mercoledì 13 luglio 2011

L'Italia a prezzi stracciati

E così senza far capire nulla al popolino, facendo appositamente tutto di fretta e furia - con la scusa che "bisogna dare un segnale ai mercati" per invece sottostare ai diktat di BCE e Bankitalia - ecco che il governo si appresta a mettere in piedi il remake del 1992 e il cartello "Svendesi" potrà essere finalmente affisso, grazie anche all'appoggio basilare della cosiddetta opposizione.

Patrimonio immobiliare pubblico, Poste, Ferrovie, Eni, Enel, Finmeccanica e migliaia di aziende partecipate degli enti locali saranno presto messi in (s)vendita.

Facile prevedere che per la gran parte diventeranno straniere mentre il resto finirà in mano ai soliti imprenditori italiani con le pezze al culo.



Come frodare i risparmi e vivere felici
di Roberto Marchesi - www.rinascita.eu - 11 Luglio 2011

Venerdì scorso il Sole24Ore, cioè quello che sarebbe il nostro più autorevole quotidiano per le questioni economiche, è intervenuto direttamente sulla Consob per "sollecitare" un nuovo regime di trasparenza sulle contrattazioni "short", in luogo della sospensione che la Consob voleva fare.
E bravo il "Sole", la tarantola ci morde e loro arrivano di corsa a curarci con i pannicelli caldi. Complimenti!

Quella di combattere la speculazione finanziaria internazionale, all'attacco sui nostri titoli da venerdì scorso, con la trasparenza, è veramente una trovata storica degna del Guinness dei primati per la miglior bufala in campo finanziario.

Le operazioni al ribasso sui titoli mica le fanno nel retrobottega del fruttivendolo, le fanno in Borsa, e le fanno con i soldi che qualche banca mette loro a disposizione. Perciò "il Sole 24 Ore" sta forse dicendo che in Borsa o in quelle banche c'è scarsa trasparenza?

Non è possibile che dica questo, non potrebbe nemmeno se fosse vero. Allora vuol dire che ci sta prendendo in giro.

Cosa volete che se ne faccia, il piccolo risparmiatore che ha messo i suoi sudati risparmi di una vita sui titoli di Stato (considerandoli al sicuro!), di sapere che il suo risparmio viene dimezzato da un intermediario finanziario che si chiama Pinco Pallino, il quale ha però operato in perfetta trasparenza, e secondo le regole attuali, con operazioni di "vendita allo scoperto"?

Certamente, la trasparenza consentirebbe di prendere con le mani nel sacco quegli operatori, come il famoso John Paulson del famigerato Fondo Abacus nel 2008, che grazie alla "collaborazione" di Goldman Sachs faceva operazioni allo scoperto persino sui suoi stessi clienti, ma non basterebbe comunque a impedire agli speculatori di far man bassa di quei poveri risparmi.

"Ottima soluzione di compromesso" dice l'Assosim, cioè l'Associazione delle Società di Intermediazione Mobiliare che (come conferma il "Sole") è tradizionalmente contraria a qualsiasi restrizione sugli "short selling" (o operazioni allo scoperto, o operazioni al ribasso, o short sale, comunque le si voglia chiamare).

Lo credo bene che sono contrari, gli "intermediari immobiliari", se li chiamate col loro nome inglese, sono i "brokers", ovvero proprio quelli che, direttamente o indirettamente fanno questo tipo di operazioni.

Infatti sono riusciti a "convincere" la Consob, che inizialmente aveva deciso di sospendere per qualche giorno le operazioni "short", a modificare l'intervento con uno più "morbido" di trasparenza. Loro dicono: "In situazioni d'emergenza è meglio un obbligo di disclosure (conoscenza-trasparenza) che un divieto".

Poi raccomandano all'ESMA (European Securities and Markets Authority ), l'organismo che li rappresenta e protegge in Europa, di estendere tale obbligo a tutti gli intermediari europei per evitare il rischio di "arbitraggi normativi".

Eccoli qua, quelli che applaudono alla trasparenza! Questo è davvero uno splendido esempio di ciò che intendono per trasparenza! Infatti dicendo "arbitraggi normativi" usano una forma pressoché incomprensibile (ai più) per dire che vogliono evitare il rischio che ai regolatori, come voleva fare la Consob, o ai legislatori, venga in mente di regolare o stoppare questo tipo di operazioni.

Se questa è la trasparenza che auspicano, abbiamo già capito tutto! Ma cosa sono alla fine queste operazioni short? Vediamole un po' da vicino per capirle meglio.

Tanto per cominciare dobbiamo dire che in questo tipo di operazioni loro usano i nostri stessi soldi per fare affari d'oro e lasciarci col sedere per terra.

Noi portiamo i nostri risparmi ad una banca, compriamo dei titoli (ormai quasi tutti rigorosamente al "portatore") dietro la promessa di un rendimento. Ci danno una ricevuta. Ma il titolo non viene più nemmeno stampato, non c'è sotto il profilo della materialità, è solo virtuale. Ma sotto il profilo finanziario c'è, è reale, ed è lì nella banca, contabilizzato insieme a milioni d'altri titoli dello stesso tipo o simili.

Ed ecco quindi come funziona un operazione "short": lo speculatore (il "Sole" li chiama "Intermediari Finanziari") si rivolge alla banca, con la quale trattiene regolari rapporti d'affari sulla fiducia, e chiede (per esempio) in prestito un milione di BTP, che in quel momento sono quotati - p. es. - ad 1 euro.

Li ottiene, con l'impegno però di restituirli entro tre giorni (o poco più). Lo speculatore mette quindi in vendita sul mercato quei BTP (p.es.) a 1 euro.

Grazie ai meccanismi automatici gestiti da supercomputers che operano in nano-secondi (cioè milionesimi di secondo) in pochi secondi ha venduto tutto. Anzi, più è grossa la partita e più fa in fretta a vendere perché scattano gli ordini automatici di acquisto di migliaia di altri operatori, anche se non c'è nessuno (in quel momento) che ordina di acquistare in blocco un milione di BTP.

La vendita in blocco di grossi quantitativi spinge inevitabilmente la quotazione al ribasso. E grazie al ribasso provocato sul listino il nostro speculatore può ora riacquistare a 90 centesimi, o anche meno, gli stessi titoli, perché nel frattempo (essendo il momento favorevole a farlo) potrebbe essere partita anche da altri la valanga automatica di vendite al ribasso.

Comunque, mettiamo pure che lui non si fida, ha paura che il mercato possa risalire, allora riacquista subito a 90 cents, restituisce i BTP alla banca che glie li aveva prestati e chiude così l'operazione. Tutto virtuale.

Nessuno ha mai visto o toccato un solo BTP. Ma il guadagno è reale. Lui in pochi secondi ha guadagnato 100.000 euro. E non ha lavorato coi suoi soldi ma con i soldi dei risparmiatori che li hanno lasciati alla banca, cioè i soldi nostri.

Lui li ha guadagnati. Noi, povera carne da macello del parco buoi risparmiatori, li abbiamo persi.
Così funzionano le operazioni allo scoperto, o short, e loro ci difendono con la trasparenza!

A proposito di John Paulson (che ho citato all'inizio dello scritto) lo sapevate che anche nel 2010, coi suoi Fondi di Investimento, ha guadagnato 5 miliardi di dollari?

I casi sono due, o lui ha costruito (insieme ad altri) un'altra "bolla" che presto scoppierà, o qualcuno in giro per il mondo ha già perso 5/mld di dollari.

Chi è il prossimo? Il prossimo potremmo essere noi. Ma che importa? Importante, per il Sole, per la Consob e per l'Assosim è che tutto sia fatto nella “trasparenza”...


Ecco chi ci apprestiamo a votare, la "sagra paesana"
di Debora Billi - http://petrolio.blogosfere.it - 11 Luglio 2011

Il Berlusca è al tramonto, scomparso dalle scene. I suoi litigano e tengono in vita il moribondo esecutivo solo per la poltrona. Il Paese, o almeno buona parte di esso, invoca elezioni anticipate per poter finalmente mandare al governo "gente responsabile per salvare il Paese".

Faremmo bene ad approfondire chi è e cosa farà in realtà questa gente, che ci apprestiamo a votare con tanto entusiasmo e sollievo immaginando finalmente un'Italia liberata. Interessanti lumi ce li fornisce Enrico Letta, uno dei massimi rappresentanti del CLN PD, in questa intervista uscita su Repubblica.

Sottolineando che il partito si muove "sulla linea del Colle", onde fregiarsi della benedizione del Presidente che, si sa, in Italia è più indiscutibile dello stesso Pontefice ed è "amatissimo" per default, ecco che Letta ci spiega la ricetta che verrà cucinata non appena Berlusconi finirà nel suo sarcofago egizio.

E cosa annuncia Letta? Ma naturalmente, la sua specialità: privatizzazioni. Di quel che resta delle nostre proprietà, dopo che le hanno ben bene distrutte, rese inefficienti, svalutate, pensando a Poste, Ferrovie, Eni, Enel, Finmeccanica e alle 20 mila aziende partecipate degli enti locali.

Privatizzate, in mano a corrotti prenditori italiani o a rapaci prenditori stranieri. Riesco quasi ad immaginarmeli, ammassati ai confini, mentre si fregano le mani pensando di piazzarle finalmente su bocconcini golosi quali ENI, che sta pestando i piedi davvero a troppi.

E infatti Letta, col promettente slogan di Progetto Italia, annuncia il lancio di "due nuovi campioni nazionali": evviva! Naturalmente, nulla di davvero "nazionale": con una golden share pubblica e una gestione manageriale, si strappa via Snam Rete Gas dal controllo ENI (e Gazprom...), cosa auspicata da tempo e da molti, per farne un Polo sul "modello inglese" (sarà un indizio?).

Letta dice anche che Il Pd si candida ad essere il country party, il partito dell'Italia. Sarà che il mio inglese non è perfetto come il suo, ma io traduco "country party" con "sagra paesana". E mi pare assai più appropriato.



Attacchi speculativi ad hoc: i cani aspettavano l'osso
di Debora Billi - http://crisis.blogosfere.it - 13 Luglio 2011

Non sono qui l'esperta di finanza, essendo Pietro Cambi l'addetto a queste faccende. Ma da comune cittadina mi va di esprimere il mio pensiero, quello che dovrebbero fare tutti se non fossero affaccendati ad indignarsi per il biotestamento. Argomenti di etica che spuntano sempre al momento opportuno.

Come al momento opportuno è spuntato "l'attacco speculativo" all'Italia. Ovvero quando si è scoperto che la manovra finanziaria non prevedeva le regalìe che in genere ci si aspetta da un Paese nel mirino, da un PIG insomma.

Ma come, siete nei guai, avete i debiti, rischiate il fallimento e non fate i saldi? Non ci date nessuna ghiotta opportunità d'acquisto? Nessun bene in vendita a prezzi stracciati?

Sarebbero quelle che si chiamano "azioni decisive per il deficit", e che Tremonti ha firmato di corsa ieri obtortissimo collo dichiarando poi di "aver dato un segnale ai mercati". Ovvero: per favore basta con gli attacchi, eccovi il pasto con cui saziarvi. Ha fatto resistenza finché ha potuto, poi ha dovuto gettare l'osso al cane.

L'osso si chiama azioni dell'ENI, Enel e Finmeccanica, quel che rimane dell'industria nazionale produttiva. Insieme alle municipalizzate, in molti casi ben gestite e coi bilanci in attivo. Questo era ciò che i mercati aspettavano, che non era arrivato, e per cui abbiamo subìto la vendetta.

Come mai tutto ciò mi ricorda tanto ma tanto l'Argentina? Vendettero tutto, e non servì. La Grecia venderà persino le sue isole, ma non servirà. Lo sanno anche i sassi che svendere le nostre proprietà non serve a nulla, ma si fa lo stesso: per prolungare l'agonia fingendo di stare "mettendo a posto i conti", per non subìre ulteriori impoverimenti ad opera degli speculatori che stanno lì apposta, per non ricavarne un marchio di infamia politico che mette a rischio la carriera. Motivi in fondo sciocchi, di fronte alla rovina di un Paese, ma che lì per lì appaiono fondatissimi.

Assisteremo impotenti, e anche un po' inetti, alla spoliazione delle nostre ultime risorse. Non siamo i primi e non saremo gli ultimi, tante volte a qualcuno saltasse in testa "vado via che all'estero è meglio".

Nessuno è al riparo. Shock economy in full gear. Se avessimo avuto un governo credibile, forse Tremonti avrebbe potuto continuare a tenere duro: ma con un premier ridicolo e senza alcun peso internazionale, l'Italia è come una vedova sola con dieci figli in mezzo ai banditi.

Questa la mia semplice opinone di cittadina. Magari sbaglio, magari ha ragione Enrico Letta.


Colpire il debito europeo: agli Usa serve un default nell'eurozona?

di Uriel - www.keinpfusch.net - 12 Luglio 2011

Ho almeno una decina di email che mi chiedono di lasciar perdere gli alieni e parlare di quanto sta succedendo ai mercati. Il che è buffo, perché sono da tempo un sostenitore dell'idea di dichiarare il default e uscire dall'euro, e a quanto pare tra un pochino ci si arriva.

Il problema è che lo scopo degli Hedge Fund americani non è quello di farci fallire, e questo apre la porta alla possibilità che ce la facciamo con una manovra di lacrime e sangue.

Ora, il primo punto da capire è che agli americani serve un default nell'area dell'euro. Serve perché c'è un rischio sostanziale di default USA, e l'unico modo che hanno gli USA di evitarlo è di diventare un rifugio stabile in un momento di turbolenze.

Del resto, non c'è motivo di attaccare il nostro debito ora. Di governi farlocchi ne abbiamo avuti a bizzeffe negli ultimi 30 anni, ma a parte il periodo Prodi non c'e' mai stato tutto questo rischio.

Il periodo economico non è tra i più brutti, e gran parte del nostro debito è a lungo periodo grazie alla politica criminale (1) di Tremonti. Quindi non vedo la necessità di un attacco oggi, a meno che gli obiettivi non siano altri.

Quali sono gli eventi in corrispondenza cui possiamo legare i fatti di oggi?

Il debito americano. Colpire il debito europeo può essere utile agli americani per evitare la fuga dai titoli americani, che il continuo braccio di ferro tra Obama e i Repubblicani sta trascinando nel baratro.

I commentatori finanziari dicono che gli USA hanno ampi margini fiscali per riprendersi, io non vedo né i nuovi occupati che dovrebbero pagare le tasse né un governo che possa aumentarle a chi lavora già.

Quindi, una prima ipotesi è che la destabilizzazione del vecchio continente serva ad evitare la fuga dai titoli americani. Questa ipotesi pesa circa 4500 miliardi di dollari.

Draghi presidente della BCE. Gli inglesi volevano un loro uomo, ma c'è andato Draghi. Il quale ha abbastanza parenti, amici e puttane in cordata in Bankitalia da essere ricattabile dal governo. Non per nulla probabilmente verrà scelto un uomo della sua squadra. Se a Berlusconi va.

Agli Inglesi sarebbe piaciuto un loro uomo, perché Draghi è un ex molto scomodo, specialmente perché con la sua politica in Italia non è stato il cavallo di troia che gli inglesi volevano, ovvero sembra aver cambiato sponda. Il motivo per cui gli inglesi volevano un loro uomo è che devono salvare la loro pietosa borsa dal disastro dal quale non riesce ad alzarsi. Questa ipotesi vale circa 1700 miliardi di sterline, meno della prima.

La strategia di destabilizzazione del Mediterraneo. Il Mar Mediterraneo, unendo tra loro Africa, Europa e Asia, è il mare che ha più possibilità di diventare un'area di crescita forte, sottraendo risorse all'area nordatlantica.

Una crescita continua dell'area economica del mediterraneo non è conveniente per USA e UK, che hanno già fatto di tutto per destabilizzare la sponda sud, e adesso colpiranno la sponda nord.

In gioco c'è un 6% di crescita annua che è il dato degli scorsi anni dell'area mediterranea. A occhio e croce, qualcosa come 1000-1500 miliardi di euro, più le possibilità future.

Francia e Germania. La Germania e la Francia sono le uniche realtà occidentali in attuale crescita economica. C'è il pericolo di una fuga di capitali dagli USA verso Germania e Francia, che sono recinti nei quali lo straniero tende ad inciampare sul governo e sui suoi amici.

Francia e Germania possiedono debito portoghese e greco, ma le quantità in gioco non sono finora preoccupanti. Così si cerca di usare il debito italiano, che le banche tedesche e francesi detengono in quantità addirittura superiori alla quantità di debito che sta in Italia. La posta in gioco sta dagli 800 ai 1000 miliardi di euro.

Sfortunatamente, l'obiettivo che sta venendo perseguito NON è il default del debito italiano. Innanzitutto perché per come l'obiettivo sta venendo perseguito esso (il debito) sta venendo venduto, divenendo liquido.

Ma divenendo liquido e NON venendo comprato in Italia, significa che se ne va all'estero. Siccome gli hedge stanno giocando al ribasso per comprare CDS e farne incetta a basso prezzo, il risultato è che se avviene un botto del debito non solo i CDS diventano carta straccia (nessuno crede davvero che si possano liquidare) ma la gran parte del danno non colpirebbe entità italiane.

Come se non bastasse, per chi non è un investitore istituzionale sarebbe più difficile partecipare ad una eventuale ristrutturazione, dal momento che in caso di ristrutturazione il governo potrebbe dire, "No, gli hedge no".

In Europa non è pensabile alcuna procedura punitiva come un "embargo" all'Italia, per via del fatto che siamo il terzo contributore per grandezza dell'economia UE. Quindi, in caso di default, gli unici che potrebbero minacciare rappresaglie sono gli Hedge Stessi, ma il tutto annegherebbe sulla politica. Quindi no, non credo che l'obiettivo sia il nostro default.

Come se non bastasse, la Consob ha fatto una mossa conoscitiva: monitorando le vendite "short", cioè quelle a fini speculativi, ha concluso che il debito sta venendo abbandonato dagli investitori, specialmente quelli italiani.

Cosa prevedibile, visto che il rating delle banche italiane era stato abbassato, adducendo come scusa il fatto che "possedevano troppo debito pubblico italiano (circa il 13%)". Ma così si peggiora la situazione per gli stranieri: in caso di default, il danno in Italia assume proporzioni sempre più piccole, mentre aumenta il danno che avverrebbe altrove.

La mia impressione è che se c'è qualcuno che vuole un default italiano, è un certo negro (2) che sta alla Casa Bianca. Un bel default gli permetterebbe di dichiarare il proprio default, dicendo che la colpa è stata di una reazione a catena innescata da noi.

Gli Hedge ci vogliono guadagnare, ma non vogliono il default perché rimarrebbero con un pugno di mosche.

Draghi sa che si gioca la sua poltrona alla BCE, perché in caso di disastri italiani NON lo metterebbero lì. Gli Inglesi giocano per il default, perché venga a cadere la sua designazione.

La Merkel sa che le sue banche sono colme di debito italiano sino al collo, e in Germania comandano banche e assicurazioni, ammesso che vi sia ancora differenza. Quindi non vuole il botto italiano. Non vuole nemmeno l'uscita dell'Italia dall'Euro, perché sa che rovinerebbe il momento magico dell'economia tedesca.

In definitiva, questo è il gioco. Il giocatore che saprà condurlo meglio otterrà i propri obiettivi.

Per quanto riguarda Tremonti, il suo silenzio e la mancanza di altri provvedimenti di fermo (potrebbe ordinare una indagine sulla borsa, per dire) mi lasciano pensare che, anche se non può dirlo, stia guardando con favore la liquidità di mercato e l'uscita dei BOT verso i mercati esteri.

Il che, in soldoni, significa che spera sotto sotto in un default (ma non lo dice), ma vuole che colpisca più stranieri che italiani. Cosa che è criminale, ovvero nella lingua del mondo della finanza è una cosa buona.

E Berlusconi? Tace. Ovviamente, il suo atteggiamento sarà semplice: "Signori e signori, quando c'era il governo più robusto che avrebbe potuto far fronte alla situazione lo avete indebolito sino a renderlo traballante ed impotente. Adesso, se volete aiuto, andate da magistrati o da Scalfari."

Onestamente, è difficile dargli torto: dopotutto, il governo debole e senza leadership è quello che predica l'opposizione, è quello che ha voluto ottenere Fini, è quello cui mirano i magistrati. Adesso che hanno legato le mani a Berlusconi, che ci facciano vedere come sono bravi loro.

Magari un avviso di garanzia a un Hedge Fund funziona. O forse una bella Omelia di Scalfari potrà convincerli a non speculare. Del resto, sino a ieri Bersani gridava "il governo vada a casa": perché non accontentarlo, allora?

Di certo, non posso dire di avere qualcosa da aggiungere: sono anni che predico il default dei conti italiani con ristrutturazione allo zero per cento, sono anni che predico l'uscita dall'Euro e sono anni che dico alla gente di NON comprare titoli di stato perché non sono così sicuri.

Non credo che verrò soddisfatto nella mia speranza di default, anche se di questo passo sarà sempre più conveniente per noi, ne' nelle mie speranze di uscita dall'euro, perché in questo momento in ambienti BCE sono molto critici verso Londra e si tengono stretti i titoli italiani, al massimo vedrò andare in merda un bel pochino di quelli che vivevano di rendita sul debito pubblico italiano.

Ma per chi vive di rendita non ho mai avuto molta pietà o commiserazione.


Note:

(1) Il mondo della finanza ha una morale inversa. "Criminale" è un complimento, "assassino" è una onoreficenza , "genocida nazista" indica un discreto uomo d'affari, "Il Male Incarnato" indica un ottimo uomo d'affari, meglio se CEO di Oracle. "scioglie bambini nell'acido" è, nel mondo della finanza, il sinonimo di "amabile conversatore".

Quando dico che Tremonti è un criminale, intendo semplicemente dire che si tratta dell'unica entità che può nuotare dentro una vasca di squali, ovvero uno squalo uguale agli altri. In un mondo di Gangster, l'unica differenza morale è tra i gangster che sparano addosso a te e i gangster che sparano addosso agli altri. Non esiste il gangster buono, al massimo esiste quello utile.

(2) Si è detto che i politici devono rispettare la forma e la morale più dei comuni cittadini. Quindi Berlusconi non può dire che Obama è un negro mentre il comune cittadino italiano può scoparsi una nigeriana sui viali per venti euro. Ok, io sono un comune cittadino, parte del "bobolo", e quindi posso fare tutto. Il bobolo ha sempre ragione, ricordate? è democrazia dal basso, e se il bobolo vuole chiamare negro Obama, può farlo.


Uragano in arrivo
di Guido Viale - Il Manifesto - 12 Luglio 2011

Tanto tuonò che piovve. Messa a confronto con la potenza della finanza internazionale, la situazione dell'Italia si rivela ormai ben poco differente da quella della Grecia. Non importa che i cosiddetti «fondamentali» dell'economia siano differenti.

La finanza internazionale ha ormai la forza e gli strumenti, se lo volesse, per mettere alle corde persino la Germania. È da mesi che gli economisti lo sanno (o lo temono). Ma non lo dicono, per scaramanzia. Al massimo lo accennano: ma solo per chiedere più lacrime (le loro: di coccodrillo) e più sangue (quello di chi non ne ha quasi più).

Il problema è che non sanno che altro dire. Mario Draghi, per esempio, ha affermato che non ci sono precedenti di fallimento (default) di uno Stato da cui trarre insegnamenti.

Intanto non è vero e, vista la posizione che andrà a occupare, sarebbe meglio che anche lui - e non solo lui - studiasse meglio il problema. Perché non c'è solo la Grecia, né solo gli Stati membri più deboli - i cosiddetti PIGS, a cui ora si è aggiunta anche l'Italia: PIIGS - a essere a rischio.

Persino Obama teme il default: e non ha solo il problema, anche lui, dei tagli di bilancio: tra un po' deve rinegoziare una fetta di debito e potrebbe non trovar più sottoscrittori disponibili come un tempo, poi deve confermare l'ultimo stock di moneta creata dal nulla: una cosa (che adesso si chiama quantitave easing) con cui gli Stati Uniti hanno dominato l'economia mondiale per sessant'anni, ma che non è detto gli riesca ancora.

Neanche la Francia naviga in buone acque. E la Germania, locomotiva d'Europa, vive di export verso il resto del continente e verso la Cina. Ma se metà dei paesi membri dell'Ue sarà messa alle strette la bonanza tedesca potrebbe finire. E neanche la Cina va più tanto bene: scioperi, rivolte, aumenti salariali vertiginosi, inflazione, «bolle» finanziarie. Ben scavato vecchia talpa, direbbe Marx. Se sullo sfondo non ci fosse una crisi ambientale di dimensioni planetarie.

Insomma: non c'è «aria di crisi». C'è un uragano in arrivo. Per mesi gli economisti hanno trattato Tremonti come un baluardo contro il default del paese: solo perché lui sostiene di esserlo.

Ma è un ministro - il secondo della serie - che non si accorge nemmeno che la casa dove abita viene pagata, vendendo cariche pubbliche a suon di tangenti, da una persona con cui (e con la cui compagna) lui lavora da anni gomito a gomito. Affidereste a quest'uomo i vostri risparmi?

Qualcuno però ha trovato la soluzione: azzerare tutto il deficit pubblico subito. "Lacrime e sangue" ora e non tra due anni: così Perotti e Zingales sul IlSole24ore di sabato scorso. Tagliare subito pensioni, sussidi alle imprese, costi della politica; e giù con le privatizzazioni.

Che originalità! Segue un bell'elenco di "roba" - aziende e servizi pubblici - da vendere subito (per decenza non hanno citato anche l'acqua). Per le manovre "intelligenti", aggiungono gli autori, non c'è tempo. Infatti la loro proposta non è una manovra intelligente. Intanto, in queste condizioni, vendere vuol dire svendere.

E azzerare il deficit non è possibile, perché poi, anche se non si emettono nuovi titoli, bisognerà rinegoziare quelli in scadenza; i tassi li farà la finanza con le sue società di rating; e non saranno certo quelli di prima. Così il deficit si ricrea di continuo, in una rincorsa senza fine. Prima o dopo il default arriva.

Naturalmente, per mettere alle corde pensionati, lavoratori e welfare, e svendere il paese, ci vuole il "consenso", ci avvertono gli autori. Per loro il consenso è il "coinvolgimento dell'opposizione". Forse ci sarà; ma non servirà a niente.

Perché il consenso è un'altra cosa: è il coinvolgimento delle donne e degli uomini che hanno animato l'ultima annata di resistenza nelle fabbriche, di mobilitazioni nelle piazze, di occupazione di scuole e università, di campagne referendarie, di elezioni amministrative, di processi molecolari per ricostruire una solidarietà distrutta dal liberismo e dal degrado politico, morale e culturale del paese.

E' il popolo degli indignados, che ormai, con i nomi e le proposte più diverse, ha invaso la scena anche in Italia: forse con una solidità persino maggiore, dovuta a una storia più lunga, che risale indietro nel tempo, fino al G8 di Genova; e forse anche a prima. Un popolo che quel consenso non lo darà mai.

Se per Perotti e Zingales il problema è "far presto", per altri economisti continua invece a essere la crescita: non quella che permette di ricostituire redditi e occupazione strangolati; ma quella necessaria per ricostituire un "avanzo primario" nei conti pubblici, con cui azzerare il deficit e cominciare a ripagare il debito ai pescecani della finanza internazionale; ben nascosti dietro chi ha investito in Bot qualche migliaia di euro.

Questi economisti li rappresenta tutti Paolo Guerrieri sull'Unità del 10.7: "Il paese è fragile - spiega - ma la ricetta per la crescita la conosciamo tutti".

E qual è? "Concorrenza, nuove infrastrutture (il Tav?), ricerca (di che?), liberalizzazione (forse voleva dire "privatizzazione") dei servizi (anche dell'acqua?). Cose che sappiamo - aggiunge - ce l'hanno consigliate tutti".

Paolo Guerrieri ha appreso questa ricetta dall'economia mainstream e probabilmente continuerà a insegnarla ai suoi allievi per tutto il resto della sua vita. Pensa che per tornare alla crescita, che per lui è la "normalità", basti premere un bottone; perché il disastro attuale è solo una sua momentanea interruzione: non si sa se dovuta agli "eccessi" della finanza o all'inettitudine di Berlusconi.

Ma le cose non stanno così. In un mondo al cappio, è la finanza internazionale che fa le "politiche economiche". Quelle che vedete. Gli Stati non ne fanno più; o ne fanno solo più quel poco che la finanza gli permette di fare; a condizione di poter continuare a speculare e a mandare in malora il pianeta.

Anche "la crescita", ormai, le interessa solo fino a un certo punto; se non c'è, poco male: per lo meno finché restano pensioni, salari, welfare, servizi pubblici e beni comuni da saccheggiare. Non è la prima volta nella storia che questo succede. Anche Luigi XIV, il Re Sole, diceva: dopo di me, il diluvio.

Adesso sta a noi - a tutti gli "indignati" che non accettano questo stato di cose e questo futuro - ricostruire dal basso quello che Stati e Governi non sono più in grado di promuovere; e nemmeno di concepire.

Cioè il progetto di una società, di un sistema produttivo e di modelli di consumo condivisi, più equi, più sobri, più efficienti, più onesti; ma soprattutto le strade da percorrere - itinerari mai tracciati - per realizzarli.

E tutto in un mondo che sarà sempre più - e a breve - cosparso di macerie: sociali, ambientali e morali. Ma anche di reazioni furibonde e, verosimilmente, violente (basta pensare all'occupazione militare della Valle di Susa per imporre il "loro" modello di crescita; o a quella della Campania per imporre la "loro" gestione dei rifiuti). Non sarà una passeggiata per nessuno.

Un programma per realizzare quel progetto oggi non c'è; e non c'è il "soggetto" - per usare un'espressione ormai logora - per elaborarlo e portarlo avanti. Non a caso. Perché è un programma irrinunciabilmente plurale; che può nascere solo dal concorso di mille iniziative dal basso, se saranno in grado di tradursi in proposte che consentano un coordinamento e se avranno la capacità di imporsi con la forza della ragione e dei numeri.

Ci aiuta il fatto che per ciascuno di noi l'agire locale è sempre orientato da un pensiero globale. L'opposto di quello che fanno i Governi e le forze che li sorreggono. Provocano disastri globali in nome di convenienze dettate da un meschino pensiero locale. La disfatta delle cosiddetta governance europea non è altro.

Tra i criteri ispiratori della nostra progettualità c'è innanzitutto un salto concettuale: nell'era industriale lo "sviluppo" economico è stato promosso e diretto dall'aumento della produttività del lavoro. Che è andata talmente avanti che oggi è praticamente impossibile misurare il valore di un bene con la quantità di lavoro che esso contiene, anche se ci sono ancora - e sono tanti - dinosauri come Marchionne che lasciano credere di poter battere la concorrenza tedesca o cinese rubando agli operai dieci minuti di pausa, qualche ora di straordinario, o qualche giorno di malattia.

Tutto ciò è avvenuto a scapito dell'ambiente e delle sue risorse, saccheggiate come se non avessero mai fine. Da ora in poi, invece, si tratta di valorizzare le risorse ambientali e renderle sempre più produttive: con la condivisione, la sobrietà, l'efficienza, il riciclo, le fonti rinnovabili, la biodiversità (ecco un modo di distinguere la ricerca che vogliamo dalle vuote declamazioni in suo favore).

Perché è dall'uso più accorto delle risorse che dipenderà anche la produttività del lavoro, che non può più essere misurata in giorni, ore, minuti e secondi; ma solo con il grado di cooperazione e condivisione che quell'uso saprà sviluppare.