mercoledì 25 aprile 2012

Update italiota

Un altro aggiornamento sulle penose vicende italiote...


Pulizia di Stato 
di Marco Travaglio - Il Fatto Quotidiano - 24 Aprile 2012

Gentile dottor Antonio Manganelli, come capo della Polizia lei avrà senz’altro visto il bellissimo film Diaz di Daniele Vicari che sta riscuotendo un buon successo di pubblico nelle sale.
L’ho visto anch’io assieme a mio figlio che – posso assicurarle – non è stato educato all’odio contro le forze dell’ordine.

Anzi, personalmente ho sempre pensato e detto che, fino a prova contraria, le forze dell’ordine sono dalla parte del giusto. Eppure, all’uscita dal cinema, mio figlio che ha 17 anni ha commentato: “Mi è venuta una gran voglia di prendermela con i poliziotti”.

Ho cercato di spiegargli che quel che accadde 11 anni fa al G8 di Genova è un unicum, tant’è che ancora se ne parla, al punto da farci un film. Che non tutti i poliziotti sono come quelli ritratti da Vicari. Anzi, la maggior parte prova per quelle scene (purtroppo reali, documentate da testimonianze e filmati e atti processuali) lo stesso orrore che proviamo noi.

E ogni giorno migliaia di agenti rischiano la pelle per un misero stipendio, catturando killer della mafia addirittura con le proprie auto, com’è accaduto ancora l’altro giorno in Calabria, visto che le volanti sono spesso senza benzina o arrugginiscono guaste nei garage per i continui tagli al bilancio dell’ordine pubblico. Ma temo di non averlo convinto.

E lo sa perché? Perché alla fine del film una scritta agghiacciante ricorda che decine di quegli agenti e dirigenti violenti e deviati sono stati condannati in primo e secondo grado per le mattanze alla Diaz e a Bolzaneto (a proposito: si spera che la Cassazione si sbrighi a giudicarli, per evitare che la facciano franca per la solita prescrizione), ma nessuno è stato rimosso dal corpo. Qualcuno anzi ha fatto addirittura carriera.

Come Vincenzo Canterini che, dopo la condanna in primo grado a 4 anni per la Diaz, divenne questore e ufficiale di collegamento dell’Interpol a Bucarest. O Michelangelo Fournier, quello che al processo parlò di “macelleria messicana”, che dopo la prima condanna a 4 anni e 2 mesi ascese al vertice della Direzione Centrale Antidroga.

O Alessandro Perugini, celebre per aver preso a calci in faccia un ragazzo di 15 anni, condannato in tribunale a 2 anni e 4 mesi per le sevizie di Bolzaneto e a 2 anni e 3 mesi per arresti illegali, e subito dopo promosso capo della Questura di Genova e poi dirigente di quella di Alessandria.

Molti di loro avrebbero subìto sanzioni ancor più pesanti se l’Italia avesse recepito il reato di tortura, cosa che non avvenne per la strenua opposizione del Pdl e della Lega, guardacaso al governo nel 2001 e dunque responsabili politici e morali di quel che accadde.

Nemmeno il dirigente che portò nella Diaz due molotov ritrovate altrove per giustificare ex post l’ignobile pestaggio di gente inerme fu cacciato dalla polizia.

E nemmeno quello che, come si vede nel film, si ferì da solo per simulare un corpo a corpo con i fantomatici “black bloc” che in quella scuola, quella notte, non esistevano. Molti altri, nascosti sotto l’anonimato del casco, non sono stati identificati, dunque neppure processati.

È difficile non pensare che gli agenti che si sono macchiati di violenze gratuite negli ultimi anni, per esempio in Val di Susa contro i No-Tav, possano essere gli stessi che la passarono liscia per i fatti di Genova, o altri loro emuli, incoraggiati dall’impunità generale. Lei, dottor Manganelli, 11 anni fa non era a Genova e non può essere ritenuto responsabile di quel che accadde.

Ma oggi che la verità processuale è sotto gli occhi di tutti, validata dai due gradi di giudizio di merito (la Cassazione deve pronunciarsi solo sulla legittimità delle sentenze) e finalmente immortalata da un film (era già tutto nel documentario Bella ciao di Giusti, Torelli e Freccero, ma la Rai vergognosamente lo censurò), non può chiamarsi fuori. La prego, metta subito alla porta chi si macchiò di quei crimini orrendi. Ci aiuti a credere ancora nella Polizia di Stato.


Il debito pubblico italiano sono ora solo interessi
di Cobraf - 22 Aprile 2012

Ho finalmente trovato i numeri e uno studio che mostra che nel caso dell'Italia il debito pubblico attuale di circa 1.950 miliardi (2011) è pari alla somma cumulata di tutti gli interessi, cioè il debito è dovuto agli interessi, il problema del debito è solo che da 30 anni ci si pagano sopra interessi reali pazzeschi

(la tabella si ferma al 2007 con un valore del debito pubblico totale di 1.663.353 e un valore totale degli interessi pagati dal 1990 al 2007 di 1.605.543. Le due cifre sono identiche nel 2007 e se aggiorni i dati vedi che pagando circa 50 miliardi l'anno di interessi (ma quest'anno saranno 70 miliardi di euro) il totale del debito pubblico, che è di circa 1.950 miliardi di euro è esattamente pari agli interessi pagati)

Come dice Martin Amstrong nella sua ultima intervista "... l'idea che [il governo] prenda sempre a prestito senza estinguere mai il debito e che sia meno inflazionistico finanziarsi emettendo bonds invece che emettendo moneta... è pura follia... Se in USA avessimo emesso moneta per finanziare i deficit pubblici il nostro debito pubblico sarebbe il 40% di quello attuale.." (cioè sarebbe circa 4mila miliardi invece che 10mila miliardi di dollari)

Ma in Italia se avessimo emesso moneta per finanziare i deficit pubblici il nostro debito pubblico sarebbe probabilmente quasi zero ! Perchè da noi il peso degli interessi nel creare debito è stato molto maggiore, perchè il debito in % del PIL è intorno al 100% da quindici anni per cui gli interessi si applicano ad una massa maggiore e perchè il bilancio dello stato è in avanzo (al netto degli interessi) dal 1993 circa. 

Il calcolo esatto non lo tiri fuori subito dall tabella in fondo, perchè ci sono alcune complicazioni minori, ma intuitivamente invece di circa 2.000 miliardi di euro di debito pubblico ne avremmo circa zero. 

Questo può sembrare strano, ma ci di dimentica che dai primi anni '90 la differenza tra spese dello stato e tasse è positivo o pari, il bilancio è in attivo e il deficit è prodotto solo dal peso degli interessi. In pratica lo stato italiano SE AVESSE EMESSO MONETA INVECE DI EMETTERE TITOLI DI STATO per finanziarsi, avrebbe ripagato dal 1993 in poi tutto il debito!

("...per fare una verifica e approfondire un po’, procuriamoci dei dati più “analitici” dal sito dell’associazione NENS (Nuova Economia Nuova Società), ma sono di origine ISTAT (qui nel sito originale, file xls). ....ui una versione ods rielaborata, con le tabelle qui mostrate (ed altre).I dati vanno questa volta dal 1980 al 2007,... Anche qui si è fatta un po’ di aritmetica, ricavando il debito pubblico dal valore iniziale al 1980 e sommando anno per anno il deficit come risulta dallo sbilancio tra entrate e uscite complessive....Come si vede, il totale dei saldi degli interessi è addirittura superiore al debito pubblico, di 234 miliardi di €.

"Risulta anche che dal 1980 al 2007 lo Stato ha mediamente e complessivamente garantito ai suoi creditori una remunerazione di 4,2 punti percentuali superiore al tasso di inflazione. In realtà, ha fatto peggio: infatti la somma degli interessi sarebbe stata inferiore a quella effettivamente pagata, perché il punto finale è più o meno lo stesso, ma non così il percorso, come si vede dalla figura....Ad un tasso composto di questo valore, comunque, il capitale raddoppia in termini reali (non nominali) in 17 anni. Direi che i signori creditori sono stati trattati per niente male....". 

Questo è allucinante. Lo stato è l'unico che può garantire il rimborso del tuo capitale a 100, le azioni e le obbligazioni corporate non possono perchè vanno falliti e hanno crac per cui lo stato dovrebbe pagare appena più di un conto corrente, diciamo uno 0.5% più di un c/c.

Questi numeri mostrano che dopo aver per 25 anni ingrassato la rendita finanziaria, lo stato italiano deve risolvere il problema del debito semplicemente pagando di interessi, l'1% invece del 5%. Fine della storia. 

Altro che 90 miliardi di euro di stangate fiscali. Per legge lo Stato italiano decide che pagherà l'1% sui titoli di stato, prendere o lasciare, garantendo però allo stesso tempo che varranno sempre 100 alla scadenza perchè dichiara che li accetta per pagare le tasse. Fai così e il problema lo risolvi immediatamente. 

Nessuno infatti venderà più dei BTP facendoli crollare sul mercato, perchè sarebbe un idiota visto che poi aziende, banche e famiglie residenti italiane glieli comprerebbero a prezzi ad esempio di 90 o di 80 per pagare le loro tasse a 100 guadagnadoci. Lo stato italiano per legge NON DEVE PAGARE PIU' DELL'1% e ha i mezzi legali ed economici per farlo

(Questa qui sotto è la prima slide che metto alla presentazione di Rimini all'ITForum in maggio, anzi ne stampo duemila copie e li distribuisco a questa Fiera...)


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Veramente Monti sta fallenfo i suoi obiettivi?
di  Piotr (Пётр) - Megachip - 22 Aprile 2012

Paul Krugman pochi giorni fa su “La Repubblica” ha scritto che l'Europa deve disfarsi dell’euro e tornare alle monete nazionali per puntare ad un tentativo di ripresa neo-keynesiana.

Anche questo autorevole economista, così come molti suoi colleghi italiani antiliberisti, pensa in qualche misura che sia possibile un ritorno al “ventennio d’oro” del dopoguerra.

Ho esposto in varie riprese perché ritengo quest’idea un’illusione, dato il particolarissimo concorso di fattori politici, geopolitici e di disponibilità di risorse che portò a quel poderoso sviluppo materiale e alle forme politiche e sociali che assunse.

Basti pensare che esso seguì un’imponente distruzione di capitali dovuta alla guerra dei “trent’anni” (1914-1945) seguita ad un’altrettanto imponente capacità da parte degli Stati Uniti, vincitori, di egemonizzare, dominare e coordinare i processi di accumulazione mondiali. 

Senza contare la forza dei movimenti comunisti ed operai seguita alla sconfitta del fascismo, la presenza dell’Unione Sovietica e i successi dei movimenti di liberazione nazionale.

Che la finanziarizzazione, il neoliberismo e la cosiddetta “globalizzazione” siano state risposte alla fine di quella fase propulsiva keynesiana in Occidente è un'ipotesi che non viene mai presa in considerazione dagli economisti, critici e non, se si eccettuano pochissime e inascoltate eccezioni (una per tutte: Giovanni Arrighi). 

Si riesumano così le vecchie ricette sperando che funzionino ancora.

Krugman afferma con passione che i dirigenti europei sono dei folli a continuare sulla strada dell'austerità

È un po’ quanto pensa anche la maggioranza della sinistra di opposizione italiana che è convinta che Monti stia andando verso una sconfitta rispetto ai propri obiettivi perché l’austerità è destinata ad avvitare su se stesso il problema del debito, dato che essa sta portando dritta verso una lunga recessione se non ad una depressione.

Che questo sia una sconfitta rispetto agli obiettivi dichiarati è palese. Ma non sono così tanto sicuro che sia una sconfitta rispetto ai piani reali dell’attuale governo e di alcuni potentissimi settori capitalistici. 

È chiaro che sono al lavoro varie tendenze e direttive contrastanti che riflettono strategie e preoccupazioni economico-finanziarie, politiche e geopolitiche differenti.  

Ma in sé le crisi, e specialmente le lunghe crisi strutturali, sono sempre state momenti di grandiose riorganizzazioni del potere capitalistico

Già Marx aveva capito benissimo che durante le crisi la centralizzazione del capitale marcia a ritmi che non le sarebbero consentiti dal processo normale di accumulazione.

Proviamo allora a mettere tra parentesi per un momento la supposta fobia tedesca per l'inflazione o gli amorosi sensi dei dirigenti europei per il monetarismo, per il neo-liberismo e i per i banchieri e proviamo a immaginarci un altro scenario.

Se l’accumulazione capitalistica è, come penso che sia, una forma di lotta per il potere, la tripla recessione (depressione) - finanziarizzazione - centralizzazione potrebbe non essere una strategia così sbagliata per il capitalismo europeo, conscio che con i BRICS c’è poco da entrare in competizione sul piano industriale, se non per i prodotti ad alto valore aggiunto e probabilmente per l’agribusiness (settore strategico), e che un rilancio keynesiano è con tutta probabilità un’utopia

Che poi quella strategia comporti una sorta di medioevo sociale è l’ultima delle preoccupazioni dei decisori, che la ascriveranno alla rubrica “mantenimento dell’ordine”.

Il prossimo grande scontro intercapitalistico potrebbe verosimilmente svolgersi per il controllo geopolitico dei mercati finanziari. Se ciò è vero siamo alla vigilia di un periodo molto buio (la spremitura selvaggia della natura e della società, così come la conquista guerriera di posizioni geostrategiche sono in quest’ottica dei "collaterali di garanzia" per le strategie di alleanza con i grandi centri finanziari).

Se è così riesco a dare un senso ad un’affermazione un po’ criptica (e per altro imprecisa) dell’ultimo Latouche:
"Quello che ci attende, se non cambieremo rotta, è ancora peggiore: un razionamento drastico del denaro, che provocherà conflitti planetari sempre più violenti; una situazione del genere farà da brodo di coltura per movimenti fascisti e xenofobi, di cui già vediamo le avvisaglie e che in un futuro prevedibile si incaricheranno della gestione della penuria con sistemi autoritari." (Serge Latouche, “Per un’abbondanza frugale. Malintesi e controversie sulla decrescita”. Bollati Boringhieri, 2012, pag. 27)
Se si sostituisce "razionamento drastico del denaro" con "lotta per il controllo dei mercati finanziari" probabilmente guadagniamo in precisione.

Sostituiamo poi "movimenti fascisti e xenofobi" con "reazione di amplissimi strati sociali che saranno progressivamente depauperati" (reazione che ovviamente può essere facilmente intercettata da quel tipo di movimenti in assenza di un progetto progressivo ed emancipativo; è storico) e allora possiamo arrivare alla conclusione che l’autoritarismo richiesto per controllare la situazione non sarà appannaggio di quei movimenti, ma di una "autocrazia tecnico-politica" di cui stiamo vedendo i primi passi.