martedì 30 settembre 2008

Wall Street: Il toro preso per le corna

La crisi finanziaria mondiale si e’ aggravata dopo che il Congresso Usa ha bocciato il piano di Bush di salvataggio delle istituzioni finanziarie americane.
Immediata la reazione di Wall Street che e’ affondata, con gli indici che hanno chiuso la seduta segnando il maggior calo giornaliero dal 1987 (meno 8,8% con oltre 1000 miliardi di dollari bruciati).
Idem dicasi per tutte le altre Borse nel mondo, contraddistinte da pesanti cali.

Il ministro del Tesoro Henry Paulson ha pero’ affermato che userà tutti i mezzi a sua disposizione per proteggere i mercati finanziari dal voto della Camera. In una nota del Tesoro si legge “Il ministro Paulson si incontrerà col presidente George W. Bush, col presidente della Federal Reserve Ben Bernanke e con i leader del Congresso per seguire gli sviluppi. Nel frattempo siamo tutti pronti a lavorare con i regolatori e utilizzare tutti i mezzi a nostra disposizione per proteggere i nostri mercati finanziari e la nostra economia.”
Paulson ha infine aggiunto che “Le famiglie e le imprese avvertono la stretta del credito [...] è un piano che funziona e ne abbiamo bisogno il più presto possibile”.

Ma ormai e’ gia’ troppo tardi.

Wall Street: le Borse del mondo si preparino all’onda d’urto
di Ilvio Pannullo – Altrenotizie – 30 Settembre 2008

Per pochi voti, il Congresso Usa non ha approvato il piano di salvataggio proposto da Bush. E' l'ultima grande sconfitta politica per l'amministrazione e le sue ricette economiche. Del resto, oltre ai cadaveri politici, la crisi dei mutui sub-prime continua a lasciarsi alle spalle cadaveri finanziari svuotati oramai di ogni valore. La prima a cadere fu la Nothern Rock, nel dicembre del 2007 in Inghilterra, cui seguì il salvataggio pilotato della banca d’investimenti Bearn Stearns da parte di JP Morgan. Era il marzo di quest’anno. C’é stato poi il fallimento della Lehman Brothers e della nazionalizzazione da 200 miliardi di dollari dei due colossi dei mutui, Fannie Mae e Freddie Mac, la più imponente da quando gli USA sono una nazione.

La crisi ha poi travolto, dando così al mondo intero il segno lampante della sua natura strutturale, anche il settore assicurativo, come mostrato dal salvataggio del colosso AIG, costato al governo USA 85 miliardi di dollari, e dalle ingenti perdite registrate dalla Swiss Re, la prima società al mondo, per capitalizzazione, nel settore riassicurativo. E’ notizia di questi giorni, infine, che lo stato del Lussemburgo è pronto ad assumere una partecipazione nel capitale della banca belga-olandese Fortis per farla uscire dalla crisi che sta attraversando; questo nonostante tutti i politici europei (i nostri in questo si uniscono al coro) facciano a gara nel ribadire che il sistema europeo è stabile e sicuro.

Ma le cose, ovviamente, non stanno come vorrebbero farci credere. E’ bastata, infatti, qualche indiscrezione sul piano di salvataggio varato dall’ex numero uno della Goldman Sach, ora ministro del Tesoro USA, Henry Paulson, per far volare le borse in cielo nei giorni immediatamente successivi al fallimento della Lehamn Brothers. Così come è bastato qualche stop and go nella sua approvazione per farle riprecipitare nel baratro da cui i più ingenui pensavano si fossero salvate, per bruciare l’ennesima montagna di dollari ed aggiungere un’altra lapide – l’ultima porta su scritto “Washington Mutual” – nel cimitero di quella che un tempo era la capitale della finanza: Wall Street.

Tutto questo non è casuale. Tutto questo ha un nome: panico. Sono nel panico le banche che non si prestano più i soldi tra loro, indice palese dell’insicurezza in cui versano; sono nel panico gli operatori finanziari e i brokers assicurativi che vedono i loro colleghi, scatoloni in mano, in mezzo ad una strada senza più un lavoro; sono nel panico, in definitiva, tutti coloro che sono a conoscenza della natura strutturale ed endemica delle cause di questa crisi, motivo per cui nessuno deve pronunciare quella parola sul mainstream ufficiale.

Se la gente, il popolo, quei piccoli e piccolissimi risparmiatori, che sono il cibo preferito dai grandi predatori della finanza, sapessero quali sono i termini e i numeri di questa crisi, nulla si potrebbe più inventare davanti al conseguente, nonché inevitabile, collasso del sistema". Qualcosa di grosso sta arrivando. Gli eventi – afferma Jim Willie CB, redattore della HAT TRICK LETTER, giornale online specializzato nel settore economico – convergeranno sulla nemesi principale dell’oro: le obbligazioni del Tesoro degli Stati Uniti.

L’interferenza del mercato è troppo spropositata per le obbligazioni, per le azioni bancarie, per l’intero settore finanziario. Inoltre, le strutture del sistema bancario sono a pezzi. I pilastri dell’economia americana si trovano in guai seri, con profondi disavanzi e insolvenze all’ordine del giorno. Guardate il disavanzo federale del governo degli Stati Uniti (che aumenta rapidamente), il disavanzo commerciale (cronicamente ampio), l’ammortamento negativo nel mercato immobiliare (che sta progressivamente peggiorando) e le banche insolventi (che peggiorano ogni trimestre, nonostante le smentite).

Sta arrivando una fortissima onda d’urto.”Sono infatti i dati macroeconomici del Tesoro americano a dare l’idea della inevitabilità di un redde rationem per la finanza targata a stelle e strisce. Gli Stati Uniti, infatti, sono il paese con il più alto debito pubblico del mondo e continuano ad indebitarsi sempre di più per mantenere uno stile di vita assolutamente al sopra delle loro reali possibilità economiche. Mentre la recessione economica degli Stati Uniti ha preso piede, le entrate dalle tasse sui capital gains e sui salari sono, infatti, in netto calo.

Le prospettive per il futuro, poi, se possibile, sono ancora più nere. Persino le esportazioni s’incepperanno nel rallentamento globale. Il disavanzo nel budget federale del governo degli Stati Uniti sarà enorme, anche senza le richieste di nazionalizzazione. A dare un quadro delle richieste che di qui a poco saranno presentate alla Casa Bianca è sempre lo stesso Jim Willie: “Il gruppo dei settori in cerca di un salvataggio imminente sul filo conduttore della nazionalizzazione comprendono - dopo quelle già concluse di Fannie Mae & Freddie Mac, General Motors, Ford, le banche di Wall Street e alcune compagnie aeree”.

Aggiungete a questa altre stupefacenti richieste di finanziamento per la “Federal Deposit Insurance Corporation” (per coprire i depositi bancari in fallimento) e per il “Pension Guarantee Fund” (per coprire i fondi pensione andati in bancarotta) ed otterrete un quadro decisamente poco edificante: un vero e proprio assalto alla diligenza. Ma di proporzioni, almeno fino ad oggi, difficili da valutare nella loro drammaticità.

Davanti ad uno scenario tanto oscuro la risposta dell’amministrazione Bush non si è fatta attendere: le casse dello stato si accolleranno tutti i titoli spazzatura per salvare l’economia e, ovviamente, per il bene dell’America. Oro in cambio di carta straccia. Il tutto, almeno nella prima bozza del piano Paulson, senza alcuna contropartita da parte di quegli istituti finanziari che si vedranno piovere dal cielo vagonate di dollari e senza, ovviamente, apportare alcuna modifica nel settore dell’autorità di garanzia del mercato e della borsa.

Come se ci fosse una logica nell’affidarsi a quegli stessi soggetti che ci hanno portato, passo dopo passo, sull’orlo del burrone. Se quel piano, o una sua versione simile, dovesse trovare l’appoggio del Congresso – come tutto sembra indicare - sarà come lanciarsi nel vuoto.Rimane poi da considerare il fatto, per nulla secondario, che nel corso degli ultimi due decenni, gli stranieri hanno accumulato quantità gigantesche di obbligazioni del Tesoro americano; con l’esito che, ad oggi, troppi “nemici” degli USA detengono enormi quantità dei loro titoli del debito pubblico federale.

Gli Stati Uniti, in definitiva, non controllano più il loro destino. Abbiamo così il dollaro americano che sta recuperando mentre la sua situazione finanziaria sta implodendo e il declino del mercato immobiliare che inesorabilmente fungerà da forza trainante (verso l’abisso) per la già menomata situazione economica degli States. “La storia della forza relativa degli USA – conclude lo stesso Willie – all’apparenza è assurda, eppure costituisce un capitolo importante nel saggio della Mitologia Economica. Una simile contraddizione invita ad una reazione”.

Eppure nulla pare indicare quel cambiamento vertiginoso che le istituzioni pubbliche dovrebbero imprimere per risollevare la credibilità della loro economia. Lo spettacolo, dopotutto, deve continuare. Sembra quasi di assistere ad una scena grottesca: il popolo americano che, mentre la sua casa sta bruciando dalle fondamenta, decide, con un secchio d’acqua in mano, di farsi una doccia. Peccato che la casa più vicina al rogo sia quella della borsa di Londra. Praticamente dietro casa nostra.


La nostra sorte dipende da quella dei “mascalzoni” di Wall Street
di Carlo Gambescia – carlogambesciametapolitics – 30 Settembre 2008

La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha bocciato il pacchetto da 700 miliardi di dollari approntato dal Tesoro per salvare il sistema finanziario americano. E' mancato il quorum per un pugno di voti. I contrari sono stati 228, i favoreli 205. Per far passare il provvedimento erano necessari 218 voti favorevoli. La notizia ha fatto sprofondare Wall Street: il Dow Jones ha chiuso in calo del 5,8% a quota 10.486,43 mentre il Nasdaq ha lasciato sul terreno il 9,14% a 1.983,73 punti e lo S&P500 è arretrato del 7,34% a 1.123,94 (…). La debolezza di Bush. Il clamoroso 'no' della Camera è stato innescato da un ripensamento in extremis di una dozzina di deputati repubblicani e dalla incapacità del leader democratico Nancy Pelosi di controllare il voto dei suoi deputati.

Ma si è trasformato in uno schiaffo anche per il capo della Casa Bianca, confermando la perdita quasi totale da parte di Bush del potere di influenzare gli eventi (…). Ma il fatto che la maggiore opposizione al piano è venuta dai deputati repubblicani, cioè dal partito del presidente, è un'altra fonte di frustrazione per Bush. I deputati repubblicani sono preoccupati dal voto imminente di novembre: tutti i membri della Camera devono sottoporsi al giudizio degli elettori e sono quindi molto sensibili agli umori dei loro collegi elettorali, umori che sono chiaramente contrari al piano.

Gran parte degli elettori sono convinti che il piano, che costerà 700 miliardi di dollari ai contribuenti, miri infatti a salvare le grandi compagnie di Wall Street ma faccia ben poco per i piccoli risparmiatori e per chi non è più in grado di pagare i mutui delle case. Subito dopo la bocciatura del piano, un Bush "molto contrariato", ha convocato il suo staff nello Studio Ovale. E il segretario al Tesoro Henry Paulson, che ha incontrato il presidente della Fed Ben Bernanke, si è immediatamente detto pronto "a usare tutti gli strumenti a disposizione per proteggere i mercati e l'economia".

I candidati alla presidenza. Il candidato democratico Barak Obama ha chiesto ai mercati "fiducia" e "calma". Il piano da 700 miliardi appena bocciato dalla Camera "non è morto" e adesso "è importante che tutti, gli americani e i mercati finanziari, abbiano nervi saldi". Ma il suo avversario ha attaccato a testa bassa lo stesso Obama e i democratici. McCain ha affidato al proprio consigliere economico, Douglas Holtz-Eakin, il compito di diffondere una dichiarazione al veleno, affermando che il fallimento è legato al fatto che "Barack Obama e i democratici hanno messo la politica di fronte agli interessi del paese" (…). Cosi facendo, secondo McCain, i democratici "hanno messo a rischio le case, le condizioni di vita e i risparmi di milioni di famiglie americane"(…).

Nuovo voto non prima di giovedì. Dopo la picchiata dei mercati la Camera si è riconvocata per giovedì. Oggi i deputati dovevano votare e andare a casa fino alla fine dell'anno per la pausa elettorale: i sostenitori in entrambi i partiti del piano da 700 miliardi - la speaker della camera Nancy Pelosi e (a malincuore) il capo della minoranza repubblicana John Boehner - si sono ripromessi invece di riportare in riga le truppe smarrite e rimettere ai voti il piano. Domani il Congresso osserva la festa ebraica di Rosh Hashanah e i lavori parlamentari erano in ogni caso sospesi (…). (29 settembre 2008) http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/economia/crisi-mutui-6/camer-usa-bocca/camer-usa-bocca.html

Siamo davanti a un errore per ora grave, ma che potrebbe diventare fatale qualora il piano di salvataggio ideato da Bush venisse respinto definitivamente dal Congresso. Del resto c’era da aspettarselo. Negli Stati Uniti non esiste tuttora alcuna cultura sociale diffusa dell’intervento pubblico. Qualsiasi aiuto statale, anche indiretto e non solo alle banche, viene subito interpretato, anche dal cittadino medio, come un attentato "comunista" alla libertà economica. Esemplare, sul piano politico, la reazione, e il voto contrario, dei repubblicani conservatori, da sempre legati a rigidi principi liberisti. Ma anche quella, tutto sommato ambigua, dei democratici, fermi alla troppo generica promessa di fare comunque qualcosa, soprattutto considerata la gravità del momento.

Non abbiamo mai condiviso la politica di Bush in tutti i campi, ma riteniamo che il piano debba essere approvato, pena l’ espandersi della crisi finanziaria, e in misura gravissima, anche all’Europa e al mondo intero.Il problema del momento, se si vuole evitare una crisi economica internazionale lacrime e sangue, è intervenire rifinanziando le banche per impedire che il loro crollo si porti dietro l’economia mondiale. In Europa si dovrebbe subito cominciare a studiare un piano simile a quello di Bush.

Le polemiche, spesso moralistiche, sul fatto che dietro la speculazione vi sono, tuttora, dei "mascalzoni", sono assolutamente inutili. Se ci si passa la movie-espressione, è il capitalismo bellezza: da Francis Drake in poi il destino dei "mascalzoni" è sempre stato legato, e a filo doppio, a quello di miliardi di onesti cittadini-investitori. Magari solo desiderosi di guadagnare in fretta... Quasi, ma non proprio, come i "mascalzoni"...Come è del tutto inutile qualsiasi atto di fede nel mercato, legato al ragionamento che il ciclo economico debba fare il suo corso. Se si “lascia fare” al ciclo economico, corriamo il rischio di ritrovarci, tutti, con centinaia di milioni di disoccupati.

Ovviamente ogni intervento, sulla falsariga di quello proposto da Bush, implica una crescita del tasso d’inflazione. Ma fra inflazione e recessione è preferibile la prima. Anche perché alla politica di intervento creditizio andrebbe affiancata una politica di opere pubbliche e di promozione dell’occupazione. Allo scopo di favorire il rilancio dei consumi privati e pubblici. E dunque la crescita dei salari e l' avvio di un nuovo ciclo economico, questa volta virtuoso. Il che ovviamente, per andare a regime, potrebbe richiedere almeno cinque, se non dieci anni. E si spera nessuna nuova guerra.

E’ perciò l’ora di attuare una “globalizzazione” non più del mercato, ma dell’intervento pubblico. Dal momento che non esistono alternative, se non quella di una crisi, dalla quale uscirebbero rafforzati solo quei gruppi sociali che detengono il potere militare. Il capitalismo, e in particolare quello Usa, allo stato attuale non ha oppositori capaci di coalizzarsi “globalmente” e trasformare la crisi economica in crisi rivoluzionaria. Certo, resta la possibilità, di una "compartimentalizzazione" della crisi mondiale per grande aree geopolitiche. Ma anche qui mancano le classi politiche, soprattutto in Europa, capaci di sganciarsi e muoversi autonomamente rispetto alle classi economiche.

L’Europa finirebbe ( o resterebbe) perciò nell’orbita di altre grandi potenze. Almeno per ora.In conclusione, ripetiamo, è giunta l’ora di “globalizzare” l’ intervento pubblico, comune e concordato tra tutti i paesi. E questo, sul piano dei principi, non per salvare il capitalismo - non lo meriterebbe - ma per salvare il futuro dei nostri figli e nipoti. Purtroppo legato, almeno per ora, alla sorte dei "mascalzoni" di Wall Street.


Il modello Wall Street: una creazione poco intelligente
di Pam Martens – Counterpunch – 21 Settembre 2008

Wall Street sta collassando non per i prestiti ipotecari spazzatura o per la mancanza di capitale, e meno ancora per l'eccessiva valutazione: questi sono solo sintomi. Wall Street sta collassando perché è necessario che ciò avvenga: deve crollare per consentire agli Stati Uniti di sopravvivere. L'economista Joseph Schumpeter l'ha definita distruzione creativa: una situazione in cui modelli superati spariscono per lasciare il posto a modelli innovativi. In realtà, nell'ultimo decennio Wall Street non ha mai avuto principi finanziari di riferimento al di là credo affaristico: essere avidi è bene, essere ancora più avidi è meglio. Che Wall Street stia collassando è una realtà. Come abbia potuto sopravvivere così a lungo nonostante la sua perversa struttura è un problema che la prossima generazione dibatterà nei libri di storia.

Pensate, ad esempio, a un modello d'affari che fissa la remunerazione degl'intermediari in base alla quantità di denaro raccolta per conto dei propri datori di lavoro di Wall Street e non in base ai risultati del portafogli clienti. La remunerazione di un intermediario di Wall Street va dal 30 e il 50% della commissione lorda calcolata sul valore delle commissioni globali, senza tenere in alcuna considerazione l'andamento dei conti dei clienti. In nessuna delle grandi società di Wall Street esiste un meccanismo interno per valutare il successo globale del portafogli che gl'intermediari gestiscono. Il settore è stato irrimediabilmente spinto verso la corruzione, così come gl'intermediari sono stati spinti al silenzio.

Il motivo per cui in queste settimane stiamo assistendo a una fuga precipitosa verso i buoni del tesoro americano è che in effetti buona parte dei soldi veniva proprio da lì, e non dai prodotti esotici per i prestiti ipotecari, dalle azioni spazzatura, dai fondi azionari o dalle rendite garantite dall'AIG. Gli intermediari piazzano "il patrimonio sicuro" dei clienti in quest'investimenti spazzatura perché gli affaristi di Wall Street offrono incentivi finanziari estremamente seducenti.

Su 100.000 dollari investiti in buoni del Tesoro a lunga scadenza, un intermediario guadagna meno di 1.000$ in commissioni lorde (cioè, prima della ritenuta del 50 o 70% effettuato dalla società). La stessa somma investita in azioni spazzatura o in obbligazioni ipotecarie può far guadagnare anche più di 3.000$. In altre parole, gl'incentivi finanziari hanno creato una domanda artificiale.
E, com'era inevitabile, la realtà di questa domanda sta venendo alla luce solo adesso, a causa dell'eccesso dell'offerta.

Perché le società di Wall Street pagano commissioni più elevate per alcuni prodotti piuttosto che per altri? Perché, oltre a incassare una percentuale sulle commissioni degl'intermediari, sui prodotti d'investimento più esotici caricano anche ingenti spese di emissione e di sindacazione. Le società hanno quindi sostituito i poco redditizi buoni del Tesoro con investimenti Freddie Mac e Fannie Mae sui mercati ipotecari presentati come "Fondo del governo degli Stati Uniti". (Questa pratica scorretta e il fatto che miliardi di dollari dei soldi pubblici siano finiti in fondi dal nome ingannevole hanno di sicuro svolto un ruolo importante nella decisione del governo di nazionalizzare Freddie Mac e Fannie Mae).

Esiste dunque un modello perverso che immette sul mercato sempre nuovi affari bidone. Se guardiamo chi c'è alla guida della Wall Street che sta oggi crollando vedremo che, pur avendo cambiato poltrona di comando, ci sono le stesse controverse persone che hanno provocato in America lo scoppio della bolla NASDAQ, a causa della quale dal marzo 2000 sono evaporati 7 trilioni della ricchezza americana. Wall Street non ha nessun interesse a proporre al grande pubblico le aziende che hanno superato la prova del tempo e che hanno creato nuovi posti di lavoro e nuovi mercati per rendere gli USA più forti e competitivi a livello mondiale.
Il suo unico interesse è raccogliere i fondi dei sottoscrittori e monetizzarli velocemente in pacchetti azionari privati.

E poi c'è un altro modello perverso, che consiste nell'ospitare all'interno della stessa azienda una sala operativa della società che si suppone conduca ricerche indipendenti per il pubblico. Immaginiamo, ad esempio, che XYZ Brokerage compri un pacchetto azionario della ABC Company nella sua sala operativa (il comparto che si occupa dei profitti dell'azienda) il mercoledì pomeriggio. Il venerdì pomeriggio può già assicurarsi ampi profitti pubblicando un rapporto di ricerca che fa aumentare il valore dello stock.

Naturalmente può anche, all'inverso, ridurre lo stock il mercoledì ed emettere un parere negativo per far scendere il prezzo il venerdì, garantendosi comunque un profitto. A parte una qualche fantascientifica muraglia cinese, non c'è assolutamente niente da fare per bloccare questo tipo di escamotage pubblico.

E adesso chiedetevi un poco perché, con la gran varietà di mezzi per far soldi a disposizione di Wall Street, si consente a queste società di avere una propria sala operativa e al tempo stesso di pubblicare ricerche conflittuali. Dopo gli scandali NASDAQ, in cui si è visto che Wall Street preparava ricerche truccate per profitto personale, perché non è stato tolto a queste aziende il diritto ad avere sale operative e di effettuare al tempo stesso ricerche per il pubblico? Ci sono un sacco di società di ricerca pronte a riempire i vuoti.

L'unica conclusione possibile è quella che l'Europa definisce “regulatory capture” (cattura normativa) qui negli USA. È una definizione simile a quella che il 17 settembre Nancy Pelosi aveva definito “capitalismo complice”, prima di decidere di raggiungere via etere i capitalisti complici il giorno seguente e promettere una gestione bipartisan sulla causa prima di tutti i bailout [Il termine definisce una situazione in cui un organismo in bancarotta o quasi riceve liquidità supplementari per far fronte ai pagamenti a corto termine. NdT] di Wall Street.

Questo stupido modello affaristico sarebbe scoppiato e imploso già da parecchio tempo se non avesse avuto la fortuna di essere accompagnato da un altrettanto stupido modello giudiziario chiamato "arbitraggio obbligatorio", che una volta Gloria Steinem ha definito “McJustice.” E in effetti non è dissimile dal metodo Burger King; Wall Street lo può preparare come vuole. In un sistema messo a punto dai giuristi di Wall Street, gl'intermediari non sono obbligati a rispettare la legge o la giurisprudenza consolidata, a mettere per esteso una decisione ragionata, o scegliere la giuria in un'ampia equa base, come si fa per scegliere una giuria popolare. Se ne occupano in maniera rutinaria sempre gli stessi addetti interni al settore.

Se ci fosse stato un processo in un'aula di tribunale aperta al pubblico, il fenomeno dei titoli sopravvalutati e senza valore e il corrotto modello affaristico sarebbero venuti alla luce prima di portare gli USA alla bancarotta finanziaria.Wall Street e i suoi accoliti a Washington sono ancora legati alla "regulatory capture" e la stupidità del modello è perfettamente messa in luce dalla recente fusione della Merrill Lynch, la società d'investimenti/intermediazione, con la Bank of America, la banca commerciale, e le discussioni in corso in vista della fusione della Morgan Stanley, la società d'investimenti/intermediazione, con una banca commerciale (nota per i Nemici dei contribuenti a Wall Street/Washington: si tratta di una copia del fallito modello messo a punto da Citigroup. Perché odiate gli Stati Uniti?)

E non fatevi illusioni: qualunque sia la somma che la prossima settimana verrà stanziata per comprare i debiti marci dalle banche e dalle società di Wall Street, sarà insufficiente. Si tratta solo di una benda su un tumore maligno.

Il tumore maligno è il CDS (Credit Default Swaps) con oltre 60 trilioni di dollari attualmente detenuti con contratti segreti su un mercato non regolamentato che è stato creato, finanziato e posseduto dagl'ideatori del modello stupido, le aziende di Wall Street (cfr. “How Wall Street Blew Itself Up,” CounterPunch, 21 gennaio 2008.)

L'attuale amministrazione non ha un piano onesto per aiutare gli Stati Uniti e i suoi cittadini. Ha solo un piano per rallentare il collasso finanziario fino a dopo le elezioni di novembre, che consiste nel fornire al sistema liquidità in quantità politicamente accettabile, continuando a imputargli l'incendio della casa. Se i cittadini americani permetteranno che ciò accada, si dimostreranno sostenitori di questo modello progettuale stupido. Prima che anche un solo penny delle nostre tasse venga speso in questo imbroglio, dobbiamo esigere un posto al tavolo dei negoziati (e penso che dovrebbe essere occupato da Ralph Nader) per discutere la rottura di Wall Street, la polverizzazione di questo modello, e la nascita di un nuovo modello al servizio dei singoli investitori e del mondo degli affari, che consenta ai nostri figli un futuro migliore di quello offertoci da questa repubblica delle banane.

Pam Martens ha lavorato a Wall Street per 21 anni; non ha securities position, a breve o lungo termine, in nessuna delle società citate nell'articolo. Scrive su temi d'interesse pubblico dalla sua casa nel New Hampshire e può essere raggiunta all'indirizzo pamk741@aol.com

lunedì 29 settembre 2008

Ecuador: referendum sulla nuova Costituzione, vince il si'

Schiacciante vittoria del si' nel referendum in Ecuador per la nuova Costituzione rivoluzionaria voluta dal presidente Rafael Correa per introdurre nel Paese andino il "socialismo del XXI secolo". Gli exit poll danno percentuali che oscillano tra il 66,4% e il 70%. Sconfitto il fronte del no guidato dal partito conservatore di Jaime Nebot e dalla Chiesa cattolica.

Questo risultato inoltre rendera' sicuramente molto inquieti gli investitori stranieri.
La nuova Costituzione intende infatti modificare in termini sostanziali l'assetto di potere in vigore finora, molto ingiusto nei confronti dei nativi e della popolazione più povera e prevede cinque diversi tipi di proprietà: pubblica, privata, mista, popolare e solidale.

Interessante è anche il divieto assoluto di installare basi militari straniere nel paese, e quindi in base a cio' potrebbe decadere l’accordo che dal 1999 consente agli Stati Uniti l’utilizzo di una struttura ecuadoriana, ufficialmente concessa per operazioni aeree antidroga.

Tra le altre novità, le riforme previste da Correa comprendono una radicale riforma agraria con espropriazione e ridistribuzione delle terre, il controllo statale rigido su settori strategici come il petrolio, l'estrazione mineraria e le telecomunicazioni, l'assistenza sanitaria gratuita per tutti gli anziani, l'unione civile dei gay, pene ridotte e tolleranza per l'uso individuale di stupefacenti, il controllo diretto del Presidente eletto sulla politica monetaria in sostituzione della banca centrale, e il potere del Presidente di sciogliere le Camere durante il mandato di quattro anni rinnovabili.
E per la prima volta la "natura" diventa soggetto di diritto.

L'Ecuador si allinea cosi' alle svolte bolivariste di Bolivia e Venezuela.
Ma naturalmente gli USA cercheranno presto di porvi rimedio in qualche modo...


La destabilizzazione della Bolivia e l'”opzione Kosovo”
di Michel Chossudovsky – Global Research – 21 Settembre 2008
Tradotto dall'inglese da Beatriz Morales Bastos. Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare.

La secessione delle province orientali della Bolivia fanno parte di un'operazione coperta direttamente dagli USA, coordinata dal dipartimento di Stato statunitense in coordinamento con le sue agenzie di intelligence. Secondo le rivelazioni, “l'USAID - Ufficio per Iniziative di Transizione” ha una sede che opera in Bolivia e manovra milioni di dollari per addestrare e appoggiare i governi regionali e i movimenti d'opposizione di destra [1].

Gli squadroni della morte responsabili dell'uccisione dei sostenitori di Evo Morales de “El Porvenir”, sono appoggiati dagli Stati Uniti, che sostengono anche vari gruppi di opposizione attraverso il Dipartimento Nazionale per la Democrazia [National Endowment for Democracy]. Philip S. Goldberg, l'ambasciatore statunitense espulso, lavora agli ordini del vicesegretario di Stato John Negroponte, che supervisiona direttamente le varie “attività” delle ambasciate statunitensi in tutto il mondo.

A questo riguardo, Negroponte svolge un ruolo molto più importante della segretaria di Stato Condoleeza Rice. E' noto come uno dei principali artefici dei cambi di regime e dell'appoggio coperto agli squadroni della morte paramilitari in America Centrale e in Iraq. Le direttive di Philip S. Goldberg come ambasciatore in Bolivia furono di provocare la secessione nel paese. Prima della sua nomina ad ambasciatore - inizio 2007 - è stato capo della commissione statunitense a Pristina, in Kosovo (2004-2006), ed era in permanente contato con i dirigenti del paramilitare Esercito di Liberazione del Kosovo (KLA) che dopo l'occupazione da parte della Nato, nel 1999, era stato integrato da politici civili.

Appoggiato dalla CIA, il KLA, i cui dirigenti sono ora al governo kosovaro, è noto per i suoi legami con il crimine organizzato e il narcotraffico. In Kosovo, Goldberg fu implicato nella creazione delle condizioni per la secessione del Kosovo dalla Serbia, portandolo alla creazione di un governo kosovaro “indipendente”. Negli anni 90' Goldberg aveva già svolto un ruolo di primo piano nella disintegrazione della Yugoslavia. Dal 1994 al 1996 è stato responsabile dell'ufficio di Bosnia del dipartimento di Stato; ha anche lavorato con l'inviato speciale di Washington, Richard Holbrooke, ed ha svolto un ruolo chiave come capo della squadra di negoziazione statunitense a Dayton, dove si stabilirono gli Accordi di Dayton del 1995. Quegli accordi condussero alla divisione della Bosnia-Erzegovina, scatenando la destabilizzazione e la distruzione della Yugoslavia come nazione. Nel 1996 Goldberg ha lavorato come assistente speciale del vice segretario di Stato, Strobe Talbott (1994-2000), che insieme alla segretaria di Stato, Madeleine Albright, ha avuto un ruolo determinante nello scoppio della guerra di Yugoslavia nel 1999.

Il ruolo centrale di John Negroponte

Il vice-segretario di Stato, John Negroponte, svolge un ruolo centrale nella direzione d'operazioni coperte. E' stato ambasciatore statunitense in Honduras dal 1981 al 1985. A Tegucigalpa, da ambasciatore, ha diretto i mercenari nicaraguensi - i “contras” - che avevano la base in Honduras. Gli attacchi al Nicaragua attraverso la frontiera honduregna costarono la vita a circa 5.000 civili. Nello stesso periodo, Negroponte ha pure svolto lo steso ruolo nella creazione degli squadroni della morte militari honduregni, che “operando con l'appoggio di Washington assassinarono centinaia di oppositori del regime sostenuto dagli Stati Uniti” (Si veda “Bush Nominee linked to Latin American Terrorism”, Bill Vann,): “Sotto il comando del generale Gustavo Álvarez Martínez, il governo militare dell'Honduras fu un fedele alleato dell'amministrazione Reagan e fece “sparire” decine di oppositori politici nella classica maniera degli squadroni della morte”. (Si veda:“Face-off: Bush's Foreign Policy Warriors”, Peter Roff y James Chapin, http://www.globalresearch.ca/articles/ROF111A.html)
Questo passato, non ha certo impedito la sua nomina a Rappresentante Permanente degli USA alle Nazioni Unite, durante l'amministrazione Clinton.

L'opzione “El Salvador”

Nel 2004 Negroponte è stato nominato ambasciatore in Iraq, dove ha curato le “condizioni di sicurezza” per l'occupazione statunitense, ispirata al modello degli squadroni della morte centroamericani. Vari scrittori hanno chiamato questo progetto la “Opzione El Salvador”. Durante la sua permanenza a Baghdad, Negroponte ha nominato assistente in questioni di sicurezza l'ex capo delle operazioni speciali in El Salvador.

Negli anni '80 entrambi furono stretti collaboratori in America Centrale. Mentre Negroponte si occupava di mettere in moto gli squadroni della morte in Honduras, il colonnello Steele era incaricato del Gruppo di Assistenza Militare statunitense in El Salvador (1984-86) “dove era responsabile dello sviluppo di forze operative speciali a livello di brigata in pieno conflitto. Queste forze, composte dai soldati più brutali di cui si disponeva, erano una copia del tipo di quelle piccole unità con cui aveva già famigliarità Steele, dopo aver servito in Vietnam. Il compito di quelle, più che di cercare di guadagnare terreno, era di colpire i dirigenti delle forze ribelli, chi li appoggiava, le fonti di approvvigionamento e gli accampamenti base” (Max Fuller, “Fro Iraq, "The Salvador Option” becomes reality”, Global Research, junio de 2005, [2])

In Iraq, Steele “fu incaricato di lavorare con una nuova unità speciale irachena di controguerriglia nota come "Comandi Speciali di Polizia”.
In questo contesto, l'obiettivo di Negroponte era fomentare le divisioni etniche e le lotte interne con attacchi terroristici coperti contro la popolazione civile irachena. Nel 2005 Negroponte è stato nominato Presidente della Giunta Direttiva dell'Intelligence Nazionale e dopo il 2007 ha assunto il secondo posto nel dipartimento di Stato.

L'opzione “Kosovo”: Haití

Non è la prima volta che per appoggiare paramilitari terroristi si applica il “modello Kosovo” in America del Sud. Nel febbraio del 2003, Washington ha reso nota la nomina di James Foley come ambasciatore a Haití. Gli ambasciatori Goldberg e Foley facevano parte della stessa “squadra diplomatica”. Foley è stato il portavoce del dipartimenti di Stato dell'amministrazione Clinton durante la guerra del Kosovo. Fu implicato nel primo periodo di sostegno all'Esercito di Liberazione del Kosovo (KLA). E' ampiamente documentato che il KLA è stato finanziato con il denaro proveniente dalla droga e appoggiato dalla CIA (Si veda Michel Chossudovsky, “Kosovo "Freedom Fighters” Financed By Organised Crime, Covert Action Quarterly", 1999 [3] ).

Durante la guerra del Kosovo l'allora ambasciatore a Haiti, James Foley, era stato in prima fila delle sessioni informative del dipartimento di Stato e lavorava a stretto contatto col suo omologo della Nato a Bruxelles, Jamie Shea. Appena due mesi dopo gli attacchi della guerra diretta dalla Nato, il 24 marzo 1999, James Foley aveva fatto un “appello” per trasformare il KLA in un'organizzazione politica rispettabile. “Vogliamo avere buoni rapporti con loro [il KLA] visto che si sono trasformati in un'organizzazione politica.. Crediamo di poter fornire molti consigli e aiuti se si trasformano precisamente nel tipo di attore politico in cui noi vorremo vederli trasformati... Se possiamo aiutarli e loro vogliono essere aiutati in questo sforzo di trasformazione, non credo che nessuno possa avere qualcosa in contrario”. (citato in The New York Times , 2 febbraio 1999).

In altre parole, il piano di Washington era un “cambio di regime”: far cadere l'amministrazione di Lavalas e piazzare un regime fantoccio pro USA ed integrato nella “Piattaforma Democratica” e l'autoproclamato Fronte per la Liberazione e Ricostruzione Nazionale (FLRN), i cui dirigenti sono ex terroristi del FRAPH e Tomtom Macoute. (Per maggiori dettagli si veda Michel Chossudovsky, “ The Destabilization of Haiti”, Global Research, febbraio 2004 [4]).

Dopo il golpe del 2004 che fece cadere il governo di Aristide, l'Agenzia Statunitense di Sviluppo Internazionale (USAID) ha portato a Haití assistenti del KLA per aiutare nella ricostruzione del paese (si veda Anthony Fenton, “Kosovo Liberation Army helps establish “Protectorate” in Haiti, Global Research, novembre 2004, [5]).

Più precisamente, gli assistenti del KLA si sono occupati di ricostruire le forze di polizia di Haiti, includendo gli ex membri del FRAPH e dei Tomtom Macoute. [Come aiuto] “L'Ufficio per le Iniziative di Transizione” (OTI) e USAID stanno pagando tre assistenti per curare l'integrazione dei brutali ex militari nelle attuali forze di polizia haitiane. E chi sono questi tre assistenti? Sono tre uomini del KLA” (Flashpoints interview, 19 novembre 2004,).

L'opzione El Salvador/ Kosovo fa parte di questa strategia statunitense di spaccatura e destabilizzazione di paesi. La OTI in Bolivia patrocinata dall'USAID svolge la stessa funzione di una OTI a Haiti. L'intento dichiarato delle operazioni coperte statunitensi è dare tanto appoggio coperto quanto addestramento a "Eserciti di Liberazione” con l'obiettivo ultimo di destabilizzare i governi sovrani. In Kosovo l'addestramento del KLA negli anni 90' fu affidato ad una azienda privata di mercenari, Military Professional Resources Inc (MPRI), sotto contratto con il Pentagono.

Pakistan e l'opzione Kosovo

Merita notare che gli ultimi fatti in Pakistan indicano la presenza d'interventi militari diretti statunitensi, in violazione della sovranità pakistana. Già nel 2005 una relazione dell'Intelligence e della CIA prevedeva per il Pakistan “una sorte simile a quella jugoslava in un decennio, con il paese diviso da una guerra civile, immerso in un bagno di sangue e con rivalità inter-provinciali, come visto recentemente in Belucistan”. (Energy Compass, 2 de marzo 2005). Secondo una relazione del Comitato di Difesa del Senato del Pakistan del 2006, i servizi di intelligence britannici erano implicati nel sostegno del movimento separatista del Belucistan. (Press Trust of India, 9 agosto 2006).

L'Esercito di Liberazione del Belucistan somiglia straordinariamente al KLA del Kosovo, finanziato col traffico di droga e patrocinato dalla CIA. “Washington favorisce la creazione di un "Grande Belucistan” - simile ad una “Grande Albania”- che comprenderebbe territori del Pakistan e dell'Iran, e possibilmente la frangia sud dell'Afghanistan, il che di conseguenza, porterebbe ad un processo di frattura politica tanto dell'Iran come del Pakistan”. (Michel Chossudovsky, “The Destabilization of Pakistán”, 30 dicembre 2007 [6])”.

Note: [1] “USAID has an "Office of Transition Initiatives" operating in Bolivia, funneling millions of dollars of training and support to right-wing opposition regional governments and movements”, http://www.slate.com/discuss/forums/thread/1798672.aspx
[2] http://www.globalresearch.ca/articles/FUL506A.html
[3] http://www.heise.de/tp/r4/artikel/2/2743/1.html
[4] http://globalresearch.ca/articles/CHO402D.html
[5] http://www.globalresearch.ca/articles/FEN411A.html
[6] http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=7705

domenica 28 settembre 2008

Crisi finanziaria: la roulette non russa

I leader del Congresso USA sono rimasti riuniti fino alle prime ore di oggi per mettere a punto un piano di salvataggio, nella speranza di fermare la peggiore crisi finanziaria dalla Grande Depressione.

I leader repubblicani e democratici del Congresso dovrebbero firmare oggi l'accordo trovato nella notte per la creazione da parte del governo di un fondo da 700 miliardi di dollari per rilevare gli asset "malati" delle banche e arginare la crisi del credito.

Il piano prevede che siano stanziati 700 miliardi di dollari in tranche, a partire da una prima da 250 miliardi di dollari. Una commissione, che includerà il presidente della Federal Reserve, supervisionerà il programma.

Saranno inoltre limitate le clausole di buonuscita per i dirigenti delle banche in difficoltà che cederanno i loro asset «malati» e le banche che usufruiranno del piano dovranno garantire i titoli legati al credito che non sono ancora garantiti così che i contribuenti possano trarre profitto dalla ripresa economica quando (e se) avverrà.
I deputati repubblicani hanno anche ottenuto un consenso alla proposta di creare un programma assicurativo privato per i prodotti finanziari legati ai mutui.

Questo e' quanto prevederebbe questo "straordinario " piano di salvataggio, che non risolve il problema ma che anzi potrebbe ricreare nel prossimo futuro una situazione forse peggiore di quell'attuale.

Intanto in Inghilterra sta per fallire la Bradford & Bingley, affossata dal disastro dei mutui americani inesigibili. I tassi d'interesse offerti dalle banche Usa a copertura del loro indebitamento avevano sedotto il management della Bradford & Bingley. Da un valore di 10 miliardi di euro a inizio 2007, la banca è precipitata a meno di 500 milioni con azioni che venerdì quotavano a 20 pences l'una.

I tentativi di ricapitalizzare sono andati a vuoto, nessun privato ci ha voluto mettere soldi. Si parla di acquisti per 80 miliardi di euro di quella che ora è carta straccia, una cifra pari al totale dei prestiti concessi dalla stessa banca che però non si possono esigere all'istante.

Ora si tratta di salvare 2,5 milioni di correntisti e 337 filiali sparse nel Regno Unito, ma l'idea di coprire le scommesse sbagliate dei finanzieri con denaro pubblico non è popolare in Gran Bretagna.

Per salvare mutuatari e correntisti della Bradford & Bingley (non azionisti o manager) ci solo solo tre strade. Vendere a stranieri, vendere a una "cordata britannica" o nazionalizzare.
Con Northern Rock e Bradford & Bingley assieme, Londra potrebbe così ritrovarsi azionista di una superbanca che oggi pero' e' senza contanti.

E non e' l'unica ad esserlo.


Il salvataggio finanziario:anche l'America ha la sua cleptocrazia
di Michael Hudson – Global Research – 20 Settembre 2008
Scelto e tradotto da JJULES per http://www.comedonchisciotte.org/

La più grande trasformazione del sistema finanziario americano dai tempi della Grande Depressione

Nessuno si aspettava che il capitalismo industriale finisse così. Nessuno addirittura aveva notato che si stava evolvendo in questa direzione. Ho paura che questo difetto non sia insolito tra i futurologi: la tendenza naturale è quella di pensare a come le economie possano crescere ed evolvere nel migliore dei modi, non a come non possano essere monitorate. Ma sembra sempre presentarsi una strada imprevedibile, ed ecco che la società parte per la tangente.

Che ultime due settimane pazzesche!

Domenica 7 settembre il Tesoro si è accollato i 5.300 miliardi di esposizione sui mutui di Fannie Mae e Freddie Mac, i cui dirigenti erano già stati destituiti per falso contabile.Lunedì 15 settembre Lehman Brother è fallita, quando i potenziali acquirenti di Wall Streen non riuscivano a vedere più alcun senso di realtà dai suoi libri contabili. Mercoledì la Federal Reserve ha acconsentito per pagare almeno 85 miliardi di dollari nelle vincite di facciata “assicurate” che si dovevano agli speculatori finanziari che avevano scommesso su scambi fatti al computer di mutui spazzatura e che avevano comprato una copertura della controparte dalla A.I.G. (l’American International Group, il cui presidente Maurice Greenberg era già stato destituito da qualche anno per falso contabile).

Ma è venerdì 19 settembre che verrà ricordato come il punto di svolta nella storia americana. La Casa Bianca ha impegnato quasi 500 miliardi di dollari per far aumentare i prezzi del mercato immobiliare in un tentativo per supportare il valore di mercato dei mutui spazzatura – mutui erogati di gran lunga superiori alla possibilità dei debitori di estinguerli e di gran lunga superiori al prezzo di mercato corrente del collaterale impegnato.

Questi miliardi di dollari sono stati dedicati a mantenere vivo un sogno – le invenzioni contabili registrate dalle aziende che erano entrate in un mondo irreale basato sulla contabilità fasulla e che quasi tutti nel settore finanziario sapevano che era falsificata. Ma si stava al gioco, comprando e vendendo pacchetti di mutui spazzatura perché era lì che stavano isoldi. Come ha detto Charles Princes di Citibank: “Finché c’è musica, bisogna continuare a ballare.”

Addirittura dopo il crollo dei mercati, i gestori di fondi che se ne stavano alla larga sono stati accusati di esseare usciti dal gioco mentre la partita era ancora in corso. Ho degli amici a Wall Street che sono stati licenziati per non essere riusciti ad uguagliare i profitti che stavano realizzando i loro colleghi. E i maggiori profitti dovevano essere realizzati trattando il più grande patrimonio finanziario dell’economia – i mutui.

Solamente i mutui impacchettati, di proprietà o garantiti da Fannie e Freddie, superavano l’intero debito nazionale degli Stati Uniti – il disavanzo complessivo accumulato dal governo americano dalla vittoria nella Guerra di rivoluzione!

Tutto questo dà un’idea di quanto sia stato imponente il salvataggio – e dove risiedano le priorità del governo (o almeno quelle dei Repubblicani). Invece di aprire gli occhi dell’economia di fronte alla realtà, il governo ha speso tutte le proprie risorse per promuovere il sogno illusorio che i debiti possono essere estinti. E se non possono essere estinti dai debitori stessi, allora ci penserà il governo – i “contribuenti”, in un eufemismo.

Da un giorno all'altro, il Tesoro e la Federal Reserve hanno cambiato radicalmente il carattere del capitalismo americano. Si tratta niente meno che di un colpo di stato a favore della classe sociale che Franklin Delano Roosevelt definiva i “bankster1” Quello che è avvenuto nelle ultime due settimane minaccia di alterare il prossimo secolo – in modo irreversibile, se riusciranno a farla franca. Questo è il più grande e ingiusto trasferimento di ricchezza dai tempi della distribuzione della terra ai magnati delle ferrovie all’epoca della Guerra di Secessione.

Tuttavia, ci sono poche indicazioni sul fatto che si possa porre fine alla solita tiritera del libero mercato da parte degli addetti ai lavori che sono riusciti ad evitare la sorveglianza pubblica nominando dei non regolatori nelle principali agenzie di regolamentazione – e perciò creando lo scompiglio che ora, secondo il Segretario al Tesoro Henry Paulson, minaccia i conti correnti e i posti di lavoro di tutti gli americani. Naturalmente, coloro a cui fa riferimento Paulson sono i più grandi finanziatori della campagna elettorale Repubblicana (e, ad essere sinceri, anche i più grandi finanziatori dei candidati Democratici nelle principali commissioni finanziarie).

Una classe sociale cleptocratica si è impadronita dell’economia per sostituire il capitalismo industriale. Il termine “bankster” coniato da Franklin Roosevelt la dice tutta. L’economia è stata catturata – da una forza aliena, non dai soliti sospetti. Non dal socialismo, dai lavoratori o dallo "statalismo", né dagli industriali monopolisti o addirittura dalle grandi famiglie di banchieri. Sicuramente non dai massoni o dagli Illuminati. (Sarebbe splendido se ci fosse veramente qualche gruppo di persone che agisse con qualche secolo di saggezza alle spalle, così almeno qualcuno almeno avrebbe un piano).

Invece, i bankster hanno siglato un patto con una forza aliena – non i comunisti, i russi, gli asiatici o gli arabi. Nemmeno un essere umano. I componenti di questo gruppo di persone sono una nuova stirpe di macchine. Potrebbe sembrare un film di Terminator, ma le macchine computerizzate si sono davvero impadronite del mondo – perlomeno, il mondo della Casa Bianca.
Ed ecco come hanno fatto.

A.I.G. ha stipulato polizze assicurative di tutti i tipi: assicurazioni sulla casa e sulla proprietà, assicurazioni sul bestiame, persino leasing su aeromobili. Questi affari altamente redditizi non erano un problema (quindi probabilmente saranno liquidati per ripagare le scommesse andate storte della società). Il crollo di A.I.G. è arrivato dai 450 miliardi di dollari che si era obbligata a pagare come risultato della garanzia assicurativa degli hedge fund della controparte. In altre parole, se le due parti contraenti avessero giocato al gioco a somma zero di scommettere l’una contro l’altra se il dollaro sarebbe aumentato o diminuito nei confronti della sterlina o dell’euro, o se avessero assicurato un portafoglio di mutui spazzatura per essere sicuri che sarebbero stati pagati, avrebbero corrisposto una piccolissima commissione alla A.I.G. per una polizza nella quale si prometteva di pagare se, diciamo, gli 11.000 miliardi del mercato americano dei mutui avessero fatto “un passo falso” o se i perdenti che avevano scommesso miliardi di dollari nelle puntate sullo scambio di derivati stranieri, nei derivati sulle obbligazioni e sulle azioni si fossero dovuti trovare, in qualche modo, nella situazione in cui si ritrovano numerosi clienti abituali di Las Vegas, e non essere in grado di sborsare i quattrini per coprire le perdite.

A.I.G. ha raccolto miliardi di dollari in tali polizze. E grazie al fatto che le società di assicurazioni sono un paradiso di Milton Friedman – non regolamentate né dalla Federal Reserve né da altre agenzie nazionali – e quindi in grado di ottenere il proverbiale “giro gratis” senza la sorveglianza del governo – la stipula di queste polizze è stata fatta da tabulati al computer, e la società ha raccolto enormi quote e commissioni senza impiegare troppo capitale proprio. Questo è quella che viene definita “auto-regolamentazione” ed è come si suppone che funzioni la Mano Invisibile.

Inevitabilmente si è scoperto che alcune delle istituzioni finanziarie che avevano effettuato scommesse per miliardi di dollari – di solito sotto forma di puntate del valore di centinaia di milioni di dollari nel corso di pochi minuti, per essere precisi – non potevano pagare. Queste scommesse vengono effettuate nel giro di millisecondi, colpi su una tastiera senza quasi alcuna interazione umana. In quel senso non è improbabile l’acquisizione da parte di individui alieni a forma di baccello. Ma in questo caso si tratta di macchine simili a robot, da qui l’analogia di prima con i Terminator. La loro improvvisa ascesa verso la dominazione è imprevista come un’invasione da Marte.

L’esempio più vicino a noi è l’invasione dei ragazzi di Harvard, della Banca Mondiale e della U.S.A.I.D.2 in Russia e nelle altre economie post-sovietiche dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, premendo per la distribuzione del libero mercato per creare cleptocrazie nazionali. Dovrebbe costituire un segno di preoccupazione per gli americani il fatto che questi cleptocrati sono diventati le Ricchezze Fondatrici dei loro rispettivi paesi. Dovremmo tenere a mente l’aforisma di Aristotele secondo cui la democrazia è la fase politica immediatamente precedente all’oligarchia.

Le macchine finanziarie che hanno messo in campo le trattative che hanno fatto fallire A.I.G. erano state programmate dai direttori finanziari per agire alla velocità della luce nel condurre contrattazioni elettroniche che duravano ognuna solo una manciata di secondi, milioni di volte al giorno. Solo una macchina potrebbe calcolare delle probabilità matematiche fattorizzate in relazione agli svolazzi verso l’alto e verso il basso dei tassi di interesse, dei tassi di cambio e dei prezzi di azioni e obbligazioni – e dei prezzi dei mutui impacchettati. E questi ultimi hanno assunto sempre più la forma di mutui spazzatura, facendo finta di essere debiti pagabili ma che erano in realtà materiale pubblicitario senza valore.

Le macchine impiegate negli hedge fund, in particolare, hanno dato un nuovo significato al Capitalismo da Casinò, da tempo applicato dagli speculatori che giocavano al mercato azionario. Significava fare puntate incrociate, perderne alcune e vincerne altre – con il governo che mette in salvo chi non paga. La svolta nel fermento delle ultime due settimane è stata che i vincitori non potevano raccogliere le proprie puntate a meno che il governo avesse pagato i debiti che i debitori non erano in grado di coprire con il proprio denaro.

Si sarebbe portati a pensare che questo avrebbe richiesto un certo livello di controllo sul governo. L’attività forse non sarebbe dovuta mai essere autorizzata. In effetti, non è mai stata auorizzata, e dunque mai regolamentata. Ma sembra sia stato fatto per una buona ragione: gli investitori negli hedge fund dovevano firmare un documento nel quale si dichiarava di essere sufficientemente benestanti per permettersi di perdere il loro denaro in questo gioco d’azzardo finanziario. Ai piccoli investitori non era consentito partecipare. Nonostante gli elevati guadagni che milioni di piccole contrattazioni generavano, erano considerati troppo rischiosi per i novellini che non avevano fondi fiduciari con cui giocare.

Un hedge fund non fa soldi producendo beni e servizi. Non avanza fondi per acquistare beni reali o addirittura per prestare denaro. Un hedge fund prende a prestito somme enormi per alzare la propria puntata con quasi credito gratuito. I suoi dirigenti non sono degli ingegneri industriali ma dei matematici che programmano computer per effettuare delle puntate incrociate su quale direzione potrebbero prendere i tassi di interesse, i tassi di cambio delle valute, i prezzi di azioni e obbligazioni – oppure i prezzi dei mutui bancari impacchettati. I prestiti impacchettati potrebbero essere puliti oppure potrebbero essere spazzatura. Non ha importanza. Tutto quello che importa è fare soldi in un mercato dove la maggior parte delle trattative dura solamente pochi secondi. Quello che crea il guadagno è la fibrillazione del prezzo – la volatilità.

Questo tipo di transazioni potrebbe rendere una fortuna, ma non è una “creazione di ricchezza” nella forma che riconoscono la maggior parte delle persone. Prima della formula matematica di Black-Scholes per calcolare il valore delle scommesse sugli hedge, questo tipo di opzioni put e call era troppo oneroso per garantire più utili a tutti, tranne che alle agenzie di brokeraggio. Ma la combinazione di potenti computer e l’”innovazione” dell’accesso quasi del tutto libero ai tavoli da gioco della finanza ha reso possibile frenetiche manovre da mordi-e-fuggi.

E allora perché il Tesoro ha ritenuto necessario entrare in questo quadretto? Perché questi speculatori dovevano essere salvati se avevano abbastanza soldi da perdere senza dover entrare sotto la tutela dello Stato? La contrattazione degli hedge fund era limitata a personaggi ricchissimi, alle banche d’investimento ed altri investitori istituzionali. Ma è diventato uno dei modi più semplici per far soldi, prestando fondi ad interesse alla gente per ripagare le loro trattative incrociate fatte al computer.

E quasi in tempo reale, questi guadagni erano pagati in commissioni, stipendi e bonus annuali che richiamano alla mente l’epoca d’oro americana degli anni antecedenti la Prima Guerra Mondiale – parecchio tempo prima che fosse introdotta l’imposta sui redditi del 1913. La cosa straordinaria riguardo a tutto questo denaro è che i suoi beneficiari non dovevano neppure sottostare alla normale imposta. Il governo aveva permesso loro di definirlo “capital gain”, ossia guadagno in conto capitale, vale a dire che il denaro era tassato solamente una parte di quanto venissero tassati i normali redditi.

Il pretesto, ovviamente, è quello che queste trattative frenetiche creano vero “capitale” ma di sicuro non è così, secondo la concezione classica del capitale del XIX secolo. Il termine è stato scollegato dalla produzione di beni e servizi, dall’assunzione di forza lavoro o dalla innovazione finanziaria. E’ più “capitale” il diritto a gestire una lotteria e raccogliere le vincite dalle speranze di chi ha perso. D’altra parte, i casinò di Las Vegas passando ai casinò sulle barche sui fiumi sono diventati un’importante “industria in crescita”, intorbidendo i concetti stessi di capitale, crescita e ricchezza.

Per chiudere i tavoli da gioco e ripagare il denaro, chi ha perso deve essere salvato – Fannie Mae, Freddie Mac, A.I.G. e chi sa chi altri arriverà? Questo è l’unico modo per risolvere il problema di come le aziende che hanno già corrisposto i propri utili ai dirigenti e agli azionisti invece di accantonarli raccoglieranno le loro vincite dai debitori insolventi e dalle compagnie di assicurazione. Questi perdenti hanno anche corrisposto gli utili ai loro direttori finanziari e agli addetti ai lavori (insieme ai soliti contributi patriottici per i candidati politici delle commissioni più importanti che hanno la responsabilità delle decisioni sulla struttura finanziaria del paese).

Tutto questo deve essere orchestrato con largo anticipo. E’ necessario comprare i politici e dar loro una storia di copertura plausibile (o almeno una serie ben congegnata di eufemismi preconfezionati) per spiegare agli elettori perché era nell’interesse pubblico salvare gli speculatori. E’ necessaria una buona retorica per spiegare perché il governo dovrebbe permettere loro di andare al casinò e tenersi tutte le vincite mentre si utilizzano finanziamenti pubblici per ripagare le perdite delle loro controparti.

Quello che è avvento il 18 e 19 settembre ha richiesto anni di preparazione, coronato da una falsa ideologia intagliata dagli esperti di pubbliche relazioni per essere trasmessa come una situazione di emergenza per gettare nel panico il Congresso – e gli elettori – poco prima delle elezioni presidenziali. Sembra essere la nostra sorpresa elettorale di settembre. In una situazione di crisi programmata, il Presidente Bush e il Segretario al Tesoro Paulson fanno ora appello al paese per unirsi in una Guerra ai proprietari di casa in bancarotta. Si dice che sia l’unica speranza per "salvare il sistema" (E di quale sistema stiamo parlando? Non è capitalismo industriale, né bancario, per quanto ne sappiamo).

La più grande trasformazione del sistema finanziario americano dai tempi della Grande Depressione è stata compressa in appena due settimane, iniziando con il raddoppio del debito del paese con la nazionalizzazione di Fannie Mae e Freddie Mac il 7 settembre.

La teoria economica era solita spiegare che gli utili e l’interesse erano un guadagno per un rischio calcolato. Ma oggi il gioco si chiama capital gain e gioco d’azzardo computerizzato nella direzione dei tassi di interesse, delle valute straniere e dei prezzi delle azioni – e quando si fanno cattive puntate, i salvataggi sono il guadagno economico calcolato per i contributi elettorali. Ma non è il momento di parlare di queste cose. “Ora dobbiamo agire per proteggere la salute economica della nazione da un grave rischio”, ha intonato il presidente Bush il 19 settembre.

Quello che intendeva dire è che la Casa Bianca deve garantire l’incolumità del più grande gruppo di contributori del Partito Repubblicano – cioè Wall Street – mettendo in salvo le loro pessime puntate. “Ci saranno ampie opportunità di discutere le origini di questo problema. Ora è il momento di risolverlo”. In altri termini, non facciamone una questione elettorale. “Nella storia della nostra nazione ci sono stati momenti che ci hanno richiesto di unirci e andare oltre le linee di partito per fronteggiare le sfide più importanti. Questo è uno di quei momenti”. Proprio prima delle elezioni presidenziali!

Le stesse frottole erano state sentite in precedenza, venerdì mattina, dal Segretario al Tesoro Paulson: “La salute della nostra economia ci richiede di lavorare insieme per una rapida azione bipartisan”. Gli annunciatori avevano detto che erano stati discussi 500 miliardi di dollari per le manovre di oggi.

Buona parte della colpa dovrebbe andare all’amministrazione Clinton per aver portato all’abrogazione della legge Glas-Stegall nel 1999, consentendo alle banche di fondersi nei casinò. O piuttosto, i casinò hanno assorbito le banche. Ed è questo che ha messo a rischio i risparmi degli americani.

Ma questo significa che davvero l’unica soluzione è quella di far risalire il mercato immobiliare? Il piano Paulson-Bernanke è quello di consentire alle banche di svendere le case di cinque milioni di debitori di mutui che quest’anno stanno affrontando un’insolvenza o il pignoramento! I proprietari di casa con “mutui a tasso variabile in procinto di esplodere” perderanno la loro abitazione ma la Fed pomperà abbastanza credito alle agenzie di prestiti di mutui per consentire ai nuovi acquirenti di indebitarsi quanto basta per impossessarsi dei mutui spazzatura che sono attualmente nelle mani degli speculatori.

E’ giunto il momento per un’altra bolla finanziaria e immobiliare che salvi i prestatori e gli impacchettatori di mutui spazzatura.

Gli Stati Uniti sono entrati in una nuova guerra – una Guerra per salvare i trader dei derivati computerizzati. Come la guerra in Iraq, anche questa si basa sulle menzogne e vi si è preso parte in un’apparente situazione di emergenza – verso cui la soluzione ha poco a che vedere con la causa sottostante dei problemi.

Sul piano delle sicurezza finanziaria, il governo pagherà le obbligazioni di debito collaterizzate (CDO) che Warren Buffett ha definito “armi di distruzione di massa finanziaria”. Non c’è da stupirsi che questa distribuzione di denaro pubblico sia gestita dallo stesso gruppo di persone che metteva in guardia così religiosamente il paese sulle armi di distruzione di massa in Iraq.

Il Presidente Bush e il Segretario al Tesoro Paulson hanno annunciato che questo non è il momento per dissapori bipartisan per il cambiamento della politica pubblica a favore dei creditori piuttosto che dei debitori. Non c’è tempo per ridurre il più grande salvataggio della storia una questione elettorale. Non è il momento adatto per discutere se è una buona cosa quella di far salire di nuovo i prezzi del mercato immobiliare ad un livello tale che obbligherà i nuovi acquirenti ad indebitarsi sempre di più ed impiegare all’incirca il 40 per cento della loro busta paga.

Ricordate quando il Presidente Bush e Alan Greenspan comunicavano agli americani che non c’erano abbastanza soldi per pagare la Previdenza Sociale (per non parlare di Medicare3) perché in futuro (tra 10 anni? 20 anni? 40 anni?) il sistema potrebbe avere un disavanzo di quello che ora sembrano delle insignificanti centinaia di miliardi di dollari spalmati su molti molti anni. In sostanza, se non riusciamo a capire come pagare, affossiamo subito il progetto. Bush e Greenspan avevano ovviamente un’utile soluzione. Il Tesoro poteva trasferire il denaro proveniente dalle Previdenza Sociale e dall’assicurazione sanitaria verso Bear Sterns, Lehman Brothers e i loro confratelli per essere investito con la “magia dell’interesse composto”.

Che cosa sarebbe accaduto alla Previdenza Sociale se fosse stato fatto? Forse dovremmo considerare gli avvenimenti delle ultime due settimane come la cessione agli speculatori di Wall Street di tutto il denaro che era stato messo da parte da quando la Commissione Greenspan nel 1983 aveva spostato il peso fiscale sulle trattenute in busta paga per il Federal Insurance Contributions Act4. Non sono i pensionati a venire salvati, ma gli investitori di Wall Street che hanno firmato documenti nei quali si affermava che potevano permettersi di perdere i loro soldi.

Lo slogan dei Repubblicani per novembre dovrebbe essere “Viva l’assicurazione sul gioco d’azzardo, abbasso l’assicurazione sanitaria”. La tanto glorificata Strada verso la Schiavitù non è stata progettata in questo modo. Frederick Hayek e i suoi ragazzi di Chicago hanno insistatito sul fatto che la schiavitù arriverebbe dalla pianificazione e della regolamentazione del governo. Questa visione ha ribaltato le idee dei riformatori dell’era classica e progressista che dipingevano il governo come la mente della società, il suo timone per regolare i mercati – e liberarli dal profitto senza giocare un ruolo essenziale nella produzione.

La teoria della democrazia fa affidamento sul presupposto che gli elettori agirebbero nel proprio interesse. I riformatori del mercato elaborarono un’ipotesi simile affermando i consumatori, i risparmiatori e gli investitori promuoverebbero la crescita economica agendo con piena conoscenza e consapevolenzza delle dinamiche in gioco. Purtroppo la Mano Invisibile si è rivelata un inganno contabile, prestiti di mutui spazzatura, insider trading e il fatto di non riuscire di collegare l’aumento vertiginoso del debito con la possibilità di pagare da parte dei debitori – uno scompiglio apparentemente legittimato da modelli commerciali computerizzati, ed ora benedetti dal tesoro.


Michael Hudson è il presidente dell’ Institute for the Study of Long-Term Economic Trends (ISLET), un analista finanziario di Wall Street, professore emerito di economia all’Università del Missouri ed autore di “Super Imperialism: The Economic Strategy of American Empire” (1972 e 2003) e di “The Myth of Aid” (1971).


Note del traduttore:

1 Gioco di parole che unisce i termini “banchieri + gangster”.
2 La U.S.A.I.D. (United States Agency for International Development) è un’organizzazione governativa americana responsabile degli aiuti all’estero di carattere umanitario.
3 Medicare è un programma di assicurazione sociale istituito nel 1965 (e amministrato dal governo degli Stati Uniti) per fornire una copertura sanitaria ai cittadini di oltre 65 anni di età oppure a coloro che soffrono di gravi patologie o infermità.
4 La trattenuta per il Federal Insurance Contributions Act è un’imposta presente nelle buste paga dei lavoratori dipendenti americani per finanziare sia la Previdenza Sociale che Medicare. Corrisponde sostanzialmente alla voce del contributo al Servizio Sanitario Nazionale presente nelle busta paga dei lavoratori dipendenti italiani.

sabato 27 settembre 2008

L’insetto strisciante

In un Paese normale un essere del genere che si autodefinisce giornalista, ma che e’ invece un semplice zerbino per i piedi sudici dei vari politici che si alternano sulle bianche poltrone, non avrebbe mai avuto l’occasione di condurre trasmissioni televisive di taglio "giornalistico" con ospiti potenti in studio.

Ma poiche’ l’Italia non e’ e non sara’ mai un Paese normale, su Rai 1 la seconda serata dal lunedi’ al giovedi’ e’ da quasi 15 anni monopolizzata da quell’insulso programma condotto dall’insetto strisciante.

E tutto cio’ e’ assolutamente normale in un Paese come l’Italia…

Emilio Vespa
di Marco Travaglio – L’Unita’ -27 Settembre 2008

La notizia sorprenderà qualcuno, ma carta canta: Bruno Vespa potrebbe essere in buona fede. Anzi in buona Fede, nel senso di Emilio, come lo chiama familiarmente Al Tappone. La prova? Eccola: una letterina inviata da Emilio Vespa alla Stampa in risposta a un’intervista di Beatrice Borromeo, che aveva osato dire quel che pensa (come milioni di italiani) di Porta a Porta: "Ridicolo. All’estero lo prendono in giro. È privo di qualsiasi dignità. L’episodio di Vespa scambiato da Berlusconi per il ‘dottor Fede’ è significativo. Il conduttore mette a proprio agio al di là della verità, non ponendo mai obiezioni per amore della poltrona. Per questo i politici vanno lì e non da Santoro: sanno che non gli succederà nulla. E questo, giornalisticamente, è inaccettabile... Con la Vezzali mi sembrava imbarazzato persino Berlusconi! Poi ognuno dice quello che gli pare... ma non capisco cosa c’entri con un programma d’approfondimento. Quella è adulazione”.

Comprensibilmente risentito, in quanto disabituato alle critiche, Emilio Vespa s’è scagliato contro la Borromeo dandole della "valletta di Santoro", "cinguettante" e dotata di un misero "cervellino". Poi ha fornito la prova insuperabile dell’unanime apprezzamento di cui godrebbe Porta a Porta nel mondo intero: “Pochi giorni fa Josè Maria Aznar, già carismatico primo ministro spagnolo, ha lodato Porta a Porta definendola la migliore trasmissione europea del suo genere e rammaricandosi che altri Paesi, a cominciare dal suo, non la imitino... Aznar chiese espressamente di essere invitato a Porta a Porta durante una sua visita ufficiale e lo stesso ha fatto il primo ministro rumeno che verrà in ottobre in Italia”.

Ecco, ad avviso dell’insetto la qualità di un programma di informazione si misura dal gradimento dei politici. Se i suoi ospiti e aspiranti ospiti ne parlano bene, vuol dire che il programma è buono. Per lui, i padroni sono i politici, non i cittadini. Infatti nel ’93 proclamò tutto giulivo che il suo "editore di riferimento" era la Dc di Forlani, appena indagato per Tangentopoli, col quale inscenò un’intervista a braccetto, scorticandosi le ginocchia. L’idea che il gradimento spetti al pubblico che paga il canone e auspicherebbe, magari, eventualmente, interviste con domande, non l’ha mai sfiorato. E nemmeno il sospetto che Aznar (così “carismatico” da farsi trombare dal giovane outsider Zapatero) voglia importarlo in Spagna perché i giornalisti spagnoli fanno domande.

Il carismatico Aznar sa benissimo cosa accade se un politico mente e la libera informazione lo sbugiarda, peggio ancora se in campagna elettorale. Infatti lui, in campagna elettorale, tentò di addossare ai baschi dell’Eta, anziché ad Al Qaeda, la strage sui treni di Madrid. Avesse avuto a disposizione un Porta a Porta con un insetto iberico in studio, avrebbe trovato una formidabile cassa di risonanza per la sua carismatica maxi-balla e avrebbe rivinto le elezioni. Invece, purtroppo per lui, dovette fare i conti con la stampa e le tv spagnole pubbliche e private, che gli smontarono la bufala in quattro e quattr’otto, facendogli perdere 10 punti.

Più o meno quel che è accaduto dieci giorni fa alla povera Sarah Palin al suo esordio su una tv nazionale, scarnificata dall’intervistatore. L’altroieri è toccato a John Mac Cain, che ha disertato il faccia a faccia con Lettermann inventandosi un impegno inesistente ed è stato subito sputtanato dal grande Dave, che gli ha dato del “bugiardo” in diretta. Cose inimmaginabili in Italia, soprattutto per Emilio Vespa.

Qualche anno fa, intervistata nel docu-film di Sabina Guzzanti “Viva Zapatero!”, Marcelle Padovani del Nouvel Observateur confessò sconsolata: “Io sono incapace di raccontare Porta a Porta. Il mio giornale mi ha chiesto di fare un pezzo sulle trasmissioni televisive. Ma non riesco a sintetizzare che cos’è Porta a Porta per il pubblico francese, perché non c’è l’equivalente, non esiste”.

Porta a Porta è il sogno di tutti i politici bugiardi del mondo che però, all’estero, devono limitarsi a sognare. In Italia, invece, si prenotano con una telefonatina a Emilio Vespa e lui, come ebbe a dire in una memorabile telefonata intercettata col portavoce di Fini, gli “confezioniamo addosso la trasmissione”. Poi, certo, qualche rischio permane: è lo stesso Emilio Vespa a rammentare che "Yasser Arafat e Simon Peres si incontrarono a Porta a Porta per l’ultima volta". Poi Arafat morì. Più che Porta a Porta, Porta Sfiga.

venerdì 26 settembre 2008

Crisi finanziaria: mancano i liquidi

La crisi della finanza globale colpisce ancora negli USA. Sempre piu' americani non riescono a pagare gli arretrati sulle carte di credito e oggi le autorità bancarie statunitensi hanno ordinato la chiusura della banca Washington Mutual decretandone di fatto il fallimento, il più grande nella storia del credito americana.

La banca non era infatti più in grado di proseguire le attività per mancanza di liquidi.
Le attività dell'istituto passano a JP Morgan Chase per 1,9 miliardi di dollari.
Jp Morgan ha annunciato un aumento di capitale da 8 miliardi di dollari per mantenere i propri standard di solvibilità.

Nel frattempo oggi la banca britannica Hsbc ha deciso il taglio di 1100 posti di lavoro in tutto il mondo, meta' dei quali concentrata in Gran Bretagna.

Finche' la barca va....


Le banche cinesi hanno smesso di fare prestiti alle banche USA
Reuters - 25 Settembre 2008
Tradotto da Alcenero per http://www.comedonchisciotte.org/

Il South China Morning Post ha riferito oggi, giovedì, che i governanti cinesi hanno ordinato alle banche nazionali di fermare i prestiti interbancari ad istituzioni finanziarie USA per prevenire possibili perdite durante la crisi finanziaria. Il giornale di Hong Kong ha citato fonti anonime dell’industria che affermano che l’ordine, proveniente dalla China Banking Regulatory Commission (CBRC- Commissione Regolatrice del Sistema Bancario Cinese), riguarda prestiti interbancari di tutte le valute con banche USA ma non con banche di altre nazioni.

"Il decreto sembra essere il primo tentativo di erigere delle difese contro il disastro finanziario USA dopo che i principali autori di prestiti hanno riferito di avere miliardi in dollari USA di esposizione alla crisi del credito”, ha affermato il South China Morning Post. Un portavoce della CBRC non ha rilasciato commenti.


Crisi USA, paure cinesi
di Federico Rampini - La Repubblica - 25 Settembre 2008

A conferma della situazione di estrema illiquidità, incertezza e sfiducia che regna sul mercato interbancario, a Hong Kong si è diffusa oggi la voce che la banca centrale di Pechino avrebbe raccomandato a tutti gli istituti di credito cinesi di interrompere ogni prestito a istituzioni finanziarie americane. La voce è stata raccolta dal principale quotidiano di lingua inglese di Hong Kong, The South China Morning Post, solitamente affidabile per le sue informazioni sulle autorità di politica economica cinesi. E' stata tuttavia smentita da fonti vicine al governo e all'autorità monetaria della Repubblica Popolare.

L'articolo del South China Morning Post sosteneva che la China Banking Regulatory Commission, l'organo di vigilanza che è un'emanazione della banca centrale, avrebbe diramato istruzioni a tutti i banchieri cinesi perché chiudano i rubinetti del credito verso qualsiasi controparte situata negli Stati Uniti, onde evitare l'esposizione a insolvenze improvvise. La stessa fonte di Hong Kong chiamava in causa la crescente preoccupazione di Pechino per le possibili ripercussioni della crisi bancaria americana sul portafoglio di investimenti delle banche cinesi.

Uno spiraglio di luce invece ha rasserenato i mercati - e i depositanti - riguardo alla sorte della Bank of East Asia, l'importante banca di Hong Kong che ieri era stata assediata da code di correntisti dopo le voci di una imminente bancarotta. A migliorare l'atmosfera, più ancora delle dichiarazioni rassicuranti dell'autorità monetaria di Hong Kong, è stato il gesto del locale magnate Li Ka-shing (considerato l'uomo più ricco dell'isola) che ha annunciato di avere acquistato una "significativa partecipazione azionaria" nell'istituto.

La sua mossa è stata paragonata a quella del miliardario americano Warren Buffett che nei giorni scorsi ha annunciato il suo ingresso nell'azionariato della Goldman Sachs. Nel frattempo la Hong Kong Monetary Authority, oltre a fornire un'iniezione di liquidità aggiuntiva alla piazza finanziaria, ha annunciato di avere allo studio un aumento del plafond di assicurazione dei depositi in caso di bancarotta. Attualmente il plafond è considerato troppo basso essendo di 100.000 dollari di Hong Kong pari a circa 13.000 dollari Usa.


Non si fa più credito
di Alessandro Ursic - Peacereporter - 26 Settembre 2008

E' iniziata come crisi dei mutui subprime, è diventata lo scoppio della bolla immobiliare e la stretta del credito, ha sconvolto il capitalismo americano facendo fallire le più grandi banche d'investimento. Mentre a Washington si cerca di salvare il salvabile con un piano di intervento pubblico da 700 miliardi di dollari, una nuova minaccia incombe sul sistema finanziario statunitense e mondiale: quella dei sempre più americani che non riescono a pagare gli arretrati sulle carte di credito. Molti analisti l'hanno segnalata da tempo. E ora che i tassi di insolvenza stanno raggiungendo livelli di guardia, se ne sta accorgendo anche il Congresso.

Nella settimana in cui tutti gli occhi di Washington e dei mercati azionari mondiali erano sul piano d'emergenza presentato dal segretario al tesoro Henry Paulson, la Camera dei rappresentanti martedì ha approvato a larga maggioranza il Credit Cardholders Bill of Rights: una legge che renderà più facile la vita ai titolari di carte di credito in difficoltà con i pagamenti, impedendo alle compagnie di alzare gli interessi in maniera retroattiva, senza neanche avvisare i clienti. Tutte pratiche definite “ingannevoli” dalla stessa Federal Reserve, anche in seguito alle segnalazioni di oltre 56mila clienti. E' molto difficile che il provvedimento – sponsorizzato dai Democratici – diventi legge entro fine anno; più probabile che, una volta firmata anche dal Senato, la misura arrivi sul tavolo del prossimo presidente. Ma il fatto che la questione sia arrivata al Congresso è un segnale della gravità della situazione.

Come la concessione di mutui a chi normalmente non ne avrebbe i requisiti, così negli ultimi anni le banche hanno incoraggiato in tutti i modi la diffusione delle carte di credito. In una conferenza stampa organizzata due giorni fa dall'associazione Americans for Fairness in Lending, due ex dipendenti di una compagnia ora rilevata dalla Bank of America hanno raccontato delle pressioni a cui erano sottoposti, con l'ordine di usare approcci aggressivi e ingannevoli verso i potenziali clienti, invogliandoli a indebitarsi sempre più, con conseguenti maggiori profitti per la compagnia.

"Avevamo l'obiettivo di vendere 25mila dollari all'ora, 4 milioni al mese. E io ero solo una delle centinaia di impiegate, solo in una sede”, ha detto una delle due ex dipendenti. Così facevano in tanti, troppi, e i risultati si vedono: a luglio, secondo i dati della Fed, gli americani avevano un debito di 969,9 miliardi sulle carte di credito. Nel 2003 i miliardi erano 770.Con un'economia in espansione e valori delle case in costante aumento, molti americani hanno rifinanziato periodicamente le loro case, usandole in sostanza come giganteschi bancomat per soldi che però erano tali solo sulla carta. Ma ora che la bolla immobiliare è scoppiata, quelle case valgono molto meno, la crisi si fa sentire e molte aziende tagliano il personale, i conti da pagare restano. E per rifarsi delle perdite in aumento, le compagnie che emettono carte di credito hanno alzato drasticamente i tassi sui debiti non pagati.

Nel frattempo, dopo essere sceso progressivamente da inizio 2002 all'anno scorso, il tasso di insolvenze è aumentato di colpo negli ultimi mesi del 2008. Nel secondo trimestre di quest'anno, l'1,09 percento dei titolari di carte di credito è indietro almeno 90 giorni nei pagamenti, rispetto allo 0,91 percento dello stesso trimestre del 2007. E anche se questa percentuale è in leggero calo rispetto ai primi tre mesi del 2008, gli analisti hanno subito trovato una risposta non incoraggiante: il calo è dovuto al benefico ma temporaneo sollievo fornito dagli sconti fiscali approvati da Bush a inizio anno per frenare la crisi, e il resto lo fanno gli scrupoli che le compagnie hanno ora nel concedere nuovi crediti. Un buon segno, per il futuro. Ma per i conti passati è ormai troppo tardi. E sono comunque 2,5 milioni di persone indietro di tre mesi nei pagamenti.

Dato che storicamente si muove in linea con il tasso di disoccupazione, ora che ci si aspetta una vera recessione, si prevede che il tasso di insolvenze sulle carte di credito abbia appena iniziato ad aumentare. Negli Usa, le pubblicità di compagnie che ti invitano a contattarle per vedersi miracolosamente ridotto il credit card debt si trovano dovunque. E' il punto di arrivo di una tendenza all'indebitamento in atto da decenni, in un'economia pericolosamente sbilanciata sui consumi, che rappresentano il 70 percento del Pil.

Il tasso di risparmio delle famiglie americane, sceso progressivamente dagli anni Sessanta, nel 2005 è stato negativo (-0,5 pecento) per la prima volta dal 1933, anno di piena Depressione. Non solo gli statunitensi hanno speso tutto quello che guadagnavano; si sono pure indebitati per consumare. In confronto, i tassi di risparmio delle maggiori economie europee si aggirano intorno al 10 percento. Se fosse un problema “solo” di milioni di famiglie, sarebbe già grave. Ma anche i debiti delle carte di credito, come i mutui subprime, sono stati inseriti in pacchetti finanziari piazzati poi sui mercati mondiali: proprio quelli che ora, contenendo centinaia di miliardi di crediti irrecuperabili e quindi persi, hanno messo in ginocchio le grandi banche. Ecco perché, se si buca anche la bolla delle carte di credito, potrebbe arrivare il pugno del kappaò.

Scontri a fuoco tra USA e Pakistan in costante aumento

Il caos continua a imperversare in Pakistan e con sempre maggior intensita'.
Oggi due militanti islamici a Karachi si sono uccisi facendo esplodere 5 granate all'arrivo della polizia, ma senza causare feriti tra gli agenti.

Sempre oggi l'esercito pakistano si è scontrato con i miliziani taleb nel nord del Waziristan, nella zona di Bajor. Secondo quanto riporta al Jazeera, i miliziani islamici tengono ancora sotto stretto controllo le due valli della zona, dove si registrano gli scontri. Dall'inizio dell'offensiva militare lanciata lo scorso agosto dall'esercito pakistano nelle zone tribali del paese, i combattenti islamici uccisi sarebbero stati più di mille, secondo quanto riferisce un responsabile delle forze armate di Islamabad, Tariq Khan.
Fonti dell'Onu parlano invece di almeno 260mila civili costretti a fuggire a causa delle operazioni militari.

Inoltre e' sempre notizia di oggi che almeno sei persone sono morte e altre 15 sono rimaste ferite nel deragliamento di un treno a Bahawalpur, nella parte orientale del Pakistan, a causa dell'esplosione di un ordigno piazzato sotto ai binari.

Ma la novita' piu' interessante della giornata e' che i soldati pakistani hanno di nuovo sparato contro due elicotteri USA che erano sconfinati in territorio pakistano. E' molto probabile che tali scontri si intensificheranno nel prossimo futuro.

Un altro obbiettivo raggiunto dalla cricca neocon di Washington...


Non passa lo straniero
di Enrico Piovesana – Peacereporter – 26 Settembre 2008

Ieri i soldati di Islamabad hanno nuovamente sparato contro due elicotteri Usa che stavano sconfinando in territorio pachistano dalla provincia afgana di Khost. I militari statunitensi, a differenza di quanto avvenuto la scorsa settimana, stavolta hanno risposto al fuoco pachistano, scatenando una sparatoria durata diversi minuti. Il giorno prima, mercoledì, il premier pachistano Yousuf Raza Gilani aveva avvertito gli Stati Uniti: "Noi non tollereremo violazioni della nostra sovranità commesse in nome della guerra al terrorismo".

L'ordine è chiaro: aprire il fuoco. Lunedì, lo stesso neo-presidente pachistano Ali Asif Zardari aveva dichiarato che "le nostre forze armate hanno l'ordine di impedire qualsiasi intrusione nel nostro territorio". Anche sparando. La scorsa settimana il portavoce dell'esercito pachistano, generale Athar Abbas, aveva detto: "In caso di intrusione gli ordini sono chiari: aprire il fuoco". A dare questi ordini, pochi giorni prima, era stato il comandante delle forze armate pachistane, generale Ashfaq Parvez Kayani, che il 10 settembre, in una delle sue rare interviste, aveva chiarito che "la sovranità del Pakistan sarà difesa a tutti i costi e a nessuna forza esterna verrà permesso di condurre operazioni sul nostro territorio".

Gli Usa speravano nell'effetto Mariott. A Washington tutti erano certi che, dopo la strage del 20 settembre all'Hotel Mariott di Islamabad, il governo e l'esercito pachistano avrebbero smesso di opporre resistenza alle operazioni militari Usa nelle Aree Tribali. Invece la reazione pachistana è stata un ulteriore irrigidimento rispetto al prepotente atteggiamento dell'amministrazione Bush, decisa a intervenire contro i talebani in Pakistan, con o senza la collaborazione e il consenso del governo di Islamabad.

giovedì 25 settembre 2008

Iraq: 5 anni e mezzo dopo

Sono trascorsi cinque anni e mezzo ormai dall'invasione dell'Iraq voluta e guidata dagli USA.
Molte cose sono cambiate nel corso di questi anni e i due articoli qui di seguito ci aggiornano sulla situazione interna di quel disgraziato Paese.


Ai sunniti non va giù il disarmo
di Christian Elia - Peacereporter - 25 Settembre 2008

Sono passati più di cinque anni dall'invasione dell'Iraq da parte della Coalizione guidata dagli Stati Uniti. Dal 2003 a oggi le cose sono cambiate e del Paese che esisteva a marzo di cinque anni fa resta poco. Ma adesso, dopo più di un milione di morti e quattro milioni di profughi, la situazione volge verso un nuovo equilibrio.

I consigli del risveglio. E' troppo presto per tirare un sospiro di sollievo, ma dopo anni di violenza senza fine la situazione pare meno caotica. L'ex comandante in capo delle truppe Usa in Iraq, il generale David Petraeus, è stato indicato da molti come il principale fautore del miglioramento della situazione in Mesopotamia. Petraeus, che gode in patria di una considerazione tale da essere stato papabile per il posto da candidato vicepresidente fino all'ultimo minuto, ha chiesto e ottenuto una surge, un rinforzo di 30mila marines da dislocare in Iraq. L'oggettivo miglioramento delle condizioni di sicurezza nel Paese, però, non sarebbe stato possibile senza le milizie al-Sahwa, i sunniti del cosiddetto 'movimento del risveglio', o i 'figli dell'Iraq', come li chiamano gli statunitensi. Sunniti che dopo l'invasione del Paese hanno combattuto contro gli Usa, non tanto perché fedeli a Saddam, ma perché convinti di restare schiacciati in un futuro stato dominato dagli sciiti e dai curdi. Nell'ultimo anno e mezzo, dopo un accordo di massima e l'incasso di tanti soldi, hanno combattuto al fianco dell'esercito e della polizia iracheni, alleati agli Usa, contro le milizie ritenute legate ad al-Qaeda e composte per lo più da stranieri, arrivati in Iraq da tutto il mondo arabo dopo la caduta del regime.

Disarmo alle porte. Il meccanismo ha funzionato alla perfezione, in particolare nei quartieri misti di Baghdad, dove le milizie sciite avevano compiuto stragi immani in questi anni. I sunniti, coordinandosi con la polizia irachena, hanno ripreso il controllo dei loro quartieri. Uno di questi è al-Adhamiya, per anni un focolaio di violenza fuori controllo, una vera e propria spina nel fianco degli Stati Uniti. La situazione, adesso, è sotto controllo. Ma non è detto che i risultati raggiunti siano destinati a durare. Il governo iracheno, in massima parte, è nelle mani degli sciiti. I vertici dell'esecutivo di Baghdad, fin dal primo momento, hanno visto le milizie sunnite con una certa diffidenza. Solo che tempo fa le milizie sciite erano fuori controllo e i 'movimenti del risveglio' tornavano utili. Riportata la situazione più o meno sotto controllo, il governo ha deciso di riprendere in mano la situazione e di mettere ordine tra questi miliziani ben armati (e ben pagati) dagli Usa che dominano i loro quartieri. E' al vaglio una legge che, nei prossimi giorni, dovrebbe portare al disarmo dei 'movimenti' per integrare i miliziani nell'esercito e nella polizia irachene.

Tensione tra i sunniti. Gli Usa, nonostante i buoni risultati ottenuti, non si oppongono. I miliziani del 'risveglio' sono degli eroi per molti concittadini, ma in tanti casi si sono segnalati per un atteggiamento da 'gang' che spadroneggia nei quartieri. Gli statunitensi, quindi, non sono affatto contrari a riportare le milizie sotto il controllo del governo, visto che la loro utilità è ridotta ora che la violenza è meno cruenta. La novità, però, non garba affatto ai sunniti in armi che, anche in un futuro prossimo venturo nel quale gli statunitensi si dovessero ritirare, contavano di mantenere le loro milizie per autodifesa da eventuali abusi degli sciiti. Inoltre, come sempre, la guerra è anche un business. E il disarmo significherebbe, almeno per i leader locali sunniti, la perdita di un'enorme quantità di denaro che a quel punto gli Usa non verserebbero più a loro ma al governo centrale.
Negli ultimi giorni, proprio ad al-Adhamiya, si sono verificati episodi di violenza e scontri a fuoco come non si vedevano da tempo: due persone uccise nei pressi di un check-point domenica, un altro civile ucciso lunedì dall'esplosione di un'autobomba. Tensioni, inoltre, si sono registrate tra leader locali ed esponenti del governo negli ultimi giorni.
Bisognerà gestire bene la situazione, per evitare che quartieri come al-Adhamiya precipitino di nuovo nelle violenze settarie.


Iraq cos'e' cambiato?
di Jonathan Steele - The Guardian - 10 settembre 2008
Traduzione di Ornella Sangiovanni - Osservatorio Iraq

La situazione della sicurezza è migliorata, ma ora che il fumo del conflitto svanisce i costi umani dell'occupazione dell'Iraq appaiono nella loro totalità

Tornato a Baghdad per la prima volta quest'anno, ero assorbito dalla questione del cambiamento. "Cos'è diverso?", avrei chiesto a quasi ogni iracheno che incontravo. "E tu, che cosa vedi di nuovo?", mi avrebbero domandato a loro volta. Ecco quindi, in pochi paragrafi, un riepilogo delle mie risposte. Alcune cose sono cambiate in meglio, altre in peggio. Iniziamo con il positivo.La sicurezza è enormemente migliorata. I timori di rapimenti e omicidi casuali sono diminuiti. La frequenza delle autobomba è calata. Laddove gli iracheni lasciavano di rado le loro case, tranne che per andare al lavoro e a fare qualche spesa di corsa, la gente osa uscire di sera.

L'altra sera, circa 50.000 persone hanno assistito alla finale del campionato nazionale di calcio a Baghdad – una folla che l'anno scorso di questi tempi sarebbe stata preoccupata di essere l'obiettivo di un attacco suicida. A ottenere questo risultato è stata la "surge" di altri 30.000 soldati? Ha avuto un ruolo, ma la "surge" più importante e di maggiori dimensioni è stata quella irachena. A Baghdad, le unità della polizia e dell'esercito iracheno sono dappertutto, mentre i soldati Usa si vedono di rado. Iracheni in divisa stanno di guardia o seduti dentro veicoli praticamente a ogni incrocio e a ogni rotatoria. Presidiano i checkpoint ogni poche centinaia di metri, osservando il traffico, di tanto in tanto accostando un conducente, e tenendosi d'occhio l'un l'altro.

Un anno fa, gli stessi poliziotti erano fra i sospettati, spesso coinvolti nella brutalità confessionale. Adesso, la polizia è stata ripulita, non ancora completamente, ma abbastanza per fare la differenza, specialmente con l'esercito che sta nelle vicinanze per sorvegliarli.Anche l'emergere fra i sunniti di al-Sahwa, il cosiddetto "Movimento del risveglio", ha contribuito a migliorare la sicurezza. Questo è il secondo cambiamento positivo. Parecchie zone di Baghdad sono pattugliate da queste nuove milizie, che combattevano gli americani, e poi sono passate a combattere al-Qaeda.

Adesso gestiscono da sole le loro zone, dicendo ai poliziotti iracheni, nonché agli americani che non sono graditi. Gli americani le chiamano "Figli dell'Iraq", oppure "cittadini locali impegnati", e le pagano, ma, qualunque sia il loro nome, svolgono una funzione vitale per quanto riguarda la sicurezza.

Un risultato importante – il mio terzo cambiamento positivo – è che centinaia di famiglie sunnite e sciite che erano state costrette ad andarsene stanno tornando a casa. E' noto che più i rifugiati rimangono lontani, più è difficile per loro tornare. Le loro proprietà vengono saccheggiate, oppure se ne impossessano altri. Loro mettono radici altrove. Un anno fa, sembrava che i quartieri misti della capitale fossero condannati: oltre mezzo milione di abitanti di Baghdad erano fuggiti in diverse parti della città dove si sentivano più sicuri. Baghdad sembrava destinata a diventare un mosaico di enclavi monoculturali etnicamente ripulite.

Questo non è più vero. Una parte dello spostamento forzato di popolazione si sta rivelando reversibile, e il governo iracheno sta facendo uno sforzo serio per accelerarlo: dice che occupare abusivamente la casa di qualcun'altro sarà punibile con tre anni di carcere, e, a partire da questo mese, utilizzerà l'esercito iracheno per cacciare via gli occupanti abusivi.

Il quarto cambiamento è un allontanamento graduale dalla politica islamica di tipo fondamentalista degli ultimi anni verso qualcosa di più inclusivo, tollerante, e democratico. E' difficile capirne la vera ragione, ma c'è un clima più laico nell'aria. Per due anni Baghdad è stata nella morsa di una guerra civile fra arabi: sunniti contro sciiti. Quella fase è finita. La gente ha guardato nell'abisso, e si è tirata indietro.

Il giudizio più ottimista su questa nuova sensazione di moderazione l'ho sentita da Raid Jahid Fahmi, il ministro della Scienza e della tecnologia – un leader dell'Iraqi Communist Party che si è formato alla London School of Economics. "Viviamo in tempi brutali, violenti", mi ha detto, "ma la società irachena sta trovando un nuovo equilibrio". Poi ha aggiunto, avendo in mente i suoi colleghi di governo:Guarda molti di questi leader islamici. Guarda il modo in cui parlano, la loro pratica, e i progetti che adottano.

E' diverso da ciò in cui credevano in passato. La mentalità del settarismo confessionale è in declino. Non so fino a che punto siano sinceri, ma ora accettano il fatto di avere uno Stato fondato sul diritto e una società civile multiculturale. E' difficile trovare una famiglia a Baghdad che non abbia perso almeno uno dei suoi membri, ma le forze che sono state responsabili di questo sono state screditate moltissimo. La gente ha imparato dalle proprie esperienze.

Ahimé, non tutti i cambiamenti a Baghdad sono per il meglio. Dal lato negativo metterei il crescere straordinario dell'odio e del sospetto nei confronti dell'Iran fra gli arabi sunniti di Baghdad. Ai sunniti i mullah di Tehran non sono mai piaciuti; ma adesso, grazie alle uccisioni di massa di sunniti da parte di sciiti degli ultimi due anni, nonché al battere e ribattere costante della propaganda anti-iraniana da parte degli americani, è difficile trovare un leader sunnita che non consideri l'Iran come la fonte principale dei problemi dell'Iraq.

Ad A'adhamiya, un distretto prevalentemente sunnita, il leader del "Consiglio del risveglio", Abu Abed Ali Bahjat, ha insistito che "al-Qaida in Iraq" è diretta dall'Iran. Il figlio di Osama bin Laden vive in Iran, mi ha assicurato, dove è responsabile dei collegamenti con gli Hezbollah libanesi.Il vice presidente iracheno Tariq al-Hashemi, il più influente politico sunnita del Paese, è stato meno paranoico ma ugualmente diretto. "Sfortunatamente, l'Iran è un provocatore, invece di essere un vicino responsabile e onesto. Esiste una minaccia considerevole da parte dell'Iran", mi ha detto.

E' negativa anche la nuova mossa del governo per disarmare al-Sahwa. Un anno fa, i leader sciiti del Paese avevano accettato con cautela il "Movimento del risveglio" come un'arma vitale contro al-Qaeda. Adesso, vedono la sua forza scoperta di recente come un pericolo, e stanno cercando di costringerlo a sciogliersi, nonostante abbia migliorato la sicurezza a Baghdad. Il terzo cambiamento negativo è il nuovo rischio di scontri armati fra arabi e kurdi. La tensione a bassa intensità fra le due comunità per la regione – ricca di petrolio – di Kirkuk e altre parti del nord Iraq caratterizza la scena irachena da anni.

Ma negli ultimi mesi è diventata più acuta, ed esiste un pericolo reale che possa scoppiare all'improvviso una violenza considerevole. Basterebbe una scintilla per dar fuoco al barile di Kirkuk, e allora potremmo vedere uccisioni di arabi contro kurdi in tutte le zone nelle quali entrambe le popolazioni oggi sono vicine. Non bisognerebbe esagerare il pericolo, ma è certamente più reale di un anno fa.

Infine, bisogna menzionare l'enorme lascito di miseria umana scatenato dall'invasione e da cinque anni di occupazione. E' peggio di un anno fa? E' cambiato qualcosa? Probabilmente no, ma mentre la prospettiva di una riduzione delle truppe Usa acquista forza, chiunque vinca la Casa Bianca in novembre, il bilancio totale del disastro diventa più chiaro.L'impatto dei recenti miglioramenti a breve termine rende più facile comprendere i compiti a medio e a lungo termine che ci attendono.

Un Paese con oltre un milione di vedove, dove appena la metà dei bambini va a scuola (a causa degli spostamenti forzati di popolazione, del fatto che continuano a esserci timori per la sicurezza, e della mancanza di insegnanti), con carenze drastiche di energia elettrica e acqua, e un ottavo della sua popolazione che vive all'estero, fra cui molti di coloro che hanno il più alto tasso di istruzione e le competenze di cui c'è maggiore necessità, non si risolleverà tanto presto.