domenica 4 luglio 2010

Honduras: squadroni della morte di nuovo al lavoro

Ad un anno dal golpe, in Honduras regna di nuovo il terrore scatenato dagli squadroni della morte governativi che hanno ripreso quella piena operatività tristemente in auge soprattutto negli anni '80.

Qui di seguito una serie di articoli che dipingono con chiarezza il quadro dell'attuale situazione in quel Paese, nel silenzio tombale di Usa e Ue.


Honduras, a un anno dal golpe gli squadroni della morte terrorizzano il Paese
di Michele Sasso - www.ilfattoquotidiano.it - 4 Luglio 2010

Il 28 giugno 2009 un colpo di Stato militare destituisce il governo democraticamente eletto. Nel silenzio internazionale, la dittatura prosegue

“Ogni giorno in Honduras andavo ai funerali di qualcuno. La mia relazione con la morte è stata stravolta per documentare le violenze”.

Con queste parole Mino Olivieri, fotografo e attivista del collettivo Italia-Centro America, raggiunto da ilfattoquotidiano.it racconta il suo ultimo periodo vissuto pericolosamente.

A un anno dal colpo di Stato del 28 giugno 2009, quando su ordine della Corte costituzionale l’esercito destituisce ed esilia forzatamente il presidente Manuel Zelaya, l’Honduras è piombato in un clima di repressione violenta.

Iniziata con l’uccisione di Walter Tróchez, difensore dei diritti umani tra i primi a denunciare le violazioni nel paese, e continuata in un clima da tutti contro tutti.

Squadroni della morte che colpiscono gli oppositori del governo di Tegucigalpa, latifondisti in guerra con le fasce più povere dei contadini, azzeramento della libertà di espressione e di informazione.

Sono 150 gli esponenti della società civile uccisi in esecuzioni extragiudiziali dall’estate scorsa, nove i giornalisti ammazzati, cinque nel mese di marzo.

Oltre settemila le vittime di torture, detenzioni illegali e sparizioni. E l’elezione del generale Porfirio Lobo non ha migliorato la situzione: 15 morti dopo le elezioni di novembre. Bertha Oliva, del comitato familiari dei detenuti scomparsi in Honduras, parla di un vero e proprio “piano di sterminio” in atto nel paese centroamericano.

“Dietro queste operazioni c’è l’oligarchia honduregna e il regime di Porfirio Lobo” denunciano gli esponenti del Fronte nazionale contro il golpe, che parlano senza mezzi termini di “una strategia del terrore e persecuzione rivolta contro gli oppositori al colpo di Stato”.

La repressione colpisce la società civile unita nel Fronte: studenti, sindacalisti, docenti, attivisti dei diritti umani contro il latifondismo, giornalisti, organizzazioni per i diritti gay. Con un disegno preciso: colpire gli strati intermedi, non i dirigenti che hanno più visibilità nazionale.

L’ultima vittima il 21 giugno scorso, un contadino delle 28 cooperative che si occupano di recuperare le terre contro il latifondista Miguel Facussè, sostenitore del governo di Lobo e proprietario di 155mila ettari di campi. “Continuiamo a tenere viva l’attenzione – continua Olivieri – attraverso una rete di comunicazione popolare che va dalle radio comunitarie, ai comitati di quartiere fino alle ong internazionali”.

Giornalisti, fotografi, documentaristi lavorano ininterrotamente per rompere il muro di silenzio e la propaganda del Governo che tenta di normalizzare il Paese. Perchè l’esecutivo di Porfirio Lobo cerca di legittimarsi attraverso le radio e le televisioni che lo sostengono e cerca consenso oltre confine.

La Comunità internazionale per ora si è limitata a prendere atto degli avvenimenti nel paese latino ma le organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani si sono mosse a gran voce per chiedere giustizia. Rapporti e denunce arrivano sulle scrivanie delle Nazioni Unite, alla Corte Penale Internazionale e alla Commissione interamericana dei diritti umani.

Amnesty International e il Comitato per la difesa dei diritti umani in Honduras hanno chiesto di “revocare tutta la legislazione, decreti e ordini esecutivi emessi dalle autorità di fatto che colpiscono direttamente o indirettamente i diritti umani”.

Incurante delle denunce internazionali, la posizione di Bruxelles si fa sempre più imbarazzante per la decisione di avviare un piano di normalizzazione che privilegia gli affari in mezzo alla violenza.

“Crediamo – ha detto l’ambasciatore dell’Unione Europea per il Centroamerica, Mendel Goldstein – che bisogna accettare la realtà delle cose ed essere pragmatici. Siamo quindi arrivati alla conclusione che le elezioni in Honduras si sono svolte in modo trasparente ed equo, come espressione della libera volontà della maggioranza degli honduregni”.

E mentre ritornano a Tegucigalpa gli ambasciatori di Francia, Germania, Italia e Spagna, nessuno vuole parlare della costante violazione dei diritti umani.


Ambientalisti nel mirino: ucciso un altro leader del movimento contro il disboscamento
di Stella Spinelli - Peacereporter - 10 Maggio 2010

E' il nono esponente del Movimento ambientalista di Olancho ucciso negli ultimi tempi. Dal golpe lo sfruttamento insostenibile del bosco è aumentato vertiginosamente

"E' con profonda tristezza che denunciamo l'assassinio del nostro compagno Adalberto Figueroa". Con queste parole la Giunta direttiva del Movimento ambientalista di Olancho (Mao), regione occidentale dell'Honduras, ha denunciato l'omicidio avvenuto sabato 8 maggio di uno degli uomini più combattivi e impegnati del movimento ambientalista honduregno.

Con lui sono nove le persone ammazzate per questioni ambientali in questa zona. Dietro paiono esserci i grandi interessi legati al commercio del legno, contro il quale Figueroa si è sempre scagliato nella strenua difesa della terra contro uno sfruttamento insostenibile e senza scrupoli.

"Stamane, 8 maggio - hanno raccontato gli amici del Mao - mentre cercava un po' di legna assieme al suo bambino di 11 anni e a un suo cugino, a circa un chilometro di distanza da casa, è stato circondato da uomini dal volto coperto da spessi passamontagna. In un attimo gli spari, tanti, infiniti. È morto sul colpo".

Figueroa lo descrivono come un leader indiscutibile dentro e fuori della sua comunità, un uomo che si è sempre distinto per l'afflato solidale e il coinvolgimento nelle cause sociali. Ultimamente era entrato a far parte del direttivo del Movimento ambientalista di Olancho. Ne era il portavoce. Ed era anche il coordinatore del Movimento del comune di Guata e consigliere comunale.

"Siamo molto tristi e indignati. Sono già nove i nostri compagni morti ammazzati e i colpevoli continuano a restare impuniti - spiegano dal Mao -. Abbiamo sempre denunciato queste tragedie alle autorità competenti, ne abbiamo sparso la notizia fra la gente, ma nulla. Nessuno si muove. Le istituzioni on ci prestano la minima attenzione. Abbiamo capito con il tempo che dietro agli uomini chiave della giustizia honduregna c'è il potere della elite imprenditoriale che indica loro le cause da seguire e quelle da ignorare".

Adalberto Figueroa lascia una moglie e quattro figli, due femmine e due maschi. Il più grande 17 anni, il più piccolo 8. "Non aveva nemici personali - spiegano - e ne sono prova i fatti della sua vita, il coinvolgimento nelle varie organizzazioni e istituzioni con le quali si impegnava per coordinare progetti di sviluppo comuinitario.

Dietro la sua morte ci sono solo loro, sempre e solo loro: gli imprenditori del legno contro i quali Adalberto si è sempre scagliato. Pochi giorni prima di morire aveva sporto denuncia per sollecitare l'Istituto nazionale di conservazione e sviluppo forestale (Icf) affinché impedisse il taglio degli alberi in questa zona. Aveva anche organizzato un consiglio comunale aperto per capire i passi da fare per far sì che questa zona venisse dichiarata 'area protetta'".

Ed è stata questa la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo di rabbia. "Questo ha sicuramente fatto andare su tutte le furie i tagliatori di legna, che di fronte alla minaccia diretta ai loro interessi hanno pagato dei sicari per farlo fuori", precisano i colleghi e gli amici del Mao.

È un fatto che dopo il golpe del 28 giugno 2009 lo sfruttamento indiscriminato di legno si sia molto intensificato. La complicità delle elite al potere è totale. I Madereros si avvalgono degli amici che hanno nell'Icf e in altre istituzioni pubbliche per avere la meglio sugli interessi delle stesse comunità. Ed è contro questo potere che si è trovato a dover combattere Figueroa.

"Che fare di fronte a una giustizia che castiga i deboli e assolve i potenti? - incalzano - Rivolgersi alle organizzazioni dei Diritti umani nazionali e internazionali e al Fronte contro il golpe, affinché sappiano e si muovano di conseguenza. Esigiamo un'indagine esauriente per punire i colpevoli e mettere fine a impunità e corruzione".


Verità a confronto
di Giorgio Trucchi - Peacereporter - 7 Maggio 2010

A sole ventiquattr'ore dall'installazione della Commissione della Verità, fortemente voluta dal governo di Porfirio Lobo, da una parte della comunità internazionale e dall'Organizzazione degli Stati Americani, Osa, la Piattaforma dei Diritti Umani ha presentato un'iniziativa che ha l'obiettivo di creare una Commissione della Verità Alternativa "per il rispetto dei diritti umani e la costruzione di una vera democrazia".

La creazione della Commissione della Verità Alternativa avrà l'obiettivo di scoprire la verità sui fatti accaduti dopo il colpo di Stato del giugno 2009 e segnalare i responsabili dei crimini commessi, recuperando la moralità dei diritti umani.

Secondo un comunicato stampa della Piattaforma dei Diritti umani, "la commissione indagherà sulle violazioni dei diritti umani commesse contro migliaia di honduregni e honduregne, sarà partecipativa, indipendente, rigorosa, in linea con le esigenze degli standard internazionali".

È il prodotto della richiesta legittima del popolo honduregno "di conoscere senza perdite di tempo, le violazioni ai diritti umani, la persecuzione politica, gli omicidi, le violenze sessuali, la repressione, la negazione dell'accesso all'informazione, le sparizioni di persone e le torture commesse in tutti questi mesi", segnala il comunicato.

Secondo Juan Almendares, direttore esecutivo del Centro di prevenzione, cura e riabilitazione delle vittime della tortura e dei loro famigliari, Cptrt, "questa iniziativa è già stata presentata a importanti organizzazioni internazionali dei diritti umani", come a esempiola Federazione internazionale dei diritti umani, Fidh, il Centro per la giustizia e il diritto internazionale,Cejil, e Amnesty International.

"Stiamo lavorando affinché si installi il più presto possibile - ha continuato Almendares - e per il momento hanno già dato la loro disponibilità due cittadini honduregni particolarmente impegnati sul fronte dei diritti umani".

Si tratta infatti del sacerdote Fausto Milla, uno dei testimoni del massacro del Río Sumpul in Salvador e vittima della persecuzione durante il governo di fatto di Roberto Micheletti, e della scrittrice e docente universitaria Helen Umaña.

A livello internazionale sono state contattate varie personalità, tra cui hanno già accettato Nora Cortiñas, membro delle Madri della Plaza de Mayo, Elsy Monge, che ha già integrato la Commissione della Verità in Ecuador e il difensore dei diritti umani, Theo Van Boven. Si attende invece la risposta dei Premio Nobel per la Pace, Rigoberta Menchú e Adolfo Pérez Esquivel.

I principali obiettivi della Commissione della Verità Alternativa saranno quelli di scoprire la verità sui fatti accaduti, i responsabili dei crimini commessi dopo il colpo di Stato e "recuperare la parte morale ed etica dei diritti umani in Honduras", affinché il popolo honduregno torni a credere "che nel nostro paese è possibile avere giustizia. È un impegno inderogabile con il popolo", ha segnalato Almendares.

Al contrario dell'assurda decisione della Commissione della Verità del governo di impedire che i risultati delle indagini vengano divulgati prima di 10 anni, la Piattaforma dei Diritti Umani ha deciso di informare la popolazione non appena i membri della Commissione abbiano terminato il loro lavoro.

"Ci sono differenze sostanziali tra questi due progetti", ha continuato il direttore del Cptrt. La Commissione della Verità, infatti, non sarà integrata da persone impegnate nel campo dei diritti umani e le organizzazioni nazionali che operano in questo settore non sono nemmeno state consultate. "Alcuni dei membri di questa commissione - ha spiegato Almendares - sono addirittura membri del partito di governo, ma soprattutto non c'è la presenza delle vittime della repressione".

Per lo storico difensore dei diritti umani, la commissione del governo "non parte dalla verità, bensì dalla menzogna". Non riconosce che in Honduras ci sia stato un colpo di Stato e considera che l'attuale governo sia il frutto di elezioni libere e democratiche. "Questo non solo è assurdo, ma vuole dire partire dalla menzogna per cercare la verità".

"Non vogliamo annullare o contrastare l'altra commissione, bensì dare un'alternativa, affinché la popolazione possa davvero conoscere la verità. Questo è il momento di onorare le vittime. È il momento di chi ha sofferto", ha aggiunto Bertha Oliva, direttrice del Comitato dei famigliari dei detenuti scomparsi in Honduras, Cofadeh, una delle organizzazioni che fanno parte della Piattaforma dei Diritti Umani.

L'iniziativa ha inoltre il pieno sostegno del Fronte nazionale di resistenza popolare, Fnrp, all'interno del processo recentemente iniziato per l'installazione di una Assemblea Nazionale Costituente.


Cinque giornalisti uccisi in un mese
di Stella Spinelli - Peacereporter - 5 Aprile 2010

Ecco il paese democratico decantato dalla Casa Bianca. Il Fronte contro il golpe denuncia che l'Honduras è tutt'ora una dittatura, repressiva e brutale

Cinque giornalisti morti ammazzati in un mese. Eccolo l'Honduras democratico di Porfirio Lobo, il paese acclamato dagli Usa dopo le elezioni di novembre, lo stato che avrebbe superato il golpe del 28 giugno 2009, grazie a una chiamata alle urne orchestrata dai medesimi golpisti. Eccolo il paese ormai pacificato, dove l'opposizione civile è costretta a continuare la conta dei morti.

Sono 150 gli esponenti della società civile uccisi in esecuzioni extragiudiziali da quell'estate maledetta. E tutte sono avvenute per mano di squadroni della morte e paramilitari coordinati dal regime.

Lo denunciano le Ong in difesa dei diritti umani. Lo grida al mondo il Fronte nazionale contro il golpe. Lo sussurrano, voce spezzata dal dolore, le famiglie delle vittime. Ma i mass media non ci sentono. O fingono di non sentire, di non vedere.

Eppure la resistenza honduregna scende in piazza quasi ogni giorno. Manifesta, organizza sit-it, indice manifestazioni. E scatena la solidarietà internazionale, il supporto di tanti, ma anche l'indifferenza dei più. E il reparto repressivo del governo continua impunito la sua azione di sterminio di ogni voce fuori dal coro.

L'excursus di violenze vissuto dall'Honduras è da sempre il leit motiv delle proteste del Fronte, così come del colletivo degli Artisti in Resistenza e di molte altre organizzazioni, che mai si son tirati indietro nel gridare il nome della prima vittima morta ammazzata dal regime golpista: la libertà di stampa.

Il primo marzo fu colpito a morte il giornalista Joseph Hernández e ferita la collega Carol Cabrera. Il 10, fu assassinato David Enrique Meza. Lunedì 15, Nahum Palacios Arteaga, mentre José Bayardo Mairena e Manuel de Jesús Juárez furono fatti fuori venerdì 27.

Un altro giornalista, José Alemán ha dovuto abbandonare il paese di corsa dopo che alcuni sicari hanno tentato di ucciderlo nel bel mezzo della strada, dopo averlo avvertito crivellando di colpi la facciata della sua casa.

E come se non bastasse, alcuni agenti di una stazione di polizia dove cercò aiuto e riparo dai killeri gli dissero che erano incapaci di garantirgli la sicurezza e che era meglio che fuggisse dal paese.

Tutte le associazioni in resistenza hanno denunciato questa gravissima situazione al Segretario della sicurezza, Óscar Álvarez, responsabile del sistema di repressione ereditato dal regime dittatoriale di Roberto Micheletti, che sta continuando ad agire come e più di prima. Ma niente si è mosso. Niente è cambiato.

Già nei giorni successivi al colpo di stato militare, vari mezzi di comunicazione, fra i quali Radio Globo e Canale 36 vennero chiusi grazie a selvagge retate. E inoltre, i proprietari dei principali mass media hanno avuto parte attiva nella programmazione del golpe e nel sostegno a Micheletti.

E associazioni in difesa della libertà di stampa come Reporter senza frontiere o la Committee to Protect Journalists e la Sociedad Interamericana de prensa, hanno precisato come ci sia una maniera costantemente aggressiva e politicizzata di trattare tutto quel che riguarda il Venezuela o Cuba, e di contro una totale connivenza con il potere golpista.

Tanto che sono in molti a sospettare legami forte fra la stampa honduregno e l'apparato di intelligence Usa. Per la Plataforma de Derechos Humanos in Honduras siamo di fronte a una "strategia di terrore, immobilizzazione e persecuzione contro gli oppositori al golpe e al governo de facto" davanti alla quale si chiede "l'intervento della comunità internazionale e degli organismi internazionali dei diritti umani affinché il regime attuale fermi questa onda di criminalità e investighi su queste morti".

Sono tornati sulla scena honduregna personaggi dal passato alquanto losco. Primo fra tutti Billy Joya, fra i creatori dei "Cobra", commandos di elite addestrati per uccidere, e veterano esponente del battaglione 3-16 creato dalla Cia per perseguire, torturare e far sparire le centinaia di honduregni nella guerra sucia degli anni Ottanta.

Joya ha lavorato agli ordini dell'ambasciatore e ufficiale della Cia John Negroponte, che dirigeva i Contras nicaraguense seduto comodamente sulla poltrona nell'ambasciata Usa a Tegucigalpa.

Questo è quanto riporta il giornalista Jean-Guy Allard, recuperando tesi e interpretazioni ormai molto radicate. Negroponte, secondo Allard, è anche colui che ha coordinato il colpo di stato del 28 giugno in Honduras, e attualmente lavora nella Segreteria di Stato del governo Obama, al fianco di Hillary Clinton.

E intanto i golpisti sguazzano nel silenzio assoluto e nemmeno uno straccio di indagine speciale è stata aperta sull'aggressione grave e continua contro i giornalisti, tanto che dal golpe a oggi è stato arrestato solo un sospetto.


Squadroni della morte assassinano un esponente di spicco del Fronte contro il golpe
da Peacereporter - 25 Marzo 2010

In pieno centro a Tegucigalpa, capitale dell'Honduras, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco il professore Manuel Flores, esponente di spicco del Fronte contro il colpo di stato. A farlo, gli squadroni della morte ripristinati dal regime golpista impostosi nel giugno 2009.

"Il professor Manuel, detto Manuelito, è stato ammazzato da tre assassini all'interno della scuola dove insegnava. E' stato crivellato di colpi davanti agli sguardi attoniti e terrorizzati dei suoi alunni e colleghi. I mass media vicini al governo golpista hanno cominciato a diffondere la notizia accusando dell'omicidio i delinquenti comuni delle maras. Ma noi tutti sappiamo chi sono i responsabili: i golpisti di prima e i golpisti di turno", ha raccontato Jorge Alberto Amaya, Docente e ricercatore della Universidad Pedagógica Nacional Francisco Morazán, riferendosi al fatto che le elezioni del novembre scorso nel paese centramericano hanno tentato di normalizzare l'irreparabile, dato che la tornata elettorale è stata gestita dalle medesime forze che hanno organizzato il colpo di stato e di conseguenza il risultato di quel voto non può dirsi democratico.

"La morte di Manuelito dimostra che l'Honduras è un campo di battaglia in una guerra diseguale, in una guerra fra il fucile e il libro, fra le bombe e le idee, fra la barbarie e il sogno pacifico di un popolo che desidera un Honduras migliore e più giusto - ha aggiunto Jorge Alberto Amaya - Lo hanno ucciso perché leggeva, educava, credeva in un Honduras che va avanti, democratico e socialista. Nell'ultimo anno aveva lavorato molto con i popoli indigeni e gli afrodiscendenti e stava scrivendo una tesi magistrale sulla necessità di rafforzare l'educazione bilingue in favore dei popoli originari. Era scomodo e lo hanno eliminato".


La voce del padrone
di Stella Spinelli - Peacereporter - 23 Marzo 2010

Fa proclami e promesse senza fondamento, ma poi a smentirlo ci pensa chi conta davvero. E' questo Porfirio Lobo, il presidente imposto dai golpisti che continuano così a fare il bello e il cattivo tempo in Honduras

"Può tornare come e quando vuole. Sarà trattato con la dignità dovuta a un ex presidente. Con la dignità dovuta a un cittadino honduregno". Così parlava 4 giorni fa Porfirio Lobo, l'uomo messo alla guida dell'Honduras dalle elezioni organizzate dai golpisti del 28 giugno e che gran parte del paese, riunito nel Fronte contro il golpe, disconosce e ripudia.

Parole distensive, che facevano trapelare una visione politica improntata sulla normalizzazione a tutti i costi di una repubblica che affonda le sue radici in un colpo di stato militare, che ha cacciato a pedate un presidente legittimo scomodo agli interessi delle poche famiglie che da sempre fanno il bello e il cattivo tempo nel paese centramericano.

"Chi gli proibisce di venire qui? - chiedeva retoricamente Lobo - Non vediamo conflitti anche dove non ce ne sono", continuava, per finire dicendo che in ogni caso avrebbe potuto ricorrere all'amnistia politica ed evitare qualsiasi problema eventuale con la Giustizia. Ecco: non sono passati che pochi giorni e a smentire la più alta carica del nuovo Honduras è arrivato nientemeno che il Procuratore generale, Luis Alberto Rubí, uomo della cricca al potere.

Con alcune frasi secche e coincise, il Fiscal general è sembrato voler rimettere al suo posto quel presidente così accuratamente scelto eppure adesso così tanto sfacciato e irriverente da osare spingersi troppo oltre le sue reali competenze. Un presidente che si prende tali libertà: forse si è dimenticato chi è che lo ha messo su quella poltrona?

"L'ex presidente Zelaya ha delle cause fiscali pendenti e rientrando nel paese dovrà affrontarle - ha precisato Rubí - affinché i giudici determinino se si tratti di delitti politici o se nel suo caso siano invece reati comuni". E riguardo all'amnistia suggerita da Lobo, ha ribattuto: "Protegge soltanto chi ha commesso delitti politici prima e dopo il golpe".

Quindi il fatto che la ragione del colpo di stato del 28 giugno 2009 fosse proprio il comportamento un po' troppo filo Chavez e certamente troppo aperto alle richieste dal basso per i gusti dei 'padroni dell'Honduras' esclude Zelaya da ogni 'abbuono' giuridico.

Nonostante le pressioni di parte della comunità internazionale, a Manuel Zelaya non resta che rimanere ospite della Repubblica Domenicana, appoggiando da lontano la grande attività del Fronte, che è sempre più cospicuo e organizzato. Continue le sue attività di informazione, le marce, le riunioni, in ogni angolo del paese.

Il fine ultimo, solo raggiunto il quale si fermeranno, è l'assemblea costituente. Unica maniera per riscattare la democrazia è infatti, secondo le associazioni, le Ong, i comitati e i singoli che formano il Frente, riformarla dalle fondamenta e impregnarla di quel socialismo del XXI secolo che sta spaziando da sud a nord per l'intero continente.

Cacciare i golpisti e restaurare Zelaya, dunque, sarebbe solo il primo passo e, sebben agognato, non basterebbe a placare gli animi di questa gente stanca di venire calpestata da chi tratta l'Honduras come l'orto di casa.

Il processo verso la giustizia e la riconciliazione nel paese centroamericano, dunque, deve ancora avere inizio.


Come prima, più di prima
di Stella Spinelli - Peacereporter - 3 Marzo 2010

"Qui la situazione resta drammatica. Continuano i sequestri, gli omicidi, la repressione e ogni violazione possibile. Ovviamente, nel mirino ci sono i membri della resistenza o i loro familiari. Le elezioni, non riconosciute dalla resistenza (e, per adesso, anche da molti paesi esteri), non hanno cambiato la situazione, nonostante gli sforzi immensi del nuovo regime di apparire aperto e democratico.

I potenti di questo paese sono davvero preoccupati, tanto che continuano a manipolare l'opinione pubblica con falsità esagerate e ridicole. È in atto una vera e propria manipolazione mediatica, molto pericolosa. A farsene portavoce è il giornale La Prensa, di proprietà di una dei più potenti golpisti, Larach.

E che dire del ritorno a tutti gli effetti degli squadroni della morte, tanto cari al ministro Oscar Alvarez. Li riattivò durante il governo di Maduro (quello prima di Zelaya) per il suo programma di "limpieza social" che consisteva in esecuzioni vere e proprie a niños de la calle e giovani de las maras. Ora le sue vittime sono gli esponenti della resistenza.

Nonostante tutto la resistenza continua forte e determinata. Lo dimostra anche la quantità delle manifestazione organizzate ultimamente che, in proporzione ai numeri di abitanti del paese, sono considerevoli.

E lo dimostrano i fatti di ogni giorno in ogni angolo del paese, dove la resistenza si sta strutturando a vari livelli (municipale, provinciale, regionale) e organizza attività di ogni genere. L'obiettivo non è più solo l'installazione dell'Assemblea Costituente, ora si mira alla rifondazione del paese, dal basso.

Il prossimo 13 e 14 marzo ci sarà il II Encuentro por la refundacion de honduras (il Iº si é tenuto proprio due settimane prima del golpe) che avrà un sapore ancora più speciale. Siamo nel pieno della preparazione. Non ci arrendiamo".

Ecco come ci descrive l'Honduras del nuovo presidente Porfirio Lobo la cooperante italiana che vive da anni in Honduras e che abbiamo imparato a conoscere dalle estemporanee e concitate cronache che ci inviava nelle settimane dopo il golpe del 28 giugno 2009, per raccontare, testimoniare, diffondere.

I riferimenti gravi e pesanti a cui si riferisce sono quelli che bene ha descritto Giorgio Trucchi, altro italiano che ha scelto la cooperazione come scopo di vita e che ha fatto della diffusione di informazioni "per non dimenticare" uno scopo di vita.

"Il 24 febbraio, poco dopo mezzogiorno, nella città di San Pedro Sula, è stata uccisa sull'uscio di casa Claudia Larissa Brizuela, che stava festeggiando il suo 36esimo compleanno. Aprendo la porta ha ricevuto tre pallottole alla testa ed è morta sul colpo".

Claudia era una militante del sindacato del Comune dove lavorava e figlia di Pedro Brizuela, noto dirigente locale del Fronte Nazionale di Resistenza Popolare (FNRP). Si tratta dell'ennesimo omicidio perpetrato alla vigilia di una grande mobilitazione organizzata dal FNRP nella capitale, in rifiuto alla Commissione della Verità, considerata come la via per l'impunità per tutti i criminali golpisti coinvolti nella selvaggia repressione post golpe.

"Claudia è la terza vittima in questo primo mese di governo di Porfirio Lobo. Sono già stati assassinati in circostanze abbastanza simili Vanessa Zepeda e Julio Funes", precisa Trucchi.
Pedro Brizuela, padre di Claudia, ha collegato l'omicidio di sua figlia con la sua partecipazione alle attività del FNRP e al tentativo di terrorizzare chi continua a sostenere la lotta per la democrazia in Honduras.

A quanto spiega Trucchi, la violenza selettiva contro dirigenti di base del FNRP, sindacati ed organizzazioni sociali è aumentata proprio dal 28 gennaio scorso, giorno successivo all'insediamento di Porfirio Lobo.

Il suo ministro della Sicurezza, Óscar Álvarez, ha espresso pubblicamente che è necessario sradicare la resistenza in quanto "non ha più ragione di esistere". Per farlo sono stati attivati i Servizi Segreti, che perseguono la strategia di seminare il terrore uccidendo e minacciando dirigenti di base, ed evitando - per adesso - le personalità più conosciute dell'opposizione.

Questa strategia avrebbe il doppio effetto di inaugurare una vera e propria "caccia all'uomo" di bassa intensità, con caratteristiche proprie del terrorismo di Stato per intimorire la popolazione e, allo stesso tempo, evitare maggiori scandali nazionali e internazionali che provocherebbero gli omicidi di personalità conosciute.

Non è un caso che il principale assessore del servizio di sicurezza di Porfirio Lobo sia José Félix Ramajo, istruttore dell'ISA (International Security Academy), con risaputi vincoli con i servizi segreti israeliani del Mossad.