martedì 1 marzo 2011

War

Una serie di articoli che hanno come denominatore comune la guerra.

Quelle passate e quelle in corso, dietro le quali comunque si cela il futuro scontro tra i due giganti: l'Occidente, con gli Usa in testa, e la Cina.

La guerra del XXI secolo.


Afghanistan: i dubbi ipocriti di Berlusconi
da www.ilribelle.com - 28 Febbraio 2011

Un altro soldato italiano ucciso in Afghanistan. Ma non, come asserisce Napolitano che nella sua ansia di sottolineare il proprio cordoglio fa ricorso ai superlativi assoluti, in un «gravissimo attentato».

Al contrario: la dinamica è la più ordinaria che si possa immaginare. Il “solito” ordigno piazzato lungo una strada percorsa dai nostri blindati e la “solita” esplosione che va a segno, vanificando i sistemi di protezione e investendo i militari a bordo.

Una tipica azione di guerriglia e le tipiche conseguenze di un attacco di questo genere, che a meno di circostanze particolarmente favorevoli, più o meno eccezionali, non può che provocare delle perdite nelle file di chi viene colpito.

Non è cinismo. È la cruda realtà della guerra, quand’anche asimmetrica per l’enorme disparità di mezzi tra i due schieramenti e benché contrabbandata per una missione di pace. In guerra si aggredisce e si viene aggrediti.

Si uccide e si viene uccisi. E se al termine di un qualsiasi episodio, ivi incluso lo scoppio di una bomba, il bilancio è di “solo” un morto e di qualche ferito, non c’è proprio nulla di cui sorprendersi.

Nessuno è invulnerabile. E nessuno lo diventa solo perché i politici che lo hanno spedito al fronte preferirebbero che lo fosse, in modo da non essere mai messi in imbarazzo di fronte all’opinione pubblica.

Se Napolitano esagera nel definire «gravissimo» ciò che è assolutamente normale, considerata la situazione, Berlusconi fa di peggio. Indossa la maschera del comandante addolorato e meditabondo.

Quello che è talmente costernato, da ciò che accade, da interrogarsi pubblicamente sull’opportunità stessa di proseguire sulla stessa strada: «È un tormento, un calvario e tutte le volte ci si chiede se questo sacrificio che impegna il parlamento con voto unanime e tutto il popolo italiano ad essere lì in un paese ancora medioevale sia uno sforzo che andrà in porto».

Una sola frase, ma piena di accortezze. Prima la sottolineatura furbetta, ancorché veritiera, riguardo al «voto unanime che impegna il parlamento».

Poi il malcelato disprezzo per l’obbligo di «essere lì in un paese ancora medievale». E infine quel dubbio, fatto balenare per un solo istante, sull’esito finale di una lotta che dopo quasi dieci anni ancora non si può dire se «andrà in porto».

È un copione brevissimo, ma studiato attentamente. E serve a fare da premessa, auto assolutoria e persino propagandistica (“che uomo sensibile, il vostro Presidente del Consiglio!”), all’inevitabile conclusione: «Dobbiamo andare avanti».


L'invidia di Gianni De Michelis
di Pietro Ancona - http://medioevosociale-pietro.blogspot.com - 28 Febbraio 2011

Gianni De Michelis, il dioscuro rampante che con Martelli, negli anni della rifondazione socialista del Garofano si assunse il compito di svellere le radici del socialismo e farne un moderna arma per una politica corsara al servizio di Ghino di Tacco in guerra continua con l'alleato dc ed il nemico pci, ieri parlava della fortuna che sarebbe toccata a Berlusconi che, come a suo tempo D'Alema, si trova nella condizione di arrecare servizi preziosi agli USA.

D'Alema ebbe la opportunità di offrire basi militari ed aerei per bombardare Belgrado e quindi essere iscritto nell'albo degli amici della Casa Bianca.

Berlusconi ha le stesse opportunità riferite alla Libia, nel caso che Gheddafi non accettasse l'esilio impostogli da Obama e decidesse di resistere e magari di farsi uccidere nella difesa della Libia.

Questa singolare uscita di De Michelis è davvero strabiliante! Il cinismo politico di cui è frutto porta ad ignorare gli interessi dell'Italia per la quale la caduta rovinosa di Gheddafi é una disgrazia con conseguenze pesanti sul piano economico e sociale.

Che fine farà l'interscambio commerciale per miliardi di euro tra l'Italia e la Libia? Che cosa succederà al metanodotto? Quanto pagheremo il petrolio ed il gas? Quante migliaia di lavoratori occupati nelle aziende italiane in Libia resteranno senza lavoro?

Quanti dei tre milioni di lavoratori stranieri che vivono da decenni in Libia si riverseranno verso il nostro Paese?

De Michelis sa benissimo che gli USA hanno fatto una doppietta con la messa in crisi di Gheddafi: hanno abolito la sovranità della Libia ed inferto un colpo durissimo all'Eni al quale fanno la posta da sempre, fin dalla uccisione di Mattei. Ma questo a lui ed alla ipocrita e disonesta casta politica italiana attenta soltanto alla carriera non importa proprio niente.

Il pavido governo italiano è costretto a fare finta di niente. La sua meschina opposizione lo incalza per la cancellazione del trattato italo-libico. Berlusconi dovrà stare in riga e fornire il supporto militare se si deciderà di bombardare Tripoli al fine di spaccare in due od in tre la Libia oppure di mettere al potere la tribù fedele all'Occidente dell'ex re Idriss.

Il benessere della Libia sarà un ricordo del passato come quello dell'Iraq di Sadam Hussein che era diventato lo Stato più moderno industrializzato e colto tra i paesi arabi. Gli USA non sopportano la crescita di civiltà diverse da quella del suo capitalismo.

Anche l'Iran dovrà essere schiacciata e riportata all'età della pietra. Tutta la polemica contro l'Islam ed il fondamentalismo islamico, contro il terrorismo, non è altro che il manifesto ideologico di un Impero che non accetta di convivere con entità autonome e culture diverse dalla sua.

In lista di attesa per essere omologata con le buone o le cattive sta la Russia. Farebbe bene Berlusconi, prima che Obama decida di tirargli il collo e di ordinare ai suoi "fedeli" in Italia di rivedere tutto, a rivedere, se può, le sue posizioni verso Putin.

Intanto dalla Libia giunge un pesante silenzio. Tutto si è fermato come se la macchina del tempo si fosse inceppata. Che fine hanno fatto i rivoluzionari? Che cosa ne è del tiranno Gheddafi chiuso nel suo bunker come Hitler secondo la descrizione della batteria massmediatica?

Persone provenienti da Tripoli intervistate da rai news 24 hanno detto che niente di quanto raccontato dalle televisioni e dalla stampa è vero. Tripoli è tranquilla e la vita vi scorre normalmente. E allora? Che cosa sta accadendo?

Sta accadendo che le orde monarchiche manovrate da Obama e dalla Clinton hanno avuto l'ordine di congelare la "rivoluzione" in attesa dei negoziati con Gheddafi e la sua famiglia. Se questi accetterà di andarsene dal paese dove è nato e dove ha governato per quaranta anni non ci sarà bisogno dell'assalto finale al Palazzo d'Inverno.

Se Gheddafi resisterà la Libia farà la fine dell'Irak e dell'Afghanistan: sarà invasa da truppe che qualcuno nella sinistra fariseica italiana chiama "umanitarie".

Vedremo in diretta lo spettacolo pirotecnico delle bombe al fosforo che illuminano il cielo di Tripoli. Lo stesso spettacolo che abbiamo visto sul cielo di Bagdad.


Libia, verso l'intervento occidentale: consiglieri Usa, britannici e francesi a Bengasi
da Peacereporter - 28 Febbraio 2011

La notizia arriva da "Debka", sito vicino ai servizi israeliani

Mentre Hillary Clinton dichiara che l'esilio di Gheddafi "è una possibilità", il sito d'informazione vicino ai servizi israeliani Debka annuncia che consiglieri militari Usa, britannici e francesi sarebbero arrivati nella Cirenaica in mano agli insorti, con tre obiettivi:
  • "aiutare i comitati rivoluzionari a istituire forme di governo che forniscano ai due milioni di abitanti della Libia orientale i servizi essenziali e le materie prime;
  • organizzarli in unità paramilitari, insegnare loro come usare le armi sottratte all'esercito libico, ristabilire legge e ordine e addestrarli a combattere contro le unità militari di Gheddafi inviate a riconquistare la Cirenaica;
  • costruire infrastrutture per preparare l'arrivo di truppe straniere. Unità egiziane sono tra quelle prese in considerazione".

Se la notizia fosse confermata, si tratterebbe della prima volta che l'Occidente interviene direttamente nelle recenti rivolte del mondo islamico.

Ad avvalorare le indiscrezioni di Debka ci sono le parole del premier britannico Cameron, che in parlamento ha detto: "Stiamo facendo ogni mossa possibile per isolare il regime di Gheddafi, privarlo dei finanziamenti, restringere il suo potere e assicurare che i responsabili degli abusi sia portato davanti alla giustizia".

Tra le misure possibili per aumentare la pressione "non escludiamo affatto l'uso di mezzi militari" ha detto il Primo ministro.

Il controllo dell'area di Bengasi significa quello del terminal da cui parte la maggior parte delle forniture libiche di petrolio.


La prossima crisi sarà quella libanese. Tra quindici giorni?
da http://corrieredellacollera.com - 28 Febbraio 2011

I lettori che ci seguono da qualche tempo, hanno già letto alcune informazioni sul Libano, dove l’Italia ha un contingente di circa 2500 uomini posizionato nella regione di Tiro al confine con Israele a Sud, e con la Siria a est, ai piedi del Monte Hermon di memoria biblica.

Per chi ha visto una pellicola programmata recentemente nelle sale italiane, è il territorio mostrato nel film “La donna che canta”.

Assieme a questo contingente italiano (e spagnolo) c’è un reparto italiano di elicotteri a direzione ONU a Nakkoura (in loco dal 1967) e in mare alcune unità al comando di ”Nave Zefiro” della nostra Marina in funzione di interdizione del traffico di armi.

E’ la zona precedentemente occupata da Israele a seguito dell’invasione del 1982 e poi ” liberata” da Hezbollah (trad. il partito di Dio).

In ossequio all’accordo con gli italiani del 2006, Hezbollah ha fatto sparire le armi dalla zona, pur senza consegnarle, divenendo un partito politico di stampo tradizionale e partecipando 50-50 ad un governo di unità nazionale sotto la guida di Saad Hariri - figlio del più noto Rafik, perito in un attentato terroristico mentre gestiva, da primo ministro, la ricostruzione della città di Beirut dopo la guerra civile durata oltre 17 anni - che ovviamente da allora è alla ricerca degli assassini del padre, aiutato in questo dall’ONU che ha nominato un tribunale speciale con poteri investigativi.

Il Parlamento libanese all’unanimità approvò l’iniziativa e si accollò il suo finanziamento. A presiederlo fu chiamato il giurista italiano Cassese.

Da quando si è però saputo - non si sa come, il segreto istruttorio fa acqua anche così - che la commissione mira a incriminare alcuni elementi e indicare quali mandanti sia Hezbollah che la Siria (risalendo nientemeno che ad un cugino del presidente siriano Assad) il presidente della Camera Nabih Berri (sciita di Hezbollah, con moglie americana) si è rifiutato di finanziare ulteriormente il tribunale che è al suo secondo anno di attività.

L’Iran ha inviato una nave equipaggiata per misure e contromisure elettroniche scortata da una fregata in mediterraneo e i ministri di Hezbollah (dieci) si sono dimessi mettendo in crisi il governo libanese.

Il presidente, il cristiano Michel Soleiman, ha nominato primo ministro – senza che Saad Hariri si sia dimesso – un altro sunnita che già aveva sostituito Hariri padre dopo la sua morte.

Naguib Mikati è una persona per bene e equilibrata politicamente, ma è anche proprietario di una società di telefonia mobile che ha avuto la licenza di operare in Siria e pertanto è persona di fiducia anche del presidente siriano Assad.

Entro i prossimi quindici giorni dovrebbe esserci il deposito dell’istruttoria alla quale Cassese dovrebbe rispondere sia chiedendo un supplemento di istruttoria, sia dando il benestare all’emissione di mandati di cattura.

Se si emetteranno i mandati di cattura e saranno confermate le indiscrezioni della vigilia, Hezbollah, che controlla metà dell’elettorato, dissotterrerà le armi che non ha mai voluto consegnare e il nostro contingente verrà a trovarsi in difficoltà per il mantenimento della legge e dell’ordine.

In previsione di un attacco aereo di sorpresa, per cui gli israeliani sono ormai famosi, l'Iran ha inviato la nave appoggio KHARG con relativa scorta (la fregata ALVAND, entrambe le navi sono di fabbricazione britannica).

Le attrezzature elettroniche di bordo dovrebbero impedire ogni sorpresa sia sul cielo di Hezbollah – il sud Libano – sia un attacco verso la Siria e a fortiori un attacco contro l’Iran.

Se venisse attaccata la nave iraniana, equivarrebbe a una dichiarazione di guerra, trattandosi di un paese neutrale che non ha mai combattuto contro Israele se non a parole. Se poi la nave passasse dal porto di Latakie (Siria) al vicino porto di Alessandretta (Turchia) il quadro delle possibili complicazioni sarebbe completo.

Una operazione simile fece la marina tedesca all’inizio della prima guerra mondiale con i due incrociatori leggeri (da 6.000 tonn) Goeben e Breslau. Tallonate dagli inglesi nella immediata vigilia del conflitto, le due navi si presentarono il giorno dopo la dichiarazione di guerra davanti allo stretto dei Dardanelli e inalberando il vessillo turco dichiararono che si trattava di un regalo del Kaiser Guglielmo alla Sublime porta.


Il Medio Oriente e poi il mondo
di Tony Cartalucci - http://blacklistednews.com - 19 Febbraio 2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di Micaela Marri

La guerra lampo globalista segnala la più grande riorganizzazione geopolitica dopo la seconda guerra mondiale.

Iniziando in Nord Africa, si stanno ora svolgendo in Medioriente e in Iran, e si propagheranno presto in Europa orientale e in Asia. Le rivoluzioni colorate, fomentate dai globalisti stanno cercando di trasformare profondamente intere regioni del pianeta con un solo colpo di spugna. È una mossa ambiziosa, forse nata persino dalla disperazione, con la depravazione e il tradimento dei globalisti esposti alla vista del mondo senza alcuna opportunità di tornare indietro adesso.

Per comprendere la logica dei globalisti dietro una tale mossa azzardata, può essere utile capire il loro scopo finale e gli ostacoli che devono superare per raggiungerlo.

Lo scopo finale

Lo scopo finale (1) naturalmente è un sistema di governance globale (2) che abbracci tutto il mondo. Si tratta di un sistema controllato dai finanzieri anglo-americani e dalle loro reti di istituzioni globali che assicurano che le nazioni consolidate del mondo si attengano a un sistema singolare che essi possono perpetuamente derubare.

Come oligarchi megalomaniacali, la loro singolare ossessione sono il consolidamento e la conservazione del loro potere. Questo sarà raggiunto attraverso un sistema di controllo della popolazione, di controllo industriale e monetario, che insieme formano il fondamento delle loro politiche Malthusiane.

Tali politiche sono palesi nell’ “Agenda 21”(3) delle Nazioni Unite, e [sono sostenute] dai guru della politica come l’attuale Consigliere per la Scienza della Casa Bianca, John Holdren nel suo libro intitolato “Ecoscience”.(4)

Per quanto Malthusiane possano essere le loro politiche, essi non credono certo che il mondo sia in pericolo a causa della sovrappopolazione, né a causa dei pericoli ambientali generati dal progresso industriale.

Al contrario, come tutti i tiranni della storia, stanno consolidando una convincente narrativa per difendere l’immensa concentrazione di potere illecito nelle loro mani elitiste e l’attuazione di misure per garantire che tale potere rimanga nelle loro mani indefinitamente.

Gli immediati pericoli che ostacolano i loro programmi sono numerosi, compresi i media alternativi che rivelano sempre più la vera natura del loro ordine del giorno, e pertanto svegliando un vasto numero di persone che semplicemente si rifiutano di accettarlo.

C’è poi [la questione] della sovranità nazionale, per cui le nazioni stanno apertamente sfidando questo ordine mondiale anglo-americano centrico e si rifiutano di implementare le condizioni della loro stessa schiavitù.

Queste vaste rivoluzioni colorate e le operazioni militari coordinate, sia segrete che non, si occupano di quest’ultima sfida, mentre la censura, l’infiltrazione cognitiva(5) ed un rafforzato stato di polizia che abbraccia il mondo occidentale sotto la stessa falsa premessa (6) di una “guerra al terrorismo” (7) affrontano la prima [sfida].


Il Medioriente

Con la destabilizzazione fomentata dai globalisti in corso, vengono fatti cambiamenti di regime e concessioni dalla Giordania all’Egitto, tutto in nome della “democratizzazione”. Le richieste dei protestanti sono ripetizioni letterali delle dichiarazioni della missione delle loro ONG locali finanziate dagli USA. (8)

Per quanto molti possano essere scettici che tutto questo sia stato orchestrato dall’occidente, basta leggere la relazione del 2007 della RAND Corporation intitolata “Building Moderate Muslim Networks” (9), dove vengono fatte confessioni mozzafiato non solo di riordinare il mondo musulmano secondo gli interessi dell’occidente, ma su come seguirebbero lo stesso modello di “reti della società civile” che hanno già usato per decenni durante la Guerra Fredda.

La recente “transizione” dell’Egitto si è svolta come una diretta traduzione del modello della RAND per intromettersi nel mondo musulmano. Dagli organizzatori della protesta e le ONG (10), e ai leader della protesta (11), fino all’ingerenza dietro le quinte (12) da parte della leadership militare americana, la rivolta egiziana è stata interamente una produzione USA.

Persino la stesura della nuova costituzione egiziana viene eseguita da organizzazioni finanziate da George Soros (13) e dalla National Endowment for Democracy degli Stati Uniti.

La destabilizzazione regionale sta modificando l’assetto della scacchiera geopolitica in favore di un rinnovato sforzo per influire sul cambio di regime in Iran. È stato ampiamente documentato (14) che i globalisti hanno piani intricati su vasta scala, nella forma della relazione del Brookings Institute “Which Path to Persia?” (15) di finanziare rivoluzioni colorate, sostenere il terrorismo all’interno della Repubblica Islamica e persino di provocare una guerra con una nazione che, come ammettono, preferirebbe evitare il conflitto.

Appena i regimi nordafricani e arabi hanno iniziato a sgretolarsi, è ricominciata la “Rivoluzione Verde” in Iran (16). Come ripetendo il riassunto della relazione del Brookings, il Council on Foreign Relations (CFR) globalista ha recentemente ed apertamente chiesto agli USA di sostenere la “Rivoluzione Verde”.(17)

Una caduta dell’Iran per mano dei globalisti, l’estrazione della sua ricchezza e la fine del suo sostegno per le ambizioni economiche e militari di Cina e Russia isolerebbe ulterioriomente la cosiddetta Shanghai Cooperative Organization.(18)



L’accerchiamento della Russia

La Russia e la Cina sembrano essere i due maggiori blocchi di opposizione per il predominio anglo-americano. Certamente ci sono molte persone ed organizzazioni all’interno di ciascuna di queste nazioni che lavora felicemente in collaborazione con i globalisti, i quali a loro volta, stanno cercando apertamente di tentare e di costringere le due nazioni ad integrarsi nel loro ordine mondiale globale.

Persone come Mikhail Khodorkovsky, che è salito al potere in Russia in un’epoca di immensa corruzione, ha iniziato a costruire reti di ONG improntate direttamente sul modello di quelle anglo-americane in occidente, fino a chiamare questa rete la “Open Russian Foundation”, rifacendosi alla Open Society Foundation di George Soros.

Secondo il ricercatore geopolitico William Engdahl (19), questa Open Russian Foundation comprendeva Henry Kissinger e Lord Jacob Rothschild (20) nel suo consiglio di amministrazione e il suo obiettivo era di trasformarela Russia da uno stato sovrano in qualcosa di più allettante per il consumo dei globalisti.

Qualunque possano essere stati gli iniziali successi di Khodorkovsky, sono stati troncati dal primo ministro russo Vladimir Putin, che ha relegato sicuramente Khodorkovsky dietro le sbarre di una prigione siberiana.

Oggi Khodorkovsky riceve le pressioni e i servizi legali di un notorio avvocato globalista Robert Amsterdam (21), che dirige gli sforzi internazionali per diffamare la Russia e giustificare l’accerchiamento della nazione da parte della NATO.

Dopo che è caduta la Tunisia e le proteste hanno iniziato a fermentare in Egitto, la rivista Foreign Policy ha pubblicato l’elenco di Freedom House di “Who’s Next?”. Nell’elenco figurava la Bielorussia di Aleksandr Lukashenko, leader di una nazione europea che confina direttamente con la Russia ad ovest, dirimpetto a Mosca.

La stessa NATO ammette (22) la riluttanza della Bielorussia ad entrare a far parte della sua organizzazione ora ingiustificata, mentre i media principali rimproverano il governo bielorusso (23) per aver represso le proteste lanciate dopo i risultati delle recenti elezioni, che hanno visto la sconfitta dell’opposizione sostenuta dall’occidente.

Guardando la mappa della Russia, a nessuna nazione che si trovi ai suoi confini è stato risparmiato il trattamento globalista, dall’Ucraina e la sua Rivoluzione Arancione sostenuta dagli USA, alla Georgia e alla sua invasione dell’Ossezia del Sud sostenuta dagli USA.

Quanto alla Russia, sembrano più che preparati al contrattacco, umiliando l’esercito della Georgia addestrato ed armato dagli USA (24) sul campo di battaglia e controllando i risultati capovolti della Rivoluzione Arancione, mentre i discorsi dell’Ucraina di entrare nella NATO (25) sono cessati.

Individuando come bersaglio il Medioriente, ed in particolare l’Iran, che sia la Cina che la Russia hanno usato per controllare le ambizioni di dominio sul mondo dell’occidente, la speranza dei globalisti è di rinnovare il disordine politico nelle regioni satellite della Russia e di completare la sua campagna di accerchiamento della Russia, costringendola pertanto ad accettare il suo posto nel nuovo ordine globale.



La fila di perle della Cina

Non è un segreto che la Cina dipende dalle importazioni di petrolio non solo per far continuare a crescere la sua economia, ma per mantenere la sua numerosa popolazione impegnata e prospera, mantenendo così al potere in governo in carica.

Questo è un dato di fatto da tempo conosciuto sia dalla Cina che dall’occidente. Per quanto concerne la Cina, hanno iniziato a costruire una presenza nell’Africa continentale, specialmente in Sudan (26), dove hanno messo a punto un gasdotto di 1000 miglia dal cuore della vasta regione fino a Port Sudan sul Mar Rosso.

Hanno anche fornito aiuti al paese colpito dalle sanzioni dell’ONU e comprano la maggior parte delle esportazioni di petrolio del Sudan.

La Cina importa inoltre un’immensa quantità di petrolio dall’Iran. In effetti la Repubblica Islamica rappresenta il secondo maggiore esportatore mondiale di petrolio in Cina (27), dopo l’Arabia Saudita.

[La zona] dal Sudan e dall’Iran, attraverso l’Oceano Indiano, e di nuovo ritornardo alle rive cinesi del mare cinese del sud, rappresenta una “fila di perle” o una serie di vantaggi geopolitici che la Cina sta sviluppando per proteggere questo vitale percorso logistico.

Questa “fila” comprende un porto cinese nella regione cinese del Baluchistan, un’altra struttura a Myanmar (Burma), e le ampliate strutture nel mare cinese del sud vicino alle coste del Vietnam.

La Cina sta inoltre potenziando la grandezza e le capacità della sua flotta, compresi i sottomarini che ora mettono in ombra i gruppi di vettori americani, e la messa a punto del suo primo portaerei che è prossima al completamento.

Il termine “fila di perle” è stato usato come titolo della relazione del 2006 dello Strategic Institute Studies americano (SSI) “String of Pearls: Meeting the Challenge of China’s rising power across the Asian littoral” (28).

In questa relazione le ambizioni della Cina di proiettare il suo potere lungo questo percorso viene vista come una sfida diretta alla supremazia americana, e come una minaccia per la visione unipolare dell’occidente di un “nuovo ordine del mondo”.

Se la Cina potrà non essere un buon esempio di libertà civili, sembra tuttavia favorire un mondo multipolare dove le nazioni sovrane coesistono, al contrario del mondo unipolare anglo-americano dove, non sorprendentemente, gli oligarchi britannici e americani dominano il pianeta.

Per evitare che venga in essere tale mondo multipolare, la relazione del SSI suggerisce svariate strategie con riguardo alla Cina, dall’impegnarla e dall’attirarla a diventare quello che il sostenitore globalista Robert Zoellick chiama un “interessato responsabile” nel “sistema internazionale”, fino all’aperto scontro e al contenimento militare.

Certo questa relazione è stata scritta nel luglio del 2006 ed era ancora calda di stampa quando Israele ha subito un’umiliante sconfitta nella sua guerra contro il Libano, la guerra contro l’Iran si è arrestata; e il beniamino globalista Thaksin Shinawatra è stato spodestato dal potere in Tailandia in segno di una sovranità del Sud Est Asiatico gelosamente difesa.

Pare che i globalisti, negli anni a seguire, presenteranno alla Cina un ruolo lusinghiero da rivestire nel loro ordine globale, mentre destabilizzeranno simultaneamente quasi tutte le nazioni lungo la “fila di perle”.

Gli USA hanno ampliato la guerra in Afghanistan e stanno tentando in questo modo di balcanizzare il Pakistan, specificamente la regione del Baluchistan dove la Cina sta stabilendo una presenza navale.

La regione del Baluchistan del Pakistan è inoltre il punto di partenza via mare di un condotto energetico e logistico che va a nord attraverso l’Himalaya fino all’interno del territorio cinese. Gli USA sono inoltre pesantemente coinvolti nella destabilizzazione del Myanmar (Birmania) per influire sul cambiamento di regime, onde successivamente stabilire un governo dipendente da Washington.

Il Myanmar occupa la porzione ovest della penisola fino allo stretto Istmo di Kra (29), che la Cina vorrebbe sviluppare come un progetto del canale di Suez/Panama per abbreviare i viaggi delle sue petroliere cariche di petrolio dirette in Cina.

La Tailanda serve anche da condotto via terra, che va da nord a sud come in Pakistan, con un sistema ferroviario sviluppato che collega i cantieri di Singapore con la capitale di Laos, Vientiane.

La Cina ha iniziato lo sviluppo di un sistema ferroviario attraverso Laos e la modernizzazione del sistema ferroviario della Tailandia. La Tailandia è inoltre uno dei maggiori esportatori di riso, il che rende la nazione vitale al futuro sviluppo della Cina.

Non sorprende quindi che la Tailandia, come Myanmar, abbia subito molteplici tentativi da parte degli USA (30) di influire sul cambiamento di regime.

Il loro uomo, Thaksin Shinawatra, è palesemente un globalista, avendo formalmente prestato servizio come consigliere del Carlyle Group (31), e dal momento in cui ha perso il potere nel 2006, è stato conteso da tutti dalla Baker Botts (32) di James Baker, a Kenneth Adelman dell’IGC e dalla società di PR Edelman, (33) fino al suo attuale lobbista e avvocato Robert Amsterdam.(34)

È del tutto chiaro che Washington sta usando il suo controllo del Medioriente e il suo controllo dei mari, seppure un controllo sfidato, per controllare la posizione finanziaria ed economica ampiamente superiore della Cina.

È anche chiaro che Washington sta investendo un gran numero di risorse militari e di intelligence per destabilizzare l’intera “fila di perle” per confondere, contenere, ed influenzare le concessioni della Cina, con l’obiettivo finale di piegare l’emergente gigante asiatico all’ordine globale unipolare anglo-americano.

È tuttavia discutibile quanto bene stia procedendo questa strategia, l’esercito americano zoppica, è strategicamente tramortito ed è guidato da leader ampiamente incompetenti a Washington, che hanno perso la fede e la fiducia della loro stessa popolazione, per non parlare di quella del resto del mondo.

La mossa azzardata e forse disperata che sta facendo l’America in Medioriente potrebbe essere un tentativo di rettificare anni di fallimenti contro la Cina e la Shanghai Cooperative da quando l’SSI ha scritto la sua relazione nel 2006. Un cambiamento di regime in Iran è ancora il perno per fare di quest’ultimo tentativo un successo.

Il Sudamerica

Non è risparmiato neanche il Sudamerica. C’è stata una stasi dell’aperta ingerenza americana, che ha permesso al Sudamerica di diventare un bastione di tutte le specie contro gli agenti della globalizzazione, tuttavia le operazioni e i piani segreti sono continuati.

Allarmanti relazioni (35) provenienti dall’Argentina, in Sudamerica, che non è nuova alla collera delle ambizioni anglo-americane, indicano che sta crescendo la tensione tra Buenos Aires e Washington.

È culminata in una guerra diplomatica sulla cattura di unaeromobile C-17 americano pieno di strumentazione sospetta e la spiegazione è stata ancor più sospetta. Questo porta molti, compreso il governo argentino (36), a credere che gli USA stiano programmando un altro round di sforzi di destabilizzazione in Sudamerica.

Il Venezuela e la Bolivia sono state prese come bersaglio apertamente dall’occidente negli anni recenti medianti sforzi tesi a minare e persino a rovesciare i loro rispettivi governi.

Anche la soffocata-confusa risposta in merito al colpo di stato in Honduras alimenta sospetti che l’America abbia iniziato il contrattacco contro l’ondata del nazionalismo regionale che sta attraversando il Sudamerica.

Una visita a Movements.org rivela che l’organizzazione finanziata dalle corporazioni/dal Dipartimento di Stato americano stia sostenendo i dissidenti in Venezuela (37) e che stia incoraggiando la diffusione della “società civile”, notando con gioia gli effetti insidiosi che sta sortendo nell’appoggio dell’opposizione contro Chavez.

Conclusione

La recente ondata di rivoluzione appoggiata dagli USA che sta attraversando il Medioriente è solo l’inizio di una mossa più ampia per destabilizzare l’Iran e per iniziare a recuperare terreno contro la Russia e la Cina dopo svariati anni di risultati deludenti geopoliticamente parlando.

L’obiettivo finale che hanno in mente è di costringere la Russia e la Cina ad accettare il proprio ruolo di “responsabili interessati” nel “nuovo ordine mondiale” unipolare anglo-americano.

Il mondo unipolare della dominazione dei finanzieri anglo-americani richiede che venga eliminata tutta la competizione, che tutte le nazioni diventino interdipendenti, e più importantemente, che tutti i governi siano conformi al modello globalista di “società civile”, che a sua volta dipenda da istituzioni globali centralizzate.

Comprendere il piano dominante rivela il pericolo di essere apatici o indifferenti in relazione all’attuale disordine in Medioriente. Si propagherà certamente e a seconda della risposta della Shanghai Cooperative e della sua determinazione a rimanere artefice del suo destino, potrebbe verificarsi un maggior scontro.

Per gli Stati Uniti e il loro potere che va scemando, le loro offerte senza senso alle nazioni del mondo di unirsi alla loro bancarotta, al loro modello unico di governo mondiale, e al loro crescente pantano economico, non si può prevedere che forma potrebbe prendere la loro disperazione.

Questa incertezza e disperazione potrebbero essere l’unica carta rimastagli in mano che valga la pena giocare, una carta che dovrebbe farci preoccupare tutti.


NOTE

1) http://www.youtube.com/watch?v=x-CrNlilZho

2) http://www.youtube.com/watch?v=NO24XmP1c5E

3) http://www.un.org/esa/dsd/agenda21/

4) http://www.prisonplanet.com/holdren-forced-to-respond-to-controversy-over-totalitarian-population-control-proposals.html

5) http://landdestroyer.blogspot.com/2010/09/cass-sunsteins-plan-to-prove-government.html

6) http://landdestroyer.blogspot.com/2010/09/globalist-stunts-islamophobia.html

7) http://landdestroyer.blogspot.com/2011/02/egypt-whats-really-happening.html

8) RAND_MG574.pdf

9) http://landdestroyer.blogspot.com/2011/02/who-are-egypts-protesters_09.html

10) http://landdestroyer.blogspot.com/2011/02/egypts-wael-ghonim-of-google.html

11) http://thecable.foreignpolicy.com/posts/2011/02/11/gates_and_mullen_in_close_contact_with_egyptian_military

12) http://landdestroyer.blogspot.com/2011/02/george-soros-egypts-new-constitution.html

13) http://landdestroyer.blogspot.com/2011/02/brookings-which-path-to-persia.html

14) 06_iran_strategy.pdf

15) http://www.isn.ethz.ch/isn/Current-Affairs/ISN-Insights/Detail?lng=en&id=126945&contextid734=126945&contextid735=126944&tabid=126944

16) http://www.cfr.org/iran/us-must-empower-green-movement/p24155?cid=soc-Twitter-in-Iran-Empower_Green_Movement-021811

17) http://www.sectsco.org/EN/

18) http://www.voltairenet.org/article168007.html (trad.it. http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=7864)

19) http://www.telegraph.co.uk/comment/personal-view/3607189/This-man-is-now-the-peoples-billionaire.html

20) http://landdestroyer.blogspot.com/2011/02/globalist-page-robert-amsterdam.html

21) http://www.foreignpolicy.com/articles/2011/02/11/whos_next?page=0,4 http://www.nato.int/issues/nato-belarus/index.html

22) http://www.foxnews.com/world/2010/12/20/belarus-election-seriously-flawed/

23) http://articles.cnn.com/2008-08-11/world/georgia.russia.forces_1_georgian-army-russian-troops-breakaway-georgian-regions?_s=PM:WORLD

24) http://www.signonsandiego.com/uniontrib/20041211/news_1n11usaid.html

25) http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2006/09/14/AR2006091401476.html

26) http://news.bbc.co.uk/2/hi/6323017.stm

27) http://money.cnn.com/2009/09/30/news/international/Iran_oil/index.htm

28) http://landdestroyer.blogspot.com/2011/02/string%20of%20Pearls:meeting%20the%20challenge%20of%20china%C3%A2%C2%80%C2%99s%20rising%20Poweracross%20the%20asian%20littoral

29) pub853.pdf

30) http://www.2bangkok.com/2bangkok/MassTransit/kracanal.shtml

31) http://business.asiaone.com/Business/News/Story/A1Story20110217-264050.html

32) http://landdestroyer.blogspot.com/2011/02/egypt-today-thailand-tomorrow_12.html

33) http://www.2bangkok.com/09/Thaksin-foreign-press-lobbyists.shtml

34) http://www.crisisgroup.org/en/about/~/link.aspx?_id=4820CB51911B40DB9FCF32D7891E65BF&_z=z

35) http://www.sourcewatch.org/index.php?title=Edelman

36) http://landdestroyer.blogspot.com/2011/02/globalist-page-robert-amsterdam.html

37) http://deadlinelive.info/2011/02/16/confiscated-u-s-military-cargo-in-argentina-was-for-a-south-american-black-op-cia-operatives-under-investigation/

38) http://www.buenosairesherald.com/article/59060/cfk-%E2%80%98defend-the-national-sovereignty%E2%80%99

39) www.youtube.com/watch?v=Id—ZFtjR5c

40) http://www.movements.org/case-study/entry/engaging-youth-with-elections-in-venezuela/


Gaza, l'eccidio continua
di Vittorio Arrigoni - Peacereporter - 25 Febbraio 2011

Dal gennaio 2010, secondo dati dell'Onu, 65 palestinesi sono stati uccisi dai soldati di Tel Aviv
Mentre Barack Obama condanna "con forza" le violenze in corso in Libia, definendole "oltraggiose ed inaccettabili", e il Segretario di Stato Hillary Clinton si precipita a Ginevra per denunciare Gheddafi al Consiglio per i Diritti Umani dell'Onu, nessuno pare indispettirsi per i bombardamenti israeliani che mietono vittime civili a Gaza.

D'altronde, durante l'offensiva Piombo Fuso del 2009, quando l'esercito israeliano sterminava tranquillamente più di 320 bambini palestinesi, Obama si trovava alle Hawaii a giocare a golf, e la Clinton probabilmente avrebbe fatto carte false per godere dello scenario di una Gaza arsa dal fosforo bianco dalla vista panoramica delle colline di Sderot.

Il recente veto degli Usa alla risoluzione Onu che condannava l'estensione delle colonie illegali in Palestina, in realtà è un visto per Israele a continuare la sua pulizia etnica. L'escalation di queste ultime ore è cominciata mercoledì mattina poco dopo le 8, con una incursione di quattro carri armati e quattro bulldozers israeliani all'interno del territorio palestinese a Juhor Ad Dik , nella zona centro-orientale della Striscia.

Queste invasioni di bulldozers con l'appoggio dei tank sono pressoché quotidiane a Gaza e hanno lo scopo di distruggere ettari di campi coltivabili all'interno del confine palestinese (http://www.youtube.com/watch?v=DYIGysIr7_8).
Quando qualche ora dopo i blindati si sono poi spostati verso il quartiere di Al Zaytuon, a est di Gaza city, un gruppo di guerriglieri delle brigate Al-Quds, il braccio armato della Jihad islamica, ha cercato di respingerli.

Verso le 12,50 i carri armati israeliani hanno iniziato a bombardare. Risultato, secondo fonti mediche: 11 feriti, 4 guerriglieri e 7 civili, 3 dei quali sono bambini. Adel Jeniyeh, uno dei miliziani delle brigate Al-Quds è deceduto all'ospedale Shifa per le ferite subite.

Nella serata, per vendicare questo omicidio, mentre il Fronte Popolare sparava alcuni colpi di mortaio oltre il confine la Jihad Islamica riusciva a lanciare 2 missili Grad contro Israele colpendo, per la prima volta dal gennaio 2009, la città di Be'er Sheva. Solo danni materiali e nessuna vittima.

A questo seguivano nella notte ripetute incursioni delle forze aree israeliane e una decina di bombardamenti lungo tutta la Striscia. Caccia F16 ed elicotteri Apache hanno colpito ad Est di Gaza city, e ripetutamente Khan Younis. Nel quartier Zayton di Gaza city, nei pressi della moschea Rantisi, sono rimasti feriti dai missili due guerriglieri delle Brigate Al Quds.

Complessivamente, contando 2 contadini feriti dal fuoco dei cecchini nel pomeriggio a Beit Lahia, nelle ultime 24 ore il fuoco delle forze di occupazione israeliane ha provocato 14 feriti e un ucciso fra i palestinesi. Nessun ferito israeliano dai razzi palestinesi.

Dal gennaio 2010, secondo dati dell'Onu, 65 palestinesi sono stati uccisi dai soldati di Tel Aviv. Zero le vittime israeliane per mano dei guerriglieri di Gaza.

Nonostante Hamas stia da tempo cercando di convincere le altre fazioni a sospendere la resistenza per timori degli attacchi israeliani, la Jihad Islamica e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina non vogliono desistere dal cercare di difendere i confini della Striscia di Gaza.

Cosi' si sono espresse ieri in un comunicato le Brigate Ali Mustafa, braccio armato del Fronte: "Confermiamo la nostra volontà ad aderire alla resistenza e continueremo a combattere il nemico sionista per rispondere ai crimini degli occupanti".

Anche ieri mattina tutte le centrali di polizia e i palazzi governativi rimanevano evacuati, mentre sul cielo di Gaza continuava la tirannia di caccia F16 a volo radente. Nella notte, un missile sparato da un elicottero Apache ha centrato un'automobile che transitava dalle parti di Khan Younis.

I due uomini a bordo hanno fatto appena in tempo a gettarsi fuori dall'abitacolo prima dell'esplosione: sono feriti ma vivi. Secondo testimoni gli uomini, a bordo di un'automobile di proprietà del governo di Hamas, stavano trasferendo un grosso quantitativo di denaro, ora ridotto in cenere.


Le urgenze politiche italiane poste dalle rivolte arabe
di Piero Pagliani - Megachip - 1 Marzo 2011

1. Parto dalle rivolte arabe per mettere sul tappeto un problema più generale.

Per quanto riguarda il mondo arabo ritengo che siamo di fronte a cose molto diverse.

In Egitto e Tunisia c'è il tentativo imperialista (USA) e subimperialista (UE) di mantenere il controllo della situazione cavalcando e indirizzando le rivolte popolari verso esiti rassicuranti e per certi versi preventivati, ovvero cambi delle guardia indolori, basandosi sui militari.

Non è per nulla detto che la cosa funzioni, ma se anche il movimento popolare non dovesse fermarsi qui, si deve dotare di una direzione e di un’organizzazione, altrimenti saranno guai. Non siamo noi a doverlo insegnare a nessuno: qui è la Storia che dà lezioni a tutti.

La Libia è invece oggetto di un tentativo di balcanizzazione basato sui conflitti interni al regime e alla stessa famiglia Gheddafi. Alcuni ex (da poco) membri del regime si sono recentemente espressi a favore di un "intervento umanitario" per “evitare la guerra civile”, come Mahdi el-Arab, il capo di stato maggiore aggiunto dell’esercito libico. Se ci fosse stato bisogno di una riprova ce l’abbiamo.

I militari si corrompono con i loro giocattoli preferiti, cioè con le armi. Non è azzardato vedere in quel che sta succedendo anche un side-effect della massiccia vendita di armi moderne alla Libia da parte degli USA.

Infine fonti diplomatiche ad Islamabad hanno riferito che gli USA, la Francia e la Gran Bretagna hanno già inviato centinaia di “consiglieri militari” ai rivoltosi.

2. Bisogna capire che la caduta di Gheddafi porterà alla destabilizzazione di tutta la zona subsahariana, che ha grosse riserve petrolifere, in primis Sudan, Ciad e Nigeria. Sono sicuro che si userà questo fatto anche per cercare di contenere la penetrazione della Cina in Africa (paradigmatico è l'abbandono della Libia dei tantissimi cinesi).

Per non contare la volontà-necessità imperialista di controllare Paesi dell'area che non sono ostili ma nemmeno ciechi servitori, come la Siria e il Libano (dopo che la carta dei fedeli di Hariri si è rivelata non vincente). Ovviamente c'é poi sempre l’Iran.

Ricordo allora che questa, come ha rivelato il Generale Wesley Clark, ex comandante supremo della NATO, era più o meno la sequenza prospettata da Dick Cheney, l’indimenticabile Segretario alla Difesa di Bush: invasione di Afghanistan, Iraq, Libia, Libano, Sudan, Somalia, Siria e infine Iran.

Il Nobel per la Pace Barack Obama ha evidentemente aggiornato la lista, dato che dopo l’attentato-bufala del volo Amsterdam-Detroit del Natale 2009, ha immediatamente parlato oltre che di Somalia anche di Yemen (Paesi entro cui, guarda caso, si adagia il Golfo di Aden, passaggio obbligato delle petroliere sulla rotta da e per Suez); e, inoltre, ha aggiunto i bombardamenti sul Pakistan.

3. Insomma, siamo in piena Terza Guerra Mondiale e bisogna partire da questa constatazione per capire cosa sta succedendo.

Bisogna ad esempio prepararci a capire cosa dire e cosa fare se per caso all'Italia venisse la brillante idea di inviare un “corpo di pace” in Libia esattamente a 100 anni dall’inizio della colonizzazione sotto Giolitti.

Purtroppo in Libia non c'è nessuna forza democratica e popolare di riferimento. E questo rende più difficile capire come opporsi ad un’eventuale spedizione (forse UE, forse NATO), senza con ciò lasciare il campo agli USA.

Intendo dire che non basta opporsi a una spedizione europea (che probabilmente sarebbe principalmente composta da Germania, Francia, UK e Italia, come chiede Obama), non basta opporsi al nostro coinvolgimento, ma occorre opporsi a tutte le mire imperialistiche sulla Libia, pur in mancanza di un interlocutore politico sulla sponda opposta del Mediterraneo, cosa che rischia di trasformare quella opposizione in un favore a quelle potenze che nella Libia “liberata” stanno già mettendo buone radici.

Occorre premere perché l’Europa esprima una volontà e una capacità politica di essere una potenza autonoma e non un esecutore degli ordini statunitensi.

Ma ciò comporta automaticamente una lotta per una ridefinizione di tutta la politica estera europea, in senso unitario, neutrale e a-imperialista (antimperialista mi sembra troppo) e per una ridefinizione radicale della politica interna, in senso antiliberista e antimonetarista.

4. Tutte e tre le cose, cioè a-imperialismo, sovranità e neutralità in politica estera (e quindi anche energetica) e infine antiliberismo/antimonetarismo sono intrecciate strettamente e presumo che saranno temi che gli effetti delle rivolte arabe metteranno all’ordine del giorno.

Se non si riesce a creare un fronte di Paesi europei di peso che vada in quella direzione bisognerebbe allora essere pronti a chiedere che l'Italia si dissoci dalla UE, anche per quanto riguarda la politica monetaria (accordi di Maastricht, etc), altrimenti il rischio serio è che ci potremmo ritrovare a casa degli altri con truppe in Africa, in Kosovo, in Libano e in Afghanistan e a casa nostra con uno smantellamento selvaggio di ciò che resta dello stato sociale.

I 150 anni dell’unità d’Italia verrebbero così festeggiati con un ritorno alle peggiori abitudini, una sorta di politica imperiale senza nemmeno il welfare fascista, il tutto però benedetto in modo bipartisan.

Non è per nulla facile, ma occorre essere preparati a contrastare queste possibilità e per di più in poco tempo.

I partiti della sinistra su questo non ci seguiranno, è inutile illudersi. Anzi è certo che ci contrasteranno, chi direttamente chi facendo confusione alla ricerca di alleanze incoerenti.

E’ invece necessario unirsi con chi concorda su pochi principi base di azione politica e su alcuni punti chiave di carattere generale che occorre definire per abilitare le lotte che saranno obbligatorie.

E’ un compito urgente perché le cose rischiano di precipitare da un momento all'altro.


La guerra con il trucco
di Nicola Sessa - Peacereporter - 16 Febbraio 2011

Il ruolo dei contractors sui campi di Afghanistan e Iraq rimane in una zona grigia, ma racconta molto sul vero svolgimento delle due guerre
Il conteggio dei caduti in guerra, siamo stati abituati a farlo - fino agli anni '90 - tracciando una linea netta tra civili e soldati. Più l'arte della guerra si perfeziona, minore è il numero di militari che cadono sul campo; maggiore, quello dei civili. Poi, qualcuno ci ricorda che dobbiamo aggiungere una terza colonna.

Tutto è cambiato con le guerre in Afghanistan e in Iraq dove abbiamo imparato a conoscere il significato di guerra asimmetrica, cioè la contrapposizione di un esercito convenzionale (Usa e Nato) a una guerriglia dai contorni difficilmente delineabili che fa ricorso a strategie e tattiche atipiche per compensare la scarsità di mezzi. Ancora, in Iraq e in Afghanistan siamo entrati in confidenza con la figura dei contractors, dei militari di società private che combattono al fianco degli eserciti regolari.

Gli Stati Uniti, prima e più degli altri, hanno capito il vantaggio di schierare i contractors (i mercenari): si demanda al privato il combattimento di una guerra il cui consenso è in picchiata libera; si lascia a loro il lavoro sporco; il Pentagono non deve preoccuparsi dell'assistenza sanitaria o psicologica ai contractors che tornano dal fronte; non è compito del governo assistere i famigliari in caso di morte; i generali possono ergersi a moralizzatori per azioni sconsiderate (ricordate, tra gli altri, il caso degli uomini della Blackwater, quando aprirono il fuoco in pieno centro a Baghdad uccidendo 17 persone?).

Ma, soprattutto, il Dipartimento di Difesa può sorvolare sul numero dei contractors caduti in azioni di combattimento.

La rivista specialistica Service Contractor ha pubblicato dei numeri che fanno riflettere. Prendendo in considerazione le guerre in Afghanistan e Iraq, dal 2001 fino a giugno 2010 il numero dei soldati Usa morti in battaglia sono 5.531, i feriti 16.210.

Questi numeri non dicono tutta la verità sullo svolgimento di quelle guerre: a fianco di quelle cifre, vanno considerati gli oltre duemila contractors morti in combattimento e i 44.152 feriti. Il conto pagato dai contractors, costituisce dunque il venticinque per cento sul totale di 7.500.

Ma ciò che rende meglio l'idea, è il trend in costante crescita: nel 2003 le morti dei mercenari costituivano solo il 4 per cento del totale nelle due guerre, fino a raggiungere il 40 per cento nel biennio 2008-2010.

A partire dal 2010 i mercenari morti in battaglia hanno superato quello dei soldati statunitensi, raggiungendo il 53 per cento del totale.

Ciò rappresenta una diretta conseguenza di due fattori: 1) il numero dei contractors utilizzati in battaglia supera di oltre 30 mila unità il numero dei soldati in uniforme (207.600 a 175.000); 2) l'equipaggiamento dei soldati privati (che invece dell'elmetto portano dei cappellini da baseball) non è equiparabile a quello dei colleghi "regolari".

Service Contractor invita il governo Usa a rendere pubblico il "sacrificio" dei soldati privati affinché i cittadini statunitensi siano messi al corrente del ruolo fondamentale svolto da essi.

Ma è un invito destinato, probabilmente, a cadere nel vuoto. Il vero ruolo dei contractors è proprio quello, restare nell'oscurità per non allarmare la società americana di fronte a cifre che sono ben lontane da quelle ufficiali; per non svelare il trucco.