In un Paese normale un essere del genere che si autodefinisce giornalista, ma che e’ invece un semplice zerbino per i piedi sudici dei vari politici che si alternano sulle bianche poltrone, non avrebbe mai avuto l’occasione di condurre trasmissioni televisive di taglio "giornalistico" con ospiti potenti in studio.
Ma poiche’ l’Italia non e’ e non sara’ mai un Paese normale, su Rai 1 la seconda serata dal lunedi’ al giovedi’ e’ da quasi 15 anni monopolizzata da quell’insulso programma condotto dall’insetto strisciante.
E tutto cio’ e’ assolutamente normale in un Paese come l’Italia…
Emilio Vespa
di Marco Travaglio – L’Unita’ -27 Settembre 2008
La notizia sorprenderà qualcuno, ma carta canta: Bruno Vespa potrebbe essere in buona fede. Anzi in buona Fede, nel senso di Emilio, come lo chiama familiarmente Al Tappone. La prova? Eccola: una letterina inviata da Emilio Vespa alla Stampa in risposta a un’intervista di Beatrice Borromeo, che aveva osato dire quel che pensa (come milioni di italiani) di Porta a Porta: "Ridicolo. All’estero lo prendono in giro. È privo di qualsiasi dignità. L’episodio di Vespa scambiato da Berlusconi per il ‘dottor Fede’ è significativo. Il conduttore mette a proprio agio al di là della verità, non ponendo mai obiezioni per amore della poltrona. Per questo i politici vanno lì e non da Santoro: sanno che non gli succederà nulla. E questo, giornalisticamente, è inaccettabile... Con la Vezzali mi sembrava imbarazzato persino Berlusconi! Poi ognuno dice quello che gli pare... ma non capisco cosa c’entri con un programma d’approfondimento. Quella è adulazione”.
Comprensibilmente risentito, in quanto disabituato alle critiche, Emilio Vespa s’è scagliato contro la Borromeo dandole della "valletta di Santoro", "cinguettante" e dotata di un misero "cervellino". Poi ha fornito la prova insuperabile dell’unanime apprezzamento di cui godrebbe Porta a Porta nel mondo intero: “Pochi giorni fa Josè Maria Aznar, già carismatico primo ministro spagnolo, ha lodato Porta a Porta definendola la migliore trasmissione europea del suo genere e rammaricandosi che altri Paesi, a cominciare dal suo, non la imitino... Aznar chiese espressamente di essere invitato a Porta a Porta durante una sua visita ufficiale e lo stesso ha fatto il primo ministro rumeno che verrà in ottobre in Italia”.
Ecco, ad avviso dell’insetto la qualità di un programma di informazione si misura dal gradimento dei politici. Se i suoi ospiti e aspiranti ospiti ne parlano bene, vuol dire che il programma è buono. Per lui, i padroni sono i politici, non i cittadini. Infatti nel ’93 proclamò tutto giulivo che il suo "editore di riferimento" era la Dc di Forlani, appena indagato per Tangentopoli, col quale inscenò un’intervista a braccetto, scorticandosi le ginocchia. L’idea che il gradimento spetti al pubblico che paga il canone e auspicherebbe, magari, eventualmente, interviste con domande, non l’ha mai sfiorato. E nemmeno il sospetto che Aznar (così “carismatico” da farsi trombare dal giovane outsider Zapatero) voglia importarlo in Spagna perché i giornalisti spagnoli fanno domande.
Il carismatico Aznar sa benissimo cosa accade se un politico mente e la libera informazione lo sbugiarda, peggio ancora se in campagna elettorale. Infatti lui, in campagna elettorale, tentò di addossare ai baschi dell’Eta, anziché ad Al Qaeda, la strage sui treni di Madrid. Avesse avuto a disposizione un Porta a Porta con un insetto iberico in studio, avrebbe trovato una formidabile cassa di risonanza per la sua carismatica maxi-balla e avrebbe rivinto le elezioni. Invece, purtroppo per lui, dovette fare i conti con la stampa e le tv spagnole pubbliche e private, che gli smontarono la bufala in quattro e quattr’otto, facendogli perdere 10 punti.
Più o meno quel che è accaduto dieci giorni fa alla povera Sarah Palin al suo esordio su una tv nazionale, scarnificata dall’intervistatore. L’altroieri è toccato a John Mac Cain, che ha disertato il faccia a faccia con Lettermann inventandosi un impegno inesistente ed è stato subito sputtanato dal grande Dave, che gli ha dato del “bugiardo” in diretta. Cose inimmaginabili in Italia, soprattutto per Emilio Vespa.
Qualche anno fa, intervistata nel docu-film di Sabina Guzzanti “Viva Zapatero!”, Marcelle Padovani del Nouvel Observateur confessò sconsolata: “Io sono incapace di raccontare Porta a Porta. Il mio giornale mi ha chiesto di fare un pezzo sulle trasmissioni televisive. Ma non riesco a sintetizzare che cos’è Porta a Porta per il pubblico francese, perché non c’è l’equivalente, non esiste”.
Porta a Porta è il sogno di tutti i politici bugiardi del mondo che però, all’estero, devono limitarsi a sognare. In Italia, invece, si prenotano con una telefonatina a Emilio Vespa e lui, come ebbe a dire in una memorabile telefonata intercettata col portavoce di Fini, gli “confezioniamo addosso la trasmissione”. Poi, certo, qualche rischio permane: è lo stesso Emilio Vespa a rammentare che "Yasser Arafat e Simon Peres si incontrarono a Porta a Porta per l’ultima volta". Poi Arafat morì. Più che Porta a Porta, Porta Sfiga.