lunedì 14 marzo 2011

Giappone: in arrivo lo tsunami economico/ambientale

A tre giorni dal devastante terremoto in Giappone che ha provocato tutta una serie di reazioni a catena - dallo tsunami, alle due esplosioni nei reattori della centrale nucleare di Fukushima con rischio fusione per il reattore 2, fino alla caduta della Borsa di Tokyo con il - 6,18% di oggi.

Sono in arrivo quindi altri due tremendi tsunami: quello economico e quello ambientale.

Un mix decisamente mortale...


Lobby nucleare: effetto Fukushima
di Angelo Miotto - Peacereporter - 13 Marzo 2011

Articoli, interviste, editoriali. Scontro sul nucleare in Italia. La lobby favorevole subisce l'onda anomala giapponese. Ecco perché

Va tutto bene. Vedete come reggono le centrali nucleari nonostante un 9 sulla scala Richter?
L'ansia dei paladini del nucleare dopo le voragini e le onde anomale in terra giapponese, il loro paternalismo rassicurante, è durato lo spazio di un mattino.

I cronisti dei grandi giornali scrivevano di contaminazione, problemi, nessuna certezza di poter fermare i guasti, i commentatori dalle prime pagine di alcuni grandi giornali ci mettevano una pezza.

Sul Messaggero, addirittura, Oscar Giannino - uomo di Confindustria - cercava di dimostrare l'indimostrabile: " ... se allo stato degli atti una prima cosa si può dire, è che proprio la terribile intensità del fenomeno abbattutosi sul Giappone ci consegna una nuova conferma del fatto che in materia di sicurezza di impianti nucleari, i passi in avanti compiuti negli ultimi decenni sono stati notevolissimi, tali da reggere nella realtà dei fatti senza creare pericoli per ambiente e popolazione proprio l`impatto di eventi terribilmente fuori scala, quale quello verificatosi e come prescrivono appunto le norme nel cui rispetto si costruiscono oggi centrali atomiche".

Giannino insisteva, accusando di ignoranza crassa gli anti-nuclearisti, sul dato generale: 54 centrali e solo poche in difficoltà. Le agenzie di stampa di ventiquattro ore dopo il suo editoriale lo sconfessano: il governo giapponese ha dovuto abbandonare i toni tranquillizzanti, riconoscere che c'è un problema, le radiazioni riscontrate nella prefettura di Fukushima sono 400 volte quella che si registra in un solo giorno, il raggio di pericolosità e di evacuazione è stato aumentato rapidamente.

Le Filippine sono in allerta, per il pericolo radiazioni. Le previsioni meteo indicano possibilità di pioggia contaminata nei prossimi giorni. La Francia ha detto ai connazionali in Sol Levante: meglio andarsene, per nuove scosse e contaminazione.

I pro nucleare dicono che la maggior parte dei soldi che servono per costruire una centrale sono proprio per la sicurezza. Il progetto Enel per le future centrali in Italia si basa sulla tecnologia francese Epr di terza generazione e dovrebbe costare complessivamente 18 miliardi di euro. La prima centrale da 5 miliardi potrebbe essere attiva a partire dal 2020. Ma.

Nonostante la campagna del Forum per il nucleare, ingannevole e deferita al gran giurì della pubblicità, i tanti articoli che scorrono più o meno visibili, i canti delle sirene del risparmio in bolletta, il terremoto di Sendai potrebbe essere una pedina fondamentale dello scontro fra favorevoli e contrari all'atomo, in vista del giugno prossimo quando saremo chiamati a votare a un referendum dal testo complesso, ma dal contenuto semplice: votando 'sì' si stopperanno i sogni dei costruttori.

Già nel 1987 gli italiani furono chiamati a esprimersi, a pochi mesi dalla tragedia di Chernobyl: i no al nucleare superarono l'80 per cento. Il terremoto e lo tsunami giapponese delle scorse ore è un avvenimento storico per l'intensità, lo spostamento dell'asse terrestre, il rapporto uomo natura e lo spettro ancestrale di una paura solo sospesa dalla tecnologia.

Forse anche ora, senza voler abusare del precedente sovietico, si potrà sviluppare una presa di coscienza, una campagna di vera informazione sulla lobby del nucleare e sulla possibilità di investire su energie diversificate. Quelle stesse che si sono viste scippare incentivi, anche in maniera retroattiva, proprio da questo governo.

"Le centrali nucleari hanno un periodo di vita limitato. Cominciamo a sostituire quelle che a breve verranno chiuse impiegando uomini e mezzi nella ricerca delle fonti alternative - Sawa Tihiro, scienziato nucleare e membro del Nuclear Information Center, in una intervista ad Avvenire - Non chiediamo la chiusura immediata di tutte le centrali ma la loro riconversione. Mi aspetto che nei prossimi anni l'opinione pubblica prenda coscienza del pericolo connesso con il nucleare e dei costi elevati che esso comporta", dice lo scienziato.

Renata Pisu ricordava domenica su Repubblica di aver conosciuto Sadao Ichikawa, direttore del laboratorio di genetica dell´Università di Saitama. In maniera opposta a Chicco Testa, lo scienziato da nuclearista è diventato un feroce e accanito detrattore dell'atomo. Lo ha imparato dalla dolcezza di un fiorellino dal bel colore azzurro, la comellina comunis.

Una volta sottoposti a radiazioni i suoi petali diventano rosa. Attorno a dieci delle 55 centrali attive in Giappone, Ichikawa ha seminato questi fiorellini e per cinque anni studenti, casalinghe e pensionati, li hanno monitorati.

Rosa. Erano tutti rosa, sempre rosa.



Giappone, economia del disastro: l'effetto farfalla
di Gabriele Battaglia - Peacereporter - 13 Marzo 2011

Ricadute locali e globali del terremoto-maremoto: possibile impatto sui prezzi alimentari a livello planetario

Venerdì scorso, la scossa di 8.9 gradi Richter che ha devastato il nordest del Giappone ha fatto ondeggiare i grattacieli di Tokyo pochi attimi prima che la borsa chiudesse, condizionandone comunque la performance.

Certo, l'indice Nikkei sui futures ha perso tre punti, ma nonostante non si sapesse ancora dello tsunami, il settore delle costruzioni già faceva un bel balzo in alto, con le azioni di alcune compagnie edili delle aree più colpite che registravano fino a più trenta per cento.

Quando Tokyo ha chiuso e le notizie provenienti dal Sol Levante si sono diffuse nel mondo, le borse hanno cominciato a comportarsi schizofrenicamente, con Wall Street, buona ultima per questioni di fuso orario, che registrava addirittura una rivalutazione dello yen.

La ragione? Capitali giapponesi - cioè yen, appunto - che tornano a casa per la ricostruzione.

E tanto per complicare il quadro complessivo, il prezzo del petrolio è sceso su tutti i mercati mentre quello del gas è salito.

Per il primo si teme una battuta d'arresto dell'economia del Giappone, terzo consumatore mondiale; nel caso del secondo, al contrario, si prevede che il Sol Levante ne utilizzerà di più per sopperire alla probabile riduzione di energia nucleare disponibile.

L'imprevedibile e cinico andamento delle borse rivela però almeno due verità.

Primo: economia di carta (leggi "finanza") ed economia reale sono interlacciate attraverso mille nessi imperscrutabili ai più.

Secondo: il disastro umano e sociale dell'accoppiata terremoto-maremoto potrebbe avere esiti imprevedibili, sul medio-lungo periodo, per l'annaspante economia giapponese e per quella planetaria tutta.

Nel quarto trimestre del 2010, il Pil del Sol Levante aveva registrato una contrazione dell'1,3 per cento. Oggi, non pochi analisti ritengono che il boom delle (ri)costruzioni trainerà l'economia nipponica così come avvenne già all'indomani di Hiroshima e Nagasaki.

Una crescita alla cinese, insomma, con una differenza. Oltre Muraglia, edilizia e infrastrutture, anche se in odore di bolla, sono comunque trainate dalla richiesta abitativa di una moltitudine spinta a migliorare i propri standard di vita.

In Giappone invece, con la violenza della natura, si dispiega quella del capitale: la distruzione diventa occasione per un nuovo processo di accumulo e può apparire tutto sommato, a qualche occhio capitalista, una buona notizia.

Nell'immediato, si prevede però una contrazione dell'economia. Alcune fabbriche sono chiuse, la produzione ridotta, le comunicazioni rallentate. Un destino beffardo per gli inventori del modello Toyota, del just-in-time, l'idea cioè che per aderire meglio alle richieste di un mercato finito e volubile, non si debba tenere merce in magazzino, ma farla circolare al massimo di velocità ed efficienza per arrivare là, dove c'è domanda, prima e meglio di altri.

Oggi non c'è merce da far circolare e, qualora ci fosse, non la si porterebbe da nessuna parte. Bisogna leccarsi le ferite e poi, piano piano, ripartire. Ricostruire, appunto.

Forse magazzini un po' più pieni sarebbero serviti a contrastare un'altra emergenza che già si intravede. E qui le ricadute sono planetarie. La distruzione, specialmente lo tsunami, ha infatti inferto un duro colpo alla produzione di riso, di cui il Giappone è uno dei maggiori consumatori mondiali (9 milioni di tonnellate).

Finite le scorte, Tokyo importerà massicciamente, dando ulteriore impulso al prezzo delle commodities e all'inflazione alimentare, figli del global warming e della speculazione globale.

È in virtù di questo nesso economico che terremoto fa rima con intifada, tsunami con rivolta del pane.

Si dice, nella teoria del caos, che il battito d'ali di una farfalla in Brasile può scatenare un uragano in Giappone. Oggi, in direzione contraria, un terremoto nel nordest del Sol Levante può far approdare un barcone di migranti africani a Lampedusa.


L'eperto nucleare accusa: Tokyo non dice la verità
da www.rainews.it - 13 Marzo 2011

Masashi Goto, in una conferenza stampa a Tokyo di cui da' notizia la Bbc, ha detto che per il Giappone si prospetta una crisi gravissima, che uno dei reattori dell'impianto di Fukushima-Daiichi e' "altamente instabile" e che le conseguenze di un'eventuale fusione sarebbero "tremende".

Un ex progettista di centrali nucleari giapponesi ha accusato il governo giapponese di non dire tutta la verita' sulla situazione degli impianti atomici danneggiati dal terremoto. Masashi Goto, in una conferenza stampa a Tokyo di cui da' notizia la Bbc, ha detto che per il Giappone si prospetta una crisi gravissima, che uno dei reattori dell'impianto di Fukushima-Daiichi e' "altamente instabile" e che le conseguenze di un'eventuale fusione sarebbero "tremende".

Finora il governo giapponese ha detto che un'eventuale fusione non porterebbe al rilascio di dosi significative di materiale radioattivo. Goto e' di diverso avviso: secondo lui i reattori di Fukushima-Daiichi sono sottoposti a aumenti di pressioni ben oltre i livelli previsti quando sono stati costruiti. C'e' il grave rischio di una esplosione con materiale radioattivo 'sparato' su un'area molto vasta, ben oltre l'area di evacuazione di venti chilometri imposta dalle autorita'.

Goto ha detto che nel reattore 3 di Fukushima-Daiichi, dove la pressione sta salendo a rischio esplosione, e' stato usato un tipo di combustibile chiamato Mox (un misto di ossido di plutonio e ossido di uranio): il fallout radioattivo potrebbe essere due volte peggio.

L'esperto nucleare ha accusato il governo di nascondere deliberatamente informazioni vitali: "Non e' stato detto abbastanza su come e' stato ventilato l'idrogeno". Goto ha anche descritto come "altamente inconsueto e pericoloso" l'uso dell'acqua di mare per raffreddare i reattori di Fukushima-Daiichi.

Descrivendo lo scenario peggiore, l'esperto ha detto che vi sarebbe "la fusione del nucleo. Se le barre cadono e si mescolano con l'acqua il risultato e' un'esplosione di materiale solido, come un vulcano che diffonde materiale radioattivo. Vapore o una esplosione dell'idrogeno possono disperdere le scorie oltre 50 chilometri. E il tutto rischia di essere moltiplicato: ci sono molti reattori nella zona, cosi' ci potrebbero essere molte Cernobyl".


L'abbraccio nucleare è un abbraccio di morte

di Marco Cedolin - Il corrosivo - 13 Marzo 2011

In Giappone il violentissimo terremoto dell'11 marzo ha creato un inferno apocalittico degno dei peggiori film catastrofici. Un inferno dove gli impianti petrolchimici bruciano rendendo nero il cielo, i depositi petroliferi riversano il greggio in mare, i viadotti crollano, le superstrade vengono inghiottite dalle voragini apertesi nel terreno le linee ferroviarie ultramoderne si accartocciano come fogli di carta dentro ad un caminetto, le dighe cedono di schianto creando nuovi Vajont.

I mentori dell'onnipotenza tecnologica si ritirano nelle loro tane, i notiziari raccontano migliaia di vittime il cui computo sarà purtroppo destinato ad aumentare in maniera esponenziale con il passare delle ore.

Le centrali nucleari vacillano e quella di Fukushima esplode in una nube bianca che potrebbe costituire il prodromo di una tragedia radioattiva della gravità di quella di Chernobyl.

La società del progresso tecnologico si ritrova spogliata ed in stato di shock, di fronte alla forza di quella natura che pretenderebbe di dominare. Una natura tanto più pericolosa in quanto violentata e profondamente minata nei suoi equilibri.

Le centrali nucleari vacillano e mostrano ancora una volta inequivocabilmente i termini di una scelta sbagliata, drammatica, demenziale ed assassina, ricordandoci che siamo seduti sopra ad una bomba di cui si è persa traccia della spoletta d'innesco. Nel mondo sono attive circa 440 centrali nucleari.

La Francia da sola ne possiede 80, la Spagna 9, la Svizzera 5 e la Germania una ventina, solo per citare i paesi a noi più vicini.

Ognuna di esse - oltre a rappresentare una grave fonte di radiazioni per il territorio circostante - potrebbe essere causa di una catastrofe di proporzioni inenarrabili, nel caso si verificasse un incidente, un attentato o un intenso movimento tellurico come quello verificatosi in Giappone.

Ognuna di esse produce tonnellate di scorie radioattive che resteranno attive per un periodo che va dai 20 ai 150 mila anni. Scorie completamente ingestibili, poiché risulta materialmente impossibile determinare la sicurezza dei siti di stoccaggio delle stesse, dovendo ragionare su grandezze temporali nell’ordine delle decine di migliaia di anni….

Una pesante eredità fatta di veleni e di morte, che lasceremo in dono alle generazioni future, simile ad una spada di Damocle, sospesa nei secoli a venire sopra le loro teste.

Se a tutto ciò aggiungiamo da parte dei governi, la sempre più spiccata propensione ad affidare sia la costruzione che la gestione delle centrali nucleari ad imprese private come già avviene in Giappone, le quali sono interessate solo ed unicamente al proprio tornaconto, quello che traspare è un quadro a tinte fosche, potenzialmente pericolosissimo ed i cui contorni si perdono nell’imponderabile.

Dal 1945 ad oggi sono state oltre 2000 le esplosioni atomiche messe in atto per sperimentare nuovi ordigni nucleari. Se ne annoverano 1039 da parte dei soli Stati Uniti.

Impossibile determinare la gravità della ricaduta radioattiva conseguente a tali esperimenti, anche a causa dell’omertà di buona parte del mondo scientifico, asservito ai grandi poteri.

I dati riguardanti i casi di tumori e leucemie, aumentati negli ultimi 50 anni in maniera esponenziale, dovrebbero essere da soli bastevoli a far comprendere la grandezza del problema dell’inquinamento nucleare.

Nonostante ciò in campo medico i pericoli per la salute dell’uomo, indotti dalle ricadute radioattive, continuano ad essere colpevolmente sottaciuti, mentre si cerca di mistificare le reali cause di tumori e leucemie, imputando il loro ingenerarsi a colpevoli di ogni genere, la maggior parte dei quali assolutamente improbabili.

Dal dopoguerra ad oggi sono stati 32 gli incidenti, ufficialmente dichiarati dalle autorità, provocati da armi nucleari.

I mari del mondo sono assurti al ruolo di vere e proprie pattumiere nucleari. Basti l’esempio del Mediterraneo, già teatro nel 1956 dell’inabissamento di un bombardiere statunitense B- 47, con due capsule nucleari a bordo e divenuto discarica, in tempi più recenti, per centinaia di bombe all’uranio impoverito, sganciate nell’Adriatico da aerei americani durante la guerra in Kosovo.

Naturalmente, come sempre accade quando si tratta d’inquinamento nucleare, nessuno si è preoccupato di approfondire le conseguenze di tali situazioni sulla salute di tutti noi, che consumiamo i prodotti ittici e pratichiamo la balneazione.

Un caso su tutti, che ritengo esaustivo per meglio comprendere la ferale pericolosità dell’inquinamento radioattivo, è quello della città di Mayach, negli Urali del sud, in Russia.

Una città invisibile, epurata dalle cartine geografiche, insieme ai suoi abitanti, tristi fantasmi, simili a morti che camminano.
Mayach fu costruita nel 1945 e dal 1948 in poi divenne operativa nella produzione di plutonio.

Fino al 1951 scorie liquide radioattive di medio ed alto livello vennero rilasciate direttamente nel fiume Techa, contribuendo a contaminare oltre 100.000 abitanti che vivevano sulle sponde dello stesso.

Dopo il 1951, dal momento che il fiume Techa sfociava nell’oceano artico e la contaminazione rischiava di diffondersi in maniera incontrollabile, gli scarichi dell’impianto vennero indirizzati verso il lago Karachai, privo di contatti diretti con l’oceano.

Nel 1957 un’esplosione all’interno degli impianti contaminò una regione grande quanto la toscana. Si trattò di un disastro di enormi proporzioni, ma la cosa venne tenuta segreta.

Dieci anni dopo, nel 1967, allorquando a causa di una secca il lago Karachai fu oggetto di un ritiro delle acque, il vento sollevò grandi quantità di polvere radioattiva, contaminando gravemente un’area di 2000 Kmq.

Oggigiorno il lago Karachai è un mostro radioattivo in grado di uccidere un uomo che sostasse per una sola ora sulle sue sponde, e tale rimarrà nei secoli a venire.

E’ indicativo rilevare, a beneficio di coloro che ancora si ponessero domande riguardo ai reali effetti della radioattività sulla salute dell’uomo, come fra i cittadini di Mayak e delle aree contaminate circostanti, negli ultimi 50 anni ci sia stato un aumento del 78% degli ammalati di cancro e leucemia.

Inoltre come il 30% dei bambini dei bambini nasca con difetti e malformazioni genetiche ed il 50% degli uomini e delle donne risultino sterili.

L’uso in campo militare dell’uranio impoverito (DU) nella costruzione dei proiettili, nonché nella blindatura dei mezzi corazzati è stato avallato dalle forze armate di Stati Uniti, Gran Bretagna, Russia, Turchia, Israele e Francia, Arabia Saudita, Pakistan e Tailandia.

Grazie a questa pratica sciagurata, tutti i paesi teatro di guerra negli ultimi 15 anni, dalla ex Yugoslavia, all’Afghanistan, all’Iraq, sono stati contaminati in maniera significativa.

Non esistono studi che possano determinare la reale pericolosità di questa contaminazione, né gli effetti che essa avrà sulla salute degli abitanti a medio e lungo termine.

Le uniche ricerche, oltretutto manipolate dai grandi poteri, si riferiscono al breve periodo e riguardano quasi esclusivamente il rischio per i militari impegnati nei combattimenti, la cui esposizione al DU è relativa al breve lasso di tempo nel quale essi sono rimasti nell’area del conflitto, a differenza della popolazione civile che in quella stessa area dovrà continuare a vivere, coltivare e allevare bestiame, subendo anno dopo anno le conseguenze di un territorio altamente contaminato.

L’inquinamento nucleare, si può annoverare senza dubbio come uno fra i problemi più gravi, in grado di minacciare sia il nostro presente, sia il nostro futuro, nonché quello delle generazioni a venire.

Un problema che si muove su vari livelli, spaziando dalla gestione del nucleare civile a quello militare, fino ad arrivare all’ingerenza dei privati che in molti casi stanno soppiantando le amministrazioni pubbliche.

Un problema scientemente sottaciuto dai media, nascosto all’opinione pubblica, sia mistificando la gravità degli incidenti già avvenuti, sia ignorando colpevolmente la situazione pericolosissima che molteplici elementi stanno ingenerando in propensione futura.

I pochi studi seri, riguardanti l’inquinamento radioattivo sono, per forza di cose limitati al breve e medio periodo e la maggior parte di essi è stata secretata.

Un abbraccio, quello nucleare, sempre più stretto e sempre più invisibile, un abbraccio che si può continuare a far finta non esista, in quanto non menzionato da giornali e TV, ma le corsie degli ospedali non hanno bisogno di telecamere e taccuini, per essere annoverate come parti della realtà.


Dubbi e certezze nucleari

di Tullio Cipriano - Megachip - 14 Marzo 2011

Sarebbe interessante prendersi la briga di registrare e catalogare tutti i programmi "giornalistici" che in TV e radio parlano di nucleare per dimostrare una volta di più come i media siano emanazione dei poteri economici. Ho visto LA7 stamane, e c'era un muro di giornalisti che difendeva il nucleare perché «non si può giudicare in base all'emotività creata dagli eventi».

Il 90% degli italiani non vuole il nucleare, il 90% dei giornalisti sì. Questo da solo smaschererebbe definitivamente la falsa informazione italiana. Fanno anche brutta figura, poverini, perché mentre si arrampicano sui loro schermi, altri schermi internazionali mostrano in diretta il fungo della seconda esplosione alla centrale di Fukushima (http://tv.repubblica.it/mondo/esplosioni-alla-centrale-di-fukushima-1/64027?video).

Ma anche prima di questa seconda esplosione e della terza che ne è seguita, le risposte ai dubbi sul nucleare c'erano già. Per questo vi proponiamo un piccolo VADEMECUM DELLE RISPOSTE SUL NUCLEARE in vista del referendum. L'elenco è stato stilato dal Comitato 'Vota sì per fermare il nucleare'.

Ecco le bugie da smascherare e altrettante ragioni per votare SI' contro l'energia atomica:

Il nucleare ha un ruolo fondamentale e viene rilanciato in tutto il mondo. NON E' VERO.

Non è così, né in termini relativi, né in termini assoluti. In termini relativi il

peso del nucleare nella produzione globale di elettricità è sceso dal 17,2% del 1999 al 13,5% del 2008 (International Energy Agency, 2010).

L'energia nucleare è abbondante, serve all'Italia per la sua sicurezza energetica e dà lavoro. NON E' VERO.

La propaganda filonucleare continua a ripetere che tra 50 anni le fonti fossili potrebbero non bastare. Che le fonti fossili avranno un declino è certo, ma anche l'uranio è un elemento che si estrae da risorse limitate e dunque anche l'Uranio tra 50 anni sarà in declino. L'impatto occupazionale del nucleare in Italia è valutato in 10 mila posti di lavoro, per la maggior parte nella fase di costruzione (8-10 anni). Per centrare gli obiettivi europei obbligatori al 2020 per le fonti rinnovabili secondo uno studio della Bocconi, l'impatto occupazionale può generare in Italia fino a 250 mila posti di lavoro.

L'energia nucleare costa meno. E' FALSO.

Con i nuovi impianti i costi aumenteranno. Le stime più recenti fatte negli Stati Uniti dimostrano che al 2020 il costo del kilowattora nucleare da nuovi impianti sarà maggiore del 75% rispetto a quello del gas e del 27% rispetto all'eolico. E a pagare saranno i cittadini.

L'energia elettrica è in Italia più cara perché non abbiamo fatto il nucleare? BALLE!

Se in Italia l'energia elettrica per le utenze domestiche costa più che negli altri paesi non è certo per l'assenza d'impianti nucleari ma piuttosto per aspetti ed extracosti caratteristici del sistema elettrico italiano. Sulla tariffa che paghiamo in bolletta, il costo di produzione è circa un terzo, il resto è rappresentato da altre componenti legate al ricarico dei produttori, ai costi di distribuzione, alle tasse, allo smaltimento delle vecchie centrali.

Le centrali di ultima generazione sono totalmente sicure. ASSOLUTAMENTE NO!

Non ci sono certezze dal punto di vista della sicurezza: nemmeno i nuovi reattori sono stati progettati con criteri di sicurezza intrinseca e in caso d'incidente non sono in grado di autoregolarsi.

Tre agenzie europee per la sicurezza nucleare, la britannica HSE'sND, la finlandese STUK e la stessa agenzia francese ASN hanno clamorosamente bocciato con un comunicato congiunto (novembre 2009) l'EPR di Areva.

Il nucleare è una fonte pulita che di norma non produce impatti. DECISAMENTE FALSO.

Al di là del rischio di incidenti gravi, i reattori nucleari rilasciano radioattività nell'aria e nell'acqua, nel corso del loro normale funzionamento e a causa di incidenti piccoli che sono abbastanza frequenti. I lavoratori delle centrali e i cittadini che abitano nelle loro vicinanze sono sempre a contatto diretto con la radioattività.

Un'indagine fatta in Germania su 17 centrali ha mostrato una dipendenza dell'insorgenza di patologie infantili (bambini da 0 a 5 anni) dalla vicinanza alla centrale. Nel raggio di 5 km dalla centrale è stato, addirittura, rilevato un incremento dei tumori embriogenetici (del feto nel ventre materno) di 1,6 volte rispetto alla media e di 2,2 volte delle leucemie infantili rispetto ai casi attesi.

Siamo già circondati da reattori, allora tanto vale farne anche da noi. TANTO PEGGIO TANTO MEGLIO? Il rischio in caso d'incidente nucleare è puntuale, cioè tanto maggiore quanto più vicini si è alla sorgente di radiazioni. Questa semplice osservazione è alla base di uno dei principi della radioprotezione.

La questione delle scorie nucleari è risolta. MAGARI!

La questione delle scorie radioattive più pericolose e del loro enorme tempo di dimezzamento (il tempo che occorre per dimezzare la radioattività di un elemento, che va dalle migliaia ai milioni di anni) costituisce ancora un problema di ricerca fondamentale. La "vetrificazione", spesso contrabbandata come soluzione del problema, è soltanto una fase di condizionamento di queste scorie e resta aperto il problema del loro confinamento in siti geologici adeguati.

Negli Stati Uniti è dal 1978 che si sta studiando un deposito definitivo per le scorie radioattive a più alta intensità nel sito di Yucca Mountain, nel deserto del Nevada. I suoi costi di costruzione supereranno i 54 miliardi di dollari (e dovranno essere pagati con le tasse dei contribuenti), ma non è affatto certo che entrerà mai in funzione.

Il nucleare è la strada per tagliare le emissioni di gas serra che provocano i cambiamenti climatici e non è in alternativa all'efficienza energetica e alle energie rinnovabili. NON E' VERO.

Si stima che anche raddoppiando l'attuale potenza nucleare installata, le emissioni di CO2 si ridurrebbero solo del 5%. E in Italia il nucleare arriverebbe, comunque, dopo il 2026.