Dieci trend per il 2011
di Gerald Celente - www.lewrockwell.com - 18 Dicembre 2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Giada Ghiringhelli
Dopo i tumultuosi anni della Grande Recessione, una persona mal ridotta potrebbe desiderare per il 2011 un ritorno a tempi più generosi e sereni.
Ma non è quello che prevediamo. Al contrario, i frutti dell'attività - e dell'inattività - governativa ed istituzionale matureranno in tendenze impreviste.
Le tendenze che abbiamo individuato in precedenza, e che abbiamo messo a decantare per qualche tempo, giungeranno a maturazione nel 2011... e non risparmieranno nessuno, in qualunque parte del mondo ci si trovi.
1. Il campanello d'allarme. Nel 2011 la gente, in tutte le nazioni, si renderà pienamente conto della gravità delle condizioni economiche, dell'inefficacia e dell'opportunismo delle cosiddette soluzioni, e capirà che le conseguenze potranno essere disastrose.
Essendosi convinta che i leader e i saccenti "arbitri di tutto" non saranno capaci di mantenere le loro promesse, la gente farà molto di più che mettere in dubbio l'autorità: vorrà ribellarsi. Ci sarà terreno fertile per una rivoluzione...
2. Il tracollo del 2011. Fra i nostri Top Trend per lo scorso anno c'era il "crollo del 2010". Cosa è successo? La borsa non è crollata. Lo sappiamo. Nel nostro Autumn Trends Journal abbiamo espresso chiaramente che non avremmo previsto una crisi della borsa - i mercati azionari non erano più un indicatore affidabile di una reale ripresa dell'economia. Tuttavia, gli indicatori affidabili (tasso di occupazione, mercato immobiliare, tensioni monetarie, i problemi dei debiti sovrani) erano tutti al limite fra crisi e tracollo.
Per il 2011, esaurito l'arsenale di schemi per tenere a galla questi indicatori, prevediamo "il tracollo del 2011": le economie barcollanti crolleranno, e ne conseguirà una guerra delle valute, saranno erette barriere commerciali, si disgregheranno le unioni economiche, e tutti riconosceranno l'inizio della Greatest Depression (ndt. Peggior Depressione).
3. Spremi la popolazione. Con il peggiorare della situazione e l'impoverimento della popolazione, le "autorità" intensificheranno gli sforzi per ottenere il denaro necessario per adempiere alle obbligazioni fiscali. Seppur con variazioni sul tema, la canzone dei governi sarà sempre la stessa: tagliare le uscite, aumentare le entrate.
4. Ondate di crimine. Niente lavoro + niente denaro + debiti in aumento = più stress, relazioni tese, mine vaganti. Nel 2011, basterà un'inezia per far scoppiare una mina vagante e la criminalità sarà all'ordine del giorno. Quando la gente perde tutto e non ha più nulla da perdere, perde tutto ciò che le resta.
Le privazioni porteranno a crimini trasversali allo spettro socio-economico, che saranno commessi da schiere di disperati allo stremo, che cercano di fare tutto ciò che è in loro potere per tenersi un tetto sopra la testa e mettersi qualcosa sotto i denti.
5. Giro di vite sulla libertà. Al crescere del tasso di criminalità, sicuramente si chiederà a gran voce un inasprimento dei provvedimenti. Ci sarà una crociata di gente che chiede "pugno di ferro contro il crimine". E come nella "guerra al terrore", dove i "sospetti terroristi" sono stati uccisi prima che la loro colpa fosse stata provata o incarcerati senza processo, nella "guerra al crimine" chiunque sarà sospettato finché non si proverà la sua innocenza.
6. Energie alternative. Nei laboratori e nelle officine lontano dagli occhi degli analisti del mainstream, visionari scientifici e imprenditori forgeranno una nuova fisica basata su principi un tempo ritenuti impossibili, lavorando per creare strumenti che producano più energia di quanta ne consumano.
Di cosa si tratterà, e quanto tempo sarà necessario prima che compaiano sul mercato? Gli investitori accorti ignoreranno lo scetticismo del "non è possibile", e analizzeranno le opportunità di successo delle energie emergenti.
7. Giornalismo 2.0. Sebbene la tendenza sia in corso dall'inizio della Rivoluzione Internet, il 2011 sarà l'anno in cui nuovi metodi di diffusione dell'informazione renderanno obsoleto il modello del 20mo secolo. Con la sua impareggiabile capacità di andare oltre i confini nazionali e le barriere linguistiche, "il giornalismo 2.0" ha il potenziale per influenzare ed educare la cittadinanza.
E i governi ed i baroni dei media non lo permetteranno sicuramente se riusciranno. Delle centinaia di tendenze che abbiamo previsto in questi ultimi trent’anni, poche avrebbero potuto avere effetti di così ampia portata...
8. Guerra cibernetica. Solo un decennio fa, allo sbocciare dell'era digitale, quando gli hacker erano visti come fastidiosi fanatici del computer, prevedemmo che l'intrinseca fragilità di Internet e la vulnerabilità dei dati contenuti in esso lo avrebbero reso oggetto di crimini cibernetici e che ne sarebbe conseguita una guerra cibernetica. Nel 2010 tutti i principali governi si sono resi conto del fatto che la guerra cibernetica era un pericolo evidente e già presente, ed infatti, essa ha già avuto inizio.
Gli effetti tangibili della guerra cibernetica e del crimine cibernetico, ad essa connesso, sono già significativi - e diventeranno davvero importanti nel 2011. Allo stesso modo, saranno imponenti le dure misure che verranno prese dai governi in tutto il mondo per controllare il libero accesso alla rete, per identificare gli utenti, e bloccare letteralmente i computer ritenuti pericolosi per la sicurezza nazionale.
9. Giovani del mondo intero. Con la laurea in mano, ma ancora disoccupati, indebitati e senza prospettive all'orizzonte, sentendosi traditi e arrabbiati, costretti a tornare a vivere dai genitori, i giovani ventenni hanno un diavolo per capello, e non ne possono davvero più.
Pieni di forze e di passione, ma non ancora maturi per controllare i loro impulsi, gli scontri a cui parteciperanno potranno anche andare oltre i limiti. Gli sforzi dei governi per esercitare il controllo e riportare la gioventù a uno stato di pacifica accettazione saranno maldestri e inefficaci. La Rivoluzione apparirà in televisione ... nei blog, su YouTube, su Twitter e ...
10. La fine del mondo! Più ci avvicineremo al 2012, più aumenteranno le voci che proclamano che "La fine è vicina!" In qualunque epoca storica, ci sono state sette che hanno trovato segni e presagi dell'imminenza della fine del mondo. Ma il 2012 sembra avere un significato speciale in un'ampia fetta di quelli che credono nella "fine dei giorni".
Secondo i seguaci di Armageddonite, la reale fine del mondo e la distruzione della Terra per il 2012 è una certezza. Anche chi è più razionale e si tiene aggiornato attentamente sulle infinite crisi globali può avere la sensazione che il mondo sia in una situazione di pericolo. Entrambe le correnti di pensiero stanno portando molti a rivalutare le proprie chance di sopravvivenza, che sia essa in cielo o in terra ...
Più Stato meno mercato
di John Kleeves - www.centroitalicum.it - Numero di novembre-dicembre 2010 di ITALICUM
La leggenda del capitalismo e del libero mercato
Dimenticate Marx e pensate ex novo al Capitalismo. Cosa si intende per Capitalismo? Un’economia di libero mercato, il quale lasciato a sé stesso e senza interventi statali permette la creazione di grandi ricchezze concentrate.
Si intende questo, eppure se ci pensiamo vediamo che con un mercato veramente libero non potrebbero affatto crearsi grandi ricchezze concentrate: con un mercato veramente libero non potrebbe esserci il Capitalismo!
Il fatto è che le grandi ricchezze concentrate, diciamo le grandi aziende, per nascere e mantenersi hanno bisogno sempre di opere pubbliche, di opere della collettività.
Immaginiamo ogni grande azienda, di qualunque settore, ai suoi albori. L'industria dell'auto per esempio. Dopo l'invenzione del semovente in vari Paesi degli imprenditori pensarono alla produzione di massa. Hanno venduto bene le prime serie, ma poi avrebbero dovuto fermarsi: era necessaria una rete stradale adatta.
Ma in un mercato libero lo Stato non ti fa le strade perché devi vendere le tue auto ma ti dice: se le vuoi compra i terreni e asfalta, caro il mio imprenditore privato, e rispetta i diritti dei confinanti, che sono liberi cittadini in un libero mercato.
Avrei voluto vedere come avrebbero potuto svilupparsi i colossi del settore, come la Ford o la Fiat: avrebbero dovuto comprare striscia di terra dopo striscia di terra, asfaltarla, recintarla e dotarla di un'infinità di sottopassaggi e cavalcavia, curarne la manutenzione, rendere conto degli incidenti che vi avvenivano. Sarebbe stato impossibile anche il primo passo, l'acquisto dei terreni, perché ogni contadino avrebbe chiesto cifre esorbitanti è ovvio.
Sarebbe rimasto al nostro candidato capitalista delle quattro ruote il mercato militare: jeep e camion per l'Esercito, che viaggiavano sulle strade da lui fatte, per i suoi scopi. E il tutto vincolato dallo Stato (divieto di esportare, tipi di prodotti, eccetera), perché è roba di importanza strategica.
Oppure pensiamo all'industria aeronautica e alle compagnie aeree. Begli oggetti gli aerei passeggeri, ma richiedono aeroporti e in un libero mercato lo Stato ti risponde come prima: Cosa c'entro io? Fatteli! E in luoghi deserti, dove non infastidiscano nessuno col rumore, perché i miei cittadini sono liberi cittadini in un libero mercato, e hanno dei diritti.
Rimarrebbe come prima solo il mercato militare, con basi escluse ai voli civili. Poca cosa e coi soliti vincoli.
Oppure pensiamo all'energia elettrica da portare a ogni domicilio: grandioso, ma occorre attraversare con i cavi le proprietà degli altri, che potrebbero rifiutare o chiedere un tot, perché sono liberi cittadini in un libero mercato. Lo stesso per telefoni e telefonate: bisogna attaccare cavi alle case altrui.
O per il trasporto via mare, per l'import-export e per le crociere turistiche: hai bisogno di porti attrezzati e in un libero mercato o te li fai o non trasporti. Lo stesso per ogni altro settore potenzialmente atto a dar luogo a grandi aziende, al grande capitale. Semplicemente in un libero mercato, e ripeto libero, queste non possono neanche nascere.
Si obietterà: ma così sarebbe impossibile lo sviluppo economico e civile! L'osservazione è irrilevante: questi sono gli esiti di un libero mercato di liberi uomini. E poi lo sviluppo economico e civile non sarebbe impossibile; solo, dipenderebbe dalla volontà dello Stato, che comincerebbe a fare i patti con le aspiranti grandi aziende o imprese: faccio le strade, i porti, eccetera, ma voglio la maggioranza della proprietà delle vostre aziende perché sono io che vi faccio vivere.
In breve - sorpresa - l'esito fisiologico di un veramente libero mercato è la statalizzazione di ogni attività economica rilevante. Puoi possedere tutti i mezzi di produzione che vuoi, ma se il mercato è proprio libero non vai da nessuna parte.
Le Vere Leggi del libero mercato
E anche se per mera ipotesi, per passatempo speculativo, concediamo che in un libero mercato possano nascere grandi aziende private, come farebbero poi a mantenersi? Un libero mercato è un mercato dove la gente per quanto riguarda i fatti economici fa e disfà a suo piacimento, e lo Stato non interviene, non premia e non punisce.
Non lo ha detto Adam Smith, il profeta del Capitalismo, che lo Stato non deve interferire, che ci pensa la invisible hand (la "mano invisibile") del libero mercato a regolare tutto per il meglio?
Bene, allora io compro a credito e non pago: è un atto economico e lo Stato non deve intervenire. Dirà il medesimo: Non c'è stato furto (non ha preso la roba dallo scaffale ed è scappato) ma il mancato rispetto di un patto economico fra le parti: il mercato è libero, per definizione non possono esserci leggi che lo regolino, e quindi arrangiatevi; neanche chiedo la restituzione della merce, perché la vostra transazione, non essendo regolamentata, non ha valore giuridico e perciò chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto, ma se in seguito alle recriminazioni ci sono violenze su persone o cose interverrò invece immancabilmente, a punirne l'autore.
Cosa rimane ai produttori e ai venditori in questo regime di libertà economica?
Cosa fa la invisible hand?
Dice di consegnare la merce solo a fronte di un pagamento immediato e in contanti, ecco cosa dice. Come fa il contadino al mercato: nella mia mano il cavolfiore, nella tua il soldo. E questa è la Prima Vera Legge dell'economia di libero mercato.
Ma così, appunto, addio grandi aziende, addio banche, addio Capitalismo. L'invisible hand di Adam Smith protende il medio, gli gira dietro la schiena, e va su.
Oppure io vedo sul libero mercato un bell'oggetto, lo faccio uguale e lo vendo, magari a un prezzo più basso, perché sono un mago nell'arte della concorrenza. Strilli e strepiti del fabbricante originale, ma cosa deve dire lo Stato in un mercato libero?
Che la cosa non lo riguarda perché io non ho rubato oggetti (ho pagato il campione ostentatamente, o meglio, l'ho comprato a credito), non ho fatto violenze né altro, ma solo lavorato, da cittadino libero in un libero mercato, dove si può fare nell'economico tutto quello che si vuole.
Cosa dice ora l'invisible hand? Dice che non val la pena di far niente che possa essere riprodotto a costo inferiore dal primo napoletano che passa, che è la Seconda Vera Legge dell'economia di libero mercato. E ripete il suo gesto su Adam Smith.
Oppure io sono un bambino ignorante, che non vuole andare a scuola. Il Capitalista protesta con lo Stato: Obbliga i genitori a mandarlo a scuola almeno sino ai 16 anni, dove insegnerai queste e queste materie, e poi allettali a mandarlo all'università, perché mi servono operai, quadri e dirigenti per la mia azienda; beninteso, io non garantisco il posto a nessuno, perché c'è il libero mercato!
Ma in un Paese a libera economia di mercato lo Stato per mere ragioni di civiltà impone un'istruzione di base, che a 12 anni è senz'altro soddisfatta, e poi non obbliga più nessuno a continuare perché non deve raggiungere alcun obiettivo economico: il mercato fa da sé, non è vero? Se chi continua non è sufficiente per le esigenze dello Stato (scuole, ospedali, ricerca, Esercito, eccetera), questi pagherà studenti perché continuino, garantendo anche l'impiego.
Cosa dice l'invisible hand ? Che al massimo si può possedere una fattoria con tanti braccianti agricoli perché per il resto bisognerebbe formarsi il personale a proprie spese, cosa proibitiva: la Terza Vera Legge dell'economia di libero mercato. Ancora la mano invisibile torna su Adam Smith.
Oppure io sono un ladruncolo di supermercato, come ce ne sono decine di migliaia. Ho rubato e lo Stato è disposto a processarmi, ma vuole la presenza fisica del proprietario leso, che dica che la merce era sua, perché in un libero mercato, dato che l'economico non è regolamentato, solo le persone fisiche sono anche persone giuridiche, che possano promuovere azioni giudiziarie. Se si tratta del proprietario di una catena di supermercati dovrà passare la vita fra un processo e l'altro in tutte le città del Paese.
Se è una società per azioni con tanti azionisti dovranno muoversi tutti: sono i proprietari. Ovvio che ogni volta bisogna lasciare perdere. L'invisible hand ? Dice che non si deve sorpassare la dimensione del negozietto di famiglia, perché altrimenti si è spolpati dai furti: la Quarta Vera Legge dell'economia di libero mercato.
Il capitalismo è un fatto politico
Si potrebbe continuare a lungo, ma il concetto è chiaro: il Capitalismo non è per niente un frutto dell'economia di libero mercato. Adam Smith si è sbagliato di grosso e tutti gli altri gli sono andati dietro su questa impostazione, anche il signor Karl Marx.
Cos'è allora, il Capitalismo?
In prima istanza è un fatto politico. Esso rappresenta il comando sull'intera società da parte di una categoria precisa di persone: gli imprenditori. La categoria che comanda in una società potrebbe essere qualunque: i coltivatori diretti, i soldati, i preti, i saggi, i manovali; anche tutti (tramite un Autocrate: le monarchie e gli Imperi non costituzionali). Col Capitalismo questa categoria è quella degli imprenditori.
Ecco perché il Capitalismo si è potuto formare: gli imprenditori hanno preso il sopravvento politico ed hanno modellato la società in modo da potersi sviluppare a danno del resto della collettività, accumulando così le grandi ricchezze concentrate.
Hanno cominciato a prendere questo sopravvento nel Cinquecento, in Europa settentrionale, in modo concomitante con la Riforma Protestante. Modellando la società la prima cosa che hanno fatto è stata proprio quella di togliere la libertà di mercato, portando i governi ad intervenire e a legiferare nell'economico costantemente a loro favore.
L'attuazione è avvenuta per gradi col sistema di governo detto della "Democrazia parlamentare": ci sono le elezioni, che sono influenzate dai media, che a loro volta sono potentemente influenzati dal danaro, e quindi il gioco è fatto. Ciò è riuscito perché il tutto è stato fondato sull'equivoco dell'amore per la "libertà", bella parola in effetti (è un vecchio trucco quello di adulare la vittima designata; si chiama il bacio della morte).
Quando il dominio degli imprenditori è molto forte si arriva a impedire la partecipazione al voto degli elettori potenzialmente ostili: negli Stati Uniti la legislazione e gli accorgimenti elettorali fanno in modo che la percentuale di votanti alle elezioni di Contea - le più importanti perché i loro esiti determinano le successive Statali e Presidenziali - non superi il 25% degli aventi teoricamente diritto; comunque nelle Statali non si fa superare la percentuale del 35% e nelle Presidenziali del 50%.
In questo caso si ha una dittatura vera e propria, ancorché surrettizia; è da chiamare dittatura dell'imprenditoriato. Dato che una grande ricchezza è assai difficile da accumulare, ma una volta fatta quasi automaticamente si conserva e anzi aumenta sempre più coi discendenti, la categoria degli imprenditori al comando diventa rapidamente una casta ereditaria.
Così è con certezza sempre negli Stati Uniti, dove sembra che le grandi ricchezze vadano e vengano con grande facilità, e dove invece non cambiano mai indirizzo: quel 50% della ricchezza nazionale che è posseduto dall'1% della popolazione proviene, di eredità in eredità, dai tempi coloniali.
L'efficienza del Capitalismo
La leggendaria efficienza economica del Capitalismo è anch'essa un fatto politico. Non dipende dalla logica con cui in esso si svolgono tecnicamente i rapporti economici. Dipende dal suo potere politico: più è grande questo potere e maggiore è l'efficienza economica.
Prendiamo ancora gli USA: da cosa dipende la loro famosa efficienza, quella sbandierata sempre dalla Confindustria?
Dallo stato di terrore in cui sono tenuti i dipendenti, da cui sono pretese prestazioni impensabili. Il dipendente americano deve eseguire perfettamente quanto chiestogli, altrimenti è licenziato. Quanto chiestogli è un ritmo e una qualità di lavoro, e per chi è a contatto col pubblico anche un preciso atteggiamento. Fanno più pena i secondi dei primi.
Impiegati e commessi devono essere gentilissimi e pazientissimi col cliente, sorridere molto spesso per farlo sentire gradito e importante, e così fanno sempre, anche quando apparentemente potrebbero prendersi qualche libertà.
Perché? Perché ci sono i controlli: incaricati di agenzie di consulenza aziendale - dei poveracci a loro volta, pagati a cottimo o con la minimum wage - si fingono clienti nel massimo modo sgradevole deciso dalla ditta committente come tollerabile, e l'impiegato che butta il copione è licenziato.
I dipendenti pubblici sono controllati in modo particolare: tutti i turisti italiani negli USA che entrano in un ufficio postale rimangono meravigliati dal confronto con i buzzurri di casa e dicono: Che efficienza! Che gentilezza! Ti credo. Io posso aggiungere che sono anche onesti: offrigli una bustarella e ti denunceranno subito, perché penseranno che sei un agente provocatore.
E la pena per un dipendente pubblico corrotto è tremenda: non solo è licenziato e sottoposto al giudiziario per una condanna detentiva e il risarcimento dei danni, fissati sempre su misura per togliergli tutti i beni mobili e immobili, ma perde anche la pensione maturata.
La pena insomma è: prima ti farai un po' di prigione e poi tu e la tua famiglia sarete degli homeless per sempre. Fra l'altro il ricatto sulla pensione è il segreto della formidabile disciplina delle Forze Armate americane: non c'è uomo più zelante e ubbidiente agli ordini di un militare americano vicino alla pensione (sempre che non debba rischiare la pelle davvero, si intende).
In breve l'efficienza americana non è dovuta al sistema capitalista, ma al terrore, un terrore che si è potuto instaurare appunto perché si ha una dittatura politica.
Qualunque dittatura può raggiungere l'efficienza americana, qualunque tipo di economia abbia: basta che introduca pene analoghe. Ciò però non si è mai verificato.
Perché ?
Perché nessuna è mai stata l'espressione della categoria degli imprenditori, nessuna è mai stata così ferocemente, fisiologicamente, antipopolare.
Le dittature classiche, che conosciamo, sono state o sono tutte popolari, tese a fare l'interesse circa di tutti, come lo vedevano o lo vedono. L'esempio di riferimento è la dittatura del proletariato, ma anche fascismo e nazismo rientrano, anche dittature come quelle di Gheddafi e Saddam Hussein.
Le dittature dell'America Latina, e analoghe, non c'entrano nulla col discorso : sono regimi imposti dall'esterno, guarda caso proprio dagli USA ; sono un tipo di amministrazione coloniale.
E l'efficienza dei Paesi dell'Europa Occidentale? Qui il potere politico degli imprenditori non è così assoluto come negli USA ed effettivamente la loro efficienza economica è più bassa. E' ancora notevole però, ed è dovuta senz'altro alla paura che Paese per Paese gli imprenditori sono riusciti, sempre per via politica, a istillare nei dipendenti.
L'efficienza minima si ha nell'amministrazione pubblica italiana, perché non è possibile il licenziamento né altro, praticamente; nelle aziende private invece si ricorre a torture psicologiche devastanti, come il mobbing ad esempio, che sempre partono dall'alto per forzare le dimissioni. Sono dei reati, delle aggressioni (che ogni tanto risultano fatali: sono le "morti bianche"), che non sono riconosciuti dal Codice Penale solo perché i loro responsabili hanno troppo potere politico.
Ma le cose possono cambiare e si spera sempre che le galere possano finalmente riempirsi della gente giusta. Non bisogna comunque esagerare la portata dell'efficienza economica dell'Occidente. E' capitalista-terrorista, dove più e dove meno, ma è anche colonialista, e non è facile valutare quale delle due cose incida di più nei Prodotti Nazionali. Bisognerebbe provare, ecco: togliergli lo sfruttamento coloniale e vedere che fine fa. Secondo me, non un granché.
Il capitalismo è anche un fatto esistenziale
In seconda istanza il Capitalismo è un fatto esistenziale. Esistenziale perché implica una valutazione della realtà umana assoluta, svincolata dal tempo e dallo spazio. Perché gli imprenditori, cioè i ricchi, prendano il sopravvento occorre per forza un qualche consenso generale: occorre l'ammissione, magari inconscia - appunto esistenziale - che ne abbiano diritto.
Ciò è fornito dalla religione Protestante, che interpretando correttamente l'Antico Testamento dice che la ricchezza materiale è il segno della predilezione divina. E se i ricchi sono gli approvati da Dio allora dovranno governare. Ecco perché la scalata al potere degli imprenditori e la Riforma Protestante sono andate di pari passo.
In conclusione il Capitalismo è un individuo siffatto: si veste da banchiere, ma è un fior di politico, e culturalmente è un Protestante. Questo ci dice che atteggiamento tenere. Innanzitutto occorre smettere di parlare di economia con lui. L'economia non c'entra niente: è un effetto e non la causa.
La causa è la politica e su questo tavolo va fatto il discorso. Che verte sulla solita, primordiale domanda delle società umane: Chi comanda ?
Lui dice che comandano gli imprenditori e noi diciamo che non ci sta bene, perché né lo siamo né lo vogliamo essere.
Lui dice che vince le elezioni e noi diciamo che le sue elezioni sono truccate. Sono truccate perché i media sono in suo possesso e la gente - è scientificamente dimostrato - non riesce a discriminare bene fra quello che dicono i media e il suo reale interesse. Inoltre si approfitta degli ignoranti e degli scoraggiati - dei poveri in pratica - per indurli a non esercitare il loro diritto elettorale, perché nonostante i media gli sarebbe sfavorevole.
Accetteremo il verdetto delle elezioni solo quando saranno giuste.
Non lo saranno mai?
Più che vero, ma ci accontenteremo di una grossolana approssimazione: proporzionale pieno, obbligo di voto forzoso per tutti, quotidiani solo dei partiti e mantenuti dallo Stato (non c'è nulla di peggio di un giornale "libero" e "indipendente"), televisione solo pubblica e gestita con parità da tutti i partiti a prescindere dalle loro consistenze elettorali, obbligo per le librerie di tenere i libri di valenza politica (come i libri di storia, ad esempio) pubblicati da tutte indistintamente le case editrici, divieto di importazione di prodotti culturali stranieri con valenza di propaganda (ad esempio di tutti i film americani).
E' poco, è niente, ma sarà più che sufficiente a tenere ogni volta gli imprenditori ben lontani dal potere.
Basterebbe al limite l'obbligo forzoso del voto: se in una qualunque società la percentuale dei votanti è vicina al 100% - come democrazia vuole, non è vero? - il Capitalismo sparisce.
E il diritto divino dei ricchi a dominare sancito dal Vecchio Testamento?
Al Vecchio Testamento potranno credere i Protestanti e gli Ebrei, se vogliono. Noi non siamo né l'uno né l'altro, né - per carità - vorremo mai esserlo. Noi abbiamo un'altra dimensione esistenziale, noi operiamo un'altra valutazione delle cose, in cui un testo così insensato, in più dimostrato e ridimostrato falso ("profezie" retrodatate, taglia e cuci di documenti, fonti accertate come una leggenda Sumera e il Libro dei Morti egiziano, eccetera), non trova udienza.
Noi se siamo religiosi al massimo crediamo nel Nuovo Testamento. E vi crediamo perché dice una cosa verosimile, e cioè esattamente l'inverso del Vecchio: che per i ricchi non c'è salvezza. Infatti "E' più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco raggiungere il Regno dei Cieli", e il Discorso della Montagna non contempla certo un bel "Beati i ricchi perché...".
Se i ricchi sono condannati da Dio, perché dovrebbero comandare sulla terra? Al contrario, visto che hanno sollevato loro - nel Cinquecento - il problema delle gerarchie, bisognerà stabilire che devono essere comandati, che devono cominciare a scontare la pena, qua fra di noi.
Complotti CIA, rivelazioni a prova di Bomba
di Giulietto Chiesa - Megachip - 27 Dicembre 2010
Avviso ai lettori di questa nota. Vorremmo inaugurare una nuova serie di commenti e analisi, dedicata interamente ai “negazionisti del complotto”. Cioè a quei signori che, per incultura politica totale, ovvero per introiettata, supina acquiescenza alle fonti ufficiali (il riferimento è, in questo caso, ai giornalisti mancati) si affannano, ogni volta che qualcuno cerca una spiegazione ai fatti che occorrono nella vita reale, ad accusarlo di “complottismo”.
Categorie, le sopra elencate, assai numerose, oltre che oltremodo dannose per la convivenza umana. Salvo che per un aspetto: che allietano la nostra esistenza con inaspettate capriole, gag, involontaria esibizione di comica insipienza, della qual cosa siamo loro moderatamente grati. E veniamo al dunque. Il giornale più complottista del mondo – così ci pare di poterlo definire dopo la rivelazione dei nove banchieri nove che si riuniscono una volta al mese a South Manhattan, nei pressi di Wall Street, per decidere i destini, finanziari e non, del pianeta – (s’intende il New York Times), appena messo piede nella Grande Mela, mi gratifica di un altro episodio principe di complottismo al quadrato.
Con un titolo in prima pagina che è tutto un programma, il New York Times ci aiutava a trascorrere in pace il Natale e il Capodanno: «I segreti della CIA potrebbero affacciarsi in un procedimento penale svizzero».
Ohibò, dico io. Sarà mica un altro episodio della saga di Wikileaks?
No, state tranquilli. Wikileaks non c’entra. C’entra un magistrato svizzero, nome Andreas Müller, Carneade che vuol mettersi nei guai, che ha scoperto, dopo due anni d’indagini, i seguenti, succulenti retroscena (leggi complotti).
Retroscena uno: c’era un gruppetto di operatori economici, composto da padre, e due figli, tali Friedrich Tiller (padre) e Urs e Marco (figli), che aiutarono, per anni, l’architetto della bomba nucleare pakistana, A.Q.Khan, a smerciare i suoi segreti verso la Corea del Nord, verso l’Iran, verso la Libia, insomma impiegati per conto della nota sequela di “stati canaglia” come ebbe a definirli, a suo tempo, George Bush Junior.
Impiegati si fa per dire, perchè presero decine, probabilmente centinaia di milioni di dollari per questi servigi.
Va bene, direte, ma che c’entra la CIA? Ecco il retroscena due. I Tiller lavoravano anche per la CIA. E, s’intende, prendevano decine di milioni anche per questo secondo servigio. Ma come? – direbbero Pier Luigi Battista, o Ferruccio Bello, vuoi forse affermare che era la CIA che controllava lo smercio di tecnologie nucleari? Risposta difficile a darsi. Forse che sì, forse che anche.
Fatto sta che la CIA pare abbia fatto fuoco e fiamme per impedire che l’inchiesta del signor Andreas Mueller andasse in porto. Scrive il New York Times che “l’Amministrazione Bush ha fatto pressioni straordinarie per proteggere i Tiller da ogni investigazione, arrivando al punto di persuadere le autorità svzzere a distruggere equipaggiamenti e informazioni che erano state scoperte nei loro computers”.
In effetti pare che ci siano riusciti solo in parte, ma quanto basta per fare sbottare il detto Mueller: il governo svizzero – ha detto il giovedì prima di Natale, illustrando ai giornalisti un rapporto di 174 pagine – “ha interferito massicciamente sul corso della giustizia, distruggendo quasi tutte le prove”.
Così abbiamo conferma di un piccolo complotto dentro un grande complotto: il governo svizzero è sovrano, su certe questioni, come Gianni Riotta è un frate francescano, o Augusto Minzolini un agente di viaggi nel Mar dei Caraibi.
E veniamo al retroscena principale (come lo chiameremo se non complotto, visto che avveniva, ma fuori da ogni legge e, soprattutto, fuori da ogni pubblicità?): com’è che la CIA usava i Tiller?
Lasciava che passassero i disegni delle bombe a chi li aveva commissionati, ma ogni tanto – senti senti l’astuzia ! – infilavano in quei disegni, o in quelle apparecchiature, dei “difetti”, o dei bugs, che avrebbero potuto sia provocare disastri in corso di fabbricazione, sia fornire informazioni circa la prosecuzione dei “lavori” di costruzione delle bombe. Naturalmente, in questo modo, la CIA poteva ostacolare il procedimento.
Ma resta il fatto che la CIA sapeva tutto in anticipo di quanto stava avvenendo. A quanto risulta al magistrato svizzero, in molti casi disegni e documentazione essenziale sono stati lasciati “passare” con il beneplacito del servizio segreto americano. Il che spiega perfettamente, adesso, perchè gli Stati Uniti non vogliono che la verità venga a galla, e proteggono i Tiller.
Questo è il punto. Se si scoprisse la verità, ogni volta che si alza l’allarme atomico, sia esso in Nord Corea, sia in Iran, potremmo subito ringraziare gli Stati Uniti d’America per il cospicuo contributo da essi dato alle bombe atomiche dei paesi canaglia.
Ma c’è un altro punto da far emergere, ad uso e consumo dei “negazionisti dei complotti”. Questa storia ci dice, a chiare lettere, che non c’è azione eversiva, gruppo terroristico, atto terroristico vero e proprio, operazione di diversione, complotto, crisi di governo, che non sia monitorato accuratamente dai servizi segreti americani.
Onnipotenti? Niente affatto, perchè non si può essere contemporaneamente onnipotenti e stupidi. Ma molto presenti, e molto ricchi, questo sì, lo si può affermare. Quindi, quando scoppiano le bombe, siano esse atomiche o al plastico, chiedetevi sempre, voi che non siete “negazionisti del complotto”, quanto di ciò che sarebbe accaduto probabilmente sapevano in anticipo i servizi segreti americani.
Naturalmente tutto questo non c’entra nulla con l’11 settembre del 2001.
Manipolazione della coscienza sociale attraverso i mass media
di Saida Arifkhanova - http://onlinejournal.com - 22 Ottobre 2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di NIKLAUS47
L’informazione è una parte importante nella vita degli uomini moderni. Nella vita moderna l’informazione diventa un elemento sempre più significativo assieme all’istruzione; il modo in cui la gente interagisce con l’informazione definisce in buona parte il loro livello d’esistenza.
Nel XXI secolo il possesso di informazione e istruzione determina lo status di una persona moderna nella società. Assieme all’ambito dell’istruzione, l’informazione determina gli ambiti del lavoro e dell’economia ed influenza la sfera della politica statale.
La manipolazione delle informazioni e della coscienza sociale nel nostro tempo stanno diventando tecnologie per programmare il comportamento delle persone.
Manipolando la società si possono distruggere alcune idee dentro alla mente delle persone e su quelle rovine costruire nuove idee e nuove fondamenta, come ad esempio una nuova ideologia.
I sistemi di telecomunicazione, concepiti come importante raccordo per lo smistamento di informazioni, hanno un posto dominante sull’ambiente umano. “La manipolazione dell’informazione è simile alla disinformazione...” scrive lo studioso Vladimiri Volkov nella sua “Storia della disinformazione”. Scrive che la manipolazione intesa come distruzione ha tre scopi:
1. demoralizzare la nazione attraverso la disintegrazione dei gruppi che la conformano
2. screditare le autorità e i loro valori
3. neutralizzare le masse onde prevenire qualsiasi forma di comportamento spontaneo a favore dell’ordine stabilito e ad un certo punto portare al potere un piccolo gruppo di persone.
Un altro ricercatore, Sergey Kara-Murza, nel suo libro “Manipolazione delle coscienze” segnala tre caratteristiche principali della manipolazione:
1. La manipolazione è un tipo di influenza spirituale e psicologica quando le strutture mentali e spirituali dell’individuo sono bersagliate.
2. La manipolazione è un’influenza nascosta, fatto che deve restare sconosciuto a chi subisce la manipolazione.
3. Una manipolazione influente richiede considerevoli abilità e conoscenze specialistiche.
Nel suo lavoro “L’uomo manipolato”, il ricercatore Herbert Franke scrive quanto segue: “Quando subiamo una manipolazione nella maggior parte dei casi dobbiamo intendere un’influenza mentale esercitata segretamente, di conseguenza a scapito di coloro verso i quali è indirizzata”.
Secondo tutti questi studi, la manipolazione dell’informazione attraverso i mass media è indirizzata verso la società. Secondo l’opinione degli scienziati, la manipolazione si rende necessaria quando lo Stato è interessato a rendere popolari certe idee, cercando di creare delle fondamenta ideologiche per giustificare determinate misure d’influenza.
Dunque la propaganda lavora direttamente al servizio delle necessità ideologiche dello Stato e di coloro che si trovano a guidare lo stato.
Con lo sviluppo dell’economia e della generale commercializzazione dei mezzi di comunicazione di massa, l’informazione è anch’essa diventata una merce, vale a dire un articolo di scambio e i proprietari dei media devono renderli appetibili al mercato, a prescindere dal fatto che i media siano in primo luogo un’istituzione sociale e solo in seconda istanza un’azienda privata.
Molto spesso, utilizzando pratiche prese in prestito dal mondo degli affari, i proprietari di media privati cercano di migliorare il loro prodotto rendendolo più adatto alle necessità e alle richieste dei consumatori. E i consumatori di questo prodotto sono il pubblico.
I mass media indirizzano i propri servizi alla società e ogni servizio viene proposto per la persona a cui è indirizzato.
La natura della manipolazione
Di regola la manipolazione ha un doppio impatto, quando assieme ad un messaggio aperto, il manipolatore manda al destinatario un messaggio in codice che produce nella sua mente le immagini necessarie al manipolatore.
La manipolazione come tecnologia basata sulla suggestione esercita la sua influenza sulla gente, e spesso riesce a farsi obbedire facendo ricorso non tanto alle loro menti bensì ai loro sentimenti. La suggestione è un sentimento profondo presente nella psiche, emerso prima ancora del pensiero analitico.
Al di là della nozione di suggestione c’è anche la nozione di persuasione e queste due nozioni sono piuttosto differenti. Qual è la differenza in linea di principio tra la suggestione e la persuasione? Di regola, la suggestione si raggiunge attraverso un metodo manipolativo. Si basa sui sentimenti umani. Al contrario, la persuasione si basa su fondamenta logiche.
Durante la persuasione vengono usati fatti, argomentazioni e spiegazioni. Essi negoziano con la parte attiva dell’essere umano, a cui vengono offerti una serie di argomenti che lui può capire, accettare oppure rifiutare.
La differenza, in linea di principio, tra suggestione e persuasione è che la suggestione penetra la coscienza umana nonché la sfera mentale, stabilendosi come qualsiasi oggetto della percezione passiva.
Dunque, la suggestione è l’intrusione di un’idea dentro alla mente umana, senza la partecipazione della sua parte attiva. La suggestione va a incidere sulla persona non attraverso la convinzione logica bensì influenzando direttamente la sfera mentale - impiantandovi idee grazie ai sentimenti ed alle emozioni.
Un’altra differenza tra la suggestione e la persuasione è che, a livello dei processi psicologici, la percezione è collegata direttamente con l’immaginazione, la quale ricombina nuovamente gli oggetti una volta che vengono fissati nella memoria.
Poiché l’immaginazione è meno collegata con la logica, essa è più vulnerabile e più sensibile agli influssi esterni, trasformando all’interno della mente quelle impressioni ricevute quando oramai l’immaginazione ha creato immagini mentali o percettive.
A loro volta queste immagini creano emozioni. Mezzi così forti per influenzare la coscienza sociale, come il terrorismo associato alla televisione per esempio, si basano su un simile connubio tra immaginazione e sentimenti.
I legami tra il terrorismo e la tv
Osservando come avvengono gli atti di terrorismo e come vengono riflessi dai mezzi d’informazione, possiamo evidenziare alcune regolarità.
1. Atto terroristico
2. Televisione
3. Influenza sull’immaginario e sui sentimenti del pubblico.
4. Comportamento necessario programmato
5. Spegnimento del senso comune nel pubblico televisivo.
Esaminando, stadio dopo stadio, l’influenza dell’atto terroristico e il modo in cui viene riflesso dai programmi d’informazione televisiva, si può seguire cosa succede al fatto. Di regola, lo scopo principale del terrore è intimorire e creare una paura diseguale. La paura scende quando la tv fa un servizio su un atto terroristico o su un rapimento.
Non è un segreto che tutti coloro che siedono di fronte alla tv in quel momento immaginano di trovarsi nei panni delle vittime degli attentati. Quindi questo porta alla naturale identificazione di uno con la persona vista in questa o quella situazione.
In una situazione del genere, la coscienza e la mente sono in preda alle emozioni, che sovrastano la persona e riducono l’introspezione critica. Dunque, manipolando i sentimenti del pubblico attraverso la televisione, i terroristi, oppure coloro che sono interessati a trasmettere quel servizio, attirano l’attenzione sulle loro notizie. Hanno bisogno che la persona ricordi le notizie.
A questo proposito, la notizia viene ritrasmessa ripetutamente come mezzo usato attivamente per trattenere l’attenzione. Caratteristiche come la stabilità e l’intensità della ripetizione dei servizi d’informazione vengono usate a questo proposito. Inoltre, vengono usate altre peculiarità tecnologiche della televisione, tra cui:
- le parole del presentatore
- musica
- immagini d’archivio.
Esaminando ancora una volta che cosa succede in realtà, ci rendiamo conto che quando una persona riceve un messaggio, il modo in cui interagisce con la sua memoria si divide due stadi. In un primo momento abbiamo una memorizzazione passiva nel subconscio e in seguito l’informazione viene processata dall’intelletto.
Quando l’informazione ha forti tinte emotive, si “impianta” nella memoria ed inizia a influenzare la coscienza. Come risultato della ripetizione viene ricordata, per quanto questa memorizzazione sia involontaria, come la pubblicità che spesso viene ricordata rapidamente e senza farci caso.
Attualità dell’argomento
Secondo B.E. Kretov, nella comunicazione politica un posto speciale è occupato dallo scambio di informazioni tra governo e governati per avere il consenso necessario alle decisioni di governo mentre coloro che vengono governati cercano di far sentire i propri bisogni e di renderli pubblici.
Queste due parti possono raggiungere il consenso grazie soltanto alla comunicazione - lo scambio di informazioni. Per raggiungere l’unità con il popolo, le autorità cercano mediante i mass media di impiantare nella gente le loro idee, concordanti con i loro interessi.
I conflitti e le contraddizioni sono inevitabili in una simile struttura di società, perché la stampa democratica si concentra sulla libertà, sulla glasnost, sui dibattiti e sui diritti umani, mentre l’esercito e la polizia si concentrano sulla disciplina, la segretezza, la sicurezza e il patriottismo, oppure parlano della necessità dell’uso della forza.
Tornando alla questione, dopo l’11 settembre 2001, un’atmosfera di paura nei confronti degli attentati terroristici è stata diffusa lungo il pianeta attraverso i mass media. Come risultato, in tutti i Paesi del mondo il controllo statale sui mass media è aumentato come giustificazione dell’idea di “sicurezza nazionale”.
La manipolazione presume sempre un pubblico - i rappresentanti della società. I rappresentanti della società, influenzati da diversi servizi, diventano parte delle masse e durante il processo di trasformazione da individui separati a “folla collettiva”, aggregano caratteristiche tipiche delle masse:
1. La tendenza verso la spersonalizzazione - l’individuo viene annullato dalla coscienza della massa sotto l’influsso delle pulsioni.
2. Prevalenza dei sensi sulla coscienza - l’intelletto viene sopraffatto dai sentimenti e dagli istinti.
3. Si abbassano sia l’intelletto che i valori morali.
4. Il livello di responsabilità scende fortemente.
Tutti questi segni rendono il gruppo di persone particolarmente vulnerabile e sensibile alle varie manipolazioni da parte delle autorità.
Informazione estetica e semantica
Tutte le informazioni possono a loro volta essere suddivise in due gruppi: informazione estetica e informazione semantica. L’informazione estetica non viene sottoposta alla logica e sollecita un certo stato mentale - emozioni e reazioni invece di una riflessione della realtà.
Più stabile, crea un’atmosfera nella coscienza umana.
Qualsiasi informazione estetica è indirizzata non alla comprensione bensì alla suggestione, di conseguenza può diventare facilmente uno strumento d’abuso.
L’informazione semantica, o nozionale come spesso viene chiamata, si basa sulla persuasione e l’interesse e viene indirizzata alla logica e al senso comune. Questa aveva un ruolo importante nella attività politiche prima del coinvolgimento attivo dei media in politica. Gli sviluppi vengono valutati da metodi d’informazione semantica, attraverso la percezione analitica - dicono gli esperti.
In senso pratico le autorità prediligono l’informazione estetica su quella semantica perché è in grado di preparare azioni che contraddicono la logica e il vero stato delle cose che qualche volta possono essere invisi all’élite che detiene il potere. E’ un tipo di fenomeno che dipende dal fatto che la l’informazione estetica non è mirata alla comprensione, bensì alla suggestione di simboli stabili grazie all’uso di svariati effetti.
Poiché i mass media come istituzione sociale hanno il prestigio di essere una fonte ufficiale d’informazioni, godono di un alto livello di fiducia da parte di un ampio pubblico e uno spera forniscano informazioni valutative. Queste informazioni valutative inducono alla creazione dell’opinione pubblica.
Se in senso pratico la stampa si basa sull’onda semantica, la tv usa le sue potenzialità audio e video influenzando la percezione estetica della coscienza del pubblico. La televisione è il più importante strumento di influenza politica sul pubblico per via delle sue caratteristiche tecniche oggettive.
I principi dell’estetica televisiva
La televisione è composta da un mosaico di immagini che rappresentano l’intero pianeta sotto forma di servizi non collegati da un legame logico monosemantico. I servizi che arrivano nella mente del telespettatore rompono la dispersione generale del mosaico e questi cerca di unirli in un insieme semantico.
Il testo letto dal presentatore viene preso come un verità ovvia, a causa del prestigio tutto speciale della tivù come istituzione mediatica. Se il presentatore legge un testo sullo sfondo di immagini video registrate sulla scena dell’azione, quel testo viene preso come verità assoluta.
In vista del fatto che la televisione gode della fiducia comune della gente, è difficile per una persona diversa valutare criticamente uno sviluppo. Questo succede anche perché l’informazione estetica sotto forma di flusso audio e video non è costruita logicamente. Non c’è sostanza, né argomentazione, né un contesto che abbia senso in quel flusso se non viene aggiunto dal testo del presentatore.
La codifica manipolativa del servizio passa inavvertita dal pubblico di massa perché la differenza tra la realtà e la sua interpretazione è quasi intangibile mentre la distorsione della realtà è inevitabile. In questo caso i servizi d’informazione vengono confezionati attraverso la ripetizione, lo spezzettamento, l’urgenza ed il sensazionalismo.
Inoltre prevalgono l’assenza di fonti alternative di informazione, la presentazione univoca delle informazioni e l’occultamento delle notizie alternative. Conseguentemente si crea una realtà virtuale invece di riflettere la vera realtà.
La tecnica di isolare il destinatario dalle altre influenze viene usata spesso, assieme alla semplificazione della presentazione delle notizie e all’uso di stereotipi e metafore varie.
La lingua della manipolazione
Si presume che i giornalisti dei mass media usino una lingua “corretta”. Questo vuol dire che una lingua “corretta” per la tv è quella usata dal presentatore che legge il testo datogli da un editore, il quale a sua volta lavora sul materiale prodotto da un giornalista come suggerito dal capo.
Quindi le notizie vengono “create” presso la stazione televisiva. Con l’aiuto di parole e del video viene sempre creato un contesto del servizio, che può essere cambiato, semplificato o reso più complicato.
Una simile manipolazione è legata da vicino alla natura della percezione umana. Gli esseri umani sono attratti per natura dalle spiegazioni semplicistiche. C’è una certa caratteristica della coscienza umana che regola tutte le informazioni nuove secondo gli stereotipi esistenti.
Il metodo per una tale semplificazione consiste nell’aiutare il manipolatore a dimostrare l’importante idea che deve essere suggerita al pubblico facendo uso di una forma concisa, forte e impressionante - l’asserzione. Di regola, il pubblico prende per buona la notizia senza pensare.
Un altro metodo importante per rafforzare gli stereotipi nelle menti è la ripetizione. La ripetizione dà alla notizia una caratteristica assertiva aggiuntiva, in altre parole la fa diventare un’idea fissa, un’idea che incita all’azione. La tecnologia propagandistica si basa proprio su questa tecnica ripetitiva.
L’urgenza aiuta il servizio ad avere una forte influenza sul pubblico, aumentando le opportunità di manipolazione. La tecnica di spezzettare il servizio comporta la perdita di senso e d’integrità.
Un fatto presentato con maggiore importanza e originalità è artificialmente distorto dalla sua importanza. Alle notizie viene attaccato in maniera artificiale un tocco di sensazionalismo. Di solito viene fatto perché sotto la maschera del sensazionalismo si trova uno sviluppo nascosto, che il pubblico non dovrebbe sapere. Molto spesso il sensazionalismo viene usato per mettere fine ad uno scandalo o ad una psicosi quando c’è bisogno di distrarre l’attenzione del pubblico.
In molti Paesi dove le sorti dello Stato vengono decise dalla vittoria di un partito piuttosto che di un altro, non dipende da quanto convincente sia il programma del candidato bensì da quanto lui sia stato bravo ad organizzare lo show mediatico. Le possibilità per un candidato di vincere le elezioni dipendono dal riuscire ad essere il punto focale della campagna mediatica.
Ci sono poi le notizie ufficiali e quelle non. Le notizie ufficiali di regola appoggiano la ripartizione di forze già esistente e riflettono le vedute delle strutture di potere in una data società in un dato momento. Le notizie non ufficiali sono quelle che vengono dalle forze d’opposizione.
Radicalmente diverse dalle notizie ufficiali, quelle non ufficiali smuovono quel rapporto di forze. Per i propositi della propaganda un’asimmetria nell’informazione è usata perché in ogni società l’ideologia ufficiale si oppone a quella non ufficiale.
C’è anche un metodo di asimmetria nella copertura, quando un fenomeno viene seguito nella sua totalità mentre un altro viene taciuto. Nella vita quotidiana ognuno di noi può rendersi conto che un evento ha una copertura positiva e un’altra negativa. In questo senso vediamo che l’asimmetria nell’informazione scompare gradualmente e le persone si abituano ad un’interpretazione di parte: positiva o negativa.
Come risultato di analisi qualitative e quantitative eseguite sulla stampa uzbeka, l’autore di questa ricerca ha svelato le principali tecnologie usate. In senso qualitativo, questo lavoro ha lo scopo di studiare le tecnologie per la manipolazione - l’uso di metafore, stereotipi e ripetizioni. In senso quantitativo, è stata calcolata la quantità di luoghi comuni precisi usati ripetutamente.
Per esaminare i siti d’informazione uzbechi sono stati scelti i siti delle agenzie stampa “Turkiston Press” e “UzA” e del quotidiano “Narodnoye slovo”. Questo esame ha mostrato come le notizie presentate siano di parte. I materiali scelti non hanno la moderazione adatta alla presentazione di notizie. Tutti gli sviluppi vengono trattati in maniera predominantemente positiva. Per causa della ripetizione si produce un effetto d’imposizione d’idee e di giornalismo di parte.
Inoltre, l’occultamento delle fonti d’informazione e l’uso della tecnica dell’accennare senza dare mai i nomi veri, ad esempio: “sostenitori stranieri” oppure “certi politici occidentali”. Vengono anche usate metafore come queste: “certe forze oscure”, “briganti che hanno svenduto la patria per una canzone”, “furfanti provocatori” “le forze oscure sono in agguato e attendono il loro turno”.
Molto spesso totalmente polarizzate, metafore in apparenza positive vengono usate su altri. Tali caratteristiche diverse separano le persone in “buone” e “cattive” e mettono in evidenza l’orientamento propagandistico di una determinata pubblicazione.
Ci sono più informazioni neutre sull’agenzia di stampa “Turkiston Press” perché la sua impostazione differisce da quella delle altre due pubblicazioni sopra citate. Si può dire che l’informazione viene presentata in maniera più professionale dal punto di vista dell’imparzialità.
Leggendo brani da diversi servizi stampa si può notare il tentativo di stereotipizzare, standardizzare e semplificare gli sviluppi. Tuttavia molto spesso le pubblicazioni che presentano opinioni e tendenze diverse le esprimono attraverso i loro giornalisti che le indirizzano al pubblico.
La professionalità dei giornalisti all’ora di verificare la qualità del materiale offerto dopo aver preso in esame l’autenticità e le sfumature degli eventi non sempre può garantire un alto livello di fiducia da parte del pubblico nei confronti delle fonti d’informazione.
La corrispondenza tra ciò che viene pubblicato e l’informazione crea dei criteri standard - tra cui l’efficienza, l’obiettività, l’autenticità e l’espressione della propria opinione, a prescindere dalle condizioni politiche fanno dei media un’istituzione di cui ci si può fidare, un ideale per cui lottare.
Per il momento uno dei più grandi problemi è l’autocensura da parte dei giornalisti nel presentare un determinato fatto. Ci sono fatti su cui la pubblicazione dà una valutazione propria, basandosi sulle opinioni degli esperti e dalle labbra di questi esperti impone “un’interpretazione corretta” e presenta una finta obiettività al pubblico sfruttando il metodo dell’analisi falsata.
Il pubblico di solito si aspetta informazioni valutative da parte dei media. Questo è spiegato dal fatto che i mass media come istituzione sociale godono il prestigio d’essere una fonte ufficiale d’informazioni, di cui la masse si fidano.
L’esame ha mostrato come ci siano anche citazioni provenienti da fonti anonime ed autorevoli le quali suggeriscono l’idea dell’occultamento di una notizia e quindi la creazione di una realtà virtuale invece di una riflessione della verità.
Conclusioni importanti
Esaminando le pubblicazioni di alcuni dei media in Uzbekistan, si può individuare quali sono le diverse tecniche manipolative usate con maggiore frequenza:
- Stereotipizzare
- “Polarizzare” il flusso d’informazioni
- Isolare il ricettore da altre influenze - mancanza di fonti d’informazione alternative;
- Parziale occultamento delle informazioni
- Servizi costruiti usando una terminologia professionale;
- Banalizzare
- Standardizzare
- Ripetere
Fra le tecniche manipolative speciali vi troviamo l’informazione asimmetrica e la copertura asimmetrica. In questo caso possiamo anche notare l’uso di metafore, il fissarsi sulle fonti autorevoli e spesso anonime, l’uso di metodi di contrasto e falsa analogia e servizi stereotipizzanti.
Il materiale usato dai media non è sempre professionale dal punto di vista delle passioni del singolo giornalista e il desiderio di esprimere il proprio punto di vista. Molto spesso, fidandosi delle opinioni degli esperti, una pubblicazione fornisce una valutazione parziale e di parte su di un determinato evento.
Prendendo in considerazione il fatto che la tecniche per la manipolazione diventano sempre più raffinate, la società deve far appello al senso di responsabilità sociale degli stessi giornalisti e alla loro osservanza dell’etica del giornalismo come base della professionalità di un giornalista.
Poiché i mass media producono informazioni, intrattenimento e educazione per il pubblico, essi devono cercare di combaciare con l’immagine rappresentata da un’istituzione sociale progressista ed innovativa, la quale fornisce informazioni che sono il più possibile obiettive ed efficienti.
I giornalisti devono cercare di astenersi dal fare commenti a favore di questo o quest’altro partito, cercando di essere equilibrati ed evitando di dare valutazioni estreme su situazioni reali.
Evitare l’uso di espressioni estremistiche e di stereotipi propagandistici fa sì che la fonte d’informazione meriti fiducia. La presenza di fonti autorevoli e anonime esclude qualsiasi interpretazione alternativa della notizia. Di conseguenza, un determinato stereotipo si consolida nelle menti del pubblico.
Secondo analisi qualitative e quantitative, quanto più una pubblicazione cerca di attenersi agli standard internazionali, tanto meno è motivata ad usare tecnologie manipolative per attirare l’attenzione dei lettori.
Proporzionalmente alla crescita della responsabilità giornalistica nei confronti della società e non solo di fronte agli editori, cresce inoltre la richiesta di professionalità nel giornalismo.
Attualmente i mass media progressisti si considerano un’istituzione socialmente responsabile. Allo stesso tempo, quanto minori siano i legami dei media, tanto meno verrà usato come uno strumento d’influenza sulle menti del proprio pubblico.
Quindi l’indipendenza economica dei media è di grande importanza. La società, nel proteggere i propri interessi, dovrebbe appellarsi di più alla responsabilità sociale dei giornalisti, alla loro professionalità e alla loro osservanza dell’etica del giornalismo come princìpi fondamentali della professionalità di un giornalista.
*Saida Arifkhanova, giornalista e ricercatrice residente in Uzbekistan.
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Italia, la criminalità che non c'è
di Maurizio Bongioanni - Peacereporter - 27 Dicembre 2010
Un rapporto europeo sui media svela l'anomalia dei tg italiani: come lo schermo crea le paure della società
L'Osservatorio Europeo sulla Sicurezza ha diffuso un rapporto sulla rappresentazione mediatica e la percezione sociale delle notizie registrando un netto scarto tra la realtà e l'informazione, quindi tra ciò su cui si concentra l'attenzione mediatica e quello che la gente percepisce realmente.
Nel caso specifico dell'Italia, negli ultimi tre anni i timori per le dinamiche economiche sono cresciuti sensibilmente (come in tutta Europa). La disoccupazione è la voce che preoccupa di più l'italiano medio passando da un 28 percento del 2005 a un 51 percento nel settembre 2010.
La qualità dei servizi sociali e sanitari si inserisce al secondo posto nella classifica delle preoccupazioni, rimanendo stabile negli anni. Medaglia di bronzo per una voce in calo: l'immigrazione che passa dall'11 percento del 2005 al 9 percento del 2010.
Ma la sensazione è un'altra: a sentire il tg sembra che il primo problema sia come arginare la criminalità.
Cerchiamo di approfondire: la fotografia degli argomenti trattati dai tg nazionali mostra chiaramente che si dà spazio prima di tutto alla politica interna (17 percento contro una media europea del 10 percento), poi si parla di costume e Società (13 percento contro 5 percento) e di criminalità (10 percento contro 5 percento). In Europa si parla più di politica estera, lavoro ed economia.
In Italia di pastoni politici, delle nonne più giovani d'Italia e di immigrati ladri e assassini. L'opinione pubblica è preoccupata per il lavoro ma i media italiani non ne parlano molto, preferendo il tema criminalità e politica interna.
Vediamo nel dettaglio come i tg si dividono questo compito: Mediaset è il canale che dedica più spazio alla criminalità, inseguita dalla Rai. Tg5 e Tg1, in particolare, ne parlano ogni giorno dando vita a un processo che viene chiamato di "criminalità pervasiva": mentre gli altri canali europei trattano la stessa notizia per più giorni in Italia si tendono a utilizzare notizie 'usa e getta'.
Un giorno un figlio uccide la madre a martellate, il giorno dopo il vicino fa fuori moglie figlio e zia, al terzo giorno il nipote spranga in casa i nonni per rubargli la pensione. Non c'è alcuna continuità: solo il macabro piacere di raccontare quotidianamente un nuovo episodio di violenza. Solamente Rai3 e Rete4 (che preferisce parlare di altro) si scostano da questa tendenza.
Il fatto è che la rappresentazione mediatica di un timore che non esiste, se non in misura contenuta, contribuisce a innalzare la percezione di tale problema.
Secondo i dati della ricerca, infatti, il numero di reati è rimasto stabile negli anni. Quello che è cresciuto è il numero di notizie sugli atti criminali, con una punta estrema toccata nell'anno 2007 (per maggior precisione quando c'è stato il cambio di Governo, da Prodi alla vittoria schiacciante di Lega Nord e Pdl: uso strumentale del tema sicurezza?), crescita delle notizie che ha innalzato il livello di percezione in alcuni casi raddoppiandola rispetto al numero di reati realmente commessi.
Ma una persona potrebbe dire: in Italia esiste la criminalità organizzata che contribuisce alla notiziabilità di questi eventi. Ma anche questo, purtroppo, non è vero. Perché dal 5 aprile al 4 giugno 2010, ad esempio, sono state date dal notiziario in prima serata qualcosa come 15mila notizie di crimini violenti (cioè escludendo furti, rapine e droga) contro le 1947 dedicate al tema della mafia.
E se trasportiamo il confronto a livello europeo, ecco i risultati più clamorosi. Prendiamo Rai1: in base a dati del primo trimestre del 2010, l'emittente italiana ha una rappresentazione mediatica delle notizie di criminalità doppia rispetto alla Tve spagnola, due volte e mezza la Bbc britannica e la France2, più di dieci volte rispetto la Ard tedesca.
Nello stesso periodo preso in considerazione Ard ha dato 34 notizie contro le 431 di Rai1, quindi la media italiana è di più di due notizie al giorno.
E mentre le 34 notizie tedesche fanno riferimento per lo più a due casi (abusi su minori che hanno sconvolto l'intero paese) coprendo quindi il 58 percento delle notizie date, in Italia i grandi delitti occupano il 9 percento dell'agenda reati. Le altre notizie sono spesso date una volta sola.
Per concludere: mentre è la paura di perdere il posto di lavoro (o di non trovare una prima occupazione, nel caso dei giovani) a generare la principale inquietudine della società italiana, l'agenda di notizie diffusa dai media italiani verte in principal modo sui temi della criminalità (accompagnati da politica interna e costume) dando vita in certi casi a una chiara strumentalizzazione politica del tema sicurezza e in altri a una superficiale spettacolarizzazione da prodotto di intrattenimento (infotainment).
Il riarmo israelo-palestinese
di Eugenio Roscini Vitali - Altrenotizie - 27 Dicembre 2010
Mentre l’Argentina e l’Uruguay riconoscono la Palestina come Stato indipendente, nel vicino Medio Oriente la tensione torna ad essere alta: come riferito dal portavoce della polizia israeliana, Micky Rosenfeld, la scorsa settimana circa 26 razzi Aqsa3 e diversi colpi di mortaio hanno colpito il Negev occidentale.
Negli attacchi, rivendicati dai gruppi Ayman Jawda, cellule combattenti delle Brigate dei martiri di al-Aqsa, è stato centrato l’asilo d’infanzia del kibbutz di Zikim, pochi chilometri a sud della città portuale di Ashkelon, dove è rimasta ferita una ragazzina.
Pronta la reazione dello Stato ebraico: otto sortite aeree contro i tunnel scavati lungo sotto la Philadelphi Route, zona cuscinetto ad ovest di Rafah che divide l’Egitto dalla Striscia di Gaza e su un campo di addestramento delle Brigate Ezzedin al Qassam, situato nei pressi della città Khan Yunis, dove secondo fonti locali sono rimasti feriti due miliziani del braccio armato del movimento di resistenza islamico.
Gli F-16 avrebbero poi bombardato un’area ad est di Beit Lahiya, dove i miliziani sarebbero miracolosamente scampati all’attacco, una serra agricola e un caseificio nella cittadina di Asda al-I’lamiya, sempre ad ovest di Khan Yunis, e altri quattro raid sarebbero stati compiuti ad est del quartiere di az-Zaytun, distretto orientale di Gaza, contro il vicino campo profughi di Jebaliya e nell’area di Beit Hanoun, la città palestinese situata a pochi chilometri dal valico di Erez.
A quasi due anni dall’operazione Piombo Fuso, la campagna militare lanciata il 27 dicembre 2008 contro Hamas dalle Forze armate israeliane durante la quale sono morti 13 israeliani e 1417 palestinesi, 926 dei quali civili, nella Striscia di Gaza è tornato l’incubo della guerra. Secondo fonti palestinesi, dalla fine di novembre i bombardamenti avrebbero causato 12 morti e 28 feriti e, in previsione di nuovi attacchi, le autorità ospedaliere avrebbero annunciato lo stato d’allerta.
Il 23 dicembre si tornato a sparare anche nella zona agricola a ridosso della linea di confine, la fascia di trecento metri sul lato palestinese interdetta alla popolazione araba: nel corso di uno scontro a fuoco con l’esercito israeliano avvenuto ad est di Beit Lahiya un uomo sarebbe stato ucciso ed altri tre sarebbero rimasti feriti.
L’episodio ha fatto salire ulteriormente la tensione, ma in realtà la tregua entrata in vigore il 18 gennaio 2009 non è mai stata rispettata: nonostante il cessate il fuoco i miliziani del movimento islamico hanno continuato a lanciare i razzi Grad e Qassam contro le aree abitate di Ashkelon, Sderot, Eshkol e Ofakim, mentre i raid aerei israeliani hanno portato a termine violente rappresaglie che, nel solo 2010, hanno causato la morte di almeno 68 persone oltre ai dirigenti dei gruppi radicali e le basi del movimento combattente ma hanno colpito anche la popolazione civile.
Per disinnescare le tensioni delle ultime settimane Hamas sarebbe pronto ad aprire un tavolo di trattative per concordare una tregua reciproca, una proposta già avanzata altre volte ma che non ha poi trovato riscontro nei fatti.
Nei giorni scorsi il capo dell’esecutivo, Ismail Haniyeh, ha lanciato un appello pubblico alla comunità internazionale affinché contribuisca a fermare l’escalation militare e dopo le preghiere del venerdì, davanti ad una folla di sostenitori, il leader Mahmoud Al-Zahar ha detto che, ad eccezione di gruppi minori, il movimento di liberazione e le altre fazioni presenti nella Striscia di Gaza si sono già impegnati per un cessate il fuoco, a patto che Israele lo rispetti: «Siamo impegnati nella moderazione, se non ci saranno oppressione e aggressione».
Anche il capo negoziatore dall’Autorità nazionale palestinese (Anp), Saeb Erekat, ha definito la situazione di Gaza “pericolosa”, soprattutto per le ripercussioni che potrebbe avere un’eventuale operazione militare israeliana nel Territorio controllato Hamas: «Un attacco contro la Striscia complicherebbe la situazione e trascinerebbe la regione nella completa anarchia, nella violenza e nel sangue».
Secondo una fonte militare israeliana della BBC «finché Hamas resterà al potere nella Striscia di Gaza, una nuova guerra nel territorio palestinese è solo questione di tempo». Negli ultimi due anni il movimento di liberazione si sarebbe riarmato ed avrebbe ora a disposizione un consistente numero di missili 9M133 Kornet (nome in codice NATO AT-14 Spriggan), sistema d’arma anticarro di fabbricazione russa con guida laser a fascio, raggio d’azione di 5,5 chilometri e testata a carica cava di tipo HEAT (High Explosive Anti-Tank), con capacità di penetrare una corazza reattiva-esplosiva (ERA) e un’armatura in acciaio di 1200 mm.
Le numerose informative dell’intelligence israeliana e il tank danneggiato il 6 dicembre scorso da un Kornet lanciato dalla Striscia di Gaza, hanno indotto il comando delle forze armate israeliane a dispiegare lungo il confine con il territorio palestinese il 9° Battaglione corazzato della 401^ Brigata, il primo e fino ad ora unico reparto dotato dei carri armati Merkava Mk-4 equipaggiati con il nuovo sistema di difesa antimissilistica Windbreaker.
Il Windbraker non è la classica corazza applicata ormai su tutti i carri armati per proteggerli dalle armi a carica cava e dai missili anticarro, protezioni passive in molti casi efficaci ma che appesantiscono e rallentano i mezzi: è un vero e proprio sistema d’arma dotato di piccoli radar sistemati sui quattro lati che neutralizza la minaccia prima ancora che questa raggiunga il bersaglio; una volta intercettato l’ordigno in arrivo un computer elabora i dati e a un lanciatore apre il fuoco sul missile facendolo esplodere.
Il Windbraker, prodotto e collaudato nel 2005 dalla Rafael di Haifa con l’indicativo ASPRO-A Trophy (Active Protection System for AFVs), è in grado di colpire più missili contemporaneamente e per la sua efficacia è stato utilizzato in Iraq sui blindati statunitensi Striker; ogni kit ha un costo di circa 300.000 dollari ma in futuro potrebbe essere sviluppata una versione Light che l’esercito israeliano potrebbe installare sui veicoli cingolati da combattimento, sui blindati e sui mezzi utilizzati per il trasporto truppe.
Italia addio!
di Cosimo Lorè - Il Fatto Quotidiano - 28 Dicembre 2010
Dai prefetti ai generali vi è un adeguamento ed una selezione al contrario nell’attuale repubblica criminale italiana dove le leggi ad personam in realtà sono il piede di porco con cui si sta scassinando lo Stato di Diritto nel nome di un presunto seguito popolare frutto di subornazioni televisive e pubblicitarie di una popolazione in balia di una scuola pubblica disastrata e di una informazione – salvo rari esempi – prostituita.
Siamo agli ultimi passaggi del programma piduista e alla costituzione di un regime violento legalizzato dall’abrogazione dei reati di costituzione eversiva di banda armata per salvare i capi leghisti e le camicie verdi ed ora dalla modifica dell’articolo 330 del codice di procedura penale per sottomettere il pubblico ministero alla Polizia di Stato con terrificanti persecuzioni in vista per lo sparuto drappello dei magistrati e giornalisti efficienti ed indipendenti e allarmanti impunità garantite ai massacratori in divisa dei sempre più numerosi Aldrovandi, Bianzino, Cucchi, Rasman, Uva.
Cosa si prepara per chi non è nel giro delle cricche e dei clan? Capo che non chiama più questure per proteggere minorenni, ma che fa chiamare i questori dal ministro dell’Interno di turno per mandare la polizia a sistemar come si deve i rompiscatole: forse è veramente l’ora che si facciano le valige e si emigri, prima che comincino a rieducarci casa per casa!