Super-banchieri: un gruppo di delinquenti decide tutto
di Giulietto Chiesa - www.libreidee.org - 22 Dicembre 2010
A proposito di complottisti: dedichiamo questo commento a Pigi Battista e a tutti quelli che sostengono sempre, invariabilmente, le versioni ufficiali. Adesso ne abbiamo una nuova, quasi ufficiale ma, sfortunatamente, complottista al cento per cento.
E’ del New York Times, e scommetto un milione di euro che né Pierluigi Battista, né Riotta, né De Bortoli, né nessun altro di questa risma ne parlerà ugualmente, anche se viene dal New York Times.
Sembra una favoletta: ci sono nove-banche-nove, che si riuniscono una volta al mese da qualche parte a Manhattan, per decidere quanti milioni di disoccupati creare, quanta gente ridurre alla disperazione, quanti bambini devono morire di fame – in Africa, in Asia, non importa dove.
Volete sapere i nomi? Eccoli. JP Morgan, Goldman Sachs, Union de Banques Suisses (Ubs), Crédit Suisse, Barclays, Citigroup, e altre ancora.
Questo è il centro del potere mondiale. E’ da qui che si irraggiano le manovre speculative, è qui che si complotta, è qui che si inventano i ricatti contro i governi, è qui che si disfano e si fanno i governi, è qui che si decide quali ministri bisogna mettere, in quale governo.
Bene: questo è un complotto o non è un complotto? Come la mettiamo?
Uno che ne ha parlato in Italia si chiama Eugenio Scalfari, domenica scorsa; ha fatto un editoriale molto intelligente. Anche Scalfari lo sapeva: infatti disse che si trattava di un segreto di Pulcinella.
Io ne parlai, qualche anno fa, scrivendo ”, insieme a Marcello Villari un libro che avevo intitolato “Superclan”. E parlai sapendo che mi avrebbero dato del complottista. Ma avevo fretta: sapevo che sarebbe arrivata la tempesta e decisi di parlare ugualmente.
Invece Scalfari tacque, pur sapendo la verità; adesso, dottamente, ci spiega che costoro decidono tutto nel buio, decidono i nostri destini, il nostro futuro; ma anche adesso, dopo aver detto questo, anche Eugenio Scalfari non vuole andare fino in fondo.
Perché se le cose stanno così, se questi signori – in nove – sono più forti del presidente degli Stati Uniti d’America (e lo sono per davvero), allora che cosa ne è della democrazia in questo mondo?
Che cosa ne è della democrazia liberale dell’Occidente? E chi avrà il coraggio di mettere all’ordine del giorno di un governo qualsiasi di questa Europa la questione di spiccare un mandato di cattura contro questi delinquenti ciechi, che rappresentano tutti insieme la scimmia al comando che sta trascinando il mondo in un baratro? Ecco, la domanda è questa: chi avrà questo coraggio?
Io propongo di cominciare a organizzarci, per creare una forza politica che dica la verità e dichiari guerra ai creatori della guerra – perché questi sono i veri organizzatori della guerra, soltanto che è una guerra contro di noi.
“Alternativa” è questo nucleo, e si propone questo obiettivo. Allora io vi chiedo: venite con noi, per fare diventare questo nucleo, adesso piccolo, una valanga. Perché basta che si cominci a dire la verità perché questo gruppo di malfattori venga costretto all’impotenza.
Wall Street, le cene del "club dei derivati". Così i banchieri decidono la speculazione
di Federico Rampini - La Repubblica - 13 Dicembre 2010
Il Dipartimento di Giustizia ha aperto un'inchiesta. Ma trovare le prove è quasi impossibile. Il terzo mercoledì di ogni mese nove membri di una élite della finanza Usa fissano le strategie
Di nuovo loro: i Padroni dell'Universo. Stessi nomi, stessi vizi, una storia che sembra condannata a ripetersi e col finale che rischia di essere già scritto: l'impunità. Stavolta è l'intero mondo dei titoli derivati - finanza "tossica" che ebbe un ruolo cruciale nella crisi del 2008 - l'oggetto delle loro congiure.Una vera e propria "cupola" di grandi banchieri esercita un potere esclusivo di controllo su questo mercato.
Fuori da ogni trasparenza, e al riparo da ogni concorrenza. "Il terzo mercoledì di ogni mese - rivela il New York Times - nove membri di una élite di Wall Street si riuniscono a Midtown Manhattan. I dettagli delle loro riunioni sono coperti dal segreto. Rappresentano Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan, Citigroup, Bank of America, Deutsche Bank, Barclays, Ubs, Credit Suisse".
Ufficialmente, i nove banchieri di questo potentissimo comitato d'affari hanno il compito di "salvaguardare la stabilità e l'integrità" su un mercato che muove ogni giorno migliaia di miliardi di dollari.
Di fatto, il club dei nove "protegge gli interessi delle grandi banche che ne fanno parte, perpetua il loro dominio, contrasta ogni sforzo per rendere trasparenti i prezzi e le commissioni".
La denuncia raccolta dal New York Times viene dal massimo organo di vigilanza. La fonte più autorevole all'origine dell'inchiesta è Gary Gensler, capo della Commodity Futures Trading Commission.
L'uomo a cui Barack Obama ha affidato il compito di fare pulizia in un mercato altamente speculativo. Ma Gensler è costretto ad ammettere la sua impotenza. "Il costo di quelle pratiche lo paga tutto il resto dell'economia, lo pagano tutti gli americani", lamenta Gensler. E naturalmente anche gli europei, visto che Wall Street è il centro della finanza globale. I derivati infatti hanno innumerevoli usi, una parte dei quali sono "virtuosi" e più vicini a noi di quanto possiamo immaginare.
I fondi pensione li utilizzano per ridurre il rischio di perdite sui loro investimenti nel caso che le tendenze di mercato abbiano improvvisi rovesci (per esempio un futuro rialzo dei rendimenti sui buoni del Tesoro che deprime il valore di quelli in portafoglio). Le compagnie aeree e navali comprano derivati per attutire il colpo di un rincaro del petrolio.
L'industria agroalimentare si protegge da aumenti nel costi dei raccolti. Perfino il consumatore, l'automobilista, è vittima di manovre speculative che attraverso i derivati accentuano il boom delle materie prime. Nessuno dei protagonisti dell'economia reale è veramente tutelato dalle manipolazioni su questi strumenti.
Nessuno sa cosa decidono i nove membri del club esclusivo che si riunisce il terzo mercoledì del mese. Il Dipartimento di Giustizia ha aperto un'inchiesta "sulla possibilità di pratiche anti-concorrenziali nel clearing e nel trading sui derivati". I sospetti di collusione e di un vero e proprio cartello non sono nuovi.
Ma trovare le prove è difficile. E' vecchia di nove mesi la notizia di un'altra inchiesta del Dipartimento di Giustizia che aveva fatto scalpore: quella che accusava i più importanti hedge fund (Soros, Paulson, Greenlight, Sac Capital) di aver concordato un attacco simultaneo all'euro, in una cena segreta l'8 febbraio a Wall Street.
Il giorno dopo, 9 febbraio, al Chicago Mercantile Exchange i contratti futures che scommettevano su un tracollo dell'euro erano schizzati oltre 54.000, un record storico. Goldman Sachs e Barclays furono coinvolte nelle cronache su quelle grandi manovre.
Ma da allora l'inchiesta sulla congiura ai danni dell'euro non ha avuto sviluppi di rilievo. Estrarre prove dal club dei Padroni dell'Universo è complicato, almeno se si seguono i metodi "normali". Di qui la grande attesa per le rivelazioni annunciate da WikiLeaks sulla Bank of America: chissà che non riesca Julian Assange dove la magistratura non arriva...
Per quanto riguarda il mercato dei derivati, paradossalmente è proprio per effetto della grande crisi del 2008 che i Padroni dell'Universo hanno assunto un ruolo ancora maggiore. Uno dei momenti più drammatici di quella crisi fu il crac dell'American International Group (Aig), la compagnia assicurativa affondata dalle perdite su un particolare tipo di titoli derivati, i credit default swaps.
In quel frangente il Tesoro e le autorità di vigilanza si accorsero che nessuno riusciva a capire veramente le interconnessioni sul mercato dei derivati, esposto all'effetto-domino: una bancarotta di Aig avrebbe travolto decine di altre istituzioni e forse l'intero sistema bancario.
Perciò fu il Tesoro a spingere per la creazione di una "clearing house" o camera di compensazione, affinché le grandi banche si facessero carico di garantire la stabilità del mercato dei derivati. A questo però si accompagnava la riforma Obama delle regole della finanza, che doveva aumentare i poteri delle autorità di vigilanza, e rafforzare la trasparenza.
Quella riforma oggi è sotto tiro da parte della nuova maggioranza repubblicana al Congresso, vittoriosa alle elezioni di novembre e beneficiata dai generosi finanziamenti di Wall Street.
Nell'applicazione della riforma i repubblicani stanno cercando di svuotarla: giovedì il Congresso ha bocciato la richiesta di Gensler per nuove regole sulla trasparenza. "I derivati - spiega il giurista Robert Litan che per il Dipartimento di Giustizia diresse un'analoga battaglia contro le collusioni al Nasdaq - sono un mercato molto concentrato, e quando il governo di una simile entità è in poche mani, possono succedere brutte cose".
Una certezza è che i Padroni dell'Universo usano il loro potere oligopolistico per estrarre dal resto dell'economia dei profitti esorbitanti.
Esempio: su un solo contratto derivato di credit default swap - che protegge l'acquirente dall'eventualità di fallimento di uno Stato sovrano come la Grecia, o di una società quotata - il banchiere intermediario incassa una commissione di 25.000 dollari. Contratti simili se ne fanno migliaia ogni giorno, rimpinguando i profitti delle varie Goldman Sachs, JP Morgan, Morgan Stanley.
Quando negli anni Novanta il Dipartimento di Giustizia riuscì a dimostrare che un'analoga collusione tra banchieri controllava gli scambi sul Nasdaq (la Borsa dei titoli tecnologici), in seguito al cambiamento delle regole le commissioni bancarie scesero a un ventesimo del livello precedente.
Ma un rischio ancora superiore è che dentro il "club dei nove", grazie allo scambio di informazioni quotidiane possano maturare operazioni di cartello, manovre concertate, una manipolazione dei mercati. Quelli che dovrebbero "stabilizzare" i derivati, sono i primi a poter profittare delle prossime fiammate speculative.
Barnard, il più grande crimine: "Il Potere distrugge gli Stati"
di Roberto Santilli - http://abruzzoweb.it - 19 Dicembre 2010
Il ritorno schiacciante delle élite assolutiste in cabina di comando è l’argomento al centro del saggio “Il più grande crimine”, pubblicato dal giornalista e scrittore Paolo Barnard sul suo sito Internet.
Sessanta pagine di nomi, cognomi, dettagli politici, sociali ed economici su ottant’anni di storia in Occidente, con particolare attenzione all’Europa della moneta unica. Una moneta non più sovrana come quelle nazionali, ma che va presa in prestito: caratteristica che limita la capacità di investimento per opere come potrebbe essere anche la ricostruzione dell’Aquila.
Quasi un secolo durante il quale secondo Barnard sono state abbattute conquiste sociali d’ogni risma a colpi di colossali bugie e storie di fantasmi inventate da chi, in sostanza, aveva sempre dominato i destini dei popoli ma che, in seguito agli sviluppi dell’Illuminismo e ai postumi democratici della Rivoluzione francese, era stato costretto ad indietreggiare di fronte alla diffusione su larga scala di idee contrarie alle proprie.
AbruzzoWeb lo ha intervistato.
Ha da poco pubblicato “Il Più Grande Crimine”, nel quale spiega che cosa è successo in Occidente negli ultimi ottant’anni di storia. In termini sociali ed economici, un vero e proprio disastro.
Sì, un piano perfido e criminale per il ritorno al potere assolutista delle élite finanziarie e grandi industriali, in particolare in Europa. Hanno tenuto milioni di persone in povertà o precarietà per puro calcolo di dominio e mai per necessità economica reale. Sto parlando dei cittadini occidentali, non del Terzo Mondo.
Difficile riassumere tutto in poche righe, ma ci provi.
Il “Vero Potere” ha pensato a come togliere agli Stati la possibilità di spendere a deficit. Il debito pubblico era in realtà un fantasma, gli Stati a moneta sovrana potevano gestire la propria economia semplicemente inventandosi il denaro sufficiente a ripagare il debito, ma questo era intollerabile per le élite economiche e industriali, che in tal modo avrebbero perso troppo potere. Da lì è partito tutto.
I cittadini e i lavoratori, la gente che ha perduto le più elementari garanzie, con chi deve prendersela? Chi è che ha venduto tutto e tutti? Chi non li ha difesi?
Se la devono prendere con le élite e i loro intellettuali, che descrivo nel saggio “Il più grande crimine”. Poi, in Italia, con il centrosinistra che è stato a tutti gli effetti il paggio in Italia del potere, del “Vero Potere”. Con i sindacati che non hanno capito niente di cosa il potere stava facendo e di come lo faceva, e si sono letteralmente venduti a esso. Infine con se stessi, per non voler agire con radicalismo né voler capire neppure quando gli viene detto cosa accade.
Nel saggio sottolinea che il progetto criminoso ha distrutto gli Stati sovrani e le leggi che li rendono tali e ha marginalizzato i cittadini attraverso alcuni “trucchi”. In che modo sono stati “vincenti” i vincitori e “perdenti” gli sconfitti?
I vincitori lo sono stati con una disciplina d'azione assoluta in tutto il mondo, con finanziamenti enormi, con un lavoro di creazione di cervelli omologati e messi in tutti i posti chiave della società che conta. I perdenti perché ammaliati dalla cultura della visibilità ed esistenza commerciale, incapaci di capire chi è il “Vero Potere” e come agisce, in più distratti da questo compito dai fasulli eroi dell'antisistema. In generale i perdenti hanno previlegiato le feste di piazza al lavoro serio, grigio, quotidiano che serviva per comprendere e combattere il potere.
Cosa sta realmente accadendo alla Grecia, al Portogallo, all’Irlanda, alla Spagna?
Vengono strangolati socialmente e sono obbligati a mantenere l’euro, che non possono permettersi. Questo consente a Germania e Francia, per conto di grandi industriali e gruppi finanziari, di costringere i Paesi a tagli selvaggi al settore pubblico e a una compressione dei salari da lacrime e sangue, con il fine ultimo di ottenere anche in Europa sacche di lavoratori pagati alla “cinese” per far profitti sull’export. L’Italia e tutti gli altri Stati dell’Eurozona sono destinati a questa fine.
I prossimi, quindi, siamo noi italiani? E l’Inghilterra? Gli inglesi sono a moneta sovrana, eppure i tagli alla spesa pubblica e la deregolamentazione del privato... Il primo ministro, David Cameron, usa spesso lo slogan “meno Stato, più società” sulla strada verso una “Big Society”. Quale “filosofia” si nasconde dietro?
Gli Stati dell’Eurozona hanno perduto le monete sovrane (lira, marchi eccetera) che permettevano teoricamente loro di gestire in modo sovrano la loro economia e la spesa dello Stato. Oggi l’euro non è più una moneta sovrana poiché non appartiene a nessuna nazione europea. Tutti gli Stati dell’Eurozona la devono prendere in prestito dalle banche e dai mercati privati, con conseguenza catastrofiche sui conti pubblici.
Fra l'altro, se avessimo ancora moneta sovrana, il governo potrebbe spendere tranquillamente per riedificare tutto l'Abruzzo terremotato senza limiti di budget. La Gran Bretagna ha ancora una moneta sovrana, la sterlina, ma il suo governo ha deciso per soli motivi ideologici di non usare la moneta per creare occupazione e servizi pubblici. Di fatto, stanno tagliando entrambi i settori selvaggiamente per conto degli stessi poteri industriali e finanziari di cui sopra, che sono i veri i padroni dei politici.
Lei ha vissuto per diverso tempo a Londra, una delle capitali “morali” del capitalismo mondiale. Quali momenti del progetto di cui si occupa nel saggio ha potuto vivere nella sua esperienza oltremanica?
È troppo lungo da raccontare qui, ma in sintesi ho visto con i miei occhi il risultato agghiacciante della compressione della spesa pubblica con la Thatcher, del mantenimento, su ordine delle élite finanziarie speculative, di una sterlina fortissima con bassa inflazione, che significava la morte delle aziende inglesi sui mercati dell’export e il crollo dei salari di milioni di lavoratori inglesi.
Ho visto il gonfiarsi della bolla speculativa immobiliare e la tragedia del suo crollo, con gli edili alla fame. Ma in parole povere, vedevo crescere ogni giorno per le strade i senza fissa dimora coi sacchi a pelo, ed erano tutti giovani delle periferie industriali ridotte alla fame da quelle politiche neoliberali. E con essi alcool e droga, disperazione.
Secondo un economista francese da lei intervistato, “pochissimi politici comprendono come funziona il sistema monetario e la vera natura della Banca centrale europea, per cui cascano facilmente nella trappola ideologica delle élite finanziarie. Per esempio Jean-Claude Trichet (oggi governatore della Bce, n.d.r.) quando era direttore del Tesoro francese ignorava del tutto le regole del sistema bancario moderno e dell’economia”. Com’è possibile una cosa del genere? Dove comincia l’infezione del rimbambimento sull’economia?
Non è difficile da capire. Chi è stato formato per tutta la vita su teorie economiche date per Vangelo, non potrà mai gettare alle ortiche tutto ciò in cui ha creduto e che gli ha dato carriera e potere per abbracciare una nuova verità. Il neoliberismo economico è divenuto il Vangelo di tutte le docenze di economia del mondo che conta, di ogni singolo master per manager, politici, tecnocrati e loro ci credono ciecamente. Ma è una teoria aberrante e di fatto sbagliata, che ovviamente avvantaggia solo le élite che l’hanno imposta.
Il primo medico ottocentesco che intuì che erano proprio i medici a spargere infezioni mortali in corsia a causa del fatto che non si lavavano le mani dopo le autopsie, fu cacciato e rinchiuso in manicomio. Erano medici, avevano studiato, eppure non capivano un accidente di infettivologia. Lo stesso accade fra gli economisti oggi, accecati dal dogma che hanno studiato.
Una tappa fondamentale del “crimine” porta il nome di Trattato di Lisbona. Cos’è in sostanza, in quale forma è stato proposto ai cittadini europei e quali effetti reali avrà sull’autonomia delle Nazioni?
È, di fatto, una Costituzione europea introdotta subdolamente dalla porta laterale della politica dopo la bocciatura di una simile Costituzione nel 2005 da parte di Francia e Olanda, intese come cittadini, non governi. Come ho scritto in passato “il sigillo a questo tradimento dei principi democratici fu messo dallo stesso Valéry Giscard D’Estaing (ex Presidente della Repubblica Francese, n.d.r.), in una dichiarazione del 27 ottobre 2007, raccolta dalla stampa europea: ‘Il Trattato è uguale alla Costituzione bocciata. Solo il formato è differente, per evitare i referendum’. I capi di Stato erano concordi questa volta: no al parere degli elettori, no ai referendum”.
L’autonomia delle 27 nazioni della Ue non esiste più, poiché tutto il potere legislativo proprio dei parlamenti nazionali è oggi soggetto all’autorità superiore del potere legislativo della Commissione Europea, che nessuno di noi elegge.
Ha fatto l’esempio del leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro, uno dei tanti che si batte per difendere la Costituzione italiana e poi firma il Trattato che di fatto la abolisce. Semplice ignoranza o addirittura correità?
Di Pietro, con il suo codazzo dei soliti noti, si riempie la bocca ogni santo giorno di proclami disperati in difesa della Costituzione italiana, della quale lui e i suoi senatori e deputati hanno firmato l'abolizione il 23 e il 31 luglio del 2008.
In quelle date un'Italia politica di ignoranti e/o in malafede, Idv compresa, ha ratificato il Trattato di Lisbona, depositato poi l'8 agosto, che di fatto sottomentte la nostra Costituzione del 1948 poiché, come sancito da una sentenza vincolante della Corte europea di giustizia “I trattati europei sono la carta costituzionale di una comunità legale, un nuovo ordine legale di fronte al quale gli Stati hanno limitato i loro diritti sovrani”.
Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha invocato una modifica del trattato di Lisbona proprio per bloccare le Corti Costituzionali tedesche che volevano bocciare le decisioni Ue sul salvataggio delle Grecia. Significa che il trattato è più potente delle Corti Costituzionali tedesche.
I veri “padroni del vapore” come pensano di gestire un periodo indefinito di crisi e disoccupazione di questa portata? Non si sta forse esagerando?
Certo che stanno esagerando. Ma loro non hanno mai avuto e mai avranno una visione sistemica dell’economia. Significa che sono divoratori di tutto ciò che possono sbranare ora, subito, senza assolutamente pensare alle conseguenze a lungo termine. La catastrofica crisi finanziaria del 2007-2010 è la prova lampante di quanto dico, hanno distrutto le finanze di tutto il mondo occidentale in due anni e nessuno di loro si è mai preoccupato del danno sistemico.
Le banche stesse hanno speculato come squali e poi molte di loro sono affondate mentre ancora banchettavano. Ma le grandi banche e i grandi istituti di speculazione sanno che possono distruggere a piacimento, tanto poi i politici che loro comandano useranno le casse degli Stati per salvarli. Quello che è accaduto in Italia (52 miliardi di euro sborsati per loro) e nel mondo (circa 12 mila miliardi di dollari sborsati).
L’Europa è destinata a essere una zona piuttosto povera, allora. Perché? Solo per competere sul mercato con le nuove realtà come Cina ed India, che producono a costi di manodopera praticamente inesistenti?
È destinata ad avere sacche enormi di lavoro pagato alla cinese, per quello scopo. Ma anche per impoverire tutti i mercati pubblici europei che poi saranno svenduti ai privati per pochi spiccioli, in particolare i servizi essenziali come sanità, acqua, assistenza sociale, anagrafi, cimiteri, istruzione eccetera. La gente, anche se impoverita, dovrà per forza pagare quei servizi, garantendo profitti certi a chi li possiede.
Studenti in rivolta in tutta Europa per gli aumenti all’Istruzione. Per essere gestibile, la massa deve restare ignorante?
La ragione è duplice: gli ignoranti si controllano meglio, certo, ma soprattutto si pagano di meno. Vogliono comprimere i salari a livelli cinesi e si capisce che comprimerli su milioni di laureati e più difficile che su milioni di appena diplomati o addirittura non.
Prodi, D’Alema, Amato, Veltroni e altri del centrosinistra hanno contribuito ad accelerare le privatizzazioni e le internazionalizzazioni delle aziende pubbliche italiane. Un lavoro in teoria affidato alle destre economiche, come è avvenuto in Inghilterra con i laburisti, di destra, di Tony Blair. Cosa non si è capito in questo processo? Per chi ha davvero lavorato il centrosinistra italiano?
Sono gli eredi del Pci, che fin dagli anni 60-70 si era già posizionato come interlocutore privilegiato degli Usa e del grande capitale, mentre nelle piazze faceva la retorica dei lavoratori. Il centrosinistra ha ereditato il più potente partito-azienda del mondo, per cui ha subito compreso cosa si doveva fare per mantenere i legami con la grande finanza internazionale.
Ma in Italia si parla da quasi due decenni solo di Berlusconi, o con lui o contro di lui, con tutte le forze in campo per difenderlo o per farlo fuori. Lei lo ha definito “un problema biodegradabile”, lo considera un politico di serie C con un potere limitato al suo orticello.
La destra di Berlusconi è una congrega di caciaroni, affaristi da quattro soldi, improvvisati, reduci da piccoli partiti scomparsi, nani e ballerine e del “Vero Potere” non capiscono nulla.
E perché il premier non è gradito ai famosi piani alti? Chi è che davvero non lo tollera più?
È odiato dalla finanza internazionale, che ha in Italia il suo sicario in Carlo De Benedetti (e Marco Travaglio, Amato, Prodi, D’Alema eccetera). Entrò in politica col loro appoggio, quando credevano fosse un liberista puro, ma quando si rivelò disobbediente nel ’94 lo silurarono, ordinando alla Lega di uscire dal governo. Ma non avevano fatto i conti con gli italiani, che lo rieleggono sempre. Dal 2004 al 2009 tutta la stampa finanziaria internazionale maggiore lo ha demolito come “nemico del libero mercato” con una ferocia unica. Vorrà dire qualcosa, no?
Lui non ha capito gli avvisi, le sgridate. Ha continuato a fare i fattacci suoi nel suo cortiletto di casa, fregandosene degli interessi dei padroni internazionali. Il caso Alitalia ha fatto infuriare le corporate rooms europee e la sua recente lettera al G20 di Seul, dove chiede di mettere le manette alla finanza speculativa mondiale, lo ha definitivamente condannato.
Non sto dicendo che Berlusconi è un bravo statista, solo che non capisce a chi deve obbedire. Prodi e D’Alema lo capirono subito, infatti negli anni ’90 fecero il record europeo delle privatizzazioni.
Salto nel passato. Tangentopoli: è contro i complottisti e le teorie del complotto in genere, ma un dubbio su quell’episodio della storia d’Italia le è venuto quando Gherardo Colombo...
Non esattamente. La coincidenza di date fra l’esplosione europea del potere dei tecnocrati neoliberisti, i fanatici delle privatizzazioni selvagge, del libero mercato senza interferenze delle leggi dello Stato eccetera e, guarda caso, la sparizione attraverso Tangentopoli di una classe politica italiana statalista e poco incline a servire gli interessi Usa, mi ha fatto sorgere domande molto tempo fa. Ne parlai dopo a Gherardo Colombo, ex del pool di Mani Pulite, ma lui non andò oltre a semplici suppposizioni.
Craxi e la vecchia classe politica italiana, brutta, sporca, cattiva e corrotta, ma statalista, non erano graditi ai piani alti. I piani alti però non li conosce nessuno, quindi è toccato a Craxi scappare. Si è trattato di un bersaglio “quasi” giusto?
Non ci sono collegamenti diretti fra la latitanza di Craxi e il potere della finanza internazionale che ha beneficiato della sparizione della Prima Repubblica. Questi ultimi probabilmente hanno ben visto le indagini come mezzo per portare in Italia una politica a loro asservita, ma Craxi scappò da ben altro.
Viene fuori che gli sforzi della società civile per cambiare le cose sono inutili, visto che gli attori sul palco, anche quelli considerati di opposizione, coprirebbero registi e personaggi principali di questa “commedia”?
In Italia abbiamo un nutrito antisistema che è composto da falsari truffatori che per ottenere fama, privilegi e denaro, stanno deviando l’attenzione di milioni di italiani su temi secondari, e anzi, uno come Travaglio attivamente promuove i valori dei poteri che ci stanno distruggendo.
Questa è una vera tragedia, perché solo lo 0,2 per cento degli attivisti italiani si rende conto di cosa ci sta accadendo, della tragedia del mondo del lavoro per opera delle élite finanziarie e industriali.
Ma come? Grillo fra le altre cose si batte contro il nucleare, Travaglio parla costantemente e dettagliatamente di Mafia e la Gabanelli, che lei conosce bene per averci lavorato per anni, “resiste” su Rai 3 insieme a Santoro. Non si impegnano abbastanza?
Leggete sopra, poi aggiungo che in nessun ‘regime’, cito Travaglio, al mondo, e mai nella storia, si sono visti ‘paladini’ dell’antisistema stare in prima serata tv. Non ho detto che certe loro denunce non siano meritevli, il dramma è che nascondono cose mille volte più gravi e di cui non parlano mai. È come un ospedale che cura solo ulcere o reumatismi ma ignora tumori, infarti e coma.
Stando a quanto sostiene, mentre Roberto Saviano spiega in tv nascita ed evoluzione delle mafie in Italia, qualcuno che mafioso almeno sulla carta non è fa più danni di Riina, Buscetta, Provenzano e Schiavone? Dura da spiegare a chi ha subìto e subisce la violenza delle cosche, o no?
Fa molti, ma molti più danni. La mafia sottrae alla Sicilia un miliardo di euro all’anno di ricchezza, in due anni la crisi finanziaria ha rubato all’Italia 457 miliardi. Beh, è dura anche spiegare a uno che ha fitte bestiali da ulcera che la sigaretta che fuma lo sta ammazzando. Non dico che le denunce di Saviano non abbiano valore, dico solo che tutti veniamo indirizzati a curare l’ulcera e non il cancro.
Saviano poi è un falsario morale della peggior specie, un uomo che denuncia i 4 mila morti della Camorra in 40 anni e loda sperticatamente Israele che in un solo anno fece 19 mila morti illegalmente, che nel 2008 a Gaza ne ha fatti 1.300 in una sola azione di poche settimane. Sempre illegalmente. I morti non sono tutti uguali? I crimini non sono tutti crimini? Poi non si capisce quali rivelazioni abbia mai fatto Saviano, io non le ho viste e i napoletani che mi scrivono confermano.
Altra sua citazione. “In Italia se non sei di una parrocchia appartieni inevitabilmente a quella nemica”. Lei non vuole appartenere a nessuna delle due, ma sa bene che per certe battaglie serve visibilità. Questione amletica. Come si risolve? Esiste una cultura della “buona” visibilità?
No. L’unica è rendere protagonista ogni singolo individuo. Io ci provo senza visibilità.
I media incatenati alle esigenze dei proprietari e i giornalisti senza protezione legale per poter scrivere liberamente. Se ne uscirà? E come?
Che ciascun cittadino usi la sua testa. Non importa conoscere i dettagli dei dettagli dei dettagli, sappiamo alla nausea cosa non va, basta sapere le cose fondamentali e muoversi, agire, cose che non sappiamo più fare. Chi ha portato l’umanità dalle barbarie alla modernità lo ha saputo fare sapendo molte meno cose di noi e con mezzi primitivi. Torniamo ad agire.
Un salto in Vaticano. In percentuale quanto conta in Italia?
Poco, rispetto ai danni dei poteri di cui parlo.
Grande crimine, distruzione degli Stati e delle leggi, marginalizzazione dei cittadini, depauperamento delle forze lavoro, grandi sacche di povertà, livello di istruzione generale da abbassare fino a livelli medievali, polverizzazione di ogni concetto legato al sociale. Dove andremo a finire?
In nazioni con due terzi della popolazione che sopravvive in una forbice che va dalla ricchezza oscena a una risicata classe media in bilico, e con un terzo assolutamente alla fame come negli Usa, dove oggi 40 milioni mangiano una sola volta al giorno e altri 45 milioni devono scegliere se curarsi o mangiare. Avremo in Europa sacche enormi di lavoro pagato alla cinese e la perdita completa di ogni sevizio pubblico. A meno che non ci svegliamo e ci ribelliamo. Questo è quanto.
Traduzione di Eileen Morgan per Il Portico Dipinto
Al giorno d’oggi la ricchezza mondiale è più concentrata nelle mani di una élite di quanto lo sia mai stata nella storia moderna. Un tempo la maggior parte della popolazione sul pianeta sapeva come coltivare i propri alimenti, allevare i propri animali e prendersi cura di sè. Non c’erano molte persone favolosamente ricche, ma c’era una certa dignità nell’avere un pezzo di terra che potevi chiamare tuo, o nell’avere un’abilità che potevi far fruttare. Tristemente, nelle ultime decine di anni, una percentuale sempre maggiore di terre coltivabili è stata inghiottita da grosse corporation e da governi corrotti. Centinaia di milioni di persone sono state cacciate dalle proprie terre verso aree urbane sempre più dense. Nel frattempo, è diventato sempre più difficile avviare un’attività propria, dal momento che poche monolitiche corporation globali hanno iniziato a dominare quasi ogni settore dell’economia mondiale. Così, un numero sempre maggiore di persone nel mondo è stata obbligata a lavorare per “il sistema” per riuscire appena a sopravvivere. Allo stesso tempo, coloro che sono al vertice della catena alimentare (l’élite) hanno impiegato decenni per implementare il sistema in modo da assicurarsi nelle proprie tasche porzioni sempre più vaste di ricchezza. E così oggi, nel 2010, abbiamo un sistema globale in cui pochissime persone al vertice sono assurdamente ricche, mentre circa metà della popolazione di questo pianeta è irrimediabilmente povera. Ci sono davvero poche nazioni nel mondo che non siano state quasi interamente saccheggiate dall’élite globale. Quando l’élite parla di “investire” nei paesi poveri, ciò che intende veramente è prendere possesso delle terre, dell’acqua, del petrolio e delle altre risorse naturali. Grosse corporations globali stanno oggi spogliando dozzine di nazioni in tutto il mondo di favolose quantità di ricchezza, mentre la maggior parte della popolazione di quelle nazioni continua a vivere in un’abietta povertà. Nel frattempo, i politici al vertice di quelle nazioni ricevono ingenti doni per poter perpretare il saccheggio. Quello che quindi abbiamo nel 2010 è un mondo dominato da una minuscola manciata di persone ultraricche al vertice che posseggono una quantità incredibile di beni reali, un gruppo più numeroso di "manager intermedi" che fa funzionare il sistema per l’élite globale (e che è pagato veramente bene per farlo), centinaia di milioni di persone che fanno il lavoro richiesto dal sistema, e diversi miliardi di “inutili avventori” di cui l’élite globale non ha bisogno alcuno. Il sistema non è stato progettato per elevare il tenore di vita dei poveri. Né per promuovere la “libera impresa” e la “competizione”. L’élite intende piuttosto accaparrarsi tutta la ricchezza e lasciare il resto di noi schiavi del debito o della povertà. Quello che segue è un elenco di 20 dati statistici che provano il continuo accentramento di ricchezza nelle mani dell’élite globale, lasciando la maggior parte del resto del mondo in povertà e miseria. Si è sostenuto che nel corso del 19° secolo, la famiglia possedeva di gran lunga il più grande patrimonio privato del mondo, e di gran lunga la più grande fortuna nella storia moderna. Nessuno sembra conoscere esattamente quanta ricchezza posseggano i Rothschild oggi. Dominano il sistema bancario in Inghilterra, Francia, Germania, Austria, Svizzera e molte altre nazioni. E’ stato stimato che la loro ricchezza aveva un valore di miliardi [di dollari] già alla metà dell’800. Senza dubbio la quantità di ricchezza detenuta oggi dalla famiglia è qualcosa di inimmaginabile, ma nessuno lo sa con certezza. Nel frattempo, miliardi di persone nel mondo si stanno chiedendo come far saltar fuori il loro prossimo pasto. A questo punto, molti lettori vorranno discutere di quanto è orribile il capitalismo e di quanto meravigliosi siano il socialismo e il comunismo. Ma il problema non è il capitalismo e come abbiamo visto innumerevoli volte nei decenni passati, la proprietà statale delle imprese non costituisce soluzione a nulla. Ciò che abbiamo nel mondo oggi non è capitalismo. E’ piuttosto qualcosa di più vicino al “feudalesimo”. L’élite è costituita da “uomini-monopolio” che sfruttano la loro incredibile ricchezza e potere per dominare il resto di noi. Di fatto, è stato John D. Rockefeller ad affermare: “La competizione è peccato”. Sarebbe bellissimo se vivessimo in un mondo in cui chi vive in povertà fosse incoraggiato a intraprendere una propria attività agricola, a crearsi un lavoro e costruirsi una vita migliore. Invece le cose vanno nella direzione opposta. La ricchezza diventa sempre più concentrata nelle mani di pochissimi, e il ceto medio ha iniziato a venire eliminato anche nelle nazioni benestanti come gli Stati Uniti. Risulta che l’élite globale ha deciso che non ha realmente bisogno di così tante e costose “api operaie” statunitensi dopo aver spostato oltreoceano migliaia di fabbriche e milioni di posti di lavoro. Nel frattempo gli statunitensi sono così distratti da Ballando sotto le stelle, da Lady Gaga e dalla propria squadra sportiva da non rendersi conto di cosa sta accadendo. Non c’è alcuna garanzia sul fatto che gli Stati Uniti saranno prosperi per sempre. Oggi, un numero record di statunitensi vive già in povertà. Il reddito medio familiare è calato lo scorso anno ed è calato anche lo scorso anno rispetto a quello precedente. Quindi svegliamoci. Gli Stati Uniti si stanno integrando in un sistema economico globale dominato e controllato da una élite spropositatamente ricca. A costoro non interessa che tu abbia da pagare il mutuo e che tu desideri mandare tuo figlio all’università. Ciò che interessa loro è accumulare quanto più denaro possibile per sè stessi. L’avidità sta correndo rampante attorno al pianeta e il mondo sta diventando un luogo molto molto freddo. Sfortunatamente, a meno di eventi davvero drammatici, i ricchi stanno solo diventando più ricchi, e i poveri stanno solo diventando più poveri.
Generazione rabbia
di Maurizio Maggiani - www.ilsecoloxix.it - 19 Dicembre 2010
Ho manifestato i miei sdegni e i miei aneliti per le strade d’Italia dal 1968 al 1977. Ho smesso di farlo a Bologna, una bella mattina di fine estate quando, arrivato in ritardo al corteo delle “mitiche” giornate contro la repressione, lo lasciai sfilare da cima a fondo senza trovare dove inserirmi, senza riconoscermi in nessuno dei gruppi, delle facce, degli slogan, degli abbigliamenti.
Ero diventato troppo vecchio per quella roba, o troppo prudente, o troppo saggio, o troppo codardo; non so, ma ero davvero e definitivamente da un’altra parte.
Un quarto di secolo dopo mi sono trovato a Genova, residente della Zona Rossa con cartellino, inutile, di giornalista accreditato appeso al collo. Ho assistito a tutte le manifestazioni a cui mi è stato possibile, cercando di vedere e capire, e ho partecipato a quella del sabato, la grande manifestazione pacifica finita nei grandi pestaggi; ho salvato dalle manganellate due signore che portavano una maglietta con su scritto “un unico Padre, cinque miliardi di fratelli”, e sono io stesso stato salvato da una giovane famiglia che mi ha aperto la porta di casa.
Tornando al Secolo XIX, quella sera vidi all’Acquasola giovani togliersi le loro tute nere e rimettersi a modino sotto lo sguardo spensierato di un gruppo di poliziotti. Quella notte i “fatti” della Diaz, ed ebbi la certezza che il movimento pacifista internazionale era stato distrutto, intenzionalmente annientato.
A parte l’affermazione di un principio di imperio – «l’abbiamo fatta finita con quei rompicoglioni!» fu l’articolata analisi che ascoltai dalla bocca di un alto dirigente del governo di allora – a parte la quasi fantascientifica supposizione che si volesse limitare con salda brutalità i limiti spaziali e di principio della partecipazione democratica, ancora oggi mi sfugge la lungimiranza di quell’opera demolitoria.
Sono passati dieci anni e assisto, non più di persona ma attraverso i canali di informazione internazionali ufficiali e no, ad altre manifestazioni; ad Atene, a Parigi, a Londra, a Roma.
Forse dovrei essere lì, e vedere e toccare con mano per capire davvero, ma se posso azzardare un giudizio su una realtà che percepisco solo virtualmente, allora mi sento di dire che quello che i giovani manifestanti, i loro volti e le loro azioni, le loro parole, io non le conosco, e men che meno le riconosco. Sideralmente lontani da quell’ultima mia manifestazione di Bologna e da quel sabato di Genova.
Giovani, e ancor più che giovani, ragazzi. Non sono marziani, sono i miei figli, sono la nuova generazione. Non parlano lingue sconosciute, ma la mia. Non chiedono cose a me ignote, ma cose che posso comprendere bene. Solo che dicono e fanno ogni cosa in modo diverso, nuovo. E la novità, la grande novità, è la rabbia.
Non che io non conoscessi questo sentimento, ma la loro e una rabbia, un profondo, interiore, assoluto scontento, e un’energia nel manifestarlo, una forza che io non ho avuto, né visto, da ragazzo, giovane uomo, adulto.
E con quella loro rabbia, che gli vedi insorgente come un geyser, intrattenibile nelle parole, hanno cominciato a rompere, a spaccare.
Vedendo i filmati dalle stupefatte capitali d’Europa, non è così difficile riconoscere i professionisti, quelli che lavorano con metodo a sfasciare e picchiare, quelli che da secoli fanno il lavoretto sporco degli infiltrati, ma è facile vedere che non ci sono solo loro, che il gesto di violenza è diffuso.
Credo che lo sarà sempre di più. Perché è nella natura delle cose che sia così, irreparabilmente intrinseco allo stato delle nazioni. E lo sappiamo bene, non c’è nessuna analisi speciale da fare, nessun dibattito che non sia una ipocrita pappina consolatoria.
Non si può spedire un’intera generazione nel vuoto pneumatico pensando che non cerchi di tornare sulla terra, non la si può comprimere all’infinito nel nulla cosmico senza sapere che prima o poi esploderà.
Questa generazione non ha niente di quello che hanno avuto i loro padri e che si sono ingegnati a dissipare, il pensiero per primo e la previdenza sociale per ultima. I loro padri che si sono mangiati il modo intero e ora li prendono anche in giro andandogli a spiegare che la festa è finita.
Questa generazione non ha parole perché è da quando andava all’asilo che non trova un cane che la stia a sentire, che le dica qualcosa che valga la pena di essere ascoltato, buono o cattivo maestro che sia.
Questa generazione è frutto del ventre nostro, una pancia gonfia di supponenza e inverosimile egotismo. È come se non fossero mai nati quei ragazzi, tenuti nello stato inoffensivo di feti, ad avvizzire nella vita. E vorremmo che fossero ragionevoli.
Portatori di una ragione tollerabile agli occhi di padri che si titillano nel sogno perverso di durare in eterno da eterni adolescenti, impotenti innamorati del potere. Ne abbiamo allevato qualcuno perché ci facesse da ventriloquo con toni più convincenti delle nostre voci screditate, ma non funzionerà, non ha mai funzionato.
Non sono tanti, al momento, quelli che ci stanno preoccupando; possiamo ancora illuderci che i più possiamo ancora tenerli a bada continuando a rifornirli di gadget e snack moderatamente aggiunti di anfetamine e narcotici.
Ma se non fossimo dimentichi della storia, compresa la nostra, ricorderemmo che bastano pochi a renderci la vita scomoda, a tenerci in angosciante sgomento e paura per tutti i giorni che Iddio manda in terra, e alla fine sono i pochi quelli che fanno saltare in aria tutta la baracca.
Come costruire una rivoluzione che non cada a pezzi in due giorni
di Gianluca Freda - http://blogghete.blog.dada.net - 20 Dicembre 2010
Il lettore Mirko ha scritto nei commenti relativi all’articolo sugli scontri di Roma
Caspita che articolone...perché non lo completi parlando delle conseguenze della "strategia del compromesso, della determinazione, della pratica di potere utilizzata per sconfiggere il potere"? Così, magari riusciamo ad arrivare alla degenerazione della rivoluzione russa che hai citato... Trai forse godimento dai pestaggi, visti i continui incitamenti alla violenza della celere?
Ti sconvolge tanto la vista di due tavolini privati sottratti da un bar privato per essere lanciati, ma non parli della disperazione dei lanciatori d'immondizia di Terzigno e dei terremotati, anche loro in piazza.
Secondo il tuo ragionamento è una brutta cosa sporcare Roma con l'immondizia, meglio tacere e respirare diossine in silenzio, non lamentarsi in questo modo "barbaro"...chissà cosa penseranno quelli dei bar...
Non capisco, invece, a cosa serva pontificare dalla tastiera come fai tu, dando dei falliti e degli impotenti a chi ancora - e fortunatamente- possiede dei sogni. Mi chiedo come si fa -e come fai- a fare qualsiasi cosa senza il motore dei sogni e dell'utopia?
Concludo dicendo che, almeno secondo me, l'altro giorno in piazza si è espressa unicamente la rabbia, forse non è servito a niente, ma era se non altro lecito esprimerla; la violenza, come sempre, è arrivata, e continua ad arrivare, da chi detiene la forza ed il potere. Saluti.
Il lettore ritiene che sogni e utopie siano il motore di ogni cambiamento. Può darsi che questo sia vero per la vita individuale. Ma quando parliamo della progettazione di un cambiamento sociale, sarebbe bene che ci abituassimo a lasciare i sogni nella dimensione che ad essi appartiene di diritto: quella del dormiveglia e delle fantasie notturne.
Appaltare le trasformazioni sociali a branchi di sonnambuli e parolai in pigiama, produce, anche nella migliore delle ipotesi, un fastidioso e rumoroso nulla di fatto, ammantato di deliri teoretici, come quelli che siamo abituati ad ascoltare – senza ormai troppa distinzione – tanto nelle parole dei “rivoluzionari” da centro sociale quanto nei discorsi dei “rivoluzionari” da organigramma di sindacato e di partito nel corso delle periodiche ed inutili manifestazioni “di protesta” accalappiagonzi.
Nell’ipotesi peggiore (che è poi di gran lunga la più frequente e storicamente diffusa) l’allucinazione utopica produce semplice manovalanza per “rivoluzioni” gestite dal potere ed indirizzate verso scopi esattamente opposti a quelli che i sognatori dormienti vagheggiano mentre si agitano in preda al delirio.
Date retta a un fesso: le rivoluzioni, quelle vere, sono roba per persone ben sveglie e con i piedi per terra. Soprattutto, sono roba da élite.
Dove, col termine “élite”, non si intende indicare una realtà connotata sul piano della gerarchia economica o sociale, bensì su quello del pragmatismo politico e della pianificazione intellettuale.
Pianificazione che, in tutte le rivoluzioni storiche di qualche rilievo, si è sempre attuata attraverso la circolazione delle idee e dei programmi attraverso i mezzi di comunicazione esistenti, tastiere comprese.
In ogni rivolgimento sociale di successo c’è una “testa” che dirige le operazioni, rappresentata dall’élite che dispone dei mezzi di comunicazione necessari a diffondere nella massa le idee e le parole d’ordine su cui dovrà fondarsi l’insurrezione; e ci sono moltitudini di “sognatori” senza arte né parte che fungono da semplice carne da cannone. Inutile dire che gli effetti della rivoluzione si rivelano sempre vantaggiosi per l’élite e devastanti per gli utopisti sonnambuli.
Non voglio togliere nulla all’utilità di questi ultimi, senza la cui incompetenza e irriflessività politica nessuna rivoluzione sarebbe possibile.
Non ce l’ho con i decerebrati spaccatutto che abbiamo visto in azione a Roma, né con i branchi di pecore che transumano periodicamente verso i pascoli della protesta su apposito torpedone sindacale, i quali svolgono egregiamente il proprio ruolo di soldataglia.
Ce l’ho con le élite da cui tali moltitudini sono attualmente gestite e manipolate. Perché le finalità perseguite da queste élite di potere sono del tutto antitetiche a ciò che ritengo essere l’interesse attuale del nostro paese, inteso nel suo insieme complessivo di pastori e di mandrie, di colonnelli e di subordinati.
E’ significativo che il lettore scriva: “secondo me, l'altro giorno in piazza si è espressa unicamente la rabbia, forse non è servito a niente, ma era se non altro lecito esprimerla”. E’ una frase che fornisce un’idea precisa della linea di demarcazione che separa i membri dell’élite dai sognatori suoi manovali.
L’élite pianifica, organizza, gestisce, manovra la percezione del mondo e la stessa violenza di piazza secondo modalità che sono funzionali ai suoi obiettivi; la carne da cannone è del tutto priva di capacità di decodifica dell’esistente e di schemi progettuali.
Possiede solo la sua rabbia istintiva (a cui attribuisce addirittura un valore etico trascendente, trattandosi dell’unica prerogativa a sua disposizione) che ritiene lecito sfogare, una volta superato un certo livello, su qualunque cosa gli capiti a tiro.
Come il buon padre di famiglia, che tornando a casa distrutto e frustrato dal lavoro, ritiene legittimo massacrare di botte moglie e figli, visto che su qualcuno dovrà pur sfogarsi. Il mio articolo si intitolava “La rivoluzione dei falliti” e penso che non avrei potuto scegliere titolo migliore.
Nell’articolo in questione citavo, in esergo, una frase tratta da “L’arte della guerra” di Sun Tzu. Mi chiedo che cosa avrebbe pensato l’antico stratega cinese di un “esercito”, come quello visto in azione a Roma il 14 scorso, che attacca battaglia al solo scopo di sfogare la propria frustrazione; che combatte solo nei momenti e nei luoghi che è il nemico a definire, con apposita comunicazione alle truppe; che si lascia guidare verso lo scontro dai generali dell’esercito nemico o dai traditori ad esso venduti, i quali portano bene in vista sulla divisa le stellette sindacali e partitiche di cui sono stati insigniti per la propria fellonia; che nel corso della battaglia non attacca il nemico, ma i propri stessi commilitoni e compagni di sventura, distruggendo le loro proprietà e dando alle fiamme i loro villaggi; che diffonde in questo modo l’odio e il desiderio di defezione tra le proprie stesse fila; che utilizza la violenza a sproposito e contro obiettivi casuali, anziché riservarla (come Sun Tzu suggeriva) alla fase finale della guerra, per suggellare una vittoria già ottenuta attraverso la diplomazia, la comunicazione, l’astuzia e l’inganno.
Probabilmente il vecchio cinese non avrebbe destinato ad una simile masnada l’appellativo di “esercito”, limitandosi a considerarla una congrega di scimmie infuriate e a riderci sopra.
Ancora più verosimilmente, avrebbe avuto parole di lode e di stima per i generali dell’esercito loro nemico, dimostratisi capaci di ridurre gli avversari alla più assoluta impotenza senza neppure muoversi dal proprio accampamento. “Tutta la guerra è basata sull’inganno.
Perciò, quando siamo pronti ad aggredire, dobbiamo apparire impreparati; quando adoperiamo le nostre forze, dobbiamo sembrare inattivi; quando siamo vicini, dobbiamo far credere al nemico che siamo lontani; quando siamo lontani, dobbiamo fargli credere che siamo vicini. Tieni pronte le esche per allettare il nemico. Fomenta disordini e schiaccialo”.
Per quanto implacabile sia il mio odio per le strutture sovranazionali, economiche e politiche, che hanno ridotto in servitù il nostro paese, devo riconoscere ai loro generali una capacità strategica un miliardo di volte superiore a quella dei cialtroni visti in azione nelle piazze nostrane.
E’ normale, del resto: non a caso loro sono l’élite, mentre i cialtroni di cui sopra sono la marmaglia inconsapevole che viene manovrata per il conseguimento degli obiettivi predefiniti.
Immagino che, nel caso in questione, l’obiettivo – o uno degli obiettivi - fosse quello di defenestrare un governo, pessimo sì, ma dimostratosi troppo indipendente e refrattario agli ordini nell’ambito della politica estera.
Eppure, nonostante l’ottima strategia messa in campo, l’élite dominante sembra, per il momento, avere fallito. Il governo incriminato è rimasto in carica, sia pure per tre soli voti di maggioranza.
I suoi avversari politici sono ora allo sbando, compresi i rinnegati finiani così accuratamente costruiti e finanziati, costretti ad annullarsi nella macedonia immonda di un elettoralmente improponibile “terzo polo”, che prefigura la loro prossima estinzione.
Bisogna chiedersi: perchè hanno fallito? Perché la marmaglia antiberlusconiana, inviata a deporre il rinnegato governatore della colonia, pur debitamente infiltrata da operativi del nemico, non è riuscita per adesso a perseguire il risultato agognato?
Il motivo è semplice: non esiste più un’unica élite. Nell’epoca della ridefinizione degli assetti geopolitici globali, le élite che si contendono il controllo delle masse e la loro sudditanza alle parole d’ordine sono diventate una pluralità.
La vecchia nomenclatura dirigente rispolvera i vetusti schemi interpretativi del mondo organizzati per dicotomie (“fascismo-comunismo”, “democrazia-dittatura”, “berlusconiano-antiberlusconiano”, “razzista-antirazzista” e via bipolarizzando), mentre il nuovo gotha che ad esse contende il potere prova ad inserirsi nel gioco della manipolazione delle coscienze con altri modelli prefabbricati e narrazioni alternative.
Questa battaglia per il controllo delle moltitudini si combatte (come del resto è sempre avvenuto nel corso della storia) nel campo dell’informazione e dell’entertainment. Cioè proprio dietro quelle tastiere che i pasdaran della rivoluzione di piazza sono stati abituati – un po’ per insipienza politica, un po’ per programmazione culturale abilmente somministrata dagli strateghi del nemico – a disprezzare e sbeffeggiare.
E’ dietro le tastiere del web, delle redazioni giornalistiche, delle case editrici che vengono definiti e perfezionati i nuovi modelli percettivi e di pensiero cui le masse dovranno conformare la propria visione del mondo nei decenni futuri.
E’ dietro le tastiere dei programmatori che vengono studiati i nuovi contenuti web, attraverso i quali i mezzi di comunicazione telematica verranno gestiti per le finalità di dominio proprie della classe intellettuale che uscirà vincitrice dallo scontro.
E’ sempre dietro le tastiere che nascono i social network come Facebook, utili a rimbecillire e rendere controllabili, analfabetizzandole, le nuove generazioni; o come Twitter, attraverso i cui canali già viaggiano le direttive e gli ordini per la gestione delle “rivoluzioni colorate” fomentate dal potere (come si è visto in occasione della famigerata “rivoluzione verde” iraniana); o i nuovi templi dell’informazione “alternativa” come Wikileaks, creati allo scopo di soppiantare l’informazione libera del web, sostituendo ad essa un’autorevole e ponderosa massa di nulla oggettivo, privo di qualunque elaborazione critica.
In questo scontro di nomenclature, come sempre, i facinorosi guastatori di piazza rivestiranno il ruolo di truppe d’assalto, agli ordini dell’organizzazione di potere che riuscirà a vincere la guerra dell’informazione.
Occorre dunque decidere – e decidere adesso – se desideriamo rivestire il ruolo di soldati che subiscono la rivoluzione prossima ventura o di progettisti che la pianificano e la manovrano.
Rivolgo pertanto un appello a tutte le menti razionali che, ritrovatesi martedì scorso nel bel mezzo di una guerra alla cui progettazione non avevano in alcun modo contribuito, abbiano sentito “a pelle” di trovarsi nel livello sbagliato della gerarchia.
Invito tutti costoro a lasciar perdere le molotov, le risse coi celerini e gli scudi di cartone e a venire dietro le tastiere, dove c’è urgente bisogno di loro.
Di truppaglia mercenaria da gettare allo sbaraglio contro il nemico ne abbiamo anche troppa. Ci servono generali, strateghi, programmatori, psicologi delle masse, scrittori, articolisti, ministri della (nostra) propaganda. E’ con questi strumenti e solo con questi che si organizzano e soprattutto – come avrebbe detto con saggezza il vecchio Sun Tzu – si può provare a vincere le guerre e le rivoluzioni.