martedì 14 ottobre 2008

Thailandia e Cambogia sull’orlo di una crisi di nervi

Si e' riaccesa di nuovo la tensione tra Thailandia e Cambogia per via di un'area territoriale al confine tra i due Paesi oggetto di contesa da quasi 50 anni e che circonda l'antico tempio hindu di Preah Vihear, la cui sovranita' e' rivendicata da entrambi ma assegnata alla Cambogia dalla Corte internazionale di giustizia nel 1962. Il tempio poi e' stato inserito nella lista del Patrimonio dell'Umanita' dall'Unesco nel luglio scorso e cio' ha riscatenato la tensione che si trascina fino ad oggi.

Venerdi' scorso inoltre c'e' stato un breve conflitto a fuoco con due soldati thailandesi e uno cambogiano feriti - piu' altri due soldati thai feriti perche' saltati su una delle migliaia di mine presenti nela zona - mentre oggi scadeva l'ultimatum lanciato dal premier cambogiano Hun Sen per il ritiro dei soldati thailandesi dall'area, altrimenti "la Cambogia muovera' una vera e propria guerra su larga scala", ha minacciato Hun Sen.

Ma entrambi i Paesi hanno ben altri problemi da affrontare; in primis la Thailandia con una situazione politica interna in subbuglio da almeno 5 mesi e un quadro economico non certo positivo di questi tempi per i due Paesi.

La Thailandia ha comunque promesso di usare la forza solo per difendere la sua sovranita', ma non ritirera' i soldati dalla zona che ritiene essere all'interno dei suoi confini.

La telenovela continua…

Via i soldati dal tempio
di Fabio Radivo e Beniamino Capro – Peacereporter – 14 Ottobre 2008
Un luogo di culto in rovina, chiuso ai turisti e circondato dalle mine potrebbe scatenare un conflitto tra due Paesi che avrebbero ben altri problemi a cui pensare. Ma Thailandia e Cambogia stanno lì, a guardarsi in cagnesco sul confine intorno al tempio di Preah Vihear, che entrambe reclamano per sé.

Oggi scadeva un ultimatum lanciato dal primo ministro cambogiano Hun Sen ai 84 soldati thailandesi che stazionano nella zona: se non vi ritirate, sarà guerra.
Ora Phnom Penh dice che le truppe rivali hanno lasciato la zona contesa, mentre Bangkok nega che i suoi militari abbiano fatto un passo indietro. Nell'incertezza, i rischi che la tensione degeneri restano alti.

Assegnato alla Cambogia dalla Corte internazionale di giustizia nel 1962, il tempio di Preah Vihear è ritornato oggetto del contendere lo scorso luglio, quando l'Unesco lo ha inserito nella lista del Patrimonio dell'umanità. E' stato come riaprire una vecchia ferita: le aspirazioni thailandesi sul tempio sono così ritornate attuali. I nazionalisti, parte del movimento di opposizione che da settimane assedia la sede del governo a Bangkok, hanno accusato l'allora premier Samak Sandaravej di avere una posizione troppo morbida sulla questione. Tra le accuse reciproche, Bangkok e Phnom Penh hanno inviato in totale circa 1.400 militari nella zona.

Dopo sei settimane di minacce, alla fine quasi tutti i soldati sono rientrati. Ma la scorsa settimana uno scambio di colpi ha ferito due soldati thailandesi e uno cambogiano. Altri due militari di Bangkok sono rimasti gravemente feriti saltando su una mina.

La Thailandia sostiene che i suoi soldati ancora in zona stanno lavorando proprio alla bonifica dei terreni minati, con ordigni rimasti là da decenni. Ma la Cambogia ci vede più il pericolo di una manovra a sorpresa per impossessarsi del tempio, dall'alto valore simbolico – è cento anni più vecchio di quello di Angkor Vat, perla della civiltà Khmer – ma anche dal grande potenziale turistico.

E mentre i contatti diplomatici tra i due Paesi continuano, il nuovo premier thailandese Somchai Wongsawat – che da tre settimane lavora dalla sala Vip del vecchio aeroporto di Bangkok, data la protesta popolare ancora in atto – non vuole dare segni di debolezza, sostenendo che per la Thailandia è impossibile fare tornare indietro le sue truppe.
"E' come se ci chiedessero di ritirarci da casa nostra", ha detto. Un portavoce dell'esercito di Bangkok, intanto, ha ribadito che il paese è “pronto" a rispondere militarmente, se attaccato. Sarebbe un atto di autodifesa in base allo Statuto dell'Onu, ha aggiunto un portavoce del ministero degli esteri.

I caccia thailandesi sorvolano il confine da settimane. A O'Tateak, a circa dieci chilometri dalla frontiera, la popolazione cambogiana, pur abituata al ringhiare degli eserciti, questa volta è più preoccupata. "Ci sono state parecchie scaramucce tra le guardie di confine cambogiane e thailandesi", racconta a PeaceReporter Mauro Cipolotti, che a Battambang è logista per Emergency, mentre è di ritorno proprio dalle zone di confine dove Emergency ha dei posti di pronto soccorso. "Proprio poco fa abbiamo incrociato dei carri armati cambogiani che stavano andando verso la frontiera, e gli abitanti della zona ci confermano che la tensione è davvero più alta del solito, questa volta. Sebbene alcuni non credano che nemmeno questa volta possa cominciare un conflitto armato, i più sostengono che appena le piogge cesseranno, la guerra con la Thailandia comincerà".

Mauro interrompe la chiacchierata, si sporge dal finestrino del fuoristrada su cui sta viaggiando. "Pioverà ancora per qualche giorno. E nonostante oggi in tutto il Paese si festeggi la fine della stagione delle pioggie, ci sono ancora tante nuvole. Ma al massimo tra due tre settimane comincerà la stagione secca. E allora per i militari non ci saranno ostacoli alle manovre".