venerdì 21 ottobre 2011

Libia - update

Come avevamo già detto un paio di mesi fa, Gheddafi ha combattuto e resistito fino alla morte in una lotta impari contro le decine di migliaia di bombe e missili scagliati dagli aerei, droni ed elicotteri della Nato, fondamentali per far prevalere quella banda di criminali e tagliagole che tutti chiamano "i ribelli del Cnt".

Ma ora resta da vedere se inizierà un'altra guerra, tra le varie anime di quei tagliagole, per la conquista del potere e/o la spartizione della Libia.

Tra i gruppi di Misurata, Bengasi e gli jihadisti/quaedisti guidati da quel Abdul Hakim Belhaj - che aveva combattuto in Afghanistan contro i sovietici, in Iraq contro le truppe Usa ed era stato arrestato nel 2004 in Malesia, torturato poi in Thailandia per essere infine spedito in un carcere libico dagli anglo-americani - ora infatti sta per cominciare una nuova partita.

Ma la Nato chi deciderà di bombardare tra i tre?...



Il linciaggio di Muammar Gheddafi
di Thierry Meyssan - www.voltairenet.org - 20 Ottobre 2011
Traduzione a cura di Alessandro Lattanzi

La morte di Muammar Gheddafi è stata accolta da una esplosione di gioia nei palazzi dei governi occidentali, in assenza del popolo libico. Per Thierry Meyssan, questo omicidio militarmente inutile, non è stato perpetrato dall’Impero solo per dare l’esempio, ma anche per decostruire la società libica tribale.

Giovedì, 20 ottobre 2011, alle 13:30 GMT, il Consiglio Nazionale di Transizione libica ha annunciato la morte di Muammar Gheddafi. Anche se confusi, i primi elementi suggeriscono che un convoglio di auto abbia tentato di lasciare Sirte assediata e sia stato bloccato, e in parte distrutto, dai bombardamenti della NATO.

I sopravvissuti avrebbero trovato rifugio in dei canali. Gheddafi, ferito, sarebbe stato fatto prigioniero dalla brigata Tigre della tribù di Misurata, che l’avrebbe linciato.

Il corpo della “Guida” della Grande Jamahiriya Araba Socialista non è stato conservato nella sua città natale di Sirte, o trasportato a Tripoli, ma inviato come un trofeo dai misuratini nella loro città eponima.

La tribù di Misurata, che è stata a lungo riluttante a scegliere il suo campo, ed è praticamente assente dal CNT, alla fine investì Tripoli dopo i bombardamenti della NATO, e linciato Muammar Gheddafi dopo il bombardamento del suo convoglio da parte della NATO.

Ha anche trasportato il suo corpo nella sua città per celebrare il suo trionfo. A luglio, la “Guida” avrebbe maledetto i misuratini, spingendoli ad unirsi a Istanbul e a Tel Aviv, facendo allusione al fatto che la loro tribù discende da ebrei turchi convertiti all’Islam.

Un diluvio di commenti preparati in anticipo è stato immediatamente trasmesso dai media atlantisti, per demonizzare Muammar Gheddafi, e così, far dimenticare le condizioni barbare della sua morte.

I principali leader della coalizione hanno salutato la morte del loro nemico, come la fine dell’”Operazione Unified Protector“.

In tal modo, implicitamente ammettono che non si trattava di attuare la risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza, ma di rovesciare un sistema politico e di ucciderne il leader, anche se l’assassinio di un capo di Stato al potere è vietato dal diritto statunitense ed è universalmente condannato.

Inoltre, il linciaggio di Muammar Gheddafi dimostra la volontà della NATO di non rinviarlo alla Corte penale internazionale, che non sarebbe stata più in grado di condannarlo per crimini contro l’umanità, come il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia non ha potuto dimostrare la colpevolezza di Slobodan Milosevic, nonostante due anni di processi.

Nel torrente di mota versato dai media atlantisti per infangarne la memoria, si riciclano le false accuse, che dimostrano al contrario che questi media avevano a disposizione pochi elementi autenticamente utilizzabili a suo carico.

Arriva, così, il caso dell’attentato contro la discoteca La Belle a Berlino (5 aprile 1986, tre morti), precedentemente utilizzato come pretesto da parte dell’amministrazione Reagan, per bombardare il suo palazzo e uccidere la figlia (14 aprile 1986, almeno 50 morti).

All’epoca, il procuratore tedesco Detlev Mehlis (quella che truccherà, due decenni più tardi, l’indagine sull’assassinio di Rafik al-Hariri) invocò la testimonianza di Mushad Eter per accusare un diplomatico libico e il suo complice, Mohammed Amairi.

Tuttavia, la televisione tedesca ZDF ha poi scoperto che Mushad Eter era un falso testimone, e un vero e proprio agente della CIA, mentre il bombarolo Mohammed Aamiri era un agente del Mossad [1].

Oppure il caso dell’attentato di Lockerbie (21 dicembre 1988, 270 morti): gli investigatori identificarono il proprietario della valigia contenente la bomba e il timer, sulla base della testimonianza del negoziante maltese che aveva venduto dei pantaloni che si trovavano nella valigia con la bomba. La giustizia scozzese poi accusò due agenti libici, Abdelbaset Ali Mohmed al-Megrahi e al-Amin Khalifa Fhimah, e il Consiglio di Sicurezza adottò le sanzioni contro la Libia.

In definitiva, per fare togliere le sanzioni, la Libia aveva accettato di estradare i due agenti (il primo è stato condannato all’ergastolo, il secondo è stato assolto) e a pagare 2,7 miliardi di dollari di risarcimento, mentre continuava a proclamare la sua completa innocenza.

In definitiva, nell’agosto del 2005, uno dei magistrati scozzesi ha dichiarato che la principale delle prove, il timer, era stata depositata sulla scena da un agente della CIA.

Poi l’esperto che ha analizzato il timer per conto del tribunale, ammise di averlo prodotto prima che la CIA lo depositasse sul sito.

Infine, il negoziante maltese ha ammesso di essere stato pagato 2 milioni di dollari per la falsa testimonianza. Le autorità scozzesi decisero di rivedere il caso, ma la salute di Abdelbaset Ali Mohmed al-Megrahi non lo permetteva.

La campagna di disinformazione in corso comprende anche una sezione sullo stile di vita del defunto, descritto come sontuoso e la quantità faraonica della sua fortuna nascosta.

Ma tutti coloro che si sono avvicinati a Muammar Gheddafi, o semplicemente coloro che hanno visitato la sua casa di famiglia e la sua residenza dopo il bombardamento, sono in grado di attestare che viveva in un ambiente simile a quello della borghesia del suo paese, lontano dagli sfarzi volgari del Ministro della Pianificazione, Mahmoud Jibril.

Allo stesso modo, nessuno degli Stati che cercano da mesi le fortune nascoste di Gheddafi, è stato capace di trovarle. Tutte le somme significative sequestrate appartenevano al governo libico e non alla “Guida”.

Al contrario, i media non menzionano l’unico mandato di cattura internazionale emesso dall’Interpol atlantista contro Muammar Gheddafi, prima dell’offensiva della NATO. Era stato accusato dalla giustizia libanese di avere eliminato l’Imam Moussa Sadr e i suoi accompagnatori (1978).

Questa omissione è dovuta al fatto che il rapimento fu sponsorizzato dagli Stati Uniti, che volevano eliminare l’imam sciita, prima di lasciare che l’ayatollah Ruhollah Khomeini tornasse in Iran, per timore che Sadr estendesse in Libano l’influenza del rivoluzionario iraniano.

I media atlantisti non menzionano le critiche che organizzazioni della resistenza antimperialista, e che noi stessi avevamo formulato contro Muammar Gheddafi: i suoi ricorrenti compromessi con Israele.

Da parte mia, posso attestare che, fino alla Battaglia di Tripoli, la “Guida” ha negoziato con gli inviati di Israele, nella speranza di acquisire la protezione da Tel Aviv.

Devo anche dire che, nonostante le mie critiche alla sua politica internazionale, e la documentazione completa a questo proposito che la DCRI francese gli ha gentilmente messo a disposizione su di me, a luglio, nella speranza di farmi arrestare, Muammar Gheddafi mi ha dato la sua fiducia e mi ha chiesto di aiutare il suo paese nel far valere i propri diritti presso le Nazioni Unite [2]; un comportamento assai lontano da quello di un tiranno.

I media atlantisti non hanno più citato le ingerenze della Libia nella vita politica francese, che ho condannato, compreso il finanziamento illegale delle campagne elettorali presidenziali di Nicolas Sarkozy e di Ségolène Royal.

La “Guida” aveva infatti autorizzato suo cognato Abdallah Senoussi a corrompere i due principali candidati, in cambio della promessa di un’amnistia o di fare pressioni sulla giustizia per chiudere il suo dossier penale francese [3].

Soprattutto, i media atlantisti non fanno menzione dell’opera principale della “Guida”: il rovesciamento della monarchia fantoccio imposta dagli anglosassoni, la rimozione delle truppe straniere, la nazionalizzazione degli idrocarburi, la costruzione del Man Made River (l’opera di irrigazione più importante del mondo), la ridistribuzione dei profitti del petrolio (ha fatto di uno dei paesi più poveri del mondo, il più ricco in Africa), l’asilo generoso ai rifugiati palestinesi e l’aiuto allo sviluppo senza precedenti del Terzo Mondo (l’aiuto allo sviluppo libico era più importante di quello di tutti gli stati del G20 messi insieme).

La morte di Muammar Gheddafi non cambierà nulla a livello internazionale. L’evento importante è stata la caduta di Tripoli, bombardata e catturata dalla NATO, certamente il peggiore dei crimini di guerra di questo secolo, seguita dall’ingresso della tribù di Misurata per controllare la capitale.

Nelle settimane prima della Battaglia di Tripoli, la stragrande maggioranza dei libici è stata coinvolta, Venerdì dopo Venerdì, in manifestazioni anti-NATO, anti-CNT e pro-Gheddafi. Ora il paese è distrutto ed è governato dalla NATO e dalle sue marionette del CNT.

La morte della Guida avrà per contro un effetto traumatico durevole sulla società libica tribale. Uccidendo il leader, la NATO ha distrutto l’incarnazione del principio di autorità.

Ci vorranno anni e molta violenza prima che un nuovo leader sia riconosciuto da tutte le tribù o che il sistema tribale sia sostituito da un’altra forma di organizzazione sociale.

In questo senso, la morte di Muammar Gheddafi ha aperto un periodo di somalizzazione o irachizzazione della Libia.

Note:

[1] Inchiesta della rivista Front, trasmesso da ZDF il 28 Agosto 1998.
[2] Che ho fatto come attivista, senza alcun compenso. NdA
[3] Abdallah Senussi era stato condannato in contumacia in Francia per l’attacco contro il DC-10 dell0UTA (19 settembre 1989, 170 decessi) durante la guerra in Ciad.


«L'odio seminato provocherà ancora scontri e tante vittime» . Intervista a Angelo Del Boca
di Tommaso Di Francesco - www.ilmanifesto.it - 21 Ottobre 2011

«Il raìs è morto, ma il paese è stremato e distrutto da una guerra civile non ancora conclusa»

L'uccisione di Muammar Gheddafi è già un «giallo». «Grazie alla nostra offensiva», rassicura un portavoce del Cnt, e un altro precisa «era ferito alle gambe, non sparate ha gridato, è stato portato a Misurata e nel trasporto è morto», «Ferito alle gambe e colpo mortale alla testa» cambia versione un altro comandante degli insorti, «No, l'ho visto su un cellulare, era vivo al momento della cattura» testimonia Tony Birtley inviato di Al Jazeera.

Poi la conferma della versione più credibile: sono stati i cacciabombardieri o gli elicotteri Nato che hanno colpito a più riprese il convoglio di decine di macchine che, con quella di Gheddafi, provava a forzare il blocco prima verso Bengasi poi verso Misurata.

Un convoglio che ha continuato a combattere fino alla fine. Sulla morte del raìs abbiamo rivolto alcune domande allo storico del colonialismo Angelo Del Boca, biografo di Gheddafi.

Quale idea ti sei fatto degli avvenimenti che hanno portato alla morte di Gheddafi?

Nella confusione totale un dato è certo: Gheddafi, uomo che veniva dal deserto e che per 42 anni ha retto un paese tribale come la Libia, è morto ed è morto ucciso. Ancora non sappiamo bene se a stroncare la sua vita sono stati gli insorti in combattimento oppure, com'è più credibile, uno degli undicimila attacchi aerei della Nato che hanno fatto la differenza.

Noi propendiamo per questa più veritiera versione, perché il modo di combattere degli insorti è sempre stato molto impreciso, casuale e a volte addirittura ridicolo. E senza i raid della Nato gli insorti non avrebbero prevalso.

Se sono stati gli aerei o gli elicotteri dell'Alleanza atlantica a conquistare questa vittoria che dovrebbe mettere fine ad una guerra che doveva durare «poche settimane» ed è invece durata otto mesi, dobbiamo dire che la Nato ha fatto una brutta figura. Sperperando il denaro del contribuente occidentale che dovrebbe essere prezioso dentro il baratro della crisi finanziaria.

Quando si faranno i calcoli precisi si scoprirà che sono state gettate sulla Libia, «per proteggere i civili», dalle 40 alle 50.000 bombe ovviamente intelligenti, che oltre a stragi silenziose hanno provocato la devastazione del territorio anche per il futuro.

C'è un giornalista libico, Mahmoud al-Farjani che ha raccolto la testimonianza dei miliziani del Cnt che avrebbero trovato il corpo, e che dicono che «ha combattuto fino alla fine, aveva segni di ferite alle gambe e al busto»...

L'ho detto fin dal primo giorno di guerra. Gheddafi non era l'uomo che poteva prediligere la fuga né un compromesso. Poteva soltanto morire con un'arma in mano. Da questo punto di vista, ha fatto la morte che voleva. E le modalità della sua uccisione rischiano anche di trasformarlo in un mito, anche perché non ci sono molti altri esempi in giro.

L'uccisione in combattimento di Gheddafi facilita la pacificazione della Libia?

Assolutamente no. Perché la Libia è distrutta, è un paese tutto da ricostruire, con gli arsenali di armi abbandonati e rivenduti al miglior offerente. Parlare di normalizzazione della Libia è a dir poco un termine impreciso. E tutto quello che era stato fatto per bloccare la deriva dell'integralismo islamico è andato in fumo.

Mi sembra che se ne sia accorta perfino la signora Clinton perché ora vuole inviare soldati per cercare tutte queste armi sparite. Altro che pacificazione, sono troppi gli odi e le vendette che sono state accese. È stata una vera guerra civile, perché non erano poche migliaia di persone quelle schierate con Gheddafi ma centinaia di migliaia.

E non è ancora finita, l'odio seminato dalla presenza neocolonialista dell'Occidente provocherà ancora scontri e vittime. Proprio nel ricordo del giovane ufficiale che nel '69 fece una rivoluzione senza spare sangue.

Ora vediamo gli spari di gioia degli insorti e il titolo televisivo è che tutti i libici festeggiano...

Chi festeggia davvero, visto che la violenza repressiva di Gheddafi per gran parte si è riversata nel tempo contro rivolte interne spesso collegate a interessi occidentali ma soprattutto, e per conto dell'Occidente, contro gli integralisti islamici (vedi il massacro di Abu Salim del 1996).

Mentre restano incerti, a partire da Lockerbie, le stragi terroristiche che alla fine la leadership di Gheddafi si era accollate proprio quando emergevano ben altre responsabilità. Per Lockerbie, per esempio e lo sanno tutti, quelle dell'Iran per ritorsione all'abbattimento di un aereo civile iraniano ad opera della Marina militare Usa.

I leader occidentali tirano un sospiro di sollievo...

Nel centenario dell'occupazione coloniale della Libia, La Russa e Frattini - ricordiamoci che il nostro ministro degli esteri indicava in Gheddafi «l'esempio da seguire per tutta l'Africa» - sono entusiasti, doppia esultanza per Sarkozy che nello stesso giorno diventa padre ed eroe, e per Hillary Clinton che forse più di Obama si è spesa per questa guerra. Alla fine Ronald Reagan, che più volte provò ad assassinare il Colonnello libico, ha avuto ragione...


Il leone del deserto colpito a morte dalla belve “democratiche”
di Giuseppe Angiuli - www.facebook.com - 20 Ottobre 2011

Il leone del deserto colpito a morte dalla belve “democratiche”. Il suo coraggio una lezione per tutti noi

Ero personalmente presente a Roma, la sera del 30 agosto 2010, alla celebre festa data da Berlusconi alla caserma di Tor di Quinto, in onore di Muhammar Gheddafi, nell’occasione dell’anniversario della firma del trattato di amicizia italo-libica.

Ascoltai con viva attenzione il discorso pronunziato dal leader libico dinanzi ad un parterre di tutto riguardo, nel quale si segnalavano alti gerarchi militari, banchieri e capitani d’industria di casa nostra, vistosamente imbarazzati dall’obbligo di sottostare ad un cerimoniale così pomposo allestito per un ospite tanto pittoresco ed ingombrante.

Il giorno successivo alla festa, i nostri mezzi di stampa, con i soliti toni prevenuti verso Gheddafi, dettero conto agli italiani di un “discorso di sfida” lanciato dal colonnello all’indirizzo dell’Italia e dell’Europa, raccontando però soltanto una parte del discorso del leader libico, cioè quella più consona a prestarsi alle campagne conformistiche del nostro giornalismo, tutto intento a gettare discredito sul significato dell’alleanza italo-libica: mi riferisco alla controversa questione del controllo sui flussi immigratori, che effettivamente occupò una parte importante dell’intervento del leader.

Gheddafi sul punto usò un linguaggio alquanto duro e franco: “Se ci tenete a conservare il più a lungo possibile la vostra identità etnico-culturale di popoli europei – disse il colonnello – allora dovete fidarvi del mio ruolo di repressore della tratta illegale degli africani; in caso contrario – aggiunse – un’emigrazione incontrollata dei popoli dell’Africa (il continente giovane e prolifico per antonomasia) verso il vecchio continente, unitamente al vostro calo delle nascite, vi farà oggetto di una vera e propria conquista demografica”.

Questa parte del discorso poteva – e può ancora oggi – prestarsi ad interpretazioni controverse, ma quello che i mass-media di destra e di sinistra omisero totalmente di raccontare all’opinione pubblica riguardò due parti ben diverse del discorso di Gheddafi: e fu ascoltando quelle parti del discorso che mi resi conto che era stato davvero un miracolo, per il capo di una nazione del Terzo Mondo come lui, l’essere riuscito a sopravvivere per più di 40 anni ai vertici della sua nazione senza essere fatto fuori dalle potenze che governano il globo (anche se ormai sappiamo bene come andò l’incidente di Ustica nel 1980 e sospettiamo a buona ragione che Bettino Craxi potrebbe avere pagato a caro prezzo la impavida idea di avvisare il colonnello nell’imminenza del bombardamento reaganiano della sua residenza, nel 1986).

Il colonnello si rivolse agli astanti mettendo due volte il coltello nella piaga: in primo luogo, alluse al periodo fascista, alla brutale repressione delle tribù libiche messa in atto dal maresciallo Graziani (il quale, com’è noto, fece uso di gas tossici per sterminare i libici), parlò dei campi di concentramento creati da noi italiani negli anni ’30 del novecento, esaltò la figura dell’eroe Omar al-Mukhtar, il celebre “Leone del deserto” immortalato nel pluri-censurato film del 1981 con la grande interpretazione di Anthony Quinn.

Senza mezzi termini, il colonnello Gheddafi quella sera, dinanzi a fior di militari nostrani con tanto di stellette, ferì l’orgoglio di noi italiani, esortandoci a chiedere loro “scusa” per quello che i nostri padri-nonni avevano compiuto nella loro terra.

Ricordo perfettamente le sue parole: “Dovete fare conoscere ai vostri figli – infierì nelle nostre coscienze sporche – i crimini commessi da voi italiani nel periodo del colonialismo in Libia, così come io quest’oggi ho mostrato al vostro Presidente Berlusconi, che ringrazio per l’attenzione dimostratami, le foto dei campi di concentramento da voi stessi costruiti nel mio Paese”.

A chiusura dell'intervento, il colonnello fece una riflessione prettamente geopolitica che a mio avviso costituì il punto più importante del suo discorso, senz’altro quello che fece andare in bestia gli osservatori britannici e statunitensi presenti in giacca e cravatta, sempre “vigili” e pronti ad intervenire ogniqualvolta in Italia qualcuno mostra di far sul serio in politica estera, distaccandosi dal loro padronato.

“Mi rivolgo a voi italiani ed a tutti i popoli che si affacciano sulle coste del Mediterraneo – esclamò il colonnello – E’ giunta l’ora che il Mediterraneo torni ad essere mare nostrum, nel senso che deve appartenere unicamente a quelle nazioni posizionate sulle sue rive. Non possiamo più consentire che potenze lontane geograficamente debbano conservare la loro supremazia militare e marittima sul nostro mare. Dobbiamo, prima o poi, iniziare a liberarcene perché ormai i tempi sono maturi per una svolta strategica”.

Ma guarda un po’ – pensai tra me e me – un leader di un Paese in via di sviluppo trova la forza e l’ardimento di venire in un Paese ex potenza coloniale non soltanto per rivendicare, al cospetto delle sue massime cariche, l’esigenza sacrosanta di una richiesta di scuse per le note responsabilità storiche ma perfino per esortare la medesima ex potenza coloniale (cioè la misera Italietta di questi anni) a trovare il coraggio di affrancarsi finalmente dal giogo soverchiante delle nazioni vincitrici del secondo conflitto mondiale, in primis Gran Bretagna e U.S.A.

A ripensarci adesso, dopo un anno e 2 mesi in cui è successo proprio di tutto, il discorso di quella sera di fine estate fu davvero una lezione di dignità per noi italiani, anche se probabilmente nemmeno Gheddafi era consapevole del livello di appiattimento valoriale se non di inebetimento collettivo della nostra comunità nazionale, ormai incapace anche soltanto di pensarsi libera e autonoma da quei centri di potere che, in nome dell’esportazione della democrazia, seminano guerre, crisi economiche e depressioni sociali da un capo all’altro del pianeta.

Forse ci aveva sopravvalutato – il colonnello Gheddafi – quando aveva pensato che, dopo l’infamia del colonialismo novecentesco, non saremmo stati capaci di violare ancora una volta il suolo e il diritto all’autodeterminazione del popolo libico.

Noialtri, poi, cosa abbiamo davvero capito della guerra di Libia del 2011?

Noi cittadini ingannati da una classe politica di così infimo livello degna davvero di una Repubblica delle banane; noi impoveriti nelle tasche e surclassati nell’animo da un ceto dirigente che, tranne pochissime eccezioni, è totalmente vassallo di quegli stessi centri di potere finanziario di matrice anglosassone che, proprio in questi ultimi tempi, stanno portando a termine il noto programma del New World Order, che passa inevitabilmente per un azzeramento della sovranità nazionali, sia in politica che in economia; noi telebeoti, umiliati e gabbati da un ceto giornalistico che in quest’epoca di menzogne ha conservato un livello di dignità e deontologia professionale inferiore al mestiere di prostituta (senza offesa per le prostitute)!

Ebbene, mentre noi dormivamo, e ancora dormiamo su 7 cuscini, il colonnello Gheddafi aveva ben compreso i disegni dei gruppi oligarchici che dominano l’Europa e – forse ancora per poco – il mondo.

Aveva sfidato i piani di dominio coloniale dell’Africa, in cui si distingue una Francia mai tanto famelica dai tempi di Napoleone, lavorando per progetti di integrazione continentale (mutuati dal modello latino-americano): Fondo Monetario Africano, una nuova moneta-dinaro sganciata dal dollaro, un satellite pan-africano.

Aveva individuato proprio nella anacronistica NATO (sorta nel 1949 per contrastare, si immagini, il fantasma comunista!) e nella sua pesante presenza nel Mediterraneo, la chiave del dominio anglo-americano sul continente europeo e sui Paesi del nord-Africa.

E infatti, i più informati sanno bene che alla NATO, dopo la devastazione della ex Jugoslavia e l’annientamento del popolo serbo, mancavano ancora due soli tasselli nazionali per poter dire completato il mosaico dell’alleanza atlantica nel Mediterraneo: guarda caso, proprio la Libia dell’indomito Gheddafi e la Siria del filo-russo e filo-iraniano Assad.

In tanti per fortuna hanno cominciato ad aprire gli occhi su questa ennesima carneficina "umanitaria" congegnata dall’Alleanza Atlantica, che lascerà pesanti macerie nel già traballante sistema di diritto internazionale; altri – forse – capiranno a distanza di qualche tempo cosa è davvero successo a poche centinaia di chilometri in linea d’aria da noi.

Ma al momento della sua (presunta) morte, occorre rendere onore alle doti di intrepido coraggio e di non comune fierezza del colonnello Gheddafi: ha combattuto fino alla fine, senza alcuna paura degli aggressori, incarnando il desiderio di autodeterminazione e di lotta al colonialismo per il quale sarà ricordato per generazioni da milioni di africani e, assieme a loro, da tutti i popoli sottomessi ai padroni del mondo.

Dalla relativa conoscenza che posso avere io della situazione sul campo, credo davvero difficile che i libici, ancorchè privati della loro guida, possano essere totalmente sottomessi dall'imperialismo: continueranno a combattere e, alla fine, i colonialisti dovranno tornarsene ancora una volta a casa.


MACELLAZIONI FINALI, CARNEFICI (NATO-CNT), PLAUDENTI (BAN KI MOON, NAPOLITANO, UE…) E ASTENUTI
di Marinella Correggia - www.comedonchisciotte.org - 20 Ottobre 2011

1. Ecco la nuova Libia di Napolitano, di Ban Ki Moon, di Barroso e di tutti gli altri che hanno espresso oggi soddisfazione. Eccola in questo video atroce: fra tante altre immagini che invece erano montaggi (http://www.youtube.com/watch?v=75YhFScM5sU&feature=share&skipcontrinter=1) riprende un essere umano gravemente ferito, strattonato, circondato dalle blasfeme urla “allah u akbar” che accompagnano le esecuzioni di Al Qaeda, in Iraq come in Libia (da mesi ormai), come altrove.

Le urla di soddisfazione degli esecutori si levano come gli onnipresenti colpi di fucil. Macellazione: il termine è appropriato, perché il sangue scorre e l’indifferenza per le sofferenze dei viventi scannati è la stessa che c’è nei macelli per animali. Del resto, ricordate che in Iraq, i militari americani dicevano ridacchiando di aver fatto il tiro al piccione con i soldati iracheni?

In Libia, Nato e i suoi alleati del Cnt hanno fatto tabula rasa di molti civili e di moltissimi lealisti; e dire che avrebbero dovuto limitarsi a far rispettare la no-fly zone e a proteggere i civili se minacciati. Chi minacciava in civili in genere (e tanto più nel caso delle città assediate da fine agosto)? Le truppe armate del Cnt. Alleate e protette dalla Nato come se fossero civili.

2. Allucinante, un assassinio ordinato o compiuto direttamente dalla Nato dai paesi “democratici”. Dai paesi consumisti e militaristi, anche durante la crisi. Allucinante ma non per Ban Ki Moon, per il quale questa giornata è “storica” per la Libia.

Ban Ki Moon è il segretario generale delle Nazioni Unite!! Lo stesso che non ha speso un parola su questa guerra, nemmeno sui civili di Sirte assediati e uccisi (e immaginarsi se può provare pietà per i soldati libici sui quali la nato ha fatto il tiro al tacchino.

E Napolitano? Anche lui contento. Napolitano è il presidente della Repubblica italiana: ci rappresenta davvero questo guerrafondaio capo (il più accanito di tutti, a parlare di “iniziativa umanitaria”)?

E i capi dell’Unione Europea che si compiacciono della nuova era? Ci rappresentano? Forse sì. Questo è l’”orrore su cui si fonda il consumismo” (frase di un’amica); sì, anche in tempi di crisi.

3. Oggi 20 ottobre vicino a Bani Walid è stato assassinato anche Sheik Ali, ottant’anni, capo tribale della tribù Warfalla. Uomo di pace, non aveva in casa nemmeno un fucile da caccia.

4. Non si è risparmiato nulla ai perdenti, per ridicolizzarli meglio. Un pro-Cnt (di quelli che senza la Nato non avrebbero fatto un passo) mostra la “pistola d’oro” che avrebbero trovato nelle tasche di Gheddafi!

E poi naturalmente, dove l’hanno trovato ferito (è poi “morto in custodia”)? Saddam lo pescarono, barbone, in una buca, per avviarlo subito alla forca. Gheddafi, dicono, si era rifugiato ferito in un tubo di cemento sporgente dalla sabbia. Così hanno cercato di annullare il fatto che sia rimasto fino all’ultimo nel luogo della Libia più pericoloso, Sirte.

5. E’ stata la Nato a colpirlo? Ecco cosa dice il colonnello Lavoie in una di quelle dichiarazioni che a leggerle rivelerebbero altrettanti crimini di guerra o violazioni della risoluzione 1973 (alla quale la Nato ha continuato ad aggrapparsi): “Aerei della Nato hanno colpito due veicoli militari pro-Gheddafi che facevano parte di un gruppo di veicoli militari che manovravano vicino a Sirte”.

Allora ho chiesto all’ufficio stampa della Nato (cjtfuppress@jfcnp.nato.int): come mai avete colpito quei veicoli?”. Loro, coda di paglia, si lanciano in una excusatio non petita: “La Nato li ha colpiti perché erano una minaccia per i civili. La Nato non prende di mira individui specifici”.

Allora ho risposto: “Non vi ho chiesto quale obiettivo specifico fosse quello. Ma in che modo minacciavano i civili? Dov’erano i civili minacciati?”. Allora hanno fatto rispondere a Lavoie: “given the nature of their conduct these armed vehicles continued to represent a threat towards civilians”. “Data la natura del loro comportamento, erano una minaccia. I combattimenti sono continuati fino alla caduta di Sirte”.

Il tirapiedi di Lavoie aggiunge che non può aggiungere altro. Ma è chiarissimo: visto che Lavoie si riferisce ai combattimenti, significa che gli unici civili che la Nato ha voluto proteggere sin fall’inizio del resto, erano gli armati del Cnt. Ma ciò è illegale.

6. Dunque quando si farà un processo alla Nato sarà sempre troppo tardi.

7. E qui, gli occidentali – anche i “movimenti” - che sanno tutto (ma anche là, gli arabi addormentati da Al Jazeera), che hanno fatto? Non ha indignato quasi nessuno, nemmeno gli indignati, il macello che dura dall’inizio delle bombe (già: prima, i famosi 10mila o seimila morti erano stati un’invenzione.

Lo hanno dichiarato gli stessi che l’avevano denunciato all’Onu…). Forse perché qui è dal 1945 che il cielo non ammazza di bombe e molti difettano di immaginazione. Adesso diranno: “Eh però era meglio processarlo…”.

Siamo democratici e civili, noi gli altri li processiamo gli altri (noi stessi mai). Ammazziamo solo con le bombe e la rapina economica ed ecologica. Di cui le guerre come questa sono conseguenza e causa. Ma come mai non se ne rendono conto?


Assassini
di Marco Cedolin - http://ilcorrosivo.blogspot.com - 20 Ottobre 2011

La foto di Gheddafi sanguinante e senza vita campeggia a tutta pagina sulle TV, sui giornali e sui siti web, come un trofeo di caccia da esibire appeso sopra al caminetto, per compiacere l’ego degli “eroi” senza macchia e senza paura, che elevatisi al rango di gendarmi del mondo hanno “legalizzato” la strage e l’omicidio, inserendoli nel novero dei sacrifici necessari per ottenere un nuovo ordine mondiale che sia completamente funzionale alle loro esigenze.

Abbiamo prodotto riflessioni sull’argomento, fin dall’inizio della "guerra santa", portata avanti dall'occidente con la vile compiacenza dell’ONU, nascosto sotto l’ombrello di una risoluzione farsa del tutto disancorata dalla realtà dei fatti e dalle azioni messe in atto sul campo.

Abbiamo seguito passo passo l’annientamento dello stato sovrano socialmente ed economicamente più avanzato dell’intero continente africano, le tonnellate di bombe lanciate sul suo popolo, la distruzione delle sue città e delle sue infrastrutture, la morte e la devastazione portata dal “mostro” occidentale e delegata nelle operazioni di terra ad un manipolo di mercenari e briganti della peggior specie……

Abbiamo stigmatizzato l’informazione mainstream, mai come oggi serva del potere e disposta a produrre documentazioni false a profusione, notizie destituite di ogni fondamento e fandonie di ogni genere, al solo fine di mistificare la realtà e compiacere i desideri del padrone.

Abbiamo assistito all’annientamento del futuro di un popolo, che viveva dignitosamente, con disponibilità economiche e diritti superiori a quelle degli italiani, attraverso l’uso delle bombe, del fuoco e della distruzione.

Il tutto perché all’impero occidentale necessitava la disponibilità del petrolio libico, così come necessitavano i denari di Gheddafi e la di lui dipartita.

E oggi assistiamo a quello che verrà presentato come l’ultimo atto della tragedia di Libia. L’assassinio a sangue freddo del leader di quello che era uno stato sovrano, per mano di un commando di briganti, di mercenari o di truppe scelte degli eserciti occidentali.

In fondo poco importa l’identità del boia, trattandosi di una storia già scritta, dove i mandanti sono ben noti e pontificano ogni giorno con disinvoltura di civiltà, libertà e democrazia.

Non assisteremo invece al dopo Gheddafi, perché del popolo libico non si parlerà più, così come non si è più parlato del popolo iracheno e di tutti gli altri popoli caduti sotto la scure della Nato, con l’intercessione dell’ONU.

Raggiunto l’obiettivo, anche la Libia uscirà dai palinsesti dell’informazione, per entrare nel novero dei paesi “democratizzati” e ridotti alla miseria, sui quali stendere il velo dell’omertà mediatica.

Il tutto con la compiacenza della"società civile" di casa nostra, sempre pronta a stracciarsi le vesti e abbandonarsi all’isterismo più becero, di fronte ai sampietrini e alle vetrine rotte, ma altrettanto pronta a voltarsi dall’altra parte, quando l’oggetto della violenza è un popolo intero, massacrato senza pietà.


Onore e armi in pugno. Come sanno morire i nostri nemici
di Pierangelo Buttafuoco - www.ilfoglio.it - 21 Ottobre 2011

Come sanno morire i nostri nemici, nessuno. Come ha saputo morire il rais, armi in pugno, lo sapevano fare solo i nostri. Come a Bir el Gobi quando con onore, dignità e coraggio sorridevano alla morte.

Fosse pure per fecondare l’Africa. Sarà tutto tempo perso, dunque, sporcarne gli ultimi istanti, gravarne di dettagli i resoconti e anche quel disumano reportage sul volto fatto strame – tra sangue e calcinacci – non potrà spegnere il crepitare della mitraglia.

Perché come ha saputo morire Muammar Gheddafi – così ridicolo, così pacchiano e così a noi ostile – come ha saputo farsi trovare, straziato come un Ettore, solo il più remoto degli eroi dimenticato nell’Ade l’ha saputo fare.

Come i nostri eroi. Come nel nostro Ade. Proprio come seppe morire Saddam Hussein che se ne restò sprezzante sul patibolo. Come neppure la più algida delle principesse di Francia davanti alla ghigliottina.

Incravattato di dura corda al collo, l’uomo di Tikrit, degnò qualche ghigno al boia, si prese il tempo di deglutire il gelo della forca per poi gridare la sua preghiera: “Allah ‘u Akbar”. E fu dunque fatto morto.

E, subito dopo, impudicamente fotografato. Come nel peggiore degli Ade. Per quel morire che non conosciamo più perché gli stessi che fino a ieri stavano a fianco del rais, dunque Sarkozy, Cameron, lo stesso Berlusconi, tutto potranno avere dalla vita fuorché un ferro con cui fare fuoco.

La nostra unica arma è, purtroppo, il doppio gioco. I nemici di oggi sono i nostri amici di ieri – amico fu Gheddafi, ancor più amico fu Saddam Hussein – e quando li portiamo alla sbarra, facendone degli imputati, dobbiamo scrivere la loro sentenza di morte con l’inchiostro della menzogna perché è impossibile reggere il ghigno dei nemici.

Perché – si sa – i nemici che sanno come morire, poi la sanno sempre troppo lunga su tutto il resto del Grande gioco. Ed è un lusso impossibile quello di stare ad ascoltarli in un’udienza. Come sanno morire i nostri nemici, nessuno.

L’unica cruda verità della vita è la guerra e solo i nostri nemici sanno creparci dentro. E’ veramente padre e signore di tutte le cose, il conflitto, ma l’impostura è così forte in noi da essere riusciti a muovere guerra alla Libia dandola per procura, lavandocene le mani, mandando avanti gli altri perché a forza di non sapere morire con le armi in pugno, se c’è da sparare, preferiamo dare in appalto la sparatoria. Giusto come un espurgo pozzi neri da affidare a ditta specializzata. Come sanno morire i nostri nemici, nessuno.

Quando gli eserciti dello zar ebbero ragione del loro più irriducibile nemico, Shamil il Santo – l’imam dei Ceceni, il custode della prima Repubblica islamica nella storia – nel vederselo venire avanti, finalmente sconfitto, non lo legarono a nessun ceppo, a nessuna catena, piuttosto gli fecero gli onori militari per accompagnarlo in un lungo viaggio fino al Palazzo reale dove lo zar, restituendo a Shamil il proprio pugnale, lo accolse quale eroe e lo destinò all’esilio, a Medina, affinché tutta quella guerra, spaventevole, diventasse preghiera e romitaggio.

Come c’erano una volta i nemici, non ce ne saranno più. Ed è per la vergogna di non sapere morire come loro che scacazziamo sui loro cadaveri. Ne facciamo feticcio e se fosse cosa sincera la memoria di ciò che fu, invece che produrre comunicati stampa di trionfo, se solo fossimo in grado di metterci sugli attenti, invece che mettere la morte in mostra, dovremmo concedere loro l’onore delle armi, offrire loro un sudario. Sempre hanno saputo morire i nemici.

E tutti quei corpi, fatti poltiglia dalla macelleria della rappresaglia, nel film della nostra epoca diventano tutti uguali: Benito Mussolini, Che Guevara, Gesù Cristo, Salvatore Giuliano. E con loro, anche i nemici morti ma fatti assenti, tutti uguali: da Osama bin Laden a Rudolph Hess. Fatti fantasmi per dare enfasi al feticcio, come quel Gheddafi armato e disperato che nel suo combattere e urlare, simile a un selvaggio benedetto dal coraggio e dalla rabbiosa generosità, mette a nudo la nostra menzogna.

A ogni pozza di sangue corrisponde l’onta della nostra vergogna e un Pupo che parla a Radio Uno e annunzia “una notizia meravigliosa” e si rallegra di Muammar Gheddafi, morto assassinato, è solo uno che si trova a passare e molla un calcio al morto.

Pupo è come quello che sabato scorso, dalle parti di San Giovanni, vede la Madonnina sfasciata appoggiata a un muro e non sapendo che fare le dà un’altra pestata, non si sa mai. Così come il black bloc, anche Pupo, è una comparsa chiamata a raccolta nella montante marea del nostro essere solo canaglie.

La signora Lorenza Lei, direttore generale della Rai, dovrebbe cacciarlo lontano dai microfoni della radio di stato uno così ma siccome il nostro vero brodo è la medietà maligna, figurarsi quanto può impressionare l’offesa al morto.

Pupo, infatti, è l’eroe perfetto per il peggiore degli Inferi, l’Ade cui destinare quelli che non sanno darsi uno stile nel morire.



Il quarto "Satana"
di Giulietto Chiesa - Megachip - 20 Ottobre 2011

L'Impero non perdona. Crea i diavoli, e poi li uccide, inesorabilmente. Chi disobbedisce, chi si oppone, chi semplicemente si trova nel crocevia sbagliato – a prescindere dalle sue colpe - deve essere punito.

A chi tocca un processo, a chi un linciaggio, a chi tocca semplicemente di sparire.

La nostra epoca attuale – epoca che precede una nuova guerra, che minaccia di essere grande e terribile, più delle precedenti – è puntellata di dittatori da eliminare.

Prima di liquidarli, li si trasforma in mostri, secondo la neolingua dell'Impero: satana, hitler, affinché le folle impaurite applaudano, liberate per un attimo dal terrore. Che però un attimo dopo viene ricreato, per non dare tregua alla paura, perché i consumatori possano tornare, inquieti ma sazi, a comprare nella discarica in cui vivono.

E' toccato a Slobodan Milošević, poi a Saddam Hussein, poi a Osama bin Laden (facciamo finta che questo sia l'ordine dei fattori). Adesso è toccato a Muhammar Gheddafi.

Morti diverse, significato unico: chi osa resistere sarà annientato. Non c'è eccezione a questa regola.

È la regola non degli imperi che nascono, ma di quelli che muoiono.



Gheddafi: dopo la tragedia, la beffa
di Sherif El Sebaje - http://salamelik.blogspot.com - 20 Ottobre 2011

Quando ho letto che la morte di Gheddafi sarebbe, secondo qualcuno, "una vittoria del popolo libico", mi sono messo a ridere di gusto, nonostante la tragica e sconvolgente barbarie con cui il Colonnello è stato liquidato.

L'incalzare dei commenti allucinanti e festosi da parte di molti politicanti ha il sapore della beffa, visto che è chiaro anche per un bambino di tre anni che la cattura e la liquidazione di Gheddafi non sarebbe stata possibile senza l'intervento degli aerei francesi.

Anzi, per dirla tutta, gli stessi ribelli o mercenari - divisi, disorganizzati e privi di sostegno popolare, visto che le forze lealiste hanno resistito per mesi - non sarebbero andati molto lontano senza la copertura aerea della Nato sobillata dalla Francia, quella mediatica di Aljazeera eterodiretta dal Qatar (unico paese arabo a contribuire bellicamente) e il sostegno finanziario di tutti coloro che avevano un interesse materiale (o sono stati costretti dagli eventi) a portare a termine un "cambio di regime" in Libia.

La disonestà intellettuale insita nel definire questa ennesima aggressione, pianificata a tavolino, una "rivolta popolare" dovrebbe essere evidente, ormai.

Bene ha detto Borghezio (dovrei cominciare a preoccuparmi?): non bisogna confondere il fu Colonnelo "con i nuovi dirigenti libici portati al potere dalle baionette della Nato e dalle multinazionali del petrolio".

Ora stiamo a vedere se questi dirigenti saranno in grado di ricostruire (a suon di barili gratuiti) tutto ciò che i "liberatori" hanno distrutto: dal Grande Fiume Fatto dall’Uomo - il reticolato idraulico che raccoglieva l’acqua fossile del sahara in cui il Colonnello aveva investito miliardi di dollari - agli ospedali oppure se proseguiranno con "la caccia al negro" che hanno inaugurato nelle città da loro democraticamente occupate o se si metteranno a liquidarsi tra di loro, come hanno cominciato a fare con Gheddafi ancora in vita.

Non si sono neanche scomodati a fargli un processo farsa. Non hanno neanche avuto la pazienza di aspettare la prossima festa del sacrificio per appenderlo alla forca, come Saddam.

No: un colpo alla testa e via col trascinamento e il pestaggio del cadavere, l'esposizione del corpo martoriato ai flash dei fotografi e alle telecamere, i macabri festeggiamenti.

Gli egiziani dovrebbero essere davvero fieri, nonostante tutto: almeno Mubarak viene giudicato da giudici egiziani in un'aula di tribunale, come solo un popolo civile sa fare.

Gheddafi ha fatto la stessa fine di Mussolini, osannato per decenni salvo essere giustiziato senza processo e appeso a testa in giù non appena sono sbarcate le forze alleate.

Destino beffardo per l'unico presidente arabo che è riuscito a chiedere e ottenere risarcimenti per il periodo colonialista, l'unico a denunciare platealmente (seppur con modo teatrali ed esagerazioni comiche) l'ipocrisia e la falsità di alcuni governi occidentali.

L'unica consolazione è che la sua stessa morte è una prova lampante di ciò che andava denunciando da una vita all'ombra di una tenda beduina. Piantata, magari, a due passi dall'Eliseo.


L'Uccisione di Gheddafi Risparmia agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna l'Imbarazzo davanti alla Corte Penale Internazionale
di
Paul Joseph Watson - www.infowars.com - 20 Ottobre 2011

La morte di Muammar Gheddafi, ucciso dalla NATO e dai ribelli sostenuti dagli Usa, sarà salutata con gioia dalle potenze Occidentali, non solo perché hanno ormai preso il controllo di un altro paese ricco di petrolio sotto l'egida dubbia della "primavera Araba", ma perché Gheddafi non potrà più esporre sotto i riflettori della Corte Penale Internazionale delle Nazioni Unite il sostegno Occidentale ai terroristi di Al-Qaeda .

I rapporti iniziali suggeriscono che Gheddafi ha tentato di fuggire dalla città di Sirte, ma il suo convoglio è stato bombardato da aerei della NATO. I ribelli poi hanno catturato e ucciso l'ex leader Libico con una pallottola in testa.

La prematura morte dell'ex leader Libico evita opportunamente l'imbarazzo di doverlo mettere di fronte a un tribunale delle Nazioni Unite all'Aja.

Le potenze Occidentali hanno imparato la lezione nel modo più difficile – permettere a presunti criminali di guerra di sostenere un processo ed esprimere le loro rimostranze, abitualmente coinvolge delle parti che preferirebbero di gran lunga che tali informazioni venissero tenute fuori dai riflettori.

Invece di catturare Saddam Hussein vivo e consentirgli di affrontare il processo, le forze Usa avrebbero probabilmente fatto meglio ad ucciderlo sul posto.

Durante il suo processo, Hussein ha presentato 5,000 dichiarazioni verbali che imputavano all'amministrazione Bush di aver inventato bugie sulle armi di distruzione di massa e dimostravano i suoi legami con Al-Qaeda per lanciare l'invasione dell'Iraq.

Prima che Saddam fosse giustiziato, Donald Rumsfeld e Henry Kissinger, che alla fine degli anni '70 erano alleati con Hussein, sono anche stati chiamati come testimoni della difesa.

Anche permettere a Slobodan Milosevic, un altro imputato di crimini di guerra, di affrontare il processo, si è dimostrato essere un errore enorme per gli interessi Occidentali.

Nel caso di Milosevic, le sue esplosive dichiarazioni erano diventate così pericolose che le Nazioni Unite hanno deciso che sarebbe stato meglio avvelenarlo a morte piuttosto che lasciarlo continuare a esporre i crimini di guerra Occidentali, di fronte ai quali i fatti di cui lui era accusato perdevano importanza.

Milosevic ha fatto parecchie dichiarazioni, in cui affermava come un gruppo di internazionalisti “ombra” avesse provocato il caos nei Balcani, come prossimo passo sulla strada di un "nuovo ordine mondiale".

Durante il suo processo, Milosevic ha presentato al tribunale dell'Aja dei documenti dell'FBI che dimostravano come il governo degli Stati Uniti e la NATO avessero fornito sostegno finanziario e militare ad Al-Qaeda per aiutare il Kosovo Liberation Army nella sua guerra contro la Serbia.

Prima che il processo si concludesse, Milosevic è stato trovato morto nella sua cella il giorno dopo che aveva scritto una lettera affermando: "Vorrebbero avvelenarmi. Sono seriamente preoccupato".

Allo stesso modo, se a Muammar Gheddafi fosse stata data la possibilità di difendersi di fronte a un tribunale internazionale, la sua testimonianza sarebbe stata devastante su tutto, dalla messa in scena dell'attacco Lockerbie false flag, alla macellazione dei suoi figli da parte di Stati Uniti e NATO, ai suoi accordi segreti con ex capi di stato come Tony Blair, al suo incontro più recente con il presidente Barack Obama.

In particolare, avrebbe anche rivelato il fatto che il rovesciamento della Libia è stato compiuto con l'aiuto dei terroristi di Al-Qaeda, che hanno ucciso truppe Usa e Britanniche in Iraq.

Gheddafi avrebbe anche potuto sottolineare la difficile situazione dei Libici neri, che vengono imprigionati e uccisi dalle forze ribelli , salutate dai media dell'establishment come combattenti per la libertà.

Ora che Gheddafi è morto, la Libia cadrà vittima di estremisti politici e affronterà la stessa sorte dell'Egitto, che dalla "primavera Araba" appoggiata dagli USA che all'inizio dell'anno ha deposto Mubarak, si è trasformata in una tirannia ancora peggiore con una dittatura militare.

Ma le reti tradizionali si limiteranno a continuare a trasmettere scene di entusiasmo di uomini che sparano con le pistole in aria, vendendo un altro atto di cinico neo-imperialismo come una gloriosa liberazione.