sabato 10 marzo 2012

La Grecia "salvata" da un paio di trucchetti alla Mago Silvan

La Grecia era fallita ormai da tempo, ma ovviamente non si poteva farla fallire ufficialmente.

E quindi ecco gli escamotage messi in atto prima dalla BCE di Draghi - che in soli due mesi ha stampato circa 1000 miliardi di euro regalandoli alle banche europee - e poi dalla troika (UE, FMI e BCE) con l'accettazione volontaria allo swap da parte dei creditori + il cosiddetto haircut del debito greco, ovverossia il taglio del 53,5% sul valore dei bond ma con una perdita reale del 74%.

In sintesi le banche creditrici hanno prima incassato in due tranche il cash iniettato da Draghi necessario a coprire le perdite e poi hanno "volontariamente" aderito allo swap+haircut.

Quindi banche e creditori salvi e Grecia ufficialmente non fallita, ma con i suoi cittadini che stanno già vivendo le pene dell'inferno destinate a durare per decenni.

Se la BCE fosse stata prestatore di ultima istanza non sarebbero ricorsi a questi trucchetti degni del Mago Silvan, ma soprattutto i cittadini greci avrebbero ora un futuro decente all'orizzonte.



Atene obbliga tutti i creditori allo swap
di Vittorio Da Rold - Il Sole 24Ore - 10 Marzo 2012

La più grande ristrutturazione della storia, il concambio su 206 miliardi di bond greci detenuti dai privati, cinque volte il default argentino, la prima di un Paese occidentale negli ultimi 50 anni, è andata in porto anche se ieri sera l'International Swaps and Derivatives Association, noto come Isda, l'associazione sui derivati, ha stabilito all'unanimità che si è verificato un credit event sullo swap di Atene.

Ma andiamo con ordine. Ieri mattina alle sette il ministero delle Finanze greco guidato da Evangelos Venizelos ha reso noto che ammontano all'85,8% le adesioni volontarie dei creditori privati sotto legislazione greca pari a 152 miliardi di euro su 177 allo swap obbligazionario sul debito greco, mentre quelli sottoposti a legislazione internazionale hanno consegnato 20 miliardi su 29 pari al 69% del totale.

«Nel primo caso la soglia del 75% è stata superata - commenta l'economista Jurgen Michels di Citi - e ciò significa che su questa quota il Governo greco potrebbe usare le Cac, le clausole di azione collettiva, che obbligano i creditori privati detentori di bond che rientrano nella legge greca ad accettare lo swap».

Ipotesi diventata subito realtà ieri pomeriggio quando il consiglio dei ministri guidato da Lucas Papademos ha approvato l'attivazione delle Cac nel quadro della ristrutturazione del debito.
In questo caso con le clausole in azione le adesioni sul fronte dei bond sotto legislazione greca arriveranno al 95,7% del totale.

Una mossa che ha avuto il via libera della Ue anche se a sua volta apre una breccia per far scattare i Cds, cioè i credit default swap, contratti di assicurazione che sul debito greco ammontano a 3,25 miliardi netti e a un nozionale a 70 miliardi di euro.

L'Isda intanto si è riunita ieri a Londra per pronunciarsi e ha deciso a tambur battente che l'introduzione delle Cac greche, è un 'trigger event' in grado di far scattare i Cds per tutti coloro che si sono assicurati. Una mossa che apre nuovi scenari e salva il mercato dei Cds da una fine ingloriosa.

Nel caso, invece, dei bond greci sotto legislazione internazionale, il ministro Venizelos ha detto che ha riaperto i termini per aderire allo swap fino al 23 marzo 2012 e che, non avendo raggiunto la quota minima dei 2/3 non scatterrano le Cac, ma Atene minaccia e ricorda che «non ha fondi per pagare chi rimane fuori dallo swap».

Sommando i 177 miliardi di euro dei bond sotto legislazione greca, con l'uso delle Cac, Atene balza dall'85,6% al 95,7%, a cui vanno aggiunti i 20 miliardi di euro dei bond internazionali, per 197 miliardi su 206.

Con un haircut del 53,5% si arriva a una riduzione del debito di 104,4 miliardi di euro, sotto ancora l'obiettivo di 107 miliardi di euro prefissati dai creditori internazionali, ma solo di 2,6 miliardi mancanti.

Dove trovarli? L'Olanda farà opposizione lunedì a nuovi prestiti Ue e questo spiega perché Atene ha fatto scattare le Cac e ha deciso di premere sui bond internazionali chiedendo di aderire entro 23 marzo, pena il mancato pagamento.

«È un momento importante, un grande successo. La Grecia non fallirà grazie all'operazione di ristrutturazione», ha detto Matthieu Pigasse, amministratore delegato di Lazard France e vicepresidente europeo del gruppo, che ha personalmente seguito la vicenda per conto del Governo greco.

«Questo però non sarà sufficiente, che resta ancora molto da fare perché la crisi non è finita. È sbagliato credere che la crisi arrivi dagli Stati Uniti e che inizi con il fallimento di Lehman. La crisi in Europa ci sarebbe stata lo stesso e la Ue deve capire che c'è un modello economico da reinventare e serve maggiore integrazione. A partire dalla mutualizzazione del debito, per impedire che i mercati giochino un Paese contro l'altro», ha concluso Pigasse.

Il premier Papademos ieri era soddisfatto del successo ottenuto dalla sua offerta: «Ora c'è speranza di uscire dalla peggiore crisi del dopoguerra» ma il braccio di ferro con gli hedge funds che non hanno accettato lo swap continua.

Per lo swap del debito della Grecia si può parlare di «successo e consente di voltare pagina nell'evoluzione del problema del debito», gli ha fatto eco Charles Dallara, il direttore dell'Istituto per la finanza internazionale (Iif), l'associazione delle maggiori banche al mondo.

In questo quadro è giunta la decisione, ampiamente prevista di Fitch che ha declassato, dopo S&P's, il rating sulla Grecia da 'C' a 'insolvenza parziale' (restricted default).

L'agenzia ha annunciato la decisione dopo la conferma, da parte delle autorità greche e dell'Ue, della decisione di procedere con lo scambio sui titoli ellenici, che opera un taglio del 53,5% sul valore facciale dei bond con una perdita reale del 74 per cento.

Intanto il deficit di Atene ha raggiunto l'11,5% del Pil nel 2011, il tasso di disoccupazione è salito di 6,2 punti percentuali nel 2011 toccando il 21% e il 30% dei negozi nel centro di Atene hanno chiuso.

A questo punto la crisi greca cessa però di essere un problema di esposizione per gli investitori privati per limitarsi a un problema di rapporti tra Atene e troika (Fmi, Ue e Bce).

Il rischio di uscita dall'Eurozona è ridimensionato e deviazioni dal sentiero di risanamento dovrebbero ora essere più facili da gestire, con riscadenzamento di crediti o una riduzione dei tassi.



Debito, la Grecia "pesa" 31 miliardi
di Isabella Bufacchi - Il Sole 24Ore - 10 Marzo 2012

Oscilla tra i 31 e i 47 miliardi di euro il 'peso contabile' che il doppio salvataggio della Grecia - il primo pacchetto da 110 miliardi sommato al secondo pacchetto da 130 miliardi e a 35 miliardi di aiuti extra Efsf - potrebbe avere sul debito pubblico lordo italiano, in base ai criteri di contabilità pubblica europea utilizzati da Eurostat.

L'ufficio statistico dell'Unione europea considera debito sia i prestiti bilaterali intergovernativi erogati dagli Stati membri dell'Eurozona alla Grecia tra il 2010 e il 2012, sia i finanziamenti che verranno effettuati dall'Efsf ad Atene, ripartiti pro-quota tra i Paesi garanti del fondo salva-Stati (per l'Italia il 19,18 per cento).

Eurostat invece non contabilizzerà come debito pubblico nazionale il sostegno finanziario che sarà concesso dal fondo permanente Esm, il nuovo firewall che però nascerà il prossimo luglio con un mandato ancora non chiaro sul fronte del salvataggio greco.

Resta ancora da vedere, inoltre, come si comporterà Eurostat con la sua contabilità applicata a due nuove categorie di Efsf-bond 'virtuali', non collocati fisicamente sul mercato ed emessi per la crisi greca: i 23-50 miliardi di obbligazioni Efsf che serviranno a ricapitalizzare le banche greche dopo lo swap sui titoli di Stato (diventeranno asset collaterali per ottenere prestiti presso la Bce) e i 35 miliardi già versati dall'Efsf in forma di bond all'Eurosistema per garantire - temporaneamente - i vecchi titoli di Stato greci oggetto dello swap usati come collaterale presso la Bce.

Resta infine ancora aperta un'altra partita: capire fino a che punto le modifiche retroattive decise sui prestiti intergovernativi concessi finora alla Grecia (allungamento della durata e abbattimento degli interessi) avrà sui conti pubblici italiani e se sarà necessario un intervento legislativo di recepimento di queste nuove condizioni.

Se prima l'Italia realizzava un profitto finanziando la Grecia (dato dal differenziale tra il basso costo di raccolta dell'Italia e gli alti interessi richiesti ad Atene tra i 300 e i 400 punti sopra l'Euribor), dopo l'introduzione di condizioni più morbide (allungamento della durata da 3-4 anni fino a 7,5-10 o anche 15-30 anni, e taglio degli interessi fino a 100 punti) il Tesoro italiano dovrà rinunciare al profitto, al meccanismo della compensazione e sperare di andare in pari.

L'Italia ha erogato finora alla Grecia 10,6 miliardi circa: il 19,18% della quota europea versata finora (56,6 miliardi) sul primo pacchetto di aiuti (110 miliardi di cui 30 a carico del Fondo monetario internazionale).

Lunedì prossimo, l'Efsf emetterà fino a 30 miliardi di bond con titoli a uno e due anni di durata, equivalenti alla quota 'cash' (15% su 100) contenuta nella proposta ai privati di concambio sui 206 miliardi di titoli di Stato greci.

Eurostat dovrebbe ripartire questi 30 miliardi tra gli Stati garanti dell'Efsf (Grecia, Irlanda e Portogallo esclusi) solo nel momento in cui questi bond andranno a scadenza, tra 12 e 24 mesi.

In aggiunta, lunedì prossimo l'Efsf emetterà titoli di debito a sei mesi per 5,5 miliardi che verranno dati come forma di pagamento degli interessi maturati sui titoli di Stato oggetto dell'exchange: anche in questo caso, questo importo diventerà debito pubblico europeo quando verrà pagato. Non è escluso che questi 5,5 miliardi vengano trasformati in altri Efsf-bond a più lunga durata.

A seguire, l'Efsf inizierà a erogare prestiti alla Grecia, come sta facendo già per Portogallo e Irlanda. L'importo complessivo dell'intervento sarà definito solo dopo la decisione attesa sulla quota Fmi nel secondo pacchetto.

Di certo il fondo salva-Stati finanzierà Atene per i 24,4 miliardi europei rimanenti dal primo pacchetto (i 10 pendenti sui 34,4 spettano all'Fmi). Il secondo pacchetto potrebbe essere di altri 50 a carico Efsf, al netto dei bond per ricapitalizzare le banche greche.



"L'esperimento" greco ha avuto un certo successoInserisci linkdi Eugenio Orso - http://pauperclass.myblog.it - 9 Marzo 2012

Il grande swap sul debito della Grecia ha avuto adesione elevate, persino impreviste, se non erro pari al 95,7%.

Il meccanismo neocapitalistico continua a funzionare, e piuttosto bene dal punto di vista dei vincitori e padroni, ma nonostante le elevate adesioni, quelle propriamente volontarie sono rimaste al di sotto della soglia minima imposta del 90%.

Perciò, in questo mare di regole-capestro imposte dalla Grande Finanza agli stati tributari, saranno Bruxelles con l’Eurofin e un ennesimo organismo sopranazionale in mani globaliste, l’ISDA (Intenational Swaps e Derivatives Association) che controlla lo strategico mercato dei prodotti derivati, a decidere rispettivamente se accettare la richiesta greca di attivare le clausole di azione collettiva e dargli ancora "aiuti", e se, violata la volontarietà sul mercato dei derivati da parte della Grecia (adesioni volontarie inferiori alla percentuale imposta), è il caso di far scattare la tagliola dei CDS (di protezione e nel contempo speculativi) e provocare così il default dello stato messo alle strette.

In tal caso si tratterà di un default controllato, in modo che le architetture finanziarie e di potere internazionali non ne risentano. Questa è la prova che l’operazione della Global class è riuscita, o che comunque sta per riuscire, che la “cavia” dell’esperimento, cioè la Grecia non è riuscita a sottrarsi al destino che altri hanno deciso per lei, e che l’esperimento potrà essere replicato, se ve ne sarà l’occasione.

I meccanismi della riproduzione allargata neocapitalistica funzionano bene, perchè non c’è alcuna forza, alcun evento, se non imprevisto e catastrofico, in grado di interromperli.

La Creazione del Valore azionario, finanziario e borsistica accelera ancora, con l’uso dei derivati, ogni operazione di questo tipo ha la duplice valenza di sottomettere stati e popoli ai voleri dei globalisti e nello stesso tempo creare nuovo valore, ed infine, le strutture messe in piedi dalla classe globale dominante (UE, UEM, BCE in Europa) sono in grado di reggere agli urti.

Non vi è attualmente alcuna forza ostile, stati ribelli, movimenti popolari agguerriti, organizzazioni armate clandestine, eccetera, in grado di metterne in discussione potere e tenuta.

Indipendentemente dalle decisioni dell’Eurofin di Bruxelles in conference call, attese a stretto giro di posta per le ore 2 p.m. di oggi, 9 marzo 2012, e da quelle dell’ISDA, che riguardano il giudizio sulla ristrutturazione volontaria del debito e l’eventuale default da far scattare, possiamo affermare, dal punto di vista della classe globale dominante, che l’operazione greca, anzi, l’”esperimento” greco ha avuto un certo successo, e sarà replicabile in futuro per soggiogare altri paesi, magari apportandovi qualche necessaria modifica.

A questo punto possiamo chiederci: come andrà l’”esperimento” italiano?


Grecia, il giorno del giudizio
di Carlo Musilli - Altrenotizie - 8 Marzo 2012

Questa sera alle 21 scatta l'ora X per la Grecia. Dopo settimane di trattative, finalmente il Paese ellenico saprà quale destino deve attendersi: il default incontrollato e il probabile ritorno alla dracma, oppure la sopravvivenza forzata e la sottomissione definitiva al verbo di Bruxelles.

Tutto dipende da come andrà il cosiddetto Psi, che si chiude appunto fra poche ore. L'acronimo sta per "Private sector involvement" e si riferisce al piano che prevede il coinvolgimento dei creditori privati nel salvataggio del Paese.

In sostanza, tutte le banche, le assicurazioni, i fondi di investimento e anche i semplici risparmiatori che hanno in mano titoli di Stato greci sono chiamati ad accettare sulle loro obbligazioni un taglio del valore nominale pari al 53,3%. Il che vuol dire perdere circa il 75% dei soldi investiti.

L'operazione si compie attraverso lo scambio (swap) dei titoli in portafoglio con altri bond a scadenza più lunga e rendimento più basso. Se tutto andrà come deve andare, alla fine il debito pubblico greco sarà alleggerito di circa 100 miliardi di euro, tornando perlomeno ad un'ipotesi di sostenibilità in rapporto al Pil.

Ma non è tutto. La settimana scorsa i leader dell'eurozona hanno subordinato al successo del piano anche l'esborso del nuovo pacchetto d'aiuti internazionali destinato ad Atene (130 miliardi di euro).

Ora, perché il Psi sia davvero efficace è necessario che l'adesione dei creditori privati sia almeno del 90%. Ieri sera eravamo a quota 58%, dopo il via libera arrivato da ben 32 banche, comprese le italiane Unicredit, Intesa SanPaolo e Banca Generali.

Se il computo finale si fermerà sotto il 75% non ci sarà più nulla da fare: la Grecia (e con lei mezza finanza europea) sarà investita dallo tsunami della bancarotta incontrollata. Se invece si rimarrà fra il 75 e il 90%, allora la partita si farà davvero complicata.

In questo caso, infatti, Atene potrebbe attivare quelle che si chiamano "clausole di azione collettiva" (Cac), il che significherebbe imporre forzatamente a tutti i creditori privati di aderire allo swap e rimetterci dei soldi.

Sembra un dettaglio, ma non lo è. Ad oggi lo scambio dei titoli è presentato come "volontario" e da questo aggettivo dipende un particolare decisivo. L'Isda (l'associazione internazionale su swap e derivati) ha stabilito che lo swap su base volontaria non costituisce un "credit event" e quindi non fa scattare i rimborsi sui Cds.

Questa sigla sta per "credit default swaps" e indica dei titoli derivati che funzionano come assicurazioni sulla vita di altre obbligazioni (in questo caso i titoli di Stato greci). Se Atene dovesse obbligare i suoi creditori ad accettare delle perdite, senza possibilità di scelta, l'Isda dovrebbe rivedere la propria decisione: l'insolvenza della Grecia sarebbe priva di ogni maschera e il pagamento dei Cds diventerebbe inevitabile.

A quel punto si scatenerebbe un effetto domino che oggi è impossibile quantificare con precisione. I Cds sono da sempre scambiati su un mercato non regolamentato (in gergo "over the counter"), il che significa che nel tempo si sono create delle interconnessioni finanziarie di cui a posteriori è impossibile ricostruire il quadro completo.

Non si sa nel dettaglio chi dovrebbe pagare chi, né di quali somme si stia parlando. Ma dopo il disastro di Lehman Brothers (che ha avuto ripercussioni globali proprio seguendo questo schema) non è assurdo ipotizzare conseguenze a livello di sistema, con diversi bilanci a rischio collasso.

E' chiaro che tutto questo castello di carte si regge su una grossa ipocrisia. Il presupposto fondamentale per evitare il crollo è che lo swap sia "volontario", ma è assolutamente evidente che si tratta di un trucco. I creditori sanno benissimo che se non accettassero di perdere il 75% del loro investimento probabilmente lo perderebbero per intero.

A scanso di equivoci, l'Agenzia per il debito greca ha fatto sapere che il Paese "non contempla la possibilità di mettere a disposizione risorse per i creditori privati che non aderiranno al Psi". Una minaccia bella e buona. Il libero arbitrio degli investitori non c'entra davvero nulla. No swap? No party.



I greci, le banche e lo spirito animale
di Orlando Selgado Selley - La Jornada - 17 Febbraio 2012
Traduzione per
www.comedonchisciotte.org a cura di ANDREA CONFALONIERI

La popolazione greca è di nuovo sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo. Il piano di austerità approvato dal Parlamento ha suscitato un rifiuto generalizzato che non ha comunque impedito alle esigenze della “troika infernale” (FMI, Banca Centrale Europea e Commissione Europea) di avere la meglio.

Per la troika è fondamentale che i politici greci firmino l’accordo per questi provvedimenti e altri ancora, accettando la sua applicazione indipendentemente da chi sia il vincitore nelle prossime elezioni.

Il governo tedesco, appoggiato dagli altri governi dell’eurozona, ha costretto alla rinuncia il governo di Papandreou, poi ha imposto un governatore uscito dalla tecnocrazia del denaro e adesso obbliga a far sì che la decisione dell’elettorato greco non possa modificare la politica.

Nella culla della democrazia occidentale, al di sopra dei cittadini, comandano i mercati e i governanti che li proteggono. Per questa alleanza politica, in cui dominano gli interessi dei grandi investitori, la priorità è la salute delle banche.

Oltre alle informazioni che riguardano gli effetti specifici di questi piani sulla vita quotidiana dei greci (che, nel caso di un professore di scuola superiore, fa sì che lo stipendio si sia ridotto in media dai 1.325 euro al mese di due anni fa ai 1.050 di quest’ultimo anno di tagli, oltre a forti aumenti delle imposte che lo riducono ancora di più), si aggiunge il dato che, nel quarto trimestre del 2011, il PIL è sceso del 7%, mostrando un notevole peggioramento, quando già nel terzo trimestre il dato era un meno 5%.

In termini annuali, questo significa che la contrazione, il 6% nel 2010, salirà al 6,8% nel 2011.

L’impatto di questa contrazione sul lavoro e sulle entrate della popolazione è stato brutale. L’ultima misurazione fornisce un tasso di disoccupazione pari al 21% e di una caduta dei redditi medi del 35%, dati che peggioreranno con l’arrivo del nuovo piano.

I dirigenti europei hanno rifiutato le considerazioni di Helle Thorning-Schmidt, primo ministro della Danimarca, quando ha avvisato che la gente è disposta a fare sacrifici, ma non a essere sacrificata.

I greci stanno per essere sacrificati affinché le banche e i principali azionisti possano rimanere in vita, con la spiegazione che il loro funzionamento è indispensabile per l’economia.

Due anni di castigo inflitti alla popolazione greca, più altri quattro o cinque per un recupero dell’economia, hanno dato il tempo necessario ai banchieri per evitare quelle perdite che avrebbero determinato la riduzione del loro credito con la Grecia.

Hanno comprato assicurazioni contro il rischio di mancato pagamento di questi crediti, hanno ricevuto finanziamenti a medio termine a basso tasso di interesse da parte della BCE, per fare in modo che le eventuali perdite venissero coperte anzitempo.

Nel frattempo si sono anche preparate per l’eventualità che la Grecia si veda obbligata ad abbandonare la moneta unica, alzando in maniera significativa gli interessi del debito dei paesi che hanno un più alto rapporto tra debito e PIL.

L’insensatezza dei dirigenti europei sembra inspiegabile. L’inflessibilità tedesca per il controllo delle finanze pubbliche è equivalente a quella dei Repubblicani negli Stati Uniti.

Non si tratta, ovviamente, di ignoranza delle conseguenze sociali delle loro richieste. Si privilegia una spiegazione economica in cui la razionalità economica è fondamentale. In ogni caso, come ha dimostrato eloquentemente questa lunga crisi, la razionalità economica non può spiegare il funzionamento reale dei mercati.

Per spiegarlo è necessario includere ciò di cui parlava Keynes, lo spirito animale di chi governa, dei banchieri e, naturalmente, anche della popolazione. Ignorarlo comporta il sacrificio non solo del popolo greco, ma anche della possibilità di costruire un mondo in cui tutta l’umanità faccia progressi nella lotta contro la disuguaglianza. Un mondo in cui sia più importante il 99,99 per cento della popolazione rispetto allo 0,01 per cento.



Il futuro della Grecia potrebbe non essere così brutto come sembra
di Patrick Cockburn - Counterpunch - 23 Febbraio 2012

Maria Svoronou ha tre lavori e stava per terminare una giornata di dodici ore mentre i leader dell'Eurozona stavano finalizzando il pacchetto di salvataggio della Grecia a Bruxelles. Con tutto il suo duro lavoro, guadagna solo 870 euro al mese e dice che "se la situazione peggiorasse ancora, non sarei in grado di sopravvivere".

La signora Svoronou, 33 anni e una notevole formazione con una laurea della Edinburgh University, ha un lavoro come insegnante di cinema presso un istituto privato di Atene, un lavoro che le piace e per cui viene pagata 10 euro all'ora.

Il suo secondo lavoro è di insegnare sicurezza stradale ai bambini di una scuola elementare, e il suo terzo lavoro consiste nella traduzione dei dialoghi dei cartoni animati di Bugs Bunny dall'inglese al greco per i giornalini di fumetti per bambini a 1,60 euro per pagina.

Dice che le piacciono tutti e tre i lavori e che "sta meglio di tutti quei greci che sono disoccupati". Ma i suoi guadagni totali le bastano solo a sopravvivere e sta valutando se ci sono dei paesi con prospettive migliori dove potrebbe emigrare.

La Grecia è piena di persone ben istruite ma sottopagate, che si aspettano ulteriori diminuzioni della loro paga o di perdere del tutto il lavoro nei prossimi mesi. Nel centro di Atene gli operatori sanitari psichiatrici hanno occupato l'edificio del Ministero della Salute, protestando per i forti tagli ai fondi destinati alla salute mentale che stanno avendo effetti catastrofici sull'assistenza dei loro pazienti.

I contestatori sottolineano che il tasso di suicidi in Grecia è aumentato del 40 per cento a causa della crisi di questo periodo, e la cosa è documentabile. Andonis Sakellaris, che lavora per il Dipartimento di Igiene Mentale del Ministero, dice che "tra le persone che si suicidano ci sono uomini d'affari che hanno perso il proprio patrimonio e persino gli adolescenti che non riescono a vedere un futuro per sé stessi". Il tasso di suicidi, un tempo il più basso d'Europa, è ora il più alto.

I 400 operatori sanitari che hanno preso parte all'occupazione brulicano malinconicamente fumando una sigaretta dopo l'altra e giocando a carte nei corridoi del Ministero. La polizia non ha tentato di cacciarli, ma nessuno sembra curarsi troppo della loro azione che è incominciata il 9 febbraio scorso.

In molti lavorano per ONG finanziate dallo stato che stanno per chiudere i battenti, mentre altri si aspettano ulteriori riduzioni salariali. Markos Ephthimolous, che lavora con le persone affette dall'Alzheimer, dice: "Il nostro stipendio mensile medio è di 900 euro, che sarà ridotto a 600 euro, e ci si può vivere per 15 giorni. La maggior parte di noi non è stata pagata dai tre ai cinque mesi, e qualcuno non ha ricevuto nulla nel 2011."

Seduti nell'aula magna del Ministero, gli operatori sanitari psichiatrici, altamente qualificati che parlano correntemente l'inglese, dicono che l'assistenza ai pazienti esterni affetti da autismo, schizofrenia e altre malattie mentali, verrà presto abbandonata. "I pazienti verranno rimandati nei manicomi", dice Antonis Dimaris, uno dei dirigenti dell'occupazione, che normalmente si occupa di persone autistiche: "Stiamo tornando al Medioevo."

Le lamentele degli operatori sanitari psichiatrici sottolineano l'effetto drastico delle misure di austerità, nonché la loro natura arbitraria, come se l’inefficiente stato greco si fosse sottratto alle proprie responsabilità.

Non tutti sono vittima della crisi e alcuni ci stanno guadagnando sopra. A distanza di quaranta minuti di auto a sud di Atene, percorrendo una lunga, brutta autostrada fiancheggiata da salone di esposizione e rivenditori di auto, Christos Ioannou, direttore della società Autocredit, gestisce un'attività di prestiti su pegno per i ricchi con un improvviso e disperato bisogno di contanti. Consegnano automobili costose, motociclette e yacht in cambio di un prestito. "Gli affari vanno bene", dice.

Ioannou stima che circa il 20 per cento dei suoi clienti non potrà ripagare il prestito, così lui si tiene i loro veicoli, oppure gli viene chiesto di rivenderli per loro conto. Elenca con orgoglio le marche delle automobili - Ferrari, Lamborghini, Mercedes, Capri - che sono passate per le sue mani da quando è entrato nel mondo dell'attività del prestito su pegno sette anni fa. Molti dei suoi clienti adesso lavorano nel settore edilizio o immobiliare, settori che sono stati devastati dalla crisi.

In un garage dietro il suo ufficio mostra un grande veicolo nero. "È una Ferrari California da 313.000 euro ed è stata comprata da un uomo del settore edilizio." Lì vicino c'è una motocicletta esotica americana, che teoricamente vale un bel po' di soldi, ma Ioannou dice che ha difficoltà a venderla: "Nessuno in Grecia ha i soldi per acquistarla."

La maggior parte dei veicoli lasciati nelle sue mani vanno a finire in Germania "perché in Grecia non c'è mercato per le auto di grossa cilindrata". Aggiunge che "per il momento in Grecia non ci sono i soldi per una qualsiasi attività imprenditoriale".

Questa non è una sorpresa. Tutti i greci, dagli operatori sanitari psichiatrici ai rivenditori di auto, ai prestatori su pegno, ai traduttori di Bugs Bunny, vivono in un ambiente di completa incertezza che paralizza l'attività. Nessuno sa se avrà ancora il lavoro tra qualche mese, e anche se così fosse, non c'è sicurezza di essere pagato. E non si sa se il pagamento sarà in euro o in dracme svalutate.

L'unico gruppo di persone in Grecia che hanno sempre sostenuto che lo Stato greco fosse marcio fino all'osso sono gli anarchici. Seduto intorno ad un tavolo in un edificio chiamato "Nosotros", Nikos, che non ha voluto rivelare il suo cognome, ha detto che "la Grecia è malata di un sistema di clientelismo basato sulla corruzione. I partiti hanno usato il favoritismo per comprare milioni di voti. La borghesia non ha mai investito i suoi soldi qui."

Ho detto che sembrava molto simile all'analisi degli emissari della Troika (UE, FMI e Banca Centrale Europea), ma Nikos e altri anarchici non sono parsi imbarazzati dalla coincidenza di vedute.

Gli anarchici avevano tutti preso parte alle dimostrazioni, non per cambiare la politica del governo, ma affinché le persone potessero dimostrare solidarietà le une con le altre e dimostrare la propria opposizione allo stato. "Le persone non credono più nel sistema politico", ha detto Vangelis, un altro anarchico: “Non è una questione di salvare le banche o l'euro, ma di cambiare la società greca partendo dall'alto." Potrebbe avere ragione, ma sia la Troika che gli anarchici, nei loro modi diversi, vedranno l'eliminazione dei loro lavori per consentire questo.

La Grecia è come uno stato arabo petrolifero senza petrolio. Ha una macchina statale fuori misura e costosa con radici nelle reti di clientelismo e corruzione. In Medio Oriente questo è un modo rudimentale e ingiusto, ma parzialmente efficace, per distribuire la ricchezza del petrolio e per legare i beneficiari allo stato attraverso lavori e favori.

In Grecia il prestito ha preso il posto del petrolio. L'appartenenza all'Eurozona ha dato allo Stato la stessa valutazione creditizia con la tripla A della Germania, consentendo alla Grecia di prendere in prestito quanto voleva a tassi economici.

L'appartenenza all'Eurozona, come la ricchezza del petrolio altrove, è stata un disincentivo per il cambiamento politico, economico e sociale perché c'erano i soldi per pagare amici e nemici.

La Grecia è una società molto divisa e le divisioni sono diverse dal resto d'Europa. Dalla guerra civile nel 1946 alla caduta dei colonnelli nel 1974 lo stato è stato dominato dalla destra che si è occupata della propria cerchia, dagli armatori ai piccoli uomini d'affari che pagavano poche tasse.

Dagli anni '80 in poi, il partito di centrosinistra Pasok è stato in ascesa e ha ampliato le dimensioni dello stato, fornendo lavoro e stato sociale ai sostenitori. Tutti sono stati contenti finché non sono finiti i soldi.

E i soldi sono davvero finiti. Mentre la Troika (UE, FMI e Banca Centrale Europea) escogita schemi elaborati per la riforma, spesso il governo semplicemente non paga i dipendenti o lo fa con grande ritardo. C'è, in ogni caso, qualcosa di assurdo nell'aspettativa che una macchina statale disfunzionale si autoriformi rapidamente sotto la supervisione estera.

C'è un secondo parallelo più specifico con il Medio Oriente nella storia recente. Stando seduto qui nel centro di Atene nelle recenti settimane, mi sono ricordato dell'inizio dell'occupazione di Baghdad da parte degli Stati Uniti nel 2003.

Gli americani pensavano di tenere il controllo pur non riuscendoci, ma gli iracheni e il resto del mondo gli avrebbero attribuito comunque la responsabilità di qualsiasi cosa che fosse andata storta.

Il ghiaccio politico ad Atene è persino più sottile di quanto immaginino i dirigenti dell'Eurozona. Per il momento, sembrano avere le carte in mano. I maggiori partiti greci hanno sottoscritto il nuovo accordo di austerità per poter ottenere il prestito di 130 miliardi di euro e la cancellazione di 100 miliardi da parte dei detentori privati delle obbligazioni. La Grecia avrà alla fine un default gestito e limitato, che non avrà questo nome quando si dovrà evitare l’innesco dell'elemento assicurativo dei credit default swap.

Non c’è modo che le nuove misure di austerità possano rendere la Grecia competitiva tanto da poter ripagare i propri debiti. Lo Stato non ha le risorse naturali, un'industria manifatturiera o un'industria di servizi internazionale; i mulini a vento e l'allevamento ittico non basteranno.

Ma il futuro della Grecia potrebbe non essere così brutto come sembra. Gli enormi sforzi fatti dai dirigenti europei per prevenire l'inadempienza totale sottolineano il fatto che, nonostante dicano il contrario, non osano lasciare fallire la Grecia.

Il profondo impatto causato dalle recenti negoziazioni finanziarie - dal prezzo del petrolio alle azioni nella borsa di New York - mostrano che la Grecia può ancora ricattare il resto dell'Eurozona minacciando di rinnegare totalmente il proprio debito.

C'è un secondo possibile beneficio per la Grecia se si mantiene il mito che stia facendo quanto detto dall'Eurozona e che la cosa possa funzionare. L'isterismo internazionale dovuto alle condizioni pessime dell'economia greca si sta autoavverando.

Ha spaventato la gente tanto da farle ritirare i depositi bancari e di rifiutarsi di investire. I piani della Troika quasi sicuramente non funzioneranno, ma un periodo di calma potrebbe per lo meno porre fine alla attuale paralisi economica.