
Ritorna la rubrica News Shake, notizie a caso ma non per caso...
Dieci trend per il 2011di Gerald Celente - www.lewrockwell.com - 18 Dicembre 2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Giada Ghiringhelli       Dopo i tumultuosi anni della Grande Recessione, una persona mal ridotta  potrebbe desiderare per il 2011 un ritorno a tempi più generosi e  sereni.
Ma non è quello che prevediamo. Al contrario, i frutti  dell'attività - e dell'inattività - governativa ed istituzionale  matureranno in tendenze impreviste.
Le tendenze che abbiamo individuato in precedenza, e che abbiamo messo a  decantare per qualche tempo, giungeranno a maturazione nel 2011... e  non risparmieranno nessuno, in qualunque parte del mondo ci si trovi.
1. Il campanello d'allarme. Nel 2011 la gente, in tutte le  nazioni, si renderà pienamente conto della gravità delle condizioni  economiche, dell'inefficacia e dell'opportunismo delle cosiddette  soluzioni, e capirà che le conseguenze potranno essere disastrose.
Essendosi convinta che i leader e i saccenti "arbitri di tutto" non  saranno capaci di mantenere le loro promesse, la gente farà molto di più  che mettere in dubbio l'autorità: vorrà ribellarsi. Ci sarà terreno  fertile per una rivoluzione...
2. Il tracollo del 2011. Fra i nostri Top Trend per lo scorso  anno c'era il "crollo del 2010". Cosa è successo? La borsa non è  crollata. Lo sappiamo. Nel nostro Autumn Trends Journal abbiamo espresso  chiaramente che non avremmo previsto una crisi della borsa  - i mercati  azionari non erano più un indicatore affidabile di una reale ripresa  dell'economia. Tuttavia, gli indicatori affidabili (tasso di  occupazione, mercato immobiliare, tensioni monetarie, i problemi dei  debiti sovrani) erano tutti al limite fra crisi e tracollo.
Per il 2011,  esaurito l'arsenale di schemi per tenere a galla questi indicatori,  prevediamo "il tracollo del 2011": le economie barcollanti crolleranno, e  ne conseguirà una guerra delle valute, saranno erette barriere  commerciali, si disgregheranno le unioni economiche, e tutti  riconosceranno l'inizio della Greatest Depression (ndt. Peggior  Depressione).
3. Spremi la popolazione. Con il peggiorare della situazione e  l'impoverimento della popolazione, le "autorità" intensificheranno gli  sforzi per ottenere il denaro necessario per adempiere alle obbligazioni  fiscali. Seppur con variazioni sul tema, la canzone dei governi sarà  sempre la stessa: tagliare le uscite, aumentare le entrate.
4. Ondate di crimine. Niente lavoro + niente denaro + debiti in  aumento = più stress, relazioni tese, mine vaganti. Nel 2011, basterà  un'inezia per far scoppiare una mina vagante e la criminalità sarà  all'ordine del giorno. Quando la gente perde tutto e non ha più nulla da  perdere, perde tutto ciò che le resta.
Le privazioni porteranno a  crimini trasversali allo spettro socio-economico, che saranno commessi  da schiere di disperati allo stremo, che cercano di fare tutto ciò che è  in loro potere per tenersi un tetto sopra la testa e mettersi qualcosa  sotto i denti.
5. Giro di vite sulla libertà. Al crescere del tasso di  criminalità, sicuramente si chiederà a gran voce un inasprimento dei  provvedimenti. Ci sarà una crociata di gente che chiede "pugno di ferro  contro il crimine". E come nella "guerra al terrore", dove i "sospetti  terroristi" sono stati uccisi prima che la loro colpa fosse stata  provata o incarcerati senza processo, nella "guerra al crimine" chiunque  sarà sospettato finché non si proverà la sua innocenza.
6. Energie alternative. Nei laboratori e nelle officine lontano dagli occhi degli analisti del 
mainstream,  visionari scientifici e imprenditori forgeranno una nuova fisica basata  su principi un tempo ritenuti impossibili, lavorando per creare  strumenti che producano più energia di quanta ne consumano.
Di cosa si  tratterà, e quanto tempo sarà necessario prima che compaiano sul  mercato? Gli investitori accorti ignoreranno lo scetticismo del "non è  possibile", e analizzeranno le opportunità di successo delle energie  emergenti.
7. Giornalismo 2.0. Sebbene la tendenza sia in corso dall'inizio  della Rivoluzione Internet, il 2011 sarà l'anno in cui nuovi metodi di  diffusione dell'informazione renderanno obsoleto il modello del 20mo  secolo. Con la sua impareggiabile capacità di andare oltre i confini  nazionali e le barriere linguistiche, "il giornalismo 2.0" ha il  potenziale per influenzare ed educare la cittadinanza.
E i governi ed i  baroni dei media non lo permetteranno sicuramente se riusciranno. Delle  centinaia di tendenze che abbiamo previsto in questi ultimi trent’anni,  poche avrebbero potuto avere effetti di così ampia portata...
8. Guerra cibernetica. Solo un decennio fa, allo sbocciare  dell'era digitale, quando gli hacker erano visti come fastidiosi  fanatici del computer, prevedemmo che l'intrinseca fragilità di Internet  e la vulnerabilità dei dati contenuti in esso lo avrebbero reso oggetto  di crimini cibernetici e che ne sarebbe conseguita una guerra  cibernetica. Nel 2010 tutti i principali governi si sono resi conto del  fatto che la guerra cibernetica era un pericolo evidente e già presente,  ed infatti, essa ha già avuto inizio.
Gli effetti tangibili della  guerra cibernetica e del crimine cibernetico, ad essa connesso, sono già  significativi - e diventeranno davvero importanti nel 2011.  Allo  stesso modo, saranno imponenti le dure misure che verranno prese dai  governi in tutto il mondo per controllare il libero accesso alla rete,  per identificare gli utenti, e bloccare letteralmente i computer  ritenuti pericolosi per la sicurezza nazionale.
9. Giovani del mondo intero. Con la laurea in mano, ma ancora  disoccupati, indebitati e senza prospettive all'orizzonte, sentendosi  traditi e arrabbiati, costretti a tornare a vivere dai genitori, i  giovani ventenni hanno un diavolo per capello, e non ne possono davvero  più.
Pieni di forze e di passione, ma non ancora maturi per controllare i  loro impulsi, gli scontri a cui parteciperanno potranno anche andare  oltre i limiti. Gli sforzi dei governi per esercitare il controllo e  riportare la gioventù a uno stato di pacifica accettazione saranno  maldestri e inefficaci. La Rivoluzione apparirà in televisione ... nei  blog, su YouTube, su Twitter e ...
10. La fine del mondo! Più ci avvicineremo al 2012, più  aumenteranno le voci che proclamano che "La fine è vicina!" In qualunque  epoca storica, ci sono state sette che hanno trovato segni e presagi  dell'imminenza della fine del mondo. Ma il 2012 sembra avere un  significato speciale in un'ampia fetta di quelli che credono nella "fine  dei giorni".
Secondo i seguaci di 
Armageddonite, la reale fine  del mondo e la distruzione della Terra per il 2012 è una certezza. Anche  chi è più razionale e si tiene aggiornato attentamente sulle infinite  crisi globali può avere la sensazione che il mondo sia in una situazione  di pericolo. Entrambe le correnti di pensiero stanno portando molti a  rivalutare le proprie chance di sopravvivenza, che sia essa in cielo o  in terra ...
Più Stato meno mercatodi John Kleeves - www.centroitalicum.it - Numero di novembre-dicembre 2010 di ITALICUM
La leggenda del capitalismo e del libero mercato Dimenticate Marx e pensate ex novo al Capitalismo. Cosa si intende per  Capitalismo? Un’economia di libero mercato, il quale lasciato a sé  stesso e senza interventi statali permette la creazione di grandi  ricchezze concentrate.
Si intende questo, eppure se ci pensiamo vediamo che con un mercato  veramente libero non potrebbero affatto crearsi grandi ricchezze  concentrate: con un mercato veramente libero non potrebbe esserci il  Capitalismo!
Il fatto è che le grandi ricchezze concentrate, diciamo le grandi  aziende, per nascere e mantenersi hanno bisogno sempre di opere  pubbliche, di opere della collettività.
Immaginiamo ogni grande azienda, di qualunque settore, ai suoi albori.  L'industria dell'auto per esempio. Dopo l'invenzione del semovente in  vari Paesi degli imprenditori pensarono alla produzione di massa. Hanno  venduto bene le prime serie, ma poi avrebbero dovuto fermarsi: era  necessaria una rete stradale adatta.
Ma in un mercato libero lo Stato non ti fa le strade perché devi vendere  le tue auto ma ti dice: se le vuoi compra i terreni e asfalta, caro il  mio imprenditore privato, e rispetta i diritti dei confinanti, che sono  liberi cittadini in un libero mercato.
Avrei voluto  vedere come avrebbero potuto svilupparsi i colossi del settore, come la  Ford o la Fiat: avrebbero dovuto comprare striscia di terra dopo  striscia di terra, asfaltarla, recintarla e dotarla di un'infinità di  sottopassaggi e cavalcavia, curarne la manutenzione, rendere conto degli  incidenti che vi avvenivano. Sarebbe stato impossibile anche il primo  passo, l'acquisto dei terreni, perché ogni contadino avrebbe chiesto  cifre esorbitanti è ovvio.
Sarebbe rimasto al nostro candidato capitalista delle quattro ruote il  mercato militare: jeep e camion per l'Esercito, che viaggiavano sulle  strade da lui fatte, per i suoi scopi. E il tutto vincolato dallo Stato  (divieto di esportare, tipi di prodotti, eccetera), perché è roba di  importanza strategica.
Oppure pensiamo all'industria aeronautica e alle compagnie aeree. Begli  oggetti gli aerei passeggeri, ma richiedono aeroporti e in un libero  mercato lo Stato ti risponde come prima: Cosa c'entro io? Fatteli! E in  luoghi deserti, dove non infastidiscano nessuno col rumore, perché i  miei cittadini sono liberi cittadini in un libero mercato, e hanno dei  diritti.
Rimarrebbe come prima solo il mercato militare, con basi escluse ai voli civili. Poca cosa e coi soliti vincoli.
Oppure pensiamo all'energia elettrica da portare a ogni domicilio:  grandioso, ma occorre attraversare con i cavi le proprietà degli altri,  che potrebbero rifiutare o chiedere un tot, perché sono liberi cittadini  in un libero mercato.  Lo stesso per telefoni e telefonate: bisogna attaccare cavi alle case  altrui.
O per il trasporto via mare, per l'import-export e per le  crociere turistiche: hai bisogno di porti attrezzati e in un libero  mercato o te li fai o non trasporti.  Lo stesso per ogni altro settore potenzialmente atto a dar luogo a  grandi aziende, al grande capitale. Semplicemente in un libero mercato, e  ripeto libero, queste non possono neanche nascere.
Si obietterà: ma così sarebbe impossibile lo sviluppo economico e  civile! L'osservazione è irrilevante: questi sono gli esiti di un libero  mercato di liberi uomini. E poi lo sviluppo economico e civile non  sarebbe impossibile; solo, dipenderebbe dalla volontà dello Stato, che  comincerebbe a fare i patti con le aspiranti grandi aziende o imprese:  faccio le strade, i porti, eccetera, ma voglio la maggioranza della  proprietà delle vostre aziende perché sono io che vi faccio vivere.
In  breve - sorpresa - l'esito fisiologico di un veramente libero mercato è  la statalizzazione di ogni attività economica rilevante. Puoi possedere  tutti i mezzi di produzione che vuoi, ma se il mercato è proprio libero  non vai da nessuna parte.
Le Vere Leggi del libero mercato E anche se per mera ipotesi, per passatempo speculativo, concediamo che  in un libero mercato possano nascere grandi aziende private, come  farebbero poi a mantenersi? Un libero mercato è un mercato dove la gente  per quanto riguarda i fatti economici fa e disfà a suo piacimento, e lo  Stato non interviene, non premia e non punisce.
Non lo ha detto Adam Smith, il profeta del Capitalismo, che lo Stato non  deve interferire, che ci pensa la invisible hand (la "mano invisibile")  del libero mercato a regolare tutto per il meglio?
Bene, allora io compro a credito e non pago: è un atto economico e lo  Stato non deve intervenire. Dirà il medesimo: Non c'è stato furto (non  ha preso la roba dallo scaffale ed è scappato) ma il mancato rispetto di  un patto economico fra le parti: il mercato è libero, per definizione  non possono esserci leggi che lo regolino, e quindi arrangiatevi;  neanche chiedo la restituzione della merce, perché la vostra  transazione, non essendo regolamentata, non ha valore giuridico e perciò  chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto, ma se in seguito alle  recriminazioni ci sono violenze su persone o cose interverrò invece  immancabilmente, a punirne l'autore.
Cosa rimane ai produttori e ai venditori in questo regime di libertà economica?
Cosa fa la invisible hand?
Dice di consegnare la merce solo a fronte di un pagamento immediato e in  contanti, ecco cosa dice. Come fa il contadino al mercato: nella mia  mano il cavolfiore, nella tua il soldo. E questa è la Prima Vera Legge  dell'economia di libero mercato.
Ma così, appunto, addio grandi aziende, addio banche, addio Capitalismo.  L'invisible hand di Adam Smith protende il medio, gli gira dietro la  schiena, e va su.
Oppure io vedo sul libero mercato un bell'oggetto, lo faccio uguale e lo  vendo, magari a un prezzo più basso, perché sono un mago nell'arte  della concorrenza. Strilli e strepiti del fabbricante originale, ma cosa  deve dire lo Stato in un mercato libero?
Che la cosa non lo riguarda  perché io non ho rubato oggetti (ho pagato il campione ostentatamente, o  meglio, l'ho comprato a credito), non ho fatto violenze né altro, ma  solo lavorato, da cittadino libero in un libero mercato, dove si può  fare nell'economico tutto quello che si vuole.
Cosa dice ora l'invisible hand? Dice che non val la pena di far niente  che possa essere riprodotto a costo inferiore dal primo napoletano che  passa, che è la Seconda Vera Legge dell'economia di libero mercato. E  ripete il suo gesto su Adam Smith.
Oppure io sono un bambino ignorante, che non vuole andare a scuola. Il  Capitalista protesta con lo Stato: Obbliga i genitori a mandarlo a  scuola almeno sino ai 16 anni, dove insegnerai queste e queste materie, e  poi allettali a mandarlo all'università, perché mi servono operai,  quadri e dirigenti per la mia azienda; beninteso, io non garantisco il  posto a nessuno, perché c'è il libero mercato!
Ma in un Paese a libera economia di mercato lo Stato per mere ragioni di  civiltà impone un'istruzione di base, che a 12 anni è senz'altro  soddisfatta, e poi non obbliga più nessuno a continuare perché non deve  raggiungere alcun obiettivo economico: il mercato fa da sé, non è vero?  Se chi continua non è sufficiente per le esigenze dello Stato (scuole,  ospedali, ricerca, Esercito, eccetera), questi pagherà studenti perché  continuino, garantendo anche l'impiego.
Cosa dice l'invisible hand ? Che  al massimo si può possedere una fattoria con tanti braccianti agricoli  perché per il resto bisognerebbe formarsi il personale a proprie spese,  cosa proibitiva: la Terza Vera Legge dell'economia di libero mercato.  Ancora la mano invisibile torna su Adam Smith.
Oppure io sono un ladruncolo di supermercato, come ce ne sono decine di  migliaia. Ho rubato e lo Stato è disposto a processarmi, ma vuole la  presenza fisica del proprietario leso, che dica che la merce era sua,  perché in un libero mercato, dato che l'economico non è regolamentato,  solo le persone fisiche sono anche persone giuridiche, che possano  promuovere azioni giudiziarie. Se si tratta del proprietario di una  catena di supermercati dovrà passare la vita fra un processo e l'altro  in tutte le città del Paese.
Se è una società per azioni con tanti  azionisti dovranno muoversi tutti: sono i proprietari. Ovvio che ogni  volta bisogna lasciare perdere. L'invisible hand ? Dice che non si deve  sorpassare la dimensione del negozietto di famiglia, perché altrimenti  si è spolpati dai furti: la Quarta Vera Legge dell'economia di libero  mercato.
Il capitalismo è un fatto politico Si potrebbe continuare a lungo, ma il concetto è chiaro: il Capitalismo  non è per niente un frutto dell'economia di libero mercato. Adam Smith  si è sbagliato di grosso e tutti gli altri gli sono andati dietro su  questa impostazione, anche il signor Karl Marx.
Cos'è allora, il Capitalismo?
In prima istanza è un fatto politico. Esso rappresenta il comando  sull'intera società da parte di una categoria precisa di persone: gli  imprenditori. La categoria che comanda in una società potrebbe essere  qualunque: i coltivatori diretti, i soldati, i preti, i saggi, i  manovali; anche tutti (tramite un Autocrate: le monarchie e gli Imperi  non costituzionali). Col Capitalismo questa categoria è quella degli  imprenditori.
Ecco perché il Capitalismo si è potuto formare: gli imprenditori hanno  preso il sopravvento politico ed hanno modellato la società in modo da  potersi sviluppare a danno del resto della collettività, accumulando  così le grandi ricchezze concentrate.
Hanno cominciato a prendere questo sopravvento nel Cinquecento, in  Europa settentrionale, in modo concomitante con la Riforma Protestante.  Modellando la società la prima cosa che hanno fatto è stata proprio  quella di togliere la libertà di mercato, portando i governi ad  intervenire e a legiferare nell'economico costantemente a loro favore.
L'attuazione è avvenuta per gradi col sistema di governo detto della  "Democrazia parlamentare": ci sono le elezioni, che sono influenzate dai  media, che a loro volta sono potentemente influenzati dal danaro, e  quindi il gioco è fatto. Ciò è riuscito perché il tutto è stato fondato  sull'equivoco dell'amore per la "libertà", bella parola in effetti (è un  vecchio trucco quello di adulare la vittima designata; si chiama il  bacio della morte).
Quando il dominio degli imprenditori è molto forte si arriva a impedire  la partecipazione al voto degli elettori potenzialmente ostili: negli  Stati Uniti la legislazione e gli accorgimenti elettorali fanno in modo  che la percentuale di votanti alle elezioni di Contea - le più  importanti perché i loro esiti determinano le successive Statali e  Presidenziali - non superi il 25% degli aventi teoricamente diritto;  comunque nelle Statali non si fa superare la percentuale del 35% e nelle  Presidenziali del 50%.
In questo caso si ha una dittatura vera e propria, ancorché surrettizia;  è da chiamare dittatura dell'imprenditoriato. Dato che una grande  ricchezza è assai difficile da accumulare, ma una volta fatta quasi  automaticamente si conserva e anzi aumenta sempre più coi discendenti,  la categoria degli imprenditori al comando diventa rapidamente una casta  ereditaria.
Così è con certezza sempre negli Stati Uniti, dove sembra  che le grandi ricchezze vadano e vengano con grande facilità, e dove  invece non cambiano mai indirizzo: quel 50% della ricchezza nazionale  che è posseduto dall'1% della popolazione proviene, di eredità in  eredità, dai tempi coloniali.
L'efficienza del CapitalismoLa leggendaria efficienza economica del Capitalismo è anch'essa un fatto  politico. Non dipende dalla logica con cui in esso si svolgono  tecnicamente i rapporti economici. Dipende dal suo potere politico: più è  grande questo potere e maggiore è l'efficienza economica.
Prendiamo ancora gli USA: da cosa dipende la loro famosa efficienza, quella sbandierata sempre dalla Confindustria?
Dallo stato di terrore in cui sono tenuti i dipendenti, da cui sono  pretese prestazioni impensabili. Il dipendente americano deve eseguire  perfettamente quanto chiestogli, altrimenti è licenziato. Quanto  chiestogli è un ritmo e una qualità di lavoro, e per chi è a contatto  col pubblico anche un preciso atteggiamento. Fanno più pena i secondi  dei primi.
Impiegati e commessi devono essere gentilissimi e  pazientissimi col cliente, sorridere molto spesso per farlo sentire  gradito e importante, e così fanno sempre, anche quando apparentemente  potrebbero prendersi qualche libertà.
Perché? Perché ci sono i  controlli: incaricati di agenzie di consulenza aziendale - dei poveracci  a loro volta, pagati a cottimo o con la minimum wage - si fingono  clienti nel massimo modo sgradevole deciso dalla ditta committente come  tollerabile, e l'impiegato che butta il copione è licenziato.
I dipendenti pubblici sono controllati in modo particolare: tutti i  turisti italiani negli USA che entrano in un ufficio postale rimangono  meravigliati dal confronto con i buzzurri di casa e dicono: Che  efficienza! Che gentilezza!  Ti credo. Io posso aggiungere che sono anche onesti: offrigli una  bustarella e ti denunceranno subito, perché penseranno che sei un agente  provocatore.
E la pena per un dipendente pubblico corrotto è tremenda:  non solo è licenziato e sottoposto al giudiziario per una condanna  detentiva e il risarcimento dei danni, fissati sempre su misura per  togliergli tutti i beni mobili e immobili, ma perde anche la pensione  maturata.
La pena insomma è: prima ti farai un po' di prigione e poi tu e la tua  famiglia sarete degli homeless per sempre.  Fra l'altro il ricatto sulla pensione è il segreto della formidabile  disciplina delle Forze Armate americane: non c'è uomo più zelante e  ubbidiente agli ordini di un militare americano vicino alla pensione  (sempre che non debba rischiare la pelle davvero, si intende).
In breve l'efficienza americana non è dovuta al sistema capitalista, ma  al terrore, un terrore che si è potuto instaurare appunto perché si ha  una dittatura politica.
Qualunque dittatura può raggiungere l'efficienza americana, qualunque  tipo di economia abbia: basta che introduca pene analoghe. Ciò però non  si è mai verificato.
Perché ?
Perché nessuna è mai stata l'espressione della categoria degli  imprenditori, nessuna è mai stata così ferocemente, fisiologicamente,  antipopolare.
Le dittature classiche, che conosciamo, sono state o sono tutte  popolari, tese a fare l'interesse circa di tutti, come lo vedevano o lo  vedono. L'esempio di riferimento è la dittatura del proletariato, ma  anche fascismo e nazismo rientrano, anche dittature come quelle di  Gheddafi e Saddam Hussein.
Le dittature dell'America Latina, e analoghe, non c'entrano nulla col  discorso : sono regimi imposti dall'esterno, guarda caso proprio dagli  USA ; sono un tipo di amministrazione coloniale.
E l'efficienza dei Paesi dell'Europa Occidentale? Qui il potere politico  degli imprenditori non è così assoluto come negli USA ed effettivamente  la loro efficienza economica è più bassa. E' ancora notevole però, ed è  dovuta senz'altro alla paura che Paese per Paese gli imprenditori sono  riusciti, sempre per via politica, a istillare nei dipendenti.
L'efficienza minima si ha nell'amministrazione pubblica italiana, perché  non è possibile il licenziamento né altro, praticamente; nelle aziende  private invece si ricorre a torture psicologiche devastanti, come il  mobbing ad esempio, che sempre partono dall'alto per forzare le  dimissioni. Sono dei reati, delle aggressioni (che ogni tanto risultano  fatali: sono le "morti bianche"), che non sono riconosciuti dal Codice  Penale solo perché i loro responsabili hanno troppo potere politico.
Ma le cose possono cambiare e si spera sempre che le galere possano  finalmente riempirsi della gente giusta.  Non bisogna comunque esagerare la portata dell'efficienza economica  dell'Occidente. E' capitalista-terrorista, dove più e dove meno, ma è  anche colonialista, e non è facile valutare quale delle due cose incida  di più nei Prodotti Nazionali. Bisognerebbe provare, ecco: togliergli lo  sfruttamento coloniale e vedere che fine fa.  Secondo me, non un granché.
Il capitalismo è anche un fatto esistenzialeIn seconda istanza il Capitalismo è un fatto esistenziale. Esistenziale  perché implica una valutazione della realtà umana assoluta, svincolata  dal tempo e dallo spazio. Perché gli imprenditori, cioè i ricchi,  prendano il sopravvento occorre per forza un qualche consenso generale:  occorre l'ammissione, magari inconscia - appunto esistenziale - che ne  abbiano diritto.
Ciò è fornito dalla religione Protestante, che  interpretando correttamente l'Antico Testamento dice che la ricchezza  materiale è il segno della predilezione divina. E se i ricchi sono gli  approvati da Dio allora dovranno governare. Ecco perché la scalata al  potere degli imprenditori e la Riforma Protestante sono andate di pari  passo.
In conclusione il Capitalismo è un individuo siffatto: si veste da  banchiere, ma è un fior di politico, e culturalmente è un Protestante.  Questo ci dice che atteggiamento tenere. Innanzitutto occorre smettere  di parlare di economia con lui. L'economia non c'entra niente: è un  effetto e non la causa.
La causa è la politica e su questo tavolo va fatto il discorso. Che  verte sulla solita, primordiale domanda delle società umane: Chi comanda  ?
Lui dice che comandano gli imprenditori e noi diciamo che non ci sta bene, perché né lo siamo né lo vogliamo essere.
Lui dice che vince le elezioni e noi diciamo che le sue elezioni sono  truccate. Sono truccate perché i media sono in suo possesso e la gente -  è scientificamente dimostrato - non riesce a discriminare bene fra  quello che dicono i media e il suo reale interesse. Inoltre si  approfitta degli ignoranti e degli scoraggiati - dei poveri in pratica -  per indurli a non esercitare il loro diritto elettorale, perché  nonostante i media gli sarebbe sfavorevole.
Accetteremo il verdetto delle elezioni solo quando saranno giuste.
Non lo saranno mai?
Più che vero, ma ci accontenteremo di una grossolana approssimazione:  proporzionale pieno, obbligo di voto forzoso per tutti, quotidiani solo  dei partiti e mantenuti dallo Stato (non c'è nulla di peggio di un  giornale "libero" e "indipendente"), televisione solo pubblica e gestita  con parità da tutti i partiti a prescindere dalle loro consistenze  elettorali, obbligo per le librerie di tenere i libri di valenza  politica (come i libri di storia, ad esempio) pubblicati da tutte  indistintamente le case editrici, divieto di importazione di prodotti  culturali stranieri con valenza di propaganda (ad esempio di tutti i  film americani).
E' poco, è niente, ma sarà più che sufficiente a tenere ogni volta gli imprenditori ben lontani dal potere.
Basterebbe al limite l'obbligo forzoso del voto: se in una qualunque  società la percentuale dei votanti è vicina al 100% - come democrazia  vuole, non è vero? - il Capitalismo sparisce.
E il diritto divino dei ricchi a dominare sancito dal Vecchio Testamento?
Al Vecchio Testamento potranno credere i Protestanti e gli Ebrei, se  vogliono. Noi non siamo né l'uno né l'altro, né - per carità - vorremo  mai esserlo. Noi abbiamo un'altra dimensione esistenziale, noi operiamo  un'altra valutazione delle cose, in cui un testo così insensato, in più  dimostrato e ridimostrato falso ("profezie" retrodatate, taglia e cuci  di documenti, fonti accertate come una leggenda Sumera e il Libro dei  Morti egiziano, eccetera), non trova udienza.
Noi se siamo religiosi al massimo crediamo nel Nuovo Testamento. E vi  crediamo perché dice una cosa verosimile, e cioè esattamente l'inverso  del Vecchio: che per i ricchi non c'è salvezza. Infatti "E' più facile  per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco  raggiungere il Regno dei Cieli", e il Discorso della Montagna non  contempla certo un bel "Beati i ricchi perché...".
Se i ricchi sono condannati da Dio, perché dovrebbero comandare sulla  terra? Al contrario, visto che hanno sollevato loro - nel Cinquecento -  il problema delle gerarchie, bisognerà stabilire che devono essere  comandati, che devono cominciare a scontare la pena, qua fra di noi.
Complotti CIA, rivelazioni a prova di Bombadi Giulietto Chiesa - 
Megachip - 27 Dicembre 2010 
Avviso ai lettori di questa  nota. Vorremmo inaugurare una nuova serie di commenti e analisi,  dedicata interamente ai “negazionisti del complotto”. Cioè a quei  signori che, per incultura politica totale, ovvero per introiettata,  supina acquiescenza alle fonti ufficiali (il riferimento è, in questo  caso, ai giornalisti mancati) si affannano, ogni volta che qualcuno  cerca una spiegazione ai fatti che occorrono nella vita reale, ad  accusarlo di “complottismo”.
    Categorie,  le sopra  elencate, assai numerose, oltre che oltremodo dannose per la  convivenza  umana. Salvo che per un aspetto: che allietano la nostra  esistenza con  inaspettate capriole, gag, involontaria esibizione di  comica  insipienza, della qual cosa siamo loro moderatamente grati.   E veniamo al dunque. Il giornale più complottista del mondo – così ci pare di poterlo definire dopo la rivelazione dei nove banchieri nove  che si riuniscono una volta al mese a South Manhattan, nei pressi di  Wall Street, per decidere i destini, finanziari e non, del pianeta –  (s’intende il New York Times), appena messo piede nella Grande  Mela, mi gratifica di un altro episodio principe di complottismo al  quadrato.
Con un titolo in prima pagina che è tutto un programma, il New York Times ci aiutava a trascorrere  in pace il Natale e il Capodanno: «I segreti della CIA potrebbero affacciarsi in un procedimento penale svizzero». 
Ohibò, dico io. Sarà mica un altro episodio della saga di Wikileaks?
 No, state tranquilli. Wikileaks non c’entra. C’entra un magistrato  svizzero, nome Andreas Müller, Carneade che vuol mettersi nei guai, che  ha scoperto, dopo due anni d’indagini, i seguenti, succulenti retroscena  (leggi complotti).
 Retroscena uno: c’era un gruppetto di operatori economici, composto  da padre, e due figli, tali Friedrich Tiller (padre) e Urs e Marco  (figli), che aiutarono, per anni, l’architetto della bomba nucleare  pakistana, A.Q.Khan, a smerciare i suoi segreti verso la  Corea del  Nord, verso l’Iran, verso la Libia, insomma impiegati per conto della  nota sequela di “stati canaglia” come ebbe a definirli, a suo tempo,  George Bush Junior.
 Impiegati si fa per dire, perchè presero decine, probabilmente centinaia di milioni di dollari per questi servigi.
 Va bene, direte, ma che c’entra la  CIA? Ecco il retroscena due. I  Tiller lavoravano anche per la   CIA. E, s’intende, prendevano decine di  milioni anche per questo secondo servigio. Ma come? – direbbero Pier  Luigi Battista, o Ferruccio Bello, vuoi forse affermare che era la CIA  che controllava lo smercio di tecnologie nucleari? Risposta difficile a  darsi. Forse che sì, forse che anche.
 Fatto sta che la CIA pare abbia fatto fuoco e fiamme per impedire che  l’inchiesta del signor Andreas Mueller andasse in porto. Scrive il New York Times  che “l’Amministrazione Bush ha fatto pressioni straordinarie per  proteggere i Tiller da ogni investigazione, arrivando al punto di  persuadere le autorità svzzere a distruggere equipaggiamenti e  informazioni che erano state scoperte nei loro computers”.
  In effetti pare che ci siano riusciti solo in parte, ma quanto basta per fare sbottare il detto Mueller: il governo svizzero – ha detto il giovedì prima di Natale,  illustrando ai giornalisti un rapporto di 174 pagine – “ha interferito  massicciamente sul corso della giustizia, distruggendo quasi tutte le  prove”.
 Così abbiamo conferma di un piccolo complotto dentro un grande  complotto: il governo svizzero è sovrano, su certe questioni, come  Gianni Riotta è un frate francescano, o Augusto Minzolini un agente di  viaggi nel Mar dei Caraibi.
 E veniamo al retroscena principale (come lo chiameremo se non  complotto, visto che avveniva, ma fuori da ogni legge e, soprattutto,  fuori da ogni pubblicità?): com’è che la CIA usava i Tiller?
 Lasciava che passassero i disegni delle bombe a chi li aveva  commissionati, ma ogni tanto – senti senti l’astuzia ! – infilavano in  quei disegni, o in quelle apparecchiature, dei “difetti”, o dei bugs, che  avrebbero potuto sia provocare disastri in corso di fabbricazione, sia  fornire informazioni circa la prosecuzione dei “lavori” di costruzione  delle bombe. Naturalmente, in questo modo, la CIA poteva ostacolare il  procedimento.
Ma resta il fatto che la  CIA sapeva tutto in anticipo di  quanto stava avvenendo. A quanto risulta al magistrato svizzero, in  molti casi disegni e documentazione essenziale sono stati lasciati   “passare” con il beneplacito del servizio segreto americano. Il che  spiega perfettamente, adesso, perchè gli Stati Uniti non vogliono che la  verità venga a galla, e proteggono i Tiller.
 Questo è il punto. Se si scoprisse la verità, ogni volta che si alza  l’allarme atomico, sia esso in Nord Corea, sia in Iran, potremmo subito  ringraziare gli Stati Uniti d’America per il cospicuo contributo da essi  dato alle bombe atomiche dei paesi canaglia.
 Ma c’è un altro punto da far emergere, ad uso e consumo dei  “negazionisti dei complotti”. Questa storia ci dice, a chiare lettere,  che non c’è azione eversiva, gruppo terroristico, atto terroristico vero  e proprio, operazione di diversione, complotto, crisi di governo, che  non sia monitorato accuratamente dai servizi segreti americani.
 Onnipotenti? Niente affatto, perchè non si può essere  contemporaneamente onnipotenti e stupidi. Ma molto presenti, e molto  ricchi, questo sì, lo si può affermare. Quindi, quando scoppiano le  bombe, siano esse atomiche o al plastico, chiedetevi sempre, voi che non  siete “negazionisti del complotto”, quanto di ciò che sarebbe accaduto  probabilmente sapevano in anticipo i servizi segreti americani.
Naturalmente tutto questo non c’entra nulla con l’11 settembre del 2001.
Manipolazione della coscienza sociale attraverso i mass media
di Saida Arifkhanova - http://onlinejournal.com - 22 Ottobre 2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di NIKLAUS47
L’informazione è una parte importante nella vita degli uomini moderni.  Nella vita moderna l’informazione diventa un elemento sempre più  significativo assieme all’istruzione; il modo in cui la gente  interagisce con l’informazione definisce in buona parte il loro livello  d’esistenza.
Nel XXI secolo il possesso di informazione e istruzione determina lo  status di una persona moderna nella società. Assieme all’ambito  dell’istruzione, l’informazione determina gli ambiti del lavoro e  dell’economia ed influenza la sfera della politica statale.
La  manipolazione delle informazioni e della coscienza sociale nel nostro  tempo stanno diventando tecnologie per programmare il comportamento  delle persone.
Manipolando la società si possono distruggere alcune idee  dentro alla mente delle persone e su quelle rovine costruire nuove idee  e nuove fondamenta, come ad esempio una nuova ideologia.
I sistemi di telecomunicazione, concepiti come importante  raccordo per lo smistamento di informazioni, hanno un posto dominante  sull’ambiente umano. “La manipolazione dell’informazione è simile alla  disinformazione...” scrive lo studioso Vladimiri Volkov nella sua  “Storia della disinformazione”. Scrive che la manipolazione intesa come  distruzione ha tre scopi:
1. demoralizzare la nazione attraverso la disintegrazione dei gruppi che la conformano
2. screditare le autorità e i loro valori
3. neutralizzare le masse onde prevenire qualsiasi forma di  comportamento spontaneo a favore dell’ordine stabilito e ad un certo  punto portare al potere un piccolo gruppo di persone.
Un altro ricercatore, Sergey Kara-Murza, nel suo libro “Manipolazione  delle coscienze” segnala tre caratteristiche principali della  manipolazione:
1. La manipolazione è un tipo di influenza spirituale e psicologica  quando le strutture mentali e spirituali dell’individuo sono  bersagliate.
2. La manipolazione è un’influenza nascosta, fatto che deve restare sconosciuto a chi subisce la manipolazione.
3. Una manipolazione influente richiede considerevoli abilità e conoscenze specialistiche.
Nel suo lavoro “L’uomo manipolato”, il ricercatore Herbert Franke scrive  quanto segue: “Quando subiamo una manipolazione nella maggior parte dei  casi dobbiamo intendere un’influenza mentale esercitata segretamente,  di conseguenza a scapito di coloro verso i quali è indirizzata”.
Secondo tutti questi studi, la manipolazione dell’informazione  attraverso i mass media è indirizzata verso la società. Secondo  l’opinione degli scienziati, la manipolazione si rende necessaria quando  lo Stato è interessato a rendere popolari certe idee, cercando di  creare delle fondamenta ideologiche per giustificare determinate misure  d’influenza.
Dunque la propaganda lavora direttamente al servizio delle  necessità ideologiche dello Stato e di coloro che si trovano a guidare  lo stato.
Con lo sviluppo dell’economia e della generale commercializzazione dei  mezzi di comunicazione di massa, l’informazione è anch’essa diventata  una merce, vale a dire un articolo di scambio e i proprietari dei media  devono renderli appetibili al mercato, a prescindere dal fatto che i  media siano in primo luogo un’istituzione sociale e solo in seconda  istanza un’azienda privata.
Molto spesso, utilizzando pratiche prese in  prestito dal mondo degli affari, i proprietari di media privati cercano  di migliorare il loro prodotto rendendolo più adatto alle necessità e  alle richieste dei consumatori. E i consumatori di questo prodotto sono  il pubblico.
I mass media indirizzano i propri servizi alla società e ogni servizio viene proposto per la persona a cui è indirizzato.
La natura della manipolazione
Di regola la manipolazione ha un doppio impatto, quando assieme ad un  messaggio aperto, il manipolatore manda al destinatario un messaggio in  codice che produce nella sua mente le immagini necessarie al  manipolatore.
La manipolazione come tecnologia basata sulla suggestione  esercita la sua influenza sulla gente, e spesso riesce a farsi obbedire  facendo ricorso non tanto alle loro menti bensì ai loro sentimenti. La  suggestione è un sentimento profondo presente nella psiche, emerso prima  ancora del pensiero analitico.
Al di là della nozione di suggestione c’è anche la nozione di  persuasione e queste due nozioni sono piuttosto differenti. Qual è la  differenza in linea di principio tra la suggestione e la persuasione? Di  regola, la suggestione si raggiunge attraverso un metodo manipolativo.  Si basa sui sentimenti umani. Al contrario, la persuasione si basa su  fondamenta logiche.
Durante la persuasione vengono usati fatti,  argomentazioni e spiegazioni. Essi negoziano con la parte attiva  dell’essere umano, a cui vengono offerti una serie di argomenti che lui  può capire, accettare oppure rifiutare.
La differenza, in linea di  principio, tra suggestione e persuasione è che la suggestione penetra la  coscienza umana nonché la sfera mentale, stabilendosi come qualsiasi  oggetto della percezione passiva.
Dunque, la suggestione è l’intrusione di un’idea dentro alla mente  umana, senza la partecipazione della sua parte attiva. La suggestione va  a incidere sulla persona non attraverso la convinzione logica bensì  influenzando direttamente la sfera mentale - impiantandovi idee grazie  ai sentimenti ed alle emozioni.
Un’altra differenza tra la suggestione e  la persuasione è che, a livello dei processi psicologici, la percezione  è collegata direttamente con l’immaginazione, la quale ricombina  nuovamente gli oggetti una volta che vengono fissati nella memoria.
 Poiché l’immaginazione è meno collegata con la logica, essa è più  vulnerabile e più sensibile agli influssi esterni, trasformando  all’interno della mente quelle impressioni ricevute quando oramai  l’immaginazione ha creato immagini mentali o percettive.
A loro volta  queste immagini creano emozioni. Mezzi così forti per influenzare la  coscienza sociale, come il terrorismo associato alla televisione per  esempio, si basano su un simile connubio tra immaginazione e sentimenti.
I legami tra il terrorismo e la tv
Osservando come avvengono gli atti di terrorismo e come vengono riflessi  dai mezzi d’informazione, possiamo evidenziare alcune regolarità.
1. Atto terroristico
2. Televisione
3. Influenza sull’immaginario e sui sentimenti del pubblico.
4. Comportamento necessario programmato
5. Spegnimento del senso comune nel pubblico televisivo.
Esaminando, stadio dopo stadio, l’influenza dell’atto terroristico e il  modo in cui viene riflesso dai programmi d’informazione televisiva, si  può seguire cosa succede al fatto. Di regola, lo scopo principale del  terrore è intimorire e creare una paura diseguale. La paura scende  quando la tv fa un servizio su un atto terroristico o su un rapimento.
Non è un segreto che tutti coloro che siedono di fronte alla tv in quel  momento immaginano di trovarsi nei panni delle vittime degli attentati.  Quindi questo porta alla naturale identificazione di uno con la persona  vista in questa o quella situazione.
In una situazione del genere, la  coscienza e la mente sono in preda alle emozioni, che sovrastano la  persona e riducono l’introspezione critica. Dunque, manipolando i  sentimenti del pubblico attraverso la televisione, i terroristi, oppure  coloro che sono interessati a trasmettere quel servizio, attirano  l’attenzione sulle loro notizie. Hanno bisogno che la persona ricordi le  notizie.
A questo proposito, la notizia viene ritrasmessa ripetutamente  come mezzo usato attivamente per trattenere l’attenzione.  Caratteristiche come la stabilità e l’intensità della ripetizione dei  servizi d’informazione vengono usate a questo proposito. Inoltre,  vengono usate altre peculiarità tecnologiche della televisione, tra cui:
- le parole del presentatore
- musica
- immagini d’archivio.
Esaminando ancora una volta che cosa succede in realtà, ci rendiamo  conto che quando una persona riceve un messaggio, il modo in cui  interagisce con la sua memoria si divide due stadi. In un primo momento  abbiamo una memorizzazione passiva nel subconscio e in seguito  l’informazione viene processata dall’intelletto.
Quando l’informazione  ha forti tinte emotive, si “impianta” nella memoria ed inizia a  influenzare la coscienza. Come risultato della ripetizione viene  ricordata, per quanto questa memorizzazione sia involontaria, come la  pubblicità che spesso viene ricordata rapidamente e senza farci caso.
Attualità dell’argomento
Secondo B.E. Kretov, nella comunicazione politica un posto speciale è  occupato dallo scambio di informazioni tra governo e  governati per  avere il consenso necessario alle decisioni di governo mentre coloro che  vengono governati cercano di far sentire i propri bisogni e di renderli  pubblici.
Queste due parti possono raggiungere il consenso grazie  soltanto alla comunicazione - lo scambio di informazioni. Per  raggiungere l’unità con il popolo, le autorità cercano mediante i mass  media di impiantare nella gente le loro idee, concordanti con i loro  interessi.
I conflitti e le contraddizioni sono inevitabili in una  simile struttura di società, perché la stampa democratica si concentra  sulla libertà, sulla glasnost, sui dibattiti e sui diritti umani, mentre  l’esercito e la polizia si concentrano sulla disciplina, la segretezza,  la sicurezza e il patriottismo, oppure parlano della necessità dell’uso  della forza.
Tornando alla questione, dopo l’11 settembre 2001, un’atmosfera di paura  nei confronti degli attentati terroristici è stata diffusa lungo il  pianeta attraverso i mass media. Come risultato, in tutti i Paesi del  mondo il controllo statale sui mass media è aumentato come  giustificazione dell’idea di “sicurezza nazionale”.
La manipolazione presume sempre un pubblico - i rappresentanti della  società. I rappresentanti della società, influenzati da diversi servizi,  diventano parte delle masse e durante il processo di trasformazione da  individui separati a “folla collettiva”, aggregano caratteristiche  tipiche delle masse:
1. La tendenza verso la spersonalizzazione - l’individuo viene annullato  dalla coscienza della massa sotto l’influsso delle pulsioni.
2. Prevalenza dei sensi sulla coscienza - l’intelletto viene sopraffatto dai sentimenti e dagli istinti.
3. Si abbassano sia l’intelletto che i valori morali.
4. Il livello di responsabilità scende fortemente.
Tutti questi segni rendono il gruppo di persone particolarmente  vulnerabile e sensibile alle varie manipolazioni da parte delle  autorità.
Informazione estetica e semantica
Tutte le informazioni possono a loro volta essere suddivise in due  gruppi: informazione estetica e informazione semantica. L’informazione  estetica non viene sottoposta alla logica e sollecita un certo stato  mentale - emozioni e reazioni invece di una riflessione della realtà.
Più stabile, crea un’atmosfera nella coscienza umana.
Qualsiasi  informazione estetica è indirizzata non alla comprensione bensì alla  suggestione, di conseguenza può diventare facilmente uno strumento  d’abuso.
L’informazione semantica, o nozionale come spesso viene chiamata, si  basa sulla persuasione e l’interesse e viene indirizzata alla logica e  al senso comune. Questa aveva un ruolo importante nella attività  politiche prima del coinvolgimento attivo dei media in politica. Gli  sviluppi vengono valutati da metodi d’informazione semantica, attraverso  la percezione analitica - dicono gli esperti.
In senso pratico le autorità prediligono l’informazione estetica su  quella semantica perché è in grado di preparare azioni che contraddicono  la logica e il vero stato delle cose che qualche volta possono essere  invisi all’élite che detiene il potere. E’ un tipo di fenomeno che  dipende dal fatto che la l’informazione estetica non è mirata alla  comprensione, bensì alla suggestione di simboli stabili grazie all’uso  di svariati effetti.
Poiché i mass media come istituzione sociale hanno il prestigio di  essere una fonte ufficiale d’informazioni, godono di un alto livello di  fiducia da parte di un ampio pubblico e uno spera forniscano  informazioni valutative. Queste informazioni valutative inducono alla  creazione dell’opinione pubblica.
Se in senso pratico la stampa si basa  sull’onda semantica, la tv usa le sue potenzialità audio e video  influenzando la percezione estetica della coscienza del pubblico. La  televisione è il più importante strumento di influenza politica sul  pubblico per via delle sue caratteristiche tecniche oggettive.
I principi dell’estetica televisiva
La televisione è composta da un mosaico di immagini che rappresentano  l’intero pianeta sotto forma di servizi non collegati da un legame  logico monosemantico. I servizi che arrivano nella mente del  telespettatore rompono la dispersione generale del mosaico e questi  cerca di unirli in un insieme semantico.
Il testo letto dal presentatore  viene preso come un verità ovvia, a causa del prestigio tutto speciale  della tivù come istituzione mediatica. Se il presentatore legge un testo  sullo sfondo di immagini video registrate sulla scena dell’azione, quel  testo viene preso come verità assoluta.
In vista del fatto che la televisione gode della fiducia comune della  gente, è difficile per una persona diversa valutare criticamente uno  sviluppo. Questo succede anche perché l’informazione estetica sotto  forma di flusso audio e video non è costruita logicamente. Non c’è  sostanza, né argomentazione, né un contesto che abbia senso in quel  flusso se non viene aggiunto dal testo del presentatore.
La codifica manipolativa del servizio passa inavvertita dal pubblico di  massa perché la differenza tra la realtà e la sua interpretazione è  quasi intangibile mentre la distorsione della realtà è inevitabile. In  questo caso i servizi d’informazione vengono confezionati attraverso la  ripetizione, lo spezzettamento, l’urgenza ed il sensazionalismo.
Inoltre  prevalgono l’assenza di fonti alternative di informazione, la  presentazione univoca delle informazioni e l’occultamento delle notizie  alternative. Conseguentemente si crea una realtà virtuale invece di  riflettere la vera realtà.
La tecnica di isolare il destinatario dalle altre influenze viene usata  spesso, assieme alla semplificazione della presentazione delle notizie e  all’uso di stereotipi e metafore varie.
La lingua della manipolazione
Si presume che i giornalisti dei mass media usino una lingua “corretta”.  Questo vuol dire che una lingua “corretta” per la tv è quella usata dal  presentatore che legge il testo datogli da un editore, il quale a sua  volta lavora sul materiale prodotto da un giornalista come suggerito dal  capo.
Quindi le notizie vengono “create” presso la stazione televisiva.  Con l’aiuto di parole e del video viene sempre creato un contesto del  servizio, che può essere cambiato, semplificato o reso più complicato.
Una simile manipolazione è legata da vicino alla natura della percezione  umana. Gli esseri umani sono attratti per natura dalle spiegazioni  semplicistiche. C’è una certa caratteristica della coscienza umana che  regola tutte le informazioni nuove secondo gli stereotipi esistenti.
Il  metodo per una tale semplificazione consiste nell’aiutare il  manipolatore a dimostrare l’importante idea che deve essere suggerita al  pubblico facendo uso di una forma concisa, forte e impressionante -  l’asserzione. Di regola, il pubblico prende per buona la notizia senza  pensare.
Un altro metodo importante per rafforzare gli stereotipi nelle menti è  la ripetizione. La ripetizione dà alla notizia una caratteristica  assertiva aggiuntiva, in altre parole la fa diventare un’idea fissa,  un’idea che incita all’azione. La tecnologia propagandistica si basa  proprio su questa tecnica ripetitiva.
L’urgenza aiuta il servizio ad  avere una forte influenza sul pubblico, aumentando le opportunità di  manipolazione. La tecnica di spezzettare il servizio comporta la perdita  di senso e d’integrità.
Un fatto presentato con maggiore importanza e originalità è  artificialmente distorto dalla sua importanza. Alle notizie viene  attaccato in maniera artificiale un tocco di sensazionalismo. Di solito  viene fatto perché sotto la maschera del sensazionalismo si trova uno  sviluppo nascosto, che il pubblico non dovrebbe sapere. Molto spesso il  sensazionalismo viene usato per mettere fine ad uno scandalo o ad una  psicosi quando c’è bisogno di distrarre l’attenzione del pubblico.
In  molti Paesi dove le sorti dello Stato vengono decise dalla vittoria di  un partito piuttosto che di un altro, non dipende da quanto convincente  sia il programma del candidato bensì da quanto lui sia stato bravo ad  organizzare lo show mediatico. Le possibilità per un candidato di  vincere le elezioni dipendono dal riuscire ad essere il punto focale  della campagna mediatica.
Ci sono poi le notizie ufficiali e quelle non. Le notizie ufficiali di  regola appoggiano la ripartizione di forze già esistente e riflettono le  vedute delle strutture di potere in una data società in un dato  momento. Le notizie non ufficiali sono quelle che vengono dalle forze  d’opposizione.
Radicalmente diverse dalle notizie ufficiali, quelle non  ufficiali smuovono quel rapporto di forze. Per i propositi della  propaganda un’asimmetria nell’informazione è usata perché in ogni  società l’ideologia ufficiale si oppone a quella non ufficiale.
C’è anche un metodo di asimmetria nella copertura, quando un fenomeno  viene seguito nella sua totalità mentre un altro viene taciuto. Nella  vita quotidiana ognuno di noi può rendersi conto che un evento ha una  copertura positiva e un’altra negativa. In questo senso vediamo che  l’asimmetria nell’informazione scompare gradualmente e le persone si  abituano ad un’interpretazione di parte: positiva o negativa.
Come  risultato di analisi qualitative e quantitative eseguite sulla stampa  uzbeka, l’autore di questa ricerca ha svelato le principali tecnologie  usate. In senso qualitativo, questo lavoro ha lo scopo di studiare le  tecnologie per la manipolazione - l’uso di metafore, stereotipi e  ripetizioni. In senso quantitativo, è stata calcolata la quantità di  luoghi comuni precisi usati ripetutamente.
Per esaminare i siti d’informazione uzbechi sono stati scelti i siti  delle agenzie stampa “Turkiston Press” e “UzA” e del quotidiano  “Narodnoye slovo”. Questo esame ha mostrato come le notizie presentate  siano di parte. I materiali scelti non hanno la moderazione adatta alla  presentazione di notizie. Tutti gli sviluppi vengono trattati in maniera  predominantemente positiva. Per causa della ripetizione si produce un  effetto d’imposizione d’idee e di giornalismo di parte.
Inoltre, l’occultamento delle fonti d’informazione e l’uso della tecnica  dell’accennare senza dare mai i nomi veri, ad esempio: “sostenitori  stranieri” oppure “certi politici occidentali”. Vengono anche usate  metafore come queste: “certe forze oscure”, “briganti che hanno svenduto  la patria per una canzone”, “furfanti provocatori” “le forze oscure  sono in agguato e attendono il loro turno”.
Molto spesso totalmente  polarizzate, metafore in apparenza positive vengono usate su altri. Tali  caratteristiche diverse separano le persone in “buone” e “cattive” e  mettono in evidenza l’orientamento propagandistico di una determinata  pubblicazione.
Ci sono più informazioni neutre sull’agenzia di stampa  “Turkiston Press” perché la sua impostazione differisce da quella delle  altre due pubblicazioni sopra citate. Si può dire che l’informazione  viene presentata in maniera più professionale dal punto di vista  dell’imparzialità.
Leggendo brani da diversi servizi stampa si può notare il tentativo di  stereotipizzare, standardizzare e semplificare gli sviluppi. Tuttavia  molto spesso le pubblicazioni che presentano opinioni e tendenze diverse  le esprimono attraverso i loro giornalisti che le indirizzano al  pubblico.
La professionalità dei giornalisti all’ora di verificare la qualità del  materiale offerto dopo aver preso in esame l’autenticità e le sfumature  degli eventi non sempre può garantire un alto livello di fiducia da  parte del pubblico nei confronti delle fonti d’informazione. 
La corrispondenza tra ciò che viene pubblicato e l’informazione crea dei  criteri standard - tra cui l’efficienza, l’obiettività, l’autenticità e  l’espressione della propria opinione, a prescindere dalle condizioni  politiche fanno dei media un’istituzione di cui ci si può fidare, un  ideale per cui lottare.
Per il momento uno dei più grandi problemi è  l’autocensura da parte dei giornalisti nel presentare un determinato  fatto. Ci sono fatti su cui la pubblicazione dà una valutazione propria,  basandosi sulle opinioni degli esperti e dalle labbra di questi esperti  impone “un’interpretazione corretta” e presenta una finta obiettività  al pubblico sfruttando il metodo dell’analisi falsata.
Il pubblico di solito si aspetta informazioni valutative da parte dei  media. Questo è spiegato dal fatto che i mass media come istituzione  sociale godono il prestigio d’essere una fonte ufficiale d’informazioni,  di cui la masse si fidano.
L’esame ha mostrato come ci siano anche  citazioni provenienti da fonti anonime ed autorevoli le quali  suggeriscono l’idea dell’occultamento di una notizia e quindi la  creazione di una realtà virtuale invece di una  riflessione della  verità.
Conclusioni importanti
Esaminando le pubblicazioni di alcuni dei media in Uzbekistan, si può  individuare quali sono le diverse tecniche manipolative usate con  maggiore frequenza:
- Stereotipizzare
- “Polarizzare” il flusso d’informazioni
- Isolare il ricettore da altre influenze - mancanza di fonti d’informazione alternative;
- Parziale occultamento delle informazioni
- Servizi costruiti usando una terminologia professionale;
- Banalizzare
- Standardizzare
- Ripetere
Fra le tecniche manipolative speciali vi troviamo l’informazione  asimmetrica e la copertura asimmetrica. In questo caso possiamo anche  notare l’uso di metafore, il fissarsi sulle fonti autorevoli e spesso  anonime, l’uso di metodi di contrasto e falsa analogia e servizi  stereotipizzanti.
Il materiale usato dai media non è sempre professionale dal punto di  vista delle passioni del singolo giornalista e il desiderio di esprimere  il proprio punto di vista. Molto spesso, fidandosi delle opinioni degli  esperti, una pubblicazione fornisce una valutazione parziale e di parte  su di un determinato evento.
Prendendo in considerazione il fatto che  la tecniche per la manipolazione diventano sempre più raffinate, la  società deve far appello al senso di responsabilità sociale degli stessi  giornalisti e alla loro osservanza dell’etica del giornalismo come base  della professionalità di un giornalista.
Poiché i mass media producono  informazioni, intrattenimento e educazione per il pubblico, essi devono  cercare di combaciare con l’immagine rappresentata da un’istituzione  sociale progressista ed innovativa, la quale fornisce informazioni che  sono il più possibile obiettive ed efficienti.
I giornalisti devono  cercare di astenersi dal fare commenti a favore di questo o quest’altro  partito, cercando di essere equilibrati ed evitando di dare valutazioni  estreme su situazioni reali.
Evitare l’uso di espressioni estremistiche e di stereotipi  propagandistici fa sì che la fonte d’informazione meriti fiducia. La  presenza di fonti autorevoli e anonime esclude qualsiasi interpretazione  alternativa della notizia. Di conseguenza, un determinato stereotipo si  consolida nelle menti del pubblico.
Secondo analisi qualitative e quantitative, quanto più una pubblicazione  cerca di attenersi agli standard internazionali, tanto meno è motivata  ad usare tecnologie manipolative per attirare l’attenzione dei lettori.
Proporzionalmente alla crescita della responsabilità giornalistica nei  confronti  della società e non solo di fronte agli editori, cresce  inoltre la richiesta di professionalità nel giornalismo.
Attualmente i mass media progressisti si considerano un’istituzione  socialmente responsabile. Allo stesso tempo, quanto minori siano i  legami dei media, tanto meno verrà usato come uno strumento d’influenza  sulle menti del proprio pubblico.
 Quindi l’indipendenza economica dei  media è di grande importanza. La società, nel proteggere i propri  interessi, dovrebbe appellarsi di più alla responsabilità sociale dei  giornalisti, alla loro professionalità e alla loro osservanza dell’etica  del giornalismo come princìpi fondamentali della professionalità di un  giornalista.
*Saida Arifkhanova, giornalista e ricercatrice residente in Uzbekistan.
Bibliografia:
1. Mill, John Stuart. On Freedom.
2. Toffler, Olwin. Era of power removal.
3. Merrill, John. Review of International Media Systems.
4. Sudas, Larisa. Postmodernism, Part Image of Society in Postmodernist Sociology
5. Bertran Claude-Jean. Mass Media Ethics and Security Service
6. Aydan, White. Security and Mass Media.
7. Omente, Jerome. Americans’ Attitude to News Media
8. Kretov B.E. Social and Humanitarian Knowledge
9. Rudnev V. Culture Dictionary of XX century
10. Zagurskaya, Natalia. Postmodern Fundamentalism as Postmodern
11. Sorochenko, Viktor. Encyclopaedia of Propaganda Methods
12. Finkel, Viktor. Democracy and totalitarianism: awl and soap.
13. Totrov, R, Ruslan. Mass Media and Mass Consciousness
14. Dotsenko, E.L. Manipulation Psychology. Phenomena, Mechanisms, Protection. – M., 1996
15. Schiller, G. Manipulators of Consciousness. – M.:”Mysl,” 1980.
16. Kara-Murza S. Manipulation of Consciousness. M.: “Algorithm,” 2000.
17. Mol, A. Sociodynamics of Culture. – M.: Progress, 1973
18.     Pocheptsov G.G. Psychological Wars. – Moscow – Kiev:”Refl-book,” 2000.
19. Pocheptsov G.G. Communication Technologies of XX century. – Moscow – Kiev:”Refl-book,” 2000.
20. Zasurskiy I. Mass Media of the Second Republic. – M.: Moscow State University Publishers, 1999.
21. Leonov N.S. Information and Analytical Work in Foreign Establishments. – M., 1996
22. Zinovyev A. Russian Experiment. – M.: “L’age d’homme,” 1995.
23. Burdiu, P. Social Space and Symbolic Power. “Thesis” N0.2, 1993.
24. Konetskaya V.P. Communication Sociology.
25. James Petras, Culture Imperialism at the end of XX century.
26. Fedotova, Valentina. Manipulation as a Substitute for Democracy.
27. Le Bon Gustav. Psychology of Peoples and Masses
28. Freud, Zigmund. Psychology of the Masses and Analysis of Human “Ego.”
29. Levchenko A.E. Forms and Methods of Media Influence on Public Consciousness
Italia, la criminalità che non c'è
di Maurizio Bongioanni - Peacereporter - 27 Dicembre 2010
Un rapporto europeo sui media svela l'anomalia dei tg italiani: come lo schermo crea le paure della società
L'Osservatorio Europeo sulla Sicurezza ha diffuso un  rapporto sulla rappresentazione mediatica e la percezione sociale delle  notizie registrando un netto scarto tra la realtà e l'informazione,  quindi tra ciò su cui si concentra l'attenzione mediatica e quello che  la gente percepisce realmente.
Nel caso specifico dell'Italia, negli ultimi tre anni i timori per le  dinamiche economiche sono cresciuti sensibilmente (come in tutta  Europa). La disoccupazione è la voce che preoccupa di più l'italiano  medio passando da un 28 percento del 2005 a un 51 percento nel settembre  2010.
La qualità dei servizi sociali e sanitari si inserisce al secondo  posto nella classifica delle preoccupazioni, rimanendo stabile negli  anni. Medaglia di bronzo per una voce in calo: l'immigrazione che passa  dall'11 percento del 2005 al 9 percento del 2010. 
Ma la sensazione è un'altra: a sentire il tg sembra che il primo problema sia come arginare la criminalità.
Cerchiamo  di approfondire: la fotografia degli argomenti trattati dai tg  nazionali mostra chiaramente che si dà spazio prima di tutto alla  politica interna (17 percento contro una media europea del 10 percento),  poi si parla di costume e Società (13 percento contro 5 percento) e di  criminalità (10 percento contro 5 percento). In Europa si parla più di  politica estera, lavoro ed economia.
In Italia di pastoni politici,  delle nonne più giovani d'Italia e di immigrati ladri e assassini.  L'opinione pubblica è preoccupata per il lavoro ma i media italiani non  ne parlano molto, preferendo il tema criminalità e politica interna.
 Vediamo nel dettaglio come i tg si dividono questo compito: Mediaset è il canale che dedica più spazio alla criminalità,  inseguita dalla Rai. Tg5 e Tg1, in particolare, ne parlano ogni giorno  dando vita a un processo che viene chiamato di "criminalità pervasiva":  mentre gli altri canali europei trattano la stessa notizia per più  giorni in Italia si tendono a utilizzare notizie 'usa e getta'.
 Un  giorno un figlio uccide la madre a martellate, il giorno dopo il vicino  fa fuori moglie figlio e zia, al terzo giorno il nipote spranga in casa i  nonni per rubargli la pensione. Non c'è alcuna continuità: solo il  macabro piacere di raccontare quotidianamente un nuovo episodio di  violenza. Solamente Rai3 e Rete4 (che preferisce parlare di altro) si  scostano da questa tendenza.
Il fatto è che la rappresentazione  mediatica di un timore che non esiste, se non in misura contenuta,  contribuisce a innalzare la percezione di tale problema.
Secondo i dati della ricerca, infatti, il numero di reati è rimasto  stabile negli anni. Quello che è cresciuto è il numero di notizie sugli  atti criminali, con una punta estrema toccata nell'anno 2007 (per  maggior precisione quando c'è stato il cambio di Governo, da Prodi alla  vittoria schiacciante di Lega Nord e Pdl: uso strumentale del tema  sicurezza?), crescita delle notizie che ha innalzato il livello di  percezione in alcuni casi raddoppiandola rispetto al numero di reati  realmente commessi.
 Ma una persona potrebbe dire: in Italia esiste la criminalità  organizzata che contribuisce alla notiziabilità di questi eventi. Ma  anche questo, purtroppo, non è vero. Perché dal 5 aprile al 4 giugno  2010, ad esempio, sono state date dal notiziario in prima serata  qualcosa come 15mila notizie di crimini violenti (cioè escludendo furti,  rapine e droga) contro le 1947 dedicate al tema della mafia.
E se  trasportiamo il confronto a livello europeo, ecco i risultati più  clamorosi. Prendiamo Rai1: in base a dati del primo trimestre del 2010, l'emittente italiana ha una rappresentazione mediatica delle notizie di criminalità doppia rispetto alla Tve spagnola, due volte e mezza la Bbc britannica e la France2, più di dieci volte rispetto la Ard tedesca.
Nello stesso periodo preso in considerazione Ard ha dato 34 notizie  contro le 431 di Rai1, quindi la media italiana è di più di due notizie  al giorno.
 E mentre le 34 notizie tedesche fanno riferimento per lo più a  due casi (abusi su minori che hanno sconvolto l'intero paese) coprendo  quindi il 58 percento delle notizie date, in Italia i grandi delitti  occupano il 9 percento dell'agenda reati. Le altre notizie sono spesso  date una volta sola.
Per concludere: mentre è la paura di perdere il  posto di lavoro (o di non trovare una prima occupazione, nel caso dei  giovani) a generare la principale inquietudine della società italiana,  l'agenda di notizie diffusa dai media italiani verte in principal modo  sui temi della criminalità (accompagnati da politica interna e costume)  dando vita in certi casi a una chiara strumentalizzazione politica del  tema sicurezza e in altri a una superficiale spettacolarizzazione da  prodotto di intrattenimento (infotainment).
Il riarmo israelo-palestinese
di Eugenio Roscini Vitali - Altrenotizie - 27 Dicembre 2010
Mentre l’Argentina e l’Uruguay riconoscono la Palestina come Stato  indipendente, nel vicino Medio Oriente la tensione torna ad essere alta:  come riferito dal portavoce della polizia israeliana, Micky Rosenfeld,  la scorsa settimana circa 26 razzi Aqsa3 e diversi colpi di mortaio  hanno colpito il Negev occidentale.
Negli attacchi, rivendicati dai  gruppi Ayman Jawda, cellule combattenti delle Brigate dei martiri di  al-Aqsa, è stato centrato l’asilo d’infanzia del  kibbutz di Zikim,  pochi chilometri a sud della città portuale di Ashkelon, dove è rimasta  ferita una ragazzina.
 Pronta la reazione dello Stato ebraico: otto sortite aeree contro i  tunnel scavati lungo sotto la Philadelphi Route, zona cuscinetto ad  ovest di Rafah che divide l’Egitto dalla Striscia di Gaza e su un campo  di addestramento delle Brigate Ezzedin al Qassam, situato nei pressi  della città Khan Yunis, dove secondo fonti locali sono rimasti feriti  due miliziani del braccio armato del movimento di resistenza islamico.
Gli F-16 avrebbero poi bombardato un’area ad est di Beit Lahiya, dove i  miliziani sarebbero miracolosamente scampati all’attacco, una serra  agricola e un caseificio nella cittadina di Asda al-I’lamiya, sempre ad  ovest di Khan Yunis, e altri quattro raid sarebbero stati compiuti ad  est del quartiere di az-Zaytun, distretto orientale di Gaza, contro il  vicino campo profughi di Jebaliya e nell’area di Beit Hanoun, la città  palestinese situata a pochi chilometri dal valico di Erez.
 A quasi due anni dall’operazione Piombo Fuso, la campagna militare  lanciata il 27 dicembre 2008 contro Hamas dalle Forze armate israeliane  durante la quale sono morti 13 israeliani e 1417 palestinesi, 926 dei  quali civili, nella Striscia di Gaza è tornato l’incubo della guerra.  Secondo fonti palestinesi, dalla fine di novembre i bombardamenti  avrebbero causato 12 morti e 28 feriti e, in previsione di nuovi  attacchi, le autorità ospedaliere avrebbero annunciato lo stato  d’allerta.
Il 23 dicembre si tornato a sparare anche nella zona agricola  a ridosso della linea di confine, la fascia di trecento metri sul lato  palestinese interdetta alla popolazione araba: nel corso di uno scontro a  fuoco con l’esercito israeliano avvenuto ad est di Beit Lahiya un uomo  sarebbe stato ucciso ed altri tre sarebbero rimasti feriti.
 L’episodio  ha fatto salire ulteriormente la tensione, ma in realtà la tregua  entrata in vigore il 18 gennaio 2009 non è mai stata rispettata:  nonostante il cessate il fuoco i miliziani del movimento islamico hanno  continuato a lanciare i razzi Grad e Qassam contro le aree abitate di  Ashkelon, Sderot, Eshkol e Ofakim, mentre i raid aerei israeliani hanno  portato a termine violente rappresaglie che, nel solo 2010, hanno  causato la morte di almeno 68 persone oltre ai dirigenti dei gruppi  radicali e le basi del movimento combattente ma hanno colpito anche la  popolazione civile.
 Per disinnescare le tensioni delle ultime settimane Hamas sarebbe  pronto ad aprire un tavolo di trattative per concordare una tregua  reciproca, una proposta già avanzata altre volte ma che non ha poi  trovato riscontro nei fatti.
Nei giorni scorsi il capo dell’esecutivo,  Ismail Haniyeh, ha lanciato un appello pubblico alla comunità  internazionale affinché contribuisca a fermare l’escalation militare e  dopo le preghiere del venerdì, davanti ad una folla di sostenitori, il  leader Mahmoud Al-Zahar ha detto che, ad eccezione di gruppi minori, il  movimento di liberazione e le altre fazioni presenti nella Striscia di  Gaza si sono già impegnati per un cessate il fuoco, a patto che Israele  lo rispetti: «Siamo impegnati nella moderazione, se non ci saranno  oppressione e aggressione».
 Anche il capo negoziatore dall’Autorità nazionale palestinese (Anp),  Saeb Erekat, ha definito la situazione di Gaza “pericolosa”, soprattutto  per le ripercussioni che potrebbe avere un’eventuale operazione  militare israeliana nel Territorio controllato Hamas: «Un attacco contro  la Striscia complicherebbe la situazione e trascinerebbe la regione  nella completa anarchia, nella violenza e nel sangue».
 Secondo una fonte militare israeliana della BBC «finché  Hamas resterà al potere nella Striscia di Gaza, una nuova guerra nel  territorio palestinese è solo questione di tempo». Negli ultimi due anni  il movimento di liberazione si sarebbe riarmato ed avrebbe ora a  disposizione un consistente numero di missili 9M133 Kornet (nome in  codice NATO AT-14 Spriggan), sistema d’arma anticarro di fabbricazione  russa con guida laser a fascio, raggio d’azione di 5,5 chilometri e  testata a carica cava di tipo HEAT (High Explosive Anti-Tank), con  capacità di penetrare una corazza reattiva-esplosiva (ERA) e un’armatura  in acciaio di 1200 mm.
 Le  numerose informative dell’intelligence israeliana e il tank danneggiato  il 6 dicembre scorso da un Kornet lanciato dalla Striscia di Gaza,  hanno indotto il comando delle forze armate israeliane a dispiegare  lungo il confine con il territorio palestinese il 9° Battaglione  corazzato della 401^ Brigata, il primo e fino ad ora unico reparto  dotato dei carri armati Merkava Mk-4 equipaggiati con il nuovo sistema  di difesa antimissilistica Windbreaker.
 Il Windbraker non è la classica corazza applicata ormai su tutti i  carri armati per proteggerli dalle armi a carica cava e dai missili  anticarro, protezioni passive in molti casi efficaci ma che  appesantiscono e rallentano i mezzi: è un vero e proprio sistema d’arma  dotato di piccoli radar sistemati sui quattro lati che neutralizza la  minaccia prima ancora che questa raggiunga il bersaglio; una volta  intercettato l’ordigno in arrivo un computer elabora i dati e a un  lanciatore apre il fuoco sul missile facendolo esplodere.
 Il Windbraker, prodotto e collaudato nel 2005 dalla Rafael di Haifa  con l’indicativo ASPRO-A Trophy (Active Protection System for AFVs), è  in grado di colpire più missili contemporaneamente e per la sua  efficacia è stato utilizzato in Iraq sui blindati statunitensi Striker;  ogni kit ha un costo di circa 300.000 dollari ma in futuro potrebbe  essere sviluppata una versione Light che l’esercito israeliano potrebbe  installare sui veicoli cingolati da combattimento, sui blindati e sui  mezzi utilizzati per il trasporto truppe.
Una nuova guerra di Israele a Gaza, è solo questione di tempo
           di Carlo M. Miele - www.osservatorioiraq.it - 27 Dicembre 2010“Finché Hamas resterà al potere (a Gaza, ndr), è solo una questione di tempo prima che vi sia un altro conflitto”.
Ad affermarlo è un alto esponente dell’esercito di Tel Aviv, intervistato dal corrispondente della Bbc   Jon Donnison a quasi due anni esatti dall’inizio dell’offensiva  “Piombo  fuso”, che danneggiò pesantemente le infrastrutture civili e  militari  della Striscia e causò la morte di circa 1400 palestinesi.
Secondo   l’ufficiale, un nuovo attacco è inevitabile, dato che Hamas, che dal   2007 detiene il potere nell’enclave costiera, si è riarmato in maniera   consistente negli ultimi 24 mesi, ritrovandosi oggi in una posizione   militare ancora più forte.
Nelle   ultime settimane, una nuova ondata di lanci di razzi da Gaza contro il   territorio israeliano, e una serie di raid aerei compiuti da Tel Aviv   contro la Striscia hanno fatto salire nuovamente la tensione nell’area. 
I   vertici militari israeliani sono allarmati soprattutto dal fatto che  lo  scorso sei dicembre, per la prima volta, i militanti palestinesi  hanno  utilizzato un missile Kornet, un ordigno fabbricato in Russia e capace di perforare anche i carri armati.
L’esercito israeliano è dotato di un sofisticato sistema di protezione anti-missili, conosciuto come “Trophy”, in grado di struggere gli ordigni come il Kornet.
Ciò nonostante, il capo di stato maggiore israeliano, generale Gabi Ashkenazi, ha dichiarato che il Kornet   è “tra i missili più pericolosi che abbiamo visto su questo fronte e   non è stato usato nemmeno durante la guerra in Libano” dell’estate 2006.
La tensione crescente lungo il confine tra Israele e la Striscia preoccupa anche il capo negoziatore palestinese Saeb Erekat.
Un   nuovo intervento israeliano porterebbe a un nuovo bagno di sangue, ha   detto l’esponente di spicco dell’Autorità nazionale palestinese,  secondo  cui “soluzioni militari di questo tipo non portano a nulla e  serviranno  solo a complicare la situazione”.
Nell’ultimo   anno sono stati almeno 62 i palestinesi uccisi nel corso dei frequenti   raid compiuti dall’esercito israeliano a Gaza. 
Nello   stesso periodo, i razzi lanciati dalla Striscia (attribuibili a gruppi   minori e non ad Hamas) hanno ucciso un bracciante di nazionalità   thailandese.
Italia addio!
di Cosimo Lorè - Il Fatto Quotidiano - 28 Dicembre 2010
Dai 
prefetti ai 
generali vi è un adeguamento ed una selezione al contrario nell’attuale 
repubblica criminale italiana dove le leggi 
ad personam  in realtà sono il piede di porco con cui si sta scassinando lo Stato di  Diritto nel nome di un presunto seguito popolare frutto di subornazioni  televisive e pubblicitarie di una popolazione in balia di una scuola  pubblica disastrata e di una informazione – salvo rari esempi –  prostituita.
Siamo agli 
ultimi passaggi del programma piduista e alla costituzione di un regime violento legalizzato dall’
abrogazione dei reati di costituzione eversiva di banda armata per salvare i capi leghisti e le camicie verdi ed ora dalla 
modifica  dell’articolo 330 del codice di procedura penale per sottomettere il  pubblico ministero alla Polizia di Stato con terrificanti persecuzioni  in vista per lo sparuto drappello dei magistrati e giornalisti  efficienti ed indipendenti e allarmanti impunità garantite ai  massacratori in divisa dei sempre più numerosi Aldrovandi, Bianzino,  Cucchi, 
Rasman, 
Uva.
Cosa si prepara per chi non è nel giro delle cricche e dei clan?  Capo che non chiama più questure per proteggere minorenni, ma che fa  chiamare i questori dal ministro dell’Interno di turno per mandare la  polizia a sistemar come si deve i rompiscatole: forse è veramente l’ora  che si facciano le valige e si emigri, prima che comincino a rieducarci 
casa per casa!