giovedì 11 settembre 2008

Sri Lanka: la guerra alla stretta finale

Negli ultimi mesi la campagna militare del governo dello Sri Lanka contro l'Ltte (Liberation Tigers of Tamil Eelam) ha subito una brusca accelerazione. Da quando è ufficialmente decaduto a gennaio un fragilissimo cessate-il-fuoco, Colombo ha mosso attacchi da terra, aria e mare nel tentativo di circondare e isolare i ribelli nelle roccaforti del nord a Jaffna, Vavuniya, Kilinochchi Mullaitivu.

Tra la fine di luglio e gli inizi di agosto, le Tigri avevano inoltre offerto una tregua per consentire il tranquillo svolgimento del meeting regionale South Asian Association for Regional Cooperation (Saarc) nel corso del quale si era discusso di terrorismo, crisi alimentare ed energetica. Ma il governo aveva risposto attaccando massicciamente, non volendo concedere tempo alle Tigri per riprendere fiato.

Più volte infatti il premier Ratnasiri Wickramanayaek ha ribadito la sua intenzione di concludere la guerra entro la fine dell'anno. Un conflitto, cominciato 25 anni fa, che ha gia’ provocato la morte di circa 70.000 persone.

Due giorni fa poi il governo dello Sri Lanka ha annunciato un divieto agli operatori umanitari stranieri e a molti lavoratori locali di svolgere attività nel nord del Paese, dove sono attivi i ribelli Tamil.
Il segretario della Difesa Gotabhaya Rajapaksa ha avvertito che Colombo potrebbe non garantire la sicurezza dei lavoratori delle numerose ONG presenti nella zona, dopo la decisione di intensificare la guerra contro le Tigri Tamil.

E infatti ieri l'aviazione dello Sri Lanka ha bombardato quello che ritiene essere il quartier generale delle Tigri Tamil, nella regione settentrionale di Kilinochchi. Non si hanno per il momento notizie di vittime ma il comando delle Nazioni Unite ha confermato l'esplosione, dicendo che uno dei loro veicoli è stato leggermente danneggiato, e sono pertanto cominciate le operazioni di evacuazione del personale ONU.

Il governo quindi e’ fermamente deciso a concludere in fretta questa guerra, ma le Tigri Tamil continuano a resistere coraggiosamente.
Comunque la guerra sembra aver imboccato la strada verso la sua stretta finale.


Offensive senza testimoni
di Naoki Tomasini - Peacereporter - 10 Settembre 2008

Le Tigri tamil sono strette all'angolo ma combattono ancora. Da alcuni mesi l'esercito di Colombo sta conquistando larghi tratti di territorio nel nord del paese, province e regioni che in passato erano controllate dai ribelli. Ma quando si pensava che la resistenza dei ribelli fosse allo stremo, le Tigri hanno lanciato una sortita contro una base militare a Vavuniya, nel territorio controllato dal governo di Colombo. L'attacco è andato a segno, e oggi l'esercito nazionale ha ricominciato a bombardare le postazioni ribelli. Nel frattempo le Nazioni Unite iniziano a ritirare il proprio personale dal nord dell'isola.

Martedì 9 settembre un commando suicida delle Trigri tamil, una decina di membri del reparto delle cosiddette Tigri Nere, di cui facevano parte anche cinque donne, ha attaccato una base dell'esercito di Colombo a Vavuniya, nella zona controllata dal governo, uccidendo almeno una dozzina di soldati e un civile, prima di essere a loro volta eliminati. Il bilancio ufficiale parla di 25 vittime, mentre fonti tamil riferiscono di almeno 20 morti solo tra i soldati cingalesi. L'attacco è stata la prima reazione delle Tigri dopo alcuni mesi di sconfitte, che le hanno costrette a ritirarsi in profondità nella giungla e avevano fatto pensare a un'imminente fine del conflitto che, dal 1983, ha già causato la morte di oltre 70mila persone.

Con queste ultime vittime il bilancio ufficiale dall'inizio del 2008 è salito a 6462 morti tra i ribelli e 631 tra le forze armate cingalesi. Secondo fonti del governo, durante l'attacco contro la base di Vavuniya, la contraerea cingalese avrebbe abbattuto uno degli aeroplani usati dai ribelli per i bombardamenti. La notizia è stata però smentita e, al pari del numero delle vittime, non può essere verificata per via dell'assenza di fonti indipendenti sul posto. Secondo il portavoce dei ribelli, Rasian Ilanthirayan, l'aereo delle Tigri “ha abbattuto una stazione radar e una torretta di comunicazione, distrutto alcuni depositi di armi e postazioni antiaeree, per poi tornare alla base intatto”. La rudimentale ma efficace aviazione in possesso delle Tigri tamil consiste in cinque velivoli di fabbricazione ceka, modello Zlin 143, contrabbandati a pezzi e assemblati dai ribelli.

Mercoledì è partita la rappresaglia dell'aviazione srilankese, che ha colpito in almeno quattro raid quello che viene considerato il centro di controllo e comando delle Tigri, nel mezzo della regione di Kilinochchi, uno degli ultimi bastioni dei ribelli tamil nel nord del paese. Nonostante le perdite subite martedì a Vavuniya, il governo ha intenzione di schiantare definitivamente la resistenza dei ribelli nel nord del paese. Di fatto però, ogni attacco delle forze armate contro le aree tamil provoca centinaia, quando non migliaia di profughi, che in maggioranza fuggono proprio verso le aree controllate dai ribelli, esponendosi ancora di più ai bombardamenti governativi. Il protrarsi dell'offensiva militare rende oggi estremamente difficile il lavoro delle organizzazioni umanitarie che cercano di alleviare la grave situazione dei profughi, che sono oltre 150mila solo nel nord del paese.

Martedì 9 le Nazioni Unite hanno annunciato l'inizio del ritiro del loro personale dalle zone coinvolte negli scontri, senza specificare un calendario per il ritiro completo della missione, e precisando che il sostegno ai profughi non cesserà. Lunedì il governo di Colombo aveva avvertito di non essere in grado di proteggere gli operatori umanitari nel distretto di Wanni, invitando le Ong a lasciare la zona, per evitare il ripetersi del massacro di 17 impiegati dell'organizzazione francese Action Against Hunger, avvenuto nell'agosto 2006.

Le Nazioni Unite hanno subito accolto il consiglio, mentre le altre, poche, Ong rimaste nella zona, tra cui la Croce Rossa Internazionale, fanno sapere di non avere piani di evacuazione, almeno per il momento. Mercoledì il Segretario Generale dell'Onu, Ban Ki Moon, ha espresso la sua preoccupazione per l'aggravarsi del conflitto in Sri Lanka e ha ricordato alle parti il dovere di “garantire sicurezza e libertà di movimento per i civili e per le organizzazioni umanitarie”. Secondo l'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, Unhcr, lo scontro tra l'esercito di Colombo e il Liberation Tigers of Tamil Eelam (Ltte) ha causato lo sfollamento di 12mila famiglie nel solo mese di luglio 2008.