O meglio, ognuno sta reagendo in ordine sparso senza alcuna bussola comune.
Qui di seguito una serie di articoli che lo dimostrano chiaramente.
Bersani:"Dobbiamo liberarci di Berlusconi. Tremonti? Bene ciò che serve a cambiare"
di Goffredo De Marchis - La Repubblica - 6 Agosto 2010
"A Casini, Vendola e Di Pietro chiedo di evitare veti". "La legge elettorale deve consentire al cittadino di scegliere gli eletti". L'Unione? È una formula vecchia". "Senza la nostra mozione su Caliendo non ci sarebbe stata l'astensione di Fini, Rutelli e dell'Udc"
"Non si tratta solo di mandare a casa un governo. Dobbiamo superare una fase lunga sedici anni, non due. Dobbiamo liberarci di Berlusconi. Per questo non vado troppo per il sottile e mi rivolgo a tutti. Se è vero che rischia la democrazia, se la posta in gioco è quella, ognuno si assuma le proprie responsabilità. Accorciamo le distanze tra i partiti che vogliono archiviare questa stagione ed evitiamo veti reciproci".Pier Luigi Bersani punta a rimettere al centro dell'opposizione il Partito democratico. "Ora, amichevolmente, sono io a fare qualche domanda a Casini, Vendola, Di Pietro". E a qualche "ribelle" del Pd. Insiste su un governo di transizione e spiega perché. Continua a non escludere nessuna strada anche un esecutivo a guida Tremonti: "Tutto quello che va nella direzione del cambiamento è benvenuto".
L'appello a tutti sembra la chiamata a un Cln antiberlusconiano.
"L'idea del Cln l'ha tirata fuori Casini qualche tempo fa, mica io. Dico una cosa diversa. Se il terreno dello scontro nei prossimi mesi è quello del rapporto tra politica e legalità la proposta del Pd non può che essere molto larga, cioè rivolgersi a tutte le forze di opposizione. Poi ne misureremo la praticabilità, ma questo è il primo passo, il più sensato.
Adesso siamo noi a chiedere agli altri di fare una scelta chiara. Il leader dell'Udc vuole fare il terzo polo o il secondo che può diventare il primo? Cos'è precisamente la sua area di responsabilità nazionale? Di Pietro vuole cavalcare tutte le tigri capaci di dividere irrimediabilmente l'opposizione o dare una mano a far cadere Berlusconi?
La narrazione di Vendola prende la forma di una compiuta responsabilità di governo? Sono loro a doverci delle risposte. E quando sento dire che il Pd è fuori dai giochi mi torna in mente la vecchia freddura consolatoria degli inglesi: tempesta sulla Manica, Europa isolata".
Eppure qualcuno osserva che il Pd non ha una linea chiara.
"Io vedo che oggi Berlusconi e Bossi fanno la voce grossa, ma sono totalmente nel pallone. Come sono arrivati a questo punto? Grazie all'iniziativa incalzante del Pd e dell'opposizione. Per essere chiari: senza la nostra mozione su Caliendo non ci sarebbe stata l'astensione di Fini, Casini e Rutelli. Non ci sarebbe stato, cioè, il trauma del governo che perde la maggioranza. E' un punto a nostro favore che va rivendicato.
Per di più lo abbiamo segnato sul tema clou della disarticolazione del Pdl: la legalità. I commentatori che parlano dell'assenza del Pd dovrebbero sapere che il mestiere della minoranza, nell'era berlusconiana del conformismo e del controllo dell'informazione, è più difficile. Nonostante questo ci stiamo infilando nelle loro crepe e prepariamo l'alternativa con il nostro progetto per l'Italia".
Corteggiando la Lega per un governo-ponte? Non è contraddittorio oltre che una perdita di tempo?
"Non stiamo corteggiando nessuno. Anzi, sfidiamo sia la Lega sia Berlusconi. Da Cosentino a Brancher passando per Caliendo e le leggi ad personam vogliamo capire come fa Bossi a gridare ancora Roma ladrona e a salvare sempre i ladroni di Roma. Quanto a Berlusconi chi crede di spaventare minacciando le elezioni? Il voto anticipato certificherebbe il suo fallimento".
Quindi voi invocate il governo di transizione per stanare Berlusconi, non perché avete paura del voto anticipato.
"In questa situazione, con la barca che fa acqua, non si può andare a un immediato scontro elettorale. Bisogna affrontare i temi sociali, cambiare una legge elettorale deleteria, bonificare le norme che favoriscono la corruzione.
Non è un ribaltone, è una fase che consente al Paese di scegliere alternative che non siano nel vecchio film. è il nostro modo per predisporre il sistema alle elezioni. Ma non temiamo affatto il voto. Se ci si arriva però dev'essere chiaro che è Berlusconi a far precipitare tutto. Per problemi suoi, solo suoi. Io non divido con lui questa responsabilità".
Questa benedetta modifica della legge elettorale, senza una definizione, sembra una scusa.
"Il Pd ha approvato un documento molto chiaro. Prima di tutto l'elettore va messo in condizione di scegliersi il parlamentare e di farlo su base territoriale, cioè coi collegi. Poi vogliamo una legge che sia ispirata alla logica bipolare ma con una maggiore flessibilità".
Le coalizioni si decidono prima o dopo il voto?
"I cittadini devono sapere a quale maggioranza affidano il proprio consenso".
Con la legge elettorale volete anche cambiare il quadro delle alleanze del Pd? O rischiate di fare l'Unione-bis?
"L'Unione è una formula vecchia, non più praticabile se non altro perché noi vogliamo offrire al Paese una proposta diversa. Ma non ragiono in vitro. Per il momento mi rivolgo a tutti e chiedo di evitare veti. Chi li mette se ne assume la responsabilità".
Il terzo polo è più un concorrente o un alleato?
"Il terzo polo è qualcosa in divenire. Considero il voto dell'altro ieri un evoluzione importante verso la fine del berlusconismo. Ma per gli italiani quello bipolare è un sistema ormai assodato".
Come si fa indicare Tremonti premier per il governo-ponte dopo aver definito la sua manovra la più iniqua nella storia repubblicana?
"Si fa per principio perché un partito ha il dovere di esprimere inclusioni ed esclusioni nello studio del capo dello Stato. Ma quando si parla di superamento di una fase, è ovvio che più novità ci sono meglio è".
La strada maestra per sconfiggere politicamente Berlusconi non sono le elezioni?
"Certo che sono le elezioni ma c'è modo e modo di arrivarci. Berlusconi se le vuole subito sarà costretto a sceglierne il terreno e il significato. E lo aspetto lì. Fosse il processo breve ne vedremo delle belle".
Cacciari le propone di andare da Casini per offrirgli l'alleanza e la candidatura a premier.
"Mi sembra una pensata tattica. Nel nostro sistema non ci sono più i partiti che distribuiscono le candidature. Abbiamo meccanismi partecipativi. ".
Vuol dire che le primarie ci saranno sicuramente?
"Nello statuto sono previste le primarie di coalizione. Siamo affezionati a questo strumento, anche se non possiamo dettare il compito agli altri".
Democratici tra alleanze, voto o transizione. Nella blogosfera Pd più timori che speranze
di Carmine Saviano - La Repubblica - 6 Agosto 2010
Disorientati. Così si sentono gli elettori del Pd alle prese con un mutamento dello scenario politico difficilmente immaginabile solo poche settimane fa. Come in un gioco di specchi, le scosse di assestamento del terremoto in casa Pdl si avvertono anche nel maggior partito d'opposizione. Basta aggirarsi qualche ora tra i forum e i blog dell'area democratica.
Discussioni nelle quali in molti sposano la linea Bersani: governo di transizione per far fronte alla crisi economica e per realizzare la riforma elettorale. Ma dove na non mancano i distinguo e le insoddisfazioni. La dialettica interna tra i democratici cresce di ora in ora. Governo di transizione o subito al voto? E le alleanze future: con Di Pietro e Vendola? Con Fini e Casini? O da soli?
Modello Bersani. Pierluigi Bersani lo dice chiaro e tondo. La crisi della maggioranza va affrontata "accorciando le distanze tra le forze dell'opposizione". Il messaggio, lasciato sulla pagina ufficiale di Facebook del segretario del Pd, riceve molti commenti. C'è chi scrive: "Serve una grande e forte coalizione di centrosinistra", che tenga dentro "anche Di Pietro".
Poi suggerimenti per ampliare il grado di partecipazione degli elettori democratici. Il modello è quello di Grillo. "Aprite un blog dove ogni cittadino che lo desidera possa dire la propria". Il richiamo a Vendola emerge spesso: "Il governatore della Puglia serve proprio per accorciare le distanze".
Mai con la Lega. Stesso copione nei forum sulla pagina ufficiale del Pd. Il confronto tra el ipotesi in campo è aperto. "Bisogna rinunciare a Tremonti e alla Lega. Al voto dobbiamo andare insieme all'Italia dei valori"; oppure: "E' necessario un po' di coraggio. Il Pd deve andare in direzione di un governo istituzionale, guidato da un tecnico, che sappia traghettare il Paese in questa fase delicata".
E non manca chi resta folgorato dall'operazione politica di Gianfranco Fini: "Mi sto rendendo conto che l'unica alternativa a Berlusconi non è la sinistra, ma l'asse Fini-Casini". Amara constatazione di un rischio marginalità che a sinistra si comincia ad avvertire.
Il fattore Vendola. Nelle ultime ore, fa molto discutere un articolo del Pais, che dopo una dura analisi della situazione politica italiana, indica in Nichi Vendola il solo uomo in grado di battere Berlusconi. Un articolo che nella blogosfera democratica riprendono in molti, convinti che l'unica soluzione sia una streatta alleanza con il leader di Sinistra e Liberta. Tanti gruppi. Da "Nel Pd con Nichi Vendola", fino a "Vendola segretario del Partito Democratico".
Il peccato capitale del Pd. Pippo Civati, in un post pubblicato pochi giorni fa sul suo blog: "Da qualche giorno ragiono sul significato di alternativa, così come ce l'ha proposto Bersani qualche mese fa. E mi pare che l'alternativa sia sempre meno netta e comprensibile. E che la politica si riduca ogni giorno di più a un gioco di palazzo, nel quale nessuno degli attori vuole essere disturbato".
E poi, sul futuro del partito: "Questo è un peccato capitale. E tanti mi scrivono, mi chiamano, mi messaggiano per dirmi che per loro questa è la fine del Pd. Che nasceva come partito degli elettori, della nuova politica, della novità culturale, dell'alternativa".
Un nuovo gruppo dirigente. Nel dibattito sulla strategia del Pd interviene anche Ignazio Marino. Che vede come una sconfitta la "rincorsa a Fini". Marino: "serve un governo tecnico per cambiare la legge elettorale e tornare ad un parlamento di persone scelte dai cittadini e non nominate dai partiti. Poi al voto, senza paura né tatticismi di palazzo". Poi un invito ai parlamentari del PD: "Facciamo meno passeggiate in Transatlantico e più maratone nel Paese".
Infine la proposta: un nuovo gruppo dirigente in grado di affrontare le elezioni: "Attiviamoci perché non si sia costretti ad inseguire Fini e il suo protagonismo, ormai di opposizione: l'opposizione siamo noi e meglio la facciamo, più coraggio e forza avremo per andare al voto. Però al voto dobbiamo preparaci, presentando un rinnovato gruppo dirigente".
La libertà dei servi
di Marco Travaglio - www.ilfattoquotidiano.it - 4 Agosto 2010
C’ è vita nel Pd ora che il Pdl scoppia? Nemmeno i rilevatori più sensibili, quelli in grado di captare il battito d’ali delle farfalle, riescono a cogliervi minime tracce di attività vitale. Anzi, più si sentono parlare i cosiddetti leader di quella che dovrebbe essere l’alternativa al regime che frana, più si capisce che non hanno nulla da dire.
Quando sono proprio al massimo dell’attività cerebrale non riescono ad architettare che governicchi tecnici, istituzionali, balneari, ammucchiatine ribaltoniste buone solo a evitare ciò che più di ogni altra cosa li terrorizza: le elezioni, anzi gli elettori.
Abituati a far politica a tavolino, a prescindere dalla gente, non riescono nemmeno a immaginare qualcosa di decente che convinca gli italiani a votarli. Soggiogati dall’incantesimo berlusconiano, non trovano parole che non siano già state confiscate da B. o che non provengano dal Jurassic Park della Prima Repubblica.
Basta leggere l’intervista a Repubblica di quello che dovrebbe essere l’homo novus del Pd, Sergio Chiamparino, che ha 62 anni e s’iscrisse al Pci nel 1970. Il tenero virgulto ha un’idea davvero fulminante: “Ci vuole un congresso per dettare la nostra agenda”.
Roba arrapante: già immaginiamo milioni di elettori elettrizzati che si accalcano alle porte transennate del congresso, ansiosi di visionare “la nostra agenda”. Nazareno Gabrielli? O Buffetti? O Vagnino? Pelle o similpelle? Saranno previste agendine tascabili per i minori? E non è finita: “Si individuino – intima il virgulto – quattro problemi per avanzare proposte alternative forti”.
Anzi tre: “Il federalismo; le relazioni tra imprese e sindacati; il fisco”. La prima parola d’ordine è già occupata da Bossi, la terza da B. e sulla seconda è meglio stendere un velo pietoso, visto che i Chiamparini fino al mese scorso erano innamorati persi di Marchionne, poi hanno scoperto chi è. L’idea di parlare di legalità non li sfiora neppure, anche perché metterebbe in fuga metà del partito, infatti quella bandiera se l’è fregata Fini.
Per capire qualcosa in questo manicomio organizzato è utile il saggio di Maurizio Viroli, La libertà dei servi: descrive il “sistema della corte” in cui lo strapotere del despota assorbe tutto e tutti quelli che vogliono contare qualcosa, tanto gli alleati e i servi quanto i presunti oppositori che finiscono col confinarsi nel recinto cortigiano, parlando solo di quel che vuole Lui e usando solo le sue parole.
Bisogna eleggere i membri laici del Csm? Non sia mai che si esca dal recinto: Lui ci manda i suoi avvocati, Bossi ci manda il suo avvocato, dunque il Pd ci manda l’avvocato di D’Alema.
C’è da eleggere il vicepresidente del Csm? Si prende un bel democristiano che è stato sottosegretario di B, convive da una vita coi Cuffaro e i Cesa, ha salvato B. depenalizzandogli il falso in bilancio, escogitandogli il legittimo impedimento, votando tutte le leggi vergogna nessuna esclusa, e ora dice “basta conflitti fra politica e magistratura”. È una scempiaggine senza capo né coda, lo sanno tutti che i “conflitti” sono processi doverosamente istruiti dalla magistratura su politici ladri e mafiosi.
Ma chi li chiama “processi” e non “conflitti” esce dal recinto della corte, non sia mai. C’è pure il rischio di innervosire il Pompiere della Sera e il capo dello Stato, così giulivi per l’elezione quasi unanime dell’ennesimo impresentabile in una istituzione di controllo (nell’italica corte, ogni robaccia che puzza lontano un miglio diventa Chanel numero 5 purché sia “condivisa”).
Intanto il capo dello Stato, stando ai boatos, blocca la nomina di Paolo Romani a ministro dello Sviluppo economico perché sarebbe in conflitto d’interessi per la sua precedente attività di editore televisivo. Oh bella: e perché non ci ha pensato due anni fa, quando Romani divenne sottosegretario delle Comunicazioni?
E perché un piccolo conflitto d’interessi dovrebbe impedire a Romani di fare il ministro e uno smisurato conflitto d’interessi non dovrebbe impedire a B. di fare il presidente del Consiglio? Semplice: perché, a corte, Lui è lui e noi non siamo un cazzo.
Appello a Vendola e Di Pietro
di Paolo Flores D'Arcais - www.ilfattoquotidiano.it - 5 Agosto 2010
Cari Antonio Di Pietro e Nichi Vendola, in caso di sfiducia parlamentare al governo Berlusconi la vostra proposta è chiarissima e convincente: subito elezioni democratiche. Dove l’avverbio “subito” è importante, ma davvero decisivo è l’aggettivo: elezioni DEMOCRATICHE.
C’è dunque una domanda a cui non potete (non possiamo) sfuggire: nella situazione attuale, e con un governo Berlusconi dimissionario ma in carica per “l’ordinaria amministrazione” (questo significa elezioni subito), le elezioni sarebbero democratiche?
Io credo di no. Non sono democratiche elezioni in cui uno solo dei contendenti controlla totalitariamente la risorsa elettorale decisiva, la comunicazione (e l’informazione).
Non sono democratiche elezioni in cui, in sinergia con la prima e già decisiva “anomalia”, chi ottiene la minoranza dei voti può avere in Parlamento una maggioranza schiacciante (e oltretutto nomina direttamente i “suoi” deputati e senatori). Lo pensate anche voi, o siete invece convinti che le elezioni sotto totalitarismo televisivo e con la legge elettorale “porcata” sarebbero comunque democratiche?
Non rinunciare a battersi
Perciò, se volete (vogliamo) elezioni DEMOCRATICHE, anziché smaccatamente truccate, dobbiamo prima volere, e ottenere, le CONDIZIONI perché le elezioni non siano una truffa.
Primo: la restituzione al pluralismo dell’etere televisivo, bene pubblico per antonomasia – proprio come l’aria che si respira.
Che al pubblico pluralismo è stato invece espropriato da Berlusconi, grazie a quella “cricca” ante-litteram che fu il suo sodalizio con Craxi. Secondo: una legge elettorale – sia essa maggioritaria o proporzionale – che eviti le mostruosità dall’attuale “porcata”.
Io aggiungerei anche una legge sul conflitto di interessi, che in effetti esiste già dal 1957 ma è stata interpretata alla azzeccagarbugli e andrebbe quindi rinnovata in modo da essere inaggirabile, e l’abrogazione di tutte le leggi “ad personam”. Questi due ultimi provvedimenti sono certamente importanti per una democrazia degna del nome, ma i primi due sono assolutamente imprescindibili.
Sia chiaro: qualora non si riuscissero a ottenere nemmeno le due condizioni minime che ho appena elencato, credo che si dovrebbe comunque partecipare al voto, anche in condizioni di democrazia amputata (gravemente amputata, direi).
In condizioni peggiori delle nostre, l’opposizione cilena discusse se partecipare al referendum voluto dal regime di Pinochet o boicottarlo, e per fortuna decise per la partecipazione, e per lo sconfitto Pinochet fu l’inizio della fine.
Ma ciò non toglie che le forze democratiche non possano rinunciare a battersi con tutte le loro forze perché le elezioni si svolgano in condizioni effettivamente democratiche. Una tale rinuncia aprioristica sarebbe davvero paradossale, anzi gravemente colpevole, quanto e più di un inciucio, perché fornirebbe avallo a una situazione peggiore rispetto al peggior risultato che un inciucio potrebbe ottenere. Inciucio, perché non ci siano equivoci, che comunque non andrebbe accettato.
Ma a maggior ragione, allora, non si può regalare al regime, senza lotta, addirittura di più: elezioni non democratiche sotto un governo Berlusconi in carica per “l’ordinaria amministrazione”.
Né può valere l’obiezione che il ripristino delle condizioni democratiche minime non è obiettivo facile da raggiungere. È difficile, forse difficilissimo. Ma un’opposizione democratica che rinuncia alla lotta ha già rinunciato ad esistere. E difficilmente risorgerà improvvisamente e per miracolo nei giorni delle urne.
Guardare anche al male minore
Neppure può valere l’altra obiezione, che il quadro che avrei delineato è erroneamente drammatico, perché in fondo in queste condizioni abbiamo già votato, addirittura di recente, due anni fa.
L’abisso che esiste tra democrazia autentica e totalitarismo compiuto è percorso da infiniti passaggi intermedi, dei quali i democratici più tiepidi e/o più irresponsabili invitano in genere a fidarsi come di “mali minori” che dall’abisso ci salverebbero, mentre invece ce lo avvicinano. L’ultima volta che abbiamo votato la caratura delle condizioni democratiche era già critica, per via della “porcata” e del duopolio Mediaset e Rai lottizzata.
Ma lo schifo della lottizzazione è stato superato con gli stivali delle sette leghe dall’accelerazione totalitaria dei mass media ora tutti in mano berlusconiana: minzolinizzazione dell’informazione e uso intimidatorio-terroristico di “inchieste” tipo gli “inquietanti” calzini turchese di un magistrato che fa il suo dovere. Credo sarebbe folle sottovalutare la nuova soglia – varcata da Berlusconi con i suoi ultimi diktat televisivi – verso il totalitarismo descritto nei romanzi di Orwell.
Perciò, cari Antonio Di Pietro e Nichi Vendola, se vogliamo elezioni democratiche dobbiamo volere un nuovo governo, anziché il governo Berlusconi in “ordinaria amministrazione”. Il dilemma non è tra elezioni o governo provvisorio ma tra elezioni democratiche ed elezioni non democratiche. Ovvio che tali, cioè non democratiche, potrebbero restare anche con un nuovo governo.
E con ciò arriviamo al grande equivoco: tutti parlano di governo di transizione o governo tecnico, ma ciascuno intende una cosa diversa, in genere ritagliata sui propri interessi “di bottega”, e oltretutto lasciata nel vago, per tenersi le mani libere rispetto ad ogni possibile “inguacchio”: da un governo col Pdl a presidenza Tremonti ad un governo ad egemonia “centrista”.
Condizioni minime di democrazia
Ecco perché, cari Di Pietro e Vendola, credo che dovreste (dovremmo) partire dai contenuti: se deve ripristinare condizioni minime di democrazia, un governo “provvisorio” deve togliere a Berlusconi il maltolto (monopolio televisivo) e dar vita a una nuova legge elettorale.
È davvero bizzarro che la prima condizione non venga evocata da nessuno. Ma senza restituire l’etere televisivo al pluralismo non si vede che senso avrebbe un governo diverso dal governo Berlusconi!
Sempre elezioni truccate resterebbero, anche con una migliore legge elettorale. In secondo luogo dovreste (dovremmo) accordarci su quale legge elettorale. Maggioritaria o ritorno al proporzionale?
Personalmente credo che l’uninominale a due turni, sul modello dell’elezione dei sindaci, sarebbe da preferire: senza quote nazionali residue, e con la possibilità di incorporare al primo turno delle primarie vincolanti (risparmio qui le “tecnicalità” che ho analizzato diffusamente alcuni anni fa). Ma comunque, una gerarchia di preferenze dovreste (dovremmo) averla, altrimenti l’alternativa alla “porcata” rimane una chiacchiera.
Quale governo?
Infine (ma non per importanza): che tipo di governo? Con quali nomi? Un governo di “lealtà costituzionale” CONTRO Berlusconi, senza parlamentari, sembra il più “utopistico”, eppure è l’unico che potrebbe neutralizzare gli infiniti e frammentati “appetiti” che impedirebbero la nascita di un governo a lottizzazione tradizionale. E per presiederlo non mancano certo le figure istituzionali, da un governatore di Bankitalia a un ex presidente di Corte costituzionale.
Naturalmente una proposta di questo genere è una proposta di lotta, non di immediata trattativa con le altre forze politiche. Ma lo si può considerare un difetto? Vuol dire semplicemente che è l’opposto di ogni possibile inciucio, e questo a me continua a sembrare un pregio.
Una proposta di lotta non è inevitabilmente velleitaria o utopistica.
Proviamo a pensare a una grande manifestazione nazionale per fine settembre che chieda “elezioni democratiche! fuori Berlusconi, governo di pluralismo televisivo, nuova legge elettorale”. Siete (siamo) davvero sicuri che non potremmo ripetere quanto avvenuto a san Giovanni nel settembre del 2002 e nel novembre del 2009, cioè un milione di persone in piazza?
E questo non potrebbe influire su un Parlamento dove non pochi per opportunismo vorrebbero evitare elezioni immediate? E se poi la “soluzione” della crisi sarà diversa da quella per cui la società civile democratica si sarà battuta, non si arriverà comunque al momento del voto (e delle precedenti primarie) con un patrimonio di lotte e di credibilità maggiore?
Mentre limitarsi a dire “elezioni” (evidentemente senza aggettivi), mentre tutte le altre forze politiche manipolano l’opinione pubblica con le ambiguità di un “governo tecnico”, a me sembra comporti assenza e sudditanza, che pagheremmo pesantemente il giorno che comunque si voterà.
Lo spettro della sconfitta
E anzi pagheremo almeno per una generazione. Perché a me sembra che con incredibile cecità si eviti di vedere cosa accadrebbe se Berlusconi vincesse di nuovo le elezioni: non solo ladri e mafiosi al governo e agli affari, Minzolini all’informazione, mignotte di regime ovunque.
Ma Berlusconi presidente della Repubblica tra meno di tre anni, e tra nomine presidenziali e di maggioranza parlamentare ben più dei due giudici di Corte costituzionale che bastano ormai a Berlusconi per controllarla. Con il che non saremmo solo alla dittatura a vita di B, saremmo a un regime che strutturalmente gli sopravviverebbe a lungo.
È questo che vogliamo? E di fronte a questo, possono le forze di opposizione continuare a trastullarsi con i piccoli successi elettorali che ciascuna potrebbe lucrare rispetto all’altra, quando questo accadrebbe nell’orizzonte di una democrazia resa un deserto?
Proviamo almeno a discuterne. Subito e soprattutto seriamente.
Di Pietro: Il Pd non ci sta. Meglio le urne"
da www.ilfattoquotidiano.it - 6 Agosto 2010
Antonio Di Pietro risponde all'appello di Paolo Flores D'Arcais per un governo di salute pubblica: giusto dire che bisogna intervenire su legge elettorale e conflitto d'interessi, ma non ci sono i numeri
Caro Flores, rispondo all’appello che hai rivolto a me e a Vendola. Tu condividi con noi la necessità di andare al più presto alle urne per mandare a casa Berlusconi e il suo governo. Giustamente, però, fai notare che se non si realizzano prima “due condizioni minime” (parole tue), ovvero “modificare l’attuale legge elettorale “porcata” e togliere a Berlusconi il controllo totalitario dell’informazione”, sarà molto difficile, se non impossibile, poi, vincere le elezioni.
Tu stesso, inoltre, fai notare che, fino a quando Berlusconi sarà al governo e avrà una maggioranza che lo sorreggerà, è inimmaginabile che il Parlamento possa emanare una nuova legge elettorale e una regolamentazione più democratica e plurale dell’informazione pubblica e privata.
L’utopia e la lotta
Tu stesso, quindi, per sfuggire a questa ferrea morsa, proponi l’avvento di un “governo provvisorio” o “governo di lealtà istituzionale” (come lo chiami tu) composto da personalità non della politica (e quindi non parlamentari e non appartenenti a partiti) che si sostituisca all’attuale governo berlusconiano ed emani leggi che soddisfino le suddette due “condizioni minime” per andare alle elezioni.
Tu stesso, infine, ti sei accorto che la proposta da te avanzata è a tal punto “utopistica” (ancora parole tue) da ritenere che l’unica strada praticabile ora sia, in realtà, “una proposta di lotta” (sei sempre tu a parlare), ovvero “una grande manifestazione nazionale per fine settembre che chieda elezioni democratiche, fuori Berlusconi, governo di pluralismo televisivo, nuova legge elettorale”. Insomma, un’altra manifestazione come quella del 2002 a Piazza Navona con Nanni Moretti o quella del 2009 per il “No B. day”. Tutto qui? Mi verrebbe da dire.
Sia chiaro, sono d’accordissimo con te: sia per quanto riguarda l’analisi che la proposta. Sono a tal punto d’accordo con te che mi impegno qui per iscritto, nero su bianco, ad essere anch’io, e tutti noi dell’Italia dei Valori, della partita, pronti a mobilitare tutte le nostre strutture organizzative (e i due milioni ed oltre di firme raccolte per i tre referendum – acqua, nucleare e legittimo impedimento – stanno lì a dimostrare la forza della nostra organizzazione).
Siamo pronti a tappezzare il Paese con manifesti per denunciare le nefandezze berlusconiane (cosa che, peraltro, stiamo già facendo).
Siamo pronti a investire ulteriormente nella comunicazione in Rete (da settembre partirà una Web Tv dell’Italia dei Valori). Siamo pronti a girare (lo sono anche io personalmente e col megafono in mano), per tutte le piazze e i mercati d’Italia per “chiamare alle armi” il popolo democratico per una nuova grande manifestazione.
Sogno e realtà
Detto questo, però – e con il rinnovato impegno a farlo per davvero – scendiamo entrambi dalle nuvole e rimettiamo i piedi per terra:
1. Non esiste, e non potrà mai esistere, una maggioranza parlamentare che in questa legislatura abbia il coraggio di smarcarsi da Berlusconi per varare le due “condizioni minime” di cui tu parli;
2. Non esiste, e non esisterà mai, una maggioranza parlamentare disposta a dare la fiducia ad un governo di “lealtà istituzionale” formato da altissime personalità tecniche non provenienti dalla politica. Piaccia o non piaccia è così e non sarà certo una manifestazione pubblica in più a far cambiare idea ai mestieranti della politica che infestano il Parlamento.
3. Non esiste, e non può esistere, la possibilità che si realizzi un’inedita coalizione politica elettorale che veda insieme la destra di Fini e la sinistra del Partito democratico. Gli elettori di entrambi gli schieramenti li manderebbero a quel paese. La storia è storia e non si può scherzare con formule e formulette, calpestando i ricordi e le sofferenze;
4. Non esiste, e non può esistere, che l’attuale classe dirigente del Partito democratico si unisca a noi dell’Italia dei Valori, o alla Sinistra e Libertà di Vendola, per fare squadra insieme. Lo ha ripetuto Letta l’altro ieri e lo ha ribadito D’Alema ieri. I maggiorenti del Pd vedono me e Vendola come fumo negli occhi e, se potessero, ci farebbero fuori prima e peggio di Berlusconi. Il Pd sta lavorando per costruire una nuova coalizione con l’Udc e con la resuscitata “balena bianca”, e ha già risposto picche alla mia proposta di costruire con l’IdV la coalizione del centrosinistra.
A Vendola faranno di peggio: renderanno un inferno la sua attività di governatore della Puglia, anche se, ovviamente, negheranno e smentiranno sdegnati. Senza contare quel che hanno fatto e faranno a Luigi De Magistris che non considerano della famiglia del centrosinistra solo perché ha fatto il suo dovere fino in fondo.
Così stando le cose, non ci resta altro da fare che rimboccarci le maniche e intanto partire da soli nella costruzione di un’inedita coalizione.
Oggi va bene anche una nuova manifestazione di piazza, ma per domani dobbiamo unire “le forze dei non allineati”, quelle della società civile, della Rete, magari anche dei “grillini”, soprattutto dobbiamo parlare al “popolo” – sia della sinistra che della destra – per far capire che la loro classe dirigente li sta tradendo e li sta usando. Dobbiamo far sapere che Fini e i finiani non sono credibili perché hanno rotto con Berlusconi in nome della legalità e poi si sono alleati con Cuffaro e Lombardo e non hanno votato la sfiducia a Caliendo.
Dobbiamo far sapere che i maggiorenti del Pd, pur di non aver tra i piedi me o Vendola, si stanno “accasando” con Casini, Cuffaro, Lombardo e una miriade di altri personaggi impresentabili per la loro storia personale e politica. Dobbiamo parlare anche al popolo del Nord per denunciare la grande truffa mediatica dei dirigenti della Lega che i fine settimana fanno i gradassi a Pontida e durante la settimana, a Roma, si spartiscono le poltrone e le prebende come e peggio della Prima Repubblica.
Le regole e il gioco
Insomma e in conclusione: è inutile cercare di cambiare da dentro le regole del gioco (legge elettorale, conflitto di interessi o pluralità dell’informazione). Non lo faranno e non ce lo faranno fare.
Meglio attrezzarci da subito con una “coalizione alternativa” di nuovo conio per essere pronti ad affrontare le elezioni quando ci saranno, anche a costo di andarci con le attuali “regole capestro”, piuttosto che sognare coalizioni di “lealtà costituzionale”, come utopisticamente e genuinamente le hai chiamate tu, o di “responsabilità nazionale”, come furbescamente le ha definite Casini con il chiaro scopo di andare lui al governo al posto di Berlusconi, cosa che molti del Pd sembrano già disposti a barattare, come hanno fatto per Vietti al Csm. Per intenderci, caro Paolo, questa coalizione è già nei fatti.
E del Pd che ne facciamo, dirai tu. Non tutto è perduto. I maggiorenti del Pd conoscono solo la legge del più forte e noi dobbiamo sfidarli proprio su questo campo. Lavoriamo da subito alla costruzione di questa “coalizione alternativa” e vedrai che la “paura” di essere affiancati e superati da forze più fresche e più risolute li porterà a più miti consigli.
Anche loro sanno, come tutti noi dobbiamo sapere e avere ben presente, che è prioritario, per il bene del Paese, liberarci del clan piduista che fa capo a Silvio Berlusconi. Quindi dobbiamo tutti rassegnarci a convivere tra noi per arrivare all’obiettivo. Alla fine, arriveranno, speriamo non a tempo scaduto, anche i pachidermi del Pd.
Elezioni sì, ma democratiche
di Luigi De Magistris - www.ilfattoquotidiano.it - 5 Agosto 2010
L’appello che Flores d’Arcais ha rivolto a Vendola e Di Pietro dalle colonne de il Fatto non può che essere condiviso dalle forze democratiche responsabili. Una condivisione che deve tradursi in pratica senza titubanze e che deve vedere protagonisti non solo i due leader di IdV e SeL, ma l’intero arco politico del centrosinistra e l’intero universo dei movimenti.
Le elezioni anticipate sarebbero la strada auspicabile di fronte ad un esecutivo agonizzante a causa della questione morale-giudiziaria, ma anche sconquassato da una faida interna per la leadership e (almeno ufficialmente) per la diversità di valori rivendicata dagli epurati di Fini.
Eppure proprio il ricorso alle urne, in via teorica il più giusto, rischia di trasformarsi in un appuntamento svuotato di democraticità. La strada della parola riconsegnata ai cittadini è la migliore se non vivessimo i mala tempora che pure currunt.
L’attuale legge elettorale e la depotenziata e mai attuata legge sul conflitto di interessi finirebbero, infatti, per garantire al sire di Arcore, in occasione delle elezioni, una nuova volata verso Palazzo Chigi.
Per questo più intelligente e opportuno è impegnarsi a realizzare un governo a tempo, di fedeltà costituzionale, che attui la riforma della legge elettorale per restituire il diritto di scegliere i propri rappresentanti parlamentari ai cittadini, attualmente espropriati di questo stesso diritto conferito alle segreterie dei partiti da una norma liberticida.
Così come altrettanto urgente è garantire un sistema di informazione realmente pluralista, anche e soprattutto in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, che vedranno i media ancora una volta esposti al tentativo di ‘occupazione’ del premier.
Senza soddisfare queste due condizioni, come ricorda giustamente d’Arcais, rischiamo di condurre il Paese nel pantano di elezioni immediate ma non pienamente democratiche, che danneggerebbero la societa’ e la tenuta democratica, col solo effetto di arrecare vantaggio a Berlusconi e alla sua coalizione piduista-razzista.
L’IdV e Sel, le forze del centrosinistra tutte, insieme ai movimenti e alla società civile, devono quindi impegnarsi in questa battaglia, difficile da vincere ma che proprio per questo va combattuta per trovare un’alternativa al berlusconismo.
I numeri ci sono avversi in Parlamento, la convinzione è forse non troppo radicata tra le tante anime che ci sono alleate, ma abbiamo il dovere di tentare comunque.
In questa battaglia il contributo del Pd sara’ prezioso e accettato con soddisfazione, a patto che il Pd rinunci alle tentazioni inciucistiche da Prima Repubblica che lo attraversano e che sono presenti, soprattutto, in quella parte di dirigenza piuttosto consistente che si ostina ad una paludata rincorsa verso terzi poli o governi di transizione.
Governi, per altro, dalla guida improbabile, perché gia’ logorata nel momento in cui si pensa di affidarla a personaggi che hanno contribuito all’attuale esecutivo, strozzato da una questione morale divenuta giudiziaria, macchiato da una politica economica classista, determinato da una legislazione volta a garantire provvedimenti ad personas piuttosto che l’interesse del Paese, il quale è stato saccheggiato dei beni comuni e privato di welfare e diritti (acqua, istruzione, lavoro, assistenza sanitaria etc). Se poi si riuscisse a fare carta straccia di tutto questo, con un governo di fedeltà costituzionale che azzeri le vergogne berlusconiane, allora sarebbe un’ulteriore vittoria.
Nuova legge elettorale (senza trucchi però da parte di alleati e amici che decidono di imbarcarsi nell’impresa, quindi una legge che sia democratica e pluralista) e norme a garanzia del pluralismo mediatico sono comunque le priorità da conquistare per lo svolgimento di elezioni veramente democratiche e sono l’obiettivo che un esecutivo a tempo è chiamato a centrare oggi, nel solco del rispetto e della difesa della Costituzione.
Grillo si presenterà alle politiche. O sarà Casaleggio? Marketing, politica e Rete
di Pietro Orsatti - www.gliitaliani.it - 3 Agosto 2010
Non avevamo dubbi. Non ne abbiamo avuti neanche per un istante. Beppe Grillo ha deciso di far scendere in campo il Movimento 5 Stelle per le prossime politiche, che si voti ora o che le politiche si tengano a fine mandato nel 2013.
È evidente che Grillo vuole fare politica “direttamente”, dismettendo in qualche modo il costume di scena da Savonarola ligure e mandando i suoi fan a conquistare spazi e voti e seggi. Ne ha tutti i diritti, ovviamente.
Andiamo a vedere cosa ha dichiarato sul suo blog. “E’ fuor di dubbio che si stia andando a rotta di collo verso il precipizio ci rimane da sapere quante ossa ci spaccheremo quando arriveremo al suolo”, sostiene Grillo, che alle elezioni anticipate preferisce l’ipotesi di un governo tecnico. “Andare ora alle elezioni è pura follia – sostiene – che porterebbe fieno a qualche partito minore e precipiterebbe l’Italia nel caos”.
L’unica soluzione sarebbe quindi “un governo tecnico per mettere sotto controllo il debito pubblico – continua – per ridare la scelta del candidato agli elettori, per eliminare i rimborsi elettorali e fare una legge sul conflitto di interessi”. Semplice, secondo Grillo, “se non avessimo un Parlamento di irresponsabili, di leccapiedi e di arrivisti”.
E poi, ancora. Il comico genovese parla di “telenovela estiva” alimentata da “raggruppamenti nuovi e vecchi” e da “interviste a ectoplasmi e a cadaveri estratti dai sarcofaghi”. Non manca, nell’intervento di Grillo, una frecciata al presidente della Camera: “L’economia in autunno darà la scossa al Sistema – sostiene il comico – non certo il sodale Fini che ha sostenuto per quindici anni lo psiconano e ora si atteggia a extravergine”.
Tutto giusto, o quasi. Da un lato il vaffanculatore fa l’occhiolino al Pd sulla questione del governo tecnico di transizione, dall’altro guarda a Di Pietro e alla linea più intransigente emersa in queste settimane all’interno dell’opposizione parlamentare.
Sta imparando in fretta il nostro guru. O meglio, probabilmente sta imparando in fretta il gruppo che cura l’immagine e la comunicazione di Beppe Grillo, la Casaleggio Associati, azienda leader nel marketing sul web, guidata da Gianroberto Casaleggio teorico del marketing virale e delle strategie per l’e-commerce e il condizionamento dei flussi di informazione sulla Rete.
Sulla Casaleggio ho scritto recentemente un ampio servizio sul bimestrale Micromega (il numero ancora in edicola e in libreria) e ripreso anche dalla rivista Su la testa. Di cui ripropongo alcuni frammenti:
Per capire le origini del fenomeno Casaleggio, è necessario partire dalle fibrillazioni societarie di Telecom fra la fine degli anni ’90 e i primi anni Duemila. O meglio, è fondamentale analizzare le vicende di un’azienda del gruppo allora nelle mani di Tronchetti Provera e della Pirelli, la Webegg. Amministratore delegato della società è all’epoca Gianroberto Casaleggio. Non lasciamoci ingannare dal suo aspetto da nerd smanettone, dalla sua capigliatura da studente fuori corso della Berkley University, Gianroberto è uno dei massimi esperti in Italia di web, reti sociali (social network), marketing elettronico. Ed è lui, insieme ad altri quattro dipendenti dell’azienda della galassia Telecom (Enrico Sassoon, Luca Eleuteri, il fratello Davide Casaleggio e Mario Bucchich) a fondare poco tempo dopo la Casaleggio Associati.
(…)
Casaleggio ha capito in anticipo, almeno per quanto riguarda il mercato italiano, quali siano le potenzialità della Rete e dei social network. E individua una nuova figura di venditore-propagandista in parte consapevole e in parte no: l’influencer. «On line il 90% dei contenuti è creato dal 10% degli utenti, queste persone sono gli influencer – scrive in un articolo Casaleggio – quando si accede alla rete per avere un’informazione, si accede ad un’informazione che di solito è integrata dall’influencer o è creata direttamente dall’influencer. L’influencer è un asset aziendale, senza l’influencer non si può vendere, c’è una statistica molto interessante per le cosiddette mamme on line, il 96% di tutte le mamme on line che effettuano un acquisto negli Stati Uniti, è influenzato delle opinioni di altre mamme on line che sono le mamme on line influencer». Se andiamo ad analizzare il sistema di diffusione on line del fenomeno Beppe Grillo è facile constatare quanto questa strategia sia efficace. E non solo per Grillo, visto che il numero dei clienti e delle partnership italiane e statunitensi vanno ben oltre alla promozione del comico genovese. Oltre quanto?
(…)
Se qualcuno pensava ancora che la Casaleggio Associati fosse solo un gruppo di persone appassionate della comunicazione della rete che si dedica al blog di Beppe Grillo (e a quello, ricordiamolo, di Antonio Di Pietro), dopo aver letto di questo vorticoso intreccio di partnership aziendali, clienti, collaborazioni, si dovrà ricredere. Qualche domanda se la stanno ponendo, per esempio, molti “grillini” della prima ora che nel corso degli ultimi anni hanno criticato alcune virate di Beppe Grillo, castigatore senza pietà dei costumi delle imprese italiane che lentamente (oltre all’ex padrone di Casaleggio, Telecom) sono usciti fuori dal mirino del neo Savonarola (l’associazione non è nostra ma della stessa Casaleggio) ligure. Ora Grillo parla quasi esclusivamente di politica e di politici. E dov’è finito il “messaggio” della prima ora, quello della lotta contro il “signoraggio monetario”? Se qualcuno sulla rete dei Meetup o nei commenti sul blog di Grillo pone l’interrogativo si vedrà cancellare o non pubblicare la propria opinione. E chi cura direttamente e capillarmente il blog di Grillo e la rete dei Meetup? Il fratello di Gianroberto Casaleggio, Davide. Dopo tutto le regole della “moderazione” sul web le detta chi mette in rete una determinata piattaforma o sito. Funziona così ovunque, funziona così anche sul sito di Grillo. Certi argomenti, determinate domande, non compaiono.
(…)
Qualcosa intanto si sarebbe incrinato negli ultimi tempi anche nel rapporto che la Casaleggio Associati ha instaurato con Antonio Di Pietro e l’Idv. Un rapporto nato a cavallo delle scorse elezioni europee, con l’affidamento di gran parte della comunicazione e del marketing politico online al gruppo. Già delle crepe si erano manifestate proprio nel corso della campagna dell’anno scorso. Alcuni candidati “di peso” come Luigi De Magistris avevano gentilmente rifiutato di affidarsi al modello di Casaleggio preferendo fare da sé. La ragione era molto semplice. Il modello offerto dalla Casaleggio Associati è estremamente centralizzato. A scatola chiusa. Per lavorare con loro, per usufruire dei loro servizi, è necessario affidarsi totalmente alla loro organizzazione. E questo, inevitabilmente, può entrare in contrasto con le logiche della politica. Un contrasto, segnalano in molti dell’entourage di Tonino Di Pietro, che in queste ultime settimane starebbe portando a una rottura anche con chi si è affidato invece all’azienda. Bocche cucite, ufficialmente, sia sul fronte politico che su quello aziendale, ma ormai in molti si attendono da un momento all’altro l’annuncio del divorzio.
(…)
Il (…) video invece parla di politica. Si intitola “Gaia, il futuro della politica” ed è tuttora ben visibile sulla homepage del sito aziendale. (…) Immagini e plot simili. Si inizia con un pastone che racconta per brevi linee i progressi della comunicazione politica nella storia, accostando con qualche azzardo Savonarola a Gengis Khan, Obama a Beppe Grillo, Hitler e Mussolini a Bill Clinton (ovviamente sulla strategie di innovazione della propaganda più che della comunicazione) e poi, come nel video precedente, si lancia in previsioni future, in cui Google, ancora una volta, diventa il centro della rinascita della democrazia diretta fino a quando, scoppia una terza guerra mondiale, la popolazione della Terra si riduce a solo un miliardo di abitanti e alla fine, grazie ovviamente alla Rete, nasce Gaia, il nuovo governo mondiale. E poi: «Ogni essere umano può diventare presidente e controllare il governo attraverso la Rete. In Gaia i partiti, la politica, le ideologie e le religioni scompaiono». Non temete, nel 2052, non prima.
Forse ero stato troppo ottimista.
Beppe Grillo: Voglio sfidare fisicamente Feltri
di Luca Telese - www.ilfattoquotidiano.it - 28 Luglio 2010
Nell’estate in cui il suo movimento Cinque Stelle vola nei sondaggi e i grillini preparano religiosamente la “Woodstock” del 26 settembre, lui, Beppe Grillo, è un fiume in piena.
Parla di politica, di privatizzazioni, di leader politici (a destra e a sinistra) senza filtri e annuncia: “Siamo l’unico movimento politico diverso che non utilizza una sola lira di contributi. Sarà per questo che il Giornale inventa scoop per infangarci? Se Feltri non rettificherà le balle del suo giornale voglio incontrarlo. Incontrarlo fisicamente, intendo. Sempre che non abbia paura…”.
Grillo, sei contento delle stime che vi danno al 3%?
Per nulla: è un dato taroccato.
Ma come, taroccato? Sareste a un passo dal quorum…
Ma noi siamo dieci passi oltre. Noi siamo già, in potenza, oltre il 10%. Quando si è votato, parlo di voti veri, abbiamo preso il 7,3%, solo in Emilia Romagna!
Però vi siete presentati in sole cinque regioni, perché?
Non siamo un movimento di cartapesta. Siamo presenti dove c’è Rete, dove c’è banda larga… E presto saremo ovunque.
Non pensi che parlare di “incontrarsi fisicamente” sia un linguaggio violento?
Se c’è uno che sa usare le parole sono io. E mi sono veramente rotto i co-gli-oni di chi le usa per infangare ragazze e ragazzi che fanno politica in modo pulito, senza mendicare prebende…
Per lei è un attacco politico?
Ho affidato Il Giornale a un avvocato. Il titolo di prima dà una notizia falsa: “Grillo vuole soldi dallo Stato”. Poi, quando vai a pagina 7, il pezzo è pieno di condizionali e ipotetiche: se… se… se… Ecco come il signor Feltri fa scuola di disinformazione.
La metti anche sul piano personale.
Certo, Feltri è una Onlus. Lui si che è pieno di soldi pubblici: a Libero prendeva direttamente 5 milioni di euro all’anno. Ora con Il Giornale, fa incetta di contributi indiretti…
Passiamo all’acqua. Il referendum è la vostra crociata?
Siamo stati i primi a denunciare le porcate che hanno portato alla legge sulla privatizzazione.
Il centrodestra dice che la proprietà resta pubblica.
Hi, hi hi… che ridere… Sono comici, e nemmeno lo sanno. Con le concessioni sull’acqua si stanno facendo ricchi… In tutti i comuni in cui sono stati dati appalti di gestione l’acqua è aumentata del 100%. Mentre Tremonti spara balle sul rigore…
Perché?
È con i servizi che si fanno i soldi. La depurazione dovrebbe essere un servizio sociale e invece è diventata un business. I servizi che vengono venduti assieme all’acqua sono più importanti dell’acqua, capisci?
Esempio?
Parigi: il sindaco Delanoe ha dovuto clamorosamente de-privatizzare, recuperando 40 milioni di euro l’anno.
Cinque stelle rischia di essere solo un movimento di protesta?
Quelli che protestano sono gli altri… Noi da anni stiamo dando le uniche ricette per sfuggire allo strozzinaggio della finanza e del finto capitalismo….
Ti senti anticapitalista?
Macchè, questa è la minima dose consentita di socialdemocrazia, altro che anticapitalismo!
Addirittura…
Qui si stanno svendendo i beni pubblici nel quale è cresciuta la democrazia: parchi, le scuole, i trasporti… Tutto in nome della presunta sacralità del mercato. Stanno facendo a pezzi le conquiste di mio padre e di mio nonno.. Bisogna incazzarsi!
Come funzionerà la vostra Woodstock di Cesena?
Il bello è questo. Non lo so.
Come, non lo sai?
So che verranno le migliori intelligenze d’Italia: gruppi musicali della Madonna, ragazzi in tenda, famiglie in roulotte, spazi per i bambini…. So che io sarò lì ad accogliere tutti, che parleranno poche personalità scomode e poco sentite in tv… Ma se mi chiedi i dettagli, non so dirteli. Arriveranno!
Quanto costa il meeting?
Più o meno 240mila euro, che stiamo cercando di autofinanziare integralmente. Se manca qualcosa, metto di tasca mia…
Alla faccia di tutte le leggende sulla taccagneria dei genovesi?
Alla faccia di chi pensa che si fa politica solo se paga lo Stato.
Parliamo degli altri politici. L’ultima volta che ti ho intervistato trafiggevi i leader del Pd.
Cambiano i leader, ma non la sostanza. Anzi: è ancora più arduo. Se ci fai caso Bersani è difficile persino immaginarselo. Sai, è il leader di una cosa che non c’è, non è mica facile….
Fra i tuoi elettori ce ne sono molti che votavano Pd…
E infatti non hanno colpe! Ma io ho le palle piene di questi.
Li prendi in giro?
Ma figurati: solo che sono mor-ti, mo-rti! Lo ripetiamo da anni, e solo adesso la gente si è resa conta che il Pdl-meno-elle esiste davvero….
Cosa gli rimproveri?
Tutto. Il fatto più grave è che dicono le robe a metà… Secondo Bersani esiste un nucleare cattivo, quello del governo, e poi ce nè uno buono e sicuro, il suo.
Quasi sicuro….
Già, peccato che sia quel quasi che li fotte: seguendo il Bersani-pensiero anche Chernobyl, anche il Titanic erano quasi sicuri…. L’idea che nella mente di Bersani esista un nucleare sicuro mi sconvolge…
Che pensi allora di Veronesi?
Mi dispiace che abbia messo la sua faccia a disposizione di un piano che serve ad arricchire Ligresti e Trochetti Provera…. Mi spiace anche per Renzo Piano che è un mio vero amico, e lo resta. Però non li capisco.
E Di Pietro, ora, ti senti concorrente?
Non c’è mai stata concorrenza, fra me e lui. Resta, anzi, la voglia di collaborare, è una persona straordinaria. Solo che lui è un politico: guida un partito, fa alleanze tattiche che noi non possiamo fare.
E di Vendola, che hai invitato a votare in Puglia?
Lo stimo. Però lo aspetto al varco, per sapere se trivellerà il mare in cerca di pozzi di petrolio, o se costruirà quattro inceneritori dicendo che se li è trovati. Penso che se entra in coalizione avrà le mani legate.
Lui si candida alla guida del centrosinistra, e tu?
Ma per carità! Ci ho provato con il Pd, era una provocazione per parlare ai suoi elettori. Non hanno capito che conveniva pure a loro, pazienza.
Ma voi potreste coalizzarvi?
Credo che esprimeremo un nostro candidato premier.
Tu?
Macché, sarà un ragazzo di trent’anni.
Allora chi? Favia, che ha preso l’8% in Emilia Romagna?
È stato eletto per fare un altro lavoro, e noi non facciamo i cacciatori di poltrone.
Lo spettacolo quando parte?
A ottobre. Si chiamerà Grillo’s back, e sarà pieno di sorprese, compresa un po’ di magia. Probabilmente mi farò tagliare in due. Te la immagini la scena?
Beppe Grillo non si piega e non si spiega
di Gisella Ruccia - www.ilfattoquotidiano.it - 4 Agosto 2010
“Il ricordo è un consolatore molesto ed è un traditore che ferisce alle spalle”.
Sören Kierkegaard
Come segnalato dal blog Non Leggerlo , Beppe Grillo ha declinato la richiesta di un’intervista offerta da Cruciani durante la puntata del 2 agosto della sua “Zanzara”.
Gesto forse deplorevole o forse legittimo, ma sicuramente apripista di interessanti dibattiti.
A dare il carico a bastoni è intervenuto anche il giornalista David Parenzo, il quale, sommamente indignato, ha dichiarato che “L’Italia si merita Beppe Grillo, ma anche Berlusconi. Sono due fenomeni uguali, speculari”.
Certamente in una sfida a viso aperto si rimedia una figura più dignitosa, ma il sillogismo di Parenzo, con questo suo confondere la lana con la seta, suona piuttosto azzardato o, per scomodare una metafora appula, “alle cime di rape”. O forse si è trattato solo di un astuto escamotage per gettare il fenomeno Grillo nel solito w.c. della polemica politica per la gioia di tutti i radioascoltatori. Come si fosse tutti rinchiusi nel fetido vespasiano di Stato “Porta a porta”.
Ma probabilmente il rifiuto di Grillo ha una sua palmare ragion d’essere, che ci fa tornare indietro nel tempo di un anno circa. In fondo, Cruciani non era quello che fino a qualche mese fa, trascinandosi in una pericolosa deriva aldoforbiciana, sventolava il vessillo pidiellino e celebrava l’importanza sacrosanta della “privacy”, a difesa del ddl intercettazioni?
Non è proprio la punzecchiante zanzara di radio24 ad aver dedicato per quasi due anni un notevole spazio del suo programma a quotidiani stillicidi e sbertucciamenti reiterati anti-grilliani?
Non è per caso Cruciani quello che, con toni bonari, liquidò una delle solite flatulenze verbali del senatur (“Potremmo tirare fuori i fucili” – http://www.repubblica.it/2007/08/sezioni/politica/bossi-milano-capitale/bossi-26ago/bossi-26ago.html) con un lapidario “Bossi è fatto così”?
Non è il nostro giornalista ad aver lodato e magnificato le meraviglie mirabolanti del ponte silviano sullo Stretto di Messina (http://www.youtube.com/watch?v=BheMlPuPkqw)?
Non è forse lui l’autore di questa perla rutilante da incastonare nel mausoleo di Silvio Tutankamon: “Non mi voglio addentrare su questo terreno, però non guardo la fedina penale di solito, non è un discorso per me particolarmente interessante”?
Purtroppo la risposta è affermativa, come dimostra inequivocabilmente questa intervista rilasciata a Cruciani, il 17 luglio 2009, da Andrea Forgione, il responsabile del circolo del Pd che con piglio temerario tesserò Beppe Grillo.
Se non ricordiamo non possiamo comprendere, cari Cruciani e Parenzo.