lunedì 10 ottobre 2011

Update italiota

Un'altra serie di articoli su un Paese ridotto ormai alla figura che vedete qui a destra...


L’uscita dal tunnel
di Fabio Scacciavillani* - Il Fatto Quotidiano - 9 Ottobre 2011

Dopo la grandinata di declassamenti sul debito sovrano e sulle banche italiane, nemmeno se Berlusconi e Tremonti compissero in diretta Mondovisione il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, questo governo riuscirebbe a ristabilire un modicum di credibilità interna ed esterna.

Berlusconi da tempo non affronta un impegno internazionale di rilievo (nemmeno con Putin, sotto le cui ali si è rifugiato, erano previsti incontri ufficiali) per evitare imbarazzi. Tremonti, quando non può sottrarsi, è accolto da un gelo che trattiene lo sdegno.

In Europa e nel mondo è convinzione unanime che se questa parodia di governo rimane al potere il disastro, non solo per l’Italia, è inevitabile. Ma Berlusconi è abbarbicato a Palazzo Chigi, atterrito dall’alternativa a S. Vittore, e vagheggia una nuova Forza che cavalchi “l’antipolitica”.

Dopo le comunali a Milano, è un sintomo del desiderio puerile di estraniarsi dalla realtà e di dedicarsi all’unico trastullo (a pagamento) rimastogli, da cui il nome scelto per il nuovo partito.

Scardinare questo tragico arroccamento di un uomo disperato e dei suoi pretoriani è il problema principale in Europa e tra i G20 perché una bancarotta dell’Italia fatalmente sarebbe il chiodo che si stacca dalla parete di roccia. Nel precipizio finirebbe tutta la cordata delle economie maggiori.

Su questo sfondo vanno collegati quattro eventi apparentemente disgiunti della scorsa settimana: a) la pubblicazione della lettera delle Bce; b) l’attacco di Napolitano alla Lega; c) gli affondi di Confindustria e Della Valle (che oggi trova un epigono); d) la valanga di firme sul referendum.

Partiamo da quest’ultimo, perché innesca la reazione a catena. Una volta sfilato il coltello per sgozzare il Porcellum calderoliano, per quasi tutti i Responsabili, molti voltagabbana, nonché gli/le olgettini/e, si profilano rischi altissimi.

Le preferenze vanno conquistate una ad una. Occorrono appoggi e soldi, non basta più il volere del boss. I posti sulle scialuppe di salvataggio dal relitto berlusconiano saranno costosi.

Le organizzazioni che hanno sottoscritto i 5 punti e i cui membri sono strozzati da 400 punti base di spread hanno le disponibilità e gli appoggi che farebbero comodo ai naufraghi.

Ma le contrattazioni stanno per chiudersi. E in giro ci sono blocchi di voti, da Micciché a Scajola, da Pisanu ai Responsabili (mica crederete che si immoleranno nel bunker?).

Nei distretti industriali del Nord deputati e senatori sono stati contattati. Inclusi quelli della Lega, che alle prossime elezioni saranno decimati per i voti in favore di Milanese e Romano, e la cui fedeltà a Bossi si è esaurita.

Napolitano però è stato chiaro
. Accessi alla scialuppa ed eccessi di qualsiasi tipo non sono compatibili. Chi si ostina a gridare “Padania” insieme a Bossi ne seguirà il destino. Avrete notato come sono di colpo mansueti i sindaci dall’eloquio ruvido?

E il congresso in quel di Varese a cosa prelude? Quando le scialuppe sono poche, i legami di amicizia ne soffrono.

La lettera della Bce è stata definita quasi un programma di governo. Il “quasi” è ridondante. Quando verrà sfiduciato Berlusconi inizierà una fase rischiosissima, con un periodo di incerta durata per trovare un accordo tra schegge impazzite del Pdl, attuali opposizioni, ribelli leghisti.

Peggio ancora se si convocheranno i comizi elettorali in un clima di faide da basso impero. In ogni caso è molto probabile che Napolitano dia l’incarico a un volto nuovo cosicché anche se costui non ottiene la fiducia non sarà comunque Berlusconi a gestire le elezioni.

I mercati per evitare il panico devono avere un’indicazione sullo sbocco a cui si punta. La divulgazione della lettera la fornisce. Ma non è tutto. Con la politica allo sbando, le oscillazioni dei tassi di interesse sui titoli di stato potrebbero divenire dirompenti.

Per questo il Fondo monetario internazionale si tiene pronto come ha già pubblicamente confermato in varie occasioni nei giorni scorsi, addirittura ventilando l’acquisto di titoli italiani sul mercato, novità assoluta per “la banca delle banche centrali”.

Ogni intervento di emergenza del Fmi anche se giustificato dalla fase delicata in Italia comunque deve basarsi su un programma. Visto che anche il governo per il momento in carica ha accettato senza riserve i punti della Bce nessuno potrebbe legittimamente gridare all’intollerabile imposizione (o “al ribaltone”).

Insomma la lettera di Trichet e di Draghi, mentre un nuovo governo si insedia o nella fase elettorale, sarebbe il nucleo della Lettera di Intenti da sottoscrivere con il Fmi, per fornire l’àncora al programma di stabilizzazione successivo. Possibilmente corredato da ulteriori strette.

Ad esempio il ritorno del sistema sanitario nazionale sotto il controllo del governo centrale, per evitare che le siringhe si paghino in alcune regioni il doppio o il triplo che in altre, o che in certi ospedali si partorisca con il cesareo nel 60% dei casi.

Con il potenziale di corruttele che questo andazzo comporta, documentato da Daniela Francese in un libro uscito proprio in questi giorni.

E viste le notizie recenti, dimezzare le spese delle regioni a statuto speciale dove si pagano i consulenti del nulla o gli straordinari per spalare la neve a luglio, potrebbe non essere un’idea peregrina. Come tagliare i costi della politica, del resto, punto incredibilmente ignorato dalla Bce.

*Chief Economist Fondo d'investimenti dell'Oman


Giuliano Estiquaatsi
di Marco Travaglio - Il Fatto Quotidiano - 8 Ottobre 2011

Giuliano Ferrara, il più noto sfollagente della televisione italiana, sta per traslocare col suo samizdat Qui Radio Londra all’ora del dopopranzo, quando di solito, sopraffatto dai supplì, riposa.

Nell’attesa, non contento di aver messo in fuga milioni di telespettatori di Rai1 e migliaia di lettori del Foglio (1800 copie vendute), tenta di decimare pure le vendite del Corriere, che s’era appena riavuto da una brutta crisi, con un’intervista di un’intera pagina.

Il titolo è in linea con l’ultima metamorfosi del nostro eroe, che parla come un caporale di giornata, una signorina Rottermaier, una signora-Luisa-che-comincia-presto-finisce-presto-e-non-pulisce-mai-il-water.

Sempre coi verbi all’imperativo: “Tremonti si sottometta o se ne vada” (intanto sul Foglio intima: “Ai democristiani inquieti: scegliete da che parte stare, stateci e occupatevi di cose serie”).

L’effetto degli ordini è ovviamente nullo, visto che non gli dà retta nessuno: un po’ come accade al Grande Capo Estiqaatsi. Però lui insiste. “Quel signore che si chiama Berlusconi sta peressere ghigliottinato sulla pubblica piazza”, rivela Giuliano l’Aprostata tutto sudato.

E “se tagliano la testa al Cavaliere arriva la Repubblica dei mediocri”. C’è persino il rischio di perdere Gasparri, Gelmini, Frattini, Alfano e Giovanardi, per dire. Poi aggiunge che il governo stava facendo mirabilie quando, a tradimento, scattò il “circuito mediatico-giudiziario: si comincia da Casoria”.

Peccato che la festa per i 18 anni di Noemi conla giustizia c’entri come i cavoli a merenda, visto che nessun pm se n’è mai occupato: è emersa perché B. ci andò, punto.

Seguono alcune spassose barzellette. Il latitante Lavitola è “un lobbista, migliore dei suoi inquisitori”. Uahahahahah. “Il vero B. è quello che vuole rompere i monopoli” (tipo Mediaset). Uahahahahah.“L’Italia è solida e può battersi per lo sviluppo. Altro che declino”. Uahahahahah (in tutte le lingue).

Ultimo foglio d’ordini di Giuliano Estiqaatsi: “Bavaglio? Trent’anni di galera gli darei io a quelli che pubblicano intercettazioni illegali, altroché!”.

È un vero peccato che nessuno gli dia retta. Perché i 30 anni di galera a chi pubblica intercettazioni illegali, cioè segrete, sono davvero interessanti.

Chissà che ne pensa Belpietro, che nel 2006 pubblicò sul Giornale l’intercettazione segreta Fassino-Consorte (per non parlare dei fratelli B., che la ricevettero in omaggio da uno che l’aveva rubata).

Ferrara gli porterà le arance in cella. Anzi, lo raggiungerà nell’ora d’aria. Perché la legge Ferrara porterebbe in galera pure Ferrara.

Il 20 settembre ‘97, dopo gli arrestidi Necci e Pacini Battaglia a La Spezia, il Foglio rivela che il vero obiettivo dell’indagine è Di Pietro che avrebbe salvato Pacini da Mani pulite.

E riporta un’intercettazione segreta, dunque illegalmente pubblicata, del banchiere che dice: “Io sono uscito da Mani pulite solo perché ho pagato”. Segue lunga campagna su un’altra intercettazione segreta, dunque illegalmente pubblicata: quella in cui Pacini dice che Di Pietro e Lucibello “mi hanno sbancato”. Pacini dirà di aver detto “sbiancato”. Ma soprattutto si scoprirà che, subito dopo aveva aggiunto: “Io a Di Pietro i soldi non glieli ho dati”.

Ma questo Ferrara non lo scrive (il Gico ha fatto il taglia e cuci). Anzi allega al Foglio un libretto illegale con le intercettazioni segrete: “Di Pietro e i suoi cari. Come Il Foglio ha sbiancato Tonino”.

E definisce l’ex pm “scespiriana baldracca”, “troia dagli occhi ferrigni”, “protettore di biscazzieri”, “megalomane golpista”.

È un vero peccato che la legge Ferrara non fosse già in vigore all’epoca. Perché oggi Ferrara sarebbe in galera e terrebbe una fortunata rubrica sul circuito chiuso del penitenziario, dal titolo Qui Radio Rebibbia che, visto il sovraffollamento delle carceri, riscuoterebbe finalmente un po’ di share.

Il programma, ben più afflittivo dell’isolamento, potrebbe essere adottato come pena accessoria per i delinquenti matricolati.


Dovè la destra? Dovè la sinistra? Culo e camicia!
di Matteo Pucciarelli - www.achab50.it - 5 Ottobre 2011

Se la vera anti-politica è questa finta opposizione

Quando esci dalle redazioni dei giornali e ti fai un giro al bar il mantra è sempre lo stesso: “So’ tutti uguali”, dicono a Roma.

E noi bravi democratici (non del Pd, me ne guardo bene: in senso lato) che leggiamo i quotidiani di carta e sul web e guardiamo il tg di Mentana e compriamo i saggi e ci indignamo su Facebook e andiamo alle manifestazioni e così via, stiamo lì pazienti ad argomentare che non è vero, che le differenze eccome se ci sono… Ci sentiamo un po’ come quando De Gregori canta “La Storia siamo noi”, sì, la storia siamo noi. “Noi” siamo diversi.

Però i numeri, nella loro freddezza, non lasciano scampo. E trovarsi tra le mani il “Rapporto sul voto in Parlamento nella XVI legislatura (aprile 2008 – settembre 2011)” di Openpolis, titolo “L’opposizione che salva la maggioranza“ ti fa quasi rivalutare i “vaffa” delle piazze di Beppe Grillo.

Giovanni Sartori sul Corriere della Sera si interrogava sul come mai la sinistra non stia riuscendo a crescere davvero nei sondaggi e quindi in popolarità, nonostante lo spettacolo indegno offerto dai berluscones. Il rapporto di Openpolis lo spiega benissimo con tabelline e schemi traducibili nel semplicissimo assioma: perché l’opposizione non fa l’opposizione.

Considerate le votazioni che si sono svolte da inizio della XVI legislatura sino al 20 settembre 2011, alla Camera che Senato, quelle nelle quali la maggioranza è stata salvata arrivano al 35% del totale.

Più di un voto su tre. Poche chiacchiere, ecco i numeri: per 5.098 volte la maggioranza poteva essere battuta.

E così non è stato perché i nostri eroi non erano in aula. Nel secondo semestre del 2008, alla Camera, il 58% dei voti sono stati salva-maggioranza; al Senato, nel primo semestre del 2009 è successo il 48% delle volte.

Sapete chi è il deputato che per più volte ha salvato la maggioranza non partecipando al voto? Pierluigi Bersani (2306 volte).

Al terzo posto c’è Di Pietro, al quinto D’Alema e al sesto Fioroni. E i deputati che hanno fatto meglio l’opposizione?

La numero 1 è stata Rosy Bindi (solo 12 voti salva-maggioranza), poi una sequela di semi-sconosciuti che però hanno il merito di fare il proprio lavoro (per chi se lo fosse scordato: l’opposizione).

Stesso gioco al Senato. La peggiore? Emma Bonino (1331 volte). Dietro di lei Sergio Zavoli e Franco Marini. Mentre la migliore è la Pd Cinzia Maria Fontana (13 voti).

Se questi strateghi che da oltre venti anni ci ammorbano con questo riformismo da strapazzo sempre a perdere, avessero fatto davvero l’opposizione,stando seduti al loro posto come financo i bambini di prima elementare sanno fare, sarebbero saltate leggi come il “salvataggio” di Alitalia, che è costato ai contribuenti svariati miliardi di euro; la “Legge per contrasto criminalità organizzata e immigrazione clandestina”; “Legge sui rifiuti in Campania 2008?; la finanziaria del 2009; “Legge sullo scudo fiscale”; “riforma Brunetta della pubblica amministrazione”; “Sospensione delle demolizioni in Campania”; “Decreto sul terremoto dell’Aquila”.

Roba per cui noi settimanalmente vediamo questi figuri scannarsi a Ballarò con Gasparri-Cicchitto-Lupi ecc. Peccato che appena la telecamera si spenge vanno (quando ci vanno) in Parlamento e tutto resta com’è.

Il rapporto di Openpolis – arcinoto covo di bolscevichi, grillini, indignados no global e no Tav falsificatori di numeri – dice testualmente: “I numeri svelano la comoda finzione della rappresentanza parlamentare che scade spesso nella rappresentazione dove in molti, anche se non tutti per fortuna, sono presi da così tante altre faccende – altri incarichi pubblici, da attività professionali o di partito – che alla fine, quella di parlamentare, si riduce ad essere solo una sorta di incombenza ben remunerata, da gestire come si può tra le altre”.

E poi: ”Questa è una deriva che va contro lo spirito della Costituzione e vìola le norme che i parlamentari stessi si sono dati attraverso i loro regolamenti”.

Infine: “La Carta fondamentale affida a ciascun parlamentare il potere di decidere attraverso il voto le leggi, nell’interesse e in rappresentanza di tutta la comunità nazionale. I regolamenti di Camera e Senato stabiliscono che andare in Commissione, in Aula, studiare, approfondire, ascoltare e capire i problemi delle comunità e, alla fine, votare, è un preciso “dovere” di ciascun deputato e senatore, di maggioranza e di opposizione. Chi non lo fa, mina il ruolo cardine dell’istituzione Parlamento nel nostro sistema costituzionale e democratico”.

L’anti-politica che tanto sdegna i dirigenti dell’opposizione dimostra di essere tutt’altro che un moto di indignazione anti-politico. Rappresenta anzi la richiesta di un’altra politica, intesa nel senso letterale del termine: “Arte di governare la società”.

Governare, non spartire la torta. L’anti-politica vera sono loro.

PS. Solo una piccola postilla: che la sinistra non cresca nei sondaggi è parzialmente vero. È il binomio Pd-Idv che messo insieme vale come nel 2008. La sinistra extraparlamentare, che appunto in parlamento non c’è perché nel 2008 non aveva raggiunto il 3%, adesso vale oltre il 10%. Con Grillo si arriva al 15%. Chissà perché.


In Argentina apre il bordello Berlusconi. Un italiano lo denuncia in “difesa del Paese”
di Eleonora Bianchini - Il Fatto Quotidiano - 9 Ottobre 2011

Un bordello intitolato a Silvio Berlusconi e la denuncia di un italiano all’estero per difendere il buon nome delle istituzioni, fin troppo ridicolizzate dal governo e dal Presidente del Consiglio. “Palacio Berlusconi” è un bar di escort dell’imprenditore di night club Juan Cabrera, sorto lo scorso gennaio nella seconda città più grande dell’Argentina, Rosario.

La particolarità? Oltre all’insegna, al suo interno riproduce simboli che ricordano le feste del bunga bunga. Lo spiega Antonio Bruzzese, presidente dell’associazione Insieme Argentina, che per questo ha scritto al sindaco Roberto Lifschitz e al Console generale Rosario Miccichè, mosso “dall’indignazione per l’uso di un nome che rappresenta la nazione italiana da parte di locale di prostituzione d’alto bordo”.

Le autorità, che si sono immediatamente attivate per un’ispezione nel locale, hanno riscontrato tutte le licenze in regola per la whiskeria, ma la prostituzione in Argentina non è legalizzata.

Tuttavia l’obiettivo primario dell’azione di Bruzzese è eliminare qualsiasi riferimento al Presidente del Consiglio Berlusconi perché rappresenta un’offesa per gli italiani.

“Il locale esiste da tempo, ma all’inizio, probabilmente, era solo un bar. Poi ho visto la pubblicità del bordello su La Capital, il principale quotidiano locale e ho reagito con la denuncia”.

E i forum che ne parlano dissipano i dubbi sul tipo di intrattenimento
. “Fuori dal locale c’è una bandiera con una ‘B’ al centro e chi c’è stato mi ha confermato l’esistenza di alcuni riferimenti ad hoc, tra cui il famoso palo della lap dance emerso dalle intercettazioni”.

In Argentina, nonostante la condizione della donna sia assai più critica rispetto all’Italia, i festini presidenziali hanno destato scandalo e sorpresa, in un paese dove il presidente donna Cristina Kirchner sta cercando di favorire l’emancipazione femminile, dal punto di vista economico e sociale.

Bruzzese spiega che la sua denuncia non ha a che fare con le scelte dei cittadini comuni nella loro vita privata e che non intende fare da scudo al Presidente del Consiglio. “Non mi disturba che le autorità propongano questo tipo di affari – precisa. – Ma trovo offensivo che ci sia il nome di Berlusconi che, personalmente, ritengo a capo del fallimento del nostro paese. Che lo vogliamo o no, rappresenta ancora un’istituzione, questo è il problema. E non intendo affatto difendere l’uomo che ritengo se ne debba andare il prima possibile”.

Il presidente di Insieme Argentina ora attende la rimozione nel locale di qualsiasi riferimento al nostro Stato. “Mi interessa il buon nome dell’Italia – prosegue. – Sappiamo che la classe politica che sta a Roma, sempre più disinteressata alla salvaguardia dell’immagine pubblica, ha ridotto l’Italia a un’opera d’arte devastata. Bisogna reagire all’assuefazione su cui troppo spesso si ride e si scherza. Basta essere invidiosi perché il premier ha donne, soldi e potere. Questa logica ha sedotto il nostro paese per troppo tempo”.

Al centro c’è il rispetto delle istituzioni, di cui i cittadini si devono preoccupare per primi vista la noncuranza di chi siede a Palazzo Chigi. “E’ evidente che non abbiano nessuna considerazione dei ruoli che ricoprono altrimenti non saremmo arrivati a questo livello”.

E Bruzzese ricorda il leit motiv gridato nelle piazze argentine durante la crisi del 2000: “’Que se vayan todos‘, ripetevano i manifestanti, perché volevano che la classe politica di allora lasciasse la poltrona. Lo stesso slogan che dovrebbero ripetere gli italiani”.


Non è più il tempo delle parole
di Massimo Fini - www.ilribelle.com - 9 Ottobre 2011

Non è più il tempo delle parole. È venuto quello della violenza. Non intendo, naturalmente, la violenza terroristica.

Del terrorismo ne abbiamo avuto abbastanza, in Italia, negli anni Settanta e nei primi Ottanta, un terrorismo favorito dall'inerzia e a volte dalla complicità, soprattutto di una parte del Partito socialista, della classe dirigente che non fece nulla per combatterlo finché uccideva gli Mtaj stracci, agenti di custodia, vigili urbani, operai, baristi, e si svegliò solo dopo il sequestro e l'assassinio di Aldo Moro quando si rese conto che anche i propri esponenti, e non solo cittadini comuni, potevano esserne colpiti.

Oltretutto quel terrorismo cavalcava un'ideologia morente, il marxismo-leninismo, che si sarebbe dissolto di lì a pochi anni col crollo dell'Unione Sovietica.

In ogni caso il terrorismo, oltre a rafforzare le classi dirigenti che dice di voler combattere, non è moralmente accettabile se non quando si rivolge contro truppe straniere che occupano il territorio nazionale, come avviene in Afghanistan e come fu quello della resistenza italiana peraltro ininfluente, a differenza di quella afgana, dal punto di vista militare.

La violenza di cui parlo qui è quella di massa, non armata ma disposta a lasciare sul terreno qualche morto, com'è stata quella tunisina che nel giro di due soli giorni ha spazzato via il dittatore Ben Alì.

La violenza di massa, di popolo, è giustificata, anzi resa necessaria, da tre elementi. Il primo è generale. Gli altri due riguardano precisamente l'Italia.

1) La democrazia rappresentativa, come credo di aver dimostrato in "Sudditi. Manifesto contro la democrazia", non è la democrazia, ma un sistema di oligarchie, politiche ed economiche, che schiacciano il singolo, colui che conserva quel tanto di rispetto di sé, dal rifiutare gli umilianti infeudamenti a una di queste mafie, e che sarebbe il cittadino ideale di una democrazia, se esistesse davvero, e ne diventa invece la vittima designata.

2) Nelle altre democrazie occidentali questa sostanza di fondo viene mascherata con un rispetto delle forme della democrazia. Non è molto, ma è perlomeno qualcosa perché, come diceva La Rochefoucauld, "l'ipocrisia è il prezzo che il vizio paga alla virtù".

In Italia sono saltate anche le forme della democrazia. Si accetta, come cosa naturale, che delinquenti, criminali, troie siano i nostri cosiddetti rappresentanti.

E la nostra libertà si riduce a scegliere, ogni cinque anni, da quale delinquente o puttana preferiamo essere comandati. Che questa classe dirigente, di maggioranza ma anche di opposizione, non faccia più nemmeno finta di occuparsi del bene collettivo ma pensi solo ad autoperpetuarsi lo si è visto con chiarezza in questa crisi economica.

È stato tutto un azzuffarsi per scaricarsi l'un l'altro responsabilità che sono, sia pur in misura diversa, di tutti e per ritagliarsi ulteriori microfettine o macrofettone di potere.

Mentre agli italiani, anche e soprattutto a quelli che hanno lavorato onestamente tutta una vita, si chiedevano altri sacrifici, costoro si tenevano ben stretti i propri privilegi. Noi, per questa classe di parassiti profumatamente pagati per non fare assolutamente nulla, come i nobili dell'ancien régime, non siamo che asini al basto, pecore da tosare.

3) Poi c'è il fenomeno Berlusconi. Un presidente del Consiglio che definisce il Paese che ha governato per dieci anni "un Paese di merda" non lo si era ancora mai visto, sotto nessuna latitudine.

Ci aspettavamo quindi un sussulto, un soprassalto di dignità da parte degli italiani. Non per un malinteso senso di orgoglio nazionale, ma perché, quell'espressione offende tutti noi, uomini e donne, singolarmente presi, dandoci dei "pezzi di merda".

Ci aspettavamo quindi che gli italiani scendessero in strada, non per il solito e inconcludente sciopero alla Camusso, ma per dirigersi, con bastoní, con randelli, con mazze da baseball, con forconi verso la villa di Arcore o Palazzo Grazioli o qualsiasi altro bordello abitato dall'energumeno, per cercare di sfondare i cordoni di polizia e l'esercito privato da cui, come un signorotto feudale, si fa proteggere, per dargli il fatto suo.

Invece la cosa, di una gravità inaudita, è passata come se nulla fosse. Anzi sul sito del Corriere della Sera Pierluigi Battista ha difeso Berlusconi affermando che dire che "l'Italia è un Paese di merda" non è reato.

Che c'entra? Non tutte le cose che hanno rilevanza politica sono reati. Se un premier dicesse "da oggi tutti gli stipendi sono dimezzati" nemmeno questo sarebbe un reato, ma non per ciò i cittadini perderebbero il diritto di difendersi.

Fino a quando tollereremo che questo mitomane schizoide, questa faccia di bronzo, questa faccia di palta, questa faccia di merda, questo corruttore di magistrati, (nessuno crederà, sul serio, che Prevìti abbia pagato in proprio il giudice Metta per "aggiustare" il Lodo Mondadori a favor di Fininvest), corruttore di testimoni (Mills), corruttore della Guardia di Finanza, concussore della polizia (caso Ruby), creatore dí colossali "fondi neri", campione dell'evasione e dell'"elusione", ci insulti impunemente e altrettanto impunemente violi quelle leggi che noi cittadini siamo chiamati invece a rispettare?

Ma, in fondo, Berlusconi è utile. Perché, con la sua arroganza, con la mancanza di qualsiasi prudenza, smaschera la sostanza della democrazia, di qualsiasi democrazia: impunità per i membri delle oligarchie dominanti, "in galera subito e buttare via le chiavi" per i reati da strada che son quelli commessi dai povericristí.

La solita, vecchia, cara, schifosa giustizia di classe.

Le democrazie rappresentative vanno quindi abbattute. E non è affatto necessario, come le oligarchie dominanti vogliono far credere per poter continuare a ruminare in tranquillità i propri privilegi, che siano seguite da dittature.

Si può pensare a sistemi comunitari, a una sorta dì feudalesimo senza feudatari, o ad altro. Comunque cominciamo a liberarci di questo sistema.

Ciò che verrà dopo si vedrà. Quello che non è più possibile tollerare è continuare a star seduti, come se nulla fosse, su una truffa che dura da due secoli.