giovedì 15 dicembre 2011

La minestra avvelenata di Monti

Alcuni articoli sulla manovra finanziaria che il governo Monti sta per far digerire agli italiani.

Buon appetito...



Nonostante le modifiche rimane una pessima manovra finanziaria
di Massimo Ragnedda - http://notizie.tiscali.it - 14 Dicembre 2011

Basta chiamarlo governo tecnico. Il governo Monti è chiaramente un governo politico; della nuova fase politica, dove le scelte politiche le dettano le banche, i grossi gruppi finanziari internazionali e i grossi investitori esteri.

Sono loro che hanno in mano le sorti dell’Italia, dell’Unione Europea e degli altri Paesi democratici.

Sono le banche i nuovi tiranni del XXI secolo.

La chiamano Finanzocrazia, Bancocrazia, Spreadcrazia. Chiamatela come volete, ma è evidente che siano le banche a dettare l’agenda politica, e non solo in Italia.

Prima la Goldman Sachs, per citarne una, si limitava a reclutare persone influenti nei singoli paesi. Ora vi è stato un salto di qualità: mettere i propri uomini nei posti chiave, là dove si decidono le sorti dei paesi e dei loro bilanci. Vedi Monti e Draghi, giusto per fare due esempi a noi vicini.

È la nuova politica, fatta di antipolitica (l’odio verso la classe politico-partitica non è mai stato così alto e l’astensione alla prossime elezioni si preannuncia altissima), fatta di tecnici che dicono di agire sotto il ricatto degli spread e delle borse e impongono tagli e sacrifici in nome del mercato.

Una nuova classe (a)politica dettata dalle lobby bancarie e finanziarie, che impediscono le tasse sugli enormi guadagni derivati dalle transazioni fiscali e impediscono la cancellazione dei paradisi fiscali dove vengono riciclati i soldi sporchi e sfuggiti al fisco.

Secondo i calcoli di Manfred Bergmann, direttore per la tassazione presso la Commissione europea, con una semplice aliquota dello 0,1% sullo scambio di obbligazioni e azioni e dello 0,01% sui derivati entrerebbero nelle casse europee 57 miliardi di euro, con una netta riduzione dei contributi che i singoli stati versano alla UE: nel caso dell’Italia questo comporterebbe un risparmio di circa 6 miliardi di euro.

Stiamo parlando di un prelievo irrisorio che potrebbe essere aumentato con conseguente aumento degli introiti per uno stato e riduzione delle imposte sui cittadini.

Ma non solo. Si otterrebbe anche un altro grosso vantaggio: si stabilizzerebbero i mercati e si ridurrebbero le speculazioni. Mario Draghi si dice contrario.

Chissà perché penso che i cittadini, a differenza di Draghi, sarebbero invece d’accordo a far pagare una parte della crisi anche agli speculatori finanziari che si arricchiscono velocemente e spropositatamente.

La scelta su chi debba pagare la crisi è la scelta politica per eccellenza di uno stato sovrano.

Farla pagare ai pensionati, ai lavoratori e alle famiglie monoreddito, significa fare una manovra repressiva ed elitaria, che bastona i soliti e lascia intatti vecchi privilegi. Significa, in ultima analisi, far pagare i deboli.

Prof. Monti aveva promesso una manovra rigorosa, equa e di rilancio. Ma è chiaramente rimasto solo il rigore per i ceti deboli che non possono sfuggire alla mannaia del fisco.

Non ci voleva di certo un governo di esperti per fare la cosa più semplice, e iniqua, al mondo: aumentare le tasse sui carburanti, toccare le pensioni dei più deboli e reintrodurre la tassa sulla prima casa. E questo nonostante i miglioramenti apportati alla manovra, martedì 13 dicembre.

Non vi è accenno alla patrimoniale che avrebbe portato un bel gruzzoletto per lo Stato e avrebbe reso la manovra più equa e giusta. Invece niente. Pesa il veto di Berlusconi. E la visione elitaria di Monti.

Non vi sono i tagli alle spese militari: solo per l’acquisto di 131 nuovi cacciabombardieri spenderemo 16 miliardi di euro, ovvero metà della finanziaria.

Come dire: tolgo i soldi ai pensionati, aumento la benzina, introduco l’ICI per la prima casa per comprare 131 nuovi cacciabombardieri. Come non essere felici di questo.

Lo si fa per contare di più nel mondo, per sedere al tavolo dei vincitori nelle prossime future guerre, ma nel frattempo sempre più persone (come le fonti ISTAT dimostrano) non riescono ad arrivare alla fine del mese e a sedersi in una tavola imbandita.

Ma avremmo nuovi aerei ed era quello di cui avevamo bisogno. Le famiglie che non hanno di che mangiare ringraziano.

Non introdurranno l’asta sulle frequenze televisive. Berlusconi minaccia di staccare la spina. Quell’asta, così come accade in ogni angolo del pianeta, frutterebbe diversi miliardi di euro.

Ma Prof. Monti decide di regalarle: chissà, azzardo un’ipotesi, forse era la merce di scambio per far dimettere l’ex premier. E così altri 4 miliardi di euro vengono a mancare nelle casse dello Stato: ma tanto ci sono le pensioni da toccare e il PD non minaccia di staccare la spina per questo. Troppo responsabile per farlo.

La famosa questione dell’ICI alla Chiesa Cattolica. Dopo tanto clamore, legato al tam tam in rete che ha spinto i main stream media a parlarne, Bagnasco si dice pronto ad aprire una trattativa.

Caro Cardinal Bagnasco, lo dico con il dovuto rispetto, non si deve aprire una trattativa come si trattasse di un atto di clemenza nei confronti degli italiani: la Chiesa deve pagare come tutti gli altri, né di più (nessuno lo pretende) né di meno, semplicemente il giusto.

E come se un comune mortale sull’ICI dicesse: va bene trattiamo. No, il comune mortale paga e basta. La Chiesa, invece, si prende il lusso di trattare e, come ogni negoziato che si rispetti, otterrà dei benefici, ovvero sconti, ovvero meno soldi per gli italiani. Tanto c’è la benzina da tassare e le pensioni da tagliare. Quelle dei più deboli si intende.

Invece si dovrebbero tassare quelle super e non limitarsi, come la Fornero ha promesso dopo varie pressioni, ad un contributo di solidarietà del 15% sulle pensioni sopra i 200 mila euro annui.

Ne cito alcune: Mauro Sentinelli, classe ’47, ex manager Telecom, 3 mila euro al giorno di pensione. No, non ho sbagliato scrivendo, sono veramente 3000 euro al giorno, ovvero 90.000 euro al mese, ovvero più di un milione di euro all’anno.

Vittorio Sgarbi, ex parlamentare, in pensione a 54 anni, 8 mila e 500 euro al mese, Alfonso Pecoraro Scanio, ex parlamentare, in pensione a 49 anni, 9 mila euro al mese.

Achille Serra, Senatore che oltre allo stipendio da parlamentare (mica quisquilie) percepisce una pensione di 22 mila euro al mese. Giuliano Amato 31.411 euro al mese o, se preferite, 1.047 euro al giorno.

Giusto qualche esempio di pensioni d’oro che andrebbero completamente riviste. Non crede? E non dica che i diritti acquisiti non si toccano, come se quelli degli altri pensionati non siano diritti acquisiti.

Bene l’introduzione di un tetto per gli stipendi della Pubblica Amministrazione. Sarebbe auspicabile, in chiave di ridistribuzione delle risorse, un tetto agli stipendi dei manager. Perlomeno di quelli pubblici.

Penso a Guargaglini di Finmeccanica che mentre si appresta a mettere in cassa integrazione e poi licenziare migliaia di persone percepisce uno stipendio di 4.712.000 euro.

Penso a Scaroni (era con lei alla riunione del gruppo segreto Bildeberg questo anno) dell’ENI 4.272.000 euro o a Fulvio Conti dell’ENEL con 2.620.794 euro annui.

Ma anche un tetto ai super manager delle banche e delle altre società sarebbe auspicabile, fermi restando che essendo private possono liberamente scegliere come retribuire i propri manager e dirigenti. Penso al suo ministro Passera che nel 2010 ha licenziato 5000 persone mentre intascava 3.811.000 euro.

Infine mi viene in mente Profumo (qualcuno pensa a lui come potenziale papa straniero di un governo di centro sinistra), l’ex CEO dell’Unicredit che ha avuto una buona uscita (nel Settembre 2010) di 38 milioni di euro, mentre l’Unicredit ha chiuso l’anno con un utile netto in calo del 22%.

In altre parole lui guidava una banca che ha perso il 22% e per questo ha guadagnato 38 milioni di euro. Lasciatemi dire che trovo immorale e ingiusto tutto questo.

Il capitolo tagli alla politica rimandati a data da destinarsi. Ma di questo non parlo: sarebbe come sparare sulla Croce Rossa. La classe politica ha commesso un imperdonabile errore.

Infine non si parla di lotta alla corruzione, vero cancro da estirpare e che penalizza ed indebolisce il nostro paese e che costa agli italiani, secondo i dati della Corte dei Conti, 60 miliardi di euro (il 30% in più rispetto al 2009) né di inasprimento della lotta contro le mafie.

Roberto Saviano nel suo intervento nell’auditorium della New York University ha evidenziato come «tra 400 e 500 miliardi di dollari della criminalità ogni anno vengono riciclati dalle banche americane», e si tratta di «liquidità che arriva alle mafie e viene a mancare al sistema sano».

Mi associo all’appello di Saviano: spero che tra le priorità del Governo Monti vi sia una dura lotta contro le mafie che sappia aggredire questo immenso capitale riciclato nelle banche americane. Anche se quest’ultime, immagino, non gradiranno.



Restano solo le tasse
di Stefano Feltri - Il Fatto Quotidiano - 14 Dicembre 2011

Più equa, non certo più leggera, probabilmente altrettanto inutile, visto che sono rimaste solo le tasse. Dopo una lunga giornata di emendamenti, parlamentari e governativi, di vertici e tensioni, la manovra del governo Monti assume quella che dovrebbe essere la sua forma definitiva.

E il Consiglio dei ministri di ieri pomeriggio ha deciso che, se necessario, il testo sarà blindato da un voto di fiducia.

Taxi no, farmacie sì

I mercati, che ieri hanno punito l’Italia spingendo ancora più su lo spread a quota 466, non avranno apprezzato le incertezze sulle poche misure per la crescita rimaste nella manovra. Prima un emendamento dei relatori, in commissione alla Camera, rinvia tutto al 2013.

Poi in serata, su pressione del deputato di Fli Benedetto Della Vedova, il governo riporta la scadenza al 31 dicembre 2012: entro quella data devono esserci nuovi regolamenti che prevedano meno barriere di quelle attuali all’esercizio delle professioni, altrimenti cade ogni protezione.

Si salvano solo i taxisti (solo per ora, promette il governo), e si infuria la lobby della NCC, il noleggio con conducente, che da anni aspetta che cadano le barriere sul lucroso settore del trasporto urbano in auto.

Ma i più arrabbiati sono i farmacisti: “Le farmacie sono costrette a chiudere contro un governo capace solo di tagliare e smantellare i servizi che funzionano”, protesta Federfarma annunciando una “serrata” di protesta per lunedì.

Il ministro della Salute Re-nato Balduzzi si è impuntato: i farmaci di fascia C, con obbligo di ricetta ma pagai per intero dal cliente, si potranno vendere nelle parafarmacie (tipo quelle dentro i super-mercati) nei Comuni sopra i 15 mila abitanti.

Pensionati a metà

Il Pd esulta perché anche le pensioni tra 1.000 e 1.400 euro saranno rivalutate per l’inflazione. Almeno nel 2012, per il 2013 la copertura al momento c’è solo per quelle fino a 1.000 euro. Come ci tiene a sottolineare Vieri Ceriani, sottosegretario all’Economia, c’è stato un intervento a favore dei redditi bassi anche per quanto riguarda i conti correnti: oggi tutti pagano un’imposta di bollo di 34,2 euro, nella nuova versione della manovra ne saranno esentati tutti quelli che in un anno tengono sul conto in media meno di 5 mila euro. E sono in tanti.

Le imprese pagheranno 100 euro invece dei 73 attuali. E sempre il Pd ha incassato un minimo correttivo sullo “scalone” che alzava di botto l’età contributiva da 40 a 42 anni per gli assegni di anzianità (vedi pezzo qui sotto).

La copertura per questi interventi a tutela dei più colpiti dalla riforma Fornero dovrebbe arrivare almeno in parte da un prelievo extra sulle pensioni più alte: all’aliquota extra del 10 per cento sugli assegni superiori ai 150 mila euro l’anno si aggiunge un ulteriore 15 per cento sulla parte che eccede i 200 mila.

Le conquiste del centrosinistra si fermano qua, c’è un emendamento a cui i democratici tengono molto ma ha ancora un esito incerto: il tetto dei 290 mila euro all’anno agli stipendi dei super manager pubblici. Ci si prova da un decennio, senza risultati apprezzabili.

Cose di casta

Come prevedibile, gli interventi sulla casta passano nella versione più edulcorata. Il governo non potrà adottare un “provvedimento d’urgenza” (cioè un decreto) per imporre a deputati e senatori un taglio dei loro stipendi, ma i presidenti di Camera e Senato Gian-franco Fini e Renato Schifani assicurano che “entro gennaio studieremo un sistema di adeguamento delle indennità parlamentari”.

Chissà se per allora la commissione guidata dal presidente dell’Istat Enrico Giovannini avrà finito di calcolare qual è la media europea a cui uniformarsi. O se ci sarà modo di fare un altro rinvio come quello dell’abolizione delle province: mettere una data di scadenza entro cui far decadere gli organi giudicati inutili (come la giunta e i maxi-consigli) sembra proprio impossibile, quindi ora si parla di esaurimento “naturale”.

Semplicemente non saranno rieletti, poi nella fase transitoria ci sarà un commissario. Si prevedono tempi lunghi quindi, gli enti simbolo dell’ipertrofia della politica sembrano averla sfangata anche stavolta.

Tasse, ma non per tutti

Il Pdl di Silvio Berlusconi aveva di fatto ottenuto che nella manovra non fossero violati i suoi tabù. E Monti non ha certo interesse a irritare il suo azionista di maggioranza: la tassa sui capitali scudati cambia, come chiedeva la gran parte dell’opinione pubblica, ma non di molto: chi ha rimpatriato dall’estero capitali sottratti al fisco invece di una tantum dell’1,5 per cento pagherà lo 0,4 nel 2011, l’1 nel 2012 e altrettanto nel 2013.

L’Imu viene alleggerita, secondo la formula richiesta dal Terzo polo di Pier Ferdinando Casini: 50 euro in meno per ogni figlio.

C’è una piccola patrimoniale sui capitali detenuti all’estero, ma è giusto per pareggiare i conti con il bollo titoli in Italia altrimenti si incentivava la fuga verso la Svizzera anche dei soldi puliti, oltre che di quelli in nero (1 per mille nel 2012 e 1,5 nel 2013).

L’unica novità sostanziosa riguarda gli incentivi per l’assunzione a tempo indeterminato di giovani e donne: nel testo della manovra erano 200 milioni nel 2012 e 300 all’anno dal 2013 in poi. Ora sono 200 nel 2012 e 300 per l’intero periodo 2013-2015.

Una delle poche cose di cui Monti si era vantato a Porta a Porta viene parecchio ridimensionata. Nella notte sono proseguiti i lavori in commissione e oggi il decreto arriva in aula, alla Camera.



L’aziendalismo tecnico non ci salverà
di Roberto Marchesi - www.rinascita.eu - 14 Dicembre 2011

Sull’iniquità della manovra economica redatta dai professori del nuovo governo affidato a Mario Monti (Supermario per gli americani) non c’è bisogno di fare commenti tanto è evidente.

E del resto, dopo i vari passaggi nei soliti teatrini della politica televisiva italiana, è apparso chiaro che nemmeno loro hanno provato a sostenerlo, preferendo trincerarsi dietro la scusa che non c’era tempo per far meglio.

La realtà è che, oltre alla scarsità di tempo, c’è anche una evidente scarsità culturale a fare scelte di vera equità sociale, per il semplice fatto che quelle persone hanno studiato molto, e sanno fare bene, si, ma altre cose.

Non per niente li chiamano i “Bocconiani”, cioè gente formata all’Università Bocconi di Milano, che non è certo nota per formare bravi sociologi o politici, ma bensì per formare bravi tecnici nei campi della finanza e dell’economia.

Tradotto sul piano concreto questa è gente abituata a pensare, fin da quando erano ragazzi, e per tutto il tempo della loro carriera, in primis all’interesse del capitale e dell’impresa, anche quando questo va a discapito delle persone, di solito dei lavoratori subordinati.

Normalmente questo è visto, anche nelle società non dichiaratamente capitaliste, come un merito, non come un difetto, specialmente quando c’è da risanare qualche impresa a qualunque costo.

E il “qualunque costo” è proprio ciò che differenzia maggiormente questi “tecnici”, perché loro lo intendono sempre allo stesso modo: tagli a tutti i costi dell’impresa e libertà di licenziare senza riguardo per nessuno allo scopo di tentare di ripianare il bilancio.

Questa crisi è già costata milioni di posti di lavoro negli Usa e in Europa. E non è finita, proprio oggi Citibank, la terza banca per dimensioni negli Usa, ha annunciato il prossimo licenziamento di altri 25.000 lavoratori.

Francamente non è che occorra essere geniali per fare queste cose, basta avere la giusta dose di insensibilità verso le sofferenze inflitte agli altri e il compito diventa tutto sommato abbastanza facile.

Ma comunque, è raro che ciò sia sufficiente a risanare una impresa in difficoltà. Potrebbe bastare, forse, (facendo guadagnare tempo all’impresa) quando le difficoltà derivano da una crisi esterna, altrimenti è indispensabile avere la mano leggera sui tagli e i licenziamenti ed attivarsi invece verso un rilancio produttivo ristrutturando gli impianti, diversificando le produzioni e allargando l’area delle vendite. Altrimenti il fallimento è solo rinviato di poco.

Ma una nazione è molto di più che una impresa. Nel caso delle nazioni l’equazione per perseguire il salvataggio è molto più complessa.

Occorre avere una cultura superiore e diversa che normalmente un manager non ha in quanto ha una visione limitata all’area operativa dell’impresa (anche nei casi delle imprese più grosse).

L’impresa infatti, tanto più se è in un contesto di elevata competizione, non può farsi carico dei risvolti sociali del suo operato, questo è un compito a carico di chi controlla il territorio, ovvero dei politici.

Quindi per fare una manovra veramente equilibrata sul piano sociale il tecnico non basta, è indispensabile che ci sia sempre la mediazione e l’esperienza di qualche illuminato statista per confezionare un piano che sappia coniugare, insieme al rigore e alle concrete possibilità di ripresa economica, un serio rispetto delle persone e del contesto sociale.

Non è un caso che alle nostre orecchie, di questi tempi, arrivino in continuazione sollecitazioni esclusivamente di carattere tecnico: “L’Europa prescrive...”, “I mercati ci impongono...”, ecc.

Sono le sollecitazioni tipiche di chi vede il problema solo sotto il profilo “tecnico”, che è una visione sostanzialmente “aziendalista”, la quale in questo caso non è corretta nemmeno sul piano economico, poiché come abbiamo già visto in altre analisi di famosi economisti, anche sotto il profilo economico la ricetta dell’austerity in periodi di recessione è assolutamente sbagliata, e aggrava la situazione invece che risolverla.

Tuttavia, anche se alcuni dei “tecnici” scelti da Napolitano (Monti per primo) hanno esperienze più ampie che la semplice esecuzione aziendalista del loro incarico, dai loro discorsi e dalle loro scelte traspira in pieno proprio questo tipo di cultura, dalla quale non si possono più separare ormai.

Una cultura che è all’opposto della cultura umanista necessaria a far crescere armonicamente una società civile.

Sul piano dell’economia, in tempi di crisi, i sacrifici alle persone possono essere indispensabili, ma non allo scopo di privilegiare il dio denaro. La persona, la famiglia, il cittadino, devono sempre essere in testa agli interessi di chi governa. Rincorrere i mercati è follia totale. Sperare di soddisfarli è perfino colpevole ingenuità.

C’è un solo modo per vincere questa guerra coi mercati: regolarli seriamente.

Il governo italiano da solo non può farlo, ma almeno potrebbe cercare un’intesa coi partners, e in casa propria qualcosa potrebbe fare e invece non lo fa.



Italia, il governo Monti cancella i diritti
di Christian Elia - Peacereporter - 14 Dicembre 2011

L'art.6 della manovra cancella causa di servizio, la pensione privilegiata e l'equo indennizzo per chi si ammala al lavoro nel settore pubblico

Nei contratti, di solito, son quelle scritte in piccolo, in fondo al testo. E sono delle fregature. Nel caso della manovra del governo Monti, invece, era in bella mostra, ma sembra che non se ne sia accorto nessuno.

L'articolo 6 del Decreto Legge 6 dicembre 2011 n. 201 "Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici" varato dall'esecutivo recita: ''Ferma la tutela derivante dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, sono abrogati gli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata.

La disposizione di cui al primo periodo del presente comma non si applica nei confronti del personale appartenente al comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico.

La disposizione di cui al primo periodo del presente comma non si applica, inoltre, ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché ai procedimenti per i quali, alla predetta data, non sia ancora scaduto il termine di presentazione della domanda, nonché ai procedimenti instaurabili d'ufficio per eventi occorsi prima della predetta data''.

Di botto vengono cancellate cause di servizio ed equo indennizzo. Che tradotto in soldoni, lascia senza tutela e senza speranza di vedersi riconosciuto in giudizio un equo risarcimento le persone che si sono ammalate al lavoro.

I casi sono tanti, migliaia, in particolare per due categorie: coloro che vengono fatti oggetto di mobbing sul posto di lavoro e coloro che si ammalano per essere stati a contatto con l'amianto.

Cgil, Cisl e Uil, per lunedì 19 dicembre, hanno indetto uno sciopero del settore pubblico contro la manovra Monti, ma non appare nessun riferimento all'articolo 6 nei comunicati della mobilitazione. Anche su tutti i principali quotidiani nazionali non c'è traccia della norma. Ma la gravità della decisione, che salva solo i dipendenti pubblici del '' comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico'', pare passare inosservata.

Gli istituti tagliati sono tipici del rapporto di pubblico impiego. La causa di servizio è costituita dalla sussistenza di un rapporto di causalità tra la prestazione lavorativa effettuata ed una determinata infermità. Al fine di determinarne l'esistenza viene effettuato un giudizio medico-legale teso ad accertare il nesso tra la minorazione ed il servizio.

Scompare anche la pensione privilegiata introdotta nel 1973, attribuita al lavoratore pubblico se in conseguenza dell'infermità o della lesione derivante da fatti di servizio ha comportato l'inabilità assoluta o permanente.

Infine svanisce l'equo indennizzo, che è uno speciale emolumento avente natura indennitaria e per tali ragioni cumulabile sia con il risarcimento del danno che con il trattamento di pensione privilegiata, attribuito al dipendente pubblico nel caso in cui questi abbia subito una patologia riconosciuta dipendente da causa di servizio.

''Questa norma colpirà tutti quelli che si ammalano lavorando. Compresi i malati di amianto'', ha commentato l'avvocato Ezio Bonanni, presidente dell'Osservatorio Nazionale Amianto.

''La nostra associazione adirà tutte le sedi competenti, non escludendo una pregiudiziale di illegittimità costituzionale, oltre alle iniziative di mobilitazione già in corso in Italia, e all'appello a tutte le autorìtà istituzionali e forze politiche affinché non si prestino ad avallare dette modificazioni, contrarie allo stesso principio di uguaglianza, oltre che di equità e giustizia, rispetto a chi è stato già pesantemente pregiudicato in seguito a una patologia per causa di servizio''.



Le lacrime della signora Fornero
di Costanzo Preve - www.antimperialista.it - 111 Dicembre 2011

La domanda fondamentale: la giunta dei tecnocrati sa dove sta andando o sono completamente fuori controllo?

1. Domenica 4 dicembre 2011 gli italiani hanno assistito in diretta televisiva alla somatizzazione della crisi capitalistica nella forma del pianto della signora Fornero, membro della giunta tecnocratica di Monti.

L’indomani, all’interno della recita giornalistica, i commentatori si sono divisi fra chi ha detto che la signora torinese avrebbe dovuto controllarsi e chi invece l’ha lodata per la sua “umanità” (anche i tecnocrati hanno un cuore!).

Più avanti, interpreterò questo pianto come un sintomo non solo psicologico, ma anche storico e politico.

Questa giunta di tecnocrati, rappresentativa dell’evoluzione post-comunista del ceto intellettuale universitario, è in preda ad una contraddizione dialettica (ove la dialettica è sempre una compresenza di opposti in correlazione essenziale).

Da un lato, ritengono soggettivamente di sapere che cosa vogliono, e cioè un rilancio dello sviluppo attraverso la completa liberalizzazione e privatizzazione del modello capitalistico.

Dall’altro, sono oggettivamente prigionieri di un meccanismo riproduttivo completamente fuori controllo, anche se probabilmente non lo sanno, pieni di spocchia neoliberale e weberiana.

Ma prima, due segnalazioni prese in “rete”.

2. Mentre qui siamo ancora in preda alle simulazioni Destra/Sinistra, altrove gli studiosi hanno proceduto nello studio della riproduzione dei “fondamentali” del meccanismo capitalistico.

Si legga l’ottimo saggio di James Petras (datato 28/11/2011), pubblicato su Global Research e tradotto da www.resistenze.org (e ripreso anche su questo sito, NdR). Petras studia i meccanismi di decomposizione delle democrazie e la gestione direttamente tecnocratica della riproduzione oligarchica. Chi scrive ha già dedicato uno studio sui meccanismo oligarchici (C. Preve, Il popolo al potere).

In Italia questa discussione è resa difficile, ed anzi quasi impossibile, dal clima intellettuale creatosi dalla dissoluzione metamorfica del vecchio bestione-PCI e dal riciclaggio dei suoi intellettuali “organici”, ed anche dalla egemonia dei gruppi intellettuali di origine azionista-operaista, sacerdoti della dicotomia sacralizzata Destra/Sinistra e del sacerdozio eterno dell’antifascismo in palese assenza di fascismo. Petras, sia pure con alcune contraddizioni del tutto secondarie, va invece al cuore dei meccanismi tecnocratici sviluppatisi negli ultimi anni. Leggere per credere.

3. Al sindacalista Cremaschi, che parlava di “fascismo” riferito alla Fiat ed a Marchionne (cfr. Liberazione, 27/11/2011), il pensionato torinese Cesare Allara ha risposto con un modello di chiarezza e di razionalità dialogica che farebbe invidiare Habermas, se quest’ultimo prendesse sul serio la sua stessa teoria dell’agire comunicativo.

Allara, vecchio quadro militante dell’autunno caldo 1969-71, scrive: «A ben vedere l’antiberlusconismo liberistico/giustizialistico/moralistico è stato assai più devastante dello stesso berlusconismo. La gioia dell’intellettuale di regime Marco Revelli (un bobbiano di sinistra che copre le spalle al bobbiano di destra Zagrebelsky, nota mia CP), scritta e orale, in occasione della sostituzione di Berlusconi con Monti è il migliore esempio di questa devastazione culturale».

Se la categoria di “fascismo” è la sola categoria politica rimasta in comune sia ai sofisticati intellettuali universitari post-marxisti e weberiani sia alle plebi invidiose disoccupate si crea una situazione kafkiana, simile a quella di una medicina che conosce una sola patologia, la “peste”. Malattia agli occhi? Peste retinica. Malattia alla prostata? Peste prostatica. Malattia al cuore? Peste cardiaca. Eccetera.

Naturalmente, c’è una logica in questa follia. La prosecuzione (fra poco settantennale) dell’antifascismo in assenza manifesta di fascismo ha rappresentato (e rappresenta) il minimo comun denominatore di correnti disparate, il comunismo (l’antifascismo è più prestabile della dittatura del proletariato e del dispotismo staliniano), l’azionismo (il fascismo rivelazione dei difetti atavici degli italiani, popolo delle scimmie corrotto dai gesuiti), ed infine l’americanismo (no ai dittatori, non importa se rossi o neri).

È evidente che una simile risorsa ideologica, per di più gratuita, non poteva essere abbandonata, e doveva essere spremuta come un limone fino all’ultima goccia.

È del tutto chiaro che chi avesse osato contestarla poteva aspettarsi accuse di antisemitismo (ma come, non ti unisci anche tu alla nuova religione laica della Shoah?) e di rosso-brunismo, eccetera. Potrei fare i nomi di alcuni ridicoli personaggi che al posto del cervello hanno solo un veleno di scorpioni, ma è inutile annoiare il lettore con un gossip personalizzato.

E mentre il circuito intellettuale politicamente corretto ci deliziava con l’antiberlusconismo, con i vizi atavici degli italiani, con la sacralità tolemaica e geocentrica della dicotomia Destra/Sinistra e con l’eterno antifascismo in assenza di fascismo arrivava la giunta tecnocratica Monti.

Costoro sanno cosa vogliono o sono completamente fuori controllo? Questa è la sola domanda da porsi, non certo se siano peggio o meglio del Cavaliere o se siano di destra o di sinistra. Vediamo.

4. La giunta tecnocratica di Monti è composta di intellettuali universitari. Gli intellettuali devono essere considerati non come un insieme statistico di persone che usano il loro “intelletto” (se così fosse, sarebbe evidente che sono fra i gruppi che lo usano di meno, certamente di meno delle casalinghe e dei tassisti), ma come un gruppo sociale, da esaminare con i metodi della storia, della sociologia e dell’economia. Rimando qui a soli quattro fattori di comprensione:

(I). Gli intellettuali sono un moderno clero, incaricato della mediazione simbolica fra dominanti e dominati. Mentre al tempo del feudalesimo e della società signorile questo clero era composto da preti e religiosi, in quanto la legittimazione della struttura classista della società aveva un carattere religioso-trascendente, oggi la legittimazione classista ha un carattere storico-immanente, e viene gestita da un linguaggio economico, storico e sociologico (cfr. Costanzo Preve, Il ritorno del clero).

(II). A partire dal settecento, gli intellettuali illuministi, e poi romantici, ed infine marxisti (essendo il marxismo storico un positivismo per poveri fondato sulla ideologia del progresso, meno esistente ancora del paradiso del testimoni di Geova) si pensarono come legislatori ideali, mentre oggi vengono interpellati dai dominanti solo come esperti (cfr. Z. Bauman, La decadenza degli intellettuali).

(III). Secondo la definizione di Bourdieu, che faccio integralmente mia, gli intellettuali come gruppo sociale sono un gruppo dominato della classe dominante. Sono parte della classe dominante, perché dispongono di un “capitale intellettuale” da vendere sul mercato. Sono un gruppo dominato, perché sono subordinati al comando del vero gruppo dominante della classe dominante, i capitalisti finanziari.

(IV). Secondo le analisi dei due sociologi francesi Boltanski e Chiapello, la “sinistra” storicamente concepita si è costituita fra il 1870 ed il 1968 circa sulla base di una alleanza fra una critica sociale e politica alle ingiustizie del capitalismo, di cui era titolare la classe operaia, salariata e proletaria ed una critica artistico-culturale alle ipocrisie del costume borghese, di cui erano titolari gli intellettuali contestatori-avanguardisti.

Dal Sessantotto in poi questa alleanza è finita, perché il capitalismo, diventando post-borghese e post-proletario, ha liberalizzato integralmente i suoi costumi.

Il proletariato, vecchio e nuovo, è rimasto senza intellettuali, che sono passati tutti dall’altra parte, e per di più viene continuamente colpevolizzato per essere di “destra”, populista, razzista, leghista, politicamente scorretto, eccetera.

5. Già. Politicamente scorretto. Il ceto intellettuale universitario è oggi nella sua grande maggioranza caratterizzato da un profilo che potremo definire Politicamente Corretto (rivendico di averne fatto da tempo oggetto di studio analitico).

Il Politicamente Corretto è uno stadio di una lunga metamorfosi dialettica di illusioni e di delusioni. Filosoficamente è caratterizzato dal laicismo, dal relativismo e dal nichilismo, con preferenza verso Max Weber (il nuovo papa intellettuale che ha spodestato Hegel e Marx).

Politicamente è di centro-sinistra, antifascista in assenza di fascismo, multiculturalista, ha sostituito la vecchia lingua francese con la nuova lingua inglese (e quindi l’esistenzialismo con l’empirismo e con lo scetticismo, molto british), è contro il totalitarismo (e dunque con Hannah Arendt, politicamente molto corretta perché ebrea e donna), ed è convertito al neoliberismo, ai diritti umani ed all’interventismo umanitario con bombardamenti NATO incorporati.
Sulla base di studi storici durati da più di mezzo secolo vi prego di credermi: si tratta di uno dei profili intellettuali più orrendi di tutta la storia universale comparata.

6. Una volta inquadrata la natura sociologica della giunta Monti possiamo passare ad una sua analisi storico-filosofica. E l’analisi storico-filosofica non può basarsi sulla morale dell’intenzione di Kant e sulla avalutatività di Max Weber, articolo di fede per intellettuali universitari.

Dovrà basarsi sul metodo dialettico di Vico (l’eterogenesi dei fini), di Hegel (il percorso fenomenologico delle forme contraddittorie di coscienza soggettiva) ed infine di Marx (l’analisi delle forme di falsa coscienza necessaria agli agenti storici). Combinando insieme i metodi di Vico, Hegel e Marx, ed applicandoli alla giunta tecnocratica di Monti (si ricordi il rimando a James Petras), risulta il seguente modello:

(I). Soggettivamente, è chiaro che costoro sanno che cosa vogliono: un rilancio della crescita sulla base dell’adozione integrale di un modello anglosassone di capitalismo, concorrenza sfrenata e liberalizzazione integrale. In poche parole, non solo la fine di un secolo di riformismo socialdemocratico, ma anche la fine di un modello europeo di capitalismo.

Questo non potrebbe avvenire in Italia senza la mediazione attiva dei rinnegati nichilisti del vecchio PCI (di cui si ricordino il bombardatore del Kosovo D’Alema e della Libia Napolitano, il “comunista” preferito da Kissinger), la feccia sociologica peggiore sedimentata dalla storia italiana.

(II). Oggettivamente, quello che costoro soggettivamente vogliono non potrà mai essere fatto, perché il meccanismo capitalistico globalizzato e finanziarizzato è diventato fuori controllo. I greci sapevano già bene che non si può giocare con l’illimitato (apeiron).

Essi chiedono sacrifici per poter incrementare ulteriormente il meccanismo impazzito di questa riproduzione fuori controllo, non più limitata da fattori esterni (sostanzialmente due: modi di produzione precapitalistici e comunismo storico novecentesco). Essi chiedono sacrifici in nome della “ripresa dello sviluppo” (soggettivamente) per portarci verso il baratro (oggettivamente).

Faccio ammenda per aver scritto un intervento errato (cfr. Il tempo della vaselina). Non vaselina, ma lacrime e sangue. Costoro sono pericolosissimi, e non considero purtroppo opposizione i satelliti del PD Ferrero e Diliberto. Di Vendola e Grillo non parlo neppure, in base al comune senso del pudore.

7. Ed ora il pianto della signora Fornero. Lo valuto positivamente. Nella stessa mattina, questo esempio di animale universitario si era distinto in politicamente corretto, umiliando un gruppo di giovinastri aspiranti politicanti perché senza “donne” (intendo, donne in quanto donne, secondo il conformismo femminista di genere).

Mi ero detto: tipico comportamento universitario politicamente corretto. E poi è scoppiata in lacrime. Monti e Draghi, serpenti british senza anima, non lo avrebbero fatto mai. Se il complesso di colpa si intrufola nel gruppo sociale più osceno della storia umana, forse non tutto è ancora perduto. Almeno speriamo.