venerdì 25 maggio 2012

News Shake

News Shake, notizie a caso ma non per caso...


Perchè non congelare il debito? 
di Guido Ortona - Sbilanciamoci - 23 Maggio 2012

Sfuggire al ricatto dei mercati è possibile, e non necessariamente doloroso. L'Italia potrebbe farlo congelando il debito, prima che l'attivo primario venga eroso. Ecco come.
 
Riassunto 
 
Per uscire dalla crisi bisogna espandere la spesa pubblica. Ciò non può essere fatto ricorrendo al debito, che è già troppo elevato, e quindi è necessario trasferire reddito dai soggetti più ricchi allo stato.

Ma ciò troverebbe probabilmente l'ostilità del mercato finanziario, il che farebbe crescere i tassi di interesse a livelli probabilmente insostenibili. Se ne deduce che per uscire dalla crisi sarà forse necessario fare in modo che il mercato finanziario non abbia influenza sulle politiche economiche. Si suggerisce che il modo più indolore per ottenere questo risultato è congelare il debito.

1. Per uscire dalla crisi 1 Se si vuole uscire dalla crisi economica attuale, o almeno impedire che assuma proporzioni ancora più catastrofiche, occorre un massiccio intervento pubblico nell'economia. 

A mio avviso questo dovrebbe soprattutto consistere nell'assunzione di nuovi addetti nella pubblica amministrazione, dell'ordine di 800.000 unità (si veda un precedente intervento di Mattei, Ortona e Scacciati su www.sbilanciamoci.info, citato più sotto; Luciano Gallino sul Manifesto del 29 aprile 2012 suggerisce 1 milione). 

Questi addetti dovrebbero essere impiegati in lavori non tanto utili quanto necessari (tutela del paesaggio, aumento dell'efficienza della pubblica amministrazione, assistenza, eccetera). Ciò rilancerebbe l'occupazione, migliorerebbe l'efficienza complessiva del sistema, e creerebbe domanda aggiuntiva. 

Vale la pena ricordare che i dipendenti pubblici in Italia erano nel 2008 (ultimo dato confrontabile disponibile, fonte BIT) 3.600.000, da paragonarsi con i 5.800.000 del Regno Unito e i 6.000.000 della Francia. Se non si modifica questo dato ogni discorso sull'aumento dell'efficienza della pubblica amministrazione italiana è probabilmente velleitario. 

A questo scopo è sufficiente una limitata tassazione dei redditi e della ricchezza elevati: altrove si è argomentato che l'assunzione di 800.000 addetti nella pubblica amministrazione potrebbe essere finanziata con una tassazione annua pari al 3.8 per mille della ricchezza mobiliare, oppure all'1% della ricchezza mobiliare dell'1% più ricco della popolazione italiana (si veda a questo proposito il sito http://sbilanciamoci.info/Sezioni/alter/Con-una-tassa-sui-patrimoni-finanziari-800.000-posti-di-lavoro-12637 ).

Ora, questo trasferimento di reddito è reso impossibile dal livello del debito pubblico. Una politica così di sinistra spaventerebbe i mercati, e questo porterebbe all'esplosione dei tassi di interesse, che divorerebbero le nuove entrate fiscali. L'unico effetto sarebbe di trasferire reddito dai soggetti tassati a quelli creditori. Quindi non si può fare.

Ma non si può neanche non fare: la storia ci insegna che non si esce da una crisi della gravità di quella attuale con soluzioni di destra, cioè puntando sul rilancio del mercato e sulla compressione dei salari e basta.  

L'uscita da destra richiede tipicamente componenti fasciste o militari, che oggi per fortuna sono impraticabili. Quindi non esistono due soluzioni, una migliore (quella di sinistra) e una peggiore (quella di destra). L'alternativa è fra la soluzione di sinistra e la catastrofe. 

Il destino dell'Italia, se non esce dalla crisi da sinistra, è probabilmente di diventare prima come la Grecia, e poi come l'Argentina, e poi chissà; e nel migliore dei casi, un ristagno lunghissimo, con tutti i costi sociali che ciò comporta.

Quindi non si esce dalla crisi se non si neutralizza il pericolo connesso al debito pubblico, cioè se non si sfugge al ricatto dei saggi di interesse. Il modo più ovvio è il default, ma secondo molti questo avrebbe conseguenze catastrofiche (sono d'accordo con loro, e quindi su questo non mi soffermo). Esiste però una politica più praticabile.

2. Per uscire dalla crisi 2 La politica è la seguente: il debito pubblico viene congelato. Congelato vuol dire che alla scadenza viene rimborsato solo in parte, come ora vedremo; e quanta parte viene stabilito dalla disponibilità di risorse. In pratica:

a) lo stato non rimborsa i crediti alla scadenza, fatto salvo quanto più sotto al paragrafo 3, e al contempo fissa i tassi di interesse come al punto b) qui sotto, indipendentemente dalla durata del titolo di credito e dall'interesse nominale;

b) il debito viene indicizzato all'inflazione, e su di esso si paga l'1% di interesse, oppure il tasso di mercato se esso è inferiore (che possa esserlo è del tutto plausibile: non solo i titoli tedeschi, ma anche quelli italiani hanno oggi un rendimento inferiore al tasso di inflazione). 

La componente indicizzazione non comporta un aggravio del rapporto debito/PIL, in quanto il PIL nominale cresce dello stesso ammontare dell'inflazione. L'1% deve essere pagato con un attivo primario (se il debito è il 120% del PIL, si dovrà sostenere un attivo primario pari all'1.2% del PIL);

c) il congelamento è a tempo indeterminato, ma non eterno: cesserà quando le manovre correttive avranno riportato l'economia reale in condizioni soddisfacenti.

3. Il rimborso del debito congelato. Contrariamente a quanto può sembrare a prima vista, quanto sopra non implica che il debito in scadenza non venga rimborsato. Viene rimborsato in parte: e precisamente nella parte per la quale vi sono nuovi soggetti disposti a sottoscriverlo a quelle condizioni. 

Ma perché qualcuno dovrebbe sottoscrivere un debito congelato? Per due motivi. Il primo è che il debito diventa sicurissimo, dato che viene definitivamente escluso il rischio di default; il secondo è che quelle condizioni non sono in realtà molto diverse da quelle attuali, e sono semmai migliori di esse, come abbiamo visto più sopra. 

Nell'ipotesi che la domanda di nuova sottoscrizione alla scadenza sia inferiore a quella di rimborso, il rimborso stesso potrebbe essere razionato in funzione dello sconto che i creditori sono disposti a concedere, il che consentirebbe tra l'altro una graduale riduzione del debito. 

Inoltre il mercato secondario continuerebbe ad operare, consentendo di liquidare il debito a chi lo desidera, al prezzo di una perdita presumibilmente piccola.

C'è un'altra considerazione importante. Come è noto, i mercati finanziari sono isterici. Se il congelamento e il piano di sviluppo (più sopra abbiamo suggerito che si basi su tassazione dei patrimoni elevati e aumento massiccio del numero di pubblici dipendenti) vengono presentati in un pacchetto unico, i mercati stessi saranno favorevoli al successo del piano di sviluppo, in quanto esso è l'unica garanzia di un ritorno alla "normalità" (chiamiamola così) dei mercati finanziari stessi: un eventuale fallimento del piano di sviluppo porterebbe a quel punto inevitabilmente al default.  

In altri termini, una politica keynesiana di rilancio dell'economia non è necessariamente in contrasto con i fondamenti del mercato finanziario internazionale, sopratutto se l'alternativa è il default, come sembra molto probabile.

4. Una precondizione: l'attivo primario. La politica qui suggerita implica che il paese che l'adotta sia in grado di mantenere stabilmente un attivo primario (cioè che il bilancio sia in attivo se si escludono i pagamenti per interessi), dato che non sarebbe in grado di finanziarsi con nuovo debito (in quanto gli interessi richiesti sarebbero presumibilmente altissimi). A prima vista si tratta di una condizione molto forte. In realtà per l'Italia non lo è affatto, per due motivi.

In primo luogo perché l'Italia è stabilmente in attivo primario da molti anni: questo dimostra che esso è sostenibile. Nel 2011 l'Italia ha avuto un attivo primario pari all'1% del PIL; e ha sempre avuto un attivo primario a partire almeno dal 1993, anno in cui comincia la serie da me utilizzata (di fonte Banca d'Italia), tranne che nel 2009 e nel 2010, quando il suo passivo primario è stato pari rispettivamente allo 0.7% e allo 0.1% del PIL. Nel 2008 l'attivo primario è stato del 2.5%, un valore abbastanza rappresentativo della serie. L'1.2% ipotizzato più sopra è quindi assolutamente realistico.

Ma il motivo principale per cui la necessità di un attivo primario non limita lo schema qui proposto è che questa condizione deve essere comunque rispettata. 

L'assenza di attivo primario implica che si deve contrarre nuovo debito per pagare gli interessi di quello vecchio: e con un debito attorno al 120% del PIL ciò vuol dire che il debito esploderebbe pressoché immediatamente.

5. Conclusioni. Il congelamento del debito è naturalmente una misura di emergenza, da assumersi quando il debito non può essere espanso ulteriormente, e ciononostante è necessario espandere la spesa pubblica; il che deve allora necessariamente avvenire mediante un trasferimento di reddito che ancorché limitato non sarebbe apprezzato dai mercati. 

L'Italia forse non è ancora in queste condizioni, ma certamente non è da escludere che ci si trovi presto. I provvedimenti di Monti non sono sufficienti a evitarlo, semmai il contrario. 

La monetizzazione del debito travestita da prestiti alle banche da parte della Bce e il rilancio delle esportazioni mediante l'indebolimento dei sindacati sono più che bilanciati da provvedimenti recessivi come l'aumento delle tasse, la riduzione delle spesa pubblica e la perdita di efficienza della pubblica amministrazione dovuta alla riduzione del personale; e forse ancora di più dal clima di incertezza e ansia che la politica del governo sta diffondendo, che certamente riduce di molto la propensione al rischio degli imprenditori.

Può darsi che ciononostante si riesca a tenere bassi i tassi di interesse fino alla fine della crisi; io penso di no, anche perché ci sono troppi fattori esogeni che possono farli esplodere. 

Per esempio: una guerra da qualche parte; le tensioni sociali; un governo banditesco o incapace (o banditesco e incapace); la speculazione; o anche semplicemente la recessione che il governo ha scelto di assecondare. 

Comunque, se il debito non esploderà, tanto meglio - purché si riesca a contenere la macelleria sociale in termini accettabili, e forse questo livello è già stato superato. 

Ma se invece lo farà il default è certamente peggiore del congelamento. Se la Grecia avesse congelato il suo debito quando era in attivo primario (lo è stata dal 1994 al 2002) le cose per lei adesso andrebbero probabilmente molto meglio. 

E' interessante notare che anche l'Economist (18 febbraio 2012) riconosce che un paese in attivo primario è in grado di sfuggire al ricatto dei mercati, anche se nel caso della Grecia prevede un parziale default piuttosto che un congelamento: "What’s more, from 2013 Greece is supposed to sustain a series of “primary” budget surpluses (i.e., excluding interest payments) so as to cut its debt burden. But once the state has eliminated its primary deficit, it will not need external finance to fund its day-to-day operations. If Greece then refuses to run big surpluses, a second round of debt restructuring would beckon. That would hurt official creditors, as well as the remaining private bondholders".

Quindi sfuggire al ricatto dei mercati è possibile, e non è necessariamente troppo doloroso. Ma se si decide in questo senso bisognerà farlo prima che sia troppo tardi, cioè prima che l'attivo primario venga mangiato dal tentativo di contrastare l'esplosione dei tassi di interesse mediante la recessione. Poi sarà molto più difficile, perché l'espansione del debito sarà necessaria per pagare la spesa corrente.


Gli esperti
di GZ - www.cobraf.com - 24 Maggio 2012
 
Warren Mosler è un soggetto particolare, un trader di bond che ha fatto i soldi anni fa con un suo fondo specializzato in arbitraggio stile Lehman che vive da dieci anni in una piccola isola dei caraibi con la mania dei motori e dell'insegnare gli aspetti tecnici del sistema monetario (a mezzanotte è ancora lì che ti spiega il meccanismo degli addebiti ed accrediti e riserve delle banche centrali, poi passa ai complicati schemi fiscali per ridurre le tasse e poi ai motori, è un ingegnere come mentalità)

Mosler ha un poco di risonanza su internet di lingua inglese, ma sui media finanziari italiani è sconosciuto, come sono sconosciuti anche il 90% degli esperti che leggo e cito, perchè siamo un paese provinciale e la prova è che nessun italiano viene mai citato all'estero. Sui media nostrani la notorietà ce l'hanno quelli come Paul Krugman o Luttwak o Naomi Klein che sono sempre gli stessi da 20 anni. 

A MilanoFinanza, Borsa&Finanza e il Sole24ore si limitano ad intervistare quando vogliono "il dissidente" sempre Marc Faber e Jim Rogers, il quale dice che è "short di bond... perchè stampano moneta e l'inflazione esplode" in ogni intervista che abbia dato dai primi anni '90. Bisogna aspettare che muoiano Faber e Rogers (sono sui settanta anni) perchè facciano lo sforzo di trovarne di nuovi

Del resto alla Bocconi e nelle università è anche peggio perchè a loro spetterebbe di tirare fuori soluzioni e invece zero, se leggi http://www.lavoce.info dove scrivono online economisti italiani si preoccupano di come si finanzierà lo stato e se Monti fa bene ad aumentare l'IVA o non sia meglio l'IMU. Quando prendono coraggio propongono che lo stato saldi i debiti che ha verso le imprese in 6 mesi invece che in tre anni.

Che lo stato NON ABBIA BISOGNO IN REALTA DI INCASSARE SOLDI CON LE TASSE PER ESSERE IN GRADO DI SPENDERNE non li sfiora. Finora solo sul sito dell'Agenzia delle Entrate ho trovato due studiosi che dicono tranquillamente che "le tasse non possono essere un mezzo per finanziare la spesa pubblica perchè già effettuata in precedenza". 

Se ci pensi un poco ti rendi conto che PRIMA lo stato spende e poi il denaro che ha messo in circolo viene usato per pagare le tasse. Le tasse sono oggi solo un modo per ridurre la quantità di moneta che circola nell'economia. Lo stato attualmente non si finanzia con le tasse perchè operativamente ogni volta che spende emette moneta

Ma quelli che scrivono sul Corriere, MF o il Sole leggono nemmeno l'Economist che perlomeno menziona Mosler, Gailbraith, Kelton, Keen e la MMT. Aspettano che i prof di Harvard o Columbia che scrivono sul New York Times come Krugman dicano qualche cosa per avere l'autorizzazione a ripeterla. 

Peccato che questi accademici di Harvard e Yale siedano nei consigli di amministrazione e abbiano consulenze con una decina di banche e multinazionali per cui non hanno il tempo e l'interesse ad illuminare il funzionamento del sistema monetario.

La Lucrezia Reichlin è l'economista italiana che è stata fino all'anno scorso a capo della ricerca economica della BCE a Francoforte. Quindi ha mancato clamorosamente tutta la crisi, non l'ha vista arrivare per niente pur essendo nel posto in cui aveva tutto in mano e la responsabilità di avvertire. 

Appena è uscita dalla BCE è stata nominata nel consiglio di amministrazione di Unicredit e quando scrive sul Corriere della Sera dice solo banalità. Perchè mettersi a muovere le acque e infastidire che poi non ti invitano più ? 

Questo mese la Reichlin fa l'editoriale sul problema vero dell'Italia "La malattia italiana nasce prima dell'euro" senza nominare le banche e l'eccesso di credito e debito. Ieri c'era l'editoriale sul Corriere di Alberto Allesina (cattedra in USA) e Giavazzi, la coppia fissa che illumina i lettori del giornale sull'economia. 

Cosa dicono che è il problema vero in Italia ? fare pagare di più i servizi pubblici come treni o l'acqua. Eccesso di Debito che schiaccia e ricatta i governi ad aumentare le tasse per pagare gli interessi ? Macchè... bisogna spremere chi lavora e fargli pagare gli interessi

Se non fosse che puoi giocare sui mercati come alternativa non resterebbe che la violenza.


La Giamaicanizzazione dell'eurozona
di Mark Weisbrot - www.guardian.co.uk - 18 Maggio 2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura d SKONCERTATA63  

Imponendo tagli di bilancio e austerità, la BCE sta condannando paesi come la Grecia e la Spagna ad una zona di tramonto economico.

La Giamaica, una nazione insulare anglofona caraibica con 2.9 milioni di abitanti può apparire lontanissima dall’Europa. Il reddito pro capite del paese di 9,000 UsDollars è ottantottesimo nel mondo rispetto ai paesi dell’eurozona che sono tre/quattro volte più ricchi. 

Ma questi ultimi si trovano ora ad affrontare un problema comune e benché nessuno dei paesi dell’eurozona si prevede possa diventare povero come la Giamaica oggi, potrebbe però a lungo andare trovarsi a rivivere lo stesso scenario di disastro economico che la Giamaica vive da vent’anni.

La Giamaica ha la più alta percentuale di indebitamento al mondo: gli interessi sul debito pubblico rappresentano il 10% del reddito nazionale. (Per confronto, la Grecia – con il più alto indebitamento in Europa – sta pagando il 6,8% di Prodotto Interno Lordo di interessi). 

Questo lascia poco spazio agli investimenti pubblici in infrastrutture o allo sviluppo della formazione e della sanità. In parte a causa della morsa del debito, il reddito pro capite in Giamaica è cresciuto solo dello 0,7% l’anno nel corso degli ultimi 20 anni.

Due anni fa, la Giamaica ha raggiunto un accordo con i suoi creditori, mediato dal FMI, che ha rifinanziato il suo debito. Il pagamento degli interessi e’ stato ridotto e alcune scadenze prorogate. Ma l’entità del debito resta comunque insostenibile. Le proiezioni attuali del FMI mostrano che l’indebitamento della Giamaica raggiungerà fra tre anni il 153% del Prodotto Interno Lordo.

Suona familiare? Questo è quello che è avvenuto alla Grecia quattro mesi fa. Il governo Greco ha raggiunto un accordo con le istituzioni europee (la “Troika” della BCE, la Commissione Europea ed il FMI) per la riduzione del suo debito.

Diversamente dalla Giamaica, gli investitori privati-creditori della Grecia sono stati “tosati”, perdendo quasi metà del capitale.
 
Ma nonostante questo, non è bastato. Prima ancora che si fosse asciugato l’inchiostro sull’accordo siglato, una proiezione futura del FMI sullo “scenario pessimistico” mostrava che il debito greco avrebbe superato il 160% entro il 2020.

Dato che le proiezioni del FMI sulla Grecia degli ultimi anni si sono dimostrate troppo ottimistiche, e con un’Europa che sta scivolando verso la recessione, lo scenario pessimistico sembra ora quello più probabile. Questo significa che anche se il governo greco finirà con l’accettare l’accordo – che oltre tutto non è neanche garantito – è probabile che l’economia greca passerà da una crisi all’altra fino ad una nuova ristrutturazione del debito, oppure cadrà nel caos totale.

Sia in Grecia sia in Giamaica, il problema non è solo il debito; sono anche le politiche adottate dai creditori ai nuovi debiti. In Grecia si arriva a punte estreme: negli ultimi due anni la Troika ha insistito che la Grecia decurtasse l’8,6% di GDP dal deficit finanziario - come se gli Stati Uniti cancellassero all’improvviso l’intero deficit di bilancio federale di 1,3tn di dollari.

Ovviamente, l’economia è entrata in un vortice. Anche in Giamaica, durante la crisi economica del 2008-2009, il FMI impose delle condizioni che peggiorarono ulteriormente il trend negativo del paese. Il problema delle politiche dannose in Europa non si limita solo alla Grecia. Un recente titolo del Dow Jones ci racconta la storia del Portogallo in una riga: "Europa: il Portogallo avrà bisogno di maggiore austerità per mantenere il deficit a livelli accettabili”. 

Sì, la Commissione Europea vuole che il Portogallo faccia ulteriori tagli di bilancio perchè quelli già fatti hanno contratto l’economia nazionale a tal punto che il paese non potrà raggiungere lo sperato target di rapporto deficit-PIL. Quest’anno l’economia portoghese è destinata a ridursi di un penoso 3,3%, mentre la disoccupazione ufficiale è salita dal 12,9% dello scorso anno al 15,3% quest’anno.

L’Irlanda è in recessione e anch’essa è impegnata in grossi tagli di bilancio.

La Spagna non ha ancora dovuto rivolgersi alla Troika, ma sta seguente le stesse politiche. Con più della metà dei propri giovani disoccupati, secondo le proiezioni attuali del governo, il debito finanziario spagnolo porterà via quest’anno il 2,6% della crescita economica.

Ovviamente, ci sono differenze significative tra i paesi dell’eurozona e la Giamaica, come ci sono tra gli stessi paesi dell’eurozona. La Giamaica ha bisogno di cancellazione del debito; alcuni dei paesi dell’eurozona in difficoltà – ad esempio la Spagna – raggiungeranno un alto tasso di indebitamento se l’intervento della BCE si limiterà al mercato dei titoli di stato e a garantire un basso tasso d’interesse su quei titoli. 

E la BCE, che emette valuta forte in un’area monetaria senza grossi rischi d’inflazione, ha ampi spazi di manovra per far sì che tutti i paesi dell’eurozona abbiano bassi costi di prestito e quindi un debito sostenibile.

Ma la BCE si è rifiutata di usare i propri poteri per mettere fine alla crisi del debito pubblico, preferendo invece – in combutta con il resto della Troika – sfruttare questa crisi provocando cambiamenti politici impopolari nei paesi dell’eurozona, specialmente in quelli più deboli. 

Così facendo stanno condannando questi paesi a quel lungo periodo stagnante di alta disoccupazione e rallentata crescita economica che la Giamaica vive da vent’anni. Anche se i costi umani sono ancora più alti in paesi in via di sviluppo come la Giamaica, tutto questa comporterà una grande sofferenza non necessaria da entrambi i lati dell’oceano.

 
Petrolio? Ancora con 'sta storia? No grazie. Amo il mio pianeta
di Denny Battistello - Megachip - 25 Maggio 2012

Vedete quest’auto? Costa 40.000 euro; velocità massima di 212 km/h, un'autonomia fino a 480 chilometri con una ricarica, che può essere effettuata rapidamente in circa 45 minuti. Ed è elettrica. Si avete sentito bene

Ci hanno detto fino ad oggi che al massimo una elettrica poteva avere un autonomia di 80-100 Km. E questo perché? Perché e vero? Oppure per disaffezionarvi all’idea di un auto elettrica? Oppure per assicurare un futuro potenziale mercato legato alle colonnine di ricarica all’Eni? Bene ci siam capiti.

Torniamo ai giorni nostri. Terremoto in pianura padana. Ci hanno giustamente detto che si tratta di terremoti dovuti all’evoluzione tettonica delle così dette dorsali montuose sepolte sotto la pianura Padana. 

Quello che non ci hanno detto è che è in atto una campagna di trivellazione del nostro territorio nazionale da parte delle compagnie petrolifere americane. Nei scorsi giorni Rosario Marcianò ha dichiarato su Radio IES: "il Fracking è all'origine del sisma in Emilia. Il terremoto in Emilia è stato provocato dalle prospezioni geologiche condotte nel sottosuolo dove vengono fatte brillare delle cariche alla ricerca di idrocarburi. Il governo di Mario Monti ha stipulato un accordo con multinazionali texane per queste prospezioni".

Non siamo in grado di verificare, al momento, la fondatezza di queste dichiarazioni. Ma, se avessero anche solo parziale conferma ci sarebbe di che inquietarsi.

Infatti, si tratta ora di capire come queste trivellazioni sono eseguite. Secondo quale metodo. È di fracking che si tratta? Questo consiste in perforazioni idrauliche che, una volta arrivate in profondità, vengono piegate in linea parallela al terreno. 

Nei varchi creati nel sottosuolo viene pompato ad alta pressione un fluido, generalmente acqua mista alcune sostanze pericolose da smaltire. L’iniezione di acqua e composti chimici frantuma gli scisti friabili contenuti nella roccia sedimentaria e libera i gas che li contengono.

La Cuadrilla Resources, che opera trivellazioni nel territorio americano, ha reso noto in un suo comunicato che l'uso di fracking può effettivamente produrre terremoti, anche se ha parlato di "eventi sismici minori". Un suo comunicato dice esattamente questo:

L'attività di fracturing del pozzo Cuadrilla's Preese Hall-1 ha scatenato un certo numero di eventi sismici minori. Gli eventi sismici sono stati causati da un'inusuale geologia al sito del pozzo combinata con la pressione esercitata dalle iniezioni d'acqua previste dalle operazioni.

Quindi abbiamo una evidente conferma, anche se espressa in termini riduttivi. Cosa significhi "evento sismico minore" non è chiaro. E soprattutto resta aperto il dubbio se esso non possa inavvertitamente trasformasi in evento sismico maggiore, o molto maggiore. 

Se le cose stanno così, s'impone una precisa richiesta alle autorità perchè venga immediatamente usato il principio di precauzione. I problemi energetici del paese non possono essere messi prima e davanti a quelli della sicurezza delle popolazioni.

Quindi:
a) verificare con quali sistemi vengono effettuate le prospezioni.
b) interrompere immediatamente ogni attività che anche soltanto implichi il sospetto di minacce alla sicurezza delle popolazioni.

Questi sospetti sono raffforzati dalla recente dichiarazione del sismologo Alessandro Amato dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv ), che asserisce:
Possiamo dire che i terremoti di gennaio e quelli di oggi (...) sono avvenuti in modi diversi. La prima grande differenza è nella profondità: mentre i terremoti di gennaio sono avvenuti a grande profondità (30 e 60 chilometri), il sisma di oggi è stato molto superficiale, appena 6,3 chilometri.

Se confermata, questa valutazione ci riporta a situazioni molto simili a quelle sopra descritte, cioè di un intervento umano molto vicino alla superficie terrestre. Che esista un giacimento a Medicina, tra Ferrara e Ravenna è noto. Ci sono stati interventi del tipo sopra indicato nell'area? 

La magistratura dovrebbe indagare. Non dovrebbe essere difficile individuare quali attività produttive, o di preliminare prospezione siano state avviate nella zona. Fidarsi di chi è lanciato in operazioni spregiudicate, tese esclusivamente al profitto, è cosa poco salutare. Esperienze ripetute dovrebbero ricordarcelo.

Siamo cittadini, siamo liberi, siamo intelligenti.
Basta stupidaggini. Vogliamo pensare al nostro futuro. Al futuro del nostro pianeta. Alla decrescita felice, alla crescita del BIL (benessere interno lordo). Svoltiamo pagina.


Kosovo: ecco dove si addestrano i ribelli siriani 
di Marco Marchionni - Eastjournal - 25 Maggio 2012
 
I miliziani del Consiglio Nazionale Siriano, in arabo al-Majlis al-Watani al-Suri, che si oppongono al regime di Bashar al Assad verranno addestrati in Kosovo. Rivela l’Associated Press che il giorno 26 aprile, di ritorno dagli Stati Uniti, una delegazione del CNS ha fatto tappa a Pristina per prendere accordi in merito col governo kosovaro. 

Fulcro delle consultazioni è come impiegare in Siria le conoscenze apprese dall’Esercito di Liberazione del Kosovo, più noto come UCK, durante la guerra contro la Serbia negli anni dal ’96 al ’99. Afferma in proposito Ammar Abdulhamid, nato in Siria ma in esilio negli USA dal 2005, “attivista dei diritti umani” e capo delegazione “Siamo venuti qui per imparare. Il Kosovo ha già compiuto questo cammino e possiede un’esperienza che potrebbe esserci molto utile, soprattutto vorremmo sapere in che modo gruppi armati sparsi si sono infine organizzati nell’UCK. Abbiamo un bisogno vitale di azioni congiunte come coalizione di opposizione.

L’accordo sembra essere così serio da far promettere ai rappresentanti dell’opposizione siriana che, qualora prendessero il potere riconoscerebbero immediatamente il Kosovo come Stato.

Immediata la risposta di Mosca, per la quale la questione dell’indipendenza di Pristina dalla Serbia, riconosciuta da 90 nazioni nel mondo tra cui USA e Italia, è una ferita ancora aperta: Trasformare il Kosovo in una base internazionale per l’addestramento di ribelli di differenti formazioni armate potrebbe rivelarsi un grosso fattore destabilizzante con effetti ben al di là dei Balcani”, ha concluso il ministero degli esteri russo che ha chiesto per questo alla Forza internazionale della Nato in Kosovo (KFOR) di adottare “tutte le misure necessarie per prevenire la messa in atto di tali piani”.

Sembra improbabile però che tale appello possa essere ascoltato, stando almeno alle parole del Segretario di Stato USA Hillary Clinton in cui, in seguito ad un precedente incontro avuto a Washington col primo ministro kosovaro Hashim Thaci (indicato nel 2011 dall’europarlamentare del Consiglio d’Europa Dick Marty, come il capo di un’organizzazione mafiosa, responsabile di traffici d’armi, droga, organi e esseri umani) il 5 aprile ha dichiarato che Washington aiuterà il Kosovo ad aderire alla NATO e all’Unione europeaelogiando “i progressi del suo governo nel progredire verso l’integrazione e lo sviluppo economico europeo”.

Curiosa dichiarazione se si pensa che Spagna, Slovacchia, Romania, Grecia e Cipro, tutti membri dell’Unione Europea e della NATO, con l’esclusione di Cipro il cui ingresso nell’alleanza è bloccato dalla Turchia, non hanno ancora riconosciuto il piccolo Stato balcanico

In tal senso, in data 29 marzo, sui suddetti paesi arrivano pressioni dal Parlamento Europeo, in cui si richiede anche un riconoscimento da parte del Comitato Olimpico per “consentire agli atleti kosovari di partecipare ai Giochi olimpici di Londra” si sottolinea inoltre l’importanza di migliorare le relazioni e la rappresentanza del Kosovo nelle istituzioni internazionali che si occupano di cultura e di patrimonio culturale e nelle organizzazioni sportive

Per quanto riguarda poi il progresso economico e l’integrazione europea si veda il apporto annuale dell’ONU sul Kosovo del 14 maggio scorso, in cui lo stesso Segretario generale Ban Ki-moon si dichiara “allarmato” per “il numero di crimini contro le minoranze, in aumento tra febbraio e maggio 2012, rispetto allo stesso periodo dell’anno prima”, sottolineando la considerevole resistenza di Pristina al rispetto degli obblighi di protezione del patrimonio culturale e religioso serbo”; inoltre diversi funzionari delle Nazioni Unite identificano col Kosovo l’epicentro europeo dei traffici di droga e armi.

A “vigilare” sulla situazione e sui “rapporti” tra CNS e le autorità di Pristina restano quindi i circa 6500 militari della KFOR, stanziati nelle diverse basi presenti sul territorio, tra cui 1000 italiani nella base di “villaggio Italia” vicino a Pec, ai quali si aggiunge la formidabile presenza statunitense forte di un contingente di 9000 uomini, di cui 2000  dislocati a Camp Monteith, sede dei servizi segreti americani nei Balcani, e 7000 a Camp Bondsteel,  (Urosevac, vicino al confine macedone) la più vasta e costosa base militare degli Stati Uniti costruita all’estero (1999) dai tempi del Vietnam, il cui compito è quello di “proteggere” due corridoi terrestri ed energetici di importanza strategica: quello progettato dalle imprese tedesche (e lautamente finanziato dall’Agenzia europea per la ricostruzione) che congiunge, via Belgrado, il porto rumeno di Costanza ad Amburgo e l’AMBO, l’oleodotto albanese-macedone-bulgaro che dovrebbe portare il petrolio del Mar Caspio dal porto bulgaro di Burgas, sul Mar Nero, fino a quello albanese di Valona, sull’Adriatico.

In uno scenario così complesso, ma in cui risulta abbastanza evidente chi conduce il gioco, probabilmente le aspettative di Mosca rimarranno disattese, costringendola a dare una risposta di pari intensità su un altro fronte, magari ancora più “caldo” di quello kosovaro.


La lotta dietro le quinte per il destino  di Saif Al-Islam Gheddafi
di Alexander Mezyaev - www.strategic-culture.org - 12 Maggio 2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di REIO

I procedimenti legali contro Saif al-Islam Gheddafi, figlio di Muammar Gheddafi, si sono sviluppati durante una insolita situazione che non ha precedenti nella storia della Corte Penale Internazionale (ICC). Il fatto è che la Corte stessa sta facendo ogni sforzo per distruggere il caso, e così non affrontare l' imputato.

Tutto cominciò pochi giorni fa con una strana fuga di notizie dalla ICC tramite una fonte ufficiale: il sito internet della Corte Penale Internazionale.

I due documenti [1] furono resi pubblici ma sparirono senza nessuna spiegazione poche ore dopo. Riguardavano il rapporto della delegazione della ICC che visitò Saif al-Islam a Zintan. Le domande cambiano posto durante la lettura del testo: sta diventando chiaro il motivo per cui sono state tolte dalla visione pubblica. Ma la domanda salta fuori: perchè sono state rese pubbliche? Si potrebbe credere a qualche scontro tra due forze all' interno della Corte. Una di queste non si era mai rivelata prima...

Allora cosa scoprì la delegazione della ICC quando incontrò Saif Gheddafi? Quanto segue è ciò che diceva il report preparato dalla Cancelleria. L' importanza delle informazini ed il modo in cui sono state ottenute dalla Corte giustificano la citazione estesa. La delegazione della ICC visitò Saif Gheddafi ai primi di marzo. 

In principio l' amministrazione Libica disse che non poteva portare la delegazione a Zintan perchè la città era sotto il controllo di due diverse fazioni, e solo una di loro era leale al Consiglio Nazionale di Transizione, ma all' ultimo momento, quando la delegazione stava per ritornare a L' Aia, le autorità hanno dato il benestare per la visita. Il report aggiunge:

“Tutte le persiane erano chiuse. La porta era spessa e in metallo. I membri della Cancelleria e del OPCD aspettarono circa 40 minuti. Saif al-Islam apparve sorridente e desideroso di parlare con la Corte... Fu difficile valutare se avesse perso peso dal momento che indossava vestiti larghi. Sembrava più magro che nelle foto del suo mandato d' arresto. Alla sua mano destra mancavano parte del pollice e dell' indice. Non aveva lividi visibili sul volto”.

“Il rapresentante della Cancelleria chiese di proseguire l' incontro da solo mentre una persona delle autorità Libiche era nella stanza. Questa persone rispose che la legge impediva alla Cancelleria di incontrare i sospettati da soli e quindi doveva rimanere”.

“Il rappresentante della Cancelleria spiegò che la delegazione si trovava sul posto per ordine della Corte per dargli informazioni e per trasmettere alla Camera informazioni sul suo stato. Spiegò inoltre che la Camera aveva nominato un avvocato per rappresentarlo davanti alla Corte. Il signor Gheddafi era molto interessato di sapere se l' avvocato l' avrebbe aiutato in Libia. La Cancelleria fece sapere che il legale avrebbe potuto aiutarlo in Libia ma solo in relazione al procedimento della Corte Penale Internazionale”.

“Quando fu chiesto se fosse a conoscenza della Corte e se sapesse che un mandato d' arresto per crimini contro l' manità era stato emesso contro di lui, il signor Gheddafi rispose che era a conoscenza della Corte e che aveva sentito qualcosa riguardo il mandato di cattura. Tuttavia disse che non gli era stato notificato il mandato d' arresto. Gheddafi spiegò che era stato inrrogato in Libia per i suoi allevamenti di cammelli e di pesci”.

“Dichiarò: “Spero di poter esser giudicato nel mio paese, che mi condannino a morte o no”. Si informò sul centro di detenzione de L' Aia. Il rappresentante della Cancelleria gli diede una breve descrizione del centro di detenzione e rispose alla sua domanda riguardo la possibilità di avere ore d' aria, di poter vedere altre persone e sul cibo. Il signor Gheddafi fece sapere che gli sarebbe piaciuto vedere il sole. Quando il rappresentante della Cancelleria indicò che i detenuti possono aver accesso ad una corte a cielo aperto, lui disse che sarebbero fortunati a poter vedere alberi e uccelli”.

“A questo punto il rappresentante della Procura Libica lasciò la stanza per cinque minuti. Il rappresentante della Cancelleria chiese velocemente al sospettato come stava e se fosse stato maltrattato. Il suo atteggiamento cambiò, da rilassato si fece duro e senza dire una parola agitò la mano dove mancavano due dita e indicò un dente mancante nell' arcata superiore. Disse poi che era stato tenuto in totale isolamento, che non vedeva il sole da 20 giorni e che non aveva nessun con cui parlare”.

“Quando il procuratore libico ritornò nella stanza, il rappresentante della Cancelleria disse che gli stava leggendo i suoi diritti davanti alla ICC. Gheddafi era molto scettico mentre gli venivano letti i suoi diritti. Chiese se questi diritti si sarebbero dovuti applicare immediatamente. Gli fu detto che questi erano i diritti base rispetto gli standard della ICC. [2] Alla domanda se questi diritti venissero rispettati in Libia, lui rispose: ”Cosa ne pensa?” [3].


Il secondo report del Office of Public Council for Defence contiene in linea di massima le stesse informazioni, ma non si possono evitare le notevoli differenze fra i due. Solo il report del OPCD menziona che Saif al-Islam desiderava di essere trasferito il prima possibile a L' Aia o a Tripoli per interrompere la detenzione in quelle condizioni (paragrafo 33). 

Solo questo report dice che le autorità libiche mentirono dicendo che S. Gheddafi non voleva incontrare i rappresentanti della ICC (paragrafo 34). Solo questo report dice che le autorità libiche gli negarono le richieste per un legale dicendo “è impossibile” (paragrafo 35). [4] Entrambi i report hanno omesse parti segretate nelle versioni pubbliche.

Le differenze tra i due report, le informazioni contenute, la loro pubblicazione inziale e poi la loro segretazione – tutto dimostra che ci sono due forze opposte che si danno battaglia all' interno della ICC. 

La prima è rappresentata dalla Cancelleria e dall' ufficio del Procuratore. La seconda – dalla difesa di Gheddafi. Ma è una difesa davvero inusuale. Il fatto è che Gheddafi non aveva un legale finchè il mandato d' arresto non è stato emesso. 

Ma il 17 aprile la Corte gliene ha assegnato temporaneamente uno – Xavier Jean-Keita, Principal Counsel, OPCD. [5] È lui la seconda forza della ICC. 

Il 3 maggio ha dato un duro colpo all' altra fazopme, ha affrontato la Camera d' Appello richiedendo la squalifica del Procuratore Luis Moreno Ocampo. [6] Infatti il procuratore dimostrò una grave mancanza di professionalità. Senza dubbio stava cercando di portare a termine una missione politica, ma i suoi modi erano rudi, come quelli di un sergente istruttore che impartisce ordini.

Ricordiamo che fu Ocampo che “raccolse prove di colpevolezza” contro Muammar e Saif Gheddafi in poche settimane e senza andare sul posto dove i presunti crimini dovevano esser stati commessi. In altri processi le indagini sono durate anni (7 nel caso della Costa d' Ivorio). Ora le dichiarazioni di Ocampo per i media coincidono con le posizioni delle autorità Libiche. 

Ocampo dice che l' “insurrezione” Libica è stata il risultato dei crimini della famiglia Gheddafi. In questo modo si schiera dalla stessa parte dei criminali: non c' è modo che non sappia del rapporto della Commissione d' Inchiesta delle Nazioni Unite che dice che i crimini sono stati commessi da entrambe le parti, cioè anche da quello che oggi si chiama “governo Libico”. 

Ocampo gli da pieno supporto con dichiarazioni di fiducia verso autorità Libiche per il processo di Saif Gheddafi. E questo dopo che il mandato di effettuare il processo a L' Aia fu emanato su richiesta fatta dalla ICC!  

Questo significa che le attività di Ocampo hanno impedito l' esecuzione dell' arresto emesso dal giudice! La situazione è unica. Un procuratore della ICC ha deliberatamente preso le parti dei criminali. Più che l' interdizione di Ocampo nel caso Gheddafi, dovremmo tenere in considerazione l' interdizione della posizione del procuratore della ICC.

Ma al tempo stesso questo non è il caso di un altro procuratore impazzito. Ci sono fatti che dicono che ci sono forze interne alla ICC che agiscono con l' aiuto di Ocampo e che provano a chiudere il caso di Saif Gheddafi e ad impedirgli di andare a L' Aia.

In primo luogo non c' è prova della sua colpevolezza come non c' erano prove nel caso di suo padre (si puo ricordare l' approccio della ICC al processo di Muammar Gheddafi, quando invece di richiedere un indagine sull' omicidio della persona contro cui aveva aperto un caso, si decise di “chiudere”[7]). È piuttosto scandalosa la decisione presa dalla corte che pretende di essere “la più giusta del mondo” e che “definisce gli standard universali di giustizia”.

In secondo luogo, l' interesse della ICC è quello di evitare che Saif Gheddafi ottenga una tribuna internazionale per testimoniare contro la NATO e rendere pubblici i meccanismi segreti per la distruzione della Libia. 

Otto su diciotto dei giudici sono cittadini dei paesi NATO, che hanno commesso un atto d' aggressione nei confronti della Libia (oltre ad altri due giudici provenienti da paesi della NATO che “temporaneamente mantengono la loro posizone finchè i casi in concreto non sono chiusi”).  

In questo modo la NATO controlla metà dei giudici della ICC. Nel gabinetto responsabile per le investigazioni preliminari del caso Saif Gheddafi, due dei tre giudici provengono da paesi NATO (Germania e Belgio). 

Ed infine il terzo punto, l' unica difesa lasciata a Saif al-Islam nel caso in cui il suo processo vada davanti alla Corte è quella di rivelare la vera identità delle nuove autorità Libiche ed i loro crimini, questo porterebbe inevitabilmente a nuovi mandati d' arresto da una corte che sia veramente indipendente. 

Quindi il fatto di trasferire il processo di Saif Gheddafi alla Corte Penale Internazionale sarebbe un duro colpo contro tutti i paesi, senza esclusioni, i cui cittadini occupano delle posizioni al suo vertice. È davvero così, nessuno vuole che il processo si tenga alla ICC? No, non esattamente.

Anche se il procuratore capo dela ICC Xavier-Jean Keita è francese, è originario del Mali. La motivazione per le sue azioni sta in superficie: il Mali è particolarmente grato a Muammar Gheddafi per gli aiuti dati dal leader Libico in tutti i campi, tra cui lo scoraggiamento dei Tuareg che ha reso possibile governare la parte nord del paese. 

Il Mali ha sofferto molto per il rovesciamento di Muammar Gheddafi: praticamente metà del suo territorio è stato tagliato fuori dai Tuareg, che sono diventati insolenti e ricevevano dai depositi libici armi moderne e pesanti

Il colpo di stato in Mali in marzo di quest' anno ed il tentativo alla fine di aprile preannunciano la distruzione del sud del paese e fiumi di sangue. Le principali contraddizioni fra golpisti e “antigolpisti” sta nella strategia e nelle tattiche per riprendersi le terre perse del nord. 

Tutti capiscono che il Mali non è in grado di riprendersele ora, quindi quello che fa la differenza è la quantità di vite umane che queste o le nuove autorità sono pronte a sacrificare – decine di migliaia o centinaia di migliaia. 

La situazione interna è più che drammatica. In queste condizioni la richiesta di sangue da parte del legale dellla ICC ha giocato un ruolo significativo nel particolare caso di Saif Gheddafi. Keita è francese e lo rimarrà. Ha iniziato ad agire quendo l' equillibrio delle potenze politiche in Francia è diventato chiaro.

È dfficile dire quali interessi segua Keita nel far spostare il processo a L' Aia. Non è da escludere il ruolo di una forza trainante di chi non solo vuole sbarazzarsi di Sarkozy come presidente della Francia (e della lobby globalista che sta dietro di lui) ma vuole anche la sua totale distruzione con l'aiuto di ulteriori rivelazioni. 

Non dimentichiamoci che Saif al-Islam Gheddafi ha informazioni sul finanziamento della campagna presidenziale di Sarkozy [L'articolo è stato scritto prima del termine delle elezioni in Francia, N.d.r.]. Presumibilmente dietro Keita c'è chi vuole ad ogni costo S. Gheddafi a L' Aia, fuori dalla Libia, per fargli fare rivelazioni pubbliche.

Il fatto di rendere pubblico il rapporto della delegazione ICC in Libia potrebbe diventare una base per le investigazioni. È chiaro che la sua pubblicazione (almeno per quanto riguarda il dialogo privato fra il delegato ICC e Gheddafi) suggerisce una ritorsione contro Saif Gheddafi. 

Proprio di recente, il 1 maggio, il governo Libico ha inviato una richiesta alla ICC richiedendo di riconoscere il caso di Saif Gheddafi inammissibile, stando all' articolo 19 dello statuto della ICC. Una delle principali argomentazioni è “la menzogna della Cancelleria della Corte riguardo i maltrattamenti subiti da Saif Gheaddafi” [8]. 

La pubblicazione del rapporto può essere considerata come un tentativo di liquidare Saif Gheddafi. Le autorità Libiche hanno anticipatamente preparato un alibi. Hanno continuamente ed inopportunamente ripetuto che non controllavano la tribù che teneva Saif Gheddafi

Eppure le voci circa lo scarso controllo sulle forze locali a Zintan erano esagerate, almeno secondo Saif al-Islam. Il procuratore presente durante l' incontro tra Saif e la delegazione della ICC veniva proprio da Tripoli.

Così, parlando del caso di Seif al-Islam, nella ICC si è determinata una situazione senza precedenti. Due forze si sono scontrate. Una prova a chiudere il caso ad ogni costo, l' altra si oppone. 

È chiaro quello che una fazione non vuole sentire. Quello che vuol sentire l' altra parte dall' imputato sarà chiaro solo se Saif al-Islam affronterà il processo a L' Aia. In ogni caso il sogno di Saif difficilmente si avvererà. Il sogno di rivedere il sole Libico...

NOTE

[1] La delegazione della ICC inviata per incontrare Saif al-Islam Gheddafi era formata da due gruppi indipendenti fra loro – la Cancelleria e l' Office of Public Council for Defence. Di conseguenza hanno presentato due rapporti indipendenti.

[2] Non è una forse una risposta esauriente? Anche una volta ci dà un' idea di quali siano gli obiettivi delle diverse forze all' interno della ICC.

[3] Al momento si possono vedere solo fonti secondarie. Il testo integrale del repor citato dalla Cancelleria della ICC è disponibile al: http://opiniojuris.org/wp-content/uploads/RegistryReport.pdf

[4] Il testo integrale del Office of Public Council for Defence: http://opiniojuris.org/wp-content/uploads/OPCD-Report.pdf

[5] Procuratore vs. Saif al-Islam Gheddafi, [Pre-Trial Chamber] 12 aprile 2012 http://www.icc-cpi.int/iccdocs/doc/doc1396574.pdf

[6] Procuratore vs. Saif al-Islam Gheddafi, [Difesa] richiesta [alla Camera d' Appello] di sospendere il Procuratore dal partecipare al processo contro il signor Saif al-Islam Gheddafi, 3 maggio 2012, http://www.icc-cpi.int/iccdocs/doc/doc1407180.pdf

[7] Procuratore vs. Saif al-Islam Gheddafi, [Pre-Trial] Decisione di chiudere il caso contro Muammar Mohammed Abu Minyar Gheddafi, 22 novembre 2011, http://www.icc-cpi.int/iccdocs/doc/doc1274559.pdf

[8] Procuratore vs. Saif al-Islam Gheddafi, Domanda a nome del Governo di Libia ai sensi dell' articolo 19 dello Statuto della Corte Penale Internazionale, 1 maggio 2012, http://www.icc-cpi.int/iccdocs/doc/doc1405819.pdf

martedì 22 maggio 2012

Elezioni amministrative, un vaffanculo ai partiti

Qualche articolo di commento ai risultati dei ballottaggi nell'ultima tornata di elezioni amministrative.

In sintesi, chi ieri è andato a votare - ma soprattutto chi non c'è andato, e cioè quasi il 49% degli aventi diritto, confermando ancora una volta che il primo partito italiano è quello dell'astensione ed è in continua crescita - ha urlato un sonoro vaffanculo all'attuale sistema dei partiti che ovviamente continuerà a far finta di non averlo sentito.

Fino a quando?


Il Movimento 5 Stelle artefice del suo destino
di Peter Gomez - Il Fatto Quotidiano - 22 Maggio 2012

Il boom, c’è da giurarlo, questa volta lo hanno sentito anche al Quirinale. Ma se il boom sarà sufficiente per risollevare le sorti del Paese è cosa ancora tutta da dimostrare. A oggi si può solo dire che il Movimento 5 Stelle è ormai artefice del suo destino. E in parte anche di quello degli italiani.

Se, a cominciare da Parma, il Movimento riuscirà ben governare, i cittadini avranno davanti a loro una valida alternativa al disastrato e disastroso sistema dei partiti. O almeno si ritroveranno tra le mani un pungolo per tentare di spingere finalmente all’azione quel poco che c’è da salvare nei nostri movimenti politici.

Se invece il M5S non ce la farà ( e la sfida è ardua) bisognerà rassegnarsi a vivere in una nazione che sempre più velocemente passa dal declino al degrado. In una repubblica senza speranza, sempre più ostaggio di cricche, oligarchie e veri e propri gruppi criminali.

Attenzione, scriviamo tutto questo senza nessun tipo di spirito di parte. E nemmeno siamo tanto ingenui da pensare che il Movimento 5 Stelle abbia la ricetta per curare tutti i mali.

A stimolarci alla riflessione sono invece solo i fatti. 

I partiti, che sono lo strumento attraverso cui, in ogni democrazia, gli elettori riescono a far valere le loro istanze nelle istituzioni, hanno ormai ampiamente dimostrato di essere incapaci di rinnovarsi. Ad ogni appuntamento o si sono presentati in ritardo o hanno marcato visita. 

L’elenco delle promesse rimaste sulla carta è lungo e ampiamente noto: la legge elettorale, quella sulla corruzione, il taglio dei costi della politica, le liberalizzazioni, le provincie, lo sviluppo della Rete, l’equità e via dicendo.

Ma non basta. C’è di più e di peggio. Come insegna l’esperienza di una Lega ormai destinata a lottare solo per non scomparire, i mutamenti al vertice, il ricambio della classe dirigente nei partiti è possibile (e di rado) solo se interviene la magistratura.

Per far fuori sedicenti leader che avrebbero dovuto essere in pensione da almeno 10 anni, ci vuole lo scandalo. E spesso nemmeno quello. Perché anche se certi fatti sono noti ai più, il potere economico e di ricatto, non solo politico, di chi per troppi lustri ha manovrato le leve del comando è pressoché infinito.

Certo, le cifre raccontano che nel loro complesso queste elezioni le ha perse sonoramente solo il centro-destra. A scorrere l’elenco delle centinaia di comuni conquistati può persino venire la tentazione di dar ragione a Pierluigi Bersani quando esulta per i suoi risultati .

La vittoria del PD, proprio come dicono i numeri, infatti c’è stata, ma al contrario di quanto dice il segretario è carica se e di ma. A Palermo e a Genova, come era già accaduto a Milano e a Napoli, i candidati appoggiati dai vertici del partito hanno fatto poca o nessuna strada. 

Mentre, calcolata l’astensione, un primo esame delle vittorie del centro-sinistra lascia legittimamente ritenere che non sia avvenuto alcun travaso di voti. Chi votava Pdl o Lega, non ha quasi mai votato Pd. È rimasto a casa.

Il perché è semplice. I partiti non hanno solo bisogno (come il pane) di coraggio e idee nuove. Hanno bisogno di uomini e di donne sulle cui gambe quelle idee possano camminare. E non solo a livello locale. Sono le oligarchie centrali che devono crollare.

Da questo punto di vista però c’è da essere ottimisti.

I risultati del Movimento 5 stelle, ma anche quelli di Genova e Palermo (dove Orlando ha stravinto solo contro tutti), rappresentano una crepa destinata ad allargarsi. Lasciano intuire che davvero nel 2013 la diga può venire giù di colpo.

Per questo è giusto cominciare fin da ora a interrogarsi sul dopo. C’è un Paese da ricostruire. Ci sono priorità e programmi da stabilire.

E se poi a Parma un gruppo di cittadini normali riuscirà a risolvere problemi enormi – come la sostituzione in corsa di un costosissimo inceneritore e la buona amministrazione del quotidiano in un Comune messo in ginocchio da centinaia di milioni di debiti – altri cittadini capiranno che, impegnandosi in prima persona, davvero ce la si può fare.

Prima che, per tutti noi, sia troppo tardi.


Ha vinto il PD (ma solo nei sogni di Bersani)
di Andrea Scanzi - Il Fatto Quotidiano - 21 Maggio 2012
Pierluigi Bersani continua a vivere nella sua stanza d’albergo. Da solo. Nella stanza accanto, sente che due fanno l’amore. E lui, felice, esulta. Per interposta persona. Non è dato sapere quando, lui e il Pd, cominceranno a godere. In prima persona.

Non occorre aspettare l’esito elettorale: il Pd vince, sempre. Anche quando non vince (cioè sempre). E’ la vera linea di partito bersaniano. “A parte Parma, abbiamo vinto ovunque”. Una frase bellissima. Un po’ come dire: “A parte il nucleare, a Fukushima non stanno mica male”.

A fronte di un Pdl ai minimi storici, il Pd vince dove non può perdere (e sì che ci prova) e trionfa quando non si comporta da Pd. Nelle città in bilico, o si affida a candidati che non voleva (Milano, Cagliari, Genova) o insegue trionfi altrui come accaduto per i referendum (Napoli, Palermo).
L’isteria è tale per cui Rosy Bindi, poco dopo gli esiti elettorali, litighi a RaiTre con Antonio Polito che si limitava a ricordarle che nelle città chiave avevano perso ed era un po’ tardi per sostenere che Leoluca Orlando fosse il loro candidato (e glielo ricordava Polito: non Gramsci).
Era felice anche Enrico Letta (per quanto uno come Enrico Letta possa esprimere felicità, beninteso). 

E Matteo Renzi, il Mister Bean dell’Arno, metteva tenerezza nel tentativo di superare a sinistra (o destra, nel suo caso) i grillini sul tema della “rottamazione”

La vecchia politica continua a ricordare quei conservatori americani che negli anni Cinquanta vietavano ai figli il r’n’r perché ritenuto sacrilego. E nel frattempo il rock travolgeva tutto. In tivù si celebrano le “buonistissime” messe laiche che appagano i soliti noti (inamovibili e assai rissosi), ma a molti non bastano più. E i “politici”, da Cicchitto in su (giù è difficile), ritengono che ci si debba sedere tutti attorno a un tavolo: una gran bella idea, anche se appena superata.

C’è, nei parlamentari e in gran parte degli editorialisti pensosi (gli stessi che fino a due mesi fa ritenevano il Movimento 5 Stelle un fenomeno folklorico sovversivo), una totale assenza di conoscenza e basi minime per interpretare la realtà. Usano strumenti, e arroganze, degne del cenozoico.

Fino a ieri era antipolitica, ora un fenomeno passeggero (in fondo l’ha detto anche Napolitano, no?). E ci si stupisce di quanto i grillini siano giovani e garbati: erano così anche prima, bastava andare a cercarli. 

Finché a “interpretare” il grillismo ci saranno i Buttiglione e le Gelmini (“Queste elezioni dimostrano che il Pd si sta spostando verso la foto di Vasto e la sinistra estrema”: poveretta, è rimasta dentro il tunnel dei neutrini), Grillo e il M5S cresceranno serenamente. Con buona pace di chi li riteneva fonte di ogni male, derive dittatoriali e tutto ciò che finisce in –ismo (“populismo”, “qualunquismo”; e magari pure “demagogismo”, adottando un nuovo conio).

Parma non è né la conquista di Stalingrado, né l’inizio della Terza Repubblica. E’ una scelta che premia un lungo percorso. E’ un voto di protesta (non è un difetto) e al tempo stesso di costruzione. Soprattutto: è una presa di posizione che merita rispetto. Esattamente quello che, sinora, non c’è stato. Da destra, ma nemmeno da “sinistra”. 

P.S. “Non è vero che con Grillo perdiamo. A Budrio e Garbagnate abbiamo vinto. E a Parma non abbiamo perso. Abbiamo non vinto”. Bersani nella leggenda.


Boom Boom Boom
di Marco Travaglio - Il Fatto Quotidiano - 22 Maggio 2012

Che spettacolo, ragazzi. A novembre, alla caduta dei Cainano, i partiti si erano riuniti su un noto Colle di Roma per decidere a tavolino il nostro futuro: se si vota subito, gli elettori ci asfaltano; allora noi li addormentiamo per un anno e mezzo col governo Monti, travestiamo da tecnici un pugno di banchieri e consulenti delle banche, gli facciamo fare il lavoro sporco per non pagare pegno, poi nel 2013 ci presentiamo con una legge elettorale ancor più indecente del Porcellum che non ci costringa ad allearci prima e, chiuse le urne, scopriamo che nessuno ha la maggioranza e dobbiamo ammucchiarci in un bel governissimo per il bene dell'Italia; intanto Alfano illude i suoi che B. non c'è più, Bersani fa finta di essere piovuto da Marte, Piercasinando si nasconde dietro Passera e/o Montezemolo o un altro Gattopardo per far dimenticare Cuffaro, la gente ci casca e la sfanghiamo un'altra volta, lasciando fuori dalla porta i disturbatori alla Grillo, Di Pietro e Vendola in nome del "dialogo ". 

Purtroppo per lorsignori, il dialogo fa le pentole ma non i coperchi. Gli elettori, tenuti a debita distanza dalle urne nazionali, si son fatti vivi alle amministrative, e guardacaso nei tre maggiori comuni hanno premiato proprio i candidati dei disturbatori: Pizzarotti (M5S) a Parma, Orlando (Idv) a Palermo, Doria (Sel) a Genova. 

Tre città che più diverse non potrebbero essere, ma con un comune denominatore: vince il candidato più lontano dalla maggioranza ABC che tiene in piedi il governo. 

Nemmeno il ritorno del terrorismo e dello stragismo a orologeria li hanno spaventati, come sperava qualcuno, inducendoli a stringersi attorno alla partitocrazia per solidarietà nazionale. 

Parma è un caso di scuola: il centrosinistra, dopo gli scandali e i fallimenti del centrodestra che a furia di ruberie ha indebitato il Comune di 5-600 milioni, era come l'attaccante che tira il rigore a porta vuota. Eppure è riuscito nella difficile impresa di fare autogol. 

Come? Candidando il presidente della provincia Bernazzoli, che s'è guardato bene dal dimettersi: ha fatto la campagna elettorale per le comunali con la poltrona provinciale attaccata al culo, così se perdeva conservava il posto. 

Non contento, il genio ha annunciato che avrebbe promosso assessore al Bilancio il vicepresidente di Cariparma. Sempre per la serie: la sinistra dei banchieri, detta anche "abbiamo una banca".
Se Grillo avesse potuto costruirsi l'avversario con le sue mani, non gli sarebbe venuto così bene. Risultato: 60 a 40 per il grillino Pizzarotti, che ha speso per la campagna elettorale 6 mila euro e ha annunciato una squadra totalmente nuova e alternativa: da Maurizio Pallante a Loretta Napoleoni. 

Eppure il Pd era sinceramente convinto che Bernazzoli fosse il candidato ideale. E Bersani pensava davvero di sconfiggere il grillino accusandolo di trescare col Pdl, come se oggi, Anno Domini 2012, qualche elettore andasse ancora a votare perché gliel'ha detto B. o Alfano. 

Si sta verificando quello che avevamo sempre scritto: e cioè che la fine di B. coincide con la fine del Pdl, la fine di Bossi coincide con la fine della Lega, ma chi li ha accompagnati e tenuti in vita con finte opposizioni può sognarsi di prenderne il posto.
Pdl, Pd e Udc sono partiti complementari che si tenevano in piedi a vicenda: quando cade uno, cadono anche gli altri due. I quali, non potendo più agitare lo spauracchio di B.&Bossi, dovrebbero offrire agli elettori un motivo positivo per votarli. E non ce l'hanno. 

Bastava sentirli cinguettare in tv di percentuali, alleanze, alternative di sinistra, rinnovamenti della destra, voti moderati, foto di Vasto, allargamenti all'Udc, per rendersi conto che non capiranno nemmeno questa lezione. 

Non sono cattivi: non ce la fanno proprio. Cadaveri che sfilano al funerale senz'accorgersi che i morti sono loro. Chissà se stavolta Napolitano ha sentito il boom: in caso contrario, è vivamente consigliata una visitina all'Amplifon.


Facce di tolla
di Domenico Naso - Il Fatto Quotidiano - 22 Maggio 2012

Uno va in tv, nero come la pece, ad annunciare urbi et orbi di aver stravinto le amministrative. Esultanza strana, senza un sorriso, senza gioia. Sventolando un grafico come il miglior Berlusconi dei tempi che furono.

L’altro sta di fronte ai microfoni venti secondi al massimo, solo per dire che no, non ha perso. È solo che i suoi elettori non sono andati a votare. Ah, ecco. Tutto molto più chiaro.

Uno non si rende conto che la sconfitta di Parma assume un significato simbolico, per modalità e proporzioni, che spacca il sistema politico italiano e apre scenari inimmaginabili per il prossimo anno.

L’altro non si rende conto, o forse finge, di guidare un partito imploso, lacerato, devastato e piallato dagli elettori.

Uno è Pier Luigi Bersani, il leader grigio di un partito grigio che può esultare solo perché è crollato meno dell’avversario.

L’altro è Angelino Alfano, il nuovo che è avanzato, in un partito che così com’è non ha più senso di esistere.

Entrambi sono espressione di un sistema agonizzante, che non ha futuro e che finché non farà almeno un minimo di autocritica resterà così com’è: totalmente avulso dalla realtà del nostro paese. Per chi crede nella politica, nonostante tutto, lorsignori non sono la speranza di un cambiamento, ma la certezza di un fallimento annunciato.


Il bidone di Grillo
di Giovanni Badoer - Megachip - 22 Maggio 2012

A volte la lettura dei giornali fa cadere le braccia. Il pezzo "Grillo, il Gabibbo barbuto" di Massimo Gramellini, però, va oltre. È infatti arduo immaginare che qualcuno possa concentrare in così' poche righe talmente tante cantonate e osservazioni apodittiche.

La tesi sostanziale di Gramellini, infatti, è che Grillo sia la trasposizione nel mondo della politica di ciò che il Gabibbo di Antonio Ricci e programmi come Le Iene o Striscia la Notizia hanno rappresentato, nei decenni corsi, all'interno del piccolo schermo e, da lì, all'interno della società italiana.

Per sostanziare questa tesi, Gramellini cita l'esperto di mass-media Massimiliano Panarari, autore de L'egemonia sottoculturale. Una citazione quanto mai opportuna, anche se l'editorialista de La Stampa mostra di non aver compreso, nè poco nè punto, la tesi centrale dello straordinario saggio di Panarari. 

Quest'ultimo, infatti, (di)mostra come e perchè Striscia la Notizia sia funzionale al potere, e come e perchè il berlusconismo, e in genere il neoliberismo, abbiano bisogno del Gabibbo, che è un "volenteroso carnefice" della convivenza civile in quanto espressione finale della Dea Privatizzazione.

Siccome quelle che gli anglosassoni definiscono grievances – ossia le rimostranze popolari – esistono comunque, e normalmente sarebbero incanalate grazie alla politica nel sistema democratico-rappresentativo (interrogazioni parlamentari, interpellanze consiliari, ricorsi alla magistratura ecc), ecco che nel sistema neoliberista anche le grievances diventano merce, il cui monopolio deve e viene esercitato dal padrone del vapore per il tramite di "falsi profeti" come il Gabibbo.

In questo schema, il diritto di avere rimostranze viene derubricato a cercare di carpire l'attenzione di un pupazzo, il quale potrà decidere se e come "dar voce" a tali rimostranze secondo i principi superiori dell'audience e della telegenicità della rimostranza stessa. 

E il cittadino, in tutto questo, deve essere bello e carino, e accettare di parlare dei suoi problemi civici, spesso drammatici, con un buffone che gira magari in calzamaglia gialla, ha una ventosa attaccata alla testa e fa faccette e rumorini da decenne.

Come si vede, nulla di più distante dal Movimento 5 Stelle

Grillo, in una lettura rigorosa del testo panarariano, è il contro-Gabibbo: Grillo ripubblicizza le grievances, e il Movimento 5 Stelle, al contrario di Striscia la Notizia, riporta le rimostranze laddove il neoliberismo, con l'attiva complicita' della trasmissione di Ricci, le aveva fatte sloggiare. E questo solo per parlare delle grievances. Perchè se il discorso si allargasse alle proposte pratiche, si vedrebbe come il Movimento 5 Stelle, una volta di più, sia politico, politicissimo.

Il neoliberismo, infatti, ha privatizzato tutto, non solo le rimostranze popolari. Ha rivoluzionato la gestione della cosa pubblica distruggendo il concetto stesso di cosa pubblica tramite la delegittimazione del "bene comune", sostituito dall'interesse privato. 

L'avversario del sindaco Pizzarotti, a Parma, ne era un esempio da manuale: come assessore al Bilancio, infatti, si era già scelto il capo di Cariparma. Perchè i partiti, nella visione neoliberista, sono questo: bravacci al servizio degli interessi privati di chi, il potere, ce lo ha già. Un potere a-democratico e a-politico, per citare Gramellini.

E i partiti-bravacci, nel loro piccolo, considerano "politica" esattamente questo fare la guardia al bidone di benzina. Ci si ricorderà, infatti, di come Mussolini, per dare un senso all'esistenza dei "semplici" nel suo sistema gerarchizzato, avesse affermato che si serviva la patria anche facendo la guardia a un bidone di benzina. 

Ebbene, i partiti, dall'avvento della Controriforma neoliberista, sono diventati dei "semplici", a loro volta, cui il potere a-politico demanda il ruolo semplice della guardia al bidone. Cosa c'entri questo con lo slancio anti-elitista del Movimento 5 Stelle, e' un mistero che Gramellini non sarà mai in grado di chiarire.

Come non bastassero tutti questi errori concettuali e fattuali, l'editorialista chiude il suo pezzo con una esortazione ai partiti a "fare sogni grandi". Forse non sa, Massimo Gramellini, che alle sentinelle è vietato dormire e ancor piu' sognare…