giovedì 24 dicembre 2009

Operazione Piombo Fuso un anno dopo: l'UE si è svegliata?

Da Bruxelles è arrivata qualche giorno fa una buona notizia che ovviamente non è stata enfatizzata dai media mainstream italioti.

Il neo Ministro degli Esteri dell'UE Catherine Ashton ha infatti pronunciato parole nette di condanna contro la politica israeliana nei confronti di Gaza e della Palestina più in generale, scatenando tutta una serie di violente dichiarazioni da parte di alcuni esponenti del governo israeliano.

E tutto ciò a un anno dalla devastante operazione Piombo Fuso su Gaza, con un bilancio finale di oltre 1400 morti tra i palestinesi e una città praticamente rasa al suolo.


La UE prende posizione: Israele deve fermarsi
di Pino Cabras - Megachip - 24 Dicembre 2009

Quasi alla vigilia dell'anniversario della strage di Gaza, una figura istituzionale nuova e importante ha parlato. Nessun rilievo presso i media più forti, almeno in Italia. Eppure i primi passi dell'Alto rappresentante per la politica estera e di difesa dell'Unione europea, Lady Catherine Ashton, sarebbero stati interessanti, per capire, per giudicare.

Il fatto è che la Ashton ha espresso una posizione dura verso Israele, che continua a imprigionare Gaza. Ma la donna politica britannica ha esteso la sua critica anche al Muro di separazione e alle continue espulsioni delle famiglie palestinesi dalle loro abitazioni a Geruslemme Est, nonché alla politica di colonizzazione.

Ashton, a nome della UE, ha ricordato che «Gerusalemme Est è un territorio occupato, unitamente alla Cisgiordania», il che implica l'obbligo di rispettare convenzioni internazionali che stabiliscono precise responsabilità in capo all’occupante nei confronti della popolazione soggetta all'occupazione.

Tanto più forte e rilevante è apparsa la presa di posizione della laburista britannica, quanto più sbucciava come una banana il compagno di partito Tony Blair, che ricopre il ruolo di inviato speciale del «Quartetto» (UE, USA, ONU e Russia), la debole camera di compensazione diplomatica sul conflitto israelo-palestinese.

«Ho ricordato personalmente a Tony Blair che il Quartetto deve dimostrare di valere i soldi che costa, e che può essere rafforzato». Dopo anni in cui l'Europa ha taciuto, alla prima occasione, la prima persona che assume la carica di ministro degli Esteri europeo ha riaffermato la posizione che precedeva il silenzio, dieci anni orsono: soluzione a due stati, Gerusalemme capitale condivisa, confini stabiliti decenni fa dalle Nazioni Unite.

La cosa non è piaciuta affatto al governo d'Israele e a significativi esponenti di spicco della società israeliana. Portavoce politici, ministri, propagandisti, giornalisti si sono lamentati con forza. Compreso il ministro degli Esteri Avigdor Liberman, notoriamente un oltranzista e un falco.

Lady Ashton è stata presentata come un'aristocratica razzista e antisemita, a dispetto di anni e anni di sua militanza per i diritti umani. Eppure quelle della Ashton non erano opinioni personali, ma la posizione ufficiale della UE. Gli ultrà filo-israeliani - a Gerusalemme e nel mondo - hanno invece spinto per la personalizzazione. Sorte simile era toccata anche al presidente USA, Barack Obama, quando aveva blandamente richiesto di congelare i nuovi insediamenti.

E' stato irriso a parole e nei fatti. Business as usual, come ai tempi di Bush: gli anni d'oro per il Sionismo Reale, che ha potuto devastare il Libano, fare di Gaza una prigione e un tiro al bersaglio, aumentare i coloni in Cisgiordania da poche migliaia a mezzo milione, creare un sistema di muri, checkpoint, autostrade riservate, leggi razziali. Negli anni di Bush si è perfezionato un sistema spesso paragonato, per difetto, all'apartheid sudafricano.

La strage di Gaza (operazione Piombo Fuso) nacque anche da motivazioni e spinte elettoralistiche. Un primo ministro screditato, Ehud Olmert, e una ministra ambiziosa ma in calo di consensi, Tzipi Livni, contando su un nuovo diffuso senso comune nazionalistico che approvava massicciamente la guerra, cercarono di portarsi avanti il lavoro. Gli fu lo stesso preferita l'estrema destra.

L'uso del fosforo bianco, dei DIME, così come le crudeli pratiche belliche inflitte a una popolazione tenuta in sostanziale stato di detenzione, erano un crimine di guerra, evidente anche prima che la commissione ONU guidata da Richard Goldstone concludesse in tal senso.

Una simile verità è inaccetabile per Israele, che rigetta in toto il rapporto della commissione e rifiuta altre indagini. Anche dopo che la fase intensa dell'operazione Piombo Fuso si era conclusa, Israele ha continuato a vietare a Gaza l'ingresso di materiali che ne consentissero la ricostruzione. L'assedio continua tuttora. Include beni e servizi essenziali e strangola l'economia.
L'obiettivo di disarticolare Hamas si è dimostrato peraltro irrealistico.

Le concessioni ora prospettate da Israele potrebbero accontentare però solo un'entità governativa palestinese collaborazionista. Nemmeno gli screditatissimi esponenti dell'Autorità Nazionale Palestinese arrivano a tanto.

Senza Bush, mentre Obama tace, l'Unione Europea ha così qualcosa da dire sul rispetto dei diritti umani e dei trattati violati dalla potenza occupante. E lo fa criticando il principale alleato europeo di George W. Bush, quel Tony Blair che pure aveva puntato a diventare il presidente della UE, lui, complice di troppe guerre e troppo sbagliate, per poter godere ancora di una qualche fiducia, perfino nel suo partito, il Labour.


L'Europa torna in Palestina?
di Mazzetta - Altrenotizie - 23 Dicembre 2009

Il passaggio dall'amministrazione Bush a quella Obama non ha cambiato molto per Israele, almeno in apparenza. La richiesta dell'amministrazione americana per il congelamento degli insediamenti ha dato fastidio, ma non è stata un'offesa irreparabile e neppure un presa di posizione capace di far cambiare direzione al governo più di destra che abbia mai avuto Israele.

Con Bush, Israele ha avuto carta bianca: ha potuto bombardare il Libano, devastare Gaza e proseguire nell'opera di colonizzazione della West Bank, (un'operazione che ha avuto impulso proprio in coincidenza con l'avvento di George W. alla Casa Bianca) che ha fatto sì che i coloni - che prima di allora in Palestina erano poche migliaia, oggi siano diventati mezzo milione.

Anche il muro dell'apartheid e la divisione della West Bank sono novità del terzo millennio, intraprese con la tacita complicità dei neo-conservatori americani; non per caso il muro è stato cominciato nel giugno del 2002. Con i bombardamenti di Libano e Gaza Israele ha provocato una strage fatta di oltre duemila vittime e migliaia di feriti, oltre alle distruzioni materiali.

L'operazione di Gaza è stata particolarmente crudele, nei modi come nelle motivazioni che hanno spinto il governo di Tel Aviv all'azione. Si è trattato di una strage “elettorale”, così è stata letta anche in Israele, decisa da un premier, Olmert, ormai rovinato da accuse penali e da Livni, ministro degli esteri, che cercava nella guerra quel consenso che doveva sostenerla alle elezioni ormai imminenti.

L'operazione ha goduto comunque di larghi consensi nel paese: tutti sapevano che dopo il termine del mandato di Bush azioni del genere avrebbero avuto un costo politico molto più alto e tutta la popolazione condivideva l'idea di essere “minacciata” dai detenuti a Gaza.

Bombardare l'umanità reclusa di Gaza è stato un crimine di guerra, tanto evidente che non c'era bisogno della conferma della commissione ONU guidata da Goldstone; ed è per questo che Israele rifiuta sia le conclusioni della commissione che le richieste di ulteriori indagini ed inchieste sull'operazione “Piombo Fuso”.

La politica di segregazione è continuata anche dopo l'operazione militare, Israele non ha permesso l'ingresso ai materiali da costruzione e Gaza rimane un cumulo di rovine abitata per la metà da minorenni, senza accesso i servizi essenziali.

Da Gaza si doveva stanare Hamas, che aveva resistito al tentativo di golpe ordito da Fatah con il consenso e l'aiuto di Israele, Usa, Egitto e Giordania che avevano armato il “terrorista” Dahlan e infiltrato armi e uomini a Gaza.

I golpisti furono ridotti alla fuga dagli uomini di Hamas (che aveva vinto le elezioni) e l'operazione Piombo Fusa è fallita miseramente, spianando la via da una parte al rafforzamento di Hamas e dall'altra alla sconfitta di Livni e all'affermazione di un governo israeliano che dipende per la sua sopravvivenza dall'estrema destra e dai fanatici religiosi.

Governo che irride le richieste di Obama, ben sapendo che l'americano ha problemi più incombenti e, con l'aiuto dell'Egitto, procede nel murare il confine occidentale di Gaza, costruendo un altro muro che corre trenta metri in profondità, a impedire la costruzione dei tunnel con i quali si rifornisce Gaza sotto assedio.

Il nuovo governo israeliano è pieno di gente che pensa che buona parte dei Territori Occupati debba essere conquistata con la forza e sostiene con veemenza la colonizzazione; non vuole sentire parlare di accordi i pace, ma solo di concessioni israeliane e molto limitate.

Figlio di questo clima è l'ultimo “piano” proposto da Olmert ad Abbas, presidente illegittimo della West Bank. Israele manterrebbe buona parte delle colonie, offrendo in cambio un po' di terra vicina a Gaza e altra nel deserto del Negev, oltre a un “collegamento” tra Gaza e West Bank sotto sovranità israeliana, su Gerusalemme Est nemmeno una parola. Poi, se i palestinesi rifiutano la generosa offerta di terra desertica, si potrà sempre dire che “non vogliono la pace”.

Con la fine dell'amministrazione Bush, ma soprattutto dopo il clamoroso fallimento delle sue politiche e delle sue guerre, ha però ripreso fiato la voce dell'Unione Europea e, in questi giorni, si è fatta sentire per la prima volta la voce del suo primo ministro degli Esteri, quella Ashton fresca di nomina che avrebbe vinto in volata sul nostro D'alema. La prima uscita della signora ha fatto ribollire metà Israele e dato fuoco alle polveri della propaganda contro il ministro europeo.

Lady Ashton ha parlato senza troppe mediazioni diplomatiche, affermando che l'Europa chiede con forza il rispetto dei diritti umani e delle leggi che regolano la responsabilità delle potenze occupanti in Palestina. Ha chiesto la liberazione immediata di Gaza e stigmatizzato il blocco della striscia, così come la politica di colonizzazione.

Dopo anni di silenzio il primo ministro degli Esteri europeo ha detto in pratica che la posizione della UE è ancora quella di dieci anni fa: due stati, con una Gerusalemme capitale divisa e confini non diversi da quelli riconosciuti dall'ONU.

Tanto è bastato perché la propaganda israeliana vomitasse di tutto su Lady Ashton, accusandola di essere, riassumendo, un'aristocratica razzista e antisemita. Peccato che Lady Ashton non sia affatto nobile e che la nomina a Lady l'abbia conquistata dopo anni di attivismo e militanza nel partito laburista e in diverse organizzazioni ecologiste e in difesa dei diritti umani. Peccato soprattutto che la Ashton non abbia parlato a titolo personale, ma esprimendo la posizione ufficiale della UE.

Ma i commentatori filo-israeliani - in Israele e all'estero - hanno preferito buttarla sul personale come al solito; anche le gentili richieste di Obama per il congelamento della colonizzazione sono state trattate come espressioni personali di una brutta persona spinta da motivazioni malvagie.

A margine, il ministro degli esteri della UE non ha mancato di censurare l'operato di Blair (Inviato Speciale per il Medioriente) e del Quartetto (USA, Russia, UE e ONU), che rispettivamente da mesi e da anni assecondano senza mordere qualsiasi iniziativa iniziativa israeliana.

Una censura esplicita, con la Ashton che informa Blair (ex leader del suo stesso partito) che deve dimostrare di valere i soldi che la UE ha investito nella sua missione, con qualche successo più rilevante della semplice apparizione di pattuglie della polizia palestinese per le strade di Jenin.

Una rumorosa mozione di sfiducia che segue la bocciatura della candidatura di Blair alla presidenza della UE ed è abbastanza evidente che per il principale “complice” europeo di Bush si siano chiuse molte porte: non gode più di alcuna fiducia all'estero e nemmeno in patria, nemmeno all'interno del suo stesso partito.

L'esordio del ministro degli Esteri europeo ha avuto però un effetto paradossale nel nostro paese, nel quale la politica interna è interessata a quella estera solo se utile in chiave nazionale o possibile essere fonte di tangenti.

Adesso che c'è il ministro degli Esteri europeo nessuno è sembrato interessato ad esprimersi nel merito a favore o contro. Il rischio evidente è che sotto l'ombrello del super-ministro europeo, che volerà alto su temi planetari, ci sia la proliferazione d’iniziative nazionali - se non regionali - improntate al dilettantismo e figlie di occasioni estemporanee.

Stiamo parlando di iniziative come il triste caso della collaborazione tra l'assessore milanese Prosperini con il regime eritreo, ma anche più preoccupanti, come le aperture di Berlusconi ad autocrati come Gheddafi, Putin e Lukashenko o, ancora, la gestione “riservata” dei rapporti con le dittature delle ex-colonie da parte della Francia.

Di sicuro, come già verificato in questo caso, le iniziative del ministro degli Esteri della UE scivoleranno nell'indifferenza al di fuori del dibattito politico. Qui, Lady Ashton non fa audience.


Israele ammette: rubati gli organi ai palestinesi morti
di Mazzetta - mazzetta.splinder.com - 23 Dicembre 2009

All'inizio di settembre un articolo del giornale svedese Aftonbladet aveva scatenato una crisi diplomatica tra Svezia e Israele. Nell'articolo i parenti di un palestinese denunciavano che gli israeliani avevano restituito il cadavere del loro caro dopo averne prelevato degli organi e che il loro caso non era unico.

Immediatamente da Israele si alzò un fuoco di sbarramento feroce che definì "antisemita" il giornale, la Svezia e chiunque prestasse orecchio ad accuse immaginarie. Oggi invece sappiamo che "l'immaginario furto d'organi" è stata pratica comune in Israele per oltre dieci anni.

A ridurre, solo parzialmente, l'orrore si è venuto a sapere che l'istituto forense israeliano Abu Kabir, non ne faceva questione di nazionalità, rubava gli organi senza consenso sia ai cadaveri dei palestinesi che a quelli degli israeliani che transitavano dalla struttura per le autopsie. L'istituto era l'unico istituto di medicina legale del paese ed è al centro di un clamoroso scandalo che riguarda proprio un traffico internazionale d'organi a pagamento (nelle foto la retata negli Stati Uniti).

Alcuni parenti di soldati israeliani morti hanno fatto causa all'istituto fin dal 2001, possibilità per ora negata ai parenti delle vittime palestinesi, perché gli espianti sui palestinesi erano negati dal governo israeliano.

Il dottor Hiss, nonostane le pesantissime accuse che comprendevano altre irregolarità (tra le quali una collezione di teschi umani e l'aver taroccato l'autopsia di Rabin), è stato assolto da ogni accusa e protetto dal governo, motivo dell'assoluzione è che Hiss non avrebbe tratto profitto dai suoi reati, perché "il suo unico interesse era l'avanzamento della ricerca scientifica". Una giustificazione ccettabile e imbarazzante che si è già sentita nel passato, Hiss continua ancora oggi a lavorare come patologo nella stessa struttura e il governo, difendendolo, ne ha condiviso implicitamente l'operato.

L'ammissione è contenuta in una intervista del 2000 all'allora capo dell'istituto Jehuda Hiss, al canale televisivo israeliano Channel 2 TV, intervista che poi non è mai stata mandata in onda, conservando il segreto su questo modo criminale di procedere fino a ieri. L'intervista è andata in onda questo fine settimana e non perché in Israele si stia decidendo una nuova e discussa disciplina dei trapianti, per la quale i donatori di organi acquisirebbero la precedenza nei trapianti sui non donatori.

È stata Nancy Sheppard-Hughes, l'accademica statunitense che aveva intervistato il professor Hiss nel 2000, a decidere di rendere pubblica l'intervista proprio per la delicatezza delle questioni sollevate dall'articolo di Aftombladet.

Secondo Sheppard-Hughes l'intervista dimostra che non esisteva un accanimento razzista sui corpi dei palestinesi, ma non si può mancare di notare che nell'esercitare la pratica sui palestinesi i medici israeliani hanno infranto leggi e norme che vanno oltre la deontologia professionale, visto che Israele non poteva esercitare alcuna sovranità sui corpi degli "stranieri" e ancora meno su quelli dei nemici uccisi in combattimento o durante i numerosi episodi di repressione ai danni della popolazione palestinese.

Al seguito dell'intervista nessuno ha più avuto il coraggio di smentire nulla, anche perché è arrivata anche la stringata ammissione ufficiale dell'esercito "quelle pratiche hanno avuto luogo" a mettere la parola fine sulla questione.

Se il furto d'organi avesse interessato solo i corpi di cittadini israeliani lo scandalo avrebbe avuto una dimensione esclusivamente nazionale, ma ora che si è saputo che il traffico si estendeva ai corpi dei palestinesi la questione diventa un problema di natura necessariamente internazionale e chiama in causa le responsabilità dei vertici del governo israeliano.

Responsabilità relative a crimini gravissimi compiuti nei confronti di una popolazione sotto regime d'occupazione militare, ce n'è abbastanza per un'altra causa per crimini di guerra contro i governi israeliani dell'epoca.

Uno scandalo e un colpo all'immagine che non potrà certo risolversi dando dell'antisemita a caso, ma anche una rivincita del quotidiano a del giornalista svedese che a settembre erano finiti nella bufera, costretti poi a precisazioni pelose per quietare l'assalto della propaganda israeliana e deflettere l'accusa di antisemitismo, portata rabbiosamente e a gran voce da blog e testate filo-israeliane, arrivando a parlare di "matrimonio all'inferno" tra l'Aftonbladet e Hamas.

In Italia non era andata molto meglio e nessun politico aveva difeso il diritto di cronaca di fronte alla furia dei soliti noti, che erano giunti a chiedere il boicottaggio dell'IKEA contro i cattivi antisemiti.

Oggi, mentre Google News restituisce oltre un migliaio d'articoli sulla clamorosa conferma, la versione italiana offre solo sei risultati, nessuno dai maggiori quotidiani e nessuno che ricordi l'iniziativa di Fiamma Nirenstein (deputata del PDL con cittadinanza israeliana) che da sola causò un piccolo incidente diplomatico tra Italia e Svezia, approfittando della sua posizione in Commissione Esteri per dare dell'antisemita agli svedesi in nome del governo italiano. Nessuno è corso neppure ad intervistare il ministro degli esteri Frattini, che aveva dismesso come false le notizie pubblicate da Aftonbladet.

Ancora una volta l'uso sistematico dell'accusa di antisemitismo da parte della propaganda israeliana si è rivelato efficace nel ridurre al silenzio le voci critiche con Israele, ma ancora una volta l'accusa si è dimostrata falsa, un'offesa e un insulto alla verità.

Chi non ha ragioni da opporre, può ricorrere solo all'insulto, da tempo Israele è ridotto a poter usare solo l'espediente dell'accusa di antisemitismo perché di ragioni nel reprimere e cacciare i palestinesi nei territori, etiche o legali che siano, non ne ha più alcuna.


Primo anniversario di Piombo Fuso: Gaza è ancora devastata

da www.infopal.it - 23 Dicembre 2009

Un giorno che non può essere cancellato dalla memoria del mondo intero. Aerei da guerra sfrecciano nel cielo e lanciano missili e bombe sulle sedi delle amministrazioni, sulle abitazioni e sui civili innocenti. Intere famiglie sterminate, case rase al suolo, esplosioni e urla di mamme e bambini… le sirene delle ambulanze che non smettono mai di suonare.
Questa è la scena che si vive a Gaza a mezzogiorno del 27 dicembre 2008.

Quel giorno, le forze di occupazione israeliane hanno perpetrato i crimini più incredibili e orrendi contro le persone e le cose. Quella data ha segnato infatti l'inizio dell’aggressione alla Striscia di Gaza (un fazzoletto di terra di appena 360 chilometri quadrati, lunga circa 40 km e larga appena 9) sotto falsi pretesti: l'eliminazione di Hamas, votato dal popolo palestinese, e la liberazione di Gilad Shalit, il soldato israeliano catturato dai gruppi della Resistenza palestinese.

Ma Hamas è rimasta dov’era e Shalit non è stato liberato.

Omicidi di massa

Nello stesso periodo, oltre 50 aerei da guerra hanno attaccato più di 200 obiettivi nella Striscia di Gaza. In soli due minuti hanno distrutto la maggior parte delle sedi della polizia nella Striscia e hanno ucciso più di 220 cittadini, ferendone oltre 600.

Ma i micidiali aerei da guerra non si sono fermati lì: hanno continuato a bombardare la Striscia di Gaza per otto giorni consecutivi, colpendo le case di civili che non hanno a che fare con la Resistenza, le ambulanze, i centri dell'agenzia delle Nazioni Unite, l'UNRWA, per non parlare di scuole e ospedali, pieni di decine di migliaia di sfollati.

Dopo questi otto giorni, centinaia di carri armati e truppe di terra hanno invaso le città e i campi profughi vicini alla frontiera, cancellando interi quartieri abitati.
Secondo le statistiche delle Nazioni Unite e delle organizzazioni per i diritti umani nella Striscia di Gaza, 11.154 sono le case distrutte dalle forze israeliane nel corso dei 23 giorni di guerra contro Gaza: 3.632 quelle distrutte del tutto, 8.522 quelle distrutte parzialmente, mentre le case danneggiate lievemente sono circa 52.000.

Interi quartieri rasi al suolo

A causa della distruzione di quelle case, decine di migliaia di famiglie adesso vivono all'aperto, senza riparo. Al momento della stesura di questo articolo, mercoledì 23 dicembre 2009, secondo un censimento delle Nazioni Unite le persone che vivono senzatetto, a seguito della distruzione delle loro case, sono 107.509, tra cui ovviamente bambini, anziani, donne...

Nonostante le numerose promesse di diversi organismi ufficiali internazionali riguardanti la ricostruzione delle case distrutte – promesse fatte durante la ‘Conferenza dei donatori’ svoltasi a Sharm el-Shaykh, in Egitto, dopo l’aggressione israeliana a Gaza -, tali buone intenzioni non si sono ancora concretizzate. Il volume delle perdite stimate durante quella conferenza ammontava a due miliardi di dollari.

Il corrispondente di Infopal.it a Gaza ci propone un caso tra le migliaia di persone che vivono senzatetto e che attendono che questa situazione cambi, ovvero che i cosiddetti ‘donatori’ attuino le loro promesse e gli occupanti israeliani tolgano l'immorale embargo imposto alla Striscia di Gaza.

Si tratta del caso della famiglia di Mohammad Khader, composta da tre membri: due femmine e un maschio, tutti affetti da malattie croniche: il fratello maggiore ha 50 anni ed è infermo, mentre le due sorelle soffrono di malattie cardiache e di problemi muscolari.

Questa famiglia ha perso la propria casa il dodicesimo giorno dell’aggressione a Gaza, quando gli aerei da guerra israeliani hanno bombardato il quartiere dove abitavano, il quartiere as-Salam (la Pace, ndr), a nord della Striscia. Lì gli israeliani hanno demolito tutto, e fortunatamente la Croce Rossa ha prontamente evacuato gli abitanti del quartiere prima che venisse distrutto totalmente dagli aerei e dai carri armati israeliani.

Su‘ad, la sorella maggiore, ci ha guardato con le lacrime dell'angoscia e del dolore, ma all'improvviso ha detto ad alta voce: "Ogni giorno vengono i vari media e ci intervistano per puntare i riflettori sulla nostra sofferenza, ma non vediamo nessuno che si dà da fare concretamente. Io, mio fratello e mia sorella abbiamo bisogno di cure, in particolare la mia sorellina che ha bisogno di medicine per 250 dollari al mese, una somma esorbitante che non abbiamo e che possiamo ottenere solo attraverso l'aiuto di alcune organizzazioni locali".

Questa famiglia, che vive in una tenda di stoffa ricevuta dall'agenzia delle Nazioni Unite UNRWA, rivolge dunque un appello agli spiriti liberi di tutto il mondo affinché la aiutino a ricostruirsi una casa per proteggersi dal freddo dell'inverno e dalla pioggia che scorre sotto i loro piedi mentre stanno nella tenda, per non parlare della mancanza di coperte adatte…

Distruzione sistematica

L’aggressione contro Gaza non si è limitata a colpire gli uomini e le abitazioni. Gli israeliani hanno distrutto intenzionalmente l'economia della Striscia di Gaza: 211 stabilimenti industriali, che vanno dalle fabbriche tessili alle ferriere, dalle industrie chimiche alle fabbriche di laterizi, oltre al danneggiamento di ben 721 attività commerciali, che ha lasciato migliaia di persone senza lavoro.

Perciò, il tasso di disoccupazione ha raggiunto livelli record anche in confronto ai Paesi più poveri del mondo. Infatti, secondo le recenti statistiche delle Nazioni Unite, essa è aumentata a causa dell’ininterrotto embargo israeliano imposto alla Striscia di Gaza, al quale si è aggiunta l’aggressione dell’inverno scorso: adesso siamo al 73%, col reddito pro capite che è inferiore a un dollaro al giorno, tra l’altro ricevuto tramite gli aiuti dell'UNRWA, che fornisce sostegno a centinaia di migliaia di persone nella Striscia di Gaza.

Nemmeno i settori agricolo e dell’allevamento si sono salvati dalla brutale aggressione israeliana. I bulldozer israeliani hanno distrutto e raso al suolo 627.175 ettari coltivati, per lo più frutteti, ossia 448.298 alberi, ma anche 219 pozzi che servivano ad irrigare le colture, mentre per quanto concerne il settore zootecnico le forze di occupazione hanno ucciso 8.912 animali, tra pollame e bestiame.

E' opportuno ricordare che la Striscia di Gaza è ancora in piena rovina: nemmeno una casa è stata ricostruita come si deve, a causa dell'ignobile embargo israeliano che costringe un milione e mezzo di persone in una grande ‘prigione a cielo aperto’.

Anzi, Gaza è molto peggio di una prigione, perché gli israeliani vi impediscono l'introduzione della maggior parte dei generi di prima necessità, come il latte per i bambini e le medicine, eccetto quel poco che arriva tramite le ‘carovane di solidarietà’ con la gente di Gaza che riescono sporadicamente a rompere l’embargo.