sabato 26 marzo 2011

Libia update

Torniamo ancora sulle tristi vicende libiche.


Tricolori e propaganda di guerra
di Marco Cedolin - Il Corrosivo - 25 Marzo 2011

Siamo in guerra ormai da una settimana, ma dai balconi delle case italiane, anzichè le bandiere arcobaleno della pace continuano a garrire i tricolori di quella patria, riscoperta anche da tanta sinistra, proprio nel momento del suo totale asservimento al padrone a stelle e strisce ed ai suoi vassalli di Bruxelles.

Il popolo dei pacifinti, presente in massa nelle piazze e nelle strade qualche anno fa durante l'invasione dell' Iraq, quando lottare contro la guerra era esercizio prodromico alla conquista di facili consensi elettorali ed ambite poltrone "che contano" sembra essersi dissolto senza lasciare traccia ed i pochi aneliti di contestazione passano perlopiù inosservati, poichè privati della sponsorizzazione di quei partiti e quelle organizzazioni che dal dopoguerra in poi gestiscono "le piazze" a proprio piacimento.

Diventa impossibile non domandarsi dove siano finite le 150.000 persone con le quali il 18 febbraio 2007 ho condiviso la manifestazione oceanica di Vicenza contro la costruzione della nuova base militare americana Dal Molin.

A rigore di logica chi si oppone con fervore alla costruzione di una base militare dovrebbe manifestarsi ben più indignato di fronte all'entrata in guerra del suo paese, ma evidentemente in questi giorni, di logica in giro se ne ravvisa davvero pochina.

Così come diventa diventa impossibile comprendere che fine abbia fatto il popolo cattolico delle marce della pace Perugia-Assisi, dal momento che il mondo cattolico in questi giorni di guerra ha finora manifestato solo inanità e desistenza, in perfetta sintonia con l'assoluto disinteresse espresso dai suoi vertici, nei confronti dell'aggressione armata a Tripoli.

E altrettanto ostica si rivela la ricerca degli strenui difensori della Costituzione, che quasi settimanalmente organizzano qualche marcetta, presidio, manifestazione, protesta di piazza, ma inspiegabilmente sembrano essere caduti vittima di una dissolvenza di fronte alla palese violazione dell'art 11, che in quanto estimatori della nostra carta costituzionale dovrebbero conoscere molto bene.....

Se il pacifismo e l'impegno di quelle forze politiche e sociali che per puro utilitarismo, della pace avevano fatto la propria bandiera, latitano e sembrano incapaci di proporre una qualche reazione degna di questo nome, la propaganda di guerra è invece ben presente, grazie all'impegno di una nutrita schiera di giornalisti prezzolati, animali politici di ventura ed opinionisti militari d'accatto che non mancano mai quando s'invade in armi qualche stato sovrano.

Gli inviati della TV sono come sempre embedded da una parte sola, che naturalmente è quella degli "eroici" insorti affamati di democrazia, e raccontano una pseudo realtà unilaterale che potremmo chiamare quella di Bengasi, della CNN, di Al Jazeera, della Nato e dei militari.

Gheddafi ha già ucciso più di ottomila civili, bisogna fermare le sue stragi ed aiutare "gli eroi" che nonostante le bombe del dittatore stanno pian piano riconquistando tutto quel paese il cui controllo spetta loro di diritto.

I missili e le bombe degli alleati impegnati nell'operazione Odissea all'alba (sarebbe stato più onesto chiamarla "Siamo in 20 energumeni che picchiano a sangue un bimbo dell'asilo ma ci piace così") sono buoni, come lo sono gli animi degli alleati stessi.

Distruggono le postazioni radar, ma anche i blindati e le jeep dell'esercito libico, ma anche le strutture aeroportuali, molte case di civile abitazione e perfino qualche ospedale.

Dentro agli automezzi non ci sono uomini, così come non ci sono uomini negli aeroporti, nei porti, nelle costruzioni civili e neppure negli ospedali. Al più ci sono criminali al soldo di Gheddafi, scudi umani e malati immaginari, ai quali lo status di essere umano è stato revocato di diritto dall'Onnipotente.

La TV ed i giornali di Gheddafi raccontano una storia diversa, fatta di morti ammazzati dai bombardamenti alleati, quartieri in fiamme e stragi di varia natura. Ma quella di Gheddafi è solo propaganda, costruita ad arte per creare disinformazione e mistificare la realtà.

Lo sappiamo bene noi giornalisti italiani ed occidentali che siamo tutti a Bengasi, embedded fra gli insorti, quelli buoni, ed a Tripoli ci guardiamo bene da andare. A Tripoli ci sono i cattivi che sostengono Gheddafi e quando se ne vedono sfilare in piazza a migliaia siamo certi che si tratti di un barbatrucco del Rais.

A Tripoli c'è un odio (naturalmente ingiustificato) nei confronti della stampa occidentale. E soprattutto a Tripoli cadono le bombe, quelle buone degli alleati, quelle che non fanno mai alcuna vittima fra i civili, perchè li trasformano in mercenari di Gheddafi e psicopatici sanguinari, sempre un istante prima di morire.


Da chi copiare, senza Aljazeera?
di Sherif El Sebaie - http://salamelik.blogspot.com - 25 Marzo 2011

Dopo aver buttato benzina su un fuoco che ha fruttato al popolo libico (finora) ben sei giorni di "volenterosi" bombardamenti, Aljazeera ammette, seppur implicitamente e per "interposta persona" (traducendo cioè in arabo un editoriale del Washington Post), la verità nota a qualsiasi persona informata minimamente sui fatti: "Gheddafi continua a godere di un' autentica popolarità presso una fetta non indifferente del popolo libico".

Nell'editoriale, comparso stamane sul sito dell'emittente qatariota, si legge: "Dopo sei giorni di bombardamenti, diventa evidente che Gheddafi può contare sulla lealtà di una parte molto consistente della popolazione in ampie zone territoriali fuori dal controllo degli insorti".

E ancora: "Il governo libico ha garantito un livello elevato di benessere, e un pacchetto di generosi servizi sociali che spaziano dall'istruzione alla sanità. Persino gli oppositori di Gheddafi, attenti a non farsi sentire dagli informatori della sicurezza, ammettono che egli gode di percentuali autentiche di sostegno". E uno.

Un mio lettore mi scrive confermando che la stessa impressione si ricava anche dall'esame approfondito del diario da Tripoli su Repubblica, che pur non è tenera (più che altro in chiave anti-berlusconiana) con il governo libico (il quale ovviamente cerca di tirare acqua al suo mulino con ogni mezzo possibile, messinscene incluse): "Non posso che restare ammirato dalla tua conoscenza della materia e, nel tentativo di sgrassare la mia limitata comprensione del caso libico dai condizionamenti della superficie dei nostri media, oggi ho esaminato con attenzione tutte le 'puntate' del "Diario da Tripoli" che Vincenzo Nigro tiene su Repubblica: Ho così scoperto cose interessanti: i bombardamenti sulle folle e la fossa comune sulla spiaggia, in effetti, sarebbero informazioni quanto meno non confermate diffuse da Al Jazeera e tuttavia almeno in apparenza prive di fondamento; in Tripolitania Gheddafi gode di un ampio sostegno popolare, per quanto le città di Misurata e Zawia siano in rivolta; quelli che i media occidentali chiamano 'scudi umani' sono in realtà cittadini libici certamente condizionati e mobilitati dal regime, ma che si radunano nei luoghi che potrebbero essere bersaglio dei bombardamenti occidentali con relativa convinzione personale". E due.

Ma mentre le opinioni dei libici e degli arabi favorevoli al Fratello Colonnello (o che semplicemente lo considerano il male minore rispetto all'Occidente) si sprecano nei commenti del sito di Aljazeera, ciò che ha sorpreso e lasciato interdetti molti lettori del Manifesto è che le stesse opinioni vengono ribadite anche sul loro quotidiano di riferimento da firme di primo piano: Valentino Parlato ha confermato di non essere affatto "un sostenitore pentito" di Gheddafi, e ribadisce che in Libia "c’è una sorta di welfare petrolifero, nel senso che la manna dell’oro nero non si ferma alla famiglia dominante ma viene distribuita anche alla base sociale". Luciana Castellina lo descrive invece come "Il vecchio leone ancora spavaldo". E tre.

Ieri, se vi ricordate, ho anche riportato l'analisi di George Friedman, influente esperto di intelligence che ribadiva le stesse identiche cose. E quattro.

E dire che queste sono cose note a questo blog da anni. Lo dissi già nel 2009, in occasione della sua prima visita ufficiale in Italia (come passa veloce il tempo, neh), che il simpatico provocatore Ghedaffi godeva di un sostegno non indifferente nel suo paese.

Affermazione che ho ribadito immediatamente alle prime avvisaglie di agitazione in terra libica, mentre alcuni dilettanti allo sbaraglio affermavano che le mie posizioni su Gheddafi erano "insostenibili" e che mi mancassero nientepopodimeno che "gli strumenti culturali" per analizzare la situazione nel mondo arabo.

Mi chiedo cosa faranno ora questi "corrispondenti" specializzati nel seguire gli eventi dagli schermi della rete del Qatar che neanche un mese fa si stracciavano le vesti dicendo che quella libica era "una sollevazione popolare", che definirla guerra civile "era improprio" perché ci sono le testimonianze di quelli che "parlano con Aljazeera".

Ora che anche l'ipocrita rete del Qatar, unica fonte di ispirazione delle loro cosiddette analisi e articoli, lascia timidamente trapelare le stesse cose che dicevo io sin dal primissimo giorno possono crederci o si aspettano che anche Sarkozy gliele detti in conferenza stampa.



" I segni della sconfitta della rivoluzione in Libia" - Appello
da www.comidad.org - 26 Marzo 2011

Faccio appello a tutti i popoli perchè ci sostengano: faccio appello agli Egiziani, ai Tunisini, ai Francesi, persino ai Cinesi, a tutti i popoli del mondo, perchè siano benvenuti il loro appoggio e la loro solidarietà [العربية ]

In poche ore, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha deciso di dare inizio agli attacchi aerei contro la Libia. La Francia era già pronta la notte prima.

Condanniamo questa risoluzione internazionale. E respingiamo totalmente ogni intervento straniero in Libia, da qualsiasi parte, e specialmente quello francese.

Quella Francia, che ha venduto a Gheddafi armi per un valore di miliardi, armi che ora vengono usate per colpire i libici, quella stessa Francia che ha continuato a fare affari con Gheddafi fino a 3 settimane fa.

Noi condanniamo questo intervento che trasformerà la Libia in un inferno peggiore. Si tratta di un intervento che sta rubando la rivoluzione agli stessi libici, una rivoluzione che sta costando loro migliaia di morti fra uomini e donne.
E’ un intervento che dividerà la stessa resistenza libica.

Ed anche se queste operazioni riuscissero a far cadere Gheddafi (o ad ucciderlo) come fu per Saddam Hussein, vorrà dire che dovremo agli Americani ed ai Francesi la nostra libertà e possiamo stare sicuri che ce lo ricorderebbero ogni istante.

Come possiamo accettare questa situazione? Come spiegheremo tutte queste vittime alle generazioni future e tutti quei cadaveri ovunque?

Essere liberati da Gheddafi solo per diventare schiavi di coloro che lo hanno armato e lo hanno sostenuto in tutti questi anni di violenza e di repressione autoritaria?

Dopo il primo errore –aver militarizzato la rivoluzione popolare – stiamo commettendo il secondo errore – l’istituzione di una nuova dirigenza o di figuri che provengono dai resti del regime libico della Jamahiriya.

Ed il nostro terzo errore si sta realizzando inevitabilmente: chiedere aiuto ai nostri nemici. Spero solo che non commetteremo anche un quarto errore: e cioè l’occupazione e lo sbarco dei marines.

Sarkozy e la Francia sono nostri nemici; e lo sono anche di tutto il Terzo Mondo. Non nascondono il loro disprezzo nei nostri confronti. A Sarkozy importa solo di essere ri-eletto l’anno prossimo.

L’uomo che ha organizzato l’incontro tra Sarkozy ed i rappresentanti del consiglio nazionale ad interim non è altri che Bernard-Henri Lévy, un filosofo ciarlatano, e per coloro che non lo conoscono, si tratta di un attivista sionista francese che si impegna strenuamente a difesa di Israele e dei suoi interessi. Costui è stato visto recentemente in Piazza Tahrir per vigilare che i giovani rivoluzionari non se la prendessero con Israele.

Cosa possiamo dire delle bombe che arrivano?
Che esse non sanno distinguere tra chi è pro-Gheddafi e chi è contro.
Le bombe colonialiste, come ben si sa, hanno il solo scopo di difendere gli interessi dei commercianti di armi.

Costoro hanno venduto armi per miliardi ed ora ne chiedono la distruzione.... Poi noi compreremo altre armi col nuovo governo ed è una vecchia storia che si ripete. Ma ci sono persone che non sanno imparare senza commettere gli stessi vecchi errori di sempre.

Credo sia tutto molto chiaro: si tratta di un vero errore strategico, un errore che il popolo libico pagherà forse per anni. Forse per un tempo persino più lungo deI governo di Gheddafi e della sua famiglia.

Mi appello oggi, in queste ore in cui la Libia sta bruciando come una nuova Baghdad, a tutti i libici, a tutti gli intellettuali agli artisti, ai laureati, a chi sa scrivere ed a chi è analfabeta, alle donne ed agli uomini, affinché rifiutino questo intervento militare di USA, Francia, Gran Bretagna e regimi arabi che lo sostengono.

Al tempo stesso faccio appello a tutti i popoli perchè ci sostengano: faccio appello agli Egiziani, ai Tunisini, ai Francesi, persino ai Cinesi, a tutti i popoli del mondo, perchè siano benvenuti il loro appoggio e la loro solidarietà.

Ma per quanto riguarda i governi, tutti i governi, noi non gli chiediamo niente, se non di lasciarci in pace, di lasciarci risolvere il problema con Gheddafi per conto nostro.

Saoud Salem, anarchico libico



Praticamente sconosciute in Occidente: le riserve d'acqua libiche
da http://poorrichards-blog.blogspot.com - 4 Marzo 2011
Traduzione per www.comerdonchisciotte.org a cura di FEY

Nessuno ha notato che quel pazzo ha costruito un ENORME CONDOTTO DI ACQUA DOLCE fino alla regione di Bengasi?
Stavano aspettando che finisse?

Il Progetto Grande Fiume Artificiale Libico, 1 Settembre 2010

…Nel 1960 durante un’esplorazione petrolifera nel profondo sud del deserto Libico, vaste riserve di acqua di alta qualità furono scoperte sotto forma di falde acquifere. …

…In Libia ci sono quattro grandi bacini sotterranei, e cioè il bacino di Kufra, il bacino di Sirte, il bacino di Morzuk e quello di Hamada, di cui i primi tre messi insieme contengono una riserva di 35.000 chilometri cubi di acqua. Queste vaste riserve offrono una quantità quasi illimitata di acqua per il popolo libico.

Il 1 ° settembre segna l'anniversario della apertura della fase principale del Progetto Grande Fiume Artificiale Libico. Questo schema acquifero incredibilmente enorme e di successo e` praticamente sconosciuto in Occidente, tuttavia rivaleggia e addirittura supera tutti i nostri progetti di maggior sviluppo. Il leader dei cosiddetti paesi avanzati, gli Stati Uniti d'America si rifiuta di riconoscere il Fiume Artificiale Libico.

L'Occidente si rifiuta di riconoscere che un paese piccolo, con una popolazione non più di quattro milioni di persone, possa costruire qualcosa di così grande senza prendere in prestito un solo centesimo da parte delle banche internazionali.

Il popolo della Libia, sotto la guida del loro leader, il Colonnello Muammar Gheddafi, ha avviato una serie di studi scientifici sulla possibilità di accedere a questo vasto oceano di acqua dolce. In principio si era presa in considerazione l’idea di sviluppare nuovi progetti agricoli vicino alle sorgenti d’acqua, nel deserto.

Tuttavia, ci si rese conto che in scala necessaria a fornire i prodotti per l’autosufficienza, ci sarebbe voluta un’enorme organizzazione di infrastrutture. Oltre a questo, sarebbe stata necessaria una maggiore ridistribuzione della popolazione della fascia costiera. L’alternativa fu quella di “portare l’acqua alla gente”.



Nell’ottobre del 1983, fu creata l’ Autorità del Grande Fiume Artificiale e investita della responsabilità di prendere acqua dalle falde acquifere, nel sud, e convogliarla con i mezzi più economici e pratici per l’uso, prevalentemente per l’irrigazione, nella fascia costiera libica.

Nel 1996 il Progetto Grande Fiume Artificiale aveva raggiunto una delle sue fasi finali, lo sgorgare d’ acqua dolce non inquinata nelle case e nei giardini dei cittadini della capitale della Libia, Tripoli. Louis Farrakhan, che prese parte alla cerimonia di apertura di questa importante fase del progetto, descrisse il Grande Fiume Artificiale come “un altro miracolo nel deserto”.

Parlando alla cerimonia di inaugurazione ad un pubblico che includeva libici e molti ospiti stranieri, il Colonnello Gheddafi disse che il progetto “ era la più grande risposta all’America…che ci accusa di avere a che fare con il terrorismo”.


Il Grande Fiume Artificiale, il più grande progetto di trasporto d’acqua mai intrapreso, e` stato descritto come “ottava meraviglia del mondo”.

Trasporta più di cinque milioni di metri cubi al giorno alle aree costiere attraverso il deserto, incrementando enormemente la quantità di terra coltivabile. Il costo totale del grandioso progetto dovrebbe superare i 25 miliardi di dollari (USA).

Composto da una rete di tubi interrati per eliminare l’evaporazione, di quattro metri di diametro, il progetto si estende per 4.000 km all’interno del deserto. Tutto il materiale è progettato e prodotto localmente.

Acqua sotterranea è pompata da 270 pozzi profondi centinaia di metri in serbatoi che alimentano la rete. Il costo di un metro cubo di acqua è pari a 35 centesimi. Il metro cubo di acqua desalinizzata è di $ 3,75. Gli scienziati stimano la quantità d’acqua equivalente al flusso di 200 anni di acqua del fiume Nilo.

L’obiettivo del popolo libico arabo, incarnato nel progetto del Grande Fiume Artificiale, è quello di rendere la Libia una fonte di ricchezza agricola, in grado di produrre cibo ed acqua adeguati al proprio fabbisogno e di dividerli con i Paesi confinanti. In breve, il Fiume è letteralmente il “buono pasto” per l’autosufficienza della Libia.

Autosufficienza?!? Non è assolutamente ammissibile. Ai bankster non piace per niente.

Questo progetto è stato in opera per molti anni. Ne avevate mai sentito parlare? Noi no, fino ad oggi.

“Acqua Fossile” Sotterranea in Esaurimento, National Geographic, Maggio 2010 . La Libia da` il via al Grande Fiume Artificiale, di Marcia Merry, pubblicato nell’ Executive Intelligence Review, Settembre 1991 .

Una cerimonia di gala si è svolta in Libia a fine agosto, in cui i leader libici hanno “aperto il rubinetto” del Grande Fiume Artificiale, il progetto di conduttura/viadotto d’acqua progettato per portare milioni di litri d’acqua da sotto al deserto del Sahara, a nord fino alla regione del Bengasi, sulla costa mediterranea. L’inaugurazione ha segnato la fine della Fase 1 del progetto, che si prevede sarà completato nel 1996.

In base al gigantesco sistema, l’acqua viene pompata da falde acquifere sotto il Sahara, nella zona meridionale del Paese, dove risorse idriche sotterranee si estendono fino all’Egitto ed al Sudan. Poi l’acqua viene trasportata dalle condutture in cemento armato fino alle destinazioni a nord. La costruzione della la prima fase cominciò nel 1984 e costò circa 5 miliardi di dollari. Il progetto completo potrebbe ammontare a 25 miliardi di dollari.

Esperti sud coreani di costruzioni costruirono le enormi condutture in Libia, utilizzando alcune delle tecniche più moderne. La prodezza ingegneristica prevede la raccolta di acqua da 270 pozzi nella zona centro-est della Libia, ed il loro trasporto attraverso circa 2.000 km di condotti fino al Bengasi ed il Sirte.

Il nuovo “fiume” trasporta 2 milioni di metri cubi di acqua al giorno. Al suo completamento, il sistema coinvolgerà 4.000 km di tubature, e 2 acquedotti di circa 1.000 km. A partecipare alle celebrazioni d’apertura del fiume artificiale sono stati dozzine di capi di stato arabi ed africani e centinaia di altri diplomatici e delegazioni straniere.

Tra di essi vi erano il presidente egiziano Hosni Mubarak, re Hassan del Marocco, il capo del Sudan, gen. Omar El Beshir, ed il presidente del Gibuti Hassan Julied.

Il colonnello Muammar Gheddafi ha detto ai partecipanti: “Dopo questo risultato, le minacce americane contro la Libia raddoppieranno…. Gli Stati Uniti inventeranno scuse, [ma] la vera ragione sarà quella di fermare questo risultato, per mantenere il popolo libico oppresso”. Gheddafi ha presentò il progetto davanti alla folla esultante quale dono al Terzo Mondo.

Mubarak parlò alla cerimonia e sottolineò l’importanza regionale del progetto. Gheddafi ha fatto appello ai contadini egiziani affinché andassero a lavorare in Libia, dove ci sono solo 4 milioni di abitanti. La popolazione dell’Egitto e` di 55 milioni di abitanti, sovraffollati in zone ristrette lungo il fiume Nilo e la regione del delta.

Negli ultimi 20 anni, i progetti idrici di miglioramento previsti per l’Egitto, che potrebbe fornire più acqua e più ettari di terreni agricoli e residenziali, sono stati ripetutamente sabotati dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, e gli interessi finanziari anglo-americani alle loro spalle.

Nel 1970, Gheddafi espulse molte famiglie egiziane dalla Libia, ma negli ultimi mesi I due paesi sono diventati nuovamente uniti. Ci sono piani di costruire una ferrovia per facilitare i viaggi da uno all’altro. C'è anche una commissione permanente tra il Sudan e la Libia per l’integrazione dell’attività economica.

Oltre il 95% della Libia è occupato dal deserto, e le nuove risorse idriche possono creare migliaia di ettari di terre agricole irrigate. Al momento, circa l’ 80% della produzione Agricola del paese viene dalle regioni costiere, dove le falde acquifere locali sono state eccessivamente sfruttate, e vi sono infiltrazioni di acqua salata.

Il Grande Fiume Artificiale risolverà questo problema. L’acqua che ora scorre sopperirà ai bisogni domestici ed industriali del Bengasi e del Sirte. Ma i funzionari libici hanno in mente di utilizzare l’ 80% del flusso complessivo per irrigare vecchie fattorie, e bonificare alcune terre deserte. Poiché il 20% delle importazioni della Libia sono prodotti alimentari, le forniture espanse di acqua sono un mezzo per raggiungere una maggiore autosufficienza.

Il Progetto del Grande Fiume Artificiale ed i suoi obiettivi vanno contro gli schemi di controllo idrico sanciti dalla Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale. Queste istituzioni hanno bloccato i lavori si altri “grandi progetti” come il Canale di Jonglei – l’enorme fossato progettato come canale diritto sul Nilo Bianco superiore, nel Sudan meridionale.

Il Canale di Jonglei, rimasto incompiuto ed abbandonato, al momento, avrebbe prosciugato paludi, aiutato l’agricoltura, i trasporti, le risorse energetiche e la sanità, ed ampliato il flusso del fiume Nilo fino all’Egitto.

La Banca Mondiale e il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti stanno supportando un “Summit sull’acqua nel Medio Oriente” che avrà luogo in Turchia il prossimo novembre, con lo scopo di promuovere solo progetti politicamente favoriti come gli impianti di desalinizzazione in Arabia Saudita, e le carenze d’acqua altrove.

I circoli di Londra e Washington furono furiosi per l’inaugurazione del nuovo progetto idrico libico. Il Financial Times londinese mosse critiche al progetto da Angus Henley del londinese Middle East Economic Digest. Il canale, disse, è il “progetto prediletto di Gheddafi. Egli vuole essere visto come qualcosa di diverso dal flagello d’occidente”.

Il Financial Times chiamo` il progetto “l’utopia” di Gheddafi, affermando che i critici possono provare ammirazione per l’ingegneria coinvolta, “Ma considerano il sogno come un monumento alla vanità, che ha poco senso economico in un paese dove il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite considera il 94.6% del territorio una landa desertica desolata”.

Se è stata la vanità a motivare il progetto, almeno quella del capo di stato libico viene incanalata verso la produttività, in questo caso, che è più di quello che si può dire dei leader della Gran Bretagna e degli Stati Uniti.


La mappa etnica della Libia da Arthur Zbygniew



Ma quale Gheddafi Sarkò ha dichiararto guerra all'Italia
di Francoe Bechis - http://fbechis.blogspot.com - 24 Marzo 2011

Da tre anni il presidente francese Nicolas Sarkozy si occupava in prima persona e con il suo staff di due affari colossali che però non riuscivano mai ad andare in porto: la vendita alla Libia di una intera flotta aerea da combattimento confezionata da Dassault e un colossale investimento transalpino per costruire centrali nucleari a Tripoli e dintorni.

I due affari colossali erano stati concordati fra lo stesso Sarkozy e il colonnello Mohamar Gheddafi nel dicembre 2007 a Parigi, quando il leader libico piantò fra mille polemiche la sua tenda davanti all’Eliseo.

Bersagliato da critiche oltre che dagli intellettuali (in prima fila il filosofo Bernard Henry Levy), anche da esponenti del suo partito, Sarkozy si difese sostenendo che da Gheddafi aveva ottenuto oltre a un impegno diretto sul rispetto dei diritti civili in Libia, anche la firma su contratti preliminari da favola che avrebbero riversato sulle imprese francesi più di 10 miliardi di euro.

I contratti a dire il vero non li ha mai visti nessuno, ma è stato proprio il presidente francese a rivelarli all’indomani di quel faccia a faccia con il dittatore libico. Una cosa però è certa: nonostante il pressing dell’Eliseo, quell’accordo con la Libia non ha dato nemmeno il più pallido dei risultati attesi.

Dassault ha ottenuto soltanto una mini-commessa per sistemare quattro vecchi Mirage venduti nel passato a Gheddafi. E ogni accordo preliminare con la Francia contenuto in quel pacchetto del 2007 è stato reso carta straccia da Gheddafi che di volta in volta ha sostituito le imprese francesi con quelle russe o quelle italiane, facendo schiumare di rabbia Sarkozy. Che ha una sola fortuna: oggi in Libia non sta bombardando né interessi né infrastrutture francesi.

Il primo obiettivo, la flotta aerea del colonnello libico è composta da 20 velivoli tutti di fabbricazione russa: Mig 21s, Mig 23s e Sukhol 22s. Due dei quattro vecchi Mirage francesi sono stati portati a Malta dai piloti che hanno disertato ben prima della risoluzione Onu.

Quasi tutti di fabbricazione russa i 40 elicotteri da guerra posseduti dal colonnello, compresi i Mi-18 identici a quelli che Vladimir Putin ha venduto alla Nato per la missione in Afghanistan. Solo quattro sono invece americani: vecchi Chinooks rimessi in sesto in Italia da aziende del gruppo Finmeccanica.

Per lunghi mesi il presidente francese le ha provate davvero tutte per sigillare gli accordi con Gheddafi. Ha formato perfino una sorta di cabina di regia all’Eliseo per sostenere in ogni modo le mega commesse militari di Dassault.

Ha provato a coinvolgere nell’operazione gli Emirati Arabi Uniti, che si sono detti disposti sia ad addestrare piloti libici per quegli aerei ( i Rafales) che montavano su missili Scalp Cruise (americani), sia a co-finanziare l’operazione libica rinnovando con Dassault la propria flotta.

Nel pressing su Gheddafi Sarkozy ha messo in campo nel novembre scorso il migliore amico francese del colonnello, Patrick Ollier, ex presidente del gruppo di amicizia franco-libico, divenuto in quei giorni ministro per i rapporti con il Parlamento.

Ollier, testa di ponte con il regime libico, è per altro il compagno convivente del ministro degli Esteri Michele Aliot Marie, costretta alle dimissioni a fine febbraio dopo che è stata scoperta una sua vacanza di Natale a spese del presidente tunisino Ben Alì.

Se si aggiunge lo stretto legame fra il premier francese Francois Fillon e Hosni Moubarak, si può ben capire quanta passione per i diritti civili nell’Africa Mediterranea possa avere mosso la Francia in questa spedizione punitiva contro Gheddafi.

Che le persecuzioni delle popolazioni civili contassero assai poco per Sarkozy è testimoniato dai lunghi report pubblicati su una agenzia che produce una newsletter riservata, “Maghreb Confidential”, assai vicina all’Eliseo di cui riporta con frequenza commenti ufficiali o ufficiosi.

Da quelle note emerge la progressiva e crescente stizza del presidente francese per i patti economici con la Libia che restavano incagliati e spesso venivano soffiati dalla Russia di Putin e da due colossi italiani che sebrano avere fatto venire l’ulcera a Sarkozy: Eni e Finmeccanica.

Stizza perfino per il ruolo ricoperto dall’ex cancelliere tedesco Gerard Schroeder a inizio 2010 come advisor a fianco di Deutche Ban in grado di soffiare ai francesi una importante commessa per costruire la metropolitana di Tripoli.

Così già a fine novembre scorso Sarkozy aveva iniziato la sua contro-offensiva verso Gheddafi, trovando la leva per sollevare molti segreti del regime libico. In quei giorni è arrivato a Parigi con tutta la sua famiglia uno degli uomini più vicini al colonnello, Nouri Mesmari, capo del protocollo di Gheddafi.

Ufficialmente era in Francia per affrontare una delicata operazione. Ma si trattava solo di una scusa. Lo ha capito subito il colonnello, che ha firmato di suo pugno un mandato di cattura internazionale nei suoi confronti.

Mesmari è stato fermato formalmente dalla polizia francese e ai primi di dicembre ha fatto domanda a Sarkozy di asilo politico per sé e la sua famiglia. Da quel momento è diventato il più prezioso collaboratore della Francia, svelando tutti i segreti militari ed economici della Libia. E offrendo a Parigi le chiavi del paese. A patto naturalmente di sgombrare la Libia dalla presenza di Gheddafi e della sua corte.


Un gioco delle parti tra Sarkozy e Obama? Chi ci rimette è l'Italia
di Marcello Foa - www.ilgiornale.it - 26 Marzo 2011

Nicolas Sarkozy è una risorsa per la Francia e una speranza per l’Europa: sta diventando un problema, per tutti. Dal Dopoguerra ad oggi più volte sono sorti problemi e inimicizie tra leader di diversi Paesi, quasi sempre per eccesso di personalità.

Margaret Thatcher portò più di un capo di governo sull’orlo dell’esaurimento nervoso, Helmut Schmidt e Helmut Kohl erano negoziatori implacabili, e gli stessi francesi hanno segnato più di una pagina con le alzate di Charles De Gaulle, Valéry Giscard d’Estaing, François Mitterrand, persino Jacques Chirac.

Nessuno, però, può essere paragonato a Sarkozy per la totale insensibilità alle ragioni altrui e l’incredibile superbia con cui rifiuta di accettare le sconfitte.

Nelle ultime settimane ha provocato tutti: la cancelliera tedesca Angela Merkel, incrinando, come mai prima d’ora, l’asse franco-tedesco; Silvio Berlusconi, a dispetto di un rapporto fino a ieri ritenuto da entrambi privilegiato; l’inglese David Cameron, usato come uno yo-yo, nonché tutti i leader dei Paesi nordici.

Ovunque passi, Sarkozy lascia macerie. Anche in casa. Date un’occhiata ai sondaggi: Sarko è straordinariamente impopolare e nemmeno la guerra in Libia è servita a farlo risalire, a conferma che la sfiducia dei francesi non è ciclica, come capita a ogni politico, ma consolidata.

Giudicano il politico, ma diffidano innanzitutto dell’uomo, che ha dimostrato di non avere le doti di equilibrio, regalità e saggezza che il Paese richiede da sempre al presidente della République.

Lo psicologo Pascal De Sutter aveva avvertito gli elettori, in un celebre libro del 2007: Sarkozy è un uomo tormentato, collerico, poco padrone di sè, eppure straordinariamente egocentrico, ambizioso e dominante.

Personalità complessa, la sua, caratterizzata da un narcisimo compensatorio e dal bisogno di riconoscimento che lo porta a cercare sempre la rivincita, scaricando sugli altri le proprie colpe.

In queste ore Sarkozy continua a incassare sconfitte: ha dovuto cedere alla Nato il comando delle operazioni militari in Libia, come richiesto da Berlusconi e da altri leader europei, ha dovuto subire la reprimenda sia del segretario generale del Patto Atlantico che della stessa Merkel. Eppure continua ad essere persuaso che siano gli altri a sbagliare e non rinuncia alla sua aggressiva supponenza.

Il problema psicologico è evidente, eppure potrebbe esserci dell’altro. Sappiamo che Sarkozy ha trascinato il mondo in questa guerra non tanto per ragioni umanitarie, quanto per motivi politici, economici e di riposizionamento geostrategico nel Nord Africa.

Una domanda, però, sorge spontanea: possibile che il mondo lo lasci fare e, soprattutto, che l’America si lasci relegare in secondo piano con tanta facilità?

Come ha rivelato l’altro giorno Franco Bechis su Libero, Nouri Mesmari, uno dei fedelissimi di Gheddafi, l’ottobre scorso è fuggito a Parigi con la famiglia e sarebbe l’uomo che, con l’aiuto degli 007 francesi, ha fomentato e poi organizzato la rivolta in Cirenaica contro il Rais.

É inverosimile che Washington non sapesse della defezione, né che non conoscesse le vere dinamiche della «spontanea» rivolta libica. Eppure ha lasciato fare. Perché? Ufficialmente Obama ha mostrato freddezza sull’operazione, lasciando intendere di essere stato trascinato controvoglia dall’Eliseo.

Il sospetto è che in realtà sia un gioco della parti: Sarko fa l’interventista, Obama il moderato, che protesta. Ma non lo ferma.

Pensateci: se gli Usa fossero stati davvero contrari non avrebbero mai permesso che si giungesse a questo punto.
Lasciano fare, forse perché il finale è già scritto: spartizione dell’energia e del gas libici. Con un solo grande perdente: l’Eni. E con l’Eni, l’Italia.