domenica 2 gennaio 2011

Benvenuti nel 2011.....

Cominciamo l'anno nuovo con un paio di articoli che ci ricordano "come" si è arrivati al 2011...



Buon anno
di Mazzetta - Altrenotizie - 1 Gennaio 2011

Il nostro paese esce dal 2010 più povero e scassato di come vi era entrato, ma nonostante tutto ancora intero. I primi dieci anni del secolo non sono stati facili per l'Italia che, oltre a dover far spazio al sorgere dei paesi asiatici e ad altre economie ormai ruggenti, come quella del Brasile, sembra aver imboccato una pericolosa discesa verso una decadenza che va ben oltre le sofferenze dell'economia.

Una decadenza che è prima di tutto culturale, tanto che oggi parlare di cultura sembra quasi fuori posto e davvero interessare a pochi; una decadenza che sembra inarrestabile, almeno ad osservare la quasi totale assenza di ribellione e a questo tristo destino.

Non è solo colpa del berlusconismo o del localismo leghista, se oggi l'Italia appare più provinciale e meno influente che mai; anche la sinistra in disfacimento ha contribuito per la sua quota-parte.

E non è solo colpa del pensiero unico, di quella globalizzazione dei capitali che ha universalizzato lo sfruttamento dei lavoratori e dei territori. Il crollo del muro di Berlino ha fatto saltare un contrappeso importante.

Il trionfo sul comunismo ha dato vita a un'élite globale priva di aspirazioni che non siano la conservazione e la monetizzazione del potere, il sistema economico è stato liberato dalle poche regole sagge che ne limitavano gli eccessi e il crollo di Wall Street e dell'economia americana sono state le ovvie e previste conseguenze di questo procedere in ordine sparso al saccheggio.

In Italia va peggio che altrove: qui la crisi delle classi dirigenti è assoluta, non ci sono idee e non ci sono alternative al vuoto pneumatico della politica. Lo Stato è da anni in ostaggio dei problemi di Berlusconi e i suoi ministri da taverna si esibiscono senza ritegno su copioni che erano già indegni al tramonto del secolo scorso.

Manca qualsiasi tensione etica, manca qualsiasi senso del limite, la calunnia e il falso sono moneta comune, la politica spettacolare ha travolto l'antica arte della mediazione democratica tra gli interessi e consegnato il paese a un continuo show che si ripete inevitabilmente uguale da anni. Uno show al riparo del quale gli interessi più forti prosperano a spese dei più deboli.

L'anno si è chiuso con il Presidente del Consiglio che si è comprato alcuni deputati alla luce del sole (pagandoli con fondi pubblici) per risolvere il problema posto dall'ammutinamento di chi ha lanciato la volata alla sua successione senza essere capace di vincerla.

Il maggiore partito d'opposizione è un'informe aggregato di gente che pensa tutto e il contrario di tutto e che continua ad inseguire i voti a destra, perdendone molti di più tra i proprio sostenitori storici.

Ma se poi capita che la grande speranza bianca della sinistra italiana cade dalle scale e i suoi gridino all'aggressione, ecco che si capisce come siano ridotte le speranze dei molti italiani che voterebbero volentieri un partito che sia all'altezza delle pur scolorite sinistre europee

La melma consociativa sembra sommergere il paese, il governo delle destre fa politica attaccando i comunisti che non ci sono più, i magistrati e gli immigrati, gridando contro le tasse che intanto eleva per nutrire i propri complici nel sacco della cosa pubblica.

Il sistema, che si voleva riformare in senso bipartitico collassa ed esplode in mille partitini, specchio delle camarille e delle complicità nascoste sotto il velo istituzionale.

Eppure il paese resiste. Resistono eroici gli insegnanti messi all'indice dal governo che vuole demolire l'istruzione per favorire l'affermazione della politica spettacolare. Resistono i lavoratori della sanità, una delle migliori al mondo, sotto i colpi dei tagli e dei servizi giornalistici sulla “malasanità” che non esiste.

Resistono i lavoratori della pubblica sicurezza, ai quali il governo sottrae il merito della lotta anticrimine e che sono mandati in piazza a rispondere con i manganelli alle domande dei cittadini, ai quali il governo non risponde mai perché è meglio schivare il merito quando non si possono dire che menzogne per difendere politiche criminali.

Un paese che ha due polizie e che manda anche la Guardia di Finanza a svolgere compiti di servizio di piazza è sicuramente che ha qualche problema strutturale, evidentemente ostaggio di corporazioni e interessi noti quanto inconfessabili; ma il potere che risponde ai cittadini esclusivamente con la polizia, è un potere destinato a non avere futuro.

Resistono anche i lavoratori che non lavorano più, resistono i cittadini ai quali il governo taglia i servizi per spendere miliardi di euro in armi che la nostra Costituzione impedirebbe di usare, per rispondere a minacce che non esistono.

Quelle spacciate sono le solite minacce create dal nulla dalla grande macchina della paura che funziona un po' come il racket mafioso: prima passa qualcuno a far danni o a seminar paura e subito dopo appare il governo ad offrire la sua protezione.

Passata la minaccia islamica e quella degli immigrati stupratori, ci si è dovuti accontentare di suonare l'allarme-nomadi, un calando oltre il quale non si sa cosa ci attenda.

L'italiano resiste grazie al welfare familiare, così come la cultura resiste attraverso la solidarietà di chi ancora crede che sia l'unico strumento per emanciparsi dalla barbarie e incamminarsi verso una civiltà più evoluta.

Ogni mattina gli italiani si alzano indifferenti allo schifo della politica e si mettono al lavoro in condizioni sempre più precarie e scoraggianti, mentre una schiera di fenomeni che non hanno mai lavorato in vita loro gli urla che sono bamboccioni, fannulloni e parassiti, quando non addirittura teppisti, traditori o terroristi.

È davvero un grande paese quello che riesce a non andare in pezzi in queste condizioni, non è solo fortuna e non è solo la famosa arte di arrangiarsi, ci dev'essere per forza qualcosa di più. Forse un antico retaggio dell'età comunale, che insegnò agli italiani che si poteva vivere e ci si poteva organizzare senza attendere le decisioni di signori lontani o di imperi che governavano per procura.

Non è detto che basti per sopravvivere alla decadenza delle classi dirigenti e a quella dell'economia nazionale. Così come non è detto che, sparito Berlusconi e il suo seguito di nani e ballerine, questa forza sia sufficiente ad invertire la tendenza ormai radicata a buttare alle ortiche le grandi conquiste culturali e sociali che tanto sangue sono costate nel secolo scorso.

Occorre però avere un minimo di fiducia nella capacità degli italiani e delle italiane. Se non si vuole gettare la spugna e abbandonarsi alla malinconia e alla rassegnazione di un lento declino che a molti appare inevitabile, occorre rinnovare agli italiani quella fiducia tradita dalle classi dirigenti e rifiutare la politica del potere che prospera sulle divisioni e sulle contrapposizioni, che lavora incessantemente per costruire e mantenere.

Siamo un grande paese, nonostante chi ci rappresenta non valga la metà di un signorotto feudale dei tempi che furono, è bene ricordarlo e anche bene crederci, almeno fino a che si può.

Come cittadini forse ci meritiamo molto di quello che ci sta succedendo, ma non ci meritiamo anche di peggio; sta a ciascuno di noi contribuire con parte delle rispettive qualità e attività a fare in modo che la decadenza si arresti e il peggio non si materializzi.

Sappiamo benissimo di non poter contare sui leader, sui partiti, sui sindacati o sui media e sappiamo che il nostro futuro e quello dei nostri discendenti è solo nelle nostre mani. Non resta che augurarci reciprocamente buon lavoro e mettersi all'opera.



Tu che sei in azienda a Ospedaletto e tu di Mirafiori…
di Paolo Barnard - www.paolobarnard.info - 31 Dicembre 2010

Sia chiaro che io sto parlando a te, tu che stai a Ospedaletto in provincia di Treviso, e che sei appena stato al bar a discutere con un amico sul piano di mobilità presentato ieri nell’azienda dove lavori, gran brutto clima, hai detto.

Mi spiace per gli altri lettori, sta roba non è per loro. E sto parlando a te, che abiti a Lodi e hai passato il pomeriggio all’agenzia interinale a litigare con quella sciapa impiegata sul tuo curriculum di lavoro, poi dal padrone di casa a chiedere 15 giorni di pazienza per l’affitto.

Tu, se accendi il pc, lo fai al massimo per un quarto d’ora dopo le dieci di sera ad ascoltare Ligabue o un video di Madonna, e Paolo Barnard… ma chi è?... Belpietro? Minzolini? Booo… E sono qui a scrivere per te, sì proprio tu che hai finito il turno a Mirafiori, nella bolgia della Newco di Marchionne e stasera ti ronza la testa. Per forza, per ogni parola che ti dicono te ne nascondono cinquecento.

Parlo anche a voi due, che stavate a 1.400 euro al mese al commerciale e al magazzino in un’azienda di Fossatone di Budrio, ora siete a casa dai genitori di lui col bambino; e sua madre, vecchia santa, vi passa la sua invalidità, Dio grazie che c’è quella.

Non che disdegni gli altri lettori, ma chi non è voi queste righe non le ‘sente’, non le ‘sentono’ quelli del web dell’informazione, quelli ancora all’università, quelli che la crisi la leggono sui giornali. Voi invece sì che la toccate, siete cinque, moltiplicati per un milione, per due, per tre, e per molto di più se si valicano in confini dell’Italia.

Voi che da qualche parte vi siete chiesti “ma cosa succede? com’è possibile che siamo conciati così?”. Ho risposto a quelle domande con una panoramica completa sulle origini di questa crisi di lacrime e sangue del tutto preordinata, goduta oggi da chi vi lucra sopra, e vi ho avvisati: “E’ in atto il più feroce assalto ai redditi da lavoro della Storia moderna”.

Ma ora è bene che aggiunga a quelle pagine il dettaglio concreto di come vi hanno portato dove siete ora, e cioè in un bar con l’ansia che ti fa lasciar lì il ‘bianchetto’ prima di cena; davanti al portone del padrone di casa odiando ogni minuto; ad ascoltare i proclami della FIOM con un che dentro che ti dice “ma daiii… tanto abbiamo perso”; o a vergognarvi di spendere i 500 euro di pensione di una nonna, ma dovete.

Cioè come in pratica è accaduto parecchio tempo fa che un’epoca dove ogni aspetto dell’economia sembrava promettere un futuro migliore del giorno precedente, si è trasformata in un incubo allucinante dove ridendo e scherzando il valore del reddito e del lavoro stesso si è sbriciolato sotto i nostri occhi, portandosi dietro il valore stesso della democrazia, perché milioni di ricattati economicamente sono cittadini schiavi.

Sotto gli occhi increduli dell’operaio che assieme alla moglie sarta riuscirono fra gli anni ’70 e gli anni ’80 a comprarsi due case, modeste ma case nondimeno, e gli occhi cinici delle loro due figlie che, pur impiegate e sposate, nel 2010 non arrivano neppure a scherzarci sull’idea di fare un mutuo.

Prima di leggere oltre, vi avviso che il racconto vi porterà apparentemente lontano dalla vostra quotidianità di italiani/e, magari vi sembrerà di perdere la bussola in cose astruse e aliene.

Ma abbiate fiducia che invece tutta la storia vi riporterà precisamente a voi oggi, alla vostra azienda in crisi qui, al vostro stipendio o cassa integrazione, al vostro dilemma se chiedere un prestito per pagare gli affitti, al (non) futuro dei vostri figli nel mondo del lavoro.

Guardate, è inutile credere di poter capire cosa vi è accaduto e cosa accade all’Italia dei redditi oggi senza sapere ciò che andrò a raccontare.

Quello che è successo inizia così: vi ricordate il giorno, diversi anni fa, in cui per la prima volta comparvero in giro dei giovani con la cravatta dal nodo sempre ipertrofico, le scarpe sempre iperlucide, i capelli impataccati di grasso, e che si chiamavano promotori finanziari?

Il loro mestiere era di dire a milioni di risparmiatori che i loro soldini potevano fruttare molto di più se investiti in una sorta di contratto dal nome solitamente celestiale, tipo ‘Bluvita’, o ‘Serenity 2000’, dietro i quali si celavano non meglio precisati investimenti. E voi lo avete fatto, e con voi un oceano di altri.

E cosa significava? Semplicemente che era nata l’epoca, siamo ai primi anni ’80, in cui l’economia del mondo ricco stava smettendo di scommettere sulla produzione di beni e servizi concreti (ciò che ha fatto per secoli), e iniziava a capire che giocando con il denaro e con i suoi multipli, con le percentuali sulle percentuali, con aritmetiche astruse di numeri e scommesse sui numeri, si potevano fare molti più soldi.

Nasceva la finanziarizzazione della ricchezza su scala massiccia, nasceva, nelle parole del grande economista Hyman Minsky, il “money manager capitalism”, cioè il capitalismo dei gestori dei soldi, che soppiantava quello dei produttori di cose e di servizi.

In parole grezze, investire e giocare con equities, stock options, shares, futures, swaps erano cose da fighi che fanno grana a pacchi e subito; produrre case, legna, macchine, scarpe, aprire negozi… sì, fate pure, ma roba da sfigati.

Negli USA e in Europa, sia i lavoratori che le aziende scommisero sui rendimenti dei fondi pensione privati (da noi, anche se con anni di ritardo, si disse: scegliete dove mettere il TFR), e questo significò che una montagna di denaro incredibile finì nelle casse di questi mostri finanziari, i Pension Funds, e nelle mani dei loro managers, cioè sempre i misteriosi investimenti.

Nacque il fratello del “money manager capitalism”, e cioè il “pension funds capitalism” come lo ha definito nel 2000 l’economista italiano Riccardo Bellofiore.

Ma attenzione a questo passaggio, che Bellofiore e il suo collega Joseph Halevi descrivono con efficacia: “Il piazzamento di queste somme in azioni e in titoli finanziari di vario tipo, creò un legame d’interessi fra i manager delle istituzioni finanziarie e quelli delle aziende, i quali vennero cooptati direttamente nelle strategie dei primi. Di fatto l’ipertrofismo dei Pension Funds creò una situazione dove poche istituzioni finanziarie, assieme alle agenzie di rating, finirono per controllare un intero sistema di aziende… con ripercussioni profonde sul mondo del lavoro”.

In altre parole: dai primi anni ’80 masse crescenti di piccoli risparmiatori e di aziende si gettano a investire denaro in questi prodotti finanziari che promettevano ottime rendite. E quando una cosa attira denaro, ne attira sempre di più, e se ne attira sempre di più rende sempre di più, e se rende sempre di più tutti corrono a mungere la vacca grassa e la vacca grassa diventa un mostro fuori controllo.

Cioè, questi prodotti finanziari passarono dall’essere giustamente apprezzati, all’essere apprezzati fuori di testa e a rendere da fuori di testa.

Con queste parole ho appena descritto il fenomeno del asset price inflation, che sta alla base della più grave catastrofe finanziaria dal 1929 a oggi, quella che sta distruggendo il tuo lavoro e quello dei tuoi figli.

Infatti la convergenza degli interessi degli speculatori (assicurazioni, finanziarie, hedge funds, pension funds ecc.) e dei manager aziendali verso nuove forme di guadagno speculativo, lasciarono il settore produttivo reale (quello dove lavori tu) abbandonato a se stesso, mentre a frotte ci si gettava nell’economia “del denaro con i suoi multipli, delle percentuali sulle percentuali, delle aritmetiche astruse di numeri e scommesse sui numeri”, che gonfiavano le economie di interi Paesi fuori da ogni reale ricchezza prodotta.

Nell’euforia, ci si buttò poi nella speculazione immobiliare, cioè milioni di risparmiatori si gettarono a comprar case che ovviamente più venivano comprate e più salivano di prezzo, e più salivano di prezzo più venivano richieste perché si sapeva che rivendendole poco dopo ci si scremava su un bel gruzzolo.

Spiego: il signor A faceva il suo bel mutuo e comprava casa oggi primo Maggio per 100 denari, e siccome tutti compravano case come dannati, la sua casa il primo settembre già valeva 102 denari.

Così A la vendeva, ci scremava 2 di guadagno, ripagava il primo mutuo, e ne faceva subito un altro e ricominciava il giochetto. Oppure, addirittura A rifinanziava il primo mutuo e ci comprava una seconda casa che rivendeva… ecc ecc.. Mutui su mutui a go-go, specialmente in Irlanda, Spagna e Stati Uniti, ma anche in Gran Bretagna e Francia.

Negli USA poi la cosa divenne pazzesca, perché nella frenesia speculativa furono offerti mutui a qualunque Tizio Caio Sempronio squattrinato, perché si presupponeva che col meccanismo dei 100 denari che diventano 102 in un attimo e via andando, anche costoro potessero poi onorare i debiti; sto parlando dei famigerati mutui subprime americani (in realtà la cosa è molto più criminosa di così, ma non posso dilungarmi ora).

Quindi abbiamo: denari infiniti che se ne vanno dagli investimenti produttivi verso avventure finanziarie folli – Stati che registrano ricchezze così prodotte che sono tutte teoriche, cioè bolle speculative che non sono affatto sostenute da ricchezza reale di produzione – milioni di individui sempre più impegnati economicamente verso questi prodotti finanziari e speculazioni immobiliari – masse di lavoratori i cui fondi pensione sono stati investiti in questo bailamme di pazzi scommettitori in finanza – manager di aziende a centinaia di migliaia che trascurano gli investimenti produttivi per far giochetti a braccetto con gli speculatori professionisti, sapendo che in tal modo incasseranno quattrini facili. Abbiamo cioè

UNA BOLLA DI RICCHEZZA FASULLA DI PROPORZIONI IMMENSE IN TUTTO L’OCCIDENTE.

Cui si aggiunge, come già descritto ne Il Più Grande Crimine, un disegno ideologico dominante (Neoliberismo) che aveva paralizzato gli Stati togliendogli ogni possibilità di spendere a deficit per creare ricchezza nei cittadini.

Inoltre, lo strapotere in Europa di Germania e Francia stava imponendo a tutti, sempre dai primi anni ’80, politiche disastrose per il mondo del lavoro. Si tratta del cosiddetto Neomercantilismo franco-tedesco, cioè una politica delle loro industrie maggiori (ma anche medie) di abbattere impietosamente i salari per poter primeggiare nell’export.

Ma perché tagliare proprio i salari? Si deve comprendere che uno degli strumenti principali per uno Stato che desideri aumentare le esportazioni è la svalutazione competitiva della propria moneta (competitive devaluations).

L’Italia in questo era regina: svalutavamo la lira nei confronti del marco tedesco, ed ecco che le nostre aziende si beccavano più commesse dall’estero di quelle teutoniche perché a parità di prodotto la nostra lira costava di meno del marco.

La Germania corse ai ripari e impose già nel 1979 il sistema monetario europeo (SME), che di fatto incatenava le monete degli Stati aderenti a cambi fissi, per cui nessuno poteva più svalutare a piacimento. Scrivono Bellofiore e Halevi: “… e naturalmente le esportazioni dell’Italia iniziarono a crollare”.

Poi, come sappiamo, sempre la Germania è stata la grande sponsor, assieme alla solita Francia, della moneta unica, l’euro, che ancor di più rende impossibili le svalutazioni competitive perché l’euro letteralmente non è di nessuno Stato, nessuno Stato lo può maneggiare a piacimento.

Ma se uno Stato non può più svalutare la moneta, cosa può fare allora per essere competitivo sui mercati? Indovinate: svalutare i salari, così da rendere i suoi prodotti più a buon mercato, non c’è altra via (wage deflation).

E infatti, scrivono i precedenti autori, “la forza strutturale dell’Italia (le svalutazioni competitive) svanì, e la svalutazione dei salari è richiesta ancor più che in Germania”.

Quest’ultima, contrariamente a quanto si crede, continua a primeggiare nell’export solo grazie appunto a politiche crudeli sulle buste paga: sappiate che dall’introduzione dell’euro la Germania ha imposto ai suoi lavoratori una produttività (cioè sgobbare) del 35% superiore a quella degli altri Stati dell’Eurozona, con stipendi che crescevano della metà di quelli degli altri Stati.

E dunque se i salari vanno tagliati, e lo Stato non può intervenire spendendo a deficit per compensare le perdite di ricchezza dei lavoratori, abbiamo

INTERE FORZE LAVORO NAZIONALI STRUTTURALMENTE E PERICOLOSAMENTE INDEBOLITE.

Siamo alla fine degli anni ’90, inizio del terzo millennio, e noi europei siamo nelle due perigliose condizioni di cui sopra. A questo punto accadono due cose altrettanto sciagurate: la prima è il disastro Clinton-Wall Street, e la seconda è il disastro banche-aziende (o aziende-banche) in Europa.

Bill Clinton domina la politica USA per quasi tutti gli anni novanta. E cosa fa? Decide (gli viene fatto decidere) di pareggiare il bilancio dello Stato, cioè spendere tanto quanto tassa, conti pari.

Secondo il comprovato principio di economia (Keynes, Samuelson, Minsky, Wray et al. ne Il Più Grande Crimine) per cui la spesa a deficit dello Stato con moneta sovrana è, al contrario di quanto si crede, la ricchezza dei cittadini, quando Clinton smise di spendere a deficit gli americani si impoverirono.

Ma gli americani non rinunciano al loro stile di vita, e quindi dalla metà degli anni ’90 per poter spendere si affidarono in massa alle loro carte di credito, ai prestiti, a scommesse finanziare azzardatissime e a quei mutui scellerati di cui parlavo sopra.

In altre parole, l’economia più potente del mondo si gonfiò come un pallone mostruoso di debiti e di speculazioni finanziarie per cifre inimmaginabili. Ma se da una parte milioni di persone scommettono e impegnano denaro (che non hanno), significa che dall’altra qualcuno crea quelle scommesse e accetta quegli impegni, cioè prodotti finanziari di ogni sorta e tipo, a milioni appunto.

E cosa successe? Successe che i furboni di Wall Street che creavano tutti quei prodotti e che prendevano tutti quegli impegni, decisero che potevano re-impacchettare tutta quella roba e rivenderla a tutto il mondo, e peggio, la re-re-impacchettarono, e peggio, la suddivisero in sub-pacchetti di pacchetti, re-re-resuddivisi in altri pacchetti con nomi esotici… insomma, un caos di roba ‘tossica’ (toxic assets) che approdava qui da noi come prodotti d’investimento che sia le nostre banche, sia i nostri Comuni, sia noi europei abbiano comprato convinti di profittare in modo succulento.

Questi investimenti sciagurati, si andarono ad aggiungere a quelli che già avevano formato, come scritto all’inizio, la bolla di ricchezza fasulla del “money manager capitalism”, e del “pension funds capitalism”.

A questo punto siamo in Europa, sempre in questi anni cruciali che sono le due decadi 1990-2010. Di fatto accade una cosa grave: calano vistosamente, nel tempo, i prestiti delle banche alle aziende.

Questo porta a reazioni da parte delle banche e delle aziende che sono prevedibili: entrambe, per racimolare denaro, si gettano ancor più nelle speculazioni finanziarie di cui abbiamo trattato finora.

Le aziende lo fecero per motivi ovvi, appunto trovare denaro che non gli veniva più dalle banche, ma soprattutto lucrare soldi facili per i managers e non per i lavoratori; le banche lo fecero perché per esse i prestiti alle aziende sono un attivo, cioè il loro guadagno, e dunque se non prestavano più tanto alle aziende dovevano prestare a chi faceva giochi finanziari o a chi s’indebitava con il credito al consumo.

Ma attenzione, avrete notato che in entrambi i casi il risultato è lo stesso: di fatto meno soldi agli investimenti di produzione, cioè all’economia vera. Questo è cruciale.

Si badi a una cosa: se gli Stati con moneta sovrana avessero (fino all’arrivo dell’euro) svolto la loro funzione di creatori di ricchezza per il settore privato spendendo a deficit quanto necessario - cioè comprando cose, finanziando progetti, e quindi accreditando i c/c di aziende e di lavoratori italiani – forse le aziende non sarebbero così dipese dalle banche e le banche dalle aziende, ed entrambe dalle speculazioni in finanza.

Ma in Europa, scrive l’economista Alain Parguez, “Francia e Germania decisero di imporre a tutti i governi un crollo di spesa pubblica permanente (fiscal deflation) per deprimere i consumi e da ciò ottenere alta disoccupazione per infine deprimere i salari”. Ne ho scritto poco più sopra, siamo sempre al Neomercantilismo franco-tedesco, cioè la politica delle loro industrie maggiori di abbattere i salari per poter primeggiare nell’export.

Quindi in queste acque agitate, il salvataggio della spesa dello Stato non esisteva più, e di fatto la tendenza alla finanziarizzazione sia di banche che di aziende non fece altro che esacerbare ulteriormente due dei fenomeni disastrosi che ci hanno rovinati: la corsa a ingigantire sempre più la colossale bolla speculativa di denaro-aria fritta sparsa per il mondo - e la sottrazione degli investimenti, che i manager e le banche destinavano ai giochetti col denaro invece che a creare occupazione.

Ok, stop e ricapitolo, abbiamo:

DAL 1980 NASCE IL CAPITALISMO DEI GESTORI DEI SOLDI, CHE PENALIZZA LA CREAZIONE DI RICCHEZZA CONCRETA, E CREA UNA BOLLA DI RICCHEZZA FASULLA DI PROPORZIONI IMMENSE IN TUTTO L’OCCIDENTE.

IL NEOMERCANTILISMO IMPOSTO DA FRANCIA E GERMANIA DOMINA L’EUROPA, CIOE’: DEPRIMERE I SALARI PER ESPORTARE E LEGARE LE MANI AGLI STATI CHE NON POSSONO PIU’ SOCCORRERE I CITTADINI CON LA CREAZIONE DI RICCHEZZA PUBBLICA. NE CONSEGUONO INTERE FORZE LAVORO NAZIONALI PERICOLOSAMENTE INDEBOLITE.

IL PIU’ GRANDE MOTORE ECONOMICO DEL PIANETA (USA) SI REGGE SU UN OCEANO DI DEBITI PRIVATI INSTABILI E SCOMMMESSE FINANZIARIE/TRUFFA, CHE HA SPARSO IN TUTTO IL MONDO E CHE SI AGGIUNGONO ALLA BOLLA SPECULATIVA EUROPEA.

IN EUROPA LE BANCHE E LE AZIENDE SPEZZANO IL CIRCOLO VIRTUOSO DEL DENARO PRESTATO PER LA PRODUTTIVITA’ E GIOCANO IN FINANZA SPECULATIVA, CHI CI RIMETTE E’ L’IMPIEGO.

E quando l’economia di tutto il mondo che conta si regge su bolle di denaro aria fritta, mentre i lavoratori perdono sempre più redditi e occupazione, basta un cerino per far saltare in aria il pianeta. E puntualmente è accaduto.

Tutto parte dagli USA e arriva come uno Tsunami abominevole a Ospedaletto di Treviso, a Lodi, a Fossatone di Budrio, a Mirafiori, sul tuo posto di lavoro e sul futuro dell’occupazione di tutti, ma soprattutto sulla stessa democrazia, dove masse enormi non hanno più voce in capitolo perché troppo oppresse dalla precarietà economica, e devono letteralmente sopravvivere senza più un’oncia di energia per partecipare alla vita pubblica.

Ecco la sequenza del crollo: verso il 2004 i prezzi delle case negli Stati Uniti iniziano a scendere, anche perché nell’euforia della bolla speculativa immobiliare i palazzinari ne avevano costruite troppe, che rimanevano invendute.

Infine, i prezzi delle materie prime (legno, minerali, cotone, cereali…) iniziarono a salire fuori dal controllo americano, rendendo ancor più costosa la vita dei cittadini USA e ancor più pesante il loro ricorso al debito.

Cosa era accaduto? Che Cina e India promettevano crescite economiche favolose, e quindi i mercati si aspettavano che i due giganti asiatici avrebbero richiesto molte materie prime; l’aspettativa crea speculazione, e la speculazione fa schizzare in alto i prezzi di quelle materie.

E cosa fece il governo USA per rimediare? La solita cosa: tagliò gli stipendi, perché con paghe meno grosse la gente spende di meno, quindi circola meno denaro e quindi c’è meno inflazione.

Cioè: bilanciare l’inflazione dei prezzi generata dall’aumento delle materie prime, abbattendo l’inflazione generata dallo spendere gli stipendi (Bellofiore, Halevi 2010). Il cerino era stato acceso nella stanza piena di gas… Booooommmm! L’effetto domino partì con una violenza inaudita:

- crollo del valore degli immobili USA

- crollo della scommessa di milioni di americani che speravano con quei valori di pagare i loro debiti , e infatti smettono di ripagare i mutui

- crollo dei libri contabili delle banche e di chiunque aveva fatto mutui facili (circa 65 milioni di essi)

- crollo degli stipendi, crollo della domanda interna USA e quindi licenziamenti nelle aziende

- panico da “Oddio! Qui andiamo tutti sotto!” e la scoperta che nell’euforia dei giochetti col denaro alcuni immensi istituti finanziari americani avevano fatto cose turche, peggio, infernali, al punto che il quotatissimo economista Nouriel Roubini dichiarò a New York che “in sostanza l’intero sistema bancario americano è fallito”.

Come già detto, l’Europa è a questo punto (primi anni 2000) legata a doppio filo agli USA, soprattutto per due motivi: primo, abbiamo anche noi comprato masse di prodotti finanziari ‘tossici’ americani che infettano i bilanci delle nostre banche, di privati, di aziende e di Comuni; e secondo, a causa della compressione della ricchezza pubblica (e anche privata) voluta da Francia e Germania, il Vecchio Continente conta molto sulla spesa degli statunitensi per incassare denaro.

Terzo elemento, e sempre a causa delle politiche franco-germaniche e dell’ideologia economica neoliberale, l’Europa si trova insaccata nel pantano di economie stagnanti da anni, con alta disoccupazione, alto precariato, stipendi depressi, Stati disattivati.

E dunque quando l’ondata della crisi americana si abbatté qui, ci fece a pezzi. Bellofiore: “L’Eurozona era impantanata in una depressione competitiva dei salari e in budget di Stato assai avari. La ricchezza interna era debole, contavamo sull’export. Non ci volle molto a capire che il contagio americano sarebbe diventato europeo… l’infezione attecchì partendo dalla crisi dei mutui inglesi, poi dal crollo della bolla immobiliare spagnola… ci prendevamo sberle finanziarie dall’America bloccati nella nostra gabbia neomercantile, senza una via di fuga”.

Di colpo i mercati, gli onnipotenti mercati, si svegliano di fronte all’incubo che trent’anni di capitalismo dei gestori dei soldi non valga più nulla, che tutta quella carta firmata, quei gochetti con “denaro e coi suoi multipli, con le percentuali sulle percentuali, con aritmetiche astruse di numeri e scommesse sui numeri” sia un immenso buco nero nei bilanci delle banche e di chiunque li abbia voluti. Poi l’incubo diventa verità, le cose stanno proprio così, la bolla è scoppiata e dentro c’era solo aria fritta.

A questo punto il Vero Potere fa la solita cosa: si appella al consolidato principio per cui i profitti sono i suoi, ma le perdite sono degli Stati, e batte cassa alla Casa Bianca, all’Eliseo, a Downing Street, a Palazzo Chigi… Gli Stati europei e l’America sborsano per salvare le voragini delle grandi banche criminali, quelle dei giochi infernali di cui sopra, qualcosa come 12 mila miliardi di dollari, ma nessuno sa veramente quanto è stato speso.

L’Italia ne sborsa 52, di miliardi in euro, ma anche qui non sappiamo la verità, e vede sparire dalla sua ricchezza nazionale 457 miliardi di euro dal 2007 al 2009 (prendi nota tu che lavori a Pomegliano per 1050 euro al mese, e ti dicono pure che c’è la crisi dell’auto).

Dunque:

IL MOTORE DELL’AMERICA SI PIANTA E SMETTE DI CREARCI RICCHEZZA

L’EUROPA SCOPRE DI AVERE BUCHI FINANZIARI VISIBILI DALLO SPAZIO, LE SUE BANCHE PEGGIO. INDEBOLITA DAL NEOMERCANTILISMO, ESSA NON PUO’ REAGIRE

PARTE LA CRISI ECONOMICA IN CODA ALLA CRISI FINANZIARIA DELL’IMMENSA BOLLA ESPLOSA. MILIARDI DI DOLLARI O EURO VANNO A SALVARE LE GRANDI BANCHE E NON I LAVORATORI.

Eccoci a casa nostra, già da anni indeboliti, senza più uno Stato in grado di spendere per salvarci come fece il presidente americano Roosevelt dopo la crisi del 1929 coi suoi cittadini, ed eccoci ad affrontare un futuro nero, dove redditi e lavoro sono già merce deprezzata che dobbiamo dirci stracontenti se ce la offrono o comprano a prezzi da straccioni.

E tutto questo accade mentre un’altra cosa accade.

Accade che i medesimi mercati si rendono anche conto che l’Europa dell’euro, cioè i sedici Paesi truffati nell’adesione a questa moneta assurda, ha governi che non possono più usare una moneta sovrana per salvarsi dai crolli di ricchezza che la crisi gli sta infliggendo (i dettagli ne Il Più Grande Crimine). Nuovo panico, perché si sparge la voce che per quel motivo i titoli di Stato emessi dai Paesi euro più deboli sono a rischio di non essere mai più rimborsati.

Chiunque li possiede trema, soprattutto le banche tedesche e francesi, ma anche una miriade di altri investitori. Gli occhi severi dei tecnocrati europei come Draghi, Trichet, Rehn, Von Rompuy e degli speculatori internazionali sono puntati su Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia, e viene loro detto che per riguadagnare la credibilità come debitori devono risanare i famosi conti. Significa ridurre il deficit di bilancio, il debito pubblico, e l’inflazione, attraverso misure di austerità economica.

Sapete che significa in realtà? Tagli, tagli, tagli, tagli a tutto ciò che invece in un’economia sana, in un mondo sano, crea sana ricchezza per i cittadini. Tagli ai salari pubblici (ma anche privati), alla scuola e università, alle infrastrutture, alla sanità, agli investimenti pubblici di ogni sorta, ai programmi di piena occupazione, a tutto lo Stato sociale.

E ci risiamo: Neomercantilismo per milioni di lavoratori i cui stipendi saranno depressi, e se i loro redditi sono depressi, costoro non potranno spendere, per cui saranno depressi anche i commerci, e con essi le attività produttive che li alimentano, e con esse le aziende di quelle attività, che licenzieranno e/o cassa integrazione e/o mobilità, in un nuovo girone di deflazione della ricchezza che porta sempre più licenziamenti e disoccupazione, che porta sempre più precarietà, che porta sempre meno diritti che portano a sempre meno democrazia… e che faranno la fortuna del Vero Potere nelle modalità spiegate alla fine del mio saggio Il Più Grande Crimine.

E che ci riportano a voi, in quel bar di Ospedaletto, sotto quella casa di Lodi, a sopravvivere coi soldi di un’invalida a Fossatone di Budrio, a sentire la testa che ti scoppia a Mirafiori.

Questo vi hanno fatto ed è per questo che siete lì in quelle condizioni. Lasciate perdere le cretinate di facciata che vi raccontano i giornali, Tremonti, o i vostri sindacalisti. Non ci sarà ripresa, nessun Paese da solo farà il trucchetto della ripresa, anzi, sarà sempre peggio.

Perché? Perché tutte le strutture sciagurate che vi hanno rovinato in 50 anni – il Neoliberismo; il divieto ai governi di spendere a deficit con moneta sovrana per avere piena occupazione; il primato dell’economia speculativa su quella che produce cose vere; l’impunità delle grandi banche; e soprattutto il Neomercantilismo con la sua depressione dei salari e le aziende che non investono in lavoro – sono tutte lì intatte, pronte a divorarti la vita ancora.

Di voi cinque, lascio in pace la ragazza di Lodi e i due sposini di Fossatone di Budrio, perché obiettivamente siete troppo sott’acqua per aver la forza di fare qualsiasi cosa. Ma tu che sei in azienda a Ospedaletto e tu di Mirafiori, voi ancora avete il potenziale di smuovere le cose fra i lavoratori. Dovete prima di tutto:

DIVULGARE COSA REALMENTE E’ SUCCESSO, AIUTARE I LAVORATORI A SMETTERE DI FISSARSI SU MICRO REALTA’ NAZIONALI DI POCA IMPORTANZA

SFIDARE I SINDACATI AD AGGIORNARSI, A CAPIRE CHE SONO SCONFITTI E A RIPENSARE TUTTA LA STRATEGIA

CONCENTRARVI SUI MALI STRUTTURALI, SUI MACRO PROBLEMI E SUI GRANDI MANOVRATORI INTERNAZIONALI, PERCHE’ SONO QUELLI CHE VI STANNO DIVORANDO LA VITA (leggere Il Più Grande Crimine)

Prima cosa fate questo, poi per le soluzioni apriamo un altro capitolo. Ci sono.