontare nuove sfide.
Il triangolo Damasco – Ankara – Teheran sorto con il beneplacito di Cina e Federazione Russa, rischia di isolare Tel Aviv, la quale, dopo aver tentato di ostacolare il nuovo corso turco (1), non può rischiare di perdere anche l’Egitto, dove la penetrazione economica cinese è sempre più forte (2) e che si traduce inevitabilmente in relazioni politiche sempre più strette tra i due Paesi.
In tale contesto è necessario per Israele e gli Stati Uniti, bloccare gli effetti dannosi del multipolarismo nella zona arabo-islamica. Infatti all’attentato terroristico di pochi giorni fa, devono essere associate due notizie inquietanti: la scoperta di una cellula di spie israeliane in grado di intercettare le conversazioni telefoniche di alte cariche dello stato egiziano e il rientro a Tel Aviv dell’ambasciatore israeliano Yitzhak Levanon (3) .
E’ Ipotizzabile che l’ennesimo tentativo di seminare discordia tra comunità religiose, sia stato progettato per destabilizzare l’Egitto a vantaggio degli interessi di Usa e Israele, così come dichiarato da Hezbollah (4), oppure come ritorsione immediata all’individuazione della cellula del Mossad.
Intanto i cantori dello “scontro di civiltà”, inebriati dagli attacchi alle comunità cristiane orientali, continuano indisturbati nell’opera di manipolazione dell’opinione pubblica europea, preparandola a future crociate “democratiche”, ma questa volta rischiano l’estinzione.
NOTE:
1. http://www.eurasia-rivista.org/5502/crescenti-sospetti-sul-possibile-collegamento-tra-il-pkk-e-israele
2. L’investimento di 1,5 miliardi di dollari in una Zona Economica nell’area del Suez, riflette il ruolo crescente della Cina in Egitto http://www.relooney.info/SI_Oil-Politics/Africa-China_29.pdf
3. http://italian.irib.ir/notizie/mondo/item/87562-egitto-scoperta-cellula-di-spie-ambasciatore-israeliano-fugge-dal-cairo
4. http://italian.irib.ir/notizie/politica/item/87826-hezbollah-strage-alessandria-serve-solo-interessi-usa-e-israele
Voci da Alessandria
da Peacereporter - 3 Gennaio 2011
Una triangolazione di voci che resistono alla violenza: Gaza, Milano, Alessandria
Vittorio Arrigoni, da Gaza City, con Katry. La notizia dell'attentato ad Alessandria d'Egitto, una cugina a Milano e una voce da Alessandria. Una rete di resistenza contro le violenze di ogni genere. Una testimonianza che PeaceReporter riceve e pubblica.
"Ero con la mia famiglia sul balcone a guardare i fuochi artificiali sparati per festeggiare il nuovo anno, quando abbiamo sentito un tremendo boato e, sotto di noi, i diciotto piani del palazzo hanno preso a tremare. Siamo corsi in strada terrorizzati".
Così racconta, da Alessandria d'Egitto, Reham Samy, contattata grazie ad una sua cugina residente a Milano, il momento dell'attacco terroristico che nella notte di capodanno ha provocato la morte di ventuno cristiani copti ortodossi e il ferimento di altri ottanta fedeli che uscivano dalla funzione celebrata nella Chiesa dei Santi (Al-Qiddissine).
"In strada ci siamo accorti che l'esplosione era distante solo qualche centinaia di metri da casa nostra, fra la chiesa e la moschea. Non sono certo dei cristiani o dei musulmani i responsabili della strage, è impensabile, la chiesa e la moschea sono praticamente attaccate".
E per mail invia una foto che mostra chiaramente i luoghi sacri uno dinnanzi all'altro, come uno specchio di rispetto e tolleranza. Reham continua il suo racconto: "La via si è riempita di fumo, poi una macchina in fiamme è scoppiata scaraventandosi sulla moschea. Ho visto una marea di sangue, donne che urlavano come impazzite, fiamme e fumo sulla facciata della chiesa cristiana e sangue sulla facciata bianca della moschea".
Reham è stata testimone anche degli scontri settari scoppiati subito dopo l'attentato: "Le ambulanze e i vigili del fuoco sono accorse prontamente sul luogo della strage. Dopo aver raccolto i morti e i feriti sono iniziati gli scontri. Cristiani e Musulmani che si picchiavano, si stavano letteralmente scannando! Cose mai viste qui ad Alessandria.
Ovviamente nel giro di dieci minuti è arrivato lo schieramento della polizia che non è proprio come la vostra polizia italiana, si chiama Amn Markazy (Sicurezza Centrale) e sono agenti vestiti di nero coi manganelli. Che non lesinano ad usare. Gli hanno tirato addosso moltissimi lacrimogeni per disperderli. Anche oggi, musulmano o cristiano che sei, è pericoloso uscire per strada nel mio quartiere".
Il presidente Hosni Mubarak si affrettato a parlare di "mani straniere" per l'attentato ad Alessandria d'Egitto, come a voler allontanare i riflettori da un Paese sorretto da un regime corrotto al potere da 40 anni e oggi certo non molto popolare.
La crescente povertà e l'assenza in parlamento dopo le elezioni farsa del mese scorso di una qualche voce di opposizione che rappresenti lo scontento di decine di milioni di egiziani, certo se non sono i responsabili della strage di capodanno potrebbero aver rifornito i mandanti di manodopera kamikaze a buon mercato.
Per sciogliere qualsiasi dubbio su di un loro coinvolgimento, i principali oppositori di Mubarak, il movimento della Fratellanza musulmana che non ha potere concreto in parlamento, sul loro sito hanno condannato l'attentato alla Chiesa dei Santi, sottolineando la profonda indignazione e la ferma condanna contro questi gravi crimini, e l'importanza di catturare al più presto i colpevoli.
Mentre tra gli indiziati più papabili ad essere additati come colpevoli del massacro dal regime egiziano e dai suoi alleati c'è naturalmente Al-Qaeda , semmai esistesse questa organizzazione e non fosse solo un fascinoso concetto, assimilabile alla nostra "strategia della tensione", è interessante notare come i fratelli musulmani hanno chiuso il loro messaggio di condoglianza alle vittime cristiane.
Con il versetto 32 della quinta Sura del Corano, che contiene il monito: "Chi uccide un essere umano è come se avesse ucciso tutta l'umanità; e chi salva una vita, è come se avesse salvato tutta l'umanità".