Sporchi trucchi e bombe adesive in Iran
di Ben West - Asia Times - 4 Dicembre 2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Pascal Sotgiu
La mattina del 29 novembre sono stati aggrediti due scienziati iraniani, coinvolti nel programma di sviluppo nucleare dell'Iran. Uno è stato ucciso e l'altro ferito. Secondo i media iraniani il deceduto, il dottor Majid Shahriari, era a capo di un gruppo responsabile dello sviluppo della tecnologia necessaria a progettare la componente principale di un reattore nucleare, e il Time Magazine si riferisce a lui come la persona non-nominata più alta in grado che lavora a questo progetto.
Rapporti ufficiali indicano che Shahriari è stato ucciso quando i killer in motocicletta hanno attaccato una bomba adesiva al suo veicolo e l'hanno fatta detonare qualche secondo più tardi. Inoltre, il resoconto del Time Magazine dice che un dispositivo esplosivo nascosto all'interno della macchina è detonato, uccidendolo. L'autista di Shahriari e sua moglie, entrambi in macchina in quel momento, sono rimasti feriti.
Nel frattempo, dalla parte opposta della città, il dottor Fereidoon Abassi è stato ferito in un attacco con una bomba adesiva, secondo alcune fonti identico a quello che gli ufficiali han detto aver ucciso Shahriari.
Anche sua moglie, che lo accompagnava, è rimasta ferita (alcuni rapporti dicono che ci fosse anche un autista al momento dell'attentato). Abassi e sua moglie sono in condizioni stabili.
Abassi è addirittura collegato più strettamente al programma nucleare iraniano di quanto lo fosse Shahriari, in quanto era un membro dell'elite del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica ed è stato nominato in una risoluzione del 2007 delle Nazioni Unite che sanzionava membri d'altro rango della difesa dell'Iran e gli organismi militari ritenuti alla ricerca di ottenere armi nucleari.
Gli incidenti di lunedì sono avvenuti in un momento di incertezza riguardo a come le potenze globali e i vicini dell'Iran gestiranno un Iran accusato di cercare di ottenere armi nucleari nonostante le sue pretese di sviluppare solo un programma nucleare per uso civile e di affermarsi come potenza regionale in Medio Oriente.
Attraverso le sanzioni economiche entrate in vigore lo scorso anno, gli Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia, Cina e Germania (il cosiddetto "Iran Six" o "P-5 +1") hanno fatto pressione sull'Iran per avviare negoziati sul suo programma nucleare e discutere degli aspetti più delicati del programma, come gli elevati livelli di arricchimento dell'uranio.
Gli attacchi del 29 novembre sono arrivati circa una settimana prima che Saeed Jalili, capo della sicurezza nazionale dell'Iran, dovesse guidare una delegazione per incontrare gli Iran Six a Vienna dal 6 al 7 dicembre, la prima di queste riunioni da più di un anno a questa parte.
Gli attacchi sono avvenuti anche nelle ore successive al rilascio da parte di WikiLeaks di cablogrammi riservati del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, pieni di preoccupazioni internazionali circa il controverso programma nucleare iraniano.
A causa del controllo internazionale e delle sanzioni su qualsiasi hardware necessario a sviluppare un programma nucleare, l'Iran si è concentrato sullo sviluppo di tecnologie domestiche che possano colmare le lacune.
Ciò ha richiesto un'iniziativa nazionale coordinata dall'Organizzazione per l'Energia Atomica dell'Iran (OEAI) per costruire il programma nucleare del paese partendo da zero, uno sforzo che richiede migliaia di esperti dei vari settori delle scienze fisiche, nonché le tecnologie necessarie.
Ed è stato il leader del OEAI, Ali Akhbar Salehi, ad aver detto il 29 novembre ai media che Shahriari era "a capo di uno dei grandi progetti" presso l'agenzia. Salehi ha anche avvertito i nemici dell'Iran "di non giocare col fuoco".
Il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha completato l'avvertimento, accusando i “Sionisti” e i “regimi Occidentali” di essere dietro agli attacchi coordinati contro Shahriari e Abassi.
Il desiderio del Consiglio di Sicurezza dell'ONU (assieme a Germania e Israele) di fermare il programma nucleare iraniano e l'apparente coinvolgimento degli scienziati vittime degli attentati in quel programma ha portato alcuni funzionari iraniani ad accusare rapidamente gli Stati Uniti, il Regno Unito e Israele per gli attacchi, dal momento che questi paesi sono stati i più attivi nel condannare l'Iran per le sue ambizioni nucleari.
Sembra che alcuni rivali interni del regime iraniano potrebbero trarre benefici da questi attacchi. Uno qualsiasi dei numerosi gruppi militanti iraniani in tutto il paese potrebbero essere stato coinvolto in un modo o nell'altro, magari con l'aiuto di una potenza straniera. Uno sguardo alle tattiche usate negli attentati potrebbe fare luce sugli autori.
Modus operandi
Secondo i rapporti ufficiali iraniani, Abassi stava guidando per andare a lavorare da casa sua (nel sud di Teheran) all'Università Shahid Beheshti (nel nord della città), dove lavora. Mentre l'auto sulla quale lui e sua moglie stavano viaggiando era in Artash Street, gli assalitori su almeno due moto si sono avvicinati al veicolo e hanno collegato un dispositivo esplosivo improvvisato (IED) sul lato della porta del guidatore. Il dispositivo è esploso poco dopo, ferendo Abassi e sua moglie.
Immagini riferite al veicolo di Abassi mostrano che il lato del guidatore è stato distrutto, ma che il resto del veicolo e le superfici circostanti mostrano danni poco consistenti. Può essere notato qualche buco sull'asfalto dietro la macchina di Abassi ma poc'altro per indicare che una bomba fosse esplosa nelle vicinanze (rapporti precedenti che indicavano che ciò fosse dovuto all'auto di Abassi si sono rivelati errati).
Ciò indica che lo IED era una carica cava con un target molto specifico. La prove sia della carica cava che dell'utilizzo di proiettili nel dispositivo suggeriscono che il dispositivo sia stato assemblato da un costruttore di bombe competente ed esperto.
Un testimone oculare dell'attentato offre una spiegazione del perché il dispositivo non abbia ucciso Abassi. Secondo l'uomo che era alla guida dell'auto immediatamente dietro a quella di Abassi, la vettura ha subito un brusco arresto nel traffico, dopodiché Abassi è uscito dall'auto ed è andato verso il lato del passeggero, dove era seduta la moglie.
Il testimone oculare ha detto che Abassi e sua moglie erano a circa due metri dalla vettura, sul lato opposto a quello dove la IED è esplosa. Abassi sembrava essere consapevole del fatto che ci fosse un attentato in corso, cosa che a quanto pare gli ha salvato la vita.
Il testimone non dice se ha visto gli assalitori collegare il dispositivo prima che esplodesse, ma che avrebbe potuto essere ciò che fece capire ad Abassi in che situazione si trovasse.
Se le cose fossero andate così, colui che ha costruito la bomba potrebbe aver svolto bene il suo compito nel costruire il dispositivo, ma gli attentatori si sono traditi quando l'hanno impiantato.
Secondo i rapporti ufficiali, quando avvenne l'attentato mortale contro Shahriari, anch'egli stava andando al lavoro in macchina con sua moglie all'Università Shahid Beheshti, nel nord di Teheran. I rapporti indicano che egli aveva sicuramente un autista, cosa che sembra indicare che Shahriari fosse considerato una persona importante.
La loro auto stava attraversando un parcheggio nel nord di Teheran, quando gli assalitori su almeno due moto si sono avvicinati al veicolo e hanno attaccato uno IED alla macchina.
Testimoni oculari dicono che lo IED è esploso pochi secondi dopo e che i motociclisti sono fuggiti. Shahriari è stato presumibilmente ucciso nell'esplosione, mentre la moglie e l'autista sono stati feriti.
Il resoconto ufficiale dell'attentato è stato contraddetto dalla relazione del Time Magazine, che cita “una fonte di un intelligence occidentale a conoscenza dell'operazione”, un modo per dire che lo IED che ha ucciso Shahriari è detonato dall'interno del veicolo.
Le immagini di quello che sembra essere il veicolo di Shahriari sono di qualità molto inferiore rispetto alle immagini dell'auto di Abassi, ma sembrano mostrare danni al parabrezza e agli altri finestrini della macchina.
Però la vettura è ancora abbastanza intatta, e il fatto che l'autista di Shahriari e la moglie se la siano cavata solo con qualche ferita suggerisce che il dispositivo utilizzato contro Shahriari fosse anch'esso una carica cava, specificatamente destinata a lui.
Funzionalità
Attacchi come i due effettuati contro Abassi e Shahriari richiedono un elevato livello di abilità, raggiungibile solo da uomini ben addestrati. Sotto l'apparenza di attacchi come questi accade molto di più di quanto non sia immediatamente chiaro quando si leggono i rapporti dei media.
In primo luogo, il gruppo di aggressori che hanno attaccato Abassi e Shahriari dovevano identificare i loro obiettivi e confermare che gli uomini che stavano per attaccare erano davvero scienziati di alto rango coinvolti nel programma nucleare dell'Iran.
Il fatto che Abassi e Shahriari avessero incarichi così importanti indica che sono stati appositamente selezionati tra i bersagli e non vittime di un attentato andato a buon fine.
Secondo, il commando doveva sorvegliare i due scienziati. La squadra ha dovuto individuare con certezza i loro veicoli e determinare i propri orari e percorsi, in modo tale da sapere come e quando sferrare i loro attacchi.
Entrambi gli attacchi avevano come obiettivi gli scienziati mentre si recavano a lavoro, probabilmente nel momento in cui erano più vulnerabili, un modus operandi comunemente usato dai sicari in tutto il mondo.
In terzo luogo, qualcuno con sufficiente esperienza ha dovuto costruire gli IED che avrebbero poi ucciso i loro obiettivi. Entrambi i dispositivi sembrano essere IED relativamente piccoli che erano destinati proprio agli scienziati, il che potrebbe essere stato un tentativo di limitare i danni collaterali (la loro piccola dimensione può anche essere dovuta al tentativo di occultare il dispositivo).
Entrambi i dispositivi sembrano essere stati adeguati ad uccidere i loro obiettivi e, a giudicare dal danno alla sua vettura, pare che Abassi avrebbe subìto ferite mortali se fosse rimasto nel sedile del conducente.
La fase del dispiegamento sembra essere quella nella quale le cose sono andate storte per gli aggressori, almeno nell'attacco ad Abassi. Non è esattamente chiaro che cosa lo avesse messo in guardia, ma sembra che avesse un certo livello di consapevolezza riguardo alla situazione ed è stato quindi in grado di determinare che fosse in corso un attentato.
Non è affatto sorprendente che uno come Abassi fosse consapevole della situazione. Questa non è la prima volta che gli scienziati legati al programma nucleare iraniano sono stati attaccati, e le agenzie iraniane legate al programma nucleare hanno probabilmente fornito indicazioni generali di sicurezza ai propri dipendenti (soprattutto quelli di alto rango come Abassi e Shahriari).
Nel 2007, Ardeshir Hassanpour è stato ucciso in un presunto avvelenamento che fonti STRATFOR (una compagnia privata d'intelligence globale, n.d.T.) hanno attribuito ad un'operazione israeliana.
Ancora una volta, nel gennaio 2010, Massoud Ali Mohammadi, un altro scienziato iraniano che ha insegnato all'Università di Teheran, è stato ucciso in un attacco con lo IED che lo ha colpito una mattina mentre si recava a lavoro.
Mentre alcuni sospettavano che Ali Mohammadi potesse essere stato preso di mira dal regime iraniano a causa dei suoi legami con l'opposizione, Abassi e Shahriari appaiono troppo vicini al regime per essere bersagli del loro stesso governo (tuttavia, nulla può essere escluso nella politicamente volatile Teheran).
Le analogie tra l'attentato ad Ali Mohammadi e gli attacchi contro Abassi e Shahriari suggeriscono che potrebbe essere in atto una campagna segreta per attaccare gli scienziati iraniani.
Non c'è dubbio che gli attacchi del 29 novembre abbiano assestato un colpo maggiore allo sviluppo del programma nucleare dell'Iran rispetto ai due precedenti attentati. Shahriari sembra aver avuto un ruolo fondamentale nel programma.
Mentre lui sarà probabilmente sostituito e il lavoro andrà avanti, la sua morte potrebbe rallentare il progresso del programma (almeno temporaneamente) e alimentare ulteriori timori per la sicurezza nella comunità internazionale riguardo lo sviluppo nucleare dell'Iran.
Gli attacchi arrivano durante le rivelazioni di WikiLeaks riguardo alle discussioni fra il re saudita Abdullah e funzionari statunitensi circa il proposito di assassinare leader iraniani, alle accuse che gli Stati Uniti o Israele fossero dietro il worm per computer Stuxnet (un worm che spia e riprogramma PC industriali, n.d.T.) che avrebbe presumibilmente preso di mira i sistemi informatici che eseguono il programma nucleare iraniano; e il ritorno a casa di Shahram Amiri, uno scienziato iraniano che sosteneva che gli Stati Uniti lo detenevano contro la sua volontà all'inizio dell'estate.
L'evidenza indica che potenze straniere stanno cercando attivamente di investigare e sabotare il programma nucleare dell'Iran. Tuttavia, farlo non è così semplice. Teheran è ben lontana dall'essere una città accessibile quanto Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, dove agenti israeliani sono sospettati di aver assassinato un leader di alto livello di Hamas nel gennaio 2010.
E' improbabile che gli Stati Uniti, Israele o qualsiasi altra potenza straniera possa schierare la propria squadra di assassini a Teheran per effettuare una lunga operazione di osservazione, sorveglianza e attacco senza qualche aiuto sul campo.
E vi è certamente abbondanza di aiuti sul campo in Iran. Militanti curdi come il Partito per una Vita Libera in Kurdistan hanno compiuto numerosi omicidi contro religiosi e funzionari iraniani nella provincia occidentale del Kurdistan in Iran.
Militanti separatisti sunniti nella provincia sud-orientale del Sistan-Baluchistan, rappresentati dal gruppo Jundallah, negli ultimi anni hanno preso di mira anche gli interessi iraniani nell'Iran orientale.
Altri gruppi regionali di opposizione militante come il Mujahideen-e Khalq, che ha offerto informazioni sul programma nucleare iraniano agli Stati Uniti, e i separatisti azeri rappresentano una minaccia marginale al regime iraniano.
Tuttavia, nessuno di questi gruppi ha dimostrato la capacità di poter colpire funzionari di alto livello nel cuore di Teheran con un tale grado di professionalità.
Sebbene ciò sia improbabile, essi hanno capacità ed esperienza nell'eliminare dissidenti grazie ad omicidi. Inoltre, la falsità dei molti resoconti contraddittori dei media rende gli attacchi sospetti.
E' improbabile che una qualsiasi potenza straniera sia stata in grado di svolgere da sola quest'operazione ed è altrettanto improbabile che un gruppo militante locale sia stato in grado di condurre senza qualche aiuto un attentato come questo.
La combinazione dei due elementi però potrebbe fornire una spiegazione di come gli attentati diretti contro Shariari e Abassi siano andati così vicino ad un completo successo.
I diritti di Israele hanno bisogno di una guerra perpetua
di Zeev Sternhell - Haaretz - 15 Ottobre 2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Jackalope
Dal punto di vista del diritto, i negoziati sul partizionamento della terra sono un pericolo esistenziale perché riconoscono ai Palestinesi la stessa uguaglianza dei diritti degli Ebrei su Eretz Israel.
I fatti devono essere riconosciuti: i capi dei partiti di destra hanno una visione strategica e una capacita’ di visione a lungo termine, e sanno anche come scegliere gli strumenti giusti per svolgere la loro missione.
La proposta di modifica della nuova legge sulla cittadinanza, che mira a fomentare uno stato di continua agitazione tra gli Ebrei e tutti gli altri, e’ solo un aspetto di un piano di vasta portata il cui portavoce ufficiale e’ il ministro degli esteri Avigdor Lieberman.
L'altro aspetto è la promessa del ministro degli Esteri alle nazioni del mondo che la nostra guerra contro i palestinesi è una guerra eterna. Israele ha bisogno di un nemico interno ed esterno, un senso costante di emergenza, - perche’ la pace, sia con i palestinesi nei territori o con i palestinesi in Israele, rischia di indebolirla al punto di pericolo esistenziale.
E infatti, la verita’, che include la maggior parte dei leader del Likud, è permeata dalla consapevolezza che la società israeliana vive in un costante pericolo di rottura dall'interno. Il virus democratico ed egualitario si abbatte il corpo politico dall'interno.
Questo virus si basa sul principio universale dei diritti umani e alimenta un comune denominatore tra tutti gli esseri umani, perché sono esseri umani. E che cosa gli esseri umani hanno di piu’ in comune se non il diritto ad essere padroni del loro destino ed uguali tra loro?
Dal punto di vista della destra, e’ qui dove sta’ il problema: i Negoziati sul partizionamento della terra sono un pericolo esistenziale perché riconoscono ai Palestinesi la stessa uguaglianza dei diritti degli Ebrei, su Eretz Israel.
Pertanto, al fine di preparare i cuori e le menti per il controllo esclusivo della popolazione ebraica del paese intero, è necessario aderire al principio che ciò che conta davvero nella vita degli esseri umani non è ciò che li unisce, ma piuttosto ciò che li separa. E cosa separa di piu’ la gente della storia e della religione?
Oltre a ciò, vi è una chiara gerarchia di valori. Siamo prima di tutto Ebrei, e solo se siamo certi che non ci sarà nessuno scontro tra la nostra identità tribale-religiosa e le esigenze del dominio ebraico, da un lato, e dei valori della democrazia, dall'altro, anche Israele puo’ essere democratico.
Ma in ogni caso, sara’ sempre data preferenza al suo carattere ebraico. Questo fatto garantisce una lotta senza fine, perché gli arabi si rifiutano di accettare la sentenza di inferiorità che (il Ministro degli Esteri) Lieberman e il ministro della giustizia Yaakov Neeman intendono per loro.
Questo è il motivo per cui questi due ministri, con il tacito sostegno del primo ministro Benjamin Netanyahu, hanno respinto la proposta che il giuramento di fedeltà dice essere "nello spirito della Dichiarazione di Indipendenza".
Per come lo vedono, la Dichiarazione di Indipendenza, che promette l'uguaglianza per tutti, indipendentemente dalla religione e dall’origine nazionale, è un documento il cui vero scopo e’ distruttivo, e che in quel momento lo scopo reale era quello di calmare i non ebrei e di essere aiutati nella loro guerra di indipendenza.
Oggi, in un Israele che è armato fino ai denti, solo i nemici del popolo vorrebbero dare uno status giuridico di una dichiarazione che in ogni caso pochi hanno mai preso sul serio.
Qui è dove la dimensione religiosa entra nell’immagine. Proprio come ha fatto tra i conservatori rivoluzionari del 20 ° secolo ed i nazionalisti neoconservatori dei nostri giorni, la religione gioca un ruolo decisivo nel cristallizzare la solidarietà nazionale e preservare la forza della società.
La religione è percepita, naturalmente, come un sistema di controllo sociale senza contenuto metafisico. Pertanto, le persone che odiano la religione e il suo contenuto morale possono essere al fianco di gente come Neeman, che spera un giorno di imporre la legge rabbinica su Israele. Dal loro punto di vista, il ruolo della religione è quello di imporre l'unicità ebraica e spingere i principi universalioltre il limite di esistenza nazionale.
In questo modo, la discriminazione e la disuguaglianza etnica e religiosa e’diventata la norma qui, e il processo di delegittimazione di Israele si è innalzato. E tutto questo è opera di mani ebraiche.
L’Argentina si è da poco aggiunta alla lista dei paesi che riconoscono lo Stato di Palestina. Il ministro degli esteri argentino Hector Timerman ha confermato che il paese sudamericano riconosce ora lo stato palestinese, identificato con i confini stabiliti nel 1967.
La decisione arriva ad alcuni giorni di distanza dalla presa di posizione del Brasile, che si è impegnato a riconoscere le legittime aspirazioni dei palestinesi ad avere un proprio stato libero e democratico, in pace con Israele.
«Da tempo, l’Argentina ha riconosciuto ai palestinesi il diritto di creare uno stato indipendente così come lo stato di Israele, per vivere insieme in pace con i loro vicini entro confini sicuri e riconosciuti internazionalmente.
Con questo obiettivo, il nostro paese ha sempre sostenuto le iniziative della comunità internazionale per raggiungere una soluzione definitiva equa e pacifica per il conflitto israelo-palestinese» ha dichiarato Timerman commentando il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte del proprio paese.
Cristina Kirchner, la presidente dell’Argentina, ha inviato una nota al presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmud Abbas, comunicando la decisione di riconoscere la Palestina. Il documento ribadisce la necessità di trovare una soluzione di pace per risolvere il conflitto e ricorda la necessità di coinvolgere la comunità internazionale, come avvenne dopo la Guerra dei sei giorni nel 1967, che portò a una risoluzione delle Nazioni Unite che identificava i confini entro i quali si sarebbe dovuto mantenere lo Stato palestinese.
L’ambasciatore israeliano in Argentina, Daniel Gazit, ha accolto con freddezza la notizia del riconoscimento, affermando che la scelta del governo argentino non cambierà in maniera sostanziale i rapporti diplomatici di amicizia con Israele.
Il portavoce del ministero degli esteri israeliano, Yigal Palmor, ha usato toni meno diplomatici definendo «deplorevole» la presa di posizione dell’Argentina: «Ci sono altri modi per raggiungere la pace rispetto a un gesto puramente retorico».
Dal canto loro, i palestinesi hanno invece accolto con gioia il riconoscimento. L’ambasciatore palestinese a Buenos Aires ha ringraziato le autorità argentine e ha invitato gli altri paesi sudamericani ad attivarsi in tempi brevi per riconoscere lo Stato di Palestina.
E dall’Uruguay, il ministro degli esteri Roberto Conde ha fatto sapere che il proprio paese si muoverà sulla medesima strada del riconoscimento entro i primi mesi del 2011.
All’interno del Mercosur, il mercato comune dell’America meridionale, c’è un sostanziale accordo per sostenere la causa palestinese. Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, ovvero quattro dei cinque membri a pieno titolo del Mercosur, concordano sulla necessità di riconoscere le istanze della Palestina. Il quinto membro, il Venezuela di Chávez, non ha ancora assunto una posizione in merito.
Su scala globale, 147 paesi hanno rapporti diplomatici con lo Stato di Palestina, compresa l’Unione Europea. Oltre cento di questi stati riconoscono lo stato palestinese e conducono attività diplomatiche a tutti gli effetti con i palestinesi.
I restanti, Unione Europea compresa, non riconoscono lo Stato di Palestina, ma mantengono comunque relazioni ufficiali con le autorità del paese.
Libano: possibile scenario di guerra?
di Amer Al Sabaileh - Il Fatto Quotidiano - 8 Dicembre 2010
Grandi preoccupazioni e tensioni si aggirano sullo scenario politico libanese e su quello regionale a qualche giorno dalla prevista decisione del tribunale che indaga sull’omicidio dell’ex premier libanese Rafiq Al Hariri.
Ci si aspetta che il giudizio sarà un atto di accusa contro il partito politico sciita Hezbollah. Il partito ha pubblicamente anticipato i risultati delle indagini, portando le prove della propria estraneità e, anzi, del coinvolgimento dei propri avversari nell’attentato.
Innanzitutto, Hezbollah ha denunciato il ricorso a false testimonianze da parte del tribunale internazionale. Lo stesso Hariri, figlio del premier assassinato e attuale primo ministro, aveva inizialmente sostenuto la tesi ufficiale basata su queste testimonianze, salvo poi esprimere dubbi nel merito, considerandole false e scagionando la Siria delle accuse.
Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, in un’altra occasione ha rivelato il coinvolgimento degli agenti israeliani in collaborazione con i dipendenti di una società di telefonia mobile libanese, la Alfa.
La collaborazione consisteva nella clonazione di schede sim di utenze telefoniche dei membri del partito di Hezbollah: queste schede sarebbero state usate nei luoghi dell’attentato, effettuando chiamate e inviando messaggi compromettenti in modo da dimostrare il coinvolgimento di Hezbollah. Ciò è stato confermato da parte del ministro delle Telecomunicazioni Sharbel Nahas durante una conferenza stampa martedì 23 Novembre 2010.
Inoltre, Nassrallah ha presentato delle foto di un aereo di spionaggio israeliano che avrebbe sorvolato il luogo dell’omicidio e le strade del percorso del defunto Hariri a Beirut, prima, durante e dopo l’attentato.
Il fallimento della guerra israeliana in Libano (luglio 2006), avrebbe dunque spinto l’America e i suoi alleati a sostenere la colpevolezza del partito sciita Hezbollah in modo da delegittimare le sue istanze politiche.
Inizialmente, nel 2005, si era deciso di seguire il canale del tribunale per processare sia la Siria che Hezbollah: questo processo è fallito poiché il rapporto finale del tribunale era costruito su numerose false testimonianze da parte dell’ex giudice internazionale tedesco Detlev Mehlis.
Infine, è stato recentemente scoperto un discorso di Jeffrey Feltman (ex ambasciatore americano in Libano e attualmente assistente del segretario di stato Hillary Clinton per gli affari mediorientali) con l’attuale ambasciatrice americana in Libano, in cui Feltman spiegava esplicitamente che la sua strategia mira a distruggere Hezbollah con mille colpi prima della decisione del tribunale, e che questo sarebbe il suo regalo di Natale ai suoi alleati.
Lo stesso ex ambasciatore aveva affermato a luglio scorso che Hezbollah è un partito politico molto popolare e stimato non soltanto dagli sciiti, ma anche dai propri alleati cristiani; è anche un partito legittimo e fa parte dello scenario politico libanese, grazie alla propria presenza in Parlamento e nel governo.
Questo ci aiuta a comprendere che il ritorno del tribunale avrebbe un motivo solo, cioè colpire Hezbollah e magari preparare il tirreno per una prossima guerra che mira eliminare il partito.
Il Libano, con la sua composizione assai complessa, è considerato la bussola politica che ci rivela gli indirizzi che la politica internazionale segue; in altre parole, è un piccolo auditorium della politica internazionale.
Hezbollah e i suoi alleati, il generale Michaele Aoun, presidente del Movimento Patriottico Libero (considerato il partito cristiano piu grande), Waleed Junblat, presidente del Partito Sociale Progressista, Suleiman Franjieh, presidente del Movimento Al mrada, Talal Arslan e altri leader, insistono oggi che l’atto di accusa del tribunale internazionale non è altro che una causa della divisione che potrebbe condurre ad una prossima guerra.
Buche & cubiste
di Luca Telese - Il Fatto Quotidiano - 9 Dicembre 2010
II suicidio politico-mediatico di Gianni Alemanno è un caso di scuola.
Alemanno, che si era fatto apprezzare come ministro dell’Agricoltura, ha combinato un mezzo disastro a Roma: la sparata sulla demolizione dell’Ara Pacis (prima conferenza stampa, subito rimangiata), il suo assessore che organizza il compleanno della figlia nell’inaccessibile Arancera comunale (sostenendo, patetico, che era “aperta a tutti”), il sublime concorso discrimina-“handicappati” (che, si legge nel bando, “non sono come noi”), ora la storia grottesca di cubiste, ex camerati e capiscorta assunti col concorsino. Alè.
Sembrava l’uomo nuovo. Aveva preso voti di sinistra in borgata e inaugurava una stagione post ideologica: esaltava la sua sensibilità “sociale” contro l’insostenibile leggerezza della sinistra radical chic.
Purtroppo è diventato un sindaco con codazzo e lista d’attesa dei clientes. Non fa in tempo a dire una cosa che già se la rimangia. Prova a raddoppiare le rette degli asili. Improvvisa un mestiere non suo – il mediatore tra Fini e B. – con esiti disastrosi.
A me Alemanno era (ed è) simpatico. Diceva che avrebbe curato le periferie, cancellato la cultura dell’effimero. Ha vinto sulla sicurezza, cavalcando l’omicidio Reggiani e strapazzando il Rutelli del braccialetto-sicurezza.
Oggi si ritrova una città piena di delitti da copertina, con un’ordinaria amministrazione molto peggiorata, tra buche ammazza-motorini e differenziata-fantasma. Tutto quel che andava bene è stato ridimensionato.
Di lui si ricorda l’idea forte della Formula Uno a Roma (!) e il progetto-panzana della Disneyland ciabattona. Alemanno esordì menando fendenti sull’architetto Fuksas, proseguì con una clamorosa riconciliazione e ora si scopre che i tempi di consegna della “Nuvola” saltano.
Veltroni ebbe il fegato di piazzare il countdown sull’Auditorium per rendere pubblico l’impegno sui tempi. Al confronto della Roma buia e un po’ strapaesana di Alemanno, la Roma veltrona delle notti bianche è Parigi. A dispetto della critica sull’effimero, i luoghi pubblici della città – dalla Casa del cinema a quella del Jazz al teatro di Proietti – restano quelli di Veltroni.
Non c’è un solo nastro, un solo progetto forte che in due anni e mezzo raccontino un’idea semplice di città della destra. Solo gli amici piazzati e le idee folli, tipo abbattere Tor Bella Monaca.
Se questa è la concretezza, meglio l’effimero.
I promotori del progetto UNITI E DIVERSI, che il 18 dicembre avrà a Bologna la sua prima Assemblea Nazionale, sono:
RPMLC - Rete Provinciale torinese dei Movimenti e Liste di Cittadinanza; Maurizio Pallante (MDF – Movimento della Decrescita Felice); Giulietto Chiesa (Movimento Alternativa); Monia Benini (Per il Bene Comune); Massimo Fini (Movimento Zero)Qui di seguito: il Documento Politico.
1. La fase storica, che si è aperta con la rivoluzione industriale e in poco più di due secoli ha trasformato completamente il mondo, si sta avviando alla sua conclusione. La crescita della produzione di merci che l’ha contraddistinta, e la progressiva estensione della mercificazione a percentuali sempre maggiori della popolazione mondiale e a settori sempre più ampi della vita umana, si stanno scontrando con i limiti fisici della biosfera a fornire le quantità crescenti di energia e materie prime di cui questo processo ha bisogno e a metabolizzare gli scarti liquidi, solidi e gassosi che genera. Numerosi contributi scientifici lo documentano. 2. Un altro segnale, altrettanto evidente sebbene ignorato, della fine imminente di questa fase storica, è dato dal fallimento dei tentativi di superare la crisi di sovrapproduzione scatenata dalla crisi finanziaria esplosa nell’agosto del 2008. I governi occidentali hanno tentato di sostenere la domanda stanziando ingenti quote di denaro pubblico, ma non sono stati in grado di rilanciare produzione e consumi, né di fermare l'aumento della disoccupazione. Le politiche anti-recessive si sono tradotte in aumenti paurosi dei debiti pubblici, portando diversi paesi sull'orlo dell'insolvenza e oltre. Quando si è invertito l'ordine dei fattori, tentando l'avvio di politiche restrittive, l'effetto è stato la riduzione della domanda e una nuova impennata delle disoccupazione. E' evidente che tutte le strategie del passato non funzionano più. L'economia della crescita ha raggiunto, o sta per raggiungere, il suo limite.
La finanza mondiale non è frutto di un errore: è stata costruita per funzionare così come ha funzionato e funziona. Ed è per questo che produce mostruosità di violenza e di diseguaglianze. Questa finanza mondiale è la forma monetaria della contraddizione insanabile, e ormai esplosiva, tra sviluppo e natura.
Di denaro continueremo ad avere bisogno, ma non di quello attuale. Dovrà essere introdotto il controllo pubblico democratico sull'emissione monetaria, poiché il denaro non può essere concepito come una merce e non ha valore se non è raccordato all'economia reale.
Quando questo rapporto si spezza – e si è spezzato clamorosamente davanti ai nostri occhi – il denaro si trasforma in potere allo stato puro, sovvertitore di ogni regola e principio, inclusi quelli del mercato, della morale e della stessa logica. In questo contesto anche la sovranità degli Stati perde ogni significato e, con essa, la stessa democrazia viene liquidata, come sta avvenendo.
4. In Italia, secondo quanto sancito dalla nostra Costituzione, la sovranità appartiene al popolo. Tuttavia le oligarchie partitiche hanno fatto sì che questo testo sia largamente inapplicato. Per contrastare questa pericolosissima deriva, e soprattutto per restituire ai cittadini i diritti che dovrebbero esercitare, si dovrebbe imporre al Parlamento l'obbligo di discutere le proposte legislative di iniziativa popolare, e di attribuire a queste un carattere prioritario rispetto all'ordinaria attività.
Pietra miliare per una democrazia partecipata è sicuramente l’abolizione del quorum di partecipazione per i referendum nazionali, con la contestuale introduzione di quelli propositivi, così come può diventare di fondamentale importanza portare le Amministrazioni Comunali ad inserire nei propri Statuti i referendum consultivi, nonchè abrogativi e deliberativi senza quorum.
Similmente, si avverte l’urgenza dell’introduzione di un sistema elettorale proporzionale con la possibilità di esprimere preferenza da parte degli elettori per i candidati, contestualmente all’eliminazione dei procedimenti di raccolta firme ai fini della presentazione delle liste per qualunque elezione (il meccanismo attualmente è distorto e truffaldino e disattende anche il principio fondamentale della segretezza del voto, imponendo l'espressione di un “sostegno politico” alla lista che si sottoscrive).
5. L’attuale situazione, critica su molti fronti simultaneamente, sta già modificando tutti gli assetti mondiali di potere, a riprova che la transizione è già cominciata e che le sue turbolenze sono in espansione. Il lungo dominio mondiale degli Stati Uniti è in evidente declino, assieme all'ormai insostenibile – per il resto del mondo - supremazia assoluta del dollaro.
Il tenore di vita del miliardo d'oro non è sostenibile, in condizioni pacifiche, mentre all'interno stesso dei paesi industrialmente sviluppati – nei quali larghi strati popolari hanno comunque potuto godere, negli anni della crescita del PIL, delle briciole che cadevano dal tavolo dei ricchi – si assiste a una impressionante divaricazione e disparità nella distribuzione dei redditi.
Ne consegue che i patti sociali – che hanno permesso alle nostre società di reggere negli ultimi 60 anni – sono gravemente minacciati quasi dovunque. Le tensioni internazionali crescono di pari passo a quelle sociali e interne a ogni paese. Classi politiche impreparate e miopi si lasciano tentare da soluzioni demagogiche verso l'interno e aggressive verso l'esterno, nella speranza di mantenere una presa che loro sfugge nei confronti delle rispettive opinioni pubbliche.
E' evidente che, in queste condizioni, cresce il pericolo di guerre, anche di grandi dimensioni. In assenza, o carenza, di risorse essenziali, coloro che sono forti militarmente sono trascinati dalla tentazione dell'uso della forza per risolvere i problemi della propria stabilità interna. Queste tendenze continueranno a crescere.
S'impone dunque una politica estera del tutto diversa dall'attuale, a cominciare dal riconoscimento dei diritti del popolo palestinese e dalla eliminazione di armi atomiche in Italia e in tutta l’area mediterranea.
Occorre una politica estera che liberi l'Italia da ogni alleanza militare - anche attraverso la pubblicazione e il superamento degli accordi militari segreti tuttora in essere - e le consenta di svolgere un'azione autonoma e sovrana di pace.
Come primo atto di una svolta necessaria s'impone il ritiro delle nostre truppe dall'Afghanistan e l'impegno a una drastica e conseguente riduzione e riorientamento delle spese militari, esclusivamente all'interno di una politica europea comune di contributo attivo alla pace e alla costruzione di una nuova architettura mondiale multipolare.
Per realizzare questi obiettivi occorre interpretare in modo radicalmente nuovo la funzione dei movimenti per la pace. Dalla logica della risposta alla guerra, a quella della mobilitazione preventiva contro il sorgere di conflitti. Le guerre devono essere individuate là dove possono nascere. E là devono essere disinnescate. La pace si vince impedendo alla guerra di cominciare, non imponendole di fermarsi.
6. Tutte le forze politiche storiche hanno posto a fondamento del loro sistema di valori e dei loro criteri di interpretazione della realtà, l’identificazione del benessere con la crescita della produzione e del consumo di merci.
Tutte hanno adottato le misure che ritenevano più efficaci per favorire la crescita e rimuovere gli ostacoli che le si frappongono, per accrescere in continuazione i livelli dei consumi, per ampliare il numero dei produttori e consumatori di merci.
Lo scontro politico tra di esse si è sempre articolato sulle scelte di politica economica più efficaci per stimolare la crescita e sui criteri di distribuzione del reddito monetario che ne consegue.
7. Per superare la crisi di sistema determinata dall’intreccio della crisi di sovrapproduzione con la crisi ambientale occorre elaborare strumenti di analisi economica e di politica economica diversi da quelli finalizzati a rilanciare la crescita della produzione di merci.
E per far questo occorre un soggetto politico capace di dimostrare nei fatti che si può, e conviene, indirizzare la ricerca scientifica e le innovazioni tecnologiche a ridurre gli sprechi di energia, gli sprechi di materie prime e la quantità dei rifiuti perché solo in questo modo si può creare occupazione; che quindi la crisi economica si può superare soltanto se l’economia viene indirizzata a superare la crisi ambientale.
Occorre perseguire una crescita guidata dei settori produttivi funzionali al superamento della crisi ambientale e una decrescita guidata dei settori che la rendono sempre più grave. Si dovrà energicamente combattere contro licenziamenti e disoccupazione avviando una progressiva e generalizzata riduzione dell'orario di lavoro.
Lo sviluppo di tecnologie che accrescono l’efficienza nell’uso delle materie prime e dell’energia, che accrescono la durata e la riparabilità degli oggetti, che consentono di recuperare i materiali di cui sono composti quando vengono dismessi, comporta una riduzione dei consumi a parità di benessere.
Se al posto degli attuali parametri quantitativi si utilizzassero parametri qualitativi nella valutazione delle attività produttive, la conseguenza sarebbe una diminuzione degli sprechi e della produzione di merci.
8. Un così radicale capovolgimento di prospettiva richiede l’elaborazione di un paradigma culturale diverso da quello che caratterizza il modo di produzione industriale e non può essere compreso nel sistema dei valori e nei parametri concettuali dei partiti che si sono formati nel periodo storico e nei paesi in cui questo modo di produzione si è affermato, perché ne costituisce l’antitesi.
Richiede pertanto la formazione di un nuovo soggetto politico che non può limitarsi ad essere un’altra variante dei partiti esistenti, un rimescolamento di carte tra spezzoni di varia provenienza che avvertendo l’insufficienza della strumentazione teorica in dotazione si propongano di arricchirla con qualche utensile in più.
Il nuovo soggetto politico, di cui c’è bisogno per sostenere a livello istituzionale proposte coerenti con un paradigma culturale che sostituisca il parametro quantitativo della crescita con parametri qualitativi finalizzati a superare la crisi economica creando occupazione in attività produttive in grado di attenuare la crisi ambientale, non può che collocarsi in uno spazio definito da coordinate diverse da quelle che definiscono lo spazio in cui da più di due secoli si svolge il confronto tra le opzioni politiche di destra e di sinistra.
9. Il nuovo paradigma, i nuovi stili di vita, di produzione, di utilizzo-riutilizzo, di consumo devono diventare patrimonio di immense masse popolari. Ciò è non solo necessario perché la transizione verso una nuova società avvenga in modo pacifico, ma anche perché si realizzi un più alto livello di partecipazione e di democrazia. Noi viviamo però, da ormai due generazioni, in una società dove la democrazia è stata trasformata in un combattimento di tecnologie per manipolare la coscienza collettiva.
Un nuovo soggetto politico, quale noi intendiamo costruire, dovrà perciò porsi il compito cruciale di invertire il funzionamento della macchina dell'inganno e del frastuono, ovvero del rumore di fondo che obnubila e distrae. Tutto ciò per riportare l'uomo al centro di se stesso e della società, al posto di economia, tecnologia, virtuale, e per recuperare il suo bene più prezioso: il tempo.
Non c'è dubbio che il mainstream informativo-comunicativo sta producendo una regressione collettiva, per le popolazioni che gli sono soggette, che ha già trasformato la maggioranza dei cittadini del miliardo d'oro in consumatori compulsivi.
Coloro che detengono il potere della e sulla comunicazione sono gli stessi che puntano alla prosecuzione forsennata dello sviluppo predatorio e consumistico. Ecco, dunque, che occorre portare la battaglia sul campo della informazione comunicazione: dalla sua democratizzazione, al potenziamento dell'azione pubblica, come effetto della constatazione che le televisioni (e in generale i media di ogni tipo) hanno assunto un ruolo centrale e dominante nella formazione del tenore culturale e intellettuale di una intera nazione.
Tra le misure indispensabili per accompagnare una transizione consapevole occorrerà ridurre drasticamente la massa dei messaggi pubblicitari. E introdurre, anche nei programmi scolastici di ogni ordine e grado, l'educazione ai media.
Sarebbe, questo, uno degli strumenti decisivi per invertire lo scivolamento verso l'analfabetismo di massa che caratterizza tutte le società investite dalla mutazione antropologica dell'homo videns.
Ora doppiamente analfabete, perché non sanno più leggere e perché non sono ancora capaci di leggere – non conoscendone la grammatica e la sintassi - il messaggio ormai dominante delle immagini in movimento.
Questi ed altri strumenti di organizzazione democratica e partecipata del flusso informativo-conoscitivo, come quello del sapere in ogni suo aspetto, debbono colpire l'effetto ultimo della mercificazione di tutti i rapporti umani che è stato il risultato del processo manipolatorio.
10. Le politiche economiche dominanti nei paesi occidentali sono variate nel tempo assieme alle forme di organizzazione e di regolazione dell'economia capitalistica. Così, la lunga fase di sviluppo economico iniziata con la fine della Seconda Guerra Mondiale è stata caratterizzata da politiche economiche di sinistra, cioè di tipo riformista socialdemocratico, mentre la sua crisi, sopravvenuta negli anni Settanta del Novecento, ha portato al predominio di politiche economiche di destra (usualmente indicate con l'etichetta "neoliberismo"), predominio che si è protratto fino ad oggi. In questa fase "neoliberista" si è assistito al crollo del "socialismo reale" e alla diffusione nel mondo intero dei rapporti sociali capitalistici.
In questa fase nei paesi a economia di mercato la sinistra ha cercato di competere con la destra introducendo nel suo apparato concettuale e operativo gli elementi essenziali della cultura della destra.
Ma l’economia di mercato ha aggravato i problemi ambientali, economici e sociali: incremento delle emissioni inquinanti, maggiori difficoltà di approvvigionamento di materie prime, de-localizzazione delle produzioni in paesi a controllo ambientale ridotto o nullo, con manodopera disponibile a lavorare a costi più bassi e con meno garanzie, processi migratori su scala mondiale.
Vi sono forze, politiche e culturali, che comprendono questi temi. Manca tuttavia ad esse la consapevolezza della necessità di un diverso paradigma culturale. Di conseguenza l' equità o la sostenibilità che si presume di perseguire rimane all’interno di questo sistema di produzione, cioè si riduce a una più equa distribuzione della ricchezza monetaria prodotta da un’economia finalizzata unicamente alla crescita della produzione di merci, senza nemmeno scalfire la logica distruttiva dell'attuale sistema. Questo è un vicolo cieco.
11. C’è inoltre in Italia chi ritiene che sia necessario fondare un nuovo soggetto politico per dare rappresentanza a settori sempre più vasti dell’elettorato che non si riconoscono in nessuno dei partiti esistenti e sono sempre più nauseati dai livelli di degenerazione raggiunti dal sistema politico, dallo spregio della legalità, dalla diffusione della corruzione, dalla presenza nel parlamento di una nutrita rappresentanza di persone condannate in processi penali, dall’approvazione di leggi che impediscono lo svolgimento di processi a carico di imputati eccellenti e ostacolano le indagini penali, da sanatorie che incoraggiano l’evasione fiscale, da un sistema elettorale che ha sottratto agli elettori la libertà di scegliere i propri rappresentanti istituzionali e l’ha consegnata alle segreterie di partito, dagli intrecci tra apparati dello Stato e organizzazioni criminali, dalle collusioni tra maggioranza e minoranza nella difesa di privilegi intollerabili.
Come non essere d’accordo con ogni iniziativa finalizzata a ripristinare la legalità e la sovranità popolare?
Ma anche se si ottenesse questo risultato non si sarebbero fatti passi in avanti nella definizione di una politica economica in grado di superare la crisi economica e la crisi ambientale.
Se in un contesto di legalità e di democrazia si continuasse a finalizzare le attività economiche e produttive alla crescita della produzione di merci, la disoccupazione, le emissioni inquinanti e i rifiuti continuerebbero comunque a crescere, i problemi energetici, quelli della salute, e l’effetto serra ad aggravarsi. Si andrebbe comunque al disastro, ma in condizioni giuridicamente ineccepibili.
12. Una più equa distribuzione delle risorse tra le classi sociali e tra i popoli, la tutela ambientale e la difesa della legalità costituiscono dei punti fermi su cui non si può non concordare, ma non sono sufficienti per evitare il collasso della civiltà che sta per essere causato da un sistema economico finalizzato alla crescita della produzione e del consumo di merci.
Occorre invertire questa tendenza individuando parametri differenti per le attività produttive; riscoprendo nel fare bene, e non nel fare sempre di più, il senso autentico del lavoro; nello stare bene con se stessi e con gli altri nei luoghi in cui si vive, e non nel tanto avere, il senso della vita.
Una presenza politica nelle istituzioni è indispensabile per riuscire a tradurre in misure di politica economica e industriale questa concezione del mondo e per diffondere azioni educative necessarie per orientare gli stili di vita verso la sostenibilità.
Questo passaggio non sarà facile perché l'intera società attuale è basata sul presupposto della crescita. Di conseguenza, la crisi della crescita comporta gravissimi problemi sociali, in particolare l'aumento della disoccupazione e delle disuguaglianze sociali.
Per questo, il passaggio ad una società più umana richiede un grande sforzo, in larga parte ancora da fare, di elaborazione teorica e pratica. Solo una nuova forza politica, di dimensione nazionale e, in prospettiva, internazionale, può porsi un tale obiettivo, che è la premessa per costruire una alternativa popolare e democratica ai fautori della crescita.
13. Una nuova presenza politica nelle istituzioni è necessaria, com’è necessario che si attui una nuova modalità capace di favorire concretamente buone pratiche di democrazia diretta e diffusa.
Diventa così importante: ascoltare, dialogare, confrontarsi con i cittadini, i comitati, i movimenti, le associazioni, costruendo e alimentando spazi e strumenti di partecipazione autentica che possano favorire scelte e decisioni condivise.
Fare della coerenza e della trasparenza principi imprescindibili dell’agire politico.
Affermare e praticare l’impegno politico come diritto/dovere di tutti e di tutte, rifiutando il principio della delega ai professionisti della politica.
Rifiutare i personalismi, i protagonismi, le gerarchie; favorire la partecipazione diretta, la responsabilità collettiva, lo spirito di servizio per il bene comune.
Superare la contrapposizione tra la sinistra e la destra (entrambe fautrici di una politica economica basata sulla crescita illimitata) e l’insieme della partitocrazia, a favore di un diverso paradigma culturale, che privilegia la sostenibilità alla crescita e allo sviluppo economico a tutti i costi.
Valorizzare la dimensione locale, il lavoro di territorio, lo sviluppo di comunità per alimentare il senso di solidarietà, di fiducia reciproca, di mutuo aiuto.
Sostenere e far interagire le realtà locali e le persone senza legami con i partiti che condividono l’esperienza del nuovo soggetto politico, favorendo la creazione di una rete di sostegno alla rappresentanza provinciale, regionale e nazionale.
Promuovere e incoraggiare circuiti dell'economia alternativa basati sugli scambi non monetari e sulle monete locali, al fine di sottrarre terreno al ricatto della finanza e moltiplicare esperienze per la transizione a un sistema sociale autenticamente alternativo.
In questo documento sono enunciati alcuni principi di fondo su cui i proponenti invitano ad aprire un confronto per verificare la possibilità di avviare il processo costituente di un nuovo soggetto politico.
Rete Provinciale torinese dei Movimenti e Liste di cittadinanza:
Comitato di cittadinanza attiva e Lista civica Rivalta Sostenibile, Lista civica Alpignano, Per il Bene Comune Piemonte, Movimento Alternativa Piemonte, Lista civica No Inceneritore Beinasco, ANIMO Nichelino.
Maurizio Pallante (MDF – Movimento della Decrescita Felice)
Giulietto Chiesa (Movimento Alternativa)
Monia Benini (Per il Bene Comune)
Massimo Fini (Movimento Zero)
Roma, 21 novembre 2010.
Potete scaricare i seguenti materiali: