Come segnalato qualche giorno fa, il futuro per il Presidente boliviano Evo Morales e’ tutto in salita. Di ritorno dal suo viaggio in Libia e Iran, Evo Morales si è trovato di fronte a una situazione molto difficile da gestire e non è la prima volta da quando e’ diventato presidente.
Gruppi d'assalto formati da civili e finanziati dai prefetti ribelli delle regioni ricche del Paese, hanno occupato uffici rappresentanti di istituzioni pubbliche nella zona di Cobija, regione del Pando (nella Bolivia Orientale), gettando nel panico il Paese.
Ma anche nel dipartimento di Beni un gruppo di civili ha assaltato gli uffici del Servizio di Riscossione delle Imposte costringendo le forze di polizia a chiedere rinforzi per mantenere l'ordine pubblico.
Un appello alla calma rivolto alla popolazione è stato lanciato dallo stesso Presidente che ha parlato anche di golpe civico. Inoltre Morales si è rivolto alle Forze Armate del Paese chiedendo di “difendere la democrazia boliviana”.
Ma la situazione è davvero delicata. Morales ha ricordato come queste azioni abbiamo molte cose in comune con i fatti avvenuti nel 1980 quando il generale Meza aiutato da alcuni militari mise in atto il suo colpo di Stato.
E il Consiglio nazional-democratico (Conalde), organo formato dai prefetti della Bolivia che si oppongono al presidente Evo Morales, ha invitato oggi i settori sociali del Paese a dare vita a un ''ampio fronte'' che impedisca la ratifica della nuova Costituzione.
Inoltre i prefetti di Santa Cruz, Tarija, Beni e Pando, riuniti a Santa Cruz, hanno annunciato l'inasprimento dei blocchi stradali che da dieci giorni bloccano i rifornimenti di generi alimentari ed energetici nelle zone sud-orientali della Bolivia.
Il Conalde ha infine elaborato una risoluzione che chiede la restituzione dei proventi derivati dall'Imposta diretta sugli idrocarburi (Idh) che ''il governo di Morales pretende di redistribuire''.
Naturalmente il governo centrale ha condannato la risoluzione del Conalde, definendola una ''minaccia per il Paese''.
Sono cominciate quindi le grandi manovre per cacciare con la forza Evo Morales dalla Presidenza della Bolivia.
Gli USA, e chi per loro nel Paese, ne hanno gia’ avuto abbastanza dei suoi provvedimenti a favore delle classi piu’ indigenti.
Ma e’ ancora tutto a vedere se riusciranno nel loro intento di defenestrarlo.
Alta tensione
di Alessandro Grandi – Peacereporter – 20 Agosto 2008
Chi credeva che il referendum revocatorio del 10 agosto scorso, brillantemente superato dal presidente Evo Morales con il 64 percento dei voti a favore, fosse la fine di un periodo di tensioni con i prefetti ribelli sostenitori delle autonomie regionali si deve ricredere.
I fatti. Al centro della questione fondamentalmente ci sono due persone: Evo Morales, presidente indigeno e il prefetto della regione di Santa Cruz, la più ricca del Paese, l'agguerrito Ruben Costas. Contrario a ogni decisione governativa in materia di economia nazionale, Costas ha sfidato più volte Morales chiamando la popolazione ad esprimersi per mezzo di votazioni sull'autonomia regionale. Non solo. Costas ha lanciato il guanto della sfida a Morales mettendo da parte il capo della polizia della regione, uomo voluto dal governo. Inoltre, ultima delle sue azioni, ha indetto per oggi un nuovo sciopero generale, con relativo blocco stradale. Dunque dalla mezzanotte di oggi tre dipartimenti (Pando, Beni e Santa Cruz) si fermeranno, le strade saranno bloccate e il traffico su ruota, il più importante del Paese, probabilmente verrà paralizzato. I leader dei dipartimenti di Tarija e Chuquisasca, invece, decideranno solo oggi se aggregarsi alle proteste o definire nuove misure di lotta.
Pressioni. Al centro del contendere c'è la richiesta delle regioni ricche della restituzione dell'Idh (Impuesto Directo a los Hidrocarburos). Il governo, infatti, ha deciso di abbassare la quota di proventi in arrivo dalla tassa sugli idrocarburi promessa alle zone della produzione. Ma l'abbassamento della quota non è un'idea campata in aria. Morales, infatti, ha deciso di finanziare un progetto per gli anziani boliviani che vivono in situazione di estrema povertà. Una decisione, quella del presidente che ha fatto storcere il naso ai prefetti ribelli. E non sono mancate le violenze: già nella giornata di ieri gruppi di giovani armati di bastoni appartenenti all'Union Juvenil Crucenista hanno causato numerosi incidenti scontrandosi con i fedelissimi del presidente. Alto il bilancio dei feriti a fine giornata. Inoltre, nel popoloso quartiere Plan 3000 alcuni giornalisti e fotografi sono stati selvaggiamente malmenati e le loro auto distrutte.
Il governo. Dialogo, dialogo e ancora dialogo. Sembra essere questa la strada che seguirà l'esecutivo boliviano, nonostante tutto. Il ministro Alfredo Rada ha condannato gli episodi di violenza di ieri e l'annuncio di un imminente nuovo sciopero previsto per oggi. “Abbiamo sentito minacce contro la sicurezza e contro la tranquillità e la convivenza pacifica” ha detto Rada che ha aggiunto: “Adesso si mettono a dire che bloccheranno nuovamente le strade del Paese. Queste non sono misure utile alla nazione che ha bisogno di estrema tranquillità e non di scontri fisici e verbali”.