martedì 10 gennaio 2012

Update italiota

Un aggiornamento sulla situazione italiota in questo scorcio iniziale di 2012...



Memoria Cortina
di Marco Travaglio - Il Fatto Quotidiano - 8 Gennaio 2012

Nei paesi seri non c’è bisogno di spiegare la differenza fra guardie e ladri, perché nessuno (a parte i ladri) difende i ladri.

Invece nel Paese di Sottosopra, come lo chiamava Bocca, sgovernato per nove anni su 17 da un noto evasore che giustificava l’evasione, il direttore dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera deve discolparsi dall’accusa di leso Caimano per aver dichiarato “se si dice che evadere è giusto non siamo un paese civile”.

E Monti fa notizia perché rammenta quella che in un altro paese sarebbe un’ovvietà – sono gli evasori a “mettere le mani nelle tasche degli italiani” – e solidarizza con la Guardia di Finanza per i sacrosanti blitz a Cortina e a Portofino.

Intanto il primo partito della sua maggioranza solidarizza con gli evasori. Ma non potendolo dire esplicitamente (gli elettori sono nervosetti), si arrampica sugli specchi della logica per tener buoni sia gli evasori sia gli onesti. Quattro passi nell’ultimo delirio.

Fabrizio Cicchitto: “Si criminalizza un’intera città a scopi ideologici, politici e mediatici”. Anche se è Cicchitto, prendiamo sul serio le sue parole: quale sarà mai l’ideologia politica della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate, i cui vertici li ha nominati il governo B.? Bolscevichi in divisa grigia? Mistero.

Osvaldo Napoli/1: “Non è vero che il contribuente onesto non ha nulla da temere. Gli accertamenti con metodi polizieschi colpiscono a caso e nella rete finiscono spesso contribuenti onesti”. E come dovrebbero essere gli accertamenti di una forza di polizia, se non polizieschi? E come fa un contribuente onesto a finire nella rete degli evasori? Risposta: non pagando le tasse.

Napoli/2: “L’Italia non è un popolo di evasori. Non c’era bisogno di arrivare fino a Cortina, bastava scendere nel bar sotto casa per scovare l’evasore”. Lievissima contraddizione: se basta scendere nel bar sotto casa, allora siamo un popolo di evasori.

Napoli/3: “Se il fisco si toglie l’elmo e invece della sciabola impugna il pc e anziché invadere le strade di Cortina invita nei suoi uffici i contribuenti, la guerra all’evasione diventerebbe un accordo fra uno Stato vigile e dialogante e un contribuente meno reticente”. Ecco: si invita l’evasore in ufficio, gli si offre il tè coi pasticcini e si apre un dialogo per accordarsi: facciamo a mezzo?

Maurizio Lupi/1: “No a uno stato di polizia fiscale. Non va fatta di tutta l’erba un fascio, non siamo tutti evasori. Mi preoccupa la spettacolarizzazione mediatica, la repressione totale”.

Appunto: proprio perché non siamo tutti evasori, bisogna punire quelli che lo sono. La spettacolarizzazione mediatica fa parte della terapia: così l’evasore non ancora preso si spaventa e magari paga le tasse.

Si chiama deterrenza. Quanto allo “stato di polizia”, non facciamo ridere: in America gli evasori finiscono su due piedi in galera: qui rischiano massimo una multa. Infine: come dovrebbe essere la repressione, se non totale? Parziale? Prendi due evasori e ne punisci uno solo? O li punisci tutti e due, ma solo un po’?

Lupi/2: “Non c’era bisogno del blitz per sapere che c’è evasione” Infatti i blitz non si fanno per sapere se si evade, ma chi evade.

Daniela Santanchè/1: “Ora chi va a Cortina è marchiato come evasore”. Ma perché mai? Chi va a Cortina e non evade gode come un riccio nel vedere chi evade finalmente nei guai.

Santanchè/2: “A St. Moritz non ci sono forse evasori? Gli evasori stanno ovunque”. Giusto, ma St. Moritz è in Svizzera e dunque la Finanza non può andarci.

Santanchè/3: “Ora tutti andranno in vacanza a St. Moritz”. Vuol forse dire che “tutti” quelli che vanno a Cortina sono evasori? E perché mai dovrebbero trasferirsi a St. Moritz, visto che con gli evasori la Svizzera è molto più severa dell’Italia?

Ps. Ieri il Suv della Santanchè è stato inopinatamente multato per divieto di sosta a Courmayeur. Un altro duro colpo all’economia del Paese. Ora tutti i Suv andranno in vacanza a St. Moritz.


Il bufalo e la locomotiva. Per una strategia dell'insolvenza sociale
di Franco Berardi Bifo - www.facebook.com - 6 Gennaio 2012

Qualche giorno fa ho letto su un giornale questa dichiarazione di Nichi Vendola:
“IL PD ha dimostrato una grande generosità sostenendo Monti, ma in ogni caso noi non romperemo per questo con Bersani perché la cosa più importante è la prospettiva. Noi non siamo il governo, vogliamo chiudere il berlusconismo con una svolta a sinistra. Monti faccia la sua opera, nel tempo più breve possibile e poi la parola passi alla democrazia.”

Chissà se Nichi Vendola può rendersi conto della bestialità che gli è uscita di bocca. Qui provo ad aiutarlo nella riflessione.

Cosa significa la frase: Monti faccia la sua opera?

Traducendo in italiano Vendola ha detto: che Monti si sbrighi a distruggere la vita di milioni di pensionati, lavoratori, insegnanti, studenti, migranti, si sbrighi a spostare un’enorme quantità di risorse dalla società alle casse del ceto finanziario predone, insomma si sbrighi a distruggere la vita civile e a creare le condizioni per un’ondata di rigetto anti-europeo razzista e nazionalista.

Poi si ritorni alla democrazia. Per farci cosa? Per decidere il colore con cui dipingere le macerie?

Non si può sospendere la democrazia quando si prendono decisioni importanti per poi riprenderne l’uso quando si tratta di gestirne gli effetti.

La democrazia è stata definitivamente eliminata dalla storia europea nel momento in cui il capo del governo greco, Papandreou, è stato dimissionato perché aveva osato proporre un referendum che sancisse le misure economiche che stanno distruggendo il tessuto civile del suo paese.

E’ stata definitivamente seppellita quando la Goldman Sachs ha delegato due suoi funzionari a occuparsi delle province greca e italiana.

Le manovre che Monti sta realizzando sono esattamente quelle che Berlusconi aveva promesso nelle sue lettere d’intenti, preparano una devastazione della società italiana, una recessione di lungo periodo e un conseguente aumento del debito che si pretende di voler sanare.

La manovra Monti è del tutto coerente con i processi di impoverimento e imbarbarimento della vita sociale, e la cancellazione dei diritti del lavoro.

La cacciata della FIOM, un sindacato che rappresenta un terzo dei lavoratori della FIAT, dal luogo di lavoro è il punto di arrivo dello smantellamento del diritto di organizzazione sindacale e politica che permette ai lavoratori di difendere i loro interessi e la loro vita.

Il padronato italiano, incapace di pensare una via d’uscita dal disastro che il liberismo ha provocato, sa immaginare solamente questo: spogliare la società di ogni difesa, sfruttarla ferocemente per permettere alla classe finanziaria di avere ancora qualcosa da rapinare.

Del resto Monti lo aveva detto, nel giorno in cui il suo governo si costituiva: la riforma Gelmini e la rivoluzione Marchionne sono le sue stelle polari.

E’ difficile pensare che la società possa produrre in tempo gli anticorpi per poter contrastare, fermare la devastazione. Mi pare che la trappola è ormai scattata.

L’ultimo vertice di Bruxelles ha sancito due cose: la prima ha carattere formale, è una costituzionalizzazione della sudditanza della società alla finanza.

Ogni paese europeo è chiamato a inserire urgentemente l’obbligo di pareggio di bilancio nelle Costituzioni nazionali. Una misura sistematicamente restrittiva che corrisponde alla filosofia dell’austerità permanente.

La seconda è la decisione di investire, attraverso un intervento della Banca Centrale Europea, un’ingente quantità di denaro pubblico nel ripianamento del debito accumulato dalle banche.

Senza nessuna contropartita, senza nessun impegno, il sistema bancario europeo gode così di una regalia immensa. Il dispositivo di impoverimento e imbarbarimento è ormai in azione, non esistono le condizioni politiche per smontarlo. Il problema è come reagirà la società europea.

“... tra bufalo e locomotiva la differenza salta agli occhi: la locomotiva ha la strada segnata, il bufalo può scartare ... “
(Francesco de Gregori)

Dal momento che la logica predatoria si installa in una sfera che non può essere né governata né contrastata dalla volontà politica, l’opposizione sociale appare incapace di contrastare efficacemente la predazione. In quali forme allora la resistenza potrà manifestarsi?

La strategia che sta emergendo spontaneamente – ma che andrebbe elaborata in maniera consapevole ed esplicita - è quella che punta a svuotare il potere della moneta, a far saltare i termini stessi dello scambio economico. E’ la strategia dell’insolvenza.

Non si tratta di intendere la parola dell’insolvenza come rifiuto degli stati nazionali a pagare il debito, come rivendicazione anti-europea o nazionalistica.

Non di insolvenza nazionale (default) dobbiamo parlare, ma di insolvenza sociale. Il default nazionale prima o poi avverrà non solo per la Grecia, ma per diversi paesi europei a catena.

Questa tendenza è facile da intravvedere nelle linee di svolgimento della crisi attuale. Depredato delle sue risorse che vengono dirottate verso il sistema bancario, ogni paese entra in una fase recessiva, le popolazioni producono meno e consumano meno.

Una conseguenza della recessione è naturalmente l’aumento (non la riduzione) del debito. Di conseguenza il default si fa inevitabile.

Quel che è già accaduto in Grecia, dopo la cura recessiva del 2010, si sta ripetendo in Italia in Spagna e presto anche in Francia. Ma il default nazionale non è la soluzione, è parte del problema.

Dobbiamo ragionare invece in termini di insolvenza sociale perché è l’intera società che deve rifiutarsi di riconoscere il vincolo monetario. Stampare denaro sarebbe la cosa migliore da fare, se ne fossimo capaci.

Ma sembra sia molto difficile stampare euro (l’euro è stato creato a prova di falsari, fino all’auspicata prova contraria), perciò le comunità debbono cominciare a creare spazi della vita quotidiana – della produzione, dei servizi, dei consumi – che non si sottomettano ( o si sottomettano sempre di meno) al dominio monetario.

Le banche del tempo sono un primo esperimento in questa direzione, ma altri, ben più efficaci, occorre inventarne. Batter moneta locale o creare web-money spendibile nella vita quotidiana. Sottrarre spazi crescenti dello scambio di merci e servizi al danaro ufficiale.

Creare servizi di comunità che funzionino secondo un principio interamente o parzialmente extra-monetario.

E anche, naturalmente, costruire azioni di appropriazione di massa, occupazioni di luoghi pubblici e privati, sabotaggio informatico dei programmi di controllo finanziario.

Dobbiamo ragionare sul lungo periodo, perché il secondo decennio del secolo sarà segnato da recessione e Finazismo, per cui si tratta di individuare linee di fuga che permettano la formazione e difesa delle zone autonome che emergeranno.

Insolvenza significa inoltre emancipazione dal vincolo semiotico che costringe l’intelligenza collettiva entro un paradigma che ormai funziona soltanto in maniera regressiva.

Dal collasso dell’Europa finanziaria può nascere un processo di autorganizzazione del general intellect a livello continentale, un processo di formazione delle condizioni politiche di quella forma post-capitalista della produzione sociale che il collasso del capitalismo finanziario ci chiede con urgenza di pensare.


L'Italia è diventata fascista?
da www.zerohedge.com - 6 Gennaio 2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Alessia

Nel mese di agosto di quest'anno, Russell Napier del gruppo finanziario CLSA ha scritto: "L’Italia fa paura - i rendimenti saliranno quando i governi sceglieranno di prendere soldi dai loro risparmiatori - ciò che Russell chiama IL GRANDE FURTO – Aspettatevi una fuga massiccia di capitali".

Eppure, mentre Russell commentandova la mossa di apertura italiana di repressione del capitale privato, tramite l’applicazione di una tassa sui redditi di capitale, ma non sugli utili del debito pubblico, la situazione è cambiata con tale velocità negli ultimi 5 mesi che la nascita del primo regime fascista dopo le crisi del 2008 probabilmente può ora essere associata con il nuovo governo Monti.



E mentre Doug Casey da consigli su come non restare fregati su queste pagine (www.zerohedge.com/news/doug-casey), potrebbe essere il momento per gli italiani di portare se stessi ed i loro capitali il più in fretta possibile fuori da Pizzaland.



Di seguito sono elencati gli ultimi sviluppi che sono arrivati a velocità straordinaria:

• La nomina a dicembre di un governo non eletto. Questo governo non ha alcuna responsabilità e non si sa nemmeno quanto durerà il suo mandato. Viene presentato come "tecnocratico", ma è in realtà è guidato da un professore universitario che si è distinto per: (i) essere stato a capo della Commissione Europea del Mercato Interno dove ha usato il potere dello Stato per porre restrizioni a Microsoft e ad altri gruppi aziendali perché stavano "diventando troppo grande per i loro stivali"; (ii) essere un buon amico di Romano Prodi, un altro professore universitario dell'Università di Bologna dal cuore comunista e ideatore dell’Euro (parleremo di più su di lui in seguito), (iii) un buon amico al soldo di Goldman Sachs nonchè amico di Mario Draghi, un altro pupazzo di Goldman che ha liquidato il governo di Berlusconi pochi giorni prima di prendere il timone della BCE, (iv) un fervente credente nella preminenza dello Stato sull'individuo;

• Prodi, l'architetto originario di questa catastrofe, fece questo famoso commento nel 2001, indicando che questa cricca di professori sta giocando un gioco davvero molto lungo nel tempo:

“Sono sicuro che l'euro ci obbligherà ad introdurre una nuova serie di strumenti di politica economica. Ciò è politicamente impossibile da proporre adesso. Ma un giorno ci sarà una crisi e nuovi strumenti saranno creati." -


Romano Prodi, presidente della Commissione europea, dicembre 2001


• Grazie alla sua amicizia con Monti e l'attuale governo, è ancora molto coinvolto proprio nelle decisioni su quello che questi nuovi strumenti potrebbero essere;

• Il passaggio di un editto straordinario che rende le operazioni di cassa superiori ai 1.000 euro illegali (non oggetto di segnalazione - semplicemente illegali). Seguendo un desiderio di Prodi, l'attuale regime ha affermato che questo livello sarà progressivamente ridotto al limite di Euro 300. Quindi il denaro contante forse per la prima volta nella storia non avrà più valore legale (almeno oltre i 1.000 euro, per ora);

• L’obbligo che le aziende di carte di credito segnalino tutte le operazioni effettuate dagli italiani, in Italia e all'estero, alle autorità fiscali;

• Ritardi e rifiuti da parte delle banche nel consentire ai clienti di ritirare saldi di cassa di un minimo di 10.000 euro;

• La Guardia di Finanza ha messo le telecamere ai confini fisici con la Svizzera (vedi sotto) per registrare tutte le targhe. In aggiunta, cani addestrati per riconoscere l’odore della carta moneta sono stati dispiegati al confine ( www.cdt.ch/ticino-e-regioni/.)

Quello che sta accadendo in Italia deve essere oggetto di attenta osservazione. Il paese che ha fatto conoscere al mondo il Fascismo nel 1930 è stato ampiamente ammirato anche da Franklin Delano Roosevelt, il quale aveva grande considerazione di Mussolini e si ispirò senza dubbio a lui in molte delle sue scelte politiche.

L'Italia apre ancora una volta la strada, quindi i politici sia europei che statunitensi osservano cosa in essa sta accadendo per vedere cosa possa comportare l’attuazione di politiche oppressive.



E mentre Russell Napier (correttamente) prevede che saranno imposti controlli sui capitali e ha suggerito di depositare i propri dollari a Singapore, gli italiani potrebbero sottrarsi a tutto ciò purchè lo facciano prima che l’attuale gruppo di Professori chiuda tutte le porte.

Le cose si muovono più velocemente perfino di quanto uno degli storici leader finanziari del mondo possa prevedere.


La mafia è il primo imprenditore del Paese
da E- il Mensile - 10 Gennaio 2012

La mafia sarebbe il “più grande agente economico del Paese, in grado di muovere un fatturato che si aggira intorno ai 140 miliardi di euro con un utile superiore ai cento miliardi”.

I dati sconcertanti emergono dal nuovo rapporto di Sos impresa, dal titolo “Le mani della criminalità sulle imprese”.

La criminalità organizzata ha a sua disposizione bar, ristoranti, alberghi, negozi: le sue attività commerciali costituiscono circa il sette percento del Pil nazionale.

Le imprese commerciali nel nostro Paese “subiscono 1300 reati al giorno, praticamente 50 ogni ora, quasi un reato al minuto”, ha detto Marco Venturi, presidente di Confesercenti, nel presentare l’indagine.

Secondo i dati raccolti, un quinto degli imprenditori è stato vittima di un qualche reato per mano della criminalità. “Mafia spa è la prima banca d’Italia, con 65 miliardi di euro di liquidità”, sottolinea il rapporto.

La Coldiretti ha inoltre messo in evidenza come proprio l’aumento dei prezzi dei prodotti agroalimentari sia una delle conseguenze della presenza della criminalità organizzata nel settore.

Il 5,6 percento del business criminale si concentra infatti in questo settore, con un volume di affari che ammonterebbe, secondo la Coldiretti, a 12,5 miliardi di euro. Per via delle infiltrazioni criminali, il prezzo di frutta e verdura arriva addirittura a triplicarsi dal campo alla tavola del consumatore.

In particolare, i costi lievitano per i trasporti, su cui intervengono le mafie. Una serie di strozzature si inserisce durante la filiera che porta la nostra frutta e verdura dall’impresa agricola al consumatore, gonfiandone i prezzi a dismisura.

Ciò sfavorisce l’agricoltore, sottopagato, e l’acquirente e determina un crollo degli acquisti che incide negativamente sul l’economia italiana, leader europea per qualità e quantità della produzione di ortofrutta.


Pronti i nuovi ammortizzatori sociali: i licenziati andranno a cena da mamma
di Alessandro Robecchi - www.alessandrorobecchi.it - 8 Gennaio 2012

Una straordinaria riforma del Welfare a costo zero: i nuovi disoccupati vittime della crisi potranno dormire sotto i ponti senza pagare l’Ici – Offerta dalla Camorra: “Assumiamo noi, ma con turni festivi e notturni, e senza pause” – Marchionne indignato: “Copioni!”

Servono urgentemente nuovi ammortizzatori sociali per far fronte alla crisi. Tutti d’accordo, dal Presidente della Repubblica, che ha lanciato l’accorato appello, ai sindacati. Già, ma come fare?

Le fabbriche di ammortizzatori contattate dal governo hanno subito declinato l’invito: “Se un lavoratore finisce col culo a terra non c’è ammortizzatore che tenga, come minimo rovina i semiassi e la coppa dell’olio”.

Solo la Fiat si è offerta di fornire agli italiani rimasti senza lavoro un nuovo ammortizzatore, quello della vecchia Panda: “Ai disoccupati che abbiamo creato noi – dice un dirigente del Lingotto – li montiamo di serie, gli altri potranno pagarli a rate”.

Ma non è solo alla meccanica che ci si rivolge per alleviare le situazioni critiche di tanti italiani spinti verso la soglia di povertà. Raffaele Bonanni, il capocomico della Cisl, ha avanzato ieri nuove soluzioni:

“Uno zio in Puglia da cui mandare i bambini è una buona soluzione – ha detto -. Ma anche i nonni al posto degli asili funzionano bene. Un altro buon ammortizzatore sociale è la vecchia cara moglie: perché mandarla a lavorare pesando sui conti delle aziende quando si può farle fare la badante al nonno invalido?”.

La Confindustria si è detta interessata, anche se ha sollevato un problema di produttività: “Non si potrebbero affidare a ogni moglie due nonni invalidi?”.

Intanto, molte organizzazioni si offrono come ammortizzatori sociali sul territorio. La Camorra, per esempio, fa sapere che potrebbe assumere qualche migliaio di disoccupati campani.

“Lo facciamo da anni e ci troviamo benissimo – dice Ciccio Mezzacanna, capobastone di Caserta Sud – anche se i nuovi assunti entreranno senza contratto e a salario minimo, una cosa che ci ha insegnato Marchionne”.

In ogni caso, come dice il governo, bisogna fare presto e agire prima che i disoccupati si costruiscano da soli ammortizzatori sociali improvvisati, come la rapina al supermercato, al distributore di benzina o al tabaccaio.

“Sarebbero soluzioni provvisorie – dicono al ministero del Lavoro – mentre l’Europa ci chiede riforme strutturali”.



Faq sul reddito di base: risponde San Precario
da Il Fatto Quotidiano - 9 Gennaio 2012

Se gli annunci alla stampa sono veritieri, a breve Monti dovrebbe proporre un rinnovamento degli ammortizzatori sociali. La ministra Fornero ha detto di essere una fan del reddito minimo (ma condizionato), che va parzialmente incontro alle richieste di sicurezza economica e sociale che i movimenti dei precari chiedono da anni.

Parzialmente, perché la proposta del governo (a cui per la prima volta sono sensibili anche alcune forze sindacali e partitiche, un tempo fieramente contrari) parla solo di reddito minimo temporaneo, a scalare, comunque condizionato dall’obbligo di accettare qualunque attività lavorativa.

San Precario preferisce parlare di reddito di base incondizionato (Rbi). Qui, arriva il bello: come si fa? Cosa significa reddito di base incondizionato? È davvero possibile? Sperando di aiutare chi vuole capirci di più, a voi le Faq sul reddito minimo. Fateci sapere cosa ne pensate.

1. Cos’è il reddito di base incondizionato (Rbi)?

È una misura di welfare (sicurezza sociale) che parzialmente esiste in tutti i paesi dell’Unione europea eccetto Italia e Grecia: un sostegno economico alle persone con un lavoro intermittente o disoccupate.

Varia da poche centinaia di euro ai 1.200 al mese della Danimarca e Lussemburgo. Secondo noi in Italia dovrebbe essere almeno di 720 euro al mese (20% in più della soglia di povertà relativa).

Oggi ammortizzatori sociali come la cassa integrazione o il sussidio di disoccupazione sono riservati a chi ha perso un lavoro a tempo indeterminato e determinato, il Rbi invece dovrebbe essere dato a tutte le persone che hanno un reddito inferiore ai 720 euro/mese, per esempio ai precari tra un contratto e l’altro, ai disoccupati e ai lavoratori/trici che pur impiegati/e guadagnano salari da fame, inferiori ai 720 euro/mese, in modo incondizionato, ovvero slegato sia dal tipo di contratto precedente che dall’obbligo di accettare qualsiasi impiego proposto o i programmi di inserimento lavorativo.

2. Di fronte a una misura del genere, chi lavorerebbe?

Casomai il reddito darebbe a ciascuno la possibilità di scegliere il lavoro. Nessuno vorrà più fare lavori pesanti e poco considerati? No, non necessariamente. Ogni prestazione lavorativa ha le sue specificità ed è la sua remunerazione a rendere un lavoro più o meno accettabile e vantaggioso.

La garanzia di reddito, riducendo l’offerta di persone disposte ad accettare lavori mal pagati, alienanti e faticosi, pone le imprese di fronte a un bivio: pagare meglio chi svolge queste mansioni oppure adottare tecnologie e soluzioni organizzative più complesse in loro sostituzione.

Obiezioni simili ci furono al tempo dei dibattiti sulla riduzione dell’orario di lavoro a 8 ore giornaliere; il risultato è stato non solo un netto miglioramento delle condizioni dei lavoratori ma anche una crescita.

3. Quanto costa una simile misura e dove si trovano le risorse?

Secondo i nostri calcoli, una misura di Rbi di 720 euro/mese necessita poco meno di 35 miliardi.

Al netto dei sussidi oggi esistenti di uguale entità (pensioni sociali e di invalidità, sussidi di disoccupazione, indennità e casse integrazioni), le risorse effettive da aggiungere sono pari a 15,7 miliardi.

Una cifra del tutto abbordabile che dovrebbe essere a carico della collettività (e non finanziato dai contributi sociali dell’Inps, come avviene oggi per i sussidi al reddito).Il sistema fiscale si basa sulla tassazione dei fattori produttivi.

Oggi si tassano solo il lavoro dipendente (tanto), la proprietà delle macchine (poco) e il consumo (molto). Ma oggi ci sono ben altri fattori produttivi: la finanziarizzazione, la conoscenza, lo spazio.

Si potrebbero tassare le transazioni finanziarie, anche solo per lo 0,01%; i diritti di proprietà intellettuale; i grandi patrimoni immobiliari che lucrano sugli spazi delle città. Ma anche l’uso delle forme contrattuali atipiche: ad esempio, introducendo l’Iva sull’intermediazione di lavoro effettuato dalle agenzie interinali.

E poi ci sono le spese che potrebbero essere soppresse: avete mai sentito parlare degli F35 che la Difesa sta acquistando al prezzo di una finanziaria (15 miliardi di euro in tre anni!)? Si è parlato molto di patrimoniale.

Una sua introduzione a livelli simili a quelle di molti paesi europei porterebbe da sola nelle casse dello Stato più di 10 miliardi. In altre parole, la questione non è di fattibilità ma di volontà politica.

E notate bene: non abbiamo nemmeno citato l’evasione fiscale…

4. Chi lo dà?

Il Rbi potrebbe essere erogato da una Cassa Sociale per il reddito (Csr), all’interno di un bilancio autonomo di welfare, dove si registrano i soldi messi a disposizione e le uscite, con mandato agli sportelli per l’impiego, disseminati nei diversi comuni, di raccogliere le domande ed erogare il reddito.

Un bilancio autonomo del welfare, centralizzando in un unico ambito tutti i centri di spesa (oggi a carico di diversi ministeri) rende razionali e trasparenti entrate e uscite relative a tutte le tematiche del welfare, con risparmi di spesa e minor possibilità di condizionamento lobbysta. Inoltre si sancirebbe finalmente la separazione tra previdenza (a carico dell’Inps) e politiche di sostegno al reddito.

5. Perché il Rbi non è assistenzialismo?

Oggi si lavora ben al di là del rapporto di lavoro. Il tempo per la formazione e l’aggiornamento, il tempo dedicato alla ricerca di lavoro, il tempo per raggiungere il luogo di lavoro, il tempo di cura e di consumo: tutto produce ricchezza, fa parte dell’attività lavorativa ma grava sulle spalle dei singoli. Inoltre negli ultimi vent’anni le imprese italiane hanno prosperato sfruttando la precarietà, risparmiando sui salari e mantenendo alti i profitti. Altro che assistenzialismo, il reddito minimo sarebbe la restituzione di una piccola parte del maltolto.

6. Il reddito annullerebbe i conflitti sul luogo di lavoro?

La garanzia di reddito diminuisce la ricattabilità individuale, la dipendenza, il senso di impotenza di lavoratori e lavoratrici nei confronti delle imprese.

Richiedere un reddito minimo è la premessa perché i precari, disoccupati e lavoratori con basso salario possano sviluppare conflitto sui luoghi di lavoro.

Oggi il ricatto del licenziamento o di mancato rinnovo del contratto, senza nessun tipo di tutela, è troppo forte. Precari e precarie possono subire ritorsioni anche solo per aver distribuito un volantino sindacale.

Il reddito, unito a garanzie contrattuali dignitose e ad un salario minimo, renderebbe tutti meno ricattabili e quindi più forti. E perrmetterebbe di chiedere il miglioramento delle proprie condizioni lavorative e contrattuali.