lunedì 3 gennaio 2011

La politica estera italiota? Inesistente.

Una serie di articoli che, partendo dal caso Battisti, evidenziano il totale fallimento in politica estera dell'attuale governo italiota.

Ringraziamo di cuore il cosiddetto premier e soprattutto quell'essere inutile, mancato tennista e sciatore, di nome Frattini.


Tutti gli smacchi al governo del Cucù
di Giampiero Gramaglia - Il Fatto Quotidiano - 2 Gennaio 2011

Dall'ex terrorista Cesare Battista, fino al flop nell'Unione europea. Ecco tutti i fallimenti internazionali che il governo Berlusconi ha collezionato negli ultimi trenta mesi

Il no del Brasile all’estradizione di Cesare Battisti, terrorista e omicida conclamato e mai pentito, è una decisione grave e profondamente sbagliata ed è l’ultimo di una serie di smacchi subiti dall’Italia sulla scena internazionale negli ultimi trenta mesi, al di là delle rodomontate del Cavaliere che – dice lui – frenò la guerra tra Russia e Georgia, contribuì al “reset” delle relazioni tra Washington e Mosca, convinse la Turchia ad accettare l’ex premier danese Anders Fogh Rasmussen a capo della Nato e via vantando.

In realtà, di concreto, la politica estera italiana ha poco da esibire dal 2008 a oggi, a parte qualche bella foto di Mr B con i Grandi della Terra “rubata” nei tempi morti di qualche Vertice: il premier, questo gli va riconosciuto, è abilissimo a inserirsi nel crocchio giusto al momento dello scatto che conta, al G8 o al G20 o in qualsiasi altro consesso internazionale; così com’è recidivo nel giungere fuori tempo massimo a un Vertice, bloccato sulla soglia da una telefonata irrinunciabile (da ultimo gli accadde a metà novembre, a Lisbona, quando l’ira neppur troppo funesta di Mara Carfagna lo fece arrivare in ritardo alla riunione dei leader dell’Alleanza atlantica).

Lasciamo da parte gli imbarazzi di Wikileaks, almeno quelli “stile gossip”, perché lì Berlusconi sta in solida e larga compagnia.

E tiriamo pure una croce sopra la litania di baci e abbracci a oligarchi e dittatori, dal russo Vladimir Putin al libico Muhammar Gheddafi, passando per i pre e post-sovietici – che pari sono – Aleksander Lukashenko, bielorusso, e Nursultan Nazarbayev, kazako (ma non c’è un pizzico di contraddizione a fare l’elogio democratico di quei due puri prodotti stalinisti, quando in patria si colpiscono con l’anatema ‘comunisti’ oppositori che possono al massimo vantare come esperienza di sinistra l’infanzia all’oratorio?).

Il problema non è quanto poco l’Italia conti non nel Mondo, che, in fondo, ci può anche stare: non siamo un grande Paese in termini demografici e non siamo fra i primissimi in termini di ricchezza né assoluta né pro capite; non sediamo in modo stabile nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu e non abbiamo – è storia vecchia – un record immacolato, in termini di credibilità internazionale, anche se non siamo mai venuti meno finora alla lealtà atlantica ed europea.

La misura della mancanza di peso dell’Italia la dà proprio l’Ue, dove pure avremmo tutti i motivi per sentir-ci grandi: le dimensioni, l’economia, l’essere nel nucleo fondatore. E, invece, nelle corse ai posti che contano dell’Unione del Trattato di Lisbona, l’Italia non ce l’ha mai fatta.

Puntava alla presidenza del Parlamento europeo, che – si badi – non ha mai avuto da quando l’Assemblea è eletta a suffragio universale, cioè dal 1979, 31 anni e 13 presidenti fa, perché ce ne sono due a legislatura; ma il gruppo del Ppe, proprio quello di cui fa parte il Pdl del premier, ha preferito il polacco Jerzy Bozek al degnissimo candidato italiano Mario Mauro.

Ha poi provato, con scarsa convinzione e molta goffaggine, a ottenere per Massimo D’Alema il posto di ministro degli Esteri europeo, subendo il gioco dai socialisti, cui il posto spettava e che avevano un altro candidato.

E, infine, è stata esclusa da tutti i posti che contano della nuova diplomazia europea gestita da Lady Ashton, che non ha nessun italiano nel suo ‘inner circle’ e che ha mandato ambasciatori italiani in Albania, dove non avevamo certo bisogno di contare di più di quel che già contiamo, e in Uganda, dove, comunque, non conteremo nulla.

E quando, recentemente, un italiano ha ottenuto un incarico di prestigio – Giovanni Kessler è stato nominato alla guida dell’agenzia europea anti-corruzione decisione è parsa quasi rispondere alla legge del contrappasso: mettere la lotta alla corruzione in mano a un italiano, proprio nei giorni in cui la fiducia al governo, a Roma, ruotava intorno alla compravendita di una manciata di voti.

La poca credibilità dell’Italia berlusconiana nuoce ai candidati migliori. Il governatore di BankItalia Mario Draghi ha le carte in regola per ambire alla guida della Banca centrale europea, ma non è affatto sicuro di riuscire a succedere a Jean-Claude Trichet (e non solo perché la Germania vuole quel posto).

E non è solo questione di poltrone: la vicenda del brevetto europeo, dove l’Italia s’è fatta sbattere dietro la lavagna della classe di europeismo, beffata persino dalla Gran Bretagna, dimostra un’imbarazzante incapacità di costruire alleanze e di cucire rapporti.

La prossima volta che vede Sarkozy, o la Merkel, Mr B, invece di raccontargli barzellette o di farle cucù, provi a condividere con loro una strategia e degli obiettivi.


La fine dell’imbonitore
di Giampiero Gramaglia - Il Fatto Quotidiano - 2 Gennaio 2011

Ecco dove ci porta la politica dell’amicone, del prendere sottobraccio l’interlocutore convinti che una pacca sulle spalle e una barzelletta siano il modo vincente di fare politica estera.

Dietro il no di Lula all’estradizione del terrorista omicida Cesare Battisti c’è la storia di un Paese e ci sono le vicende umane dell’ormai ex presidente brasiliano e del suo successore Dilma Roussef: il risultato è una decisione sbagliata e inaccettabile, ma in alcun modo inattesa o sorprendente.

Eppure quando, a fine giugno, Silvio Berlusconi compì in Brasile una missione in pompa magna – 60 imprenditori al seguito, un giro d’affari da 10 miliardi di euro – la questione non fu praticamente evocata, quasi che la cosa importante fra i due paesi fossero gli affari e l’intesa personale di Mr B e Lula: “Ci siamo capiti bene subito fin dall’inizio” assicurò il Cavaliere, come se davvero lui e uno con la storia del brasiliano possano essere fatti “allo stesso modo”. La vicenda Battisti restò sullo sfondo della visita.

Allora, la diplomazia italiana raccontava che Lula non avrebbe deciso e avrebbe lasciato il responso alla Rousseff, una ex guerrigliera, che – chissà mai perché – avrebbe avuto meno remore all’estradizione. E, invece, non avevamo capito un bel nulla.

Adesso, il governo protesta, mette in forse accordi e trattati conclusi da poco senza garanzia alcuna, soprattutto manifesta sdegno e stupore perché le autorità brasiliane esprimono dubbi sull’affidabilità della giustizia italiana.

Ma chi è che, giorno dopo giorno, piccona la credibilità della magistratura?

E chi è che mette alla berlina la serietà delle istituzioni repubblicane? E siamo proprio sicuri che certi discorsi, risaputi all’estero (mica solo attraverso Wikileaks) giovino all’immagine del Paese?

Lula il brasiliano tratta l’Italia da repubblica delle banane. In un gioco degli stereotipi, è il mondo al contrario. Ma è la sorte che ci tocca, andando in giro per il mondo a fare gli imbonitori da fiera.


Fabio Granata: “Il premier si attiva solo per interessi economici”
di Alessandro Ferrucci - Il Fatto Quotidiano - 2 Gennaio 2011

Per il deputato di Futuro e Libertà "sono continue figuracce e la colpa è anche di Frattini". E sulla crisi mediorentale: "La loro incapacità è palese soprattutto per la questione tra ebrei e palestinesi"

Non è un gas. Neanche un oleodotto, un programma tv, una macchina da lanciare sul mercato o una linea di yacht di lusso. No, per Silvio Berlusconi, Cesare Battisti non incarna alcun interesse economico diretto, da trattare con Putin o Gheddafi. È “solo” politica “e in questi casi l’attenzione estera di Berlusconi diventa scarsa”.

Battisti, forse, non rientra nelle sue strategie…
Già, è così. Sta di fatto che non è stata tenuta in minima considerazione la posizione dell’Italia rispetto all’estradizione: significa che nonostante i rapporti commerciali tra nazioni siano buoni, quelli politici e diplomatici lo sono meno.

Ovvero?

Che sia il premier che il ministro degli Esteri sono poco autorevoli.

Altre volte ha riscontrato questa poca autorevolezza? Certo, con Putin , sembra tutta un’altra intesa…

Sì, è così, Berlusconi è molto bravo solo quando si deve rapportare con nazioni a lui vicine sul piano imprenditoriale. In quanto ad attività politica, pura, è un disastro.

A cosa si riferisce, in particolare?
In primis alla questione mediorientale, ai rapporti tra Israele e palestinesi: quasi quasi sono costretto a rimpiangere l’azione diplomatica della Prima Repubblica, quella di Andreotti e Craxi. Perlomeno, loro avevano un’idea, capivano la necessità di tutelare ambo le parti.

Ma al premier manca una visione globale, o interviene solo in presenza di un interesse personale?
Tutti e due. Però, attenzione: questa assenza dai grandi scenari dipende anche da un ministro che si fa notare solo per delle dichiarazioni scontate e qualunquiste. In quanto a iniziative: nulla, il vuoto assoluto nello scacchiere geopolitico internazionale.

Come giudica il Battisti-uomo?

Ho un fortissimo rispetto per la normativa che riguarda i rifugiati politici, ma non ho alcuna stima per Battisti, in particolar modo per gli atteggiamenti che ha tenuto sia sul piano processuale, che dopo. Quindi ho tifato apertamente per la sua estradizione, anche perché le vittime reclamano giustizia. Eppoi, vista la sua storia…

A che cosa allude?

Non gli riconosco alcun alibi da rifugiato politico: non ha neanche la dignità del leader, si evita solo di non fargli fare i giusti conti con la giustizia.

Si spieghi meglio: tra i vecchi brigatisti, chi contrappone a Battisti?
Sicuramente Curcio: lui è un capo politico. Ha passato un numero smisurato di anni in carcere e non ha mai materialmente ucciso nessuno. Però ha guidato un “processo”, ovviamente da condannare, di lotta armata.

Con la questione-Battisti, come ne esce la nostra immagine internazionale?
Siamo in caduta libera, ma non da adesso.

Altri esempi?
Di certo il “bunga bunga” e la spazzatura in Campania. Vede, poi, c’è un fatto…

Quale?
Alla carenza di immagine, corrisponde anche la realtà dei fatti: una fotografia drammatica dell’Italia.

Qual è la vicenda che ultimamente l’ha fatta più vergognare?
Ma da parte di chi?

A lei la scelta…
Mmmmmm, c’è ampio spazio…

Quindi?
Va bene, allora dico Gasparri e la sua dichiarazione rispetto agli arresti preventivi per i ragazzi pronti a scendere in piazza: non capisco come si può arrivare a concepire un’idea simile.


D'Elia schock su Battisti. "Meglio libero in Brasile"
di Tommaso Labate - www.ilriformista.it - 1 Gennaio 2011

«Lo Stato italiano è un delinquente abituale. Basta considerare che le nostre carceri sono strumenti di tortura». E «la nostra classe politica sta ragionando secondo la logica parabrigastista del “colpirne uno”, e cioè Cesare Battisti, per assolverne cento».

Intervistato dal Riformista, l’ex deputato Sergio D’Elia, leader di Nessuno tocchi Caino, grida «onore a Lula».

L'intervista che Sergio D’Elia consegna al Riformista è di quelle destinate a lasciare un segno nel dibattito sulla mancata estradizione del pluriomicida Cesare Battisti.

L’ex deputato radicale (fu segretario dell’Ufficio di presidenza della Camera), con un passato remoto nell’organizzazione terroristica Prima linea (ha scontato 12 anni di carcere per l’assalto al carcere di Firenze in cui nel 1978 perse la vita un agente di polizia, anche se non era fisicamente presente) e un presente storico da leader dell’associazione Nessuno tocchi Caino, difende la scelta del Brasile di non consegnare all’Italia Battisti.

D’Elia, credo che lei stia andando oltre il «rispetto» della decisione del Brasile.
Non c’è dubbio che la scelta delle autorità di un paese democratico come il Brasile dev’essere rispettata. A questo si aggiunge il giudizio severo e condivisibile su come vengono amministrate la giustizia e le carceri in Italia.

Il suo giudizio qual è ?
L’Italia non ha l’autorità politica nazionale e internazionale per protestare con chicchessia. Un paese che è stato condannato decine di volte dalla giustizia europea per come gestisce carceri e tribunali non ha titoli per chiedere al Brasile la consegna di Battisti.

Un conto è la gestione delle carceri, altra cosa sono le condanne di Battisti, non trova?
Guardiamo al numero di morti nelle carceri italiane, pensiamo al sovraffollamento di strutture che sono, di fatto, degli strumenti di tortura. Finire in galera in Italia è come essere condannati a morte. Per questo io dico che è meglio Battisti libero in Brasile che Battisti in una prigione italiana.

Messa così, le sua sembra la difesa di un pluriomicida
A me non interessa nulla di Battisti. A me interessa la difesa del «detenuto ignoto», non di quello noto. In un carcere italiano, Battisti rischia la vita.

È stato condannato, Battisti.
Secondo la Costituzione, il carcere serve a rieducare. E io sfido chiunque a sostenere che il Battisti di 35 anni fa sia lo stesso Battisti di oggi. Il Battisti del delitto non è lo stesso uomo della pena. Per cui, Costituzione alla mano, non dovrebbe andare in galera.

D’Elia, non pensa ai parenti delle vittime?
Le loro sono le uniche istanze sacrosante. Quelle dei vari La Russa, quelle della destra e della sinistra, sono ridicole. I parenti delle vittime, in realtà, sono stati traditi non da Battisti, ma dallo Stato italiano. E non ce l’ho col governo Berlusconi. Ma con cinquant’anni di un regime partitocratico che ha sottratto a questo Paese le leggi, le garanzie e i diritti. E che ha commesso delitti su delitti.

Ci faccia un esempio.
Questo è uno Stato che si è macchiato del sangue di molte stragi. Piazza della Loggia, Piazza Fontana, l’Italicus: quando non si trovano gli autori, la strage diventa automaticamente «strage di Stato». Parliamo di decine di vittime e di centinaia di parenti delle vittime, altro che dei delitti di Battisti.

Che cosa c’entra col caso Battisti tutto questo?
C’entra che tutti, adesso, urlano «in galera» all’indirizzo di Battisti soltanto per assolvere se stessi. Ripeto: tutti seguono la logica parabrigatista del colpirne uno per assolverne cento. I crimini commessi da Battisti sono orrendi. Ma un delinquente abituale come lo Stato italiano non ha i titoli per insegnare niente ha nessuno.