martedì 3 luglio 2012

La vittoria di Pirro


Si sta lentamente diradando la nebbia mediatica sulla cosiddetta vittoria di Monti al Vertice Ue di Bruxelles, grazie anche all’immediato ritorno alla realtà seguito alla sconfitta della Nazionale di calcio contro la Spagna. 

La Finlandia e l’Olanda infatti ieri hanno detto no allo scudo anti-spread e se a loro si unirà anche la Germania sarà molto difficile, alla prossima riunione dell’Eurogruppo del 9 luglio, decidere i meccanismi pratici per attuarlo. Le conseguenze di ciò in Borsa sono facilmente intuibili.

E intanto sull’onda di questa pseudo “vittoria d’immagine”, peraltro solo interna ai confini italioti, il governo Monti sta per varare l’ennesima manovra finanziaria aggiuntiva di tagli lineari mascherata con l’affascinante nickname di “spending review”.    




Anti-spread: più fumo che arrosto
di Angelo Baglioni - www.lavoce.info - 29 Giugno 2012

Il risultato ottenuto dal governo italiano sul meccanismo anti-spread è più apparente che reale: lo Esm (Fondo europeo di stabilità finanziaria) continuerà a operare secondo le regole già previste. La Bce è il vero vincitore della partita giocata al vertice di Bruxelles: ottiene la supervisione bancaria ed evita qualsiasi coinvolgimento nel meccanismo anti-spread. L’intervento diretto dello Esm nel capitale delle banche ci sarà, ma la Spagna dovrà attendere per poterlo usare. 
 
Le conclusioni del vertice del 28-29 giugno prevedono, per quanto riguarda i meccanismi di stabilizzazione finanziaria nella zona euro, quanto segue:

1) La supervisione sulle banche passerà dalle autorità nazionali alla Banca Centrale Europea.

2) Solo dopo che tale trasferimento di sovranità sarà attuato, il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Esm) potrà intervenire direttamente nelle operazioni di salvataggio e ricapitalizzazione delle banche. “Questa procedura si baserà su un’appropriata condizionalità… che sarà formalizzata in un memorandum d’intesa”.

3) Il fondo europeo Esm potrà intervenire sul mercato dei titoli di stato per stabilizzarne i rendimenti, a patto che i paesi interessati “rispettino le raccomandazioni specifiche per paese e gli altri impegni, tra cui i rispettivi calendari, nell’ambito del semestre europeo, del patto di stabilità e crescita e delle procedure per gli squilibri eccessivi. Tali condizioni dovranno figurare in un memorandum d’intesa”.  

Due novità sostanziali
I primi due punti rappresentano vere novità, di cui forse si potranno già avvalere Spagna e Irlanda per gestire le rispettive crisi bancarie. Il terzo punto, meglio noto come “meccanismo anti-spread”, non comporta invece nessun sostanziale passo  avanti, essendo già tutto previsto nello Statuto dello Esm: l’Italia quindi porta a casa ben poco.

Il trasferimento della supervisione bancaria alla Bce è un tassello importante del cammino verso la “unione bancaria”. Potrà essere effettuato in tempi relativamente rapidi per gli standard europei. Si potrà infatti sfruttare un articolo (127) del Trattato Ue, che dà al Consiglio europeo il potere di conferire poteri di supervisione bancaria alla Bce, previa consultazione della Commissione e del Parlamento europeo.

Dovrebbe essere un iter più veloce di quello previsto per gli altri tasselli dell’unione bancaria: assicurazione europea dei depositi e fondo europeo per la gestione delle crisi bancarie. Questi altri elementi, se mai vedranno la luce, dovranno passare per il solito rito delle proposte formulate dalla Commissione e successiva approvazione del Consiglio e del Parlamento: un processo che può richiedere anni, come è stato per la recente proposta di direttiva in materia (che abbiamo già avuto modo di commentare). 

L’intervento diretto dello Esm nelle operazioni di ricapitalizzazione delle banche in crisi ha un duplice vantaggio: 1) evita che il passaggio dei fondi europei tramite il governo nazionale del paese interessato faccia salire il debito pubblico di quel paese; 2) consente allo Esm di porre precise condizioni alle banche interessate per l’accesso ai fondi europei

La speranza è che per questa via l’accesso ai fondi sia condizionato all’imposizione di costi ai quei soggetti che hanno deciso di incorrere in rischi elevati facendo affidamento sul salvataggio pubblico: manager, azionisti, creditori (esclusi i depositanti al dettaglio).

Germania vs Italia
La Germania ha però ottenuto che questo accesso diretto ai fondi dello Esm possa avvenire solo dopo che sarà entrata in vigore la supervisione da parte della Bce, in omaggio al principio più volte ribadito dalla cancelliera Merkel: prima si trasferisce la sovranità, poi si ha accesso alle risorse comuni.

Di conseguenza, l’operazione in corso a favore della banche spagnole avverrà secondo le regole attuali, cioè passando per il governo spagnolo, salvo aggiustamenti successivi. La Spagna ha però ottenuto quello che voleva, cioè che lo Esm non sia creditore privilegiato: la seniority dello Esm avrebbe fatto salire il rendimento dei titoli di stato spagnoli. 

 Chi ha ottenuto di meno è stata l’Italia, nonostante lo sforzo diplomatico del nostro premier. Il nostro governo era partito con l’idea che l’Esm dovesse essere dotato della flessibilità e delle risorse necessarie per intervenire sul mercato dei titoli di stato, al fine di stabilizzare i famosi spread per quei paesi che, come l’Italia, sono in regola con gli accordi europei relativi ai piani di aggiustamento fiscale.

Questo comporterebbe che l’Esm possa finanziarsi presso la Bce e possa agire al di fuori della normale procedura di richiesta di aiuto da parte di un governo e successiva firma di un Memorandum, con relativo monitoraggio della Troika

Viceversa, il risultato del vertice prevede proprio che per usufruire dell’intervento dello Esm, anche nella forma di acquisto di titoli sul mercato, si passi tramite la solita trattativa che porti alla firma del Memorandum: quindi non c’è nulla di più di quanto già previsto dallo statuto dello Esm. In parole povere, sul meccanismo anti-spread la signora Merkel non ha concesso nulla.

And the winner is…
Il vero vincitore della partita è la Bce, o meglio la Bundesbank. Da un lato, la Bce ottiene la supervisione bancaria, che le consente di estendere il suo ruolo istituzionale. Dall’altro, riesce ad evitare che le sia conferito il ruolo di prestatore di ultima istanza nei confronti degli stati della zona euro, ruolo sempre fortemente osteggiato dalla banca centrale tedesca, che ha sempre rumoreggiato contro il Securities Market Program della Bce, fino ad ottenere che fosse abbandonato. 

Questo atteggiamento della banca centrale rappresenta un ostacolo formidabile verso l’unico meccanismo anti-spread veramente efficace: la fissazione di un target sugli spread da parte della Bce, con l’impegno ad intervenire sul mercato per farlo rispettare. La banca centrale è l’unica istituzione dotata delle risorse e della flessibilità per mettere un freno agli spread. Tale compito rientra nella sua responsabilità di assicurare condizioni monetarie uniformi nell’area euro.

Il problema dell’azzardo morale può essere risolto rendendo gli interventi condizionali al rispetto degli impegni presi dai governi nell’ambito del fiscal compact e del semestre europeo. Gli interventi non avrebbero necessariamente un impatto inflazionistico: la base monetaria creata non si tradurrebbe automaticamente in un aumento della moneta, e potrebbe essere ritirata successivamente; in ogni caso l’inflazione non è certo il problema più urgente dell’Europa in questo momento storico.


Anti-spread: è presto per cantare vittoria
di Fabio Scacciavillani - Il Fatto Quotidiano - 1 Luglio 2012

Quell’immancabile dose di puerilità che permea le italiche analisi economiche ha trovato sublimazione nei paralleli tra la vittoria (reale) a calcio e quella (immaginaria) in Europa. Il tripudio mediatico per il “successo” del Mario a torso scoperto si intreccia ai toni tronfi della Triade ABC, inebriata al pensiero degli euro che copiosi fluiscono dalle lande renane verso le cricche dello Stivale. Con il voto alle porte le clientele (atterrite e oltraggiate da ventilate spending review e dismissioni) minacciano sfracelli se i capibastone non provvedono alle elargizioni pre-elettorali.   

Il Te Deum a reti unificate, (che evoca quelli intonati nella Roma papalina per celebrare la “vittoria” a Marengo contro Napoleone) è un messaggio subliminale al generone parassitario sull’imminente arrivo della pastura.

Ma gli accordi siglati nell’alba livida di Bruxelles vanno letti in una chiave più complessa. Il contenzioso tra paesi eurodeboli ed euroforti sin dall’innesco della crisi ha riguardato la governance di Eurolandia, ovvero come evitare che dopo l’iniezione di fondi le cricche dei Pigs si tenessero lontane dal trogolo. Su questo i tedeschi è difficile che cedano.   

In sostanza Merkel & Co. hanno preteso il vincolo costituzionale sul bilancio in pareggio e un pervasivo controllo europeo ex ante sulle spese degli stati con debiti sovrani a rischio. Quando si parla di Europa federale la beata ingenuità agogna al “volemose bene” con conto spese a carico di Berlino. Invece ABC e i loro sottopancia avranno un’amara sorpresa perché un sistema federale implica un trasferimento di poteri nazionali, soprattutto in materia di finanza pubblica.
E siccome il bilancio dello stato viene redatto in base alle leggi di spesa (pensioni, sussidi, trasferimenti agli enti locali, impiego pubblico, ecc.), un sistema federale implica un intervento drastico su tali leggi e pertanto un vincolo stringente per i Parlamenti nazionali. Questo è il nocciolo del federalismo europeo, per chi non avesse compreso.
La Francia si era finora opposta a questo passo, ora sembra aver ceduto, ma la definizione del processo verso l’unione federale, di cui si sono poste le basi a Bruxelles, è appena agli inizi e i dettagli si inizieranno a discutere dal prossimo Eurogruppo il 9 luglio.
Monti esprime soddisfazione perché l’attivazione del meccanismo anti spread (ancora tutto da definire) non sarebbe soggetta a “condizioni capestro” come strombazzano i telegiornali. Da cosa derivi questa sicurezza è un mistero. Bce e la Commissione Europea non avranno remore a mostrarsi severe anche senza il coinvolgimento del Fmi.
Si dice che degli interventi beneficerebbero solo i paesi che “abbiano fatto i compiti a casa”, cioè abbiano adottato misure adeguate per fronteggiare la crisi.

L’Italia dai tempi di Berlusconi alla gestione Monti non ha fatto molti compiti, anzi ha marinato la scuola due giorni su tre. Inoltre se un paese adotta “misure adeguate” a cosa servirebbero gli interventi straordinari? Il supporto del fondo salva stati serve proprio per dare tempo ai governi inetti di preparare l’esame di riparazione.

Per di più le risorse per far fronte ad una richiesta di supporto dell’Italia sono nell’ordine di 500 miliardi di euro a fronte di un debito di 2 trilioni. Un’argine di cartapesta contro l’eventuale onda di piena. 

Insomma il veni vidi vici del condottiero in loden (con i cori della casta) è intriso di improvvido ottimismo autocongratulatorio. Lo stesso ottimismo esibito sulle misure per la crescita, limitate in pratica a vaghi progetti sulle infrastrutture.

Tra riforme, emissione di project bonds, ricapitalizzazione della Bei, progettazione, gare d’ appalto e apertura dei cantieri nel migliore dei casi vedremo gli effetti tra due anni (se le popolazioni locali non si ribellano).   

Nella gestione di crisi virulente quasi mai si verificano eventi risolutivi. Faticosamente si compiono passi più o meno lunghi (ed errori) in una prosaica ricerca di soluzioni che si dipana per anni. Siamo ancora a metà del guado tra i gorghi di un fiume limaccioso.   


Europa, chi ha vinto?
di Giulietto Chiesa - Il Fatto Quotidiano - 2 Luglio 2012

Tutti imbambolati gl’italiani hanno fatto confusione tra la vittoria dell’Italia sulla Germania e la “vittoria” di Mario Monti sulla Merkel.

Hanno esultato le borse.

Voglio ben vedere! Erano le uniche che potevano esultare, visto che sono state le banche a prendersi il bottino.

E tutti ad applaudire come zombi. Non ci siamo accorti che tutta l’operazione serviva solo a ”rassicurare i mercati”. Cioè a sistemare i conti dei ladri. Non i nostri.

Adesso facciamo i conti. Ma, prima di tutto, facciamo una scommessa: quanto credete che duri la bonaccia dello spread? Io dico che durerà qualche mese, fino a settembre-ottobre. Poi si ricomincia il ballo di San Vito, il “loro ballo”.

Solo gl’ingenui di Repubblica e gli economisti di regime che tengono bordone possono pensare che la cosiddetta “speculazione” si accontenti di così poco.  E’ come aspettarsi da una tigre affamata che ti mangi solo un braccio. Non esistono tigri del genere.

Il cosiddetto “Meccanismo di Stabilità” è come un antipastino prima della grande abbuffata. Che è la terza. Qualcuno ha fatto i conti: le banche hanno già ricevuto 4500 miliardi di euro, cioè circa un terzo del pil europeo.

La scommessa è facile. Basta guardare se, per caso, la compagnia di giro del gruppo Bilderberg-Goldman Sachs-Rockfeller e invisibili assortiti ha previsto di concedere qualche cosa.

Se non ve ne siete accorti ve lo comunico io: niente.

Divisione delle banche commerciali da quelle speculative? Niente. Divieto dei derivati? Non scherziamo. Chiusura degli off shore? Non fatemi ridere. Tassazione sui movimenti dei capitali? Risate a crepapelle. Imposizione di tasse adeguate alle grandi compagnie d’investimento? Questa è buona. Riduzione delle stratosferiche prebende ai banchieri? Se lo ripeti ti sparo.

Hanno annunciato l’unione bancaria. Cosa sia nessun lo sa. Sappiamo solo che sarà controllata dall’entità meno trasparente d’Europa, cioè la Bce.

A noi resta da pagare tutto. E ai maggiordomi il compito di privatizzare anche le nostre mutande. Avevamo previsto che saremmo andati tutti in Grecia, ma senza prendere l’aereo, visto che la Grecia arriverà in casa nostra.  Questo ci preparano. 

E’ perfino possibile che non se ne rendano conto (quando sento parlare una come la Fornero mi viene il pensiero che questa non sappia nemmeno in che continente vive, non dico paese).  Ma altri di questi  forsennati lo sanno benissimo. Sono pronti e decisi. Preparano lo scontro sociale. La mia proposta è: prepariamoci a restituirglielo.


Monti di menzogne
di Paolo Barnard - www.paolobarnard.info - 1 Luglio 2012

Il cosiddetto successo di Mario Monti al vertice europeo di venerdì scorso è una montagna di menzogne che questo indecente tecnocrate dell’economicidio italiano vende a un’intera nazione a rischio, e a imprese al collasso, solo perché i miei colleghi giornalisti sono spazzatura. E solo per calmierare la giusta esasperazione che serpeggia fra noi italiani minacciati oggi nella sopravvivenza economica e dunque democratica.

Basta studiare quello che si dovrebbe conoscere se si fa questo mestiere per smascherare ogni singola strombazzata di Monti e l’intero racconto teatrale che ne hanno fatto i giornali, Repubblica in testa. Ed è dagli strilli di questo foglio che parto:

Repubblica: L'intesa prevede che il fondo salva-stati dell'Unione (MES) intervenga in maniera automatica nel caso in cui gli spread di una nazione virtuosa superino una determinata soglia ancora da stabilire. Sul piano tecnico ottiene che lo scudo scatti dopo la firma di un apposito memorandum con Bruxelles, ma senza obblighi di riforme lacrime e sangue in stile Grecia monitorate dalla famigerata troika Ue-Bce-Fmi. Una umiliazione che Monti non vuole in nessun caso subire.

Barnard: Questo è tutto falso. Ma prima ci sbarazziamo della vittoria-pagliacciata numero uno ottenuta da Monti, che cioè il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità, o fondo salva Stati) da oggi interverrà a comprare titoli di Stato di un Paese i cui spread e tassi superino il livello di guardia. Monti dice che questo avverrà se il Paese ha i conti in ordine. 

Nulla di nuovo, tutto era già previsto dal Trattato MES da mesi, dove si legge che “Il MES può comprare i titoli di Stato del Paese in difficoltà direttamente all’emissione (mercato primario). O sul mercato secondario (titoli già emessi)”, nell’Art. 17-18, e anche qui solo se il Paese ha i conti in ordine. Monti vi dice di aver vinto una concessione che era già scontata.

Ora sull’automatismo dell’intervento del MES e sulla millantata esclusione per l’Italia dalle “umilianti” condizioni della Troika sui prestiti eventuali. L’intervento non è automatico se prima va firmato un memorandum. 

Il memorandum di cui si parla era già specificamente previsto nel testo del MES da tempo, e dice cose precise: Lo Stato che chiede soccorso finanziario deve scrivere, in accordo con la Commissione Europea, col FMI e con la BCE (Troika), un Memorandum dove si vincola a obbedire a tutto ciò che il MES e FMI gli richiederanno, a tutti i Trattati, a tutte le condizioni del prestito, persino a critiche e suggerimenti dei sopraccitati (Art. 13-3). Il MES è già stato firmato dai capi di governo dell’Eurozona il 2/2/2012 e sarà ratificato questo mese. 

Come si legge nel testo del MES, l’intervento della Troika è assolutamente previsto, e per evitarlo i leader dell’Eurozona dovrebbero riscrivere e ri-firmare l’intero Trattato europeo che ha creato il MES. 

Impossibile entro questo mese. Ciò che Monti ci ha venduto come una vittoria dell’orgoglio italiano è una menzogna ad uso dell’opinione pubblica che lo stava abbandonando.
Ma c’è molto di più e di peggio.

L’umiliazione di cui parla Mario Monti è già stata inflitta all’Italia, via Trattati europei sovranazionali e vincolanti come il Patto di Stabilità, Il European Semester, il Preventing Macro Economic Imbalances, l’Europact, il Fiscal Compact ecc. di cui ho già scritto. Il MES dice specificamente che gli Stati firmatari sono obbligati al rispetto di questi Trattati. Il Fiscal Compact, un Trattato firmato da Monti il 2 marzo scorso, e che entrerà in vigore il primo gennaio prossimo, stabilisce che: 

1) La sovranità di spesa dell’Italia è soppressa. Ogni sua decisione di spesa sarà giudicata, e correzioni possono essere imposte dall’esterno. Le correzioni saranno dettate dalla Commissione Europea di tecnocrati non eletti (che, come ampiamente dimostrato, rispondono alle lobby finanziarie di Bruxelles, nda). Sancito dal Fiscal Compact nel TITOLO III art. 3/1 e) - 3/2.

2) Se l’Italia disobbedisce sarà multata dalla Corte Europea di Giustizia per 2 miliardi di euro. Sancito dal Fiscal Compact nel TITOLO III art. 5/1 a) – art. 8/1 – 8/2.

3) Dalla firma di questo Fiscal Compact in poi, uno Stato della zona Euro, come l’Italia, dovrà chiedere un’approvazione alla Commissione Europea e al Consiglio Europeo prima di emettere i propri titoli di Stato. Qui la funzione primaria di autonomia di spesa dello Stato sovrano è cancellata, con una umiliazione indicibile. Sancito dal Fiscal Compact nel TITOLO III art. 6.

4) Se uno Stato dovesse aver bisogno di sostegno finanziario europeo attraverso un salvataggio da parte del Meccanismo Europeo di Stabilità, non avrà un singolo Euro se prima non avrà firmato il Fiscal Compact e non lo avrà obbedito in toto in tutte le clausole di perdita di sovranità umiliante di cui sopra. Sancito dal Fiscal Compact nella premessa a pag. 4

Il teatro a uso e consumo dell’opinione pubblica continua sul giornale di Scalfari in toni da soap. 

Repubblica: La giornata è stata lunghissima. Monti ha negoziato dalle nove del mattino, prima al telefono, poi di persona. Contatti anche con la Merkel e i vertici delle istituzioni europee. Ma da Berlino fino alla svolta è stato sempre e solo un "nein"… Ce n'è abbastanza per puntare i piedi. E infatti lo fanno. Mentre a Varsavia si gioca la semifinale tra Italia e Germania, Monti pone il veto sull'intero pacchetto Europa… Rajoy lo segue a ruota. Il francese Hollande li appoggia, ma senza tirare troppo la corda. La Merkel resta comunque di stucco, spiazzata… La Cancelliera è nell'angolo… Uno smacco. Quando anche lei lascia il palazzo della Ue è terrea in volto.

Barnard: Sembra una partita di calcio, ed è commedia. Questi leader sanno alla perfezione cosa hanno già firmato, e sanno di aver venduto al disegno Neomercantile e Neoliberista europeo – per mezzo di Trattati europei sovranazionali e vincolanti – tutte le sovranità primarie che erano degli Stati prima della creazione dell’Eurozona, da quella parlamentare (Trattato di Lisbona) a quella monetaria (Trattati Maastricht –Eurozona). Infatti…

Repubblica: La frenata di Merkel - Arrivando questa mattina al Consiglio europeo per la ripresa dei lavori, Angela Merkel aveva rilasciato una dichiarazione in apparente contraddizione con le conclusioni riassunte alla stampa da Monti: i Paesi i cui bond verranno acquistati dai fondi Esm/Efsf, aveva detto la cancelliera tedesca, dovranno rispettare condizioni che saranno verificate dalla troika Ue-Bce-Fmi.

Barnard: Non si tratta di contraddizione o di incomprensione, ma della verità che la Merkel ha incisa nella sua memoria dei Trattati già approvati, come setto sopra. E’ stata una gaffe, cioè la verità detta per sbaglio.
Uscendo dalla ‘vittoria’ da teatro dei burattini (noi) di Mario Monti, va specificato che neppure la tanto strombazzata novità del MES che da ora potrà ricapitalizzare le banche europee è una novità. Tutto già scritto e firmato nel MES a febbraio nell’ Art. 15. In particolare la novità per la Spagna non esiste, o meglio, esiste e sarà una trappola ancora peggiore della condizione presente. 

Cioè: le banche spagnole saranno ricapitalizzate oggi con lo stesso metodo già previsto dal MES nell’Art. 15, dove il MES presterà al governo spagnolo e questo ricapitalizzarà le banche, con più debito per Madrid, ma salvataggio banche fraudolente. 

L’idea che il MES ricapitalizzi le banche spagnole direttamente, senza quindi aggiungere debito su debito a Mariano Rajoy, sarà possibile solo dopo che si sarà istituita un’Unione Bancaria europea con poteri ancor più sovranazionali di quelli presenti. Quindi, in sostanza, una concessione da 5 soldi contro una da un miliardo.

Repubblica: Squinzi e l'abisso. “La recessione c'è, il debito in crescita c'è, l'abisso...”. Non prosegue Monti replicando alle parole del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. Poi aggiunge: “Mi sto imponendo una moderazione interpretativa sul linguaggio del presidente della Confindustria”. Per poi aggiungere: “Siamo sulla strada per un avanzo strutturale nel 2013”.

Barnard: Come già scritto ieri in questo sito, la cosa tragica è il balletto dell’inconsapevole e del distruttore. Squinzi ignora la macroeconomia più elementare, e pur lamentando i mali veri delle imprese italiane giunge alle medesime terapie dell’economicidio di Monti. Troppo desolante per continuare.

Conclusione: ho già detto infinite volte che rimedi come quello sbandierato dal vertice europeo di venerdì sono concime biologico sparso su orti all’ombra di Seveso. La struttura monetaria dell’Eurozona significa che ogni singolo euro speso dagli Stati membri per qualsiasi cosa, dalla Funzione Pubblica alla crescita nazionale, deve essere poi restituito a mercati di capitali privati da cui questi Stati sono oggi costretti ad approvvigionarsi di moneta (cosa che non era prima dell’euro), e che applicano tassi usurai a loro (truffaldina) discrezione. 

Quindi lo Stato di Monti se vuole ripagare i debiti dovrà venire poi a trovare gli euro uno dopo l’altro nella tasche di cittadini e aziende con tasse da economicidio e tagli alla spesa pubblica. Quindi crollo dell’economia, deflazione dei redditi, dei consumi, fallimenti di aziende… ecc. ecc. Il resto l’ho già scritto tante volte.