Negli ultimi due anni erano state le cosiddette magliette rosse dell’UDD (United Front for Democracy against Dictatorship) a scendere in piazza, in particolar modo a Bangkok dove tra l’aprile e il maggio scorso si erano avuti violenti scontri tra esercito, polizia e manifestanti culminati con la morte di oltre 90 persone e migliaia di feriti.
Mentre nel 2008 erano state le magliette gialle del PAD (People's Alliance for Democracy) a dominare le prime pagine dei giornali thailandesi e non solo con le loro manifestazioni e presidi durati mesi e sfociati nell’occupazione del Palazzo del Governo (Government House) e dei due aeroporti di Bangkok. Con il risultato di ottenere le dimissioni di ben due governi guidati dall’attuale partito di opposizione - il Puea Thai, che all’epoca si chiamava ancora PPP - legato all’ex premier in esilio Thaksin Shinawatra estromesso dal potere con il golpe incruento del settembre 2006.
Il 2011 invece è cominciato con le manifestazioni di piazza sia dei rossi che dei gialli, oltre che di altri gruppi più piccoli legati ai due principali dell’UDD e PAD.
I gialli sono ritornati alla ribalta delle cronache già da alcuni giorni, dopo che il 29 dicembre scorso un deputato del partito democratico - che guida il governo di coalizione in carica del premier Abhisit Vejjajiva - e 6 militanti di un movimento ultra-nazionalista legato ai gialli, il TPN (Thai Patriots Network), sono stati arrestati dalle autorità cambogiane per aver illegalmente oltrepassato il confine. Due di loro sono stati anche incriminati per spionaggio.
Cinque sono stati infine condannati a 9 mesi ma liberati su cauzione, mentre i due accusati di spionaggio, tra cui uno dei leader del TPN, sono ancora detenuti in Cambogia in attesa della sentenza che dovrebbe arrivare il 1 febbraio.
I gialli del PAD sembrano comunque intenzionati a prolungare le loro proteste fino a quando il governo non cederà alle loro tre richieste: ritirare la Thailandia dal Comitato dell’Unesco, revocare il memorandum of understanding sul confine Thai-Cambogiano firmato nel 2000 ed espellere le persone di nazionalità cambogiana dalle aree di confine in disputa.
Insomma, la solita atavica rivalità tra Thailandia e Cambogia che ruota intorno all’area dove sorge il tempio Preah Vihear, già oggetto di scaramucce armate tra i due eserciti nel 2008 in seguito alla decisione dell’Unesco di inserirlo nella lista dei Patrimoni dell’Umanità, strumentalizzata dal PAD per ottenere le dimissioni del governo di allora, guidato dal defunto Samak Sundaravej.
Ma la novità del 2011 è che il PAD oggi si scaglia contro quello stesso governo che aveva contribuito a far nascere nel dicembre del 2008. Ciò però non sorprende visto che da un anno e mezzo i gialli hanno dato vita a un proprio partito politico, il New Politics Party, che pesca nello stesso bacino elettorale del partito democratico del premier Abhisit.
E il 2011 sarà l’anno delle elezioni politiche che si preannunciano molto combattute, sul filo di lana.
Ma anche i rossi sono scesi in piazza nei giorni scorsi, in particolare ai primi di gennaio a Bangkok, con un’imponente manifestazione a cui hanno partecipato oltre 30.000 persone. Lo faranno di nuovo il 13 febbraio e almeno una volta ogni mese.
L’altra novità del 2011 è però rappresentata dal fatto che i gialli e i rossi condividono lo stesso obiettivo di far cadere il governo, anche se con diverse motivazioni, e ci sono già evidenti segnali di come stiano giocando di sponda tra loro.
Pochi giorni fa infatti la polizia ha sequestrato bombe artigianali, RPG e granate vicino alla zona dove è sorto il presidio dei gialli e ha arrestato 5 persone che avrebbero confessato di far parte delle guardie di sicurezza dei rossi e di aver pianificato un attentato contro i gialli.
Ma in una successiva conferenza stampa esponenti dei gialli e dei rossi hanno accusato il governo di aver costruito una messinscena per screditare i due gruppi e farli scontrare tra loro in modo da giustificare poi un colpo di stato.
Quindi un’inedita alleanza tra rossi e gialli sembra all’orizzonte con l’obiettivo comune di screditare e costringere alle dimissioni il governo per andare al più presto a nuove elezioni.
Ma restano le incognite dell’evoluzione di queste proteste, che certamente si prolungheranno nel tempo, e soprattutto quella del comportamento che adotterà l’esercito che dal 1 ottobre scorso è guidato da un nuovo comandante, il generale Prayuth Chan-ocha, considerato molto più deciso e fermo del suo predecessore.
Se le proteste “giallo-rosse” degenereranno e altro sangue verrà versato nelle strade di Bangkok, il caos che ne scaturirà sarà il sicuro pretesto per un nuovo golpe ai danni di un governo già debole, con le elezioni rimandate a tempi “migliori”.
Nel frattempo l’esercito thailandese ha deciso ieri di svolgere nei prossimi giorni delle esercitazioni militari ai confini con la Cambogia, proprio vicino al tempio di Preah Vihear.
Quindi la tensione tra i due Paesi è destinata ad aumentare dopo che pochi giorni fa è comparso un cartello a 300 metri dal tempio in questione che recitava : “Qui è il luogo dove le truppe thailandesi hanno invaso il territorio cambogiano il 15 Luglio 2008 e si sono ritirate alle 10.30 del 1 Dicembre 2010”.
Al che il governo e l’esercito thailandese hanno reagito chiedendo alla Cambogia la rimozione del cartello, situato secondo loro in una zona la cui sovranità è ancora in disputa. E il governo cambogiano ha sì rimosso il cartello, sostituendolo però con un altro che recita: “Qui è Cambogia”.
Pare che anche questo cartello sia stato ora rimosso ma la saga Thailandia-Cambogia continuerà, mentre le strade di Bangkok ricominciano a colorarsi sempre più di giallo e rosso.