mercoledì 15 dicembre 2010

Infiltrati? Ma che novità.....

Mentre il suk parlamentare era in piena attività, nelle strade di Roma le manifestazioni degli studenti, dei precari, degli aquilani ancora senza casa e dei campani che stanno affogando nei rifiuti "degeneravano" grazie al solito trucchetto ultra-quarantenne degli infiltrati che provocano gli scontri in maniera tale da dare poi il là ai media mainstream di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dai veri problemi che asfissiano l'Italia da decenni e dai motivi per cui migliaia di persone erano scese ieri in piazza.

La solita vecchia arma di distrazione di massa.
Che palle....


Roma città divelta
di Mariavittoria Orsolato - Altrenotizie - 15 Dicembre 2010

Scene di guerriglia urbana salutano l’ennesima beffa che Berlusconi è riuscito a rifilare all’Italia. Una Roma paurosamente somigliante alla Genova del 2001 racconta la rabbia delle migliaia di manifestanti, accorsi nella capitale per dare la misura dell’esasperazione di un paese abbandonato a sé stesso.

Ci sono gli studenti medi ed universitari che reclamano un futuro, ci sono i terremotati dell’Abruzzo, gli operai cassaintegrati della Fiom e i cittadini campani sommersi dai rifiuti. Oltre 100.000 persone provenienti da categorie sociali eterogenee, accomunate dalla posizione di svantaggio e subalternità cui la politica li ha costretti a sottostare.

Il serpentone dell’opposizione sociale ha sfilato pacificamente per le vie di una Roma militarizzata fino alle 14 circa, quando le voci concitate confermano la notizia che Berlusconi ha ottenuto la fiducia.

Da quel momento, ennesima goccia di frustrazione in un otre ormai colma di risentimento, la protesta si è trasformata in guerriglia e i manifestanti si sono improvvisamente trasfigurati - questo a detta della stampa “che conta” - in pericolosi “black block”.

Gli scontri hanno caratterizzato zone diverse della capitale ed anche nelle altre città italiane (tra cui Milano, Palermo, Bologna, Torino, Napoli e Cosenza) gli studenti che non si sono potuti permettere la trasferta romana, hanno sfilato e protestato contro il governo e contro l’ennesima evidenza che la politica italiana non è cosa per gente onesta.

Mentre le vie del centro si riempivano dell’odore acre dei lacrimogeni e si coloravano dei riverberi di camionette delle forze dell’ordine in fiamme, gli onorevoli restavano barricati nelle due Camere in attesa che la zona rossa stabilita dal sindaco Alemanno fosse attestata come sicura. Una piccola vittoria per i manifestanti impegnati nella protesta, un noioso contrattempo per i parlamentari ansiosi di rilasciare le loro ovvie dichiarazioni ai primi microfoni disponibili.

Due contesti agli antipodi, che però convivono in questo 14 dicembre, data da considerarsi ormai paradigmatica nella cronistoria della seconda repubblica. Due contesti che, nella loro evidente antitesi, non possono fare altro che produrre le immagini a cui tutti ieri abbiamo assistito.

Sebbene il dubbio che il “povero” Cossiga instillò solo un paio di anni fa - agenti infiltrati nelle file dei manifestanti per creare disordini ad hoc - si faccia strada ogni qual volta si vedano scontri di piazza, è innegabile che l’esplosione di violenza che ha travolto la capitale sia soprattutto il frutto di un sentimento viscerale che in molti tra i presenti ai più di 10 cortei evidentemente condividono e che le provocazioni dei finti manifestanti ritratti da La Repubblica non hanno fatto altro che amplificare.

La manifestazione collerica, il lancio esasperato di qualsivoglia oggetto e l’uso di armi improprie sono le espressioni evidenti di un malessere sociale che ormai non è più possibile sedare con annunci rassicuranti e promesse fatue.

La conferma della fiducia a quello che a tutti gli effetti è il quarto governo Berlusconi è anche la conferma che l’enorme rete clientelare che avviluppa lo Stato ha avuto la meglio sul buonsenso avvocato da una società civile sull’orlo di una guerra fratricida a causa di scelte istituzionali spregiudicate negli annunci e del tutto disastrose negli effetti.

E quando la frustrazione incontra l’impeto giovanile e la disperazione di chi non trova echi - causa latenza imperitura di un’opposizione credibile - e la possibilità di essere incanalati in un’azione politica concreta, Roma, eterno simbolo di potere, viene messa a ferro e fuoco.

Quanti dicono che i fatti di ieri sono arrivati come un fulmine a ciel sereno peccano di ingenuità o di eccessiva malizia: la reazione della folla alla fumata nera di Montecitorio era assolutamente prevedibile.

Certo, l’emulazione dei colleghi inglesi deve aver giocoforza influito sulla dose di coraggio dei ragazzi italiani, ma non è più possibile liquidare gli eventi appena trascorsi come smargiassate di pochi teppisti o azioni faziose degli autonomi: portare avanti i cortei anche dopo la notizia della fiducia è stata una richiesta dei manifestanti e non il diktat dei centri sociali o dei facinorosi.

La rabbia, l’odio e le esplosioni di violenza saranno anche ascrivibili a pochi, ma sono l’ineluttabile risultato dei sogni infranti di un’intera generazione, privata della previdenza sociale così come della facoltà di progettare e sognare un futuro diverso dalla precarietà imposta dall’alto.

Se alle richieste di aiuto e di attenzione, le istituzioni tutte rispondono con autoreferenzialità ed evidente egoismo, il dialogo si trasforma in scontro e le possibilità di mediazione diventano lacerazioni insanabili all’interno del complesso tessuto sociale.

La totale inadeguatezza dell’attuale sinistra a raccogliere le istanze rivendicate dal risveglio delle coscienze studentesche porta, come fu durante il ’77, a far perdere la bussola a quanti, con le migliori intenzioni, lavorano e cogitano in prospettiva di un futuro migliore e di un paese più giusto.

La completa autogestione della protesta rischia, infatti, di prestare il fianco alle inevitabili polemiche da talk-show e di far defezionare così anche i tanti moderati che, pur condividendo le motivazioni della contestazione, non vedono di buon occhio l’azione diretta o esasperata.

Cento feriti rispondono a un bollettino di guerra e non ai numeri di una manifestazione: l’opinione pubblica, nella sua confortante ignoranza, potrebbe ribaltare il suo giudizio e negare quella naturale simpatia che spetta a dei giovani pieni di voglia di partecipazione e sacrosante rivendicazioni.

Le cronache raccontano come ieri in mattinata le casalinghe del centro romano si sporgessero dai balconi per gridare la loro solidarietà ai manifestanti, mentre nella serata bersagliassero le stesse persone di insulti per i disagi arrecati.

Questa è l’Italia, un paese in cui distruggere tutto non serve a nulla, ma dove nemmeno manifestare sembra riuscire ad ottenere udienza; un paese in cui le proteste contro Berlusconi rischiano persino di rafforzarlo.

Una dittatura del paradosso che tiranneggia gli umori popolari e censura ogni afflato di libertà intellettuale. I manifestanti ieri, in modo condivisibile o meno, hanno provato a gridarlo. Purtroppo anche stavolta non verranno ascoltati.


Fiducia comprata e guerriglia: più Italie inconcialiabili affondano nel fango
di Gennaro Carotenuto - www.gennarocarotenuto.it - 15 Dicembre 2010

E’ devastante lo spettacolo di Roma che brucia mentre la classe politica del paese è sorda e grigia come le sue aule parlamentari.

Il governo che si salva con l’aiutino del CEPU/E-campus, l’esamificio online che Silvio Berlusconi ha appena ricoperto di soldi sottratti all’università pubblica, è un dettaglio che appare ancor più esemplificativo dello stato del paese di quanto non sia l’indecorosa vendita vendita dei Moffa e degli Scilipoti o la sconfitta esiziale del “grande statista” Gianfranco Fini, nulla più di un apprendista stregone.

Quello del governo che si salva sull’interesse privato di chi aiuta a passare esami studiando meno possibile è il simbolo di un paese frammentato in parti sempre più inconciliabili.

La prima Italia è dunque quella irredimibile dei furbi, dei corrotti e dei mafiosi, che siedono senza vergogna in Parlamento, da Cuffaro a Dell’Utri.

E’ l’Italia di Silvio Berlusconi, Massimo Calearo (il capolista veltroniano del PD in Veneto) e di Miss Cepu Catia Polidori.

E’ l’Italia di quei criminali che, evadendo il fisco, hanno sottratto nel solo 2009 alla collettività nazionale 159 miliardi di Euro (+10%, grazie Tremonti!) e che invece di essere trattati come delinquenti e insultati in strada vengono considerati dritti e rispettati.

Centocinquantanove miliardi… che bel paese sarebbe l’Italia se non fosse abitata da così tante metastasi umane con diritto di voto.

A questa Italia si affianca l’Italia che odia, parente stretta dell’Italia analfabeta. E’ l’Italia che crede che il lavoro ai figli lo stiano portando via gli immigrati.

E’ l’Italia seduta, che si gode in diretta le vite altrui e il grande fratello, che non ha più forza se mai ne ha avuta, vecchia, che ancora crede a Fede, Vespa, Minzolini e che vota e voterà Silvio, oppure la Lega.

E’ l’Italia che ha bisogno di spiegazioncine semplici, le zingare rapiscono i bambini, i negri si sa che rubano, i black block sfasciano e, signora mia, è tutta colpa del ‘68.

E’ l’Italia ruota di scorta dei furbi, quella dell’è tutto un magna magna e allora tanto vale Silvio, è un’Italia sordida e indifendibile nella sua cecità. E’ l’Italia cattolica e pagana allo stesso tempo. E’ l’Italia che vuol continuare a guardare dal buco della serratura le carni fresche di Ruby e di Noemi.

E’ un’Italia che, pur non avendone alcuna convenienza, sta sempre dalla parte del più forte, anche perché di alternative non può vederne, un po’ per [mancanza di] cultura, un po’ per paura, un po’ perché massa di manovra malleabile al linguaggio semplificato e ripetitivo del berlusconismo.

Non può infatti essere alternativa per questa gente la terza Italia. Quella dei garantiti che non hanno bisogno di sfogare la loro rabbia contro un bancomat.

E’ l’Italia più perbenista che perbene, che guarda con disprezzo Berlusconi e chi lo vota, quella dei puntini sulle “i” e della grammatica politica, quella che dice di aver orrore per la violenza e che invece alla prova del nove prova disprezzo per chi è disperato. E’ l’Italia che in fondo Marchionne ha ragione e che se la tengano sta pipì gli operai.

E’ l’Italia del centro-centro-centro-sinistra che ieri ha svolto il suo compitino parlamentare ed è soddisfatta da quel sei meno meno (abbiamo dimostrato che quasi ce la facevamo a farlo dimettere ma per fortuna…). E’ quella che in gioventù era incendiaria e oggi ha orrore di tutto meno che dei pompieri.

E’ l’Italia che si è integrata e ha imparato a stare al mondo con un certo stile e i fatti propri se li sistema comunque. E’ l’Italia dei Bonanno e dei Rutelli, che se osi criticarli sei “un terrorista” (bum!).

E’ l’Italia di quelli per i quali lo stupro della minorenne Ruby è un fatto privato, quelli che far la legge sul conflitto d’interessi avrebbe concesso a Berlusconi di fare la vittima, quelli per i quali anche la Lega ha le sue ragioni.

Ci sta dentro tutta la classe dirigente “progressista”, che si rimbocca le maniche perché “preferisco battere Berlusconi sul terreno politico” ma non lo batte mai perché in fondo Silvio B. è solo l’altra faccia della loro medaglia.

E’ l’Italia, quella di un’opposizione mai di sistema, che è complice non tanto della perpetuazione del potere berlusconiano ma soprattutto dell’esclusione dilagante della quarta.

E’ l’Italia “no future” dei 600.000 cassintegrati, di interi comparti industriali finiti, dei giovani precari senza speranze, degli studenti che vedono nelle riforme gelminiane la fine del loro diritto allo studio e dei migranti senza diritti. E’ un’Italia, quella del maggior disagio, senza alcuna rappresentanza politica. Non avendola viene spinta sempre più nell’angolo.

Lo dimostra la guerriglia di ieri nel centro di Roma, in gran parte fomentata dall’uso della forza pubblica manovrata da tempo dal ministro dell’Interno Roberto Maroni per costruire un nuovo nemico funzionale che rilegittimi il sistema.

Tutte le altre Italie finiscono per essere sinergiche nell’incapacità che si fa indifferenza di capire come tali tre Italie, i furbi, i beoti e i garantiti, stiano conculcando la vita, i diritti, il futuro a questa quarta alla quale non lasciano altra strada che i sampietrini.

Ci sarebbe anche un’altra Italia, l’Italia migliore, l’Italia civile dei Don Ciotti, per fare un nome tra mille. Ma è un’Italia nascosta ai più, e che i più non vogliono vedere perché richiama a questi la loro cattiva coscienza.

E’ un’Italia che impone di cambiare radicalmente l’esistente a partire dalle nostre vite e fare della vita stessa nuova militanza civile. Mario Monicelli continuava a chiamarla Rivoluzione, ma in un paese che affonda la Rivoluzione dei mille Don Ciotti, intransigente, onerosa, difficile, è l’unica speranza possibile.



Ecco gli inflitrati della guerriglia romana
di Marco Barone - www.gliitaliani.it - 15 Dicembre 2010

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La giornata di oggi, positiva per la grande reazione di piazza, negativa ma forse scontata per l’esito del voto alla Camera è stata caratterizzata da scontri di piazza di grande consistenza.

Guardando le foto pubblicate su vari siti però si nota qualcosa d’interessante.

Il contesto ruota intorno alla vicenda del finanziere con la pistola in mano. Pistola che per fortuna non ha esploso nessun colpo.

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Guardate ora il ragazzo con il giubbotto marrone chiaro, a destra, indossa anche una sciarpa bianca. Come si nota nella foto è schierato dalla parte dei manifestanti.

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Guardate ora questa foto. Lo stesso ragazzo in pochi attimi con la sciarpa bianca si copre il viso, si copre il capo con il cappuccio del giubbotto, ma, ecco il ma, dal nulla spunta come per magia un manganello e non è più schierato dalla parte dei manifestanti.

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Ma nella stessa foto noterete che un finanziere picchia con il manganello un ragazzo che ha nella mano una radio mobile trasmittente. Certamente non è un manifestante, o quanto meno è poco credibile che lo sia.

Nella foto che segue si nota ancora più chiaramente come il finanziere cerchi di picchiare un suo probabile collega.

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Con ciò non voglio sminuire l’importanza della reazione di piazza di oggi 14 dicembre 2010.

Con ciò però è necessario evidenziare come la scuola G8 è ancora viva, come il tentativo di infiltrare agenti provocatori nelle manifestazioni è elemento ancora utilizzato dalle forze dell’ordine.
Forse oggi cercavano il morto tanto sospirato ed atteso da alcune forze politiche di governo.
Non è successo, per oggi almeno.

nota della redazione

Anche Repubblica.it si sta ponendo gli stessi nostri dubbi (http://www.repubblica.it/scuola/2010/12/15/foto/scontri_il_giallo_dell_uomo_con_la_pala_infiltrato_o_dimostrante_-10219683/1). In realtà di agenti in “borghese” si ipotizza la presenza anche su altre testate. E spesso in relazione allo stesso episodio.

Sulla persona a terra con la radio che viene colpita dal finanziere le versioni e le interpretazioni sono contrastanti. Sono state richieste da più parti indagini accurate.

conlapala

Altro articolo sullo stesso argomento su ANELLIDIFUMO'S BLOG.

Il precedente del 2008:



La testimonianza di Curzio Maltese del 29 ottobre 2008 a Repubblica TV.


Stop al panico!
di Pino Cabras - Megachip - 15 Dicembre 2010

Feriti, incendi, assalti, pistole puntate ad altezza d'uomo. Gli scontri di piazza a Roma, dopo il voto che ha acquistato la fiducia parlamentare in favore dello statista di Villa Bungabunga, sembrano apparentemente smentire un recente articolo che si chiedeva di cosa avesse paura la Casta, mentre si rifugiava dietro le auto blu e le zone rosse, in questi giorni frenetici della politica.

Ebbene, qualcosa bolliva per davvero nella pentola a pressione italiana.

Bisogna semmai serbare un sospetto che invece confermerebbe per altre vie il senso dell'articolo: che non ci fosse nessuna spinta popolare spontanea alla violenza e che i disordini di piazza siano stati alimentati con i soliti trucchi a suo tempo rivendicati dal quondam Cossiga e sperimentati quasi dieci anni fa al G8 di Genova (anche allora una Zona Rossa).


Il caos fomentato ad arte potrebbe servire a screditare le lotte genuine - ancorché esasperate - di un paese in crisi e in declino accelerato: quelle degli studenti, dei lavoratori, dei difensori del bene comune.

Il caos, con l'additivo degli agenti della violenza, gli "utilissimi" agenti Black Bloc, potrebbe essere alimentato per provocare il consueto "riflesso d'ordine" in grado di corroborare persino un governo debolissimo e retto sulla prostituzione politica.

Non è un bel segnale, quello di Roma. Occorrerà mantenere nervi saldi e rifiutare il terreno della violenza. Hanno paura. Vero. Ma la loro viltà è superata dall'intento di dire a tutti «abbiate paura». Serve ragionare, e rispondere come una canzone rap italiana di vent'anni fa: «Stop al panico!».