sabato 19 dicembre 2009

Crisi economica globale: sempre in alto mare...

Continuano ad arrivare "liete novelle" sull'andamento della crisi economica globale, in pieno corso.

Ieri infatti la Banca Centrale Europea, nella Financial Stability Review di dicembre, ha chiesto che le banche della zona euro svalutino le proprie attività finanziarie fino alla fine del 2010 per altri 187 miliardi di euro.

A giugno la previsione era di 488 miliardi di svalutazioni totali, mentre ora sono già salite a 553 miliardi di euro. Un peggioramento dovuto all'aumento delle svalutazioni di attivita' legate alle proprieta' commerciali e all'inclusione delle svalutazioni dei titoli emessi dai paesi dell'Europa centro-orientale.

Intanto in Italia, secondo le ultime stime dell'Istat, l'occupazione è diminuita nel terzo trimestre di 508mila unità rispetto allo stesso periodo del 2008 (-2,2%), mentre ha perso 120mila unità rispetto al secondo trimestre del 2009. E per l'Istat si tratta del calo peggiore dal 1992.

D'altronde anche secondo il Rapporto sugli Scenari economici del Centro studi di Confindustria (Csc) le prospettive sul fronte dell'occupazione non sono affatto rosee.
Per il Csc infatti il tasso di disoccupazione in Italia si attesterà al 7,6% nel 2009, all'8,7% nel 2010 e salirà al 9,0% nel 2011.

Qui di seguito alcuni articoli che fanno il punto della situazione.


I fondi avvoltoi pronti a far razzia in Europa
di Mauro Bottarelli - www.ilsussidiario.net - 18 Dicembre 2009

Il numero di lavoratori che la scorsa settimana ha fatto richiesta di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti è aumentato inaspettatamente. Il dipartimento del Lavoro americano ha comunicato che le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione sono cresciute di 7.000 unità, a 480.000 unità, nella settimana conclusasi il 12 dicembre, mentre gli analisti avevano previsto un calo di 9.000 unità.

Anche il numero di richieste che durano più di una settimana è aumentato, attestandosi a 5.186.000 con una crescita di 5.000 unità. Unico segnale positivo il fatto che la media delle quattro settimane, che riduce la volatilità del dato, è scesa a 467.500 unità, il 15esimo calo consecutivo: la media è ora al suo livello minimo dal settembre 2008.

Una notizia, questa, che ha immediatamente bloccato il corso di rafforzamento del dollaro iniziato martedì grazie alla decisione del Fed di accorciare i tempi rispetto alle politiche monetarie di emergenza - nei fatti, un segnale di aumento dei tassi nel breve termine - e alle cattive notizie che giungevano dall’Europa e facevano precipitare l’euro rispetto al biglietto verde.

Quali fossero queste brutte nuove dal vecchio Continente è noto: la crisi del debito greco che ieri ha visto il premier del paese invocare misure drastiche «a ogni costo» e l’annuncio della nazionalizzazione dell’istituto Hypo-Alpe Adra Bank International da parte del governo austriaco, la seconda operazione di salvataggio statale operata nel paese alpino.

Spiace dirlo ma ilsussidiario.net aveva parlato di questo rischio il 23 marzo scorso, utilizzando queste parole: «Johann Sebastian Bach, come tutti i grandi geni, non ha potuto godere della rivalutazione del suo talento: per decenni, infatti, le sue “Variazioni Goldberg” furono viste come un mero esercizio tecnico.

Solo nel XX secolo fu resa giustizia allo straordinario contenuto emotivo dell’opera… Di certo c’è, invece, l’aggiornamento dei cds sul default del debito dei paesi europei: a parte l’Islanda ormai fallita, che presenta qualcosa come 1037 punti base per assicurarsi contro il default del debito a cinque anni, la classifica dei “vivi” (per quanto, ancora, non si sa) vede al primo posto l’Irlanda con 347,4 punti base, seguita dalla Grecia con 259,5 punti base, dall’Austria con 255,4 punti base, dall’Italia con 196 punti base, dalla Gran Bretagna con 155 e dalla Spagna con 146 punti base. Non stupisce visto che le banche di Vienna hanno prestato all’insolvente Est europeo il 70% del Pil austriaco e ora rischiano di non vederselo rimborsato.

Se va in default l’Austria, arrivederci all’Est e alla stessa tenuta dell’area euro: non servirà più sottoporre a referendum in Irlanda il Trattato di Lisbona, l’Europa sarebbe morta e sepolta. E casualmente si è parlato, dopo la “variazione Bernhardt”, di Irlanda e Grecia guardandosi bene dal citare il caso austriaco, molto sentito dai vicini tedeschi autori del siparietto. I quali, dal canto loro, devono fare i conti con una previsione di contrazione dell’economia del 4-5% e un crollo dell’export dell’11%».

I rischi per l’Europa, conviene dirlo chiaramente, sono oggi più gravi di allora. Non esiste un piano di contrasto per il default greco così come per quello irlandese, la Germania stenta nel far decollare il piano per la famosa bad bank che dovrebbe scaricare dagli assets delle proprie banche i miliardi di titoli tossici presenti, l’Austria deve sperare che la nazionalizzazione di Hypo Alpe Adra Bank International sia l’ultima a cui dover far fronte poiché la danza dei cds sul rischio di default sul debito è già partita e il Fondo Monetario Internazionale difficilmente potrà intervenire ancora sui mercati dell’Est pompando soldi virtuali e non al fine di evitare collassi a catena in Ucraina, Lettonia, Estonia e Lituania.

La politica, insomma, traccheggia. Non lo fanno gli analisti, quelli che sul mercato ci operano e quasi sempre vedono in anticipo quanto accade poiché solo muovendosi in questo modo si può investire: per Steve Barrow, della Standard Bank di Londra, «Irlanda e Grecia rischiano seriamente l’uscita dall’euro, nonostante i loro due governi continuino a negare questa possibilità. Le loro difficoltà attuali sono intollerabili per i mercati».

I problemi reali sono due, ora: primo, i mercati potrebbero a breve stancarsi di prestare soldi ai governi, visto lo stato di salute di molte economie europee. Secondo, le scelte delle agenzie di rating. Le quali, come si sa, possono fare il bello e cattivo tempo, scegliendo i timing migliori per il downgrading e innescando corse all’investimento speculativo sui cds.

È, ad esempio, il caso della Spagna che la scorsa settimana ha visto trasformare il proprio outlook in “negative” da parte di Standard&Poor’s a causa «di un pronunciato e persistente deterioramento delle finanze pubbliche che richiederebbe forti azioni politiche per ora non poste in essere». Con un tasso di disoccupazione al 20%, José Luis Zapatero ha poco da sorridere.

Difficilmente soffriranno un downgrading Gran Bretagna e Usa - anche se lo meriterebbero - mentre la catene delle bocciature potrebbe colpire la già citata Austria e l’Italia del nuovo debito pubblico record, un qualcosa di insostenibile nell’area euro. Se a questo uniamo il caos bancario che sta per scoppiare in tutto il vecchio continente, capite il motivo del pessimismo rispetto alla già non rosea previsione del marzo scorso: ieri in Borsa tutti i titoli del comparto crollavano, a Milano come a Londra come a Francoforte e Parigi.

Le prossime trimestrali, forse, cominceranno a dare un primo segnale di verità rispetto alla vera esposizione dei vari istituti alla bomba dei titoli tossici, visto che senza stress tests in molti hanno ceduto alla tentazione di porre off balance molte liabilities in modo da presentarsi lindi e profittevoli al mercato: questo spiega i guadagni dei titoli nei mesi scorsi e il rally artificiale delle Borse, gonfiate da denaro pubblico e ora in fase di contrazione per l’esangue illiquidità di alcuni book.

Resta da capire come i governi potranno intervenire in caso di salvataggi d’emergenza, visto che i debiti pubblici stanno per esplodere e denaro per nazionalizzazioni non ci sarà: partirà, allora, il cannibalismo, ovvero una sorta di privatizzazione di massa degli assets più fruttevoli di molti Stati in difficoltà, la logica dei vulture funds abbandonerà le razzie sui debiti dei paesi africani comprati alle banche o poi incassati a prezzo raddoppiato e si lancerà sulle parti nobili di paesi che fanno parte del G20, di alcune delle cinque, sei prime democrazie al mondo.

Sarà, nei fatti, il trionfo del capitalismo globale sul principio di sovranità nazionale, con le agenzie di rating nel ruolo di direttore d’orchestra per fornire il timing giusto alle operazioni di scalata: il grande supermarket globale sta per aprirsi, la crisi alla fine verrà ricordata per il modo in cui cambierà i profili delle democrazie esistenti e dell’ordine occidentale più che per gli scatoloni dei dipendenti di Lehman Brothers.

Diciassette anni dopo torna la stessa logica ma su scala globale. Prepariamoci a un 2010 denso di sorprese e cambiamenti: occhio ai cds, ci saranno sorprese già dal mese di gennaio. Qualcuno fluttuerà ma riuscirà a salvare la pelle, qualcuno invece cadrà. In tanti, invece, stanno già guadagnandoci sopra. Pesantemente. È il mercato, bellezza.


La cena indigesta di Obama
di Michele Paris - Altrenotizie - 16 Dicembre 2009

Alla tavola rotonda voluta da Barack Obama alla Casa Bianca lunedì scorso erano presenti - di persona o in videoconferenza - quasi tutti i numeri uno delle grandi banche di investimenti di Wall Street.

Con l’aumentare dell’irritazione dei cittadini americani nei confronti di quanti vengono giustamente additati come i principali responsabili della crisi finanziaria, nelle intenzioni del presidente l’incontro doveva costituire un rimprovero a Wall Street e, allo stesso tempo, un invito a riaprire i cordoni del credito a favore di aziende e consumatori in difficoltà.

Il meeting, tuttavia, si è risolto in nient’altro che una farsa, messa in scena per cercare di placare la rabbia popolare verso istituzioni finanziarie tuttora in grado di manovrare a loro piacimento le vicende politiche di Washington.

A quella che un anonimo amministratore delegato presente ha definito una semplice “iniziativa propagandistica” hanno partecipato, tra gli altri, Kenneth Chenault, amministratore delegato e presidente di American Express, Jamie Dimon, amministratore delegato e presidente di JPMorgan, Richard Fairbank, amministratore delegato e presidente di Capital One, Robert Kelly, amministratore delegato di Bank of New York Mellon, e Ken Lewis, amministratore delegato e presidente fino al 31 dicembre prossimo di Bank of America. Collegati in videoconferenza erano invece i leader dei tre colossi Goldman Sachs, Morgan Stanley e Citigroup, rispettivamente Lloyd Blankfein, John Mack e Richard Parsons.

Questi ultimi avevano annunciato anticipatamente di non potersi recare nella capitale statunitense, ufficialmente a causa della nebbia che a inizio settimana ha impedito gli atterraggi all’aeroporto Reagan di Washington. A molti, però, il gesto è sembrato una chiara ritorsione per le parole che lo stesso Obama aveva pronunciato domenica sera ai microfoni della CBS.

Nel corso della popolare trasmissione “60 Minutes”, il presidente aveva mostrato tutta la sua comprensione per la rabbia diffusa nel paese verso i banchieri di Wall Street - definiti spregiativamente “fat cats”. Lo scorso anno, d’altra parte, quando in una situazione di grande panico l’allora Segretario al Tesoro, Henry Paulson, convocò i banchieri con un preavviso di poche ore, essi si precipitarono ad un incontro dal quale in molti uscirono con cospicui assegni staccati dai contribuenti.

Con un tasso ufficiale di disoccupazione al 10%, la crisi dei mutui ancora intensa e i tagli devastanti alla spesa pubblica in molti stati per far fronte a pesanti deficit di bilancio, le grandi banche americane si apprestano a chiudere l’anno con profitti da record, nonché a distribuire decine di milioni di dollari di bonus ai loro dirigenti.

Il tutto grazie all’enorme flusso di liquidità dirottato a loro beneficio dal Tesoro americano - sia sotto l’attuale amministrazione che la precedente - per scongiurare i rischi di fallimento.

Allo stesso modo, le pratiche speculative che hanno contribuito a generare una crisi finanziaria senza precedenti sono proseguite solo grazie al denaro pubblico. Mentre i dollari del piano di salvataggio voluto da George W. Bush nell’autunno del 2008 stanno per essere restituiti da molte banche - Bank of America, Goldman Sachs, JPMorgan, Morgan Stanley e, da ultime, Citigroup e Wells Fargo - così che esse potranno svincolarsi definitivamente dalle restrizioni imposte dal governo federale.

Dal momento che gli aiuti pubblici sono finiti sostanzialmente per alimentare nuove pericolose bolle speculative che potrebbero riesplodere nel prossimo futuro, i rubinetti del credito per le piccole e medie aziende americane sono andati sempre più restringendosi negli ultimi mesi.

Da qui la convocazione dei banchieri voluta da Obama alla Casa Bianca. Da dove si è anche chiesto il sostegno per la riforma del sistema finanziario in discussione al Congresso. Proprio la scorsa settimana, infatti, la Camera dei Rappresentanti ha dato il via libera al nuovo progetto di regolamentazione, osteggiato però da Wall Street, nonostante gli effetti molto modesti in termini di controllo governativo delle operazioni finanziarie.

La riunione alla Casa Bianca si è dunque risolta in una supplica da parte di Obama verso quella vera e propria oligarchia finanziaria che influisce in maniera decisiva sulle scelte dei politici statunitensi, sia tramite ingenti finanziamenti ai due partiti principali sia con una schiera di loro uomini collocati in posizioni chiave del governo.

Basti pensare, solo per citare i più alti livelli, ai consiglieri economici del presidente, Larry Summers e Robert Rubin, entrambi profondamente legati a Wall Street ed entrambi accesi sostenitori nell’amministrazione Clinton di una sfrenata deregulation in ambito finanziario.

Per ora, la commedia andata in scena alla Casa Bianca tra Obama e i padroni di Wall Street ha prodotto una promessa da parte della sola Bank of America di erogare nuovi prestiti alle piccole e medie imprese d’oltreoceano per 5 miliardi di dollari. Una somma irrisoria a paragone delle necessità di capitali di un’industria in grande affanno come quella americana. Ugualmente, nessun provvedimento è stato prospettato in caso di mancato rispetto delle direttive presidenziali in materia di credito.

Se anche Obama ha nuovamente ripetuto davanti alla nazione di non essere stato eletto per “proteggere una manciata di banchieri”, la realtà dei fatti si presenta ben diversa. La vera faccia del sistema, infatti, ci mostra un presidente democraticamente scelto dal popolo senza alcuna influenza su un’aristocrazia finanziaria che, di fatto, detiene le leve del potere e che, in definitiva, decide per l’economia del paese e il futuro di centinaia di milioni di persone.


Usa, Tarp: l'exit-strategy finisce in "rissa"

da www.valori.it - 18 Dicembre 2009

Le uscite di Citigroup e Wells Fargo dal programma di sostegno finanziario del governo americano avrebbero dovuto costituire un momento trionfale. Sia per l’industria bancaria che per l’amministrazione guidata da Barack Obama. Invece, la vicenda si è trasformata in un crescendo di tensioni e accuse reciproche tra le autorità di Washington e i dirigenti degli istituti di credito.


Ma il dietro le quinte delineato questa mattina dal Wall Street Journal non si ferma al conflitto tra banche e Stato: anche tra i diversi regolatori statunitensi c’è disaccordo. E le dita puntate non mancano. Insomma, la decisione di Citigroup e Wells Fargo di non rimanere le ultime due banche a dover contare sui prestiti d’emergenza forniti dal Troubled Asset Relief Program americano ha generato un vero e proprio caos politico.


Il conflitto è esploso mercoledì, dopo che il Tesoro ha deciso di rinviare la dismissione della propria partecipazione in Citigroup, a causa del prezzo troppo basso con cui il board dell’istituto ha effettuato un’emissione di titoli che ha fruttato 17 miliardi di dollari.


Immediatamente alcuni dirigenti della banca hanno accusato il governo di essere, di fatto, responsabile del flop, spiegando come a Washington non avrebbe dovuto giungere come una sorpresa la cattiva performance. Già lunedì sera il vice-presidente Ned Kelly avrebbe avuto un colloquio telefonico di fuoco con il dipartimento del Tesoro: al centro il presunto diverso trattamento riservato a Wells Fargo rispetto a Citi.


Nel frattempo, ad alimentare la controversia sono arrivati anche la Federal Reserve e la Federal Deposit Insurance Corp., in disaccordo l’ammnistrazione di Barack Obama proprio sulla scelta consentire un rimborso rapido dei debiti contratti dai due istituti a favore del governo. Quest’ultimo ha risposto che l’idea è venuta direttamente dai board delle banche. È probabile che la querelle non finisca qui.


Personaggio dell'anno?
da http://ildiariodiperestroika.blogspot.com - 18 Dicembre 2009

La rivista Time ha nominato Ben Bernanke "Personaggio dell'Anno".

Forse anche questo è un premio dato, come certi Nobel, alla speranza, la speranza che il presidente della Fed mantenga i tassi vicini allo zero il più a lungo possibile anche nel 2010?

Ma bando alle battute....il commento più "serio" e convincente l'ha dato forse Paul Krugman, il quale avverte di fare molta attenzione perchè la storia ci insegna che è bene andare "short" con le azioni di una società il cui CEO compare sulla copertina patinata di un grande magazine.

In più c'è lo specifico effetto Time. E ricorda i precedenti, come quando nel 1985, dovendo scegliere tra Madonna e Cyndi Lauper, la rivista americana concluse che Cyndi Lauper sarebbe stata quella destinata a rimanere una star.

Ma soprattutto, non bisogna dimenticare questo:

timeGREENSPAN


Fitch, dubbi sulla sostenibilità della ripresa bancaria in Cina

da www.valori.it - 18 Dicembre 2009

Le condizioni dalle banche cinesi sono meno sicure di quanto non possa apparire dall’esterno. A spiegarlo è l’agenzia di rating Fitch, che ha sottolineato come il ricorso sempre più sistematico a transazioni “nascoste”, utilizzate per aumentare la quantità di prestiti erogati, rappresenti «una crescente area di rischio non visibile».


Nella sua analisi annuale sulle condizioni del sistema bancario in Cina, l’agenzia ha così condiviso, di fatto, le preoccupazioni delle autorità di Pechino, che nelle scorse settimane hanno più volte affrontato la questione dell’eccesso di credito concesso all’economia del Paese.


Le banche hanno infatti erogato una cifra record, pari a 9.210 miliardi di yuan (1.300 miliardi di dollari) di nuovi prestiti nei primi 11 mesi dell’anno. Il che potrebbe costituire la base di una nuova bolla speculativa.


«Le esposizioni che non figurano nei bilanci sono, in questo senso, preoccupanti», hanno spiegato nel rapporto Charlene Chu e Chunling Wen, analisti di Fitch, aggiungendo come il ricorso a transazioni nascoste possa portare l’agenzia ad abbassare il rating di alcune banche cinesi tra il 2010 e il 2011.



Le nostre previsioni per il 2010. Notizie buone e cattive
di Roger Wiegand - www.kitco.com - 1 Dicembre 2009
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Elisa Nichelli

Il 2010 sarà come il 1930, o simile al 1937? Sarà diverso questa volta? Quando uno stato-nazione che in passato aveva un'alta produttività si autodistrugge con l'inflazione, quelli che rimangono indenni possono assorbire il colpo e, nel tempo, tirare fuori dai guai quello colpito. È stato il caso della Germania negli anni '20.

Nel caso attuale la maggior parte delle economie mondiali sono in ginocchio, alcune più danneggiate di altre. Chi può rendere possibile il recupero questa volta? Non c'è nessuno. Non sarà la Cina, poiché molti sostengono che soffrirà lo stesso collasso sistemico sperimentato dagli Stati Uniti, dall'Europa, dalla Russia e dai paesi del Sud America. I paesi vicini alla Cina, come Giappone, Taiwan, Corea, India, Indonesia e altri, seguiranno i caduti.

Le complessità incrociate degli affari e della finanza internazionale li hanno imbrigliati tutti in una ragnatela di collasso sistemico. Quelli che possono, devono tentare di salvarsi imponendo una massiccia inflazione. Sebbene potrebbe funzionare per qualche mese, alla fine imploderà tutto.

Vi prego di prestare attenzione alle seguenti parole di John Pugsley, dal titolo “Common Sense Viewpoint” ("Il punto di vista del buon senso", ndt) così come riportate in “Golden Insights” ("Preziose intuizioni", ndt) di James U. Blanchard III 1997.

"L'inflazione distruggerà il debito. La risposta finale a tutte le discussioni (inflazione contro deflazione) resta nelle mani della Federal Reserve (la banca centrale degli Stati Uniti d'America, ndt) e del governo. Entrambi sono estremamente impegnati nel prevenire un collasso finanziario o la recessione. Finché loro saranno d'accordo a stampare dollari in modo da supportare i creditori in difficoltà, il ciclo andrà avanti. Quello che la maggior parte dei deflazionisti sbagliano a considerare è che l'inflazione distrugge il debito".

"Con l'inflazione i creditori vincono e i debitori perdono. I deflazionisti non si rendono conto del fatto che se l'inflazione della disponibilità monetaria continua, cosa che succederà, ci sarà bisogno di deflazione. Tutto il debito del mondo può essere estinto creando potere d'acquisto... e questo è proprio quello che sta succedendo... i problemi relativi al debito saranno risolti, ma non saranno risolti attraverso la liquidazione dovuta a bancarotta e collasso. Saranno risolti attraverso la creazione di denaro. Stiamo per assistere alla più grande ondata di inflazione della storia del mondo. Vi conviene non trovarvi dalla parte sbagliata del dollaro." John Pugsley in "Common Sense Viewpoint"

Siamo d'accordo con il signor Pugsley, ma questo scritto risale a qualche anno fa. Ci sentiamo di suggerire che al momento, con le nazioni precedentemente più produttive che diventano vittime sia dell'inflazione-iperinflazione che del collasso sistemico, il finale potrebbe essere peggiore di quanto previsto. Il nostro pronostico è che ci sia prima inflazione, poi ad un certo punto iperinflazione.

Cosa succederà tra queste due fasi? Se dal nostro punto di vista quest'impresa richiederà almeno 2-3 anni, nessuno può saperlo con certezza. Prevediamo che il 2010 sarà uno dei peggiori anni della seconda grande depressione, o meglio, suggeriamo che il 2010 sarà il secondo ciclo di svariate fasi depressive. Il fallimento di Lehman e i crolli ad esso correlati furono solo la prima fase. Prima che la seconda fase terrorizzi i mercati globali, consigliamo di correre ai ripari.

I debiti, sia pubblici che privati, non sono stati pagati in alcuna misura. A peggiorare la situazione, nuovi debiti continuano ad affliggere le banche centrali, le banche nazionali, i consumatori e il commercio. Per poter trovare una base comune e rendere possibile un recupero, questi debiti devono essere pagati, ci si può rifiutare di pagarli o cancellarli con l'inflazione. Per ora tutte queste soluzioni si stanno mettendo in pratica, ma, per quanto in fretta si risolvano i vecchi problemi, altri continuano ad accumularsi aggravando le difficoltà.

Mentre i governi sono impegnati a cancellare il debito con l'inflazione, attraverso la creazione di moneta; ovvero stampando grandi quantità di dollari, banconote e obbligazioni privi di copertura, il loro peso è semplicemente insostenibile dal punto di vista matematico. Gli aggiotatori hanno superato il punto di non ritorno. Non ci sarà ripresa fintanto che non avverrà un'importante crollo. Questa soluzione è la risposta rapida e sleale alla cancellazione finale di tutti quei debiti. Pensiamo che avverrà in fasi e in modo spasmodico.

Il Giappone è nelle condizioni peggiori, con un rapporto debito pubblico su PIL che si attesta oggi al 270%. Con una popolazione invecchiata e senza il numero sufficiente di giovani che occupino i posti di lavoro lasciati liberi, la deflazione è tornata e il mercato immobiliare giapponese sta ottenendo grandi successi. Gli Stati Uniti e l'Europa, esclusa la Gran Bretagna, hanno il 125% di debito su PIL, con la Gran Bretagna al 105%. (fonte: Societe Generale)

Il dollaro statunitense gioca un ruolo molto importante in questo contesto. Dal momento che corrisponde circa all'85% della valuta di riserva, a seconda di come va il dollaro andrà il sistema globale. Sfortunatamente il dollaro può cadere ancora molto, e per questo mese di Dicembre 2009 può sprofondare fino ad un indice di 70.00-72.50 rispetto ai prezzi odierni. Ci aspettiamo che nell'arco dei prossimi tre anni il dollaro possa arrivare ad un minimo storico di circa 40-46.

I titoli di borsa sono malridotti, e subiranno a breve un calo del 5-20%. Ci aspettiamo che il prossimo calo sarà blando e che i nuovi acquisti potranno ricominciare a Gennaio 2010 e proseguire durante la primavera. Il Dow Jones potrà facilmente raggiungere un valore base di 8850 per poi tornare a risalire. L'indice S&P [1] dovrebbe attestarsi a 950. Nel frattempo, potremmo assistere ad un taglio dell'11-12% di Dow Jones ed S&P.

Il picco massimo del prezzo dei titoli potrebbe arrivare tra fine Maggio e Luglio 2010. In questo periodo, cinque eventi particolarmente negativi colpiranno l'economia e i mercati globali simultaneamente.

E sono:

(1) la perdita di 40-50 miliardi in dollari statunitensi attraverso malfunzionamenti di carte di credito;

(2) le vendite di case, nuove e di seconda mano crollerà con tale violenza nella prima metà del 2010, che questo mercato si potrà considerare letteralmente in caduta libera. Ci saranno tra i 7 e i 10 milioni di nuovi mutui inadempienti, la maggior parte dei quali nella categoria standard (non di tipo subprime, [2]), a causa di perdite di lavoro;

(3) le vendite di auto nella prima metà dell'anno saranno così basse che i produttori presenteranno istanza di fallimento;

(4) i prestiti per beni immobili commerciali manderanno in rovina le società immobiliari e i loro progetti, tra quelli esistenti, in via di realizzazione e quelli solo pianificati;

(5) le compagnie di assicurazione avranno un numero talmente alto di contratti inadempienti nel settore immobiliare che rischieranno di venir meno ai propri obblighi nei confronti di qualche direttiva d'emergenza del governo nel secondo TARP (Troubled Assets Relief Program, il piano di sostegno del governoamericano per il settore finanziario, ndt). Ad un certo punto, anni fa, le prime 20 compagnie assicurative potevano letteralmente controllare l'economia degli Stati Uniti. Possiedono grandi quantità di risorse in beni mobili, immobili ed obbligazioni a breve termine.

Le valutazioni immobiliari crolleranno in media, su tutto il territorio degli Stati Uniti, di un altro 30%. Un anno fa credevamo che i prezzi degli anni '80 si sarebbero attestati come quelli minimi. Oggi si prendono in considerazione quelli degli anni '70. Il numero di case per cui è stato precluso il riscatto dell'ipoteca è maggiore negli ultimi 12 mesi che nell'intera decade della prima grande depressione degli anni '30.

La mattina di lunedì 23 Novembre 2009, è stata riportata la notizia di una crescita del 10.1% nella vendita delle case. Questo non è nient'altro che l'effetto di vendite a prezzi bassi sollecitate da prestiti privati [3], aiuti del governo per abbassare i pagamenti degli acconti iniziali e le politiche di crollo dei prezzi ottenute dalle classi sociali più disagiate. Il mercato immobiliare rimane in uno stato di collasso internazionale. L'ultimo grande creditore, l'FHA (Federal Housing Administration, ndt) versa in gravi condizioni.

L'inflazione è ora al valore non segnalato del 7% ed è in crescita. A partire da Maggio 2010 comincerà a colpire duramente, in primo luogo su quel terzo di popolazione statunitense con salario base e disoccupata. Gran parte dei loro introiti sono spesi in cibo ed energia. Queste due voci sono tra le prime ad essere colpite dall'inflazione.

Coloro che possiedono auto nuove e acquistate in leasing faranno uso del cosiddetto "jingle mail" [4]. Dovranno riportare macchine e camion nuovi ai parcheggi dei commercianti, restituire le chiavi e smettere di pagare. Abbiamo visto questo meccanismo verificarsi con le case negli ultimi 1-2 anni. I parcheggi si riempiranno di auto e camion nuovi o seminuovi. Il loro valore precipiterà. Molte di queste restituzioni verranno dal programma "Cash for Clunkers" (letteralmente "contanti in cambio di vecchi macinini", ndt) per chi è rimasto incastrato da pagamenti di auto e camion che non possono permettersi.

I fabbricanti di auto GM (General Motors, ndt) hanno previsto vendite negli Stati Uniti di 11 milioni nel 2010 con una nuova ripresa. Non ci sarà alcuna ripresa e le vendite potrebbero far scivolare l'intera industria fino a 7 milioni o meno per il 2010. E nel 2011 le cose si metteranno anche peggio.

Le rinunce alle auto cresceranno e i sindacati lanceranno il loro grido d'allarme al presidente Obama. Lui troverà un rimedio finanziario temporaneo per l'industria moribonda. I consumatori non avranno potere d'acquisto, a credito o in contanti non fa alcuna differenza. Quelli con contanti li conserveranno, si metteranno al riparo e aspetteranno che la fine delle difficoltà. Le iscrizioni ai sindacati delle auto diminuiranno rapidamente. Gli acquisti di auto a credito si ridurranno ad un numero sempre più esiguo.

Il settore del petrolio greggio e dell'energia ha un ruolo fondamentale in entrambe le direzioni. Oggi vediamo che il prezzo del petrolio si attesta ad 80$ con limiti inferiori appena sotto i 70$. I principi di base mostrano che un eccesso di offerta durante un periodo di depressione/recessione ha come effetto di diminuire la domanda. D'altra parte, l'inflazione dei prezzi sta crescendo su un dollaro sempre più debole e continuerà a crescere.

Ci aspettiamo di vedere il greggio raggiungere i 50$, e poi tornare indietro e risalire a 100$ a causa dell'inflazione. La benzina seguirà questo andamento, dato che alcune raffinerie stanno chiudendo per via di perdite operative e non se ne stanno aprendo di nuove. Fondamentalmente sarà l'inflazione a vincere sull'aumento dei prezzi. Infine, tornerà ad esserci scarsità di prodotti.

La depressione normalmente e storicamente dura dieci anni. Potrebbe volerci esattamente lo stesso tempo affinché i consumatori possano saldare i propri debiti e tornare in condizioni di normalità. I tassi d'interesse sono cresciuti, ma con debiti così alti e aumenti di salario piccoli o nulli di fronte ad un'inflazione nuova e così violenta, i consumatori saranno economicamente massacrati.

I creditori e le banche attraverseranno nuovamente un periodo di difficoltà. Alle banche sono rimaste ben poche idee su come ottenere entrate da prestiti concessi, a parte la compravendita. Mentre la Goldman Sachs guadagna milioni di dollari alla settimana in questo modo, la maggior parte delle banche non sono attrezzate e si sono pochi operatori finanziari in grado di fare questo lavoro.

Poiché chi si occupa di questi problemi per conto di Obama sta affliggendo i grandi operatori imponendo limiti alle entrate, questo rende le cose più complicate, al punto che queste persone preferiscono andarsene a lavorare all'estero, dove possono avere salari illimitati.

Il mercato obbligazionario è così immenso che gli ci vuole tempo per rovesciarsi e colare a picco. Le banche centrali dell'Asia e degli Stati Uniti sono state le nostre principali acquirenti di valuta estera. Se da un lato continuano ad aquistarne per poter mantenere uniti i mercati, dall'altro stanno: (1) preferendo le valute a breve scadenza rispetto a quelle a lunga scadenza, (2) convertendone parzialmente l'acquisto al settore delle materie prime.

Con lo Yen più forte, il Giappone è sempre più impegnato in complicati viaggi per l'acquisto di risorse, come la Corea del Sud. Sono entrambi in cerca di grano, oro, olio, gas naturali ed altre materie prime che non possiedono.

Le obbligazioni ad alto rischio e ad alto rendimento potrebbero perdere fino ad un terzo del loro valore attuale solo il prossimo anno. L'acquisto di buoni del tesoro e di obbligazioni continuerà fino a che "la fiducia e il credito totale" verranno meno. Alla fine collasseranno, ma in tempi molto lenti, a causa delle dimensioni di questi mercati. Siamo convinti del fatto che nessuna obbligazione sia sicura.

Quelle municipali sono considerate tra le più sicure. Ma cosa succederà quando città, paesi, contee e stati saranno così in bancarotta da non poter pagare gli interessi? Le loro imposte fiscali precipiteranno. Alcune sono più sicure di altre, ma per quanto tempo? Chi è in grado di indicare un limite? Nessuno, perché sarebbe una mossa troppo politica.

Molti stati che fanno parte degli USA sono finanziariamente falliti o stanno per esserlo. Si è scoperto che almeno un terzo dei soldi ottenuti attraverso il TARP è stato usato per salvare gli stati dalla bancarotta.

Questo provocherà un'escalation, perché i soldi federali del TARP non possono aiutarli abbastanza in fretta e in quantità sufficiente a mantenerli uniti. Ci si aspetta che l'occupazione nei vigili del fuoco e nella polizia diventerà sempre più scarsa, a discapito della sicurezza in varie comunità. Dieci stati si trovano in condizioni finanziariamente critiche e 47 sono in lista per diventarlo.

New York, New Jersey, Connecticut, Michigan, Ohio, Florida, Arizona, Nevada e California sono gli stati che versano nelle condizioni peggiori, poiché soffrono la mancanza di entrate fiscali da parte di aziende e consumatori falliti.

Ci si aspetta che la California sarà tra i primi ad andare fuori controllo. Continuano ad escogitare nuove tasse e non lavorano sulla riduzione delle spese. Quando alcuni stati affronteranno il collasso totale ci troveremo in breve tempo in condizioni pessime.

Il Michigan è tra gli stati in condizioni peggiori. La maggior parte degli stati stanno spendendo fino all'ultimo centesimo. Si rifiutano di ridurre i costi, poiché lo considerano un suicidio politico. Spenderanno fino a che non avranno più nulla, e quindi chiederanno aiuto al governo federale.

La Cina si trova nei guai, poiché i consumatori statunitensi hanno smesso di acquistare da loro. Il loro TARP per la prima parte dell'anno era superiore a quello degli Stati Uniti sia in quantità che in rapidità di spesa. Si stima che abbiano speso in quattro mesi, tra Gennaio e Maggio 2009, all'incirca 600 miliardi di dollari, la maggior parte dei quali indirizzati a progetti che si trovano in condizioni di sovracapacità. La mancanza di acquisti da parte degli Stati Uniti ha causato un crollo delle esportazioni per la Cina di circa il 25%. Inoltre, è da notare che l'economia cinese è circa un quarto di quella statunitense.

Ci sono centinaia di fabbriche cinesi inattive e milioni di lavoratori licenziati senza nuovo impiego e senza grandi prospettive di lavoro. D'altra parte, milioni di fattorie di sussistenza sono state vendute per cercare lavoro in città. Ora che il lavoro non c'è più, e non ci sono nemmeno le fattorie che avrebbero potuto garantire cibo, nel 2010 ci aspettiamo un collasso più o meno rapido della Cina, con disordini e altri problemi sociali.

La Cina ha bisogno di 24 milioni di nuovi posti di lavoro all'anno solo per rimanere in pari e sono ben lontani dal poter realizzare numeri come questi; non basta che la crescita di nuovi impieghi migliori.

Se la preoccupazione che la Cina non sia più in grado di acquistare i nostri (degli USA, ndt) buoni del tesoro diventasse reale, il governo degli Stati Uniti potrebbe fermare gran parte delle importazioni premendo sulle tariffe doganali. A quel punto la Cina si ritroverebbe con una disoccupazione alle stelle, beni ammucchiati senza possibilità di vendita e con un trilione di dollari in obbligazioni e carta moneta statunitense di pochissimo o nessun valore.

Subirebbero un colpo da 1 trilione di dollari statunitensi e rimarrebbero bloccati con montagne di merce invendibile. La ricaduta sociale sarebbe catastrofica. La Cina deve continuare ad acquistare obbligazioni statunitensi per poter mantenere le esportazioni in movimento; sebbene ad un livello ridotto.

Se le importazioni dalla Cina dovessero cessare, i lavoratori americani potrebbero trovare qualche forma di impiego a salari bassi nelle industrie statunitensi riaperte, con un ritorno alla manifattura. Dopo tutto, dove troverebbe la Wal-Mart [5] i beni da vendere nei propri negozi?

Ci auguriamo il meglio, speriamo che la Cina riesca a sopravvivere affrontando solo una lieve recessione. Con le finanze e i mercati globali così fragili e distrutti gli concediamo una possibilità su cinque di farcela. Piuttosto, in un'economia sotto il comando del comunismo cinese, l'imminente dislocazione potrebbe essere leggendaria.

Ambrose-Evan Pritchard, lo stimato autore per The London Telegraph ha detto: "L'economia mondiale sta ancora pattinando su una sottile lastra di ghiaccio. L'ovest è saziato dal debito, l'est dai (troppi) stabilimenti. La crisi è stata (apparentemente) contenuta azzerando le tasse e creando una bufera fiscale, distruggendo così gli equilibri di sovranità. Ma il cuore del problema rimane. I paesi anglosassoni e i Club Med stanno stringendo la cinghia, tuttavia l'Asia non sta producendo abbastanza domanda (interna) per compensare. Sta producendo scorte."(fonte: "organic Chinese demand is barely beginning"[6]).

"Dal mio punto di vista i mercati continuano a negare la rovina strutturale dovuta alla bolla di credito. Ci sono altri due problemi da affrontare: la bolla di investimenti in Cina e lo scandalo delle banche in Europa. Temo che solo dopo potremo fare piazza pulita e ricominciare, molto lentamente, un nuovo ciclo."

Siamo d'accordo con il signor Pritchard, ma la Cina ha anche altre bolle speculative, nelle auto, nei beni immobiliari, nel mercato azionario, nell'immensa carenza di acqua e nell'inquinamento. Se queste dovessero scoppiare una per volta, potrebbe essere gestibile. Ma potremmo vederne scoppiare più di una alla volta. In questo caso, la Cina potrebbe smantellare l'intero sistema globale. Si faccia caso agli effetti della recente paura derivata dall'inadempienza di Dubai per 80 milioni di dollari.

L'istruzione, specialmente tra i college e le università, ha subito un duro colpo poiché gli studenti si domandano se spese dell'ordine di 40.000 fino a 80.000 dollari valgano la pena in queste condizioni economiche. I ragazzi appena laureati, con buoni voti, ma nessuna esperienza lavorativa, fanno più fatica a trovare lavoro.

Le persone con esperienza ottengono i pochi lavori rimasti, dato che i datori di lavoro hanno un ventaglio di scelte più ampio e possono essere molto esigenti. Inoltre, non hanno tempo né soldi per la formazione. Molti ragazzi ottengono istruzione tramite internet, fanno formazione lavorando e accettano ogni tipo di lavoro pur di avere una busta paga.

Gli insegnanti delle scuole pubbliche con più anni di esperienza che lavorano nell'istruzione primaria e secondaria [7] sono stati sfoltiti per assumere nuovi e più economici neolaureati. Gli insegnanti di lingue straniere, assieme a quelli di matematica e scienze sono ancora i preferiti. Ci si aspetta un aumento nell'istruzione domestica, dato che gli insegnanti licenziati lavorano a casa con i propri figli e accolgono altri ragazzi dietro pagamento.

Il sistema dell'istruzione pubblica è in serio pericolo. La gente non può più permettersela. Poiché il governo statunitense ha permesso anni fa che si accumulassero pile di carte burocratiche, almeno un terzo del budget rivolto alla scuola pubblica deve essere devoluto a lavoro stupido, costoso e politicamente corretto. È un'enorme perdita di cui soffrono studenti ed insegnanti.

Ci aspettiamo inoltre un aumento degli incidenti stradali, dovuti a lavori e riparazioni stradali procrastinati. I ponti possono cadere e le pavimentazioni danneggarsi, causando altri danni. Le comunità con le tasse più alte verranno abbandonate, soprattutto dagli adulti con figli già fuori casa. In questo modo New York ha perso circa 6 miliardi di dollari in tasse non riscosse.

Questa tendenza è ancora più veloce. Assistiamo a pensionati che vendono le proprie case perché non possono permettersi di pagare le tasse sui beni immobiliari. Si spostano verso stati con tasse più basse e comunità più piccole che offrono meno servizi. Gran parte dei servizi offerti dalle grandi città non sono necessari e i consumatori non sono in grado di pagarli. Immaginate la città di Detroit tremenamente desertica.

Bisogna occuparsi del commercio di oro e argento

I manager e gli operatori finanziari non sono sposati ai mercati e si muovono a seconda di dove si trovano idee che fruttano. I titolo di oro ed argento possono crescere e calare nel breve termine, ma poi decolleranno nelle controtendenze del 2010. I grandi investitori hanno scommesso sulle merci sicure, come oro, argento, grano, rame, platino e altri. Acquistano regolarmente a partire dal Labor Day [8] fino a Maggio, sopportano le flessioni e negoziano in media ogni 50 e 200 giorni. Con il dollaro in caduta, tali manager prevedono grossi guadagni in questi mercati. I futures [9] dell'oro erano scambiati a circa 1.200 dollari questa mattina (1 Dicembre). Prevediamo un lieve calo nel breve termine, seguito da un'altra ondata di acquisti.

Le politiche governative per lo più falliscono

Il programma liberale e innovatore studiato da Obama per trasferire ricchezza non funziona. La popolarità del presidente sta sprofondando insieme al suo programma. Il problema principale è l'incapacità del governo ad uscire dalla crisi dell'occupazione. Continuano a scavare, mentre mettono le basi per le idee sbagliate, creando confusione maggiore e più profonda. Questo aumenta l'attrattiva dei metalli preziosi e altri beni di questo tipo. La disoccupazione è il problema economico prioritario.

Il dollaro è la base di svariati mercati. A Dicembre il dollaro calerà ancora.


Lasciate perdere le linee oblique di confronto. Concentratevi sull'andamento del riquadro in basso.

Personalmente, vedo incredibili opportunità di commercio che non avremo per molti altri anni. Dobbiamo convertire i problemi in opportunità. Chi si trova dalla parte giusta dello scambio potrebbe diventare ricco. Quelli dall'altra parte sono solo vittime. State all'erta.


NOTE:

[1] sta per Standard & Poor's, società sussidiaria di McGraw-Hill che realizza ricerche finanziarie e analisi su titoli azionari e obbligazioni, nota anche per i suoi indici di mercato S&P.
[2] i mutui subprime sono quelli che vengono concessi a soggetti che non possono accedere a tassi di interesse di mercato, perché hanno una storie di problemi pregressi come debitori.
[3] nel testo originale "seller financing", una pratica che sfrutta la possibilità di coprire una parte o tutto il prezzo di vendita - generalmente di una casa -attraverso un pagamento rateale direttamente al venditore.
[4] con questo termine si intende la restituzione delle chiavi di casa da parte del proprietario a colui che ha emesso il prestito come forma di rinuncia alla proprietà.
[5] multinazionale americana, proprietaria dell'omonima catena di negozi.
[6] "l'esigenza naturale della Cina è appena iniziata".
[7] nel testo originale: K-12, ovvero da Kindergarten (scuola materna) al 12th grade (ultimo anno di scuola secondaria).
[8] festività statunitense che si celebra il primo lunedì di Settembre.
[9] contratti a termine standardizzati per poter essere negoziati facilmente in borsa.