lunedì 13 febbraio 2012

Grecia? Kaputt

Ieri il Parlamento greco ha approvato la manovra di ulteriori lacrime e sangue richiesta dalla troika (UE, BCE e FMI) con 199 sì e 74 no, mentre all'esterno del palazzo imperversavano gli scontri tra polizia e persone contrarie all'ennesima devastante macelleria sociale decisa fuori dai confini greci.

Addirittura i due partiti - Nuova Democrazia e Pasok, avversari da sempre fino a 3 mesi fa - che sostengono il governo guidato dal tecnocrate Lucas Papademos hanno anche espulso oltre 40 deputati che avevano deciso invece di votare no.

Chissà se anche Bersani e Alfano (leggi B.) farebbero lo stesso...



La Grecia e gli avvoltoi
di Beppe Grillo - www.beppegrillo.it - 12 Febbraio 2012

C'è qualcosa che mi sfugge. Perché la BCE ha prestato alle banche europee 498 miliardi di euro a tasso 1% per tre anni (soldi nostri, non manna caduta dal cielo) e non alla Grecia? Per salvarla ne era sufficiente una parte.

Perché i governi europei, incluso il nostro, non hanno destinato alla Grecia, per solidarietà, parte delle proprie spese militari (l'Italia spenderà 15 miliardi di euro per i cacciabombardieri americani F35)?

Perché l'Europa non aiuta la Grecia, ma la pone di fronte alla scelta tra default e schiavitù economica? Perché non c'è umanità, ma solo spocchia usuraia verso uno Stato fratello?



Cosa ci ha guadagnato la Grecia?
di Maurizio Blondet - www.rischiocalcolato.it - 13 Febbraio 2012

“Non cambiamo posizione, i responsabili greci lo sappiano”, ha detto la Merkel. E’ la sua ultima parola. Se il governo greco non fa’ gli ultimi tagli – e non può farli, perchè ha tagliato la carne dei greci fino all’osso, e la rivolta travolge il governo stesso – la Grecia non avrà l’ultimo pacchetto di “salvataggio” europeo-Fmi, i 130 miliardi in sospeso.

Ciò significa che il 20 marzo la Grecia farà bancarotta, non potendo rinnovare i 14,5 miliardi di Buoni del Tesoro in scadenza.

La durezza inflessibile della Merkel ha un motivo: il fallimento greco non è più una minaccia per la zona euro. I tre anni di negoziati e austerità devastanti che il governo greco ha concesso ai suoi creditori, nel vano tentativo di restare nell’euro, ha regalato ai banchieri il tempo per liberarsi dei titoli del debito greco, e divincolarsi dalla stretta del debitore: le banche straniere, si calcola, hanno ridotto la loro esposizione del 60 per cento. Per il resto, hanno già raggiunto un accordo di ristrutturazione tutto sommato a loro favorevole.

Lo ha spiegato al Telegraph William Buiter, capo-economista di Citigroup: “Ai primi di settembre ritenevamo che il costo dell’uscita della Grecia sarebbe stato molto alto per il resto del mondo; oggi pensiamo che il rischio sia molto minore perchè il contagio può essere contenuto”.

Anzi, per “il resto del mondo”, è diventato più alto il rischio nel salvare la Grecia: secondo il FMI, il paese avrebbe bisogno di iniezioni di 250 miliardi di dollari per i prossimi 10 anni. E tutto questo, per un paese che rappresenta solo il 2,5% dell’economia dell’area euro. Vale la pena? No, per i banchieri globali.

Ciò significa che i governanti greci si sono privati da sè dell’unica arma (di ricatto) che avevano, ossia di trascinare con sè nella rovina gli altri membri dell’euro-zona.

E per nulla: la bancarotta era già nei fatti da tre anni. Basti dire che l’ultimo pacchetto di salvataggio offerto dai poteri forti, quei 130 miliardi, rappresentano il 56% del Pil greco, un Pil che sta collassando. Quando mai quei 130 miliardi (un prestito, mica un regalo) avrebbero potuto essere restituiti?

Adesso la Grecia viene comunque abbandonata a sè stessa e alla bancarotta in catastrofe. E ci arriva, tagli dopo tagli alla spesa pubblica, rigore dopo rigore, con un’economia distrutta, una produzione industriale che è collassata, una popolazione ridotta alla miseria e senza paracadute sociali, una disoccupazione passata dal 18,2 per cento ad ottobre al 20,9 a novembre (un aumento del 14 per cento in un solo mese), capitali fuggiti all’estero per 60 miliardi (il 20% del Pil), le sue banche svuotate dai depositi, un’esazione fiscale atroce che però non riesce più a crescere perchè non c’è più niente da tosare, una gioventù che fugge all’estero perchè il paese è senza prospettive, il caos sociale insieme al caos finanziario.

Conclusione: la Grecia avrebbe fatto meglio a fallire prima. Tre anni fa. Dare un calcio alla “Troika” e alle sue interessate terapie di “risanamento”, rifiutare gli “aiuti” a caro interesse, e cessare i pagamenti alle banche tedesche e francesi – subito, quando ancora aveva un po’ di carne attaccata alle ossa.

Avrebbe affrontato la bancarotta, e il ritorno alla dracma, con qualche energia in più da spendere nella stretta di cinghia che avrebbe preparato il rilancio.

Rilancio che sarebbe avvenuto sicuramente, dopo due o tre semestri, con la riacquistata competitività: basti pensare che il turismo, che conta per il 16% del Pil, avrebbe avuto una ripresa tumultuosa grazie alla dracma debole. E così i noli navali, l’altro cespite nazionale.

La lezione dovrebbe servire anche per l’Italia, come per Spagna, Portogallo e Irlanda. E’ inutile accettare rigori e austerità per continuare a servire un debito impagabile. Il debito impagabile non va’ pagato.

Meglio accettare l’austerità auto-imposta dal default sovrano, ugualmente trragica, ma che prepara al rilancio e alla crescita, che insistere con tagli, svendita (privatizzazioni) e austerità che non danno prospettive, e pagare il prezzo della perdita di sovranità a vantaggio di un comitato di creditori e agenti pignoratori sovrannazionali.

Nel tenebroso caos che la Grecia deve adesso affrontare da sola, c’è un solo raggio di luce, ancorchè paradossale: ed è che la polizia greca sta facendo causa comune con i rivoltosi, la cui protesta è stata mandata a stroncare nella strade.

Il maggior sindacato di polizia ha emesso il seguente comunicato: “Rifiutiamo di metterci contro i nostri genitori, fratelli , figli, contro i cittadini che chiedono un cambiamento”.

Questo sì può cambiare le cose. Il popolo tosato e dissanguato, da solo, non ha potere di cambiare le cose. Per un semplice fatto: non ha armi, ha abbandonato le armi allo stato che ha il monopolio della violenza, ed è capace di organizzarla contro i cittadini.

Ma pensate se la nostra polizia, pensate se i carabinieri rifiutassero di fare da scorta ai nostri politicanti avidissimi, i colpevoli del nostro immane debito pubblico, a questi parassiti che ci hanno portato alla rovina, e poi hanno ceduto la sovranità che gli avevamo delegato ai “tecnici”, ossia ai maestri della tosatura e del salasso per conto dei banchieri e della Kommissione.

Pensateci: chi ha le armi per cacciar via questi parassiti miliardari dal governo e dal sottogoverno, per allontanarli dai posti dove continuano ad intascarsi il maltolto e a succhiarci il sangue? C’è da sognare.

La Grecia sta cominciando a diventare un esempio per noi, proprio adesso.



La troika ricatta la Grecia
di Mike Whitney - www.counterpunch.org - 10 Febbraio 2012
Traduzione per
www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

“Nessun esborso prima dell’implementazione” (Niente aiuti senza tagli al bilancio)

"Ci viene chiesto di prendere dosi sempre più forti di una medicina che abbiamo capito che è mortale e intraprendere qualcosa che non risolve il problema, ma che solamente posticipa la morte annunciata della nostra economia."

- Geronimo II, capo della Chiesa Ortodossa di Grecia.

Mentre le banche dell’UE hanno preso in prestito a tre anni più di 600 miliardi di dollari a tassi infimi (1 per cento) senza garanzie, i ministri delle finanze dell’eurozona stanno minacciando di spingere la Grecia in default per la miseria di 325 milioni di euro.

Una coalizione guidata dai tedeschi all'interno dell'Eurogruppo ha messo una scadenza di sei giorni perché la Grecia accetti ulteriori tagli al bilancio, altrimenti al paese verranno negati 130 miliardi di euro in prestiti.

In assenza del bailout, alla fine di marzo il governo greco esaurirà il tempo a disposizione e farà default. Sembra essere quello in molti sperano in segreto a Berlino.

A parte di 325 milioni di euro di tagli, i dirigenti della coalizione di governo della Grecia saranno costretti a firmare un impegno scritto in base al quale le condizioni dell'accordo verranno eseguite indipendentemente dalle elezioni.

La troika (Commissione Europea, FMI e BCE) vuole essere sicura di essere rimborsata indipendentemente dai cambi al governo.

Naturalmente, questi sviluppi hanno reso furibondi i greci. Non è insolito vedere le bandiere tedesche che vengono incendiate alle manifestazioni ad Atene o la Merkel in uniforme da nazista.

Quest’ultima umiliazione si aggiungerà al risentimento sempre più forte che dà forza agli scioperi generali e alla sporadica violenza nelle strade del paese. Georgios Karatzaferis, dirigente del partito LAOS (che si è già detto contrario ai tagli supplementari) ha sollecitato gli altri paesi nell'Unione europea a sfidare quello che lui descrive come il dominio della Germania dell'unione.

"Possiamo uscirne senza le prepotenze dei tedeschi", ha detto Karatzaferis in una conferenza stampa dopo l'annuncio: "Come tutti i greci, sono molto irritato […] per questa umiliazione. Hanno rubato il nostro orgoglio. Non lo posso tollerare. Non lo posso permettere, dovessi morire di fame." ("Greek coalition party to oppose austerity measures)

La Grecia ha già resistito a cinque anni consecutivi di contrazione economica senza segnali di miglioramento. La disoccupazione è al nuovo massimo del 20,9 per cento, il rapporto tra debito e PIL aumenta e i capitali continuano a fuggire dal paese.

Tutti i cosiddetti “salvataggi" della troika sono andati a vuoto. Il paese rimane in una crisi semi-permanente provocata dalle misure di austerità. La Grecia è al centro di una depressione causata dalla politica.

Giovedì i tre leader greci della coalizione di governo hanno acconsentito ad accettare tagli ancora più netti alla spesa pubblica per ottenere l’approvazione per i 130 miliardi di salvataggio. Le nuove misure di austerità sono un attacco diretto ai lavoratori e ai pensionati.

Come riportato da Athens News, è "la svalutazione più violenta degli stipendi in tempo di pace." Le disposizioni prevedono "un taglio del 22 per cento al salario minimo, nuove limitazioni alla contrattazione collettiva, forti tagli all’assicurazione sociale ed una riduzione del 22-40 per cento del salario e dei bonus reali.

Inoltre, verranno licenziati 150.000 lavoratori pubblici e ci saranno 400 milioni di euro di tagli nella spesa pubblica. La rete di sicurezza sociale è distrutta, mentre le banche stanno rastrellando miliardi con il carry trade, l’acquisto di titoli ad alto rendimento con soldi che presi a prestito dalla BCE.

Questo mentre ai lavoratori e ai pensionati viene chiesto di farsi carico di un peso sproporzionato per la crisi provocata dalle élite finanziarie e dai lacchè della politica.

La Troika vuole che la Grecia riduca il salario minimo a 600 euro al mese (il livello di povertà) e che abolisca le ferie. Stanno anche chiedendo che le seconde pensioni vengano tagliate del 35 per cento.

La stessa guerra ai lavoratori viene intrapresa in ogni paese colpito dalla crisi. Gli agenti della grande finanza hanno sostituito i dirigenti democraticamente eletti in Grecia e Italia, e hanno lanciato un assalto in piena regola al lavoro organizzato.

Ecco è un estratto da un articolo di Peter Schwarz intitolato "Il saccheggio della classe operaia greca":

I propositi dell'aristocrazia finanziaria nei confronti della Grecia sono quelli che si propongono anche per l'intera Europa. Si sta realizzando una controrivoluzione sociale che solo alcuni anni addietro era inconcepibile. Larghe fette della popolazione sono condannate alla povertà, alla disoccupazione, alla malattia e alla morte per garantire il profitto richiesto dall'aristocrazia finanziaria internazionale." ("The looting of the Greek working class", World Socialist Web Site)

Alla Grecia viene inoltre chiesto di cedere la propria sovranità consentendo a un commissario dell’UE di sorvegliare la spesa pubblica. Il nuovo commissario farà in modo che le nuove entrate fiscali verranno destinate a rimborsare innanzitutto gli investitori stranieri prima di destinare fondi per i servizi sociali di base.

In caso di emergenza nazionale, i prestatori e gli obbligazionisti verranno pagati prima che vengano elargiti i fondi stanziati per aiutare le vittime del disastro. Questa è la "grande integrazione dell’eurozona".

Le grandi riforme strutturali e le privatizzazioni della Grecia dovrebbero "aumentare la competitività e la crescita" e "portare il deficit fiscale in una posizione sostenibile", ma, chiaramente, è solo un’albagia.

L'economia greca è ora in condizione peggiori rispetto a due anni fa quando sono iniziati i salvataggi. E, come nota Der Speigel, l'ultimo pacchetto di salvataggio non "salverà il paese, posticiperà solamente l’insolvenza greca, e servirà solamente a creare nuovi problemi alla popolazione".

Ancora dallo stesso articolo:

"Se il paese vuole ridurre a lungo termine l’ammontare del debito e, a un certo punto, poter prendere ancora a prestito sui mercati del capitale, ha bisogno di un haircut sostanziale. […]

Naturalmente le cose non si fermano qui. Gli stati dell’eurozona dovrebbero costruire anche una struttura di contenimento più forte per i paesi in crisi, allo scopo di prevenire il contagio. Dovrebbero aiutare le banche che hanno problemi in conseguenza della riduzione del debito. E dovrebbero offrire alla Grecia una vera opportunità per restare in piedi e iniziare a rescere da sola: in altre parole, una sorta di Piano Marshall." ("It’s Time To End the Greek Rescue Farce", Spiegel Online)

Ma i politici dell’UE e i banchieri centrali non vogliono "un forte haircut sul debito", perché hanno paura che le scommesse speculative delle istituzioni finanziarie (CDS e titoli sovrani) possano provocare perdite tali da far crollare il sistema bancario.

Per questo, hanno collocato i propri rappresentanti nelle posizioni di potere per rastrellare la massima ricchezza possibile dai lavoratori senza dover arrivare a un default. Fa tutto parte del calcolo.

Venticinque dei ventisette paesi dell'UE hanno anche accettato un provvedimento di bilancio che limiterà le possibilità per i parlamenti nazionali di elaborare politiche fiscali anti-cicliche o di ridurre l’elevata disoccupazione aumentando il deficit.

I cosiddetti "freni al debito" – fortemente sostenuti dalla cancelliera tedesca Angela Merkel – porteranno a ulteriori tagli alla spesa sociale e al welfare e, allo stesso tempo, spianeranno la strada per recessioni più profonde e prolungate.

Nel frattempo, le banche godono di uno standard completamente differente rispetto ai membri dell’eurozona. Alle banche che non sono in grado di procurarsi i fondi sui mercati del capitale (perché nessuno ha la minima fiducia per i loro bilanci) vengono affidati prestiti "illimitati" su collaterali che non verrebbero accettati neppure al mercato delle pulci.

Quando le banche si sono fiondate nelle tasche della BCE per prendersi 489 miliardi di euro alla fine di dicembre, non gli è stato chiesto di ridurre il personale, di tagliare l’assistenza sanitaria o le pensioni, o di nominare uno zar al bilancio per controllare come vengano spesi i soldi.

Gli è stata data carta bianca, anche se i soldi che hanno preso in prestito non sono stati impiegati per concedere crediti ai consumatori e alle aziende (come era stato ipotizzato) e anche se i prestiti sono solo serviti a nascondere le enormi perdite delle loro obbligazioni tossiche.

Questo è il modo in cui la BCE perpetua l'illusione della "solvibilità" nell'eurozona. È una frode.

Quindi, perché la Grecia deve prostrarsi per un prestito da 130 miliardi di dollari quando le banche possono schioccare le dita e ottenere soldi a volontà? E perché il FMI ha una politica per l’Europa e un'altra per la Cina? Un estratto dal Wall Street Journal:

“La Cina dovrebbe essere preparata a incentivare in modo sostenuto l’economia se la crescita europea dovesse precipitare più del previsto”, ha detto il FMI, aggiungendo alle proprie aspettative che Pechino dovrebbe iniziare a spendere se le condizioni dovessero peggiorare in modo significativo.

Nel suo report sulle prospettive della Cina pubblicato lunedì, il FMI ha esortato la Cina a realizzare un deficit del 2% del PIL invece di ridurre il passivo come pianificato in precedenza, vista l'incertezza nell'economia globale.

Se i problemi dell'Europa dovessero essere peggiori di quanto prospettato, la Cina dovrebbe premere sull’acceleratore fiscale. In quel caso, “la Cina potrebbe rispondere con un significativo pacchetto fiscale di circa il 3% del PIL”, ha detto il FMI.

Comunque, il FMI ha avvisato che Pechino dovrebbe introdurre uno stimolo fresco attraverso il suo bilancio e non tramite il sistema bancario. Nel 2008 la Cina utilizzò un pacchetto di stimolo pari a quattro trilioni di yuan (circa 635 miliardi di dollari) per alleggerire l'impatto della crisi finanziaria, in gran parte tramite i prestiti bancari." ("IMF Urges Beijing to Prepare Stimulus", Wall Street Journal)

Quindi, sangue, sudore e lacrime per Grecia, Portogallo, Spagna, Italia e Irlanda, ma si propongono generosi stimoli fiscali per la Cina? Perché? E notate COME il FMI ha stabilito che debba realizzarsi lo stimolo della Cina – NON attraverso il sistema bancario" (lo stimolo monetario alla Helicopter Ben), ma alla vecchia maniera; uno stimolo fiscale keynesiano iniettato dalla pompa sanguigna del bilancio.

Ma tutto questo non dimostra che i decisori della Troika sanno che tutte queste patacche dell’austerità solo sono cose assurde?



Le sofferenze dei greci in nome delle banche
di Marco Onado - Il Fatto Quotidiano - 12 Febbraio 2012

La Grecia è in ginocchio: dopo tre anni di terapia intensiva per curare l’eccesso di debito pubblico, il reddito nazionale è crollato del 12 per cento, la disoccupazione ha superato il 20, la protesta dilaga e il governo di coalizione è in pezzi. Eppure, l’Europa non è soddisfatta e chiede ulteriore rigore.

I tempi stringono: i 130 miliardi della rata di prestito concesso dal Fondo monetario e dalle istituzioni europee sono indispensabili per le necessità correnti e soprattutto per pagare gli interessi in scadenza la settimana prossima (15 miliardi).

Il Parlamento greco dovrebbe votare questa sera le nuove misure imposte dai creditori. E’ probabile che alla fine Papademos ottenga i voti necessari, ma non per questo la situazione sarà risolta.

Il fatto è che il problema fondamentale, quello dell’insolvenza dello Stato greco, continua ad essere affrontato in modo improprio e questo soprattutto per proteggere gli interessi delle banche internazionali e delle stesse banche centrali, Bce in testa.

Il debito greco, che ha superato il 170 per cento del Pil (era il 106 cinque anni fa), non può essere ragionevolmente rimborsato e dunque i creditori devono accettare un taglio. Ma per compiere questo apparentemente ragionevole passo si sono costruiti non uno, ma tre pasticci.

Primo: la misura del taglio, quindi delle perdite sopportate dai creditori. Per non far troppo male alle banche, si sono concordate riduzioni nettamente inferiori a quanto la realtà avrebbe dovuto imporre: un micragnoso 21 per cento a luglio, 50 per cento a novembre e ovviamente nessuna di quelle proposte è andata in porto. Oggi si discute se arrivare al 70 per cento, ma l’accordo non arriva.

Secondo pasticcio: per non creare problemi alla Bce e agli altri organismi pubblici che detengono titoli greci, l’accordo deve riguardare solo il settore privato, cioè le banche.

Terzo pasticcio: sempre per evitare ulteriori problemi alle banche, il taglio viene spacciato come un accordo volontario, che non fa scattare l’assicurazione sul rischio di credito sottoscritto attraverso derivati chiamati credit default swap.

Un capolavoro di ipocrisia, dietro cui si celano tutti i problemi della finanza di oggi e che è motivato dal fatto che il mercato dei Cds è cresciuto, sotto l’occhio sonnacchioso dei regolatori, al di fuori di ogni controllo, tanto che nessuno è in grado di sapere chi dovrebbe pagare quanto a chi nel caso la Grecia cadesse in un default conclamato.

Nel dubbio, si preferisce non far scattare la protezione assicurativa e così le banche che hanno venduto l’assicurazione, cioè hanno incassato il premio, si tengono i soldi mentre quelle che l’hanno comprata possono utilizzare il contratto per l’uso che tutti immaginano. Chi ha avuto, ha avuto e amici come prima.

Meglio così, del resto, che mettere in moto una reazione a catena forse inarrestabile, tanto più che le banche hanno svalutato in bilancio i loro crediti verso la Grecia e dunque l’operazione etichettata come “volontaria” non comporta ulteriori salassi per il bilancio.

Nel frattempo, le banche centrali, e la Bce in particolare, stanno inondando di liquidità il mercato e dunque consentono alle banche facili profitti: chi osa mettere in discussione gli interessi della gallina dalle uova d’oro?

Ma chi ha comprato Cds, se solo avesse interesse a porsi al di fuori del sistema, avrebbe tutte le ragioni per considerarsi come quello che ha perso nell’incendio due terzi della casa e si sentisse dire che l’assicurazione non copre i danni perché la definizione che dà delle macerie fumanti non è esattamente quella dell’incendio.

Nessuno si sogna di dire che quanto sta succedendo è la dimostrazione lampante del fatto che il mercato dei Cds, come molti altri settori dei derivati, non solo è inefficiente, opaco e al di fuori di ogni controllo, ma soprattutto che è la dimostrazione di come le soluzioni della crisi dipendano sempre più non da considerazioni reali sull’economia dei Paesi e sulla loro capacità effettiva di sopportare i costi dell’aggiustamento, ma dalle esigenze del mondo della finanza.

Tutte queste considerazioni non fanno parte della real politik che guida le scelte del Fondo monetario e delle istituzioni europee nei confronti della Grecia. Spetta a Papademos che – guarda caso – fino a ieri sedeva nel consiglio direttivo della Bce, assicurare il consenso interno.

Ma come dimostrano le cronache di questi giorni, non è detto che questa nuova tornata di sacrifici, ammesso che ottenga i voti in Parlamento, venga accettata da una popolazione sempre più esasperata.

Se così fosse, si apriranno due scenari molto inquietanti, che sono stati finora accuratamente nascosti sotto il tappeto. O un default conclamato che coinvolga tutti i creditori e non solo quelli privati, oppure una soluzione ancora più traumatica che associ il default all’uscita della Grecia dall’euro e forse anche dall’Unione europea.

Scenari apocalittici, ma che diventeranno di drammatica attualità nei prossimi giorni.


La Germania vuole imporre alla Grecia una pace cartaginese
di Ambrose Evans-Pritchard - www.telegraph.co.uk - 12 Febbraio 2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

L’ultima volta che Germania necessitò di un salvataggio da parte dei creditori mondiali, riuscì ad assicurarsi condizioni migliori di quelle che hanno devastato la Grecia nella scorsa settimana

Nel 1953 Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Francia, Grecia e gli altri firmatari del London Debt Agreement garantirono al Cancelliere Konrad Adenauer una riduzione del 50% su tutto il debito tedesco, che corrispondeva al 70% di alleggerimento per le scadenze lontane. Ci fu una moratoria quinquennale per i pagamenti degli interessi.

Lo scopo evidente era quello di fornirle ossigeno per ricostruire l’economia, e aiutarla a tenere la posizione contro l’avanzata sovietica. Questo forte condono del debito provocò un bruciore di stomaco agli inglesi, allora in condizioni finanziarie pessime, costringendoli ad andare a Washington col berretto in mano per chiedere un prestito. I greci avrebbero dovuto fare a meno delle riparazioni di guerra.

Ancora una volta prevalse la saggezza politica. I ministri delle finanze decisero di trascurare le origini morali di quel debito e l'azzardo morale di una "ricompensa" concessa a un paese che aveva tanto disturbato l'ordine europeo.

Il Wirtschaftswunder portò il peso del debito tedesco a livelli modesti nell’arco di un decennio. La Germania diventò una vibrante democrazia e un pilastro del sistema di sicurezza occidentale.

La Grecia ha una minore importanza strategica, e deve quindi accettare condizioni più severe.

L’accordo dell’UE dovrebbe in limitare il debito pubblico greco al 120% del PIL nel 2020 dopo otto anni di politiche rigoriste e depressione, se tutto andrà per il verso giusto.

Siccome nulla è andato secondo i piani da quando, diciotto mesi fa, le politiche di austerity dell'Europa hanno iniziato a somministrare una terapia shock, anche questa convinta promessa sembra troppo piena di speranza.

In base al piano originale della Troika UE-FMI l'economia greca si sarebbe dovuta contrarre del 3% nel 2011. Invece è calata del 6% e ora sta entrando in quella che il FMI teme essere "una spirale di austerità fiscale, calo dei redditi disponibili, e sentimento depresso.”

La produzione manifatturiera è calata del 15,5% a dicembre. L'aggregato monetario M3 è crollato al ritmo del 15,9%. A novembre la disoccupazione è salita al 20,9% dal 18,2 del mese precedente, ed già è sopra la previsione peggiore ipotizzata dalla Troika.

Dall’estate sono fallite circa 60.000 piccole imprese e aziende familiari, la ragione principale perché cui le entrate dell’IVA sono scese del 18,7% a gennaio. La violenza della crisi sta schiacciando gli effetti del taglio alle spese. Un enorme sforzo di Sisifo per un risultato così piccolo.

Si può argomentare che la Grecia abbia tergiversato con le richieste dell’UE-FMI, anche se il FMI ha usato una certa attenzione nel dirlo, alternando critiche a elogi nell’ultimo rapporto.

Ma, come ha detto il professore Vanis Varoufakis dell'Università di Atene: "Se avessimo meglio implementato le misure, le cose andrebbero anche peggio: l'economia sarebbe comatosa e il rapporto tra debito e PIL ancora più esplosivo."

Quindi, come la Germania che nel 1919 accettò le condizioni della Pace cartaginese con una pistola alla tempia, la Grecia ha firmato "un'approvazione non sincera di condizioni impossibili" – prendendo in prestito da Keynes - sperando che il buon senso prevalga col passare del tempo.

In base all’ultimo accordo, la Grecia dovrà tagliare 150.000 posti di lavoro nel pubblico impiego e la politica fiscale dovrà prelevare un altro 1,5% del PIL in aggiunta alla stretta fiscale già in opera.

Ci sono in bilico altri 50.00 negozi e piccole imprese che potrebbero sparire nei prossimi sei mesi", ha detto il professor Varoufakis.

Il Primo Ministro Lucas Papademos ha fatto appello all’unità nazionale nella fine settimana. "Ci manca pochissimo per arrivare alla catastrofe. Un default disordinato porterebbe il paese in una situazione disastrosa. Il tenore di vita subirà un crollo e provocherà prima o poi un'uscita dall'euro."

Bene, ma forse anche rimanere nell’UEM è un'avventura disastrosa, e il tenore di vita crollerà sicuramente, e questo è il motivo per cui non fa alcuna differenza se il parlamento greco appoggerà o meno l'ultimo accordo (scrivo prima di sapere l’esito del voto di domenica).

La politica non può stare al di sopra del consenso democratico troppo a lungo. Il PASOK, una volta dominante, è crollato all’8% nei sondaggi. I favori stanno andando all’estrema sinistra e all’estrema destra, proprio come nella Germania di Weimar sotto la deflazione di Bruning.

Il prossimo parlamento greco sarà pieno di mangiatori di fuoco "anti-Memorandum", e un qualsiasi tentativo per impedire le elezioni da parte delle élite greche porterà le proteste di strada verso la rivoluzione.

Un segno dei tempi è arrivato dalla federazione greca dei sindacati di polizia, che ha richiesto l'arresto dei funzionari della Troika per gli attacchi “alla democrazia e alla sovranità nazionale".

È chiaro che il ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schäuble voglia espellere la Grecia dall'euro, ritenendo che ora Euroland sia abbastanza forte per resistere al contagio e che il “bazooka di Draghi” della Banca Centrale Europea abbia eliminato il rischio di un collasso finanziario.

"Non possiamo continuare a versare miliardi in un buco senza fondo", ha detto venerdì.

Poco prima era stato ripreso da una telecamera mentre parlava col collega portoghese, dicendogli che Lisbona potrà attendersi condizioni più morbide per il pacchetto di salvataggio solo dopo che l'Europa avrà trattato con durezza la Grecia per soddisfare l’opinione pubblica tedesca.

Un qualsiasi ritardo della Grecia verrà preso come pretesto per ritirare i prestiti dell’UE.

Si può dire con certezza che la Grecia non ha alcuna speranza di rivitalizzarsi all'interno di unione monetaria e per questo dovrebbe tornare alla Dracma.

Mentre l'Irlanda ha realizzato una "svalutazione interna" all’interno dell’UEM sgonfiando i salari, ha un'economia aperta, un’alta frequenza degli scambi e un'eccedenza nelle partite correnti, la Grecia ha un deficit del 9,4% del PIL dopo quattro anni di discesa. Il "tasso reale di cambio” è sopravvalutato del 33% in base ai dati del FMI.

Ma di questo il signor Schäuble non fa parola. Da cardinale della "household fallacy" – la falsa equazione di macroeconomia col bilancio di una Schwabian Hausfrau -, pensa che la Grecia sia nei guai perché spende troppo, non perché è intrappolata in una deflazione del debito con una valuta sopravvalutata.

Da qui arriva un errore ulteriore, pensando che Portogallo, Spagna e Italia possano riuscire a riprendersi grazie ai tagli, ai tagli, e ancora ai tagli.

Se il Portogallo dovesse fare la fine della Grecia quando ancora una volta l’austerità mostrerà i denti – fallendo obiettivo dopo obiettivo - è probabile che il signor Schäuble si rivolga al Portogallo con una furia analoga, perché è così che vede il mondo.

Ogni fallimento viene attribuito all’assenza di fibra morale, non alle mancanze dei un progetto valutario che lui stesso ha contribuito a creare e ad affibbiare ai tedeschi contro la loro volontà.

L’ipotesi che le ricadute dell’UEM dovute all’uscita greca - o "Grexit" nel gergo di mercato – potranno essere contenute da strutture di contenimento e da una maggiore austerità fiscale considerando che la Grecia sia un caso speciale, ci porta solo più vicino alla depravazione.

Se pensate, come penso io, che la Grecia ha davvero commesso una sfilza di peccati, ma che è anche la prima vittima di un esperimento ideologico che ha mischiato economie con differenti tassi di crescita, sistemi di contrattazione salariale, modelli di produttività, sensibilità per i tassi di interesse e inclinazioni verso l’inflazione – in assenza di trasferimenti fiscali o di una sufficiente mobilità del lavoro per ammorbidire gli effetti - e che questo disastro è stato provocato dalla riduzione degli stipendi in Germania, il tutto combinato a una forte stretta monetaria e una contrazione fiscale applicate al momento sbagliato negli stati più a rischio, allora vi aspettavate crisi indipendentemente da quello che succede in Grecia.

La fine della partita dell’UEM sta tormentando la Grecia, ma sarà orribile anche per la Germania. Berlino ha accumulato passività rovinose senza risolvere niente, e sta rapidamente dissipando sessant’anni di buon governo diligente.

Con la richiesta di un viceré per il bilancio in Grecia, e ora di un conto di garanzia per intercettare le entrate fiscali greche alla fonte, il governo di Merkel-Schäuble ha attraversato la linea della diplomazia e ha brutalizzato la politica dell’UE. "Memorandum Macht Frei", come suggerito da un giornale greco.

Konrad Adenauer avrebbero mai fatto una simile castroneria?



Ma se tu fossi greco cosa faresti?
di Marcello Foa - http://blog.ilgiornale.it - 12 Febbraio 2012

Non posso sapere, stando in Italia, da chi è composta la folla che ha preso d’assalto il centro di Atene. Avendo seguito tanti avvenimenti internazionali, ho imparato a non fidarmi delle versioni ufficiali, perlomeno non senza aver verificato e indagato.

Sono davvero black bloc i giovani che sfidano la polizia, come titolano la maggior parte dei siti italiani? Non lo so, però la folla è troppo grande per essere composta solo da teppisti.

Quella di queste ore non è la rivolta di un gruppo di estremisti, ma la ribellione condivisa, con il cuore e con la mente, dalla maggior parte dei greci. Di destra, di sinistra, apolitici.

In queste ore sta esplodendo l’esasperazione di un popolo che vede di fronte a sè un abisso di povertà senza nessuna prospettiva di rinascita. Per pagare i debiti dovranno vivere in povertà per decenni.

Non si fidano dell’Europa, del Fondo monetario internazionale, della Bce, della Banca Mondiale. I greci hanno dovuto subire per secoli l’occupazione ottomana e ora sono consapevoli che li attende un’altra occupazione che, sebbene non militare, è altrettanto cruenta e usurpatrice.

Ho l’impressione che a scendere in piazza non siano pochi giovani fanatici, ma un popolo intero, che per sua natura non è violento ma non vuole cedere ad altri il proprio destino. Il segnale è forte, per molti versi preoccupante anche se non sorprendente.

Mi chiedo, anzi, vi chiedo: se foste greci voi cosa fareste?

E poi: Toccherà anche all’Italia?



L'Italia non è la Grecia
di Franci Berardi "Bifo" - Facebook - 12 Febbraio 2012

Non posso dire quel che penso del Presidente della repubblica italiana perché a causa di una legge idiota e liberticida finirei in galera. Chi volesse capire questo vecchio stalinista convertito al totalitarismo della finanza può leggere il libro di Ermanno Rea Mistero Napolitano in cui si racconta il suicidio di una donna comunista e libertaria di nome Francesca Spada.

Quello che non potevo prevedere è che questo signore, al quale è sembrato del tutto normale firmare le leggi di mafia che hanno distrutto il sistema comunicativo e il sistema scolastico italiano, adottasse il linguaggio e la forma mentis del razzismo italiota.

Spezzeremo le reni alla Grecia promise un tizio cui nel 1922 un re d’Italia aveva consegnato le chiavi del potere assoluto. Napolitano più modestamente si limita a far notare che l’Italia non è la Grecia. Grazie presidente, era quello che volevamo sentirci dire.

Che l’Italia non sia la Grecia comincio a sospettarlo anche io. Il popolo greco ha il coraggio di rispondere con il fuoco alla violenza finanziaria mentre il popolo italiano per il momento sembra completamente rimbecillito dalla sensazione che il governo Monti sia diverso e migliore di quello che l’ha preceduto mentre ne è solo la continuazione più efficiente e criminale.

La società greca è stata sottoposta alla cura della banca europea a partire dalla primavera del 2010. Nell’arco di un anno e mezzo il prodotto interno lordo è crollato del 7,2%.

A quel punto la dittatura finanziaria ha ritenuto di dover mandare all’inferno il presidente eletto dai greci, Papandreou, perché si era permesso di proporre un referendum per restituire al popolo il diritto di decidere sul proprio destino.

La democrazia è stata così cancellata nel paese in cui duemilacinquecento anni fa era stata dapprima concepita. Così la cura europea è proseguita e ora l’economia è definitivamente collassata, ma i criminali della banca centrale non smettono di chiedere sangue: centocinquantamila licenziamenti nel settore pubblico (come se non bastassero quelli che già sono stati eseguiti) e riduzione del venti per cento dei salari e delle pensioni.

I lavoratori e gli studenti greci questa volta sembrano determinati a fermare il massacro. Forse stanno imparando dai rivoltosi egiziani e siriani che se proprio bisogna morire allora è meglio farlo con la testa alta.

In Italia la cura greca è soltanto ai suoi inizi. Adesso il consulente della Goldmann Sachs va in giro per il mondo promettendo ai suoi padroni che nei prossimi mesi i diritti del lavoro saranno definitivamente cancellati.

Siamo già molto avanti su questa strada, e fra qualche mese la cura greca farà i suoi effetti anche in Italia. Il crollo ormai annunciato della produzione e del consumo renderà necessari nuovi tagli e così via all’infinito, fin quando rimarrà qualcosa da rapinare.

La Grecia è in fiamme. Perché in Italia non sperimentiamo una nuova forma di azione, che magari consista nell’inazione, nel rifiuto di partecipare di collaborare di contribuire? Perché non proviamo a organizzare il Do Nothing Day che una ragazza greca, Alexandra Odette Kypriotaki (*), ha proposto dopo aver constatato che il popolo greco con l’azione e la mobilitazione non è riuscito a difendere nulla?


*Oltre dieci scioperi generali in Grecia non hanno ottenuto alcun risultato. Alexandra Odette Kypriotaki ha partecipato alle mobilitazioni del 2008 poi se ne è andata a Londra con questa domanda nella testa. Nel mio paese non si trova più lavoro neppure come cameriera, mi ha raccontato, quando l' ho incontrata al convegno internazionale KAFCA di Barcellona.

Il suo intervento mi è sembrato provocatorio e suggestivo. “né lottare né scontrarsi ma disertare. Non rivendicare non chiedere ma dispiegare qui e ora nel mondo ciò che vogliamo vivere. Non agire non mobilitarsi ma lasciarsi andare all’abbandono di ogni aspettativa. Trasformare in forza la nostra debolezza.

Il capitalismo ci chiede una disponibilità continua al desiderio, al contatto alla produzione. Un tempo permanentemente occupato, sotto pressione alla ricerca di risultati che si fanno sempre più difficili da ottenere.

L’obbligo di essere contenti ottimisti e positivi. Dobbiamo proiettare l’immagine di quello che sappiamo che tutto va bene che teniamo tutto sotto controllo siamo forti. Ma l’attivismo politico non rischia di chiederci spesso la stessa cosa?

Lotte risultati la risposta pronta fuori i timidi e i dubbiosi. Perché non formare un esercito di deboli, torpidi ignoranti?

La consegna: siamo depressi, e allora? Il programma: non so. Lo sciopero è il non fare nulla di nulla, Do nothing day, un mercoledì poi anche il giovedi e cosi via. Come canta Nacho Vegas il 15M spagnolo ha cambiato il significato di alcuni verbi come il verbo: sfruttare.

Un amico mi ha spiegato qualche tempo fa che la cosa forte delle piazze occupate era la scoperta collettiva del fatto che il lusso vero non ha a che fare con il consumo ma con un altro modo di vivere il tempo, con l’esperienza di fare molto con molto poco, l’incontro con altri coi quali non ti saresti mai incontrato, le nuove amicizie.

La ricchezza autentica è quella che ci diamo l’un l’altro quella che circola e non si possiede.


Amici greci, sono solo fantasmi
di Paolo Barnard - www.paolobarnard.info - 12 Febbraio 2012

Lo dico da anni. La fine del ventesimo secolo ha visto la nascita di un modo osceno di dominare le masse, si chiama ‘la politica della paura’. Cioè, le masse vengono costantemente distratte dall’impegno nella lotta per i loro diritti da fantasmi tanto terrifici quanto inesistenti e/o inconsistenti: il pericolo rosso (gli USA di Nixon sapevano benissimo che l’URSS era alla bancarotta sia finanziaria che militare); l’Islam radicale, la Sars, la mucca pazza, l’Aviaria, il debito pubblico, il deficit, l’inflazione. E le masse ci cascano, ci caschiamo, perché siamo noi le masse.

La ‘politica della paura’ in queste ore sta costringendo un intero popolo, i greci, a regredire al medioevo, nei redditi, nei diritti, nella dignità.

Eppure, credetemi fratelli di Grecia, basterebbe che vi rendeste conto che sono solo fantasmi, lo sono la UE, il FMI, la BCE, i cori di quei porci che di mestiere fanno i giornalisti del Sistema. Sono solo fantasmi, e non dovete fare altro che aprire gli occhi e scacciarli con la mano.

Infatti, come ha mirabilmente scritto l’economista Marshall Auerback qui Greece and the Rape by the Rentiers, tutto quello che serve a voi ellenici è di “ritrovare una dose di rispetto per voi stessi, dire alla Troika (UE, FMI, BCE) di levarsi dai piedi, e uscire dall’Eurozona”.

E veramente è tutto qui, veramente non è più complicato né più drammatico di così. Incredibile eh? Eppure vi hanno convinti che siete sull’orlo del baratro che porta all’inferno.

Non è vero, fate quello che vi suggerisce Auerback, adottate la Modern Money Theory (MMT) come politica economica di piena occupazione e pieno Stato sociale e studiatevi il caso argentino. Loro, gli argentini, alla fine hanno costretto l’altro mostro, gli USA, a scoprire le carte.

E sapete cosa c’era in quelle carte? Un fantasma, una bolla di borotalco che faceva solo Buuuuuuuuhhhh! L’Argentina “ha ritrovato una dose di rispetto per se stessa, ha detto agli USA di levarsi dai piedi, e se n’è uscita dall’unione monetaria col dollaro”.

Poi ha adottato la MMT al governo. Puff, e il fantasma se n’è andato. Dopo tre anni dal default, l’Argentina preoccupava la Cina per la sua crescita economica sorprendente. A voi accadrebbe la stessa cosa, e sarebbe la Germania a preoccuparsi per la vostra crescita.

Se qualcuno di voi, greci, mi sta leggendo, vi dico questo: poche chiacchiere, Barnard non le spara grosse, venite al Summit MMT in Italia il 24-26 di Febbraio a chiedere ad Auerback e ai suoi colleghi accademici se tutto questo è vero (http://www.democraziammt.info/).

Vi prego fatelo, perché a causa di un fantasma che vi dice che siete sull’orlo del baratro che porta all’inferno, voi rischiate di arrivarci davvero all’inferno. E tutto per un fantasma.