giovedì 5 luglio 2012

Siria update

Una serie di articoli sugli ultimi sviluppi della guerra in Siria.



La Siria e i Phantom "disarmati"
di Giulietto Chiesa - Il Fatto Quotidiano - 4 Luglio 2012

Mentre le notizie dalla Siria dicono, giorno dopo giorno, che la guerra sta trascolorando da “civile” in guerreggiata; da “bassa intensita’ “, a livello libico, vorrei ritornare alle cose lette sulla stampa italiana, e viste su tutte le tv italiane, a proposito dell’abbattimento del Phanton turco nei cieli della Siria.

Avevo avuto l’impulso, inizialmente, di proporre la costituzione immediata di un comitato di solidarietà con i Phantom turchi che viaggiano disarmati dentro lo spazio aereo siriano, o nelle sue immediate vicinanze. 

Sono sicuro che avrei avuto la firma immediata dei direttori della Stampa, del Corsera e di Repubblica, tutti uniti nella deprecazione della violenza aggressiva dell’esercito siriano. Ma poi ho pensato che neanche l’ironia, o il sarcasmo sarebbe capace di far sorgere nelle loro menti un qualche dubbio. 

Sebbene dovrebbero porsi almeno l’interrogativo sul cosa ci facesse, da quelle parti, un Phantom turco, per giunta disarmato, in piena zona di guerra. Ma no, avrebbero obiettato, non era affatto ei cieli siriani. Stava vagando, appunto disarmato, ma per caso, senza cattive intenzioni.

Infatti tutti gli articoli che ho letto, in particolare sui tre giornali citati (i telegiornali li ho soltanto ascoltati perché ormai provo una sorta di voltastomaco a guardare le facce dei velinari e delle velinare mentre dicono cose senza senso con la metodicità patologica degli ipnotizzati), hanno escluso caegoricamente che il Phantom disarmato sia entrato nello spazio aereo siriano. 

Si presume che tutti i direttori in questione avessero là, sul posto i loro valenti osservatori a monitorare il cielo di Siria. Invece sappiamo che non ce li avevano, né valenti, né invalidi. 

Sappiamo che hanno dato il compito a qualche inserviente di leggere le agenzie e di copiare, semplicemente e banalmente, la versione ufficiale dei fatti esposta dal governo turco (essendo evidente che le agenzie, a cominciare dall’Ansa, solo quella versione avrebbero dato.

Assistiamo all’applicazione, ormai abitudinaria, dell’assioma principale, per definizione indimostrabile, secondo cui Bashir Assad ha torto marcio, essendo un dittatore sanguinario. A prescindere dai fatti, dalle circostanze, dalla logica. Li capisco: applicano la legge del minimo sforzo e della minima spesa. 

Ma c’è un problema: che non tutti i giornali del pianeta (che, pure, hanno gli stessi problemi) sono disposti a sputtanarsi a basso prezzo in questo modo. Per esempio il pur molto partigiano New York Times, seppure gravemente impacciato dalla “langue de bois” (i francesi sono perfidamente precisi: lingua di legno, la chiamano), scrive perplesso che la Nato ha preso per buona la versione turca, “senza effettuare controlli”. 

Non è andato a cercare il pelo nell’uovo, ma ha tentato, almeno, di rispettare l’intelligenza di una parte dei suoi lettori. Il che ci permette in prima battuta di proclamare che i media italiani, quasi senza eccezione, sono di gran lunga più bugiardi dei loro colleghi d’oltre Atlantico.

Dove invece sono tutti perfettamente uguali è nella disinvoltura con cui giustappongono fatti e avvenimenti, evitando ogni analisi comparata degli stessi che, ove venisse effettuata, mostrerebbe subito ai lettori spettatori che si cerca di turlupinarli nei modi più volgari immaginabili. 

L’operazione consiste, di solito, in un “primo tempo”, interamente e diligentemente dedicato a mostrare che la Turchia, così come i suoi Phantom disarmati, è un paese pacifico e inoffensivo, mentre la Siria di Bashir è un paese governato da un regime che è altrettando bellicoso e aggressivo verso l’esterno quanto è genocidario e dittatoriale verso i suoi sudditi. 

C’è poi un “secondo tempo”, dedicato a descrivere dettagliatamente, come grande merito, le attività militari del Fsa (che vorrebbe dire Libero Esercito Siriano), che non viene mai definito esercito, ma viene descritto con circonlocuzioni variegate: insorti, popolo in rivolta, combattenti per i diritti umani etc Naturalmente tutti molto “liberi” (mai che qualche giornalista si chieda da dove prendono le armi, chi li stipendia, chi li guida, chi li organizza ecc).

Essenziale è che siano molto liberi. Poi salta fuori, neanche tra le righe (ma e’ sempre presentato come un dato di merito) che queste truppe “libere” sono basate non in Siria, ma in territorio turco, nei pressi delle frontiere, e che è dal territorio turco che lanciano le loro offensive contro l’esercito siriano (Robert Fisk, dell’Independent, ha dato la cifra di 6000 morti fino ad ora censiti nell’esercito siriano. Ma queste cose, sulla stampa italiana, non possono apparire. 

Detto in parole povere: armi, addestramento, informazioni, logistica del Fsa sono interamente nelle mani dei turchi e della Nato. 

Ora anche l’ultimo imbecille si farebbe qualche domanda in merito. Per esempio, il governo turco e’ al corrente di tutto cio’? Anche loro, i colleghi, evidentemente penultimi imbecilli, questa domanda se la pongono. E rispondono di conseguenza. Certo, la Turchia sa tutto, aiuta i ribelli, li finanzia, li protegge. E fa bene, perché si deve abbattere il regime sanguinario e crudele di Damasco.

Si dà il caso che tutto ciò dimostra il contrario dell’assunto: chi aggredisce, cioè, è la Turchia, è la Nato, sono gli USA, è l’Arabia Saudita. Insomma siamo in piena sovversione dall’esterno contro un paese sovrano, comunque si voglia giudicare il regime politico su cui si regge. E questo è in patente violazione delle norme del diritto internazionale e dello statuto dell’Onu. 

Non possono, questi penultimi imbecilli, ai quali si aggiunge una parte degli ex pacifisti italiani, nemmeno riconoscere che un paese – che loro stessi ci raccontano aggredito dall’esterno – abbia il diritto di difendersi. Anzi s’indignano se si difende, si scandalizzano. 

Ricordate la favola del lupo che, stando a monte, accusa la pecora a valle di sporcargli l’acqua del torrente in cui sta bevendo? Premessa prima di mangiarsela, anzi pretesto per mangiarsela. Sento già le strida dei Pulitzer ex pacifisti e ora difensori a oltranza dei diritti umani dei tagliagole mercenari della jihad islamica assoldata per l’occasione. 

Ecco, Giulietto Chiesa paragona Bashar el Assad alla pecora e la Turchia (e la Nato) al lupo. Scandalo. Una bestemmia in cattedrale! Ma io non penso a questo, né alle loro povere coscienze servili. Penso al guasto che costoro introducono nei procedimenti logici dei loro lettori-spettatori-ascoltatori, sottoposti al bombardamento di notizie che intrecciano e sovrappongono vero (involontario) e falso (consapevole). 

Il compianto Guy Debord avrebbe molte ragioni di vantarsi per averlo così bene descritto in anticipo. Anche se, perfino in quella collocazione topografica che si chiama sinistra, c’è gente che nemmeno ha capito quello che Debord voleva dire. Il fatto, purtroppo triste, è che l’azione statistica dei p[enultimi imbecilli produce inesorabilmente milioni di spettatori-ascoltatori sempre più stupidi.


Dobbiamo aspettarci un'escalation della crisi siriana?
di Gianandrea Gaiani - Il Sole 24Ore - 23 Giugno 2012
 
Molti dettagli circa l'abbattimento del caccia turco F-4 nello spazio aereo siriano non sono ancora stati chiariti. Incerta la sorte dei due uomini d'equipaggio, probabilmente paracadutatisi in mare, e silenzio totale sulla natura della missione effettuata da almeno due cacciabombardieri turchi poiché i velivoli militari si muovono sempre in coppia. 

Certo l'equipaggio del secondo Phantom potrebbe rivelare molte informazioni utili e di certo ben diverse dalle improbabili dichiarazioni rilasciate dal presidente turco, Abdullah Gul, secondo il quale il jet potrebbe aver violato lo spazio aereo siriano a causa dell'alta velocità.

"E' routine per i caccia alcune volte passare avanti e indietro i confini nazionali" ha affermato Gul, citato dall'agenzia d'informazione Anadolu. "Non si tratta di azioni malintenzionate ma sono incontrollabili a causa dell'alta velocità dei jet". In realtà da quanto si è appreso i jet volavano ad elevata velocità e a quota molto bassa, quella necessaria a spingersi in territorio "nemico" cercando di non farsi individuare dai radar. 

Forse una missione per "testare" le difese aeree siriane anche se ambienti vicini all'aeronautica militare turca hanno rivelato che il jet abbattuto era un RF-4E, versione da ricognizione del Phantom decollato dalla base di Ehrac. 

Non si può quindi escludere che la sua missione fosse proprio quella di scoprire la dislocazione delle truppe siriane nel nord del Paese per girare le informazioni agli insorti siriani che in Turchia non hanno solo le basi ma anche i centri di arrivo delle armi fornite da Stati Uniti (tramite gli uomini della CIA segnalati recentemente dal New York Times) e Paesi arabi. 

Armi per i ribelli arriverebbero anche da Israele, probabilmente attraverso il confine libanese, poiché fonti siriane hanno riferito all'Ansa che i miliziani a Homs hanno ricevuto missili israeliani di ultima generazione utili ''contro i carri armati T-72'' in dotazione all'esercito siriano.

L'abbattimento del jet turco si presta però anche a letture differenti. Ankara potrebbe aver cercato il "casus belli" poiché già in passato aveva lamentato tiri di artiglieria siriana sul suo territorio e minacciato di coinvolgere la Nato. 

Opzione ventilata nelle ultime ore anche da fonti governative turche che non hanno escluso di coinvolgere gli alleati sulla base del principio che considera l'attacco contro un qualsiasi Stato membro alla stregua di un attacco contro tutti gli altri, legittimando a un intervento. 

Il premier turco, Recep Tayyp Erdogan, ha assicurato che "la Turchia annuncerà la propria posizione dopo che l'incidente sarà stato completamente chiarito, e compirà con determinazione tutti i passi necessari". 

Un attacco della Nato contro la Siria, più volte escluso dal segretario generale Anders Fogh Rasmussen, potrebbe verificarsi spacciando la Turchia per vittima delle aggressioni siriane ? 

La giustificazione sarebbe un po' debole ma non dovrebbe stupire, specie dopo i raids aerei alleati dell'anno scorso in Libia "per proteggere i civili". Di fatto un'eventuale richiesta di aiuto turca consentirebbe ai membri della Nato che lo desiderano di schierare proprie forze aeree in Turchia, almeno per imporre quella no-fly zone già proposta da Parigi e sperimentata sulla Libia.

La Siria sembra consapevole del rischio di favorire i suoi nemici con l'abbattimento del Phantom e infatti Damasco non ha esitato a scusarsi per "l'errore" inviando proprie navi (e accogliendo quelle turche) per cercare i piloti nel tratto di mare di fronte al porto di Latakia. Damasco ha sottolineato al tempo stesso che il jet aveva violato lo spazio aereo siriano. 

Per smorzare le tensioni con Ankara fonti militari siriane a Beirut hanno rivelato all'agenzia di stampa Dpa che la contraerea ha abbattuto il caccia turco ritenendolo un jet siriano in fuga con ai comandi un pilota disertore. 

Ipotesi teoricamente possibile dopo la fuga in Giordania di un pilota a bordo di un caccia Mig 21 ma tecnicamente improbabile poiché i velivoli nazionali vengono riconosciuti e discriminati rispetto a quelli stranieri dai radar.

Con l'abbattimento del jet turco Damasco ha però dimostrato di possedere armi antiaeree moderne ed efficaci anche contro i velivoli della Nato. Certo gli F-4E turchi sono vecchi aerei di costruzione statunitense, veterani del Vietnam ceduti da Washington e dalla Germania in oltre 200 esemplari una parte dei quali sono stati radicalmente rimodernati dall'industria israeliana portandoli allo standard F-4 2020 soprannominati "Terminator" (video ).
 
Il sistema di difesa aerea siriano si basa su numerose batterie di missili russi inclusi gli S-300 responsabili dell'abbattimento del Phantom e gestiti grazie a numerosi tecnici inviati da Mosca. 

Per questo l'abbattimento del "Terminator" turco potrebbe avere anche un valore deterrente ammonendo la Nato che attaccando la Siria dovrà fare i conti con tecnici e moderni missili russi. Nulla di paragonabile alla "passeggiata militare" contro Gheddafi le cui forze non sono mai riuscite ad abbattere neppure un jet alleato.


La Siria e il fantasma della guerra in Turchia
di Pepe Escobar - Asia Times - 26 Giugno 2012
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da ERNESTO CELESTINI

C'era una volta, non molto tempo fa, un ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, che era il gran fautore di una politica estera che lui chiamava "zero problemi con i nostri vicini" – ma veniva deriso da molti occidentali che la chiamavano invece "neo-ottomanesimo".

La NATO si incontrerà domani, martedì (oggi, ndr), a Bruxelles non solo per dare una risposta forte per il Phantom F-4 da poco abbattuto dall’artiglieria contraerea siriana, ma per decidere che tipo di "neo-ottomanesimo" sta emergendo da quello che, in realtà, si è trasformato in un "grosso problema politico con uno dei nostri vicini di casa".

Davutoglu insiste che l’ F-4 è stato colpito nello spazio aereo internazionale - pur ammettendo che sia, per poco, entrato nello spazio aereo siriano. Contraddicendo la dichiarazione ufficiale della Siria, ha detto che l’aereo era chiaramente riconoscibile come turco; era in "volo di addestramento" per verificare il funzionamento del "sistema radar nazionale" della Turchia, e soprattutto non doveva svolgere "nessuna missione segreta che si riferisse alla Siria".

In precedenza, il portavoce del ministero degli Esteri siriano Jihad Makdissi aveva sottolineato che questo è stato un "incidente, non un attacco". Secondo Makdissi, "un oggetto non identificato è entrato nel nostro spazio aereo e, purtroppo, come conseguenza è stato buttato giù. Si era capito solo dopo che si trattava di un aereo turco".

Davutoglu, in un intervento lampo sui media, come dice Today’s Zaman, ha ribadito che questo era un "volo in solitaria", che l’aereo “non era armato", che non c'è stato nessun avviso prima di essere abbattuto e, per quanto riguarda la Siria, tenta di ricollegare l’abbattimento del F-4 ad una “violazione non intenzionale e irrilevante" dello spazio aereo.

La violazione dello spazio aereo di un altro paese, tentando di eludere le sue difese volando a bassa quota, è una cosa normale per Davutoglu come mangiarsi uno sheesh kebab a pranzo.   "Ci sono state tante violazioni dello spazio aereo siriano da parte di altri paesi prima, ma la Siria ha abbattuto solo il nostro aereo disarmato."

Ma poi il ministro degli Esteri ha iniziato a divagare (più o meno) sulla dichiarazione e ha sottolineato: "Non importa come sia stato abbattuto l’aereo turco - spiega - noi saremo sempre accanto al popolo siriano". 

E poi: "Saremo sempre accanto al popolo siriano fino a quando avranno un regime democratico" Il popolo siriano può dimenticare il Phantom F-4, può dormire sonni tranquilli perché il nocciolo della questione rimarrà solo il cambiamento di regime.  

Tutto il resto è irrilevante

La NATO prenderà in considerazione il caso della Turchia, ai sensi dell'art 4 del suo statuto - che permette di tenere consultazioni ogni volta che "l'integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti sia minacciata".
 
Non siamo - ancora – arrivati all'articolo 5, che prevede una risposta armata. Ma potremmo essere, secondo come la NATO interpreta la dichiarazione della Turchia, al punto che il Phantom F-4 è stato "colpito 13 miglia al largo della costa siriana, nello spazio aereo internazionale".

Quindi, secondo il racconto di Davutoğlu l'F-4 ha brevemente deviato dentro lo spazio aereo siriano attratto da una forza irresistibile (… il Dio Thor?); Ma appena resosi conto dell’errore è subito rientrato, poi è stato abbattuto. 

A proposito, non era un "volo in solitaria"; alcuni testimoni hanno detto alla TV turca di aver visto due caccia volare a bassa quota in direzione delle acque siriane, ma di averne visto tornare solo uno.

Come prevedibile i soliti cagnolini guerrafondai europei sul tipo di William Hague si sono già schierati, accusando la Siria perché la Turchia ha violato lo spazio aereo siriano

Eppure non ci sono prove - finora - che Ankara avesse avvertito il governo siriano e i militari che avrebbe svolto una sorta di ricognizione molto vicino ad un confine ormai da molto tempo esplosivo.
Se l'F-4 (o la coppia di F-4) fosse armato o no, per citare Davutoglu, "era irrilevante", bisognerebbe provare a spiegare al Pentagono, per esempio, che non sia una minaccia quando entra nel tuo spazio aereo un oggetto non identificato, sconosciuto, che vola a bassa quota, in rapido movimento. Inoltre se questa fosse stata una missione di ricognizione militare, come sostiene lo stesso Davutoglu, l'F-4 doveva essere armato.
E immaginate se fosse stato un aereo siriano a sorvolare il territorio turco o quello israeliano.
Brucia, Anatolia, brucia
 
Ankara chiederà certamente le scuse formali e il pagamento di un risarcimento a Damasco. Teheran - che fino a ieri praticamente, cioè fino a prima della rivolta siriana, faceva parte di un asse Ankara-Damasco-Teheran - chiede che prevalga la ragione.

Ci sono guerrafondai professionisti che stanno lavorando per replicare un incidente come quello del Golfo del Tonchino, anche se questa è pura follia. Eppure, Asia Times Online ha appreso da una fonte locale, di un movimento "convulso" che da giorni si osserva alla base NATO di Incirlik, in Turchia.

Tutti sanno - ma nessuno ne parla - del comando NATO che si trova nel centro di controllo di Iskenderun, nella provincia di Hatay in Turchia, vicino al confine siriano, istituito mesi fa per organizzare, formare e militarizzare una ciurma raccogliticcia, nota come Libero Esercito Siriano.

Tutti sanno che Qatar, Arabia Saudita e la CIA stanno consigliando e armando questi siriani "ribelli", con l'aiuto indispensabile della logistica turca / che serve come rifugio sicuro.

Tutti sanno che Washington non si accontenterà di niente meno di un cambio di regime in Siria – per instaurarne uno, più flessibile e compatibile e che certamente non dovrà essere un regime islamista.

Tutti sanno che esiste un ordine del giorno, non tanto nascosto di un attacco provocatorio a tutto campo, portato avanti dalla NATO alla Siria, senza nessuna risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e senza curarsi dell’opposizione di Russia e Cina.

Se il "neo-ottomanesimo" persiste con la sua ossessione di un cambio di regime in Siria – molto dovuto al sogno turco di trovare una soluzione al "problema" curdo – sarebbe stato meglio cominciare prima a valutare che Damasco potrebbe finanziare il PKK curdo, con fondi e logistica per far scatenare un inferno in tutta l’Anatolia turca.

Non c'è dubbio che questa storia potrà diventare anche molto più brutta. Ma come si diceva in Wag the Dog (Sesso e Potere – film del 1997) - questo è quello di cui si tratta – nessuno ne è sicuro, è la Turchia che cerca di spingere il cane della NATO verso una guerra, o è il contrario?


La Cia ha ammesso di aiutare l'opposizione siriana inviando armamenti
di Eric Schmitt - www.nytimes.com - 21 Giugno 2012
Tradotto per www.comedonchisciotte.org da REIO

Secondo funzionari dell' intelligence americana e araba, alcuni agenti della CIA stanno operando nel sud della Turchia aiutando gli alleati a decidere quali guerriglieri oppositori al di là del confine riceveranno le armi per combattere il governo siriano.

I funzionari dicono che fucili automatici, granate, munizioni e qualche arma anticarro vengono fatte passare per la maggior parte attraverso il confine turco tramite una rete di intermediari tra cui i Fratelli Musulmani, pagati da Turchia, Arabia Saudita e Qatar.

Un alto funzionario americano ha detto che agenti della CIA sono stati al sud della Turchia per diverse settimane, in parte per tenere le armi lontane dalle mani di guerriglieri alleati con Al Qaeda o altri gruppi terroristici. L' amministrazione Obama ha detto che non sta fornendo armi ai ribelli, ma ha anche riconosciuto che i paesi confinanti alla Siria l' avrebbero fatto.

Lo sforzo dei gruppi clandestini d' intelligence è l' esempio più dettagliato e noto del limitato supporto americano per la campagna militare contro il governo siriano. È anche parte del tentativo di Washington di aumentare la pressione sul presidente siriano Bashar al-Assad, che ha recentemente incrementato la repressione mortale contro i civili e le milizie che combattono il suo potere. 

Con la Russia che pone il suo veto ad una fase più aggressiva contro il governo di Assad, gli Stati Uniti e i suoi alleati hanno preferito rivolgersi alla diplomazia e all' aiuto degli sforzi degli alleati, armando i ribelli per forzare Assad a lasciare il potere.

Contribuendo al rifornimento dei gruppi ribelli, l' intelligence americana operante in Turchia spera di sapere di più sulla crescente e mutevole rete di oppositori in Siria e stabilire nuovi legami. “Funzionari della CIA sono sul posto e provano a cercare nuove fonti e nuove persone da reclutare”, dice un funzionario dell' intelligence araba regolarmente informato dalla controparte americana.

Funzionari americani e agenti della CIA in pensione hanno detto che l' amministrazione sta valutando ulteriori aiuti ai ribelli, come la fornitura di immagini satellitari e altri dettagli sulla posizione e gli spostamenti delle truppe governative siriane. 

Dicono che l' amministrazione sta valutando se aiutare gli oppositori a costituire una rudimentale servizio di intelligence, ma ancora non è stata presa nessuna decisione relativa a tali misure o addirittura intraprendere azioni più aggressive, come mandare direttamente agenti CIA in Siria.

Con l' arrivo di nuovi armamenti sempre più potenti, sia per il governo siriano che per gli oppositori, il conflitto interno in Siria rischia di intensificarsi in maniera significativa. Il presidente Obama ed i suoi migliori collaboratori stanno cercando di fare pressione sulla Russia per frenare la spedizione di armi, elicotteri d' assalto, verso la Siria, il loro principale alleato in Medio Oriente.

“Ci piacerebbe vedere la fine della vendita d' armi al regime di Assad, perché crediamo abbiano dimostrato che usano il loro esercito solo contro la loro popolazione civile”, ha detto Benjamin J. Rhodes, consigliere di strategie della comunicazione per la sicurezza nazionale, dopo che Obama e la sua controparte russa, Vladimir V. Putin, si sono incontrati in Messico questo lunedì.

Portavoce della Casa Bianca, del Dipartimento di Stato e della CIA non hanno lasciato commenti su operazioni di intelligence di supporto ai ribelli siriani, alcuni dettagli di quello che è stato riportato la scorsa settimana dal Wall Street Journal.

Fino ad ora, diplomazia ed aiuti umanitari è stata la politica pubblica dell' amministrazione sul caso Siria.

Il Dipartimento di Stato, ha detto mercoledì, che il segretario, Hilary Rodham Clinton, si sarebbe incontrata con il corrispettivo russo, Sergey V. Lavrov, al margine di un meeting dei ministri degli esteri dell' Asia Pacifica a San Pietroburgo, Russia, il prossimo giovedì. La conversazione privata probabilmente si concentra, almeno in parte, sulla crisi in Siria.

Il Dipartimento di Stato ha autorizzato 15 milioni di dollari in aiuti non letali, come forniture mediche e apparecchiature per la comunicazione per i gruppi di opposizione civile in Siria.

Il Pentagono continua a mettere a punto una gamma di operazioni militari su richiesta di Obama agli inizi di marzo per la pianificazioni di emergenze del genere. Martin E. Dempsey, presidente del Joint Chief of Staff (Stato Maggiore Congiunto), al tempo ha detto ai senatori che le opzioni in esame includevano ponti aerei umanitari, sorveglianza aerea dell' esercito siriano, e la creazione di una no-fly zone.

Inoltre i militari hanno elaborato un piano su come le truppe della coalizione dovrebbero proteggere le consistenti scorte di armi chimiche e biologiche siriane nel caso in cui una vera e propria guerra civile minacci la loro sicurezza.

Ma alti funzionari dell' amministrazione hanno sottolineato negli ultimi giorni che l' opzione militare non è considerata. “A questo punto qualsiasi cosa riguardante la Siria sarebbe ipotetico in casi estremi”, ha detto questo mese ai giornalisti il generale Dempsey.

Da marzo, quello che è cambiato è l' afflusso di armi e munizioni verso i ribelli. Secondo membri del Sirian National Council e altri attivisti, l' aria sempre più feroce e gli attacchi d' artiglieria del governo mirano a contrastare le forze opposte, sempre più armate e coordinate.

Questi attivisti hanno dichiarato lo scorso mese che veicoli dell' esercito turco hanno consegnato armi anticarro al confine dove poi sono stati contrabbandati in Siria. La Turchia ha ripetutamente negato e che stavano solo inviando aiuti umanitari all' opposizione, in gran parte via i campi di rifugiati vicino al confine. Questi attivisti dicono che gli Stati Uniti erano stati consultati riguardo questo trasferimento di armamenti.

Analisti militari americani hanno offerto opinioni contrastanti sul fatto che tali armamenti abbiano compensato i vantaggi dell' esercito siriano, militarmente superiore. “I ribelli stanno cominciando a capire come battere i carri armati”, ha detto Joseph Holliday, ex ufficiale dell' esercito americano in Afghanistan ed ora ricercatore che monitora il Free Sirian Army per l' Institute for the Study of War di Washington.

Ma un alto funzionario americano che riceve report d' intelligence secretati dalla regione ha comparato le armi dei ribelli alle “cerbottane” contro l' armamento pesante del governo e i suoi elicotteri d' assalto.

Il Sirian National Council, il maggior gruppo di opposizione in esilio, recentemente ha iniziato ad organizzare le unità sparse sul territorio che combattono sotto il nome del Free Sirian Army in una forza sempre più coesa.

Funzionari del consiglio nazionale hanno detto che circa 10 consigli di coordinamento militare sparsi nelle province del paese stanno ora condividendo tattiche e altre informazioni. La città di Homs è un' eccezione, gli manca questa organizzazione perché i 3 principali gruppi militari non sono uniti.

Jeffrey White, analista per la difesa al Washington Institute for Near East Policy, registra i video e gli annunci dei sedicenti battaglioni ribelli e ha detto che ora ci sono 100 formazioni ribelli, contro le circa 70 di due mesi fa, di dimensioni che variano da pochi combattenti ad un paio di centinaia.

“Quando il regime vuole andare da qualche parte e piazzar il pacchetto giusto di forze, lo può fare”, ha detto il signor White. “Ma l' opposizione sta alzando il costo di queste operazioni”.  


Assad e il petrolio che non puzza
di Robert Fisk - The Independent - 29 Giugno 2012
Traduzione di Carlo Antonio Biscotto per Il Fatto Quotidiano

In coincidenza con la Conferenza di Ginevra sulla Siria, trapela da Damasco una clamorosa indiscrezione.

Il presidente siriano Assad potrebbe resistere più a lungo di quanto si pensi – e per di più con il consenso tacito degli occidentali ansiosi di assicurarsi nuove vie del petrolio e del gas verso l’Europa prima della caduta del regime

Secondo una fonte vicina al partito Baath, americani, russi ed europei stanno negoziando un accordo che consentirebbe ad Assad di rimanere alla testa della Siria per altri due anni almeno in cambio di concessioni politiche all’Iran e all’Arabia Saudita sia in Libano che in Iraq.

La Russia, dal canto suo, conserverebbe la base militare di Tartous in Siria e un rapporto solido con qualunque governo dovesse insediarsi a Damasco con il sostegno dell’Iran e dell’Arabia Saudita. 

Il recente ammorbidimento della posizione di Mosca sulla Siria rientra nel quadro di una nuova intesa in virtù della quale l’Occidente potrebbe essere disposto a tollerare la presidenza di Assad pur di evitare una sanguinosa guerra civile.

Secondo fonti siriane al momento l’esercito di Assad è sottoposto ad una forte pressione da parte dei ribelli che annoverano forze islamiste e nazionaliste, con battaglie che provocano diverse decine di morti ogni giorno. 

Da quando la rivolta ha avuto inizio, circa 17 mesi fa, sarebbero stati assassinati o caduti in azione almeno 6.000 soldati. Circola anche voce che combattenti siriani vengano addestrati da mercenari giordani in una base utilizzata dalle autorità occidentali.

Le trattative Russia-Usa hanno una importante conseguenza politica: il riconoscimento da parte delle due superpotenze dell’influenza dell’Iran sull’Iraq e dei rapporti con gli alleati di Hezbollah in Libano mentre l’Arabia Saudita e il Qatar verrebbero incoraggiati a garantire maggior diritti ai musulmani sunniti in Libano e Iraq. Bagdad, divenuta l’epicentro del potere sciita nella regione, rappresenta da tempo una preoccupazione per l’Arabia Saudita che appoggia la minoranza sunnita in Iraq.

Ma il vero obiettivo dei colloqui riguarda l’intenzione dell’Occidente di garantirsi la sicurezza degli approvvigionamenti di petrolio e gas dagli Stati del Golfo, via Siria, senza dover dipendere da Mosca. “La Russia potrebbe chiudere il rubinetto in qualunque momento e questo le conferisce un enorme potere politico”, dice una fonte che desidera conservare l’anonimato. 

“Stiamo parlando di due oleodotti diretti in Occidente: uno proveniente dal Qatar e dall’Arabia Saudita attraverso la Giordania e la Siria; un altro proveniente dall’Iran attraverso l’Iraq meridionale a prevalenza sciita e la Siria. Entrambi sono destinati a raggiungere il Mediterraneo e l’Europa. Per questo sono disposti a lasciare Assad al suo posto per altri due anni, se necessario”.

Naturalmente i diplomatici che stanno portando avanti questo negoziato dovrebbe essere trattati con un pizzico di scetticismo. Non facciamo che ascoltare sfuriate dei leader occidentali contro il regime siriano colpevole di torture e massacri e poi veniamo a sapere che i diplomatici occidentali sono disposti a chiudere un occhio sull’altare della realpolitik che in Medio Oriente significa semplicemente petrolio e gas.

In altre parole gli europei sono disposti a tollerare la presenza di Assad fino alla fine della crisi. Gli Stati Uniti sono dello stesso parere mentre anche la Russia si è convinta che la stabilità è più importante di Assad.

È chiaro che Assad avrebbe dovuto riformare profondamente il paese alla morte di suo padre Hafez nel 2000. A quell’epoca l’economia siriana era in condizioni assai migliori della Grecia di oggi. 

Ma i moderati furono messi a tacere. “Assad non ha più alcun controllo personale su quanto avviene in Siria”, dice una gola profonda del regime. “Il fatto è che non ha alcuna voglia di viaggiare per il Paese e parlare con la gente”.

Secondo molti ufficiali dell’esercito siriano, Assad continua a sperare in una “soluzione all’algerina”. In Algeria, dopo l’annullamento delle elezioni democratiche, l’esercito negli anni ’90 scatenò una guerra spietata contro i ribelli e i guerriglieri islamisti ricorrendo alla tortura e ai massacri e facendo oltre 200.000 vittime. 

La guerra civile algerina aveva molte cose in comune con quella che si combatte oggi in Siria: neonati con la gola tagliata, famiglie massacrate da misteriosi “gruppi armati” paramilitari, città intere bombardate dalle forze governative.

Ma ciò che dà più speranza ad Assad è il fatto che l’Occidente non smise di sostenere il regime algerino fornendo armi e appoggio politico pur continuando a blaterare di diritti civili. Le riserve petrolifere e di gas dell’Algeria si rivelarono più importanti delle centinaia di migliaia di civili morti.

I siriani dicono che Jamil Hassan, comandante dei servizi segreti dell’Aeronautica, è diventato l’uomo forte del regime al posto di Maher, fratello di Bashar, che comanda la Quarta Divisione dell’esercito. 

Un interrogativo non ha ancora avuto risposta: Assad è consapevole della straordinaria importanza politica di quanto sta accadendo in Siria? C’è chi ne dubita.

 
Cosa significa la Siria per la Russia
di Fida Dakroub* - 2 Luglio 2012
Traduzione di Alessandro Lattanzio SitoAurora


Generalità

Negli ultimi giorni del vertice del G-20, i leader atlantisti sembravano ansiosi di recitare ancora una volta la commedia sulla scena internazionale, agendo come se fossero l’unico gruppo teatrale della città, organizzando spettacoli nei corridoi del vertice, a Los Cabos, e presentando un monologo più burlesco delle tirate di Arnolfo [1].
 
Chi non ha seguito le dichiarazioni riguardanti la Siria, a margine del vertice del G20? Chi non ha letto le analisi che ne sono seguite? Delle analisi sono emerse sul Web, interpretando le relazioni Mosca-Damasco, e presentando un discorso mediatico determinato nel suo punto di partenza e nel suo punto finale

Degli analisti, che si pretendono obiettivi, interpretano la posizione di Mosca nella crisi siriana come una posizione puramente pragmatica, fatto salvo il prezzo di scambio e la negoziazione come quelle trattate al bazar degli interessi geopolitici e strategici delle grandi potenze

A fortiori, la caratteristica comune delle loro analisi, è che iniziano con la stessa constatazione – i russi sono pragmatici – e terminano con la stessa conclusione – i russi venderanno il presidente siriano Assad, una volta che occidentali ed arabi abbiano pagato il prezzo richiesto.
 
Come dimostrano le analisi pubblicate sul web che diffondono, anche in modo sinistro, una constatazione lugubre e tetra tra i lettori, e che quindi attirano gufi e corvi nella regione che si estende dal deserto del Sinai, a sud, fino all’altopiano anatolico a nord.

Interferenze atlantiche

Le fonti di informazione di tali analisi sono sempre le stesse: dirigenti e responsabili atlantici ed arabi, che spesso fanno dichiarazioni sospette, ma intenzionali, sulla Siria. Inoltre, l’obiettivo di tali dichiarazioni si precisa in due punti: primo, demoralizzare le masse e le forze che sostengono il governo siriano, e che resistono alla propaganda arabo-atlantica, e in secondo luogo, interrompere le relazioni diplomatiche Mosca-Damasco.
 
Ad esempio, il ministro degli esteri francese, Laurent Fabius, ha detto il 14 giugno che Parigi e Mosca hanno iniziato i colloqui sul periodo successivo ad al-Assad [2]. Nel frattempo, la portavoce del Dipartimento di Stato statunitense, Victoria Nuland da parte sua, ha annunciato che Washington e Mosca “continueranno i colloqui sul post-Assad“[3]. Aggiungiamo le dichiarazioni dei capi atlantisti, in occasione del vertice del G-20 a Los Cabos, in Messico. 

Durante il vertice, il presidente francese Francois Hollande, ha detto che Mosca giocava “il suo ruolo per avviare la transizione” in Siria, implicando la rimozione di Bashar al-Assad dal potere [4]. 

Collegato alla stessa pretesa, il primo ministro britannico, David Cameron, non volendo perdere la partita, ha annunciato che il presidente russo Vladimir Putin aveva cambiato la sua posizione e ora voleva la partenza del presidente Assad: “la posizione di Putin diventa esplicitamente chiara, non vuole più Assad al potere“[5], aveva affermato.
 
Così, attraverso le capitali della Santa Alleanza arabo-atlantica, profeti e messia di chiaroveggenza si precipitarono verso l’altare dell’ordine dei media per annunciare la “buona novella” al popolo siriano e alle nazioni dei gentili: il presidente russo ha espresso la sua intenzione di abbandonare Satana e Damasco per unirsi alla Santa Alleanza. Alleluia!
 
Come al solito, dopo tali profezie, analisti, esperti di politica e zingari chiaroveggenti si fanno avanti sul palcoscenico, prevedendo sulla sfera di cristallo magica, il “collasso” del presidente siriano Bashar al-Assad.  
Udite, o cieli! terra, porgi l’orecchio! Il Signore parla“[6].
 
Tuttavia, le dichiarazioni dei pettegolezzi dei capi atlantici sono state immediatamente respinte da Mosca. Il presidente russo Vladimir Putin ha detto che nessuno aveva il diritto di decidere, per gli altri paesi, chi dovrebbero avere o meno al potere” [7]. 

Ha aggiunto: “E’ importante che la pace sia stabilita e la carneficina si fermi dopo un cambiamento di regime, e se si arriva a un tale cambiamento, sarà completato con mezzi costituzionali (…) la maggioranza dei popolo siriano non vuole che Assad se ne vada“[8]. 

Da parte sua, il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov ha respinto, a Baghdad, le dichiarazioni atlantiche ed ha confermato che Mosca non discute un cambio di regime, né avalla le azioni unilaterali nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, né partecipa a complotti politici“[9].
A che servono questi giochi infantili eseguiti a livello internazionale dai leader atlantisti? e di “qual frivolezze sia la mia mente imbarazzata!“[10].

Le costanti della politica estera russa

E’ vero che il “comportamento” delle nazioni, compresa la Russia, è commisurato al loro pragmatismo e ai loro interessi geopolitici, e che nel gioco delle nazioni, i principi e le amicizie permanenti non hanno posto; perciò è altrettanto vero che questo stesso gioco delle nazioni sia determinato da costanti e varianti, che a loro volta si sottopongono a delle determinanti di geopolitica, economica e strategica.
 
Detto questo, la posizione di Mosca nella crisi siriana non si legge attraverso la lettura delle profezie dei capi dell’Atlantico, ma a partire dalle costanti della politica estera russa, per poi arrivare alle sue varianti. Si deve notare che la questione delle costanti che possano esistere nella politica estera di questa o quella nazione, deve essere sollevata con grande circospezione, in modo che qualsiasi profezia o chiaroveggenza sul futuro sia evitata. 

Si noti a questo proposito due elementi che sono alla base della politica di una nazione: “da un lato, le sue ambizioni come società, che si collegano alla sua composizione sociale e alle sue concezioni ideologiche; dall’altro lato, l’equilibrio di potere tra essa e le potenze nella competizione regionale o globale. La relazione stessa subisce continui cambiamenti sulla base delle scoperte tecniche e dei cambiamenti demografici che caratterizzano ogni epoca“[11]. Tenendo conto dei punti citati in precedenza, lo studio delle relazioni Mosca-Damasco abbandona il campo della visione per aderire al campo dell’analisi obiettiva.

Ciò che la Siria significa per la Russia

In primo luogo, per quanto riguarda le ambizioni della Russia, non è più un segreto che i russi  sognino da secoli di raggiungere i mari caldi, se non d’averne almeno un accesso sicuro e protetto [12]. Vista la sua posizione geografica, il percorso più breve che porta verso il Mediterraneo, lasciando la Russia, passa attraverso la Turchia. Ovviamente, questa realtà geografica non nasconde una certa reciprocità: il percorso più breve che porta alla Russia, partendo dal Mediterraneo, passa anch’esso attraverso la Turchia, e ciò porta a dire che la posizione della Turchia nella NATO dal secondo dopo guerra, è una minaccia strategica alla Russia, che è obbligata a cercare un contrappeso sulle coste orientali del Mediterraneo, affinché non sia da subito bloccata o assediata, e quindi invasa dalla NATO attraverso la Turchia, e così poter finalmente, se necessario, infiltrarsi al di là della cintura turca e contrattaccare ogni potenziale minaccia dalla NATO. Si noti qui che negli anni quaranta, l’Unione Sovietica è stata “assediata” da uno sbarramento di paesi atlantici e di regimi dispotici pro-USA che hanno bloccato il suo fianco sud. 

Questo sbarramento era esteso dalla Francia a ovest alla Cina in Oriente. In Medio Oriente, lo sbarramento statunitense era composto da dittature militariste, come la Turchia e Pakistan, e dalle monarchie dispotiche imposte dall’occupazione franco-britannica, dopo lo smembramento dell’impero ottomano nel 1918, come il Regno d’Iraq, gli emirati e sultanati arabi, l’impero persiano e il regno d’Afghanistan. 

In Asia, la Cina di Chiang Kai-shek era un satellite degli Stati Uniti. Per contro, nel 1947, i sovietici avevano trovato nello Stato ebraico la loro “terra promessa“! Questo spiega l’approvazione da parte dell’URSS del piano di spartizione della Palestina del 1947, alle Nazioni Unite, e il quasi immediato il riconoscimento dello Stato d’Israele nel maggio 1948. Inoltre, l’Unione Sovietica aveva anche permesso al giovane Stato ebraico “d’imporsi sui suoi vicini arabi, fornendo armamenti importanti nella guerra del 1948-1949” [13]. Inoltre, l’avvicinamento sovietico allo stato ebraico aveva creato, tra gli arabi, diffidenza e sospetto verso i sovietici.
 
Tuttavia, la luna di miele tra i paesi del kolkhoz e dei kibbutz doveva finire. La riconciliazione tra Israele e gli Stati Uniti e il deteriorarsi delle relazioni tra israeliani e sovietici, spinsero infine Mosca, qualche anno più tardi, a “ripensare profondamente la sua politica in Medio Oriente, stabilendo legami con i regimi arabi nazionalisti” [14]. 

Negli anni sessanta, la Siria sotto il comando del partito Baath [15], ha fornito ai sovietici un contrappeso ideale nella regione, dopo che avevano perso la loro influenza sullo stato ebraico. I rapporti di collaborazione economica e militare tra i due paesi si sono gradualmente rafforzati con l’arrivo al potere del presidente Hafez al-Assad, nel 1970 [16], divenendo in seguito più strategici sotto la presidenza di Bashar al-Assad; in tal modo i russi non sembrano, in nessuna circostanza, pronti ad abbandonare il loro alleato strategico in momenti critici, come quelli presentati dalla guerra arabo-atlantica contro la Siria. 

La prova è che dopo sedici mesi di pressioni e di “proposte” arabo-atlantiche a Mosca, i russi sono più che mai decisi ad opporsi con ogni mezzo possibile, a qualsiasi tentativo arabo-atlantico di rovesciare il regime di Assad con la forza militare; che questa forza sia esterna o interna. 

A maggior ragione, ogni volta che gli atlantisti minacciano di intervenire militarmente in Siria, delle navi da guerra russa navigano verso le coste siriane. Qui ricordiamo che, secondo una fonte interna dello Stato maggiore generale della marina russa, due navi da sbarco di grandi dimensioni, la Nikolaj Filichenkov e la Cesar Kunikov, e il rimorchiatore SB-15 [17], si dirigeranno verso il porto di Tartous, in Siria. Si tratta, infatti, di due navi da guerra anfibie con migliaia di marines, ha detto all’agenzia di stampa Interfax [18].
 
In una parola, anche se la Russia e la Siria non hanno ufficialmente annunciato la formazione di un fronte unito, sul modello del blocco socialista dell’era della guerra fredda, rimane da esaminare la collaborazione tra i due paesi, per quanto riguarda il conflitto in Medio Oriente, che ha raggiunto infatti un livello strategico.
 
Si noti qui che i russi hanno vissuto situazioni simili in cui dovevano unirsi ad altri paesi con i quali non condividono delle frontiere. L’esempio più rilevante, è l’alleanza franco-russa (1892 – 1917) contro la Triplice Alleanza [19]. 

I russi puntavano con questa alleanza, ad evitare ad ogni costo di essere martellati dalle ambizioni espansionistiche del nuovo kaiser prussiano Guglielmo II [20], che aveva messo fine all’alleanza dei tre imperatori [21].

Il “messaggio” balistico del Topol-M

In secondo luogo, è vero che la Russia, sotto il mandato del presidente Boris Eltsin, ha conosciuto un periodo di flessibilità discorsiva e di volgarizzazione politica all’americana [22], ma questo periodo non è che una variazione limitata, in un momento storico preciso: quello della caduta dell’Unione Sovietica. 

Per contro, sotto la presidenza di Vladimir Putin e Dmitrij Medvedev, l’equilibrio di potere tra la Russia ed i suoi concorrenti, a livello regionale e globale, ha subito continui cambiamenti a favore di Mosca, e questo secondo le nuove scoperte e invenzioni tecniche in campo militare. Come evidenziato dal “messaggio” balistico intercontinentale recentemente inviato da Mosca alle capitali occidentali.
 
Inoltre, dopo numerosi errori, l’esercito russo è riuscito, il 23 maggio, a lanciare con successo il prototipo di un nuovo missile balistico intercontinentale, secondo il portavoce delle Truppe balistiche strategiche russe (RVSN), Vadim Koval: “la testata ha colpito i suoi obiettivi sulla penisola di Kamchatka” [23]. 

Due settimane più tardi, il 7 giugno, le truppe delle RVSN hanno condotto con successo un altro test di lancio di un missile balistico intercontinentale RS-12M Topol.  Il portavoce ha anche detto ai giornalisti che il missile aveva colpito il suo obiettivo con la  precisione dovuta.
 
Infatti, ciò che caratterizza il nuovo missile, sono le nuove tecnologie sviluppate durante la realizzazione dei missili di quinta generazione, che riduce significativamente il costo della sua produzione. Questo missile da 45 tonnellate, a testa singola e con tre stadi, ha una portata massima di 10000 km e può trasportare una testata nucleare di 550 kilotoni [24]. 

La rapida accelerazione della sua altissima velocità, al momento del lancio, può raggiungere una velocità di 7320 m/s, seguire una traiettoria piana arrivando a 10000 km, rendendolo invisibile sul radar ed eliminando quindi l’efficacia dello scudo antimissile (ABM) degli USA [25], schierato in Europa e Turchia. Il missile è “schermato” contro qualsiasi radiazione, impulso elettromagnetico (EMP) [26] o  esplosione nucleare a distanze superiori ai 500 metri; infatti, il missile è stato realizzato utilizzando una tecnologia particolare che gli permette di sopravvivere a qualsiasi tipo di attacco laser [27].  
 
E’ chiaro sin dall’inizio che i lanci di missili balistici intercontinentali russi hanno creato confusione tra i leader della Santa Alleanza, che hanno decodificato il messaggio balistico di Mosca e ne hanno tratto la seguente conclusione: la posizione di Mosca sulla crisi siriana, sia nel Consiglio di sicurezza che sul campo di battaglia, è ferma e seria, basata su modelli storici e strategici ben definiti, sostenuta a sua volta da una vera potenza militare, e non su una “contrattazione” nel bazar degli interessi provvisori. Infatti, il lancio di missili balistici ha dissipato i dubbi e i deliri sulla potenza militare russa.
 
Così, dopo due decenni di egemonia atlantica dovuta allo smembramento dell’Unione Sovietica e al periodo di distensione e flessibilità sotto la presidenza di Boris Eltsin, la Russia lascia il cortile esterno per reclamare il suo posto nel tempio, coronata dagli dei del Pantheon di Agrippa [28].


*Fida Dakroub, Dottoressa di Ricerca in Studi francese (UWO, 2010), Fida Dakroub è scrittrice e ricercatrice del “Gruppo di ricerca e studio sulle letterature e le culture del mondo francofono” (GRELCEF) presso l’University of Western Ontario. E ‘un attivista per la pace e i diritti civili.


Note

[1] Nella “La scuola delle mogli” di Molière, Arnolfo impiega, nelle sue molte filippiche, il campo lessicale dell’amore – “ardore amoroso” – con un’aspirazione alla nobiltà dei sentimenti e, allo stesso tempo, ridicolizzata dalla banalità delle sue preoccupazioni – la donna non è che un oggetto “sposata a metà.”
[2] Press TV. Russia denies entering talks on political transition in Syria (15 giugno 2012).
[3] loc. cit.
[4] L’Orient Le Jour. Les forces syriennes essuient de lourdes pertes sans cesser la répression. (21 giugno 2012).
[5] Russia Today. (20 giugno 2012).  Putin on Syria: No state can decide another’s government.
[6] Isaia, 1:2. 
[7] loc.cit.
[8] loc. cit.
[9] al-Akhbar. Russia denies discussing post-Assad Syria. (14 giugno 2012).
[10] Racine, Jean. Ifigenia, Atto IV, Scena VIII.
[11] Beloff, Max. (1953). Les constantes de la politique extérieure russe. In Annales. Économies, Sociétés, Civilisations. 8e année, N. 4, 1953. pp. 493-497.
[12] Per secoli, gli zar russi hanno sognato un accesso marittimo al Mediterraneo. Francia, Gran Bretagna e l’Impero Ottomano erano preoccupati che questa espansione mettesse in pericolo i loro interessi nella regione. Il conflitto culminò nella guerra di Crimea del 1853-1856. Circa 300.000 russi sono morti negli aspri combattimenti che hanno determinato una sconfitta militare russa.
[13] Romeo, Lisa. Syrie et Russie : historique des relations de 1946 à 2012. (16 febbraio 2012)
[14] loc.cit.
[15] L’assistenza economica dell’URSS continua soprattutto con l’arrivo al governo del partito Baath, nel 1963. Il nuovo regime istituisce quindi il “socialismo arabo e si lanciava in una grande riforma agraria e in una politica di grande nazionalizzazione.
[16] Il 13 novembre 1970, Hafez al-Assad (1930-2000) prese il potere in Siria. Il nuovo uomo forte del paese si appoggiava anch’egli all’URSS per consolidare il suo potere e controllare le frazioni socialiste e comuniste, ma ha negato qualsiasi interferenza siriana negli affari interni del paese.
[17] Russia Today. Russian warships ‘ready to sail for Syria’. (18 giugno 2012).
[18] L’Express. Syrie: Moscou envoie deux navires de guerre vers sa base militaire de Tartous. (18 giugno 2012)
[19] L’alleanza franco-russa era soprattutto un accordo di cooperazione militare firmato tra la Francia e l’impero russo, che fu in vigore nel 1892-1917. Questo accordo prevedeva che entrambi i paesi avrebbero dovuto sostenersi a vicenda, se attaccati da uno dei paesi della Triplice Alleanza (noto anche come Triplice: Impero tedesco, Austria-Ungheria e Regno d’Italia). In senso lato, si trattava di una cooperazione militare, economica e finanziaria tra le due potenze.
[20] Il nuovo Kaiser Guglielmo II volle avere mano libera e si rifiutò di rinnovare il trattato di riassicurazione con la Russia imperiale, sciogliendo il contratto dei tre imperatori che Bismarck aveva sempre sostenuto, consentendo alle grandi potenze di evitare la guerra.
[21] L’accordo dei tre imperatori costituiva il primo sistema di alleanze bismarckiano tra il 1871 e il 1875 per isolare diplomaticamente la Francia. Il cancelliere Bismarck aveva cercato quindi di avvicinare l’impero tedesco all’Austria-Ungheria e alla Russia.
[22] Il presidente Eltsin era impedito da una elevata corruzione nazionale, dalle crisi politiche che si susseguivano e da una malattia che lo tormentava.
[23] RIA Novosti. La Russie teste un nouveau missile intercontinental. (23 maggio 2012).
[24] Le Courrier du Vietnam. La Russie teste avec succès un missile balistique intercontinental RS-12M Topol. (8 giugno 2012).
[25] USA Today. General says Russia will counter US missile defense plans. (27 maggio 2008).
[26] L’impulso elettromagnetico, più noto come EMP in inglese, è un’emissione di onde elettromagnetiche di ampiezza corta e molto alta.
[27] Missile Threat. (nd). SS-27. 28 Giugno 2012.
[28] Il Pantheon di Roma è una antica struttura religiosa situata nel Campo Marzio, costruito per ordine di Agrippa nel primo secolo (d. C.), danneggiato da diversi incendi, e completamente ricostruito da Adriano (secondo secolo d. C). Originariamente, il Pantheon era un tempio dedicato a tutti gli dei della religione antica. Fu convertito in una chiesa cristiana nel VII secolo.