Con l’occupazione nei giorni scorsi dei due aeroporti di Bangkok il movimento PAD (People’s Alliance for Democracy) ha decisamente innalzato il livello del suo scontro con il governo guidato da Somchai Wongsawat - cognato del media tycoon Thaksin Shinawatra a sua volta premier dal 2001 al 2006, quando e’ stato deposto da un incruento colpo di stato militare –, dimostrando ancora una volta di godere dell’appoggio di parte delle Forze Armate e della polizia, che hanno di fatto permesso a qualche migliaia di militanti del PAD di prendere possesso dei due aeroporti, sigillando anche un perimetro di 3 Km intorno all’aeroporto internazionale di Suvarnabhumi con camion, auto, filo spinato e pneumatici, formando cosi’ dei veri e propri posti di blocco.
Idem accade intorno a quello di Don Meuang.
Gia’ piu’ di 100.000 tra turisti e uomini di affari, non solo stranieri, sono bloccati a Bangkok ormai da giorni, anche se qualche aereo della compagnia aerea di bandiera Thai Airways e alcuni jet privati sono riusciti a decollare dall’aeroporto militare di U-Tapao, situato a circa 150 Km da Bangkok.
Sono riusciti finora a partire solo poche centinaia tra le migliaia di pellegrini musulmani in partenza o transito da Bangkok per Ryad in occasione delle festivita’ dell’Haij.
Ma la cifra delle persone bloccate a Bangkok e’ destinata a raddoppiare, se non a triplicare, nei prossimi giorni se non si trova presto una soluzione che permetta di utilizzare altri aeroporti sparsi nel Paese per i voli internazionali cancellati da Suvarnabhumi.
E con quest’ultima dimostrazione di forza da parte del PAD, il governo ha perso anche la sua sede provvisoria situata all’interno del semi dismesso aeroporto di Don Mueang, dove da 3 mesi e’ costretto a riunirsi visto che la sua sede ufficiale, la Government House, e’ occupata dal PAD fin dal 26 agosto scorso.
Ora infatti il governo e’ costretto a riunirsi a Chiang Mai, una cittadina nel nord del Paese.
Ma non sembra essere in vista a breve una soluzione per questo caos politico-sociale-istituzionale che sta gia’ costando milioni di euro ogni giorno, soprattutto al settore del turismo e all’export.
E nessuno sembra finora volersi assumere alcuna responsabilita’ nel prendere iniziative volte a porre fine ad una situazione che, oltre ai due aeroporti bloccati, vede appunto un governo che deve riunirsi in segreto nel nord del Paese, un Parlamento che non puo’ lavorare per via del blocco esterno attuato dal PAD che impedisce ai parlamentari di entrare in aula, una polizia che non gode del consenso necessario per poter intervenire liberamente nello sgombero dei due aeroporti e un esercito che sta a guardare e non vuole agire ne’ in supporto alla polizia ne’ tantomeno per attuare un golpe.
Qualche giorno fa il governo ha emanato un decreto che dichiara le aree intorno ai due aeroporti in stato d’emergenza dando l’incarico alla polizia di sgombrare gli occupanti, ma senza usare da subito le maniere forti, con l’appoggio di unita’ della Marina e dell’Aeronautica ma non dell’Esercito, tenuto fuori dal gioco.
Evidenziando con cio’ le tensioni crescenti tra il premier Somchai e il capo dell’esercito Gen. Anupong Paochinda e alimentando inoltre le voci di un imminente golpe dell’esercito, subito smentito seccamente dal suo portavoce.
Ma finora la polizia non e’ ancora intervenuta e il suo capo e’ stato percio’ rimosso. Mentre il PAD non accetta alcun tipo di negoziato se prima il premier non si dimette.
Dal suo canto pero' il premier ha piu’ volte dichiarato di non avere alcuna intenzione di dimettersi, avendo gia’ da tempo rifiutato “l’invito” del generale Anupong a sciogliere il Parlamento e a indire nuove elezioni.
D’altronde lo stesso PAD aveva rifiutato un analogo “invito” di Anupong a sgombrare i due aeroporti.
Sembra quindi di assistere a una partita di poker in cui ognuno dei giocatori – governo, polizia, esercito, PAD, opposizione parlamentare e sistema giudiziario – rilancia all’infinito senza che si arrivi mai al momento in cui si devono mostrare le carte che si hanno in mano.
Ma nel frattempo la Thailandia sta perdendo milioni di euro ogni giorno e ha gia’ perso la sua immagine di Paese accogliente, stabile e con istituzioni funzionanti.
E sono gia’ migliaia le persone che hanno cancellato le loro programmate vacanze in Thailandia proprio mentre sta per iniziare il periodo di alta stagione turistica.
Ma nessuno sembra prestare la minima attenzione a tutto cio’, orgoglio e improvvisazione stanno prevalendo su razionalita’ e logica. E va ricordato che molti tra i militanti del PAD lavorano nel settore turistico e nel suo indotto.
La comunita’ internazionale ha gia’ richiesto al governo provvedimenti immediati per sgombrare i due aeroporti, ma l’inettitudine del governo sembra nascondere la sua intenzione di voler prendere tempo in maniera tale da mettere sempre piu’ in cattiva luce l’immagine del PAD, che comunque gia’ da tempo non gode piu’ dello stesso appoggio e consenso popolare di qualche mese fa.
Detto cio’, e’ una situazione complicata il cui stallo non puo’ protrarsi all’infinito. Qualcuno prima o poi dovra’ dare il la’ e mostrare le carte agli altri giocatori.
L’unico che finora ha rivelato chiaramente le sue intenzioni e’ l’ex premier Thaksin Shinawatra che vuole assolutamente tornare in patria dal suo auto-esilio e diventare nuovamente primo ministro.
Si e’ gia’ appellato al Re Bhumibol chiedendo il “perdono Reale” per evitare cosi’ di scontare una condanna di due anni per frode fiscale.
Ma facendo cio’ ha coinvolto direttamente la Casa Reale - neutrale secondo la Costituzione – nell’agone politico e sono risaputi i suoi non eccellenti rapporti con il Re.
E’ inoltre intervenuto chiedendo al PAD di sgombrare i due aeroporti e ha avvertito l’Esercito a non tentare alcun golpe altrimenti questa volta i suoi sostenitori – i militanti dell’UDD, United Front of Democracy Against Dictatorship, che si sono gia’ scontrati piu’ volte con quelli del PAD e che hanno occupato un’importante piazza di Bangkok promettendo di restarvi finche’ il PAD non lascera’ i due aeroporti – vi si opporranno anche con la forza.
E mentre nei prossimi giorni la Corte Costituzionale dovra’ decidere se sciogliere o meno per frode elettorale il partito di maggioranza relativa - il PPP, People’s Power Party, nato dalle ceneri del disciolto Thai Rak Thai fondato da Thaksin – provocando automaticamente le dimissioni del governo, non si puo’ prevedere con certezza quale sbocco prendera’ l’attuale situazione di caos istituzionale, quasi tendente all’anarchia, e che facilmente puo’ precipitare in scontri armati con pesanti spargimenti di sangue a 360 gradi.
La speranza e’ che tutti gli attori principali facciano presto un passo indietro contemporaneamente, si siedano intorno a un tavolo e vi rimangano fino a quando non viene raggiunta una soluzione di compromesso, accettabile per tutti ma soprattutto capace di tirare fuori il Paese dalle sabbie mobili che lo stanno lentamente sommergendo.