lunedì 10 gennaio 2011

In Tunisia e Algeria si muore per pane, olio e zucchero

Qualche articolo su ciò che sta avvenendo negli ultimi giorni in Tunisia e Algeria.

Chissà se per le stesse motivazioni si scenderà in piazza anche in Italia, in un futuro non troppo lontano...


Riesplode la rivolta del pane. "Uccisi 50 manifestanti"
da La Repubblica - 10 Gennaio 2011

La polizia ha aperto il fuoco sulla folla a Tala. L'opposizione parla di decine di vittime e uno dei suoi leader chiede al presidente Ben Ali di ordinare alle forze dell'ordine di non sparare più. Ancora una vittima, la quarta, in Algeria

La Tunisia in fiamme. Mentre continuano gli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine in Algeria 1, la rivolta del pane riesplode nel paese confinante. Almeno otto persone sono state uccise nei disordini scoppiati a Tala e a Kasserine, nella regione centro-orientale del Paese.

In serata, un bilancio ufficiale diffuso dal governo parla di 14 morti in 24 ore. Ma secondo Radio Kalima, i morti sarebbero già cinquanta. E la protesta si estende in tutto il paese.

In questa drammatica situazione, uno dei leader dell'opposizione, Ahmed Nejib Chebbi, ha rivolto un appello "urgente" al presidente Zine Abidine Ben Ali affinché dia "immediatamente" alla polizia l'ordine di non sparare più "per salvare la vita a cittadini innocenti e rispettare il loro diritto a manifestare".

Deve "far cessare il fuoco", ha detto il capo storico del Partito democratico progressista sostenendo che secondo attivisti del suo partito nelle due città la polizia "ha sparato sui cortei funebri".

Ieri, dopo l'assalto a una banca e ad alcuni edifici pubblici, per la prima volta a Tala erano stati schierati i militari. Belgacem Sayhi, un sindacalista del comparto scuola, ha raccontato all'agenzia France Presse che nel centro della città la polizia ha aperto il fuoco sui manifestanti.

Le vittime sono Marwan Jomni, 20 anni, Boulaaba Ahmed, 30 anni, Omri Mohamed, 17 anni, e Nouri Boulaaba, 30 anni, secondo quanto confermato da due fonti che hanno chiesto l'anonimato.

Tra i feriti, sei sono in gravissime condizioni e sono stati trasferiti in un ospedale di Kasserine, il capoluogo della regione dove, in altri scontri, sarebbe stato ucciso un bambino di 12 anni. Quest'ultima notizia, però, non è stata confermata dalle autorità locali.

In Tunisia la rivolta contro il carovita 3 e la disoccupazione è iniziata il 17 dicembre dopo che un ambulante laureato si era dato fuoco a Sidi Bouzid per protestare contro la polizia che gli aveva sequestrato la merce.

La protesta contro il carovita continua anche in Algeria, dove negli ultimi giorni quattro persone sono state uccise e circa 800 persone, tra le quali 300 agenti, sono rimaste ferite. L'ultima vittima è un giovane centrato da un colpo di pistola ieri sera nella regione di Tiaret, 340 chilometri a ovest di Algeri, mentre insieme al padre tentava di salvare il loro bar da un attacco dei manifestanti.

Le circostanze della sua morte restano tuttavia poco chiare: secondo testimoni e un senatore che ha richiesto l'anonimato, il proiettile che ha ucciso il giovane proveniva dalla pistola del padre.

La notte è stata tranquilla ad Algeri, anche se alcuni incidenti, riporta il quotidiano El Watan, sono avvenuti ieri pomeriggio e in serata nella periferia orientale, a Bordj El Kiffan e Ain Taya, dove i manifestanti hanno bloccato le vie principali con barricate.

Scontri sono avvenuti in Cabilia, nel capoluogo Tizi Ouzou, nei pressi di Bejaia, Boumerdes e Bouira, ma anche ad Annaba e Tebessa (est). Per la prima volta ieri sera, i giovani sono scesi in strada anche a Bechar e Maghnia, lungo la frontiera con il Marocco.

Intanto il governo ha annunciato nuove misure eccezionali adottate dal governo per ridurre i prezzi di olio e zucchero. Tra le principali disposizioni adottate dal consiglio interministeriale c'è "una sospensione ed esonero dei diritti doganali, di tasse e imposte" su olio e zucchero che permetteranno complessivamente di ridurre i prezzi del 41% i prezzi, ha reso noto un comunicato del primo ministro Ahmed Ouyahia, invitando produttori e distributori ad applicare con "urgenza gli effetti delle norme sui prezzi".

La sospensione di queste imposte sarà in vigore fino al 31 agosto, precisa la nota, e nello stesso periodo il governo definirà insieme agli operatori un sistema per "stabilizzare in modo permanente i prezzi di zucchero e olio".


Rivolta del pane in Tunisia, 50 morti
da Il Fatto Quotidiano - 9 Gennaio 2011

Rivolta in tutto il Maghreb. In Algeria decisiva la giornata di oggi per capire se le misure annunciate in serata dal governo per una “urgente” diminuzione dei prezzi di olio e zucchero, riusciranno a placare gli animi dei giovani manifestanti

E’ rivolta in tutto il Maghreb. Si aggrava il bilancio degli scontri scoppiati contro la crisi economica e la disoccupazione. In Tunisia, secondo quanto riferisce il sito online della radio tunisina Kalima, tra sabato e domenica, sono morte 50 manifestanti negli scontri con le forze dell’ordine. Molti i feriti.

Secondo un testimone le vittime di Tala – tra i 17 e i 30 anni – sono state uccise dalla polizia, che ha aperto il fuoco sui manifestanti nel centro della città. Sei feriti gravi sono stati trasferiti in un ospedale di Kasserine, capitale della regione.

Sempre in Tunisia, sabato un ambulante si è dato fuoco nel mercato di Sidi Bouzid, dove il 17 dicembre un altro commerciante aveva compiuto un gesto analogo, morendo poi per le ustioni.

Il gesto dell’uomo aveva dato il via a un’ondata di contestazioni. Sabato è stata la volta del 50enne, sposato e padre di famiglia: si è cosparso di benzina e dato fuoco, poi è stato portato via in ambulanza; le sue condizioni sono gravi.

Decisiva la giornata di ieri in Algeria per capire se le misure annunciate in serata dal governo per una “urgente” diminuzione dei prezzi di olio e zucchero, riusciranno a placare gli animi dei giovani manifestanti. Nei quattro giorni di scontri registrati un po’ in tutto il paese, circa mille persone, in gran parte minorenni, sono state arrestate, ha reso noto il ministro dell’interno, Daho Ould Kablia, citato oggi dalla stampa algerina.

Confermata la morte di tre manifestanti, mentre 826 persone, ha precisato Ould Kablia, tra cui 763 agenti di polizia, sono rimaste ferite.

Secondo il quotidiano El Watan, un quarto manifestante sarebbe morto a M’Sila. Notte tranquilla ad Algeri, anche se alcuni incidenti, riporta El Watan, sono avvenuti ieri pomeriggio e in serata alla periferia est, a Bordj El Kiffan e Ain Taya, dove i manifestanti hanno bloccato le vie principali con barricate.

Scontri sono avvenuti poi in Cabilia, nel capoluogo Tizi Ouzou, nei pressi di Bejaia, Boumerdes e Bouira, ma anche ad Annaba e Tebessa (est). Per la prima volta ieri sera, i giovani sono scesi in strada anche a Bechar e Maghnia, lungo la frontiera con il Marocco.


Tunisia, la polizia spara sulla folla. "Uccisi 50 manifestanti"
di Renato Caprile - La Repubblica - 10 Gennaio 2011

L'opposizione attacca il governo: "Così soffocate il dissenso". Scontri anche durante i funerali di alcune vittime. Il governo: "Legittima difesa"

Hanno sparato perfino sui cortei funebri, non hanno esitato ad aprire il fuoco sulla folla che da sabato scorso nel centrosud tunisino, non lontano dal confine con l'Algeria, è scesa in piazza perché non ne può più. "Lavoro e dignità", queste le parole d'ordine di una protesta sociale senza precedenti in un paese retto col pugno di ferro dall'eterno presidente, Zine El Abidine Ben Ali.

Epicentro di questo ultimo tragico capitolo della "guerra del pane" - i morti sarebbero una cinquantina, assai più numerosi i feriti - due piccole città dell'interno, Thala e Kesserine, a circa 300 km a sud di Tunisi.

Troppo sangue per continuare a tenerlo nascosto. Per ripetere la solita solfa ad uso dei turisti, complice un'informazione in gran parte asservita al potere, che tutto va bene. E così alla fine anche il governo ha dovuto ammettere. Il che è già una notizia. "È vero ci sono stati scontri e la polizia ha sparato, ma solo dopo essere stata attaccata con ordigni incendiari, bastoni e pietre".

Legittima difesa, dunque. Quanto alle vittime, secondo il ministero dell'Interno, le cifre vanno corrette al ribasso. "Sono 8 - in tarda serata ammetteranno che sono 14, ndr - 9 i feriti". Tre a Thala, cinque a Kesserine. In gravi condizioni anche due agenti delle forze dell'ordine. A Thala la protesta è divampata nella tarda serata di sabato e proseguita poi per tutta la notte.

A Kesserine, invece, che dista da Thala una cinquantina di chilometri, gli scontri si sono verificati ieri mattina. E che la polizia aveva l'ordine di usare le maniere forti lo si è capito da subito. Il primo a dare l'allarme è stato un esponente dell'opposizione, Ahmed Nejib Chebbi, storico leader del partito della democrazia che ha raccolto le testimonianze di propri iscritti nelle zone dei disordini.

"Secondo informazioni in nostro possesso - ha detto Chebbi alle agenzie internazionali - i morti sarebbero già una ventina, ecco perché esorto il presidente a mettere fine a questo stato di cose e a proclamare da subito un cessate il fuoco, indispensabile se si vogliono risparmiare altre vite innocenti e se si vuole garantire il legittimo diritto alla protesta". Non 8, né 14, né 20, ma il bilancio dei caduti negli scontri di quest'ultimo weekend di paura in Tunisia ammonterebbe addirittura a 28.

A sostenerlo il blogger Zied El-Heni, il cui sito, lui dice, sarebbe già stato "oscurato" un'infinità di volte. Uno scomodo, dunque. Secondo Zied El-Heni, 17 persone sarebbero state uccise a Kesserine, 3 a Rgeb e 8 a Thala, due delle quali mentre partecipavano ai funerali di altre vittime. Fra i morti di Rgeb anche una bambina di 12 anni che stava tentando di soccorrere un ferito.

In questa, come in tutte le altre guerre, inseguire la bontà delle cifre è impresa ardua. A tarda sera radio Kalima comunica: "I morti sono almeno cinquanta". E adesso - che sui numeri abbia ragione il governo, l'opposizione o il blogger - quel che resta gravissimo è il fatto che la polizia abbia sparato per uccidere e ci sia riuscita.

"Il dissenso nel nostro paese - confida uno studente che vuole rimanere anonimo - non è ammesso. Ti spiego perché nessuno è disposto a parlare: qui non si scherza, se sgarri finisci subito dentro. A volte bastano solo poche parole. Prendi il caso del "generale" - il nomignolo del ventiduenne rapper Hame Ben-Amor, arrestato nei giorni scorsi, ndr - in quale parte del mondo si è messi in galera per aver scritto una canzoncina, che a volerla dire tutta, non era poi nemmeno così cattiva?".

A Ben Ali non è piaciuta e lui le critiche non le sopporta e questo è stato sufficiente perché addirittura in 30 agenti, come ha denunciato il fratello di Ben-Amor, andassero a casa del giovane rapper - rilasciato nella tarda serata di ieri - per ammanettarlo.

"Stato nelle mani della Famiglia del presidente e in quelle della moglie Laila e dei suoi dieci fratelli", recitava il rapporto riservato del 2008 dell'ambasciatore Usa alla Casa Bianca, messo in chiaro nei giorni scorsi da WikiLeaks.

Come dire una sorta di rapina ai danni del paese. Giudizio durissimo che una volta reso noto Washington non ha nemmeno provato a correggere. Ci dev'essere del vero, dunque: quel che è certo è che la disoccupazione è al 14 per cento, quella giovanile oltre il 30.

Di lavoro non ce n'è, complice la crisi economica globale, e quel poco che c'è viene gestito familisticamente. E guai a protestare. Un giornalista, anche lui chiede di non essere citato, racconta la storia della miniera di Gafsa, zona ricca di fosfati.

E della protesta dei sindacalisti che chiedevano più lavoro per la gente del posto, contrastata prima dalla polizia e poi finita in tribunale con condanne di 8 anni a quelli che avevano osato alzare la voce.

Riuscirà Ben Ali, in sella da 23 anni, dopo aver già due volte adeguato la Costituzione a proprio uso e consumo, ad avere ancora una volta partita vinta? Forse sì, ma per quanto ancora?

La Tunisia sembra arrivata quasi a un punto di non ritorno. Come l'Algeria, d'altra parte, dove le misure del governo per calmierare i prezzi qualche effetto sembrano averlo prodotto. I quartieri più colpiti dalle proteste dei giorni scorsi, i negozi quelli ancora intatti, stentano ad alzare le saracinesche, ma la tensione è decisamente calata.

Resta il timore che i tagli di imposta sui prodotti alimentari difficilmente fermeranno i giovani protagonisti della rivolta animati da un profondo disagio sociale.

Il ministro dell'Interno ha parlato di "atti criminali" senza "alcun legame con la situazione socio-economica". Secondo lui sarebbero "giovani senza speranze". Il che può anche essere vero, anche se sarebbe doveroso chiedersi il perché.

Mentre ad Algeri la situazione si normalizza, si traccia il bilancio dei quattro giorni di proteste e devastazioni che hanno sconvolto il paese. Secondo i dati ufficiali sarebbero 3 i manifestanti morti, più di 800 i feriti.

Ai quali vanno aggiunti un uomo di 35 anni ucciso ieri a colpi di pistola a Tiaret, nell'ovest del paese, mentre tentava di difendere il proprio negozio di alcolici, e una quinta vittima, un tassista di 65 anni, deceduto ad Annaba dopo aver inalato il fumo dei lacrimogeni. E proprio la rabbia per l'uccisione di uno dei giovani manifestanti, freddato da un agente, ha riportato sempre ieri in piazza, a Ain Hadijel, circa seimila persone.


La disoccupazione dei diplomati, il motore della rivolta
di Marion Solletty - www.lemonde.fr - 7 Gennaio 2011

In Tunisia, il termine è stato a lungo un tabù. In un paese che aveva investito molto in educazione, parlare di "disoccupazione dei laureati" suonava come un’ammissione di fallimento.

Ma la realtà è in arrivo per le autorità: il suicidio di un giovane venditore ambulante ha innescato una rivolta inedita e da metà dicembre i tunisini sono in strada. Soprattutto i giovani, spinti alla disperazione dalla disoccupazione e dall'ingiustizia sociale.

Mohamed Bouazizi, scapolo di 26 anni, si era dato fuoco dopo che le autorità avevano confiscato la frutta e la verdura che vendeva per sopravvivere.

Il 5% di crescita media annuale dell'economia tunisina nasconde, negli ultimi anni, una situazione economica molto difficile per i giovani del paese: secondo uno studio ufficiale effettuato dal Ministero tunisino del Lavoro in collaborazione con la Banca Mondiale, se il tasso di disoccupazione complessivo è pari al 14% nel 2008, quello dei giovani tra i 18 e 29 anni è quasi tre volte quello degli adulti.

Una generazione diplomata ma disoccupata

Per ironia di un sistema che non ha respiro, sono particolarmente colpiti i diplomati con istruzione superiore: se le cifre esatte sono difficili da ottenere, alcuni dati dicono che della classe che ha finito le superiori nel 2004, a tre anni e mezzo dal diploma il 37% è senza lavoro.

"La Tunisia ha prodotto un sacco di diplomati grazie al ruolo prioritario dato all'istruzione, a partire dall'indipendenza – spiega Vincent Guessier, sociologo presso l'Istituto di ricerca sul mondo arabo e musulmano, e autore di numerose opere sulla Tunisia - in trent'anni il paese ha conosciuto uno sviluppo universitario unico rispetto ad altri paesi con lo stesso grado di sviluppo e si è trovato in una situazione di "sovrapproduzione" di laureati, anche se non amo usare questo termine.

In un’economia fortemente sostenuta dallo Stato, il diploma di istruzione superiore era una volta garanzia di un'occupazione stabile, spesso nel settore statale o para-statale, ma le cose sono cambiate con le riforme strutturali del post Bourguiba.

Dalla fine del 1990, il mercato del lavoro non è stato più in grado di assorbire questi giovani, e la situazione è peggiorata negli ultimi anni. "La verità è che nel nostro paese se non si dispone di una spinta non si può fare nulla - afferma un giovane ingegnere tunisino emigrato in Canada - anche se hai le qualifiche, non è garantito un posto di lavoro, se non si dà una bustarella o una tangente o se non si conosce qualcuno in alto”.

Declassamento e miseria sociale

Molti diplomati, in particolare di corsi universitari nel settore terziario, si sono trovati retrocessi una volta nel mercato del lavoro. "Qui, non è raro essere servito alla pompa di benzina da un giovane in possesso di una laurea in sociologia – racconta un commerciante francese che vive a Sousse dal 2009, la cameriera in casa ha il diploma di inglese, il venditore di frutta e verdura ha un dottorato in matematica e così via ... "

Un declassamento diffuso particolarmente pesante per la nuova generazione che è stata la prima ad accedere all'istruzione superiore: questo è particolarmente vero per Centro del paese, dove si trova Sidi Bouzid.

"Spesso le famiglie della regione hanno fatto dei debiti per permettere l'istruzione dei giovani con l'idea che poi avrebbero loro stessi aiutato la famiglia – dice Vincent Geisser - ma oggi, i giovani ritornano a casa, al contrario, come carico aggiuntivo. Sono costretti a fare lavoretti non qualificati per sopravvivere (...) Tornare alla famiglia è quindi visto come una umiliazione, un fallimento personale. Quasi una morte sociale ".

Una situazione disperata che alla fine ha innescato la rivolta e a tre settimane dalla morte di Mohamed Bouazizi, il movimento continua e si è diffuso nelle città più importanti.

Le richieste politiche hanno cominciato a fiorire sul web e per strada, dove si parla di affari "di famiglia" accusando una delle first lady, Leila Ben Ali, di aver orchestrato una corruzione diffusa. Tutte cose che una volta erano tabù.

Spinti alla disperazione per la situazione che vivono, i manifestanti denunciano a gran voce la morsa del governo sull'economia.
"Non bisogna sbagliarsi - dice una giovane studentessa tunisina a Parigi- i manifestanti non chiedono allo Stato di trovare lavoro, ma si lamentano che, sul mercato del lavoro, le cose non sono mai trattate in modo trasparente ed equo".

"Se noi abbiamo delle richieste sociali oggi - dice la giovane donna – è perché la corruzione, l'insicurezza e uno stato non democratico hanno portato il nostro paese a questa mediocrità generale”.

Per Vincent Geisser, la frustrazione politica accumulata in anni di dittatura è uno dei fattori alla base dello scoppio improvviso del movimento.
"Lo stato in sostanza diceva 'non hai la libertà, né democrazia, ma vi assicuriamo un benessere sociale'. Questa equazione è andata in frantumi."