giovedì 1 luglio 2010

Amenità italiote

Qualche articolo che mette in luce alcune amenità tipiche del Belpaese...


Brambilla, una mano ai giovani
di Adriano Botta - http://espresso.repubblica.it - 30 Giugno 2010

Il ministro mette ai vertici dell'Aci tre manager che si sono fatti da soli. Uno è il suo fidanzato, il secondo è il figlio di La Russa e il terzo è il pargolo del consulente berlusconiano Bruno Ermolli.

Trovare lavoro ai giovani e valorizzare i loro talenti è una missione nobile e importante: basta con questo Paese dominato dagli ultrasettantenni. E nessuno meglio di Maria Vittoria Brambilla - una vita a sgambettare nelle discoteche prima di diventare misteriosamente ministro - è consapevole dell'esigenza di un ricambio generazionale in questo Paese.

Avendo preso molto sul serio questo suo impegno, la signora Brambilla ha appena trovato lavoro a due giovani - non ragazzini, ma insomma under 40 - molto bravi e promettenti. Uno si chiama Massimiliano, ha 38 anni ed è un simpatico ragazzo che ama le camicie rose e le cravatte azzurre, già noto negli ambienti accademici internazionali per essere stato fidanzato con Cristina Dal Basso del Grande Fratello, accanto alla quale è apparsa sulle pagine del settimanale "Chi".

Da ieri, l'ottimo Massimiliano è commissario straordinario dell'Aci, l'umile lavoro che gli ha appunto trovato la signora Brambilla, nella sua qualità di ministro del Turismo. Si ignora al momento l'entità della sua retribuzione ma si ha motivo di ritenere che Massimiliano non avrà il problema di arrivare a fine mese.

Del tutto casuale, ovviamente, il fatto che Massimiliano sia figlio dell'imprenditore Bruno Ermolli, uno degli imprenditori italiani più potenti e vicini a Berlusconi, che da anni ricopre cariche di ogni tipo a Mediaset e in Mondadori, oltre ad avere le mani in pasta in tutti i business pubblici-privati italiani (dalla vendita di Alitalia all'Expò di Milano, dalla Scala alla Bocconi).

Siccome tuttavia si sa che ai giovani piace stare insieme, la Brambilla ha pensato che sarebbe stato crudele lasciare il giovane Ermolli da solo all'Aci.

Ecco che allora nella squadra del giovane neocommissario il ministro ha subito inserito anche un altro ragazzo di ottime speranze, tale Geronimo, un trentenne che ha in comune con Ermolli junior la passione per le ragazze uscite dal Grande Fratello (è finito suoi giornali di gossip insieme a Vanessa Ravizza) e più di recente è stato fidanzato con la bionda di ottima famiglia Micol Sabbadini.

Già frequentatore dei locali di corso Como e dintorni (parliamo sempre di Milano, naturalmente) il giovane Geronimo è un grande amante del mare e poco tempo fa ha rilasciato una pensosa intervista spiegando che la sua nuova barca «ha il teak esteso sia nella spiaggetta sia dentro il pagliolato», e lui «ha scelto personalmente il logo sullo scafo».

A Geronimo, che è un ragazzo dai valori semplici, piace però soprattutto frequentare gli amici: in particolare Paolo, Barbara, Giovanni e Francesca, che di cognome fanno rispettivamente Ligresti, Berlusconi, Tremonti e Versace. Ah, anche Geronimo in effetti avrebbe un papà piuttosto famoso e potente - al momento fa in ministro della Difesa e si chiama Ignazio La Russa - ma sarebbe ovviamente una calunnia comunista affermare che questo abbia qualcosa a che fare con la sua nomina all'Aci.

Anzi, c'è la certezza assoluta che Brambilla abbia scelto i nuovi boiardi solo con criteri meritocratici, basandosi sulle competenze e non sulla parentele. E questo perché Brambilla è una che prima di nominare qualcuno vuole conoscerlo bene, molto bene. Talvolta benissimo.

Non si spiega altrimenti perché accanto a Massimiliano e Geronimo il terzo nome elevato nella nuova governance dell'Aci sia quello di di Eros Maggioni, 42 anni ottimamente portati, odontotecnico e piccolo imprenditore di Calolziocorte, in provincia di Lecco. Amante dell'equitazione, uomo dal carattere schivo che raramente si fa vedere fuori da Calolzio, è il fidanzato della Brambilla da 19 anni.


La famiglia Brambilla e i suoi cari alla conquista dell'Aci
di Davide Milosa - www.ilfattoquotidiano.it - 1 Luglio 2010

La storia dell’Automobile club è una storia tutta italiana. C’è la politica, e ci mancherebbe, ma anche i figli della politica. Per esempio c’è Massimo Ermolli, 38 anni, rampollo di Bruno, finanziere potente e influente, grande amico di Silvio Berlusconi. O ancora Geronimo La Russa, primogenito del ministro della Difesa.

Per non parlare di Eros Maggioni, fidanzato del ministro del Turismo, Michela Brambilla. La stessa Brambilla che, mentre spende 8 milioni di euro per allestire un sito web di promozione turistica, prova la scalata dell’Aci con amici e consorti.

Insomma, classica storiella da cricca che si ripete. Da Roma a Milano, fino in corso Venezia, lussuosa sede milanese dell’Aci che tra le tante cose gestisce (attraverso Sias) il Gran Premio di Monza, oggi messo a rischio in Formunale1 dalla candidatura romana.

Sul punto si discuterà. Visto che il contratto scade nel 2015 e che per blindarlo in Lombardia è sceso in campo il governatore Roberto Formigoni spinto da passione sportiva e necessità di portafoglio. Il Gp, infatti, vale, pacchetto completo, circa 50 milioni di euro.

Ciò che conta e resta è, invece, il clamoroso vortice di polemiche attorno alla nomina di presidente e consiglio d’amministrazione che in queste settimane ha travolto l’Aci. Ombre e sospetti fanno da contenuto a un esposto atterrato sui tavoli delle procure di Milano e Monza.

La storia inizia però nell’inverno del 2009, quando ai vertici dell’Aci arrivano cinque lettere di dimissioni. Si tratta di cinque consiglieri del Cda. Cinque su nove. Inevitabile il commissariamento. In attesa delle prossime elezioni, previste per il 22 luglio. Sulla poltrona di commissario, il ministro Brambilla decide allora di mettere Massimo Ermolli, il quale poche settimane fa decide di escludere una delle due liste candidate alla poltrona della presidenza.

Motivazione ufficiale, secondo quanto riportano ieri le cronache locali dei giornali, sarebbero alcune irregolarità formali. Da qui la scelta di ricorrere a un esposto in Procura. Del resto a spulciare i nomi di chi compone la lista ancora in corsa si capisce che qualcosa proprio non va. Dall’elenco, infatti, spuntano quelli di Geronimo La Russa, dello stesso Bruno Ermolli e di Eros Maggioni.

Al centro dell’esposto finito in Procura c’è quindi il caso del doppio incarico di Massimo Ermolli. Posizione che a molti sembra incompatibile con quella di garante delle elezioni. L’esposto, però, entra nei particolari e fa emergere il suo ruolo di consigliere in Sinergetica, società di consulenza, il cui presidente è Bruno Ermolli.

Ma questo sembra il meno. A pesare sono “i rapporti contrattuali di natura commerciale che Sinergetica ha in corso con l’Aci”. L’attività di consulenza va avanti dal 2008. Due gli incarichi: il primo da 150.000 euro per attività di accertamento nei confronti di Sara Assicurazioni (controllata al 51% da Aci).

Il secondo da 100.000 iscritto a bilancio sotto la voce promozione istituzionale. Senza contare la notizia, rilanciata dal Sole24Ore, in cui Sinergetica veniva indicata come advisor per la vendita di Banca Sara. “Non esiste nessun conflitto d’interesse”, ha ribattuto Ermolli che poi ha precisato con un intervento su Repubblica: “Lavoriamo da 15 anni con Aci Italia non con Aci Milano”.

“Nebulosa” è invece il termine che nell’esposto definirebbe la candidatura di Eros Maggioni, imprenditore e compagno ufficiale della ministra Brambilla. “Maggioni – scrivono gli esclusi nel loro documento – si associa alla sezione milanese dell’Aci 48 ore prima dell’indizione delle elezioni, anche se risede a Lecco”. Di “candidatura legittima” parla anche Geronimo La Russa. Eppure l’elenco dei sospetti non finsice qua. A complicare la situazione pesa il dubbio che qualcuno voglia far cassa con il patrimonio immobiliare dell’ente che vale circa 70 milioni di euro.

Intanto, nella serata di ieri, i vertici dell’Aci hanno dichiarato di “voler respingere al mittente ogni tentativo mirato a minare la serietà del nostro operato” perché “le regole per partecipare alle elezioni sono chiare e di dominio pubblico”. Sul caso sono intervenuti anche i deputati del Pd con un’interrogazione alla Camera, per chiedere al ministro “se non ritenga che i molteplici ruoli del commissario Ermolli possano costituire causa di impedimento alla funzione di garante delle elezioni”.


I ciellini si mangiano Milano
di Paolo Biondani - http://espresso.repubblica.it - 23 Giugno 2010

I ciellini si mangiano Milano In vista dell'Expo, Formigoni e Cesana si buttano sui maxi appalti edilizi: grattacieli, cliniche e immobili a go-go. Un'ingordigia che ha scandalizzato perfino l'arcivescovo Tettamanzi

Mettere le mani su un patrimonio pubblico da oltre un miliardo e mezzo di euro, gestirne la svendita ai privati senza alcun controllo e finanziare così altri cinque anni di affari milionari dell'edilizia sanitaria lombarda.

I magistrati di Firenze e Perugia devono ancora chiudere il menù delle abbuffate della "cricca" e già dalla metropoli milanese sale il crepitio di un'altra orda di mandibole della politica.

I più scandalizzati sono i medici cattolici e i sacerdoti ambrosiani fedeli all'arcivescovo Dionigi Tettamanzi. Sotto accusa c'è l'operazione di "valorizzazione" dell'enorme patrimonio immobiliare dell'Ospedale Maggiore Policlinico, annunciata dal presidente ciellino Giancarlo Cesana: migliaia di case, terreni, abbazie e palazzi monumentali, sparsi in più di cento comuni che generazioni di cittadini milanesi e lombardi hanno donato, nell'arco di cinque secoli, alla storica struttura sanitaria fondata dal duca Francesco Sforza nel 1456.

Cesana è medico ma è soprattutto uno dei leader politici di Cl: il governatore Roberto Formigoni l'ha nominato al vertice del Policlinico proprio per gestire la gigantesca torta immobiliare. Solo negli ultimi dieci anni la Regione Lombardia ha speso più di 4 miliardi di euro per finanziare quasi 600 costruzioni o ristrutturazioni ospedaliere.

Il Policlinico ha già approvato il maxi-progetto esecutivo di una nuova torre sanitaria destinata ad aggiungersi agli altri grattacieli politici realizzati a Milano, come "L'altra sede" della Regione Lombardia o il cosiddetto "Gratta-cielle", il semicerchio di palazzoni grigi costruiti di fronte a Monte Stella, a costo di sconvolgere la viabilità di accesso alla città, dove hanno sede la Compagnia delle Opere (Cdo) e le società personali dei più rinomati affaristi ciellini.

La crisi economica e i tagli imposti dal ministro Tremonti rendono più difficile finanziare altre cattedrali sanitarie con soldi trasferiti dallo Stato. Di qui l'uscita di Cesana: delegare a Infrastrutture Lombarde, che è il braccio societario di Formigoni nelle grandi opere, la vendita del ricchissimo patrimonio donato dai milanesi al loro ospedale, dove i ciellini hanno la maggioranza in consiglio d'amministrazione.

La giustificazione sembrava uno stop agli sprechi: gli affitti di favore accumulati dai tempi di Tangentopoli garantiscono una rendita immobiliare dello 0,7 per cento. Ma appena l'uomo forte di infrastrutture Lombarde, l'ingegner Antonio Giulio Rognoni, è venuto a presentare il suo piano, il direttore generale del Policlinico, Giuseppe Di Benedetto, manager di fiducia dell'ex ministro Girolamo Sirchia, si è dimesso sbattendo la porta. Riservato e alieno da protagonismi, ha scritto una lettera che parla diplomaticamente di "motivi di salute", ma il primo a non crederci è stato Cesana, che ha fatto il possibile per fargli ritirare le dimissioni-scandalo prima del cda di venerdì 18 giugno.

A questo punto, però, anche la curia arcivescovile ha deciso di accelerare la nomina del proprio consigliere d'amministrazione, che è vacante da tre mesi, e ha già scelto un nome (che verrà ufficializzato a giorni) in grado di garantire la più ferma opposizione alla svendita immobiliare.

"Il tesoro del Policlinico è dei milanesi, non dei politici: se il patrimonio rende poco, perché non fare una gara europea per scegliere la società più capace di valorizzarlo?", tuona un primario cattolico.

Un alto dirigente non ciellino dell'ospedale spiega che è in gioco il futuro di tutta la sanità pubblica lombarda: "Il Policlinico è troppo importante perché l'Arcivescovo possa lasciar ripetere le manovre edilizie e immobiliari che abbiamo visto organizzare in questi anni da Varese a Como, da Legnano al Niguarda".

Negli ultimi due casi, i maxi-appalti per i nuovi ospedali sono stati demoliti da un'ispezione diretta dal ministero dell'Economia (e anticipata da "L'espresso") che ha accusato proprio Infrastrutture Lombarde di aver procurato ai costruttori privati oltre un miliardo di profitti "senza alcun rischio d'impresa".

Quando i tecnici di Tremonti hanno denunciato lo scandalo del nuovo Niguarda alla Procura di Milano, che ha aperto un'inchiesta penale tuttora in corso, Formigoni è insorto annunciando nientemeno che un ricorso alla Corte costituzionale contro il governo Berlusconi: secondo il presidente ciellino, lo Stato non dovrebbe avere alcun potere di controllare i mega-appalti sanitari della sua Regione, anche se finanziati proprio con le tasse statali.

Ora lo scontro sul tesoro del Policlinico sta aprendo una nuova guerra di potere in Lombardia. Dal 1995 ad oggi il modello Formigoni ha spostato circa 5 miliardi all'anno dagli ospedali pubblici alle grandi strutture private e a una rete di centinaia di piccole e medie imprese appaltatrici che sono salite sul carro vincente di Cdo e Cl.

Ora, con la crisi e con le inchieste giudiziarie sulle cliniche degli orrori e dei rimborsi gonfiati, questa torta sembra finita. Per cui l'edilizia rischia di restare l'unica frontiera dei nuovi affari sanitari. E la spartizione dei nuovi ospedali sta già incrinando gli equilibri del sistema.

Affidare la direzione dei lavori del futuro Policlinico agli ingegneri di Formigoni significa svuotare un appalto già aggiudicato alla Techint, il colosso edilizio che ha costruito alcuni tra i più importanti ospedali lombardi.

Il gruppo Techint, attraverso l'Humanitas, controlla anche grandi ospedali privati, dove fino a ieri comandavano manager graditi a Formigoni e al suo nuovo sottosegretario, Paolo Alli. Sarà un caso, ma il vertice dell'Humanitas è cambiato proprio in coincidenza con la sfida di Cl sul Policlinico.

Grandi manovre in corso anche all'Istituto dei Tumori, dove un piano parallelo di "valorizzazione e vendita" degli immobili donati dalle famiglie dei pazienti sta spaccando il vertice amministrativo e rischia addirittura di costringere Formigoni ad assegnare tutti i poteri a Claudio Lucchina, il super-direttore della sanità regionale.

Lo stesso Istituto è al centro di un mega-progetto di fusione con gli ospedali Sacco e Besta, da trasferire in periferia (su aree private) in una nuova maxi-struttura da 520 milioni: un altro business gestito da una Fondazione presieduta da Luigi Roth, l'uomo di Cl per la Fiera e l'Expo.

In questo quadro, la battaglia sugli immobili del Policlinico diventa una prova di forza decisiva. Ma a complicare lo scontro di potere è il peso elettorale della Lega: dopo che perfino Lucchina aveva smentito Cesana sul passivo del Policlinico (16 milioni invece dei 100 dichiarati), l'assessore lumbard Luciano Bresciani si è schierato, per ora, contro la svendita degli immobili. Un tesoro che fa gola ai capi di Cl, ma rischia di scandalizzare il popolo cristiano.


Federalismo fecale
di Beppe Grillo - www.beppegrillo.it - 29 Giugno 2010

Il federalismo demaniale è pura merda, per questo va ribattezzato federalismo fecale. I Comuni sono sull'orlo del fallimento per investimenti folli. La loro esposizione in strumenti derivati è di 40 miliardi di euro, le perdite accumulate lo scorso anno tra i 6 e gli 8 miliardi.

In alcuni casi, come a Catania e a Roma, il Governo ha coperto le perdite di centinaia di milioni di euro per evitare l'interruzione dei servizi pubblici. Ora i soldi sono finiti. Le casse dello Stato sono un colabrodo. Il debito pubblico ha sfondato i 1.800 miliardi di euro.

Per evitare la chiusura dei Comuni hanno inventato una manovra delinquenziale. L'esproprio e la messa in vendita di 11.009 beni dello Stato. Roba nostra, dei cittadini. Il meccanismo è semplice.

Lo Stato cede la proprietà del demanio ai Comuni che lo mettono in vendita al miglior offerente con il vincolo (?) che l'alienazione serva a ridurre il debito pubblico. Vendere a chi? Ai costruttori e alla criminalità organizzata sotto prestanome. Perché è così che finirà con buona pace delle anime belle in Parlamento.

Il territorio italiano viene messo "a ricavo". Non è territorio storico, naturalistico, affettivo che tocca la nostra vita, il nostro passato, i nostri figli. No! E' "un ricavo" che ora non rende a sufficienza allo Stato (stima 189 milioni). Per questi cialtroni le Dolomiti sono un ricavo, non un patrimonio dell'Umanità.

Un breve elenco dell'asta pubblica, quello completo sarà disponibile a fine luglio: Museo di Villa Giulia a Roma, la cinta fortilizia "Mura degli Angeli" a Genova, l'Idroscalo di Ostia, il teatro Nuovo Sacher, l'ex forte di Sant'Erasmo a Venezia, gli isolotti che circondano Caprera, l'isola di santo Stefano in prossimità di Ventotene, spiagge un po' ovunque da Sapri al lago di Como, parte del lungo lago di Peschiera a Verona, poligoni di tiro e caserme circondati da verde pubblico, le montagne intorno a Cortina d'Ampezzo: le Tofane, il monte Cristallo, la Croda Rossa, l'Alpe di Faloria, il Sorapis, i forti del Savonese di Madonna del Monte, di Nostra Signora degli Angeli, di Tagliata del Giovo. Questi nomi fanno male al cuore. Diventeranno alberghi, resort, cemento, palazzi, aree private sottratte alla comunità.

Si vendono l'Italia per coprire la loro incapacità, per spostare un po' più avanti la lancetta del default. Se non li fermiamo non ci rimarrà nulla, neppure gli occhi per piangere. L'Italia è nostra non di quattro politicanti e di sindaci falliti. Per impedire lo scempio i cittadini dovranno partecipare all'asta di beni di loro proprietà perché rimangano pubblici. A questo siamo arrivati...


Coca e trans, consigliere provinciale Pdl finisce all'ospedale
da www.ilfattoquotidiano.it - 1 Luglio 2010

Nel cuore della notte si affaccia al balcone e improvvisa un incomprensibile comizio a braccio

E’ finito in ospedale all’alba, in stato confusionale, dopo una notte brava. La notizia sarebbe di ben poco conto se il protagonista non fosse Pier Paolo Zaccai, consigliere provinciale a Roma nel Pdl e ultimo di una lunga serie di politici incappati nell’irresistibile connubio coca-trans. Ricoverato in ospedale a Ostia, Zaccai ha 42 anni e ha iniziato l’attività politica giovanissimo nella cittadina sul litorale romano.

A svelare il retroscena della nottata sarebbe stato uno dei trans presenti alla festa, che ha riferito l’accaduto alle forze dell’ordine. Secondo il racconto, il consigliere si sarebbe affacciato dal balcone della casa nella quale si stava svolgendo il festino e avrebbe tentato di improvvisare un discorso a braccio.

Ultimo di una serie di politici più o meno noti – da Cosimo Mele a Piero Marrazzo – coinvolti in storie di droga, Zaccai ha una lunga militanza politica alle spalle. Classe,1968, inizia la sua carriera politica all’eta’ di 17 anni, aderendo al Fronte della Gioventù, formazione della destra giovanile da cui ha avuto origine Azione Giovani.

Aderisce all’eta’ di 21 anni al Movimento Sociale Italiano e si candida per la prima volta a 25 anni nel 1993, con lo stesso movimento. Eletto 4 volte consecutivamente nella XIII Circoscrizione del Comune di Roma ha ricoperto la carica di Presidente del Consiglio Municipale dal 2004 al 2006, il primo di destra ad Ostia nella storia della Repubblica Italiana.

Nel 2008 si candida alla Provincia di Roma nel collegio Roma XV per il Gruppo PDL, ottenendo 33.778 voti e entrando in consiglio provinciale. Attualmente e’ amministratore di una societa’ di consulenza a Ostia Lido, vice presidente di una cooperativa edilizi e socio fondatore della fondazione I Cavalieri di Anco Marzio che opera in ambito cattolico.


Il Tg1 assolve (anche) Dell'Utri
di Telesio Malaspina - http://espresso.repubblica.it/ - 29 Giugno 2010

Il telegiornale di Minzolini confeziona un servizio farsesco sul senatore berlusconiano, condannato a sette anni di carcere per mafia. Centinaia di mail di protesta alla redazione, intasati i centralini della Rai.

Un capolavoro di distorsione giornalistica, un servizio al limite dell'incredibile, che ha subito provocato una reazione con centinaia di telefonate ai centralini della Rai, mail di protesta, reazioni stupefatte e ironiche su Internet.

Il tg1 delle 13 di ieri è riuscito a confezionare la condanna di Marcello Dell'Utri a sette anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa facendola passare per una sconfitta dell'accusa e per una vittoria del senatore, che... si è visto ridurre la pena di due anni rispetto al processo primo grado.

Il servizio del Tg1 parte appunto con la corte che "assolve Dell'Utri Marcello" per i fatti accaduti dopo il 1992 e "conferma nel resto l'appellata sentenza". Poi il contributo sfuma prima che il giudice pronunci la parola "condanna", quella appunto di sette anni inflitta all'ex numero uno di Publitalia.

A questo punto è la giornalista Grazia Graziadei che sovrappone la sua voce dicendo che «la corte d'appello di Palermo non ha creduto alle tesi della pubblica accusa che aveva chiesto 11 anni per Marcello Dell'Utri, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa».

E poi: «I giudici non hanno creduto alle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, che in aula aveva parlato peraltro subito smentito da Filippo Graviano, di una presunta trattativa tra stato e mafia dopo il '92, una costruzione accusatoria spazzata via dalla sentenza di oggi. Una doccia fredda per il sostituto procuratore generale Antonino Gatto».

I sette anni di carcere diventano quindi una vittoria per la difesa e il fatto che Dell'Utri sia stato considerato dalla sentenza un uomo che favoriva la mafia passa del tutto in secondo piano.

La versione del Tg1 sul processo a Dell'Utri viene dopo la disinformazione della stessa testata sul caso Mills, per il quale il tg1 aveva parlato di assoluzione (mentre il processo del legale corrotto da Berlusconi si era concluso con una prescrizione).

Adesso la strategia è stata diversa: non potendo negare che Dell'Utri è stato condannato, si è cercato di far passare la sentenza come una vittoria dell'imputato perchè i reati in questione sono avvenuti, secondo la Corte, un anno prima della nascita di Forza Italia.




Dell'Utri, Italia 1 come la Pravda
da www.ilfattoquotidiano.it - 30 Giugno 2010

Ecco l’editoriale in stile sovietico di Giovanni Toti, direttore di Studio Aperto .
Così Berlsconi, messo all’angolo dalla sentenza Dell’Utri e dallo scandalo corruzione, scatena tutta la potenza di fuoco delle sue televisioni




L'Italia allo specchio
di Beppe Grillo - www.beppegrillo.it - 30 Giugno 2010

Dell'Utri è stato condannato a 7 anni in appello, è da tempo senatore per non finire in galera (nominato dallo psiconano e non eletto dai cittadini). Il prossimo grado di giudizio (la Cassazione) non deciderà nel merito, ma solo nella forma.

Quindi, nel merito, Dell'Utri è colpevole secondo la Giustizia italiana. Se Dell'Utri rimane in libertà e percepisce lo stipendio e i benefit da parlamentare e il popolo italiano non fa una piega, allora ha ragione Marcello, fondatore, allenatore e suggeritore di Forza Italia, a definire eroe il pluriomicida Mangano.

E ha ragione anche Berlusconi a definirci coglioni, e Minchiolini a fare telegiornali sull'assoluzione di Dell'Utri. Per una questione di equità, tutti i carcerati che stanno scontando una pena per condanne fino a 7 anni devono essere rilasciati.

Pdl e Pdmenoelle potrebbero organizzare un indulto estivo ad hoc come nel 2006, un'altra legge bipartisan ad delinquentes. Alle prossime elezioni si potrà organizzare una riffa con tutti i nomi dei farabutti rimessi in libertà. Gli estratti diventeranno deputati e senatori della Repubblica.

Un Parlamento di ex galeotti, un partito trasversale Gratta e Vinci delle Libertà. Una ideale continuazione del Parlamento attuale ripieno di condannati in via definitiva, in primo o secondo grado o indagati.

Qual è il grado di sopportazione di questo Paese? C'è un Paese? Qualcuno è rimasto in casa? Un Paese in cui i giornali parlano di legge bavaglio da mesi quando si sono imbavagliati da soli da anni con interviste in ginocchio al "bibliofilo" Dell'Utri, all'"onorevole" Dell'Utri.

Vorrei mandare un messaggio di solidarietà alla Federazione Nazionale Stampa Italiana: "Restituiteci i soldi delle nostre tasse con cui stampate le balle quotidiane e vergognatevi, pentitevi, mettete un cappello a punta con sopra scritto: "Venduti"".

Qualche volta ti domandi se ha senso opporsi al degrado di un popolo (Dell'Utri è solo un sintomo, lo è anche Berlusconi) e cosa fare per risvegliarlo. Ti guardi allo specchio, più vecchio, più incazzato, più disilluso.

Pensi a lasciare tutto e andare via. In un Paese civile nel quale un condannato per concorso esterno alla mafia sarebbe allontanato da qualunque carica pubblica. Sarebbe in galera, evitato da tutti.

Ricordi Borsellino, che sapeva di essere stato condannato a morte, e ti chiedi chi glielo ha fatto fare. Pensieri così, di chi vede crescere l'indifferenza e l'ignavia degli italiani di fronte a qualunque stupro della democrazia. Gli italiani sono i colpevoli, non tutti, ma la maggioranza assoluta certamente sì. Meritano quello che hanno e forse anche di più.