mercoledì 7 settembre 2011

Update italiota

Un aggiornamento sulla disastrosa situazione di un Paese ormai con le spalle al muro e il baratro davanti.

Chi bisogna ringraziare per essere arrivati a questo punto?

Beh certo, il cosiddetto premier va assolutamente ringraziato insieme a tutta la sua cricca di governo, della maggioranza e dei vari nani/ballerine/troie/faccendieri che lo circondano.

Un grazie va però anche alla cosiddetta opposizione: speculare, complice e inetta. Assente.

Ma il grazie assoluto, il più grande, va al popolo italiota che ha fatto di tutto per cacciarsi in questa situazione e meritarsi quindi lo spettacolo del baratro, lì a pochi centimetri, dalla privilegiata posizione con muro alle spalle e bastone nel culo.

Auguri, godetevi ora il panorama e, mi raccomando, fate tante foto...



Manovra, la fiducia nella manica

di Carlo Musilli -
Altrenotizie - 6 Settembre 2011

Come in ogni barzelletta ben costruita, la parte divertente arriva alla fine. Oggi il Governo si è accorto di non avere più tempo per giocare alla democrazia e ha deciso di porre la fiducia sulla manovra bis.

L'aspetto simpatico è che per settimane pidiellini di ogni sorta avevano negato di voler imboccare questa strada. Appena due giorni fa il presidente del Senato, Renato Schifani, aveva perfino "demonizzato" l'ipotesi.

Per il resto, in effetti, c'è poco da ridere. La notizia è arrivata con un comunicato che ha fatto seguito all'ennesimo vertice di maggioranza, stavolta a Palazzo Grazioli. Durante il loro ultimo summit, gli statisti che ci governano hanno anche stabilito una serie di modifiche alla manovra da far confluire in un maxi emendamento.

E lo hanno fatto davvero in zona Cesarini, visto che pochi minuti prima la conferenza dei capigruppo aveva fissato per domani il voto decisivo a Palazzo Madama. A questo punto, con un testo ormai blindato, il via libera definitivo della Camera potrebbe arrivare entro la settimana.

Vediamo quali sono le novità. Sull'Iva il premier è riuscito a piegare le resistenze di Tremonti, imponendo l'aumento di un punto sull'aliquota ordinaria (che passa così dal 20 al 21%).

Sorvolando sull'aumento dell'inflazione e la conseguente depressione dei consumi, l'aspetto più preoccupante è che ancora non è stata specificata alcuna scadenza. Eppure questa misura è sempre stata presentata come "temporanea".

Sul fronte delle pensioni invece è stata la Lega a chinare la testa, anche se alla fine la soluzione trovata ha l'odore del compromesso. Il nuovo testo prevede l'adeguamento delle pensioni delle donne nel settore privato a partire dal 2014 anziché dal 2015.

Nessuna modifica invece per i tanto odiati assegni di anzianità, su cui è stato il Carroccio a spuntarla. Nel complesso, non esattamente una rivoluzione previdenziale.

Fin qui si tratta di interventi ampiamente previsti. La novità più sorprendente è il ritorno alla Edmond Dantés del contributo di solidarietà. Ma siamo sicuri che sia proprio lui, quel demonio che obbligava il Cavaliere a "mettere le mani nelle tasche degli italiani" facendogli "sanguinare il cuore"? A ben vedere, no.

Rispetto al suo famigerato progenitore, il nuovo prelievo ha una soglia più alta (300mila invece di 90 e 150mila euro) e un'aliquota più bassa (il 3% invece del 5 e del 10%). Meno voti persi.

Tutto qui. Dopo quasi un mese passato a produrre invenzioni tributarie e previdenziali più o meno fantasiose, questo è il meglio che l'Italia ha saputo offrire ai mercati. Modifiche rabberciate all'ultimo minuto, giusto perché alla fine qualche cambiamento bisognava pur farlo.

Pesavano troppo le tirate d'orecchi arrivate dal Quirinale, dal presidente della Bce, Jean Claude Trichet, e dal suo successore Mario Draghi, attuale governatore di Bankitalia.

Peccato che si tratti d’interventi che non modificano nella sostanza una manovra troppo preoccupata della base elettorale per fare davvero il bene del Paese. Non solo si evita di colpire i grandi patrimoni, ma con l'ultimo intervento della commissione Bilancio del Senato sono state stralciate perfino quelle minime liberalizzazioni su cui si era trovato un accordo.

E le tanto sbandierate misure anti evasione perdono gran parte del loro appeal, strizzando l'occhio invece di far paura ai grandi evasori.

Non rimane che vedere come le nuove intuizioni del nostro Governo saranno accolte dall'Europa. Parte del mistero legato a questa manovra ubriaca si spiega proprio con quello che accadrà a Francoforte, dove giovedì si riunirà il board della Bce.

L'Eurotower dovrà decidere se continuare ad aiutarci acquistando i nostri titoli di Stato. Non è da escludere che scelga di chiudere i rubinetti, ma, più verosimilmente, si limiterà ad indicarci una data di scadenza.

Di sicuro c'è soltanto che l'Italia non ha saputo afferrare la mano tesa della Banca centrale comunitaria. Lo dimostra il fatto che negli ultimi giorni Piazza Affari ha ripreso a crollare e lo spread a viaggiare ben oltre i limiti di guardia.

Invece di sfruttare l'occasione che ci è stata offerta per riprendere fiato, abbiamo dilapidato gli ultimi spiccioli di credibilità che ci rimanevano in tasca. E purtroppo per noi, alle bugie credono solo gli elettori, non i mercati.


Un governo indebolito dalle tensioni interne e dal tempo perduto

di Massimo Franco - Il Corriere della Sera - 7 Settembre 2011

Si va verso il «sì» alla manovra oggi in Senato, ricorrendo alla quarantanovesima richiesta di fiducia. Ma la sensazione amara di avere perso inutilmente molto, troppo tempo, è difficile da cancellare.

La spinta decisiva a aumentare l'Iva, l'Imposta sul valore aggiunto, dal 20 al 21 per cento è arrivata sotto la pressione di mercati sempre più scettici sulla credibilità del governo italiano; e di un presidente della Repubblica che ha quasi intimato al governo di «rafforzare l'efficacia e la credibilità» della manovra per arginare una deriva finanziaria tuttora non scongiurata.

I miliardi di euro bruciati in giorni di ripensamenti sono un atto di accusa contro la maggioranza. Per quanto la crisi tocchi l'intera zona dell'euro e investa gli Usa, la peculiarità dell'Italia è di aggravarla con la confusione politica.

Le tensioni fra Silvio Berlusconi e il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, i veti della Lega, il pasticcio sulla riforma delle pensioni hanno prodotto un cortocircuito.

Il governo ne esce più indebolito di un mese fa, quando la BCE ha cominciato a comperare titoli di Stato per arginare l'aggressione da parte degli speculatori internazionali. Perfino la disastrata Spagna ieri si è ritenuta autorizzata a dare lezioni di serietà.

«Siamo molto preoccupati perché alcuni Paesi sono in una brutta situazione e non stanno rispettando i loro obiettivi: la Grecia e l'Italia, che si è rimangiata in pochi giorni il suo piano di aggiustamento», ha dichiarato il portavoce José Blanco. D'altronde, anche le decisioni di ieri sono state contrastate.

Tremonti si è opposto a lungo all'Iva al 21 per cento. Ne aveva spiegato le ragioni, a cominciare dai timori per l'inflazione. Il fatto che Berlusconi l'abbia imposta dice quanto sia ridimensionato il ministro.

Ma dice anche che erano necessari provvedimenti tali da garantire un gettito valutabile subito dai mercati. In più, lo scandalo che ha colpito il braccio destro di Tremonti, Marco Milanese, e che sarà discusso in Parlamento fra una settimana, ha ristretto i suoi margini.

Ritenere che l'ultima versione della manovra significhi un recupero per i titoli pubblici italiani non è scontato.

La tassa per chi guadagna più di 300 mila euro l'anno ha un valore soprattutto simbolico, e comunque non tocca l'evasione fiscale. Quanto alla legge costituzionale per abolire le Province, appare ancora più aleatoria negli effetti, visti i tempi biblici prevedibili per l'approvazione.

Resta la richiesta di fiducia, motivata da Palazzo Chigi con «la gravità del contesto internazionale», per approvare finalmente la manovra: un buon motivo fornito a gran parte dell'opposizione per aderire allo sciopero solitario della Cgil, e additare l'ennesimo rifiuto del centrodestra a discutere.


Mettete un punto
di Dario Di Vico -
Il Corriere della Sera - 7 Settembre 2011

Nessuno a questo punto può offendersi se cominciamo a chiamarlo governo Penelope. Come la sposa di Ulisse anche l'esecutivo di centrodestra presieduto da Silvio Berlusconi ha cucito, disfatto e ricucito la tela della manovra.

Siamo arrivati al quarto restyling e a questo punto c'è solo da pregare che ci risparmino il quinto.
E che approvino velocemente il provvedimento per tamponare la crisi di credibilità in cui siamo caduti.

Già le nostre banche stanno pagando a caro prezzo l'allargamento dello spread e anche un solo punto in più di tasso di interesse del debito ci costa a regime l'1,2 del Pil.
È evidente, poi, che operando con continui rammendi le coerenze alla fine risultano impossibili e il governo messo di fronte al riproporsi dell'emergenza, e incalzato dal Quirinale, ha finito per fare la scelta più scontata: aumentare le tasse dirette e indirette. Il tutto condito da un incredibile balletto delle cifre che è continuato anche nel weekend di Cernobbio.

Così ieri, nell'ennesima convulsa giornata in cui l'onore nazionale è rimasto appeso all'altalena del differenziale Btp-Bund, abbiamo dovuto subire persino lo sberleffo del portavoce del governo spagnolo, il signor José Blanco, che ha ironizzato sullo stop and go del nostro piano di aggiustamento e ci ha accomunati alla Grecia come affossatori dei mercati finanziari.


Sia chiaro: gli iberici stanno molto peggio di noi in quanto a tenuta dell'economia reale ma politicamente hanno fatto le mosse giuste. Hanno confezionato una manovra coerente e l'hanno approvata con voto bipartisan. Noi, da masochisti, abbiamo operato al contrario.


Prendiamo le pensioni. Un esecutivo coraggioso avrebbe completato la riforma e avrebbe colto l'occasione per delineare una prima tranche di scambio generazionale, il governo di Roma invece prima ha ceduto ai veti di un singolo partito, poi ha rivolto i tagli verso un settore di pensionati salvo cambiare successivamente direzione e rivolgersi altrove.


Anche in materia di liberalizzazioni ci si è rimangiati qualcosa. La deregulation delle aperture del commercio era una delle poche misure rivolte a stimolare la crescita, ebbene nottetempo la maggioranza ha messo in atto un blitz amputando il provvedimento e circoscrivendolo alle sole città d'arte o turistiche.


Stessa (perversa) logica è stata applicata alla liberalizzazione delle farmacie, con un emendamento il centrodestra ha reintrodotto il numero chiuso per evitare che prevalesse - testuale - «la logica della convenienza economica»!


Confidiamo, dunque, che la manovra venga approvata già oggi e che il Consiglio dei ministri domani, quando varerà il disegno di legge costituzionale di abolizione delle Province, operi con onestà intellettuale. L'iter è già di per sé lungo, tocca al governo scrivere un testo rigoroso e delineare un percorso accelerato. Un dubbio, però, resta: che fine ha fatto il dimezzamento dei parlamentari?



Berlusconi, una manovra per resistere
di Peter Gomez -
Il Fatto Quotidiano - 7 Settembre 2011

Basta un dato per capire come lo
stato confusionale, che alberga ormai da mesi nella testa del presidente del Consiglio, abbia irrimediabilmente contagiato tutto il governo. Alle 16.31 le agenzie di stampa battono una nota di Palazzo Chigi.

Vengono annunciati il voto di fiducia, l’aumento di un punto dell’Iva, gli interventi sulle pensioni delle donne, e l’istituzione di “un contributo del 3%” per chi dichiara un reddito
superiore ai 500.000 euro.

Alle 19,46, quando ormai è chiaro che il risultato dell’operazione supertassa ai ricchi è quasi nullo – riguarda solo 11mila contribuenti e porterà nelle casse dello Stato poco più di 35 milioni di euro – il ministro della Difesa,
Ignazio La Russa, lancia il contrordine.

Sarà tassato, dice, chi ha un imponibile superiore ai 300.000 euro. Le entrate previste restano poca roba (80 milioni circa).
Ma, visto che l’aumento dell’Iva e i tagli agli enti locali colpiscono i più deboli, l’esecutivo può tentare di far credere che questa volta paga anche chi sta meglio. Sempre che La Russa non abbia preso un abbaglio.

Nel momento in cui scriviamo, infatti,
il comunicato ufficiale pubblicato sul sito del governo continua a parlare di 500mila euro. Ma, in fondo, è quasi ininfluente sapere come sono andate esattamente le cose.

Di sicuro c’è che la manovra è iniqua (non colpisce la Casta e chi evade il fisco), carica di effetti recessivi e soprattutto insufficiente. Anche Palazzo Chigi lo sa, ma non si scompone.
Intanto l’interesse del premier e quello della sua maggioranza è uno solo: resistere.

Berlusconi vuole restare in sella un po’ per psichiatrico puntiglio e molto per timore. Niente di veramente nuovo. Il suo problema, anzi la sua
grande ossessione è quella di sempre: la magistratura e le indagini giudiziarie.

Il Cavaliere pensa di essere ormai arrivato allo scontro finale e ritiene che solo continuando ad essere presidente del Consiglio potrà se non vincere, almeno trovare una via di uscita. Nuovo invece è quello che accade in larghi settori della maggioranza.

Anche loro, è vero, vogliono resistere. Ma paradossalmente non hanno più l’obbiettivo di
mantenere per sempre il vecchio Cavaliere sulla sua poltrona. La missione (impossibile?) che si sono dati è un’altra. Avere il tempo per trovare qualcuno, magari un tecnico, che lo sostituisca.

Per poi farlo governare fino alla scadenza naturale della legislatura.
I parlamentari di Pdl, Lega e ancor più quelli dei cosiddetti Responsabili si rendono infatti benissimo conto che in queste condizioni quasi la metà di loro non sarà rieletta.

Così in molti vorrebbero far decantare la situazione.
Come? Passando la palla nelle mani di un nuovo premier che faccia dimenticare il vecchio. E che, sopratutto, approvi una terza manovra (quella vera, presto di nuovo richiesta dai mercati) e una riforma elettorale anche con il voto di centrosinistra e terzo polo.

A quel punto, nel 2013, forse (lo sperano) qualcosa sarà cambiato. Qualche italiano potrebbe persino aver scordato il loro disastro. La partita, almeno in teoria, se la potrebbero rigiocare. E se poi le elezioni andranno lo stesso male, non importa.


A partire dai 4 anni e 6 mesi di legislatura scatta, pure per chi finora non ne ha avuto diritto (circa 400 parlamentari),
il vitalizio.

Da quel giorno tutti nel Palazzo potranno davvero respirare. Gli altri, quelli fuori, no. Ma questo, ovviamente, è solo un dettaglio.


Paese di m…? Per forza, c’è Berlusconi

di Massimo Fini -
Il Fatto Quotidiano - 7 Settembre 2011

L’Italia è un Paese di m…
. Capisco che il presidente della Repubblica, che pur ogni giorno ci rompe i timpani con la retorica dell’Unità d’Italia, abbia le mani legate perché quell’espressione Berlusconi l’ha usata in una conversazione privata, peraltro con uno di quegli avanzi di galera di cui il premier italiano ama circondarsi.

Capisco, per gli stessi motivi, il silenzio del presidente della Camera e del Parlamento oltre che la dovuta inerzia della Magistratura.
Ma mi aspettavo un sussulto, un soprassalto di dignità da parte degli italiani, che a differenza delle cariche istituzionali non hanno obblighi di forma.

Non per un malinteso senso di orgoglio nazionale, ma perché quella frase, privata o meno, offende tutti noi, uomini e donne, singolarmente presi, dandoci dei ‘pezzi di m…’.


Mi aspettavo quindi che gli italiani scendessero in strada, non per il solito e inutile sciopero politico alla Camusso, ma per dirigersi, con bastoni, con randelli, con mazze da baseball, con forconi verso la villa di Arcore o Palazzo Grazioli o qualsiasi altro bordello abitato dall’energumeno per cercare di sfondare i cordoni di polizia e l’esercito di guardie private da cui è difeso, e dirgli il fatto suo.

Invece la cosa è passata
come se nulla fosse. Encefalogramma piatto. A parte un articolo sul Fatto del solito Travaglio, che ha trattato l’argomento, se così vogliamo chiamarlo, con la consueta, magistrale ironia.

Ma non è più il tempo dell’ironia, che depotenzia la gravità dei fatti.
Sono 17 anni che costui delegittima, di volta in volta, impunemente tutte le Istituzioni dello Stato: il presidente della Repubblica, il presidente della Camera, la magistratura ordinaria, la Corte costituzionale, la Cassazione, la magistratura civile, la Corte dei conti, il Tar, il governo (quando non c’è lui), il Parlamento (quando non ne ha il controllo) e adesso, in blocco, il popolo italiano.

Sono 17 anni che costui insulta tutti impunemente: “Pm eversivi”, “Pm sovversivi”, “Pm peggio della criminalità”, “i magistrati milanesi come la mafia”, “magistratura metastasi”, “magistratura cancro della società”, “i giudici sono antropologicamente dei pazzi”, “l’opposizione è criminale”, “i giornali sono criminali”.

E non è che un florilegio minimo di un repertorio che va avanti da 17 anni.
Fino a quando tollereremo che questo mitomane schizoide, questa faccia di bronzo, questa faccia di palta, questo corruttore di magistrati (nessuno crederà, sul serio, che Previti abbia pagato in nome proprio il giudice Metta perché ‘aggiustasse’ il Lodo Mondadori a favore della Fininvest), corruttore di testimoni (Mills), corruttore della Guardia di Finanza, concussore della polizia (caso Ruby), creatore di colossali ‘fondi neri’, campione, attraverso decine di società ‘offshore’, di quell’evasione fiscale che oggi dice di voler combattere (proprio lui che incitò gli italiani a ‘eludere’ le tasse)?

Democraticamente non c’è difesa quando esiste una maggioranza parlamentare che, in spregio a ogni principio di uguaglianza, sforna a raffica leggi ‘ad personam’ ed è persino disposta ad avallare la tesi che la marocchina Ruby fosse creduta nipote del presidente egiziano Mubarak.

E se oggi
“l’Italia è un Paese di m…” è perché abbiamo permesso a questo inqualificabile individuo, con la complicità dei suoi sgherri e ‘servi liberi’, di cacarci sopra per 17 anni.


Forse è la volta buona
di Uriel Fanelli -
www.keinpfusch.net - 7 Settembre 2011

Forse ci siamo. Per chi non lo sapesse, io sono un grande fan del default del debito pubblico. E ora, grazie a questa manovra, appare ormai inevitabile. Oh, so benissimo che alla fine dei conti tutti stanno seguendo logiche razionali.

Ma il problema è che il gioco globale adesso punta lì.
Che Berlusconi, dopo avere lasciato che il Parlamento combinasse un bordello stravolgendo più volte la manovra, avesse un suo tornaconto è chiaro.

Se chiede la fiducia, la legge passa così come è, cosa che è successa anche l'altra volta.
Se Berlusconi scompare per qualche tempo allora il parlamento (ed il suo partito) si mostra per quello che è, cioè un partito democristiano privo però di qualsiasi identità sociale.

Tremonti a sua volta lascia fare. Sa che mano a mano che la situazione si aggrava, e la borsa italiana riceve spintoni, sale il pressing della UE , cosa che toglie potere al governo la da' a Tremonti, il quale è l'unico che con la BCE e la UE ci parla.


Così, mano a mano che la cosa va in merda, Berlusconi è più debole e decide meno, e le manovre le scrive sempre di più la BCE, con cui Tremonti è in contatto più assiduo. Ovvero, di fatto Tremonti comanda per mandato BCE.
Visto dal loro punto di vista il gioco sembra razionale, ma c'è un piccolo problema: non è sostenibile.

La manovra è partita con una forma precisa qualche settimana fa, ma è bastato che passasse per il parlamento ed è stata completamente stravolta.
Il risultato è che si è bruciato l'effetto degli annunci. Voglio dire: alla prima crisi del debito il governo ha fatto approvare una manovra in tre giorni, manovra che è uscita dal parlamento così come ci è entrata.

Bella prova, che ha dato una monetina da spendere al governo: possiamo (e sappiamo) agire. Ma questo secondo iter, sebbene sia sensato dal punto di vista della politica interna ha come effetto quello di annunciare la manovra A e produrre la manovra B.

Questo significa che in futuro nessuno saprà se credere che davvero delle misure verranno prese, e che (se) saranno davvero prese.
A questo punto, cioè, non c'è alcuna forza capace di fermare il default.

Come se non bastasse, le manovre finanziarie sono state improntate tutte alla massima insostenibilità: "che cosa tassiamo adesso"?
È vero che le tasse -permanenti- sono una misura - strutturale - , ma è anche vero che non è affatto possibile pensare che a tutti i sussulti futuri del debito -che ci saranno, eccome- si possa reagire tassando di più.

Se tra dieci, venti giorni fosse (e lo sarà) necessaria una nuova manovra economica, potranno ancora dare un'altra pelata? Forse, se i sussulti di borsa sono sufficientemente forti.
Ma poi, ai susseguenti sussulti, potranno farne un'altra ancora? E un'altra ancora? No, è impensabile.

Già hanno dato un colpo serio alle banche con la storia della licenziabilità: quei clienti che hanno mutui casa ed un lavoro a tempo indeterminato, che sinora erano "abbastanza" sicuri, adesso sono di nuovo deboli.

Un bel peggioramento della qualità del debito delle banche ci voleva. È ovvio che entro qualche giorno dall'approvazione del documento e della norma sulla licenziabilità voluto per non scontentare Confindustria, otterremo una pelata sui titoli delle nostre banche, con conseguente nuova "minicrisi".

Quindi, non chiedetevi "se": ormai è tutta corsa cieca, come dicono i siluristi, siamo nella fase in cui non si può più fermare il processo(1). Il default avverrà.


Adesso andiamo alla parte bella. C'è stato qui in Germania (a Lindau)
un incontro interessante, riportato anche dai giornali italiani, che parlava tra le altre cose di default.

Diversi premi nobel per l'economia e hanno spiegato molto rapidamente come la pensano: ovvero che il default è un evento catastrofico per i mercati ma non per le nazioni.

Gli stati essenzialmente falliscono spesso , e persino in Argentina dove il fallimento è stato gestito malissimo oggi c'è una crescita dell'8%.

Che cosa sia a far crescere un paese così tanto dopo il default è semplice a dirsi: prendiamo l'Italia. Abbiamo un PIL di 1500 miliardi di euro circa, e paghiamo 90 miliardi di euro di interessi. Il che significa che se andassimo in default, il 6% del PIL smetterebbe di finire in interessi e ricomincerebbe (anche se le tasse non calassero) a diventare spesa pubblica di qualche tipo. Mica male. L'indicatore del PIL segnerebbe da subito un +6%, non appena finita la tempesta sui mercati.

Allora voi direte che il default colpisce i risparmiatori e blablabla. Davvero? Vorrei sapere, per curiosità, come sono messi "i risparmiatori" dopo le scorse tempeste finanziarie. Avevate pacchetti di azioni con FIAT, Generali, Unicredit, ed erano "bilanciati", non è vero? E adesso che fine hanno fatto?

Quello che voglio dire è che per alcune categorie di personaggi non c'è scampo comunque: Berlusconi ha poco da dire che non vuole la patrimoniale, ma le tempeste sui mercati sono una patrimoniale più che sufficiente, solo che è una patrimoniale che colpisce chi possiede azioni e titoli di borsa. Non direi che ci sia molta differenza.

Queste tempeste colpiscono principalmente ricchi e vecchi. Se vi chiedete chi sia ad averci rimesso, sono quegli investitori pigri, quelli che hanno comprato pacchetti "bilanciati" (che poi alla fine se l'intera borsa affonda non cambia niente) e quelli che hanno accumulato lentamente i soldi.

Tipicamente, vecchi che si arricchiscono con posizioni di rendita. Affermazione che ovviamente ha i suoi limiti statistici, ma dubito che qualche giovane precario abbia investimenti in azioni e/o bond.

Così, in generale sono piuttosto divertito nel vedere i polli di Renzo che battibeccano. Berlusconi dice che non intende fare delle patrimoniali perché non sono liberali. Aha. Ma la patrimoniale la sta già facendo la borsa: chi ci ha investito i soldi li ha persi. Forse era meglio la patrimoniale, almeno per loro.

I sindacati, che pure hanno contribuito al debito sostenendo la teoria della spesa pubblica infinita, adesso sono sul piede di guerra. Aha. MA chi erano quelli che dicevano "lo stato non deve per forza chiudere in attivo, si spenda"?

Chi erano quelli che dicevano "facciamo andare in pensione la gente con 18 anni, 6 mesi e un giorno?". Ora questi sono qui a dirci che la finanziaria è iniqua: oh, lo è. Ma non è neanche iniqua l'1% di quel che succederebbe in caso di default, chiudendosi ogni opportunità di finanziamento diversa dalle tasse.

Credono davvero, i sindacati, che in caso di default si potranno ancora mantenere i loro nullafacenti delegati, sistemati dentro l'amministrazione pubblica, per esempio? E credono che in caso di default si potranno aumentare gli stipendi degli impiegati del pubblico impiego?

In generale, penso che il default sarà anche un evento fortemente moralizzatore delle finanze. Semmai il pericolo viene da fuori.

Una Francia indebitata per il 75% e una Germania che sta per raggiungere il 70% del PIL non vogliono un'Italia che si libera del debito. Su questo bisogna essere chiari. I Francesi essenzialmente perché entità come AXXA detengono debito italiano in quantità enormi.

I tedeschi perché sanno che con il debito ridotto a zero, una nazione è comunque molto più competitiva. E un'Italia che cresca di 90 miliardi l'anno -che è il 6% del PIL- e che è quanto risparmieremmo di interessi che oggi paghiamo, non la vogliono.

D'altro canto vogliono conservare l'euro. Non possono permettersi di perdere la leva valutaria che ha tolto competitività ai concorrenti europei -vogliamo menzionare la politica del costo del denaro assurda, giustificata con il tasso di inflazione fantasma?- , e d'altro canto si rendono conto che un eventuale fallimento della zona euro sarebbe il loro disastro.

Non è affatto scontato che un' Italia che fallisca verrebbe buttata fuori dall'eurozona. Sarebbe possibile togliere al paese una parte delle decisioni sulla moneta, ma alla fine dei conti, quanto pesiamo oggi esattamente? Questa minaccia è davvero così terribile?

Trichet ha menzionato delle sanzioni. Ma per fare questo occorre che ci siano accordi politici. Accordarsi su sanzioni quando la Grecia sta per ristrutturare il debito e l'Italia lo farà in seguito (con tutto l'effetto valanga) mi sembra impossibile.

Specialmente perché conservando l'Euro il default italiano fa scendere la moneta di valore, ottenendo paradossalmente la svalutazione del debito altrui (pur con una certa inflazione) e una maggiore competitività.

La mia personale opinione è che (purtroppo) anche arrivando al default non si uscirà dall' Euro.

La domanda "ma l'eurobond può cambiare qualcosa" è stupida. Tutti pensano che l'eurobond possa cambiare le regole del gioco, ma le cose non stanno proprio così: l'unico vantaggio dell'eurobond è quello di assorbire il debito per spalmarlo su tutta Europa. Ma in caso di fallimento, chi paga?

La proposta di Prodi è quella di conferire in un fondo di garanzia beni immobili, oro e quant'altro. Ma a parte il problema della valutazione, il problema è che in caso di richiesta di liquidazione, un patrimonio del genere non è davvero liquidabile in tempi ragionevoli.

Se anche gli stati europei, conferendo le riserve auree e grandi beni immobiliari, riuscissero a garantire diciamo 2000 miliardi di euro a questo nuovo ed ipotetico fondo di garanzia, secondo voi quanto occorre per mettere sul mercato 2000 miliardi di euro di beni immobili? Oppure: secondo voi è pensabile, se invece pensiamo alle riserve auree, di mettere improvvisamente sul mercato 500 miliardi di euro in oro?

La verità è che l'eurobond è il solo concetto che funziona solo sulla carta, sui bilanci. Certo, secondo le convenzioni più diffuse nel mondo dell'economia è possibile creare un ente del genere. Ma poi, come è successo coi crediti subprime e coi derivati, questi enti teorici si troveranno a scontrarsi con la realtà: l'eurobond perderebbe di valore a tempo record.

Così, tutto quello che ho da dire è che sono curioso di vedere come e quando si arriverà al default, o perlomeno alla ristrutturazione parziale. È divertente pensare che proprio quelle lobby che stanno difendendo i propri privilegi sono quelle che, con il default, perderanno i "sudati" risparmi.

Essi sperano di aver vinto quando costringono il governo a ritirare la tassa oltre i 90.000 euro, ma se andiamo a vedere dove hanno investito i soldi, ci troviamo spessissimo la borsa. Ha senso pensare a salvarsi da una tassa che pesava il 5% dell'eccedenza del reddito, quando alla fine il prezzo delle oscillazioni di borsa è enormemente più elevato?

E vorrei vedere che fine farà il "fondo cometa" di Ferrero, per dire, con qualche altra settimana di borse agitate.

E vedrò cosa succederà a tutti quei giornali che -praticamente- vivono di fondi pubblici per l'editoria e di rimborsi sulla carta, non appena bisognerà fare dei severi tagli al bilancio. Chissà se si rendono conto che sono dei privilegiati, perché tutte le altre aziende se non ce la fanno chiudono, mentre i giornali hanno finanziamenti e rimborso sulla carta...

Così, la situazione è che ci aspetta un anno o due di scossoni, subito dopo il default. Moltissimi privilegi verranno meno, e nessuno ha ancora presente cosa siano "i privilegi": ognuno di noi considera diritti i propri e privilegi quelli altrui, così quando verranno meno (per forza di cose) ci sarà da ridere.

In ogni caso, cambiando la manovra dopo averla annunciata ormai il percorso verso il default è segnato.

Stiamo a guardare....


Note:

(1) In "caccia ad Ottobre Rosso" il comandante del sottomarino sovietico scartava il siluro approfittando degli ultimi metri di corsa cieca. Scordatevelo. Innanzitutto perché non sapete da che parte arriva il siluro, ma anche se lo sapeste ho brutte notizie per voi: hanno un innesco magnetico. Esplodono anche se passano VICINI ad una parete metallica.

In generale, se il nemico è nelle condizioni di lanciare un siluro, avete due alternative: padrenostro ed avemaria. Un siluro moderno ha più elettronica di un missile disegnato per inseguire aerei supersonici (un siluro pesante arriva ad un diametro di 65cm), e ha decine di volte più tempo per fare calcoli, nonché un bersaglio enorme.

Se sentite il bi-bip che fa un siluro quando si attiva cadendo in acqua (simile al bi-bip che Nokia usa per i cellulari, si) , la probabilità di morire è così alta che gli orbitali dei vostri elettroni si trovano, al 99% , già dentro la bara.